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M. MORIGI, REPVLICANISMVS GEOPOLICVS FONTES ORIGINES ET VIA, P. 93 di 159<br />

Amore nei “distinti” di crociana memoria, una sorta di consapevolezza che<br />

una volta imboccata la deriva di un’arte di stato non si sarebbe più potuta<br />

invertire la costruzione della megamacchina totalitaria? Certamente, in<br />

linea di principio, non possiamo ignorare questa ipotesi (anche se la<br />

biografia personale, politica ed intellettuale ci porterebbe ad escludere<br />

questa teleologia del dittatore, anzi ci induce a formulare ipotesi di segno<br />

esattamente contrario), ma quello che la situazione obiettiva ci consente di<br />

constatare è che Mussolini nei primi anni del suo potere non poteva<br />

assolutamente optare per un arte ed una letteratura di stato perché così<br />

facendo avrebbe scontentato molti dei suoi supporter artisti che sarebbero<br />

rimasti esclusi da una scelta così definitiva e totalitaria ( in un certo senso<br />

questa è la storia vera di tutto il totalitarismo “frenato” del ventennio:<br />

optando precipitosamente per questa soluzione, inevitabilmente si<br />

sarebbero dovute compiere delle scelte fra le varie anime del fascismo e<br />

nei primi anni di consolidamento della dittatura non era proprio il caso).<br />

E quindi? E quindi nel campo delle arti figurative vedremo di fronte al<br />

trono del dittatore azzuffarsi per ottenere il riconoscimento della più bella<br />

del reame l’eclettico indirizzo denominato Novecento contro<br />

l’avanguardistico propagandista della “guerra sola igiene del mondo” - e<br />

precursore del fascismo - futurismo.<br />

Del futurismo abbiamo un po’ già detto e c’è semmai da sottolineare che a<br />

parte le folcloristiche autocertificazioni reiterate per tutto il ventennio per<br />

(auto)accreditarsi come l’unica arte di stato del fascismo 85 ( e in questo<br />

millantare Marinetti raggiungerà vette di vera e propria mitomania, una<br />

dimensione onirico-superomistica che però faceva parte del codice<br />

genetico futurista), durante tutti gli anni del regime il movimento fondato<br />

da Marinetti dovrà costantemente scontare l’insanabile contraddizione<br />

della sua concezione individualistica ed anarcoide con un regime che via<br />

via che approntava la sua megamacchina totalitaria era animato dal<br />

proposito di far sorgere “l’uomo nuovo”, un uomo nuovo che avrebbe<br />

negato in ragione della cancellazione dell’individualismo e<br />

dell’esaltazione dell’uniformità gli slanci vitalistici e nietzschiani del<br />

futurismo.<br />

85 Cfr. C. Salaris, Artecrazia, cit. Per una storia generale del futurismo, segnaliamo<br />

E. Crispolti, Storia e critica del futurismo, Bari, Laterza, 1986.

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