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M. MORIGI, REPVLICANISMVS GEOPOLICVS FONTES ORIGINES ET VIA, P. 133 di 159<br />

passivamente al superindividuale ed olistico momento creativo<br />

rappresentato dallo stato totalitario.<br />

Piuttosto come nell’interpretazione benjaminiana secondo cui il fascismo<br />

si presenta come il sostituto di un’auraticità messa in crisi dall’entrata in<br />

scena dei mezzi di riproduzione meccanica dell’esperienza sensibile (foto<br />

e cinematografia in primis, secondo Benjamin), l’evidenza storica ci<br />

presenta una situazione dove lo stato fascista è l’agente unico,<br />

monopolistico e totale del trasferimento, all’interno della megamacchina<br />

totalitaria, di un ineliminabile e primigenio momento auratico. In questo<br />

senso, l’estetizzazione della politica pur rimanendo il concetto<br />

fondamentale per capire il “cuore di tenebra” del fascismo 114 (e anche di<br />

quello di tutti i totalitarismi antipolitici, turbocapitalismo finanziario in<br />

primis, dove il “momento” dell’estetizzazione viene trasferito dallo spazio<br />

pubblico - non dalla politica, perché di politica, de rigueur, si potrebbe<br />

parlare solo in Res Pvblica e dove possa essere esercitata una Vita Activa -<br />

alla adorazione e/o sottomissione al meccanismo di riproduzione del<br />

capitale ), 115 dà anche ragione - oltre al finale precipitare del fascismo<br />

114 A. Hewitt, Fascist Modernism, cit.<br />

115 Quando l’estetizzazione e/o il conferimento di auraticità riguarda processi e/o<br />

situazioni che vogliono prescindere dal diretto intervento responsabilizzante della<br />

Vita Activa (totalitarismi politici e totalitarismi economici come l’attuale fase turbocapitalistica,<br />

che potrebbe altrimenti anche essere definita come estetizzazione della<br />

non politica, all’insegna delle parole di Tertulliano: “nec ulla magis res aliena quam<br />

publica” - nulla ci è più alieno della cosa pubblica), siamo di fronte ad estetizzazioni<br />

regressive, come nel caso dell’estetizzazione politica operata dal fascismo. Nello<br />

specifico, riguardo l’estetizzazione regressiva del fascismo, anziché di estetizzazione<br />

della politica è più corretto parlare di estetizzazione dello spazio pubblico, inteso -<br />

come già detto in nota 11 - in maniera puramente geometrico-euclidea e popolato da<br />

uomini passivi ed inerti pronti a rispondere estaticamente ai più folli ed irrazionali<br />

desiderata dell’autocrate di turno, risposta perinde ac cadaver che è il vero Schwarze<br />

Sonne della Gesamtkunstwerk fascista e totalitaria tout court. Quando invece<br />

l’estetizzazione è volta al conferimento di valore ad ogni situazione che coinvolge<br />

l’attiva e piena responsabilità dell’uomo, siamo di fronte ad una vera estetizzazione<br />

politica. Al contrario della Gesamtkunstwerk fascista, la Gesamtkunstwerk della Res<br />

Pvblica è un’ agorà popolata da individui responsabili, dialoganti (e last but not the<br />

least, agenti). E se questa differenza fra la Gesamtkunstwerk del fascismo (ma anche<br />

della stessa attuale postdemocrazia a guida turbo-capitalistica) e quella della Res<br />

Pvblica vogliamo concepirla attraverso un raffronto pittorico, si confrontino le

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