Lettere e frammenti - Galleria Agnellini Arte Moderna
Lettere e frammenti - Galleria Agnellini Arte Moderna
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Jacques<br />
Villeglé<br />
<strong>Lettere</strong> e <strong>frammenti</strong>
Jacques Villeglé
Jacques<br />
Villeglé<br />
<strong>Lettere</strong> e <strong>frammenti</strong>
Jacques Villeglé<br />
<strong>Lettere</strong> e <strong>frammenti</strong><br />
Centro Culturale Altinate / San Gaetano<br />
Padova, 27 gennaio - 11 marzo 2012<br />
Mostra promossa da / Exposition promue par<br />
Comune di Padova<br />
Assessorato alla Cultura<br />
in collaborazione con / avec la collaboration de<br />
<strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong><br />
CD Studio d’<strong>Arte</strong><br />
Direzione della mostra / Direction de l’exposition<br />
Mirella Cisotto Nalon<br />
Mostra e catalogo a cura di<br />
Exposition et catalogue sous la direction de<br />
Dominique Stella<br />
Roberto <strong>Agnellini</strong><br />
Carlo Silvestrin<br />
Giancarlo Patuzzi<br />
Coordinamento Ufficio Mostre<br />
Coordination Bureau d’Expositions<br />
Fiorenza Scarpa<br />
Segreteria organizzativa / Secrétariat de l’organisation<br />
Lucia Bertolin<br />
Francesca Maria Tedeschi<br />
Segreteria amministrativa / Secrétariat administratif<br />
Daniela Corsato, coordinamento<br />
Cinzia Bettin<br />
Loredana Fanton<br />
Franco Zanon<br />
Ufficio stampa / Bureau de presse<br />
Studio Lavia, Padova<br />
Spaini & Partners<br />
Comunicazione e promozione<br />
Communication et promotion<br />
Patrizia Cavinato<br />
Rocco Roselli<br />
Allestimento / Amenagement<br />
Squadra allestimenti Servizio Mostre<br />
Settore Attività Culturali, Padova<br />
Valter Spedicato, coordinamento<br />
Gianni Bernardi<br />
Antonio Breggion<br />
Luca Galtarossa<br />
Giancarlo Guglielmo<br />
Moreno Michielan<br />
Franco Paccagnella<br />
Silvano Perin<br />
Nazzareno Signoriello<br />
Claudio Spinello<br />
Progetto grafico / Conception graphique<br />
Fayçal Zaouali<br />
Redazione / Rédaction<br />
Monica Maroni<br />
Domenico Pertocoli<br />
Traduzioni / Traductions<br />
Silvia De Nicolai<br />
Ringraziamo / Nous remercions<br />
Directrice de l’Institut Français, Milano:<br />
Olga Poivre d’Avor<br />
Valérie Villeglé<br />
Armando Donati<br />
Roberto Pellizzari<br />
Gino Di Maggio<br />
Guy e Laurent Mazarguil<br />
Comune di Padova<br />
Assessorato alla Cultura<br />
Settore Attività Culturali<br />
Copertina / Couverture<br />
Boulevard de la Gare (particolare / détail), 1973<br />
Pagina 2 / Page 2<br />
Jacques Villeglé, Rue au Maire, Paris, 2008<br />
Photo Katrin Baumann<br />
Crediti dei testi / Droits des textes<br />
© Dominique Stella<br />
© Anne-Lise Quesnel<br />
© Gérard Xuriguera<br />
Crediti fotografici / Droits photographiques<br />
© Fabio Cattabiani<br />
© Altri fotografi / Autres photographes<br />
La mostra è stata realizzata con la partecipazione di<br />
L’exposition est réalisée avec le soutien de
L’appellativo di Città d’<strong>Arte</strong> è senza ombra di dubbio un onore per una città come Padova, una città<br />
al centro del Nord-Est operoso che da molti anni è guardato come modello da imitare in Italia ed all’estero,<br />
una città che ha saputo coniugare una prestigiosa Università con tante piccole e medie imprese che le hanno<br />
donato benessere e sviluppo senza stravolgere la sua identità, ma è anche una eredità pesante da sostenere<br />
soprattutto in momenti difficili come quelli che stiamo attraversando in questi anni.<br />
Essere una Città d’<strong>Arte</strong> vuol dire non solo vivere dei ricordi del passato ma proporre sempre nuove<br />
occasioni per i suoi cittadini e per il sempre crescente numero di turisti che la visitano.<br />
Per l’Amministrazione cittadina che da anni lavora con impegno per essere degna del titolo di Città d’<strong>Arte</strong>,<br />
l’occasione proposta di dedicare una Mostra ad uno dei più grandi artisti internazionali viventi non poteva<br />
che trovare totale condivisione.<br />
Nei nuovi spazi del Centro Culturale San Gaetano le opere di Jacques Villeglè potranno esprimere al<br />
meglio le loro potenzialità ed al Maestro che con tanta forza innovativa ha saputo attraversare il difficile<br />
secolo appena trascorso ed affacciarsi al nuovo millennio con immutata curiosità espressiva va il nostro<br />
ringraziamento.<br />
Villeglè, fin dagli anni ‘60, realizza un lavoro di “archeologia urbana “- dice Dominique Stella curatrice<br />
della mostra e di questo importante catalogo - ed anche il tema stesso scelto dall’Artista per questa<br />
esposizione “La lettera”, ideogramma di base della nostra scrittura, dimostra come il Maestro sia sempre<br />
stato attento ai mutamenti culturali e perciò sociologici che hanno caratterizzato il secolo appena trascorso<br />
e i Suoi segni socio – politici rappresentano la continuità della Sua ricerca fino ai nostri giorni.<br />
Siamo onorati che, dopo le Mostre personali che lo hanno visto protagonista nei più importanti Musei<br />
del mondo, Jacques Villeglè abbia scelto la nostra Città per questa Sua grande esposizione certificando<br />
in tal modo che il nostro costante lavoro ed impegno e la decisione di collaborare tra pubblico e privato<br />
nella realizzazione dei grandi eventi culturali vanno nella giusta direzione e la città tutta non potrà che<br />
trarne vantaggio.<br />
Andrea Colasio<br />
Assessore alla Cultura<br />
Flavio Zanonato<br />
Sindaco di Padova
Grande è la soddisfazione di poter presentare nella nostra città le opere di uno dei più importanti artisti<br />
del XX secolo, ancora vivente, che con la sua raffinata ironia ha contribuito con un linguaggio originale e<br />
provocatorio a segnare un’epoca, elaborando un suo personalissimo alfabeto da lui definito «socio-politico».<br />
Jacques Villeglè, bretone di Quimper, classe 1926, ha la forza di un grande artista che non deve dimostrare<br />
più nulla perchè la storia lo ha già consacrato tra i Maestri indiscussi del Novecento.<br />
Catalogato come artista appartenente al Noveau Rèalisme, Villeglè ha sempre dimostrato curiosità e<br />
indipendenza da definizioni generiche; la sua ricerca sui manifesti lacerati parte ben prima della sua<br />
adesione al movimento di Pierre Restany.<br />
Denominato in vari modi, “rapitore di manifesti”, “agrimensore della strada”, inizia la sua avventura come<br />
studente di architettura per poi dedicarsi alla ricerca incuriosito ma anche disorientato dalle opere di Mirò,<br />
con le quali dialoga nei suoi primi lavori realizzati con fili di ferro trovati per la strada. La sua amicizia con<br />
Raymond Hains e la frequentazione degli ambienti artistici dell’epoca contribuiscono a sviluppare la sua<br />
indole eclettica, che lo porta a diverse sperimentazioni nel campo del cinema, del Lettrismo, della poesia<br />
sonora ed ovviamente dell’affiche.<br />
La mostra Jacques Villeglè. <strong>Lettere</strong> e <strong>frammenti</strong> costituisce il giusto riconoscimento alla sua grandezza e alla<br />
capacità che ha dimostrato nel lungo percorso artistico, non ancora concluso, di rimanere se stesso senza<br />
vincoli di definizioni ingombranti, che avrebbero svilito lo spirito di un uomo che vuole essere, come lui<br />
stesso dichiara, «testimone attivo di un’umanità ricca di contraddizioni».<br />
Mirella Cisotto Nalon<br />
Capo Settore Attività Culturali
Sommario / Sommaire<br />
7<br />
13<br />
19<br />
27<br />
35<br />
37<br />
41<br />
165<br />
171<br />
175<br />
Quando consonanti, vocali e sillabe...<br />
compongono una sinfonia a colori<br />
Quand les consonnes, voyelles et syllabes…<br />
composent une symphonie en couleur<br />
Dominique Stella<br />
Jacques Villeglé e l’atelier di Hepérile éclaté<br />
Jacques Villeglé et l’atelier d’Hepérile éclaté<br />
Anne-Lise Quesnel<br />
Jacques Villeglé, predatore-poeta della città<br />
Jacques Villeglé, prédateur-poète de la cité<br />
Gérard Xuriguera<br />
Opere / Œuvres<br />
Apparati / Annexes<br />
Note biografiche<br />
Eléments de biographie<br />
Bibliografia selezionata / Bibliographie sélective
Dominique Stella<br />
Quando consonanti, vocali e sillabe...<br />
compongono una sinfonia a colori<br />
Fils d’acier,<br />
Chaussée des Corsaires,<br />
Saint-Malo, agosto / août<br />
1947<br />
La lettera, ideogramma di base della nostra scrittura, occupa<br />
un posto importante nell’opera di Jacques Villeglé. La<br />
preferenza dell’artista per i manifesti contenenti un grafismo<br />
attraversato da segni linguistici e accenti fonici che<br />
producono un gioco di sillabe e lettere, risale all’inizio della<br />
sua caccia ai manifesti insieme a Raymond Hains. Allontanatisi<br />
più tardi per via di alcune divergenze, i due amici di<br />
allora condividevano una ricerca nottambula che li incoraggiava<br />
a lunghe passeggiate, ciarliere da parte di Hains e<br />
più taciturne per Villeglé. Essi elaborarono una forma di<br />
linguaggio costruita su una teoria dell’urgenza e del ratto,<br />
che nel 1949 li condusse a una prima creazione comune<br />
dal titolo Ach Alma Manetro, strappata dalle palizzate del<br />
quartiere Montparnasse tra la Pharmacie des Arts e la Coupole.<br />
Questi lembi di fogli lacerati da mani anonime formano,<br />
per l’assenza dei <strong>frammenti</strong> sottratti, un alfabeto<br />
ellittico dal significato sfumato dall’usura del tempo e dal<br />
vandalismo comune; e la loro forza simbolica è tale che<br />
l’evidenza dell’invenzione s’impone ai due artisti delle strade,<br />
orientando il loro lavoro e determinando per sempre<br />
l’origine dell’opera di Jacques Villeglé. Hains invece, da<br />
parte sua, abbandonerà rapidamente il manifesto per tornare<br />
alla fotografia e ad altre forme di espressione più<br />
“rocambolesche”, in cui l’arte del discorso s’illustra in una<br />
forma visiva di un simbolismo concettuale.<br />
Villeglé prosegue instancabile il prelevamento di manifesti<br />
con una volontà e un rigore mai smentiti nel corso degli<br />
anni, dalle prime opere del 1949 agli ultimi manifesti del<br />
2003. L’insieme dei messaggi straniati e delle parole spesso<br />
troncate in modo divertente costituisce l’inventario più<br />
eterogeneo ed efficace dal punto di vista visivo e sociologico<br />
che si possa immaginare. I messaggi soggiacenti sono<br />
deviati dal loro intento iniziale: far votare, consumare, aderire...<br />
e diventano brandelli e <strong>frammenti</strong> ai quali l’aleatorietà<br />
degli strappi e l’accostamento fortuito di colori e slogan<br />
smascherati conferiscono una poesia vivace, estetica, a volte<br />
irruente, a volte totalmente assurda. Villeglé non aspira a<br />
testimoniare un’armonia, ma ricerca l’insolito, suscita lo<br />
stupore, smaschera, sotto le accumulazioni e le stratificazioni,<br />
le contraddizioni di una civiltà assillata dalla proliferazione<br />
dei messaggi. Egli opera da sociologo, le lettere<br />
sono per lui una chiave di accesso all’enigma del nostro<br />
mondo, e un modo di appropriazione poetica di una realtà<br />
spesso sconcertante.<br />
Certo, egli non è il primo a utilizzare la parola scritta per<br />
interpretare liberamente e in modo critico e distante gli<br />
aspetti più diversi di un mondo che s’inventa, si contrae e<br />
si distende sotto gli occhi meravigliati di un pubblico di<br />
consumatori assillato da messaggi pressanti sempre più<br />
imperativi e violenti. Il movimento Dada, i cubisti, i futuristi,<br />
i surrealisti utilizzarono la parola e il gioco delle lettere<br />
per sublimarle in segni volteggianti sulle pagine composite<br />
di una letteratura visiva e astratta. Apollinaire, tra i<br />
primi, scrisse poesie in forma di calligrammi nei quali le<br />
lettere sposano il tracciato inedito di una linea che disegna<br />
o suggerisce qui una fontana (La colombe poignardée et le<br />
jeu d’eau), là un cuore (Cœur couronné et miroir). I futuristi<br />
chiamarono questa forma di composizione letteraria<br />
“parole in libertà”. Il loro contributo all’emancipazione<br />
dagli stereotipi imposti dalla stampa tradizionale alle<br />
costruzioni letterarie è immenso. Il loro progetto linguistico<br />
nasce in un mondo di velocità e rumore, dedito al culto<br />
della macchina e al progresso tecnico. L’epoca invita a proiettarsi<br />
verso l’avvenire e modifica non solamente la produzione,<br />
ma anche il comportamento individuale e la percezione<br />
stessa dell’universo. L’ispirazione futurista nasce dalla<br />
strada e nella strada. La poesia e la pittura si radicalizzano<br />
nell’adesione entusiastica alla meccanizzazione delle tecniche<br />
e nella sensazione inebriante di superamento, energia e<br />
accelerazione. In tipografia la dismisura invade la scomposizione<br />
volontaria dei testi che gli artisti interpretano<br />
secondo lo standard dell’originalità che fa esplodere i canoni<br />
classici. Questa evoluzione conduce quindi all’annullamento<br />
dell’idealizzazione dell’opera, privilegiando la funzione<br />
semantica e formale. I futuristi hanno liberato il testo<br />
da ogni organizzazione significante. La moltiplicazione dei<br />
caratteri, la conquista spaziale della pagina, l’esplosione<br />
fonetica, le ricerche “rumoriste”, l’utilizzo di onomatopee<br />
fanno della nuova tipografia sperimentale il riflesso del<br />
mondo quotidiano che sommerge l’uomo in un intreccio<br />
di segni e informazioni. L’alfabeto si disarticola, la scrittura<br />
diviene mosaico che annulla la continuità della storia e<br />
7
del racconto. Il fondatore del gruppo dei futuristi, lo scrittore<br />
Filippo Tommaso Marinetti, espone nei suoi testi e<br />
manifesti i suoi concetti teorici: “La mia rivoluzione è<br />
diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina,<br />
che è contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli<br />
scoppi dello stile che scorre sulla pagina stessa. Noi useremo<br />
perciò in una medesima pagina tre o quattro colori<br />
diversi di inchiostro ed anche venti caratteri tipografici<br />
diversi se occorre. Per esempio: corsivo per una serie di sensazioni<br />
simili e veloci, grassetto tondo per le onomatopee<br />
violente, ecc. Nuova concezione della pagina tipograficamente<br />
pittorica.” Egli preconizza l’abolizione della punteggiatura:<br />
“Le parole liberate dalla punteggiatura irradieranno<br />
le une sulle altre, incroceranno i loro diversi magnetismi,<br />
secondo il dinamismo ininterrotto del pensiero. Uno<br />
spazio bianco, più o meno lungo, indicherà al lettore i<br />
riposi o i sonni più o meno lunghi dell’intuizione.” E continua:<br />
“Le parole in libertà si trasformano naturalmente in<br />
auto-illustrazioni, mediante l’ortografia e la tipografia libera<br />
espressiva, le tavole sinottiche di valori lirici e le analogie<br />
disegnate. [...] L’ortografia e la tipografia libera espressiva<br />
servono inoltre a esprimere la mimica facciale e la<br />
gesticolazione del narratore. [...] Questa energia d’accento,<br />
di voce e di mimica trova oggi la sua espressione naturale<br />
nelle parole deformate e nelle sproporzioni dei caratteri<br />
tipografici che riproducono le smorfie del viso e la forza<br />
scultoria e cesellante dei gesti.”<br />
Tristan Tzara, il capofila del movimento Dada, Kurt<br />
Schwitters, Raoul Hausmann, Max Ernst successivamente,<br />
hanno seguito la via della smaterializzazione del testo per<br />
aprire la pagina allo spazio di una poesia fratturata. Marc<br />
Dachy afferma a proposito di Tzara: “Egli scrive fulminei<br />
poemi di lente cataratte di parole, precipitando la poesia in<br />
un’accelerazione nuova. Nel 1916 il verso libero, non punteggiato,<br />
ereditato in parte da Apollinaire e da Cendras,<br />
trova in Tzara il suo rivelatore. Tzara, nel 1921, lo porta<br />
alla sua ultima conseguenza, a uno sconvolgimento del<br />
materiale colmo di energia, offrendo alla letteratura una<br />
complessità di significato inedito, un ritmo scoppiettante<br />
nell’organizzazione delle catene di sostantivi, proponendosi<br />
perfino di non scegliere più le parole che egli allinea fianco<br />
a fianco.” 1 Dachy prosegue citando un brano del manifesto<br />
dada sull’amore debole e l’amore amaro:<br />
“Per fare un poema dadaista,<br />
Prendete un giornale,<br />
Prendete delle forbici<br />
Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza<br />
che contate di dare al vostro poema.<br />
Ritagliate l’articolo.<br />
Ritagliate quindi con cura ognuna delle parole che<br />
formano questo articolo e mettetele in un sacco.<br />
Agitate delicatamente.<br />
Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno dopo l’altro.<br />
Copiate coscienziosamente nell’ordine in cui hanno<br />
lasciato il sacco.<br />
Il poema vi assomiglierà.<br />
Ed eccovi uno scrittore infinitamente originale e d’una<br />
sensibilità affascinante, sebbene incompresa dall’uomo<br />
della strada.”<br />
Giustapposizioni aleatorie sono anche l’essenza di una letteratura<br />
poetica come quella sviluppata da Schwitters nei<br />
suoi “poemi di lettere” o da Raoul Hausmann nei suoi<br />
“poemi-manifesti”. Il poema-manifesto di Hausmann,<br />
costituito di lettere tipografiche di grandezza diversa, mette<br />
l’accento sulla sonorità e sul ritmo, trascurando il senso e il<br />
discorso: “In un poema – scrive – non sono il significato e<br />
la retorica delle parole, ma le vocali e le consonanti e perfino<br />
i caratteri dell’alfabeto che devono essere portatori di<br />
un ritmo.”<br />
È lunga la lista degli improvvisatori e registi dell’estrazione<br />
a sorte, orchestrata dal caso, che compongono arbitrariamente<br />
testi a sorpresa e indovinelli. Nel 1924 André<br />
Breton consiglia “l’assemblaggio più gratuito possibile di<br />
titoli e <strong>frammenti</strong> di titoli ritagliati dai giornali”. Marcel<br />
Duchamp, Man Ray e Max Ernst partecipano a questa poetica<br />
libertaria che Joan Miró sa trasformare in poesia pittorica<br />
dal 1924.<br />
I poeti Fluxus, in seguito, e le avanguardie francesi dell’immediato<br />
dopoguerra rivendicano altri comportamenti e<br />
altre finalità linguistiche e poetiche, proseguendo le ricerche<br />
dei loro predecessori che avevano abolito i confini tra<br />
poesia e pittura, e riconducendo le scoperte e i principi da<br />
un ambito a un altro: il lettrismo di Isidore Isou si tramuta<br />
in superscrittura, in ipergrafia nella pittura, per esempio.<br />
La pluralità delle esperienze e delle possibilità apre nuovi<br />
spazi che i lettristi sanno conquistare, con una riservatezza,<br />
però, che l’epoca, maggiormente incline alle dimostrazioni<br />
pittoriche più chiassose dei pittori astratti, tarderà a riconoscere.<br />
L’avventura di Villeglé nasce da questa stessa filosofia che<br />
mette a confronto la realtà con l’aleatorietà degli incontri<br />
in una volontà, come scrive Pierre Restany, “di reintegrarsi<br />
8
Raymond Hains,<br />
Jacques Villeglé,<br />
Ach Alma Manetro,<br />
febbraio / février 1949<br />
Manifesti strappati incollati<br />
su tela / Affiches lacérées<br />
marouflées sur toile,<br />
58 5 256 cm<br />
Musée National d’Art<br />
Moderne, Centre Georges<br />
Pompidou, Paris<br />
al reale, identificandolo con la propria trascendenza, che è<br />
emozione, sentimento e infine poesia”. 2 È timidamente,<br />
nel 1947, che egli recupera alcuni fili di ferro sulle banchine<br />
di Saint-Malo. Facendo eco ai lavori pittorici di Joan<br />
Miró, che rivendicava il titolo di “pittore-poeta”, Villeglé<br />
crea un segno nello spazio che si rivela più vicino alla pittura<br />
di Miró che a ogni riflessione sull’oggetto stesso. Il<br />
segno si vuole pittorico e i suoi Danseurs di fili di ferro<br />
ricordano il movimento dei “grafismi-poemi” del pittore<br />
catalano. Villeglé cerca di creare un disegno nello spazio,<br />
secondo una struttura che vuole formale, coltivando un<br />
rapporto con la costruzione. È interessato alla forma, e<br />
rifugge dall’informale come possibile espressione della sua<br />
ricerca.<br />
I primi lavori di Hains e Villeglé derivano da un intento<br />
comune ai due artisti: fare un’arte in cui la manipolazione<br />
non faccia perdere all’opera la sua realtà integrale. Questa<br />
riflessione nasce dal primo lavoro di Villeglé, in cui la<br />
distanza tra la realtà dell’objet trouvé (il fil di ferro) e la sua<br />
trasformazione in “disegno nello spazio” è minima, solamente<br />
qualche gesto inconscio che fa sorgere una forma<br />
quasi spontanea. È l’idea stessa del décollage, che Villeglé<br />
riprende nel suo testo Des réalités collectives, che servirà da<br />
base al primo manifesto di Restany nel 1960. Villeglé scrive:<br />
“Nel clima di disinformazione del dopoguerra, ho preso<br />
le distanze dall’atto del dipingere o fare collage. Pensavo<br />
che l’assenza di premeditazione, di ogni idea prestabilita,<br />
dovesse diventare, non soltanto per me ma per tutti,<br />
un’inesauribile fonte di arte, di arte degna dei musei. Il<br />
risultato ottenuto dal gesto meccanico e aggressivo di un<br />
qualsiasi passante che strappava manifesti, doveva essere<br />
mostrato e messo sullo stesso piano della tirannia dell’oggetto<br />
che, nell’uomo colto, suscita il bisogno di appagarsi<br />
plasticamente.” 3 Partecipando dunque all’interpretazione<br />
casuale e libera di un mondo ancora intorpidito nei nimbi<br />
del dopoguerra, Hains e Villeglé inventano il manifesto<br />
scollato come strumento di lettura di un’epoca che essi<br />
intuiscono ricca di possibilità.<br />
Ach Alma Manetro, del 1949, è una delle prime manifestazioni<br />
di questi “furti” ai quali si dedicarono nei primi anni<br />
cinquanta. Le poche sillabe strappate ai manifesti compongono<br />
una litania nuova, estremamente suggestiva e<br />
poetica. L’invenzione si inscrive in un procedimento creativo<br />
che, nel 1953, coinvolge i due artisti in un’interpretazione<br />
“illeggibile” di Hepérile, un poema di Camille Bryen:<br />
Hepérile éclaté. L’opera trova la sua origine nelle ricerche di<br />
Raymond Hains sulle lettere deflagrate, che egli mette a<br />
punto utilizzando una tecnica fotografica di sua invenzione<br />
con il vetro scanalato, che darà vita a ciò che François<br />
Dufrêne battezzò “ultra-lettrismo”.<br />
L’ultra-lettrismo deriva quindi dall’esplorazione di tecniche<br />
fotografiche elaborate da Hains, il quale in primo luogo<br />
sperimenta metodi di sovrimpressione, poi prosegue le sue<br />
ricerche fotografiche integrando procedimenti di trasformazione<br />
o metamorfosi per mezzo di specchi o effetti<br />
luminosi, per arrivare alla scoperta degli obiettivi in vetro<br />
scanalato che avrebbero dato vita a una serie di opere esposte<br />
a Parigi nel 1948 con il titolo piuttosto vago di Photographies<br />
hypnagogiques.<br />
L’invenzione dei vetri scanalati dimostra la capacità di<br />
Hains di esplorare le vie del caso che l’occasione trasforma<br />
in magiche opportunità. I vetri scanalati traspongono il<br />
mondo in una realtà nuova, immaginaria, immateriale,<br />
impalpabile, in riflesso a un modo di essere, pensare e parlare<br />
che l’artista sviluppa all’infinito in un linguaggio codificato,<br />
mescolanza di ermetismo e derisione.<br />
Per mezzo di questo procedimento ottico particolare, vicino<br />
alla poesia visiva, Hains e Villeglé pubblicano nel 1953<br />
una piccola opera intitolata Hepérile éclaté che, in un certo<br />
senso, è la replica del poema fonetico Hepérile di Camille<br />
Bryen: in una forma deflagrata, e tramite il vetro scanalato,<br />
l’opera traduce il poema di Bryen in schegge grafiche<br />
sulla pagina. Hepérile éclaté rappresenta la consacrazione<br />
definitiva dell’autonomia espressiva della fotografia, che<br />
secondo l’espressione di Bryen è in grado di produrre<br />
l’“illeggibile”. “Scrivendo Hepérile con parole sconosciute –<br />
precisa Bryen – creavo in modo organico, senza riferimenti<br />
al vocabolario, questa serie completa di parole [...]. Oggi,<br />
ecco il primo libro felicemente illeggibile.” L’approvazione<br />
di Bryen è seguita da questa annotazione di Hains e Villeglé,<br />
intitolata L’intrusion du verre cannelé dans la poésie:<br />
“Noi non abbiamo scoperto le ultra-lettere. Piuttosto ci<br />
9
Jacques Villeglé,<br />
II e Biennale des jeunes,<br />
Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris,<br />
agosto / août 1961<br />
Photo Willy Rizzo<br />
scopriamo in esse [...]. Il nostro merito – o la nostra astuzia<br />
– è di aver visto ultra-lettere laddove eravamo abituati a<br />
vedere lettere deformate. Infine, ci serviamo di trame di<br />
vetri scanalati per liberare gli scritti dal loro significato originario.<br />
Attraverso un procedimento analogo, è possibile<br />
far deflagrare la parola in ultra-parole, che nessuna bocca<br />
umana sarebbe in grado di pronunciare.” 4<br />
Villeglé, più di Hains, ama il caos della materia affissa, scarificata,<br />
lacerata, scollata. Egli vibra in tale corpo a corpo<br />
che sottrae alle intemperie e alla distruzione questi cumuli<br />
di carta che nessuno penserebbe di trasformare in opera<br />
imperitura. Dalla strada e nella strada, nella tradizione che<br />
lega il décollage al futurismo in uno stesso slancio creativo<br />
e sovversivo, Villeglé contribuisce a raccogliere le tracce e<br />
gli strati significativi di una società fiorente in continuo<br />
rinnovamento. Ne rileva i tratti poetici o stridenti, le contraddizioni<br />
e le dissonanze, compone il ritratto di un’epoca<br />
in un’accumulazione archeologica che costituisce il lavoro<br />
della sua vita. Il titolo della sua mostra al Centre Pompidou,<br />
La comédie urbaine, con riferimento alla Comédie<br />
humaine di Balzac, sottolinea l’acutezza dello sguardo<br />
dell’“anonimo laceratore” di manifesti, nel selezionare i<br />
<strong>frammenti</strong> di una cronaca al quotidiano che egli perpetua<br />
in una trascrizione in cui il verbo, la frase tronca, la lettera<br />
strappata ci raccontano il romanzo realista, fantastico e<br />
perfino filosofico di un’epoca. Si tratta davvero di un racconto<br />
che egli ci consegna, e la scrittura stessa decomposta<br />
dai casi della vita ci trasmette “emozioni, sentimenti, poesia”,<br />
al pari delle opere letterarie.<br />
I lembi di strati strappati dai pannelli pubblicitari si avvicinano<br />
così a veri e propri quadri, in cui lettere, parole e<br />
colori si scontrano e a volte si armonizzano in composizioni<br />
quasi pittoriche. Essi pongono la questione del “Bello”<br />
in una transizione del pensiero estetico condotta a partire<br />
da Duchamp che interroga la definizione data alla parola<br />
nel corso dei secoli. I manifesti strappati si contrappongono<br />
ai quadri composti dalla mano dell’artista, ma si confrontano<br />
anche con il “gusto” di colui che li sottrae dapprima<br />
e li guarda poi, entrando così nel campo dell’Estetica,<br />
poiché perfino qualcosa che si considera “brutto” rimane<br />
prima di tutto soggetto a un giudizio. L’arte provocatoria<br />
di Villeglé interpella il nostro senso dell’estetica: ciò che<br />
vediamo è brutto, è bello? L’opinione comune ammette<br />
con difficoltà il valore “pittorico” del “lacerato anonimo”.<br />
Il tempo ha fatto il suo corso, elevando infine il lavoro dell’artista<br />
al rango di “pittore”, poiché egli offre, attraverso<br />
un percorso scelto, un ritratto vivente e variegato dell’epoca<br />
che attraversa e che ci descrive. La sua opera veicola così<br />
una realtà politica e sociale illustrata dalle sue parole:<br />
“Questi manifesti, che trasporto dal muro della strada al<br />
luogo dell’arte, li percepivo sin dall’inizio come il riflesso<br />
coerente e canzonatore della realtà morale e amorale, spirituale<br />
e terra terra, religiosa e laica, riflessiva e versatile,<br />
cosmopolita e pantofolaia, comune a tutti gli uomini, miei<br />
contemporanei.” 5<br />
Il suo lavoro di archeologo urbano si è sistematizzato con<br />
il tempo. Villeglé ha intrapreso, da allora, una vera e propria<br />
archiviazione del linguaggio delle strade, orientando la<br />
sua produzione in funzione di tematiche che gli sono care.<br />
Questa lettura sistematica del nostro quotidiano costituisce<br />
un repertorio di cronaca, vera e propria porzione di memo-<br />
10
ia che l’artista preleva secondo le proprie intuizioni. Nell’ostinazione<br />
quasi compulsiva di inseguire i <strong>frammenti</strong><br />
effimeri della nostra epoca, egli ha molto dell’atteggiamento<br />
del collezionista, mai pago, sempre alla ricerca di una<br />
nuova conquista, che accumula tracce e testimonianze<br />
come se ogni oggetto raccolto costituisse una particella di<br />
una ricerca più vasta, elemento di un puzzle da completare.<br />
Questa stessa passione per la raccolta si riscontra nella<br />
volontà di inventariare le proprie opere che lo anima dal<br />
1970, conducendolo a programmare la creazione del catalogo<br />
ragionato del suo lavoro secondo uno sviluppo tematico.<br />
Il primo tomo esce in occasione della mostra La peinture<br />
dans la non-peinture, tenutasi a Nizza nel luglio del<br />
1988, poi a Tolosa nell’ottobre dello stesso anno, e infine a<br />
Colonia nel 1989. Sans lettre, sans figure. Catalogue thématique<br />
des affiches lacérées 6 appare nel 2004. Restano da pubblicare<br />
La lettre lacerée e Mots et fragments de mots, due cataloghi<br />
che raccoglieranno, in maniera esaustiva, la parte del<br />
lavoro dell’artista dedicata alle parole e alle lettere, costituendo<br />
una lettura codificata di un’epoca che copre mezzo<br />
secolo di setacciamento urbano.<br />
Jacques Villeglé è un appassionato delle parole. La sua relazione<br />
con queste ultime si è espressa in modi diversi nel<br />
corso del suo lungo cammino. Egli ne fa uso in prima persona<br />
per scrivere testi basilari quali il suo primo saggio, Des<br />
réalités collectives 7 che risale al 1958, o, nel 1970, Le flâneur<br />
aux palissades de la manifestation spontanée, pubblicato in<br />
“VH 101”, n. 3. Il suo stile esplosivo si ritrova nel volume<br />
Urbi & Orbi apparso inizialmente nel 1986 presso le edizioni<br />
W, poi presso le edizioni Luna Park nel 2005. Egli<br />
condivide questo piacere delle parole con François Dufrêne,<br />
grande protagonista dell’avventura lettrista, associatosi al<br />
movimento degli affichistes con un’interpretazione del<br />
“dorso del manifesto”, e divenuto l’amico complice di<br />
un’avventura comune.<br />
Un altro aspetto dell’utilizzo del testo accompagna l’opera<br />
di Villeglé dalla fine degli anni sessanta. Nutrito della cultura<br />
dell’agrimensore delle strade, il messaggio del manifesto<br />
non differisce dallo studio semiologico, che permette di<br />
rintracciare alcuni caratteri specifici dei graffiti che inva -<br />
dono già i muri di Parigi. Nel 1969, in occasione di una<br />
visita del presidente americano Richard Nixon in Francia,<br />
Villeglé scorge su una parete della metropolitana parigina<br />
un grafismo particolare che traccia il nome di Nixon. Evocando<br />
quella scoperta, Villeglé racconta: “Sui muri di un<br />
corridoio della metropolitana ho visto le tre frecce dell’ex<br />
partito socialista, la croce gaulliana, la svastica nazista, la<br />
croce celtica inscritte nella O dei movimenti Jeune Nation,<br />
Ordre Nouveau, Occident ecc., poi di nuovo le tre frecce<br />
dinamiche, timoniere e pavloviane di Tchakhotine che<br />
indicavano, senza altro commento, il nome del presidente<br />
americano. L’impatto degli ideogrammi politici così riuniti<br />
prevaleva su tutti gli altri slogan anti-yankee di allora. Le<br />
A circolettate, le N rigate, le O tagliate in quattro, les S<br />
striate, le I sbarrate due volte, le V disposte a stella, la curva<br />
delle G, falce dei soviet rovesciata, trapassata dal martello,<br />
le S raddoppiate inscritte come due fulmini paralleli...<br />
Questi sovraccarichi emblematici dei bassifondi parigini<br />
generalizzano la guerriglia dei simboli che, nel 1931, il leader<br />
della propaganda del Fronte di Bronzo aveva immaginato,<br />
quando ideò le tre frecce per i giovani operai socialisti<br />
in opposizione alla croce uncinata delle camicie brune. 8<br />
La scrittura latina, attraverso l’amalgama, nel senso alchemico<br />
del termine, con quegli ideogrammi fascisti, capitalisti,<br />
socialisti, comunisti o di ultrasinistra s’inscriveva in filigrana<br />
nelle pagine bianche della storia.” 9<br />
Questo alfabeto, come un “quadrato magico”, è fonte di<br />
declinazioni infinite in tele pittoriche nelle quali i segni<br />
compongono una variazione colorata di frasi lapidarie, di<br />
racconti criptati a volte difficili da decifrare, di slogan quasi<br />
anarchici. Villeglé lo utilizza in ogni formato, su ogni supporto,<br />
descrivendo così i costumi e gli umori di un tempo<br />
che egli attraversa, decriptandolo con il suo sguardo dissezionatore.<br />
Jacques Villeglé effettua allora, attraverso questa<br />
versione grafica del proprio lavoro, una sintesi che collega<br />
l’aleatorietà del lacerato anonimo con il gesto volontario<br />
dell’artista che cattura il segno per sottometterlo alla propria<br />
volontà...<br />
1<br />
Marc Dachy, “Dada: la langue comme utopie”, in Poésure et peintrie,<br />
Réunion des Musées Nationaux, Musées de Marseille, 1993.<br />
2<br />
Primo manifesto del nouveau réalisme, Les nouveaux réalistes, Milano,<br />
16 aprile 1960.<br />
3<br />
Jacques Villeglé, Des réalités collectives, in “Grâmmes. Revue Ultralettriste”,<br />
n. 2, maggio 1958.<br />
4<br />
Raymond Hains, Jacques Villeglé, L’intrusion du verre cannelé dans<br />
la poésie, Librairie Lutétia, Paris, 1953.<br />
5<br />
Jacques Villeglé, La traversée urbi & orbi, Luna Park Transédition,<br />
Paris, 2005, p. 178.<br />
6<br />
Pubblicato dalla casa editrice Ides et Calendes il 5 novembre 2004.<br />
7<br />
Pubblicato in “Grâmmes”, n. 2.<br />
8<br />
Serge Tchakhotine, Le viol des foules, ried. Gallimard, Paris, 1972.<br />
9<br />
Jacques Villeglé. Liens & lieux. Contrastes, Galerie Départementale<br />
du Dourven, 1998, p. 39.<br />
11
Dominique Stella<br />
Quand les consonnes, voyelles et syllabes…<br />
composent une symphonie en couleur<br />
Jacques Villeglé,<br />
XIV e Arrondissement,<br />
Paris, 1961<br />
Photo Harry Shunk<br />
La lettre, idéogramme de base de notre écriture, tient une<br />
place importante dans l’œuvre de Jacques Villeglé. La préférence<br />
de l’artiste pour les affiches qui comportent un<br />
graphisme verrouillé par des signes linguistiques et des<br />
accents phoniques entraînant un jeu de syllabes et de lettres<br />
remonte au début de sa chasse aux affiches avec Raymond<br />
Hains. Les deux amis d’alors – des divergences par<br />
la suite les éloigneront – que leur quête noctambule<br />
conduisait dans des déambulations bavardes de la part de<br />
Raymond et plus silencieuses quant à Villeglé, élaborèrent<br />
une forme de langage qu’ils construisirent dans une théorie<br />
de l’urgence et du rapt qui les porta en 1949 à une première<br />
création commune au titre d’Ach Alma Manetro,<br />
arrachée aux palissades du quartier Montparnasse entre la<br />
pharmacie des Arts et la Coupole. La force symbolique de<br />
ces lambeaux de papiers déchirés par des mains anonymes<br />
construisant, par l’absence des fragments dérobés, un<br />
alphabet elliptique, à la signification estompée par l’usure<br />
du temps et le vandalisme commun, est telle que l’évidence<br />
de l’invention s’impose aux deux artistes des rues,<br />
orientant leur travail et déterminant pour toujours l’origine<br />
de l’œuvre de Jacques Villeglé. Raymond Hains,<br />
quant à lui, abandonnera rapidement l’affiche pour revenir<br />
à la photographie et à d’autres formes d’expression<br />
plus “rocambolesques”, où l’art du discours s’illustre dans<br />
une forme visuelle d’un symbolisme conceptuel.<br />
Villeglé inlassablement poursuivit le rapt d’affiches avec<br />
une volonté et une rigueur jamais démenties au long des<br />
années, depuis ses premières œuvres de 1949 à ses dernières<br />
affiches de 2003. La collecte des messages détournés<br />
et des mots tronqués, souvent drôles, constituent l’inventaire<br />
le plus hétéroclite et le plus percutant du point de<br />
vue visuel et sociologique que l’on puisse imaginer. Les<br />
messages sous-jacents sont détournés de leur but initial:<br />
faire voter, consommer, adhérer... et deviennent des bribes<br />
et fragments auxquels le hasard des déchirures et le voisinage<br />
fortuit de couleurs et de slogans démasqués confèrent<br />
une poésie colorée, esthétique, quelque fois violente,<br />
parfois totalement absurde. Villeglé ne cherche pas à<br />
témoigner d’une harmonie, il recherche l’insolite, il provoque<br />
l’étonnement, il démasque, sous les accumulations<br />
et les stratifications, les contradictions d’une civilisation<br />
hantée par la prolifération des messages. Il fait œuvre de<br />
sociologue, les lettres sont pour lui une clef d’accès à<br />
l’énigme de notre monde, et un mode d’appropriation<br />
poétique d’une réalité souvent déroutante.<br />
Certes, il n’est pas le premier à utiliser l’écrit pour interpréter<br />
librement et de manière critique et décalée les<br />
aspects les plus divers d’un monde qui s’invente, se noue<br />
et se dénoue sous les yeux ébahis d’un public de consommateurs<br />
assiégés par des messages pressants de plus en plus<br />
impératifs et violents. Le mouvement Dada, les cubistes,<br />
les futuristes, les surréalistes usèrent du mot et du jeu des<br />
lettres pour les sublimer en des signes voltigeant sur les<br />
pages composées d’une littérature visuelle et abstraite.<br />
Apollinaire, parmi les premiers, écrivit des poésies en<br />
forme de calligrammes dans lesquels les lettres épousent le<br />
tracé inédit d’une ligne qui dessine ou suggère ici une fontaine<br />
(La colombe poignardée et le jet d’eau), là un cœur<br />
(Cœur couronné et miroir). Les futuristes appelèrent cette<br />
forme de composition littéraire “mots en liberté”. Leur<br />
contribution à l’émancipation des stéréotypes imposés par<br />
l’imprimerie traditionnelle aux constructions littéraires est<br />
immense. Leur projet linguistique naît dans un monde de<br />
vitesse et de bruit dédié au culte de la machine et au progrès<br />
technique. L’époque invite à se projeter dans l’avenir<br />
et modifie non seulement la production, mais aussi le<br />
comportement individuel et la sensation même de l’univers.<br />
L’inspiration futuriste naît de la rue et dans la rue. La<br />
poésie et la peinture se radicalisent dans l’adhésion<br />
enthousiaste à la mécanisation des techniques et à la sensation<br />
grisante de dépassement, d’énergie et d’accélération.<br />
En typographie la démesure envahit la décomposition<br />
volontaire des textes que les artistes interprètent selon<br />
le standard de la nouveauté explosive des canons classiques.<br />
Cette évolution conduit alors à la destruction de<br />
l’idéalisation de l’œuvre, privilégiant la fonction sémantique<br />
et formelle. Les futuristes ont libéré le texte de toute<br />
organisation signifiante. La multiplication des caractères,<br />
la conquête spatiale de la page, l’explosion phonétique, les<br />
recherches “bruitistes”, les utilisations d’onomatopées font<br />
de la nouvelle typographie expérimentale le reflet du<br />
13
monde quotidien qui submerge l’homme dans une trame<br />
de signes et d’informations. L’alphabet se désarticule,<br />
l’écriture devient mosaïque, détruisant la continuité de<br />
l’histoire et du récit. Le fondateur du groupe des futuristes,<br />
l’écrivain Filippo Tommaso Marinetti, expose dans<br />
ses textes et manifestes ses concepts théoriques: “Ma révolution<br />
est dirigée en outre contre ce qu’on appelle harmonie<br />
typographique de la page, qui est contraire au flux et<br />
reflux du style qui se déploie dans la page. Nous emploierons<br />
aussi, dans une même page, trois ou quatre encres de<br />
couleurs différentes et vingt caractères différents s’il le<br />
faut. Par exemple: italiques pour une série de sensations<br />
semblables et rapides, gras pour les onomatopées violentes,<br />
etc. Nouvelle conception de la page typographiquement<br />
picturale.” Il prône l’abrogation de la ponctuation:<br />
“Les mots délivrés de la ponctuation rayonneront les<br />
uns sur les autres, entrecroiseront leurs magnétismes<br />
divers, suivant le dynamisme ininterrompu de la pensée.<br />
Un espace blanc, plus ou moins long, indiquera au lecteur<br />
les repos ou les sommeils plus ou moins longs de l’intuition.”<br />
Il poursuit: “Les mots en liberté se transforment<br />
naturellement en auto-illustration moyennant l’orthographe<br />
et la typographie libre expressive, les tables synoptiques<br />
de valeurs lyriques et les analogies dessinées. […]<br />
L’orthographe et la typographie libre expressive servent à<br />
exprimer la mimique du visage et la gesticulation du<br />
conteur. […] Ces énergies d’accent, de voix et de<br />
mimique, trouvent aujourd’hui leur expression naturelle<br />
dans les mots déformés et dans les disproportions typographiques<br />
correspondant aux grimaces du visage et à la<br />
forme ciselante des gestes.”<br />
Tristan Tzara, le chef de file du mouvement Dada, Kurt<br />
Schwitters, Raoul Hausmann, Max Ernst ensuite, ont<br />
suivi la voie de la dématérialisation du texte pour ouvrir<br />
la page à l’espace d’une poésie fracturée. Marc Dachy<br />
déclare à propos de Tzara: “Il écrit de fulgurants poèmes<br />
de lentes cataractes de mots, précipitant la poésie dans<br />
une accélération nouvelle. En 1916, le vers libre, non<br />
ponctué, hérité pour partie d’Apollinaire et de Cendrars,<br />
trouve en Tzara son révélateur. Tzara, en 1921, le mène à<br />
son ultime conséquence, à un affolement du matériau<br />
plein d’énergie, offrant à la littérature une complexité de<br />
sens inédit, un rythme crépitant, dans l’organisation des<br />
chaînes de substantifs se proposant même de ne plus<br />
choisir les mots qu’il aligne côte à côte.” 1 Dachy poursuit<br />
citant un extrait du manifeste dada sur l’amour faible et<br />
l’amour amer:<br />
“Pour faire un poème dadaïste,<br />
Prenez un journal,<br />
Prenez des ciseaux<br />
Choisissez dans ce journal un article ayant la longueur<br />
que vous comptez donner à votre poème.<br />
Découpez l’article.<br />
Découpez ensuite avec soin chacun des mots qui<br />
forment cet article et mettez-les dans un sac.<br />
Agitez doucement.<br />
Sortez ensuite chaque coupure l’une après l’autre.<br />
Copiez consciencieusement dans l’ordre où elles ont<br />
quitté le sac.<br />
Le poème vous ressemblera.<br />
Et vous voilà un écrivain infiniment original et d’une<br />
sensibilité charmante, encore qu’incomprise du vulgaire.”<br />
Ces juxtapositions aléatoires sont aussi l’essence d’une littérature<br />
poétique telle que la développa Schwitters dans<br />
ses “poèmes de lettres” ou Raoul Hausmann dans ses<br />
“poèmes-affiches”. Le poème-affiche d’Hausmann, constitué<br />
de lettres typographiques de corps différents, met l’accent<br />
sur la sonorité et le rythme, négligeant le sens et le<br />
discours: “Dans un poème – écrit-il – ce ne sont pas le<br />
sens et la rhétorique des mots mais les voyelles et les<br />
consonnes et même les caractères de l’alphabet qui doivent<br />
être porteurs d’un rythme.”<br />
Longue est la liste des improvisateurs et metteurs en scène<br />
de tirage au sort, orchestré par le hasard, qui composent<br />
arbitrairement des textes à surprise et devinettes. André<br />
Breton conseille, en 1924, “l’assemblage aussi gratuit que<br />
possible, de titres et fragments de titres découpés dans les<br />
journaux”. Marcel Duchamp, Man Ray, Max Ernst participent<br />
à cette poétique libertaire que Joan Miró sait transformer<br />
en une poésie picturale dès 1924.<br />
Les poètes Fluxus, par la suite, et les avant-gardes françaises<br />
des immédiates années d’après guerre revendiquèrent<br />
d’autres comportements et d’autres finalités linguistiques<br />
et poétiques, poursuivant les recherches de leurs<br />
aînés qui avaient aboli les limites entre poésie et peinture,<br />
reconduisant les découvertes et les principes d’un domaine<br />
sur un autre: – la lettrie d’Isidore Isou se transmue en<br />
superécriture, en hypergraphie dans la peinture, par exemple.<br />
La pluralité des expériences et la diversité des possibles<br />
ouvrirent de nouveaux espaces que les lettristes surent<br />
conquérir, dans une confidentialité que l’époque, plus<br />
propice aux démonstrations picturales plus tapageuses des<br />
peintres abstraits, tarda à reconnaître.<br />
14
L’aventure de Villeglé naît de cette même philosophie<br />
qui confronte la réalité aux hasards des rencontres dans<br />
une volonté, comme l’écrit Pierre Restany, de “se réintégrer<br />
au réel, en l’identifiant à sa propre transcendance,<br />
qui est émotion, sentiment et finalement poésie”. 2 C’est<br />
timidement, en 1947, qu’il récupère quelques fils de fer<br />
sur les quais de Saint-Malo. En écho aux travaux picturaux<br />
de Joan Miró, qui revendiquait le titre de “peintrepoète”,<br />
Villeglé crée un signe dans l’espace qui s’avère<br />
plus proche de la peinture de Miró que de toute<br />
réflexion sur l’objet lui-même. Le signe se veut pictural<br />
et ses Danseurs de fil de fer rappellent le mouvement des<br />
“graphismes-poèmes” du peintre catalan. Villeglé<br />
cherche à créer un dessin dans l’espace, selon une structure<br />
qu’il veut formelle, cultivant un rapport à la<br />
construction. Il est intéressé par la forme, écartant l’informel<br />
comme possible expression de sa recherche.<br />
Les premiers travaux de Hains et Villeglé résultent d’une<br />
interrogation commune aux deux artistes: faire un art où<br />
la manipulation conserve à l’œuvre son intégrale réalité.<br />
Cette réflexion naît de la première œuvre de Villeglé où la<br />
distance entre la réalité de l’objet trouvé (le fil de fer) et sa<br />
transformation en “dessin dans l’espace” est minime, seuls<br />
quelques gestes inconscients en font surgir une forme<br />
quasi spontanée. C’est l’idée même du décollage, que Villeglé<br />
reprend dans son texte Des réalités collectives, qui servira<br />
de base au premier manifeste de Restany en 1960.<br />
Villeglé écrit: “Dans le climat de sous-information culturelle<br />
de l’après-guerre, je pris mes distances vis-à-vis de<br />
l’acte de peindre ou de coller. Je pensais que l’absence de<br />
préméditation, de toute idée préconçue, devait devenir,<br />
non seulement pour moi, mais universellement, une inépuisable<br />
source d’art, d’art digne des musées. Le résultat<br />
obtenu par le geste machinal et agressif, d’un quelconque<br />
passant lacérateur d’affiches, devait donner à voir et être<br />
mis sur le même plan que la tyrannie du don qui crée chez<br />
l’homme cultivé le besoin de s’assouvir plastiquement.” 3<br />
Participant donc de l’interprétation casuelle et libre d’un<br />
monde encore engourdi dans les nimbes de l’après-guerre,<br />
Hains et Villeglé inventent l’affiche décollée comme instrument<br />
de lecture d’une époque qu’ils pressentent riche<br />
de possibles.<br />
Ach Alma Manetro, 1949, est une des premières manifestations<br />
de ces “rapts” auxquels ils s’adonnèrent en ce<br />
début des années cinquante. Les quelques syllabes arrachées<br />
à l’affichage composent une litanie nouvelle, hautement<br />
suggestive et poétique. L’invention s’inscrit dans<br />
une démarche créative qui associa les deux artistes en<br />
1953 dans une interprétation “illisible” d’un poème de<br />
Camille Bryen: Hepérile éclaté. Ce dernier trouve son origine<br />
dans les recherches de Raymond Hains sur les lettres<br />
éclatées qu’il met au point en exploitant une technique<br />
photographique de son invention: le verre cannelé qui<br />
donnera naissance à ce que François Dufrêne baptisa<br />
“ultra-lettrisme”.<br />
L’ultra-lettrisme dérive de l’exploration de techniques<br />
photographiques, mises au point par Hains qui expérimenta,<br />
en premier lieu, des méthodes de surimpression. Il<br />
poursuivit ses recherches photographiques en y intégrant<br />
des processus de transformation ou métamorphose au<br />
moyen de miroirs ou d’effets lumineux, pour aboutir à la<br />
découverte des objectifs en verre cannelé qui donneront le<br />
jour à une série d’œuvres exposées à Paris en 1948 sous le<br />
titre plutôt vague de Photographies hypnagogiques.<br />
L’invention des verres cannelés démontre la capacité<br />
d’Hains à explorer les voies du hasard que l’occasion transforme<br />
en opportunités magiques. Les verres cannelés<br />
transposent le monde dans une réalité nouvelle, imaginaire,<br />
immatérielle, impalpable, en reflet d’une manière<br />
d’être, de penser et de parler que Raymond Hains développait<br />
à l’infini en un langage codé, mélange d’hermétisme<br />
et de dérision.<br />
Au moyen de ce procédé optique particulier, qui s’apparente<br />
à la poésie visuelle, Hains et Villeglé publient en<br />
1953 une petite œuvre intitulée Hepérile éclaté qui est en<br />
quelque sorte la réplique du poème phonétique Hepérile<br />
de Camille Bryen: dans une forme éclatée, et au moyen du<br />
verre cannelé, l’œuvre traduit le poème de Bryen en éclats<br />
graphiques sur la page. Hepérile éclaté représente la consécration<br />
définitive de l’autonomie expressive du moyen<br />
photographique, qui, selon l’expression de Bryen, est en<br />
mesure de donner lieu à l’“illisible”. “En écrivant Hepérile<br />
avec des mots inconnus – précise Bryen – je criais organiquement<br />
sans référence au vocabulaire – cette police des<br />
mots […]. Voici le premier livre heureusement illisible.”<br />
L’approbation de Bryen est suivie par cette annotation de<br />
Hains et Villeglé, intitulée L’intrusion du verre cannelé dans<br />
la poésie: “Nous n’avons pas découvert les ultra-lettres.<br />
Nous nous découvrons plutôt en elles […]. Notre mérite<br />
– ou notre astuce – c’est d’avoir vu des ultra-lettres, là où<br />
nous étions habitués à voir des lettres déformées. Enfin,<br />
nous nous servons de trames de verres cannelés pour<br />
débarrasser les écrits de leur signification originelle. Par<br />
une démarche analogue, il est possible de faire éclater la<br />
15
Jacques Villeglé,<br />
Boulevard de l’Hôpital, Paris,<br />
12 febbraio / février 1967<br />
Photo Mathieu<br />
parole en ultra-mots, qu’aucune bouche humaine ne saurait<br />
dire.” 4<br />
Villeglé plus que Hains aime le chaos de la matière affichée,<br />
scarifiée, lacérée, décollée. Il vibre dans ce corps à<br />
corps qui dérobe aux intempéries et à la destruction ces<br />
paquets de papiers que nul ne songerait à édifier en œuvre<br />
impérissable. De la rue et dans la rue, dans la tradition qui<br />
lie le décollage au futurisme en un même élan créatif et<br />
subversif, Villeglé travaille à recueillir les traces et les<br />
strates significatives d’une société d’abondance en continuel<br />
renouvellement. Il en relève les traits poétiques ou<br />
grinçants, les contradictions et les dissonances, il compose<br />
le portrait d’une époque dans une accumulation archéologique<br />
qui constitue le travail de sa vie. Le titre de son<br />
exposition au Centre Pompidou, La comédie urbaine, souligne,<br />
en miroir de La comédie humaine de Balzac, l’acuité<br />
de l’œil du “décolleur anonyme” sélectionnant les bribes<br />
d’une petite histoire au quotidien qu’il pérennise dans une<br />
transcription où le verbe, la phrase tronquée, la lettre lacérée<br />
nous racontent le roman réaliste, fantastique et même<br />
philosophique d’une époque. Il s’agit bel et bien d’un récit<br />
qu’il nous livre, et l’écriture même décomposée par les<br />
aléas de la vie nous apporte “émotion, sentiments, poésie”,<br />
à l’égal des œuvres littéraires.<br />
Les lambeaux de strates arrachées aux panneaux d’affichage<br />
s’apparentent aussi à de véritables tableaux, où lettres,<br />
mots et couleurs s’entrechoquent et parfois s’harmonisent<br />
dans des compositions quasi picturales. Ils posent la<br />
question du “Beau” dans une transition de la pensée esthétique<br />
menée depuis Duchamp qui questionne la définition<br />
du mot qui lui aura été donné au cours des siècles.<br />
Les affiches lacérées s’opposent aux tableaux composés par<br />
la main de l’artiste, mais se confrontent aussi au “goût” de<br />
celui qui les dérobe d’abord et les regarde ensuite, entrant<br />
ainsi dans le champ de l’Esthétique, car même quelque<br />
chose que l’on trouve “laid” reste avant tout sujet à un<br />
jugement. L’art provocateur de Villeglé interpelle notre<br />
sens de l’esthétique: est-il beau, est-il laid? L’opinion commune<br />
admit avec difficulté la valeur “picturale” des<br />
œuvres du “lacéré anonyme”. Le temps fit son ouvrage qui<br />
porte aujourd’hui le travail de l’artiste au rang de “peintre”,<br />
puisqu’il offre, à travers un parcours choisi, un portrait<br />
vivant et coloré de l’époque qu’il traverse et qu’il nous<br />
décrit. Son œuvre véhicule aussi une réalité politique et<br />
sociale illustrée par ses propos: “Ces affiches que je transporte<br />
du mur de la rue au lieu de l’art, je les prévoyais dès<br />
l’origine comme le reflet cohérent et persifleur de la réalité<br />
morale et amorale, spirituelle et terre-à-terre, religieuse et<br />
laïque, réfléchie et versatile, cosmopolite et pantouflarde,<br />
commune à tous les hommes, mes contemporains.” 5<br />
Son travail d’archéologue urbain s’est systématisé avec le<br />
temps. Villeglé a entrepris, dès lors, un véritable archivage<br />
du langage des rues, orientant sa production en<br />
fonction de thématiques qui lui sont chères. Cette lecture<br />
systématique de notre quotidien constitue un répertoire<br />
événementiel, véritable tranche de mémoire que<br />
l’artiste prélève au gré de ses intuitions. Dans l’obstination<br />
quasi compulsive de pourchasser les fragments<br />
éphémères de notre époque, il y a beaucoup de l’attitude<br />
du collectionneur, jamais satisfait, toujours en quête<br />
d’une nouvelle conquête, accumulant traces et témoignages,<br />
comme si chaque objet recueilli constituait une<br />
particule d’une recherche plus vaste, élément d’un puzzle<br />
à compléter. Cette même passion de la collecte se<br />
retrouve dans la volonté de compilation de ses propres<br />
œuvres qui l’anime dès 1970, le conduisant à programmer<br />
l’établissement du catalogue raisonné de son œuvre<br />
16
selon un développement thématique. Le premier tome<br />
paraît pour l’exposition La peinture dans la non-peinture<br />
à Nice de juillet 1988, à Toulouse en octobre, puis à<br />
Cologne en 1989. Sans lettre, sans figure. Catalogue thématique<br />
des affiches lacérées 6 est paru en 2004. Il reste à<br />
paraître La lettre lacérée et Mots et fragments de mots, deux<br />
catalogues qui compileront, de manière exhaustive, la<br />
part du travail de l’artiste consacrée aux mots et aux lettres,<br />
constituant un déchiffrage codé d’une époque qui<br />
couvre un demi-siècle de glanage urbain.<br />
Jacques Villeglé est un amoureux des mots. Sa relation<br />
avec ceux-ci s’est exprimée de différentes manières aux<br />
cours de son long cheminement. Il sut en user pour écrire<br />
lui-même des textes fondateurs comme son premier essai,<br />
Des réalités collectives, 7 qui remonte à 1958, ou en 1970<br />
Le flâneur aux palissades de la manifestation spontanée,<br />
publié dans “VH 101”, n° 3. Son style percutant se<br />
retrouve dans son livre Urbi & Orbi qui est paru d’abord<br />
en 1986 aux éditions W, puis aux éditons Luna Park en<br />
2005. Il partageait ce plaisir des mots avec François<br />
Dufrêne, grand protagoniste de l’aventure lettriste qui<br />
s’associa au mouvement affichiste dans une interprétation<br />
en “rétro-d’affiche”, et sut être le complice amical d’une<br />
aventure partagée.<br />
Une autre version de l’usage du texte accompagne l’œuvre<br />
de Villeglé depuis la fin des années soixante. Nourri à<br />
la culture de l’arpenteur des rues, le message de l’affiche<br />
ne diffère pas de l’étude sémiologique, qui permet de<br />
débusquer quelques caractères spécifiques des graffiti qui<br />
envahissent déjà les murs de Paris. En 1969, à l’occasion<br />
d’une visite du président américain Richard Nixon en<br />
France, Villeglé découvre sur une paroi de métro parisien<br />
un graphisme particulier qui trace le nom de Nixon. Evoquant<br />
cette découverte, il raconte: “Sur les murs d’un<br />
couloir du métro j’ai vu: les trois flèches de l’ancien parti<br />
socialiste, la croix gaullienne, la swastika nazie, la croix<br />
celtique inscrite dans le O des mouvements Jeune Nation,<br />
Ordre Nouveau, Occident, etc., puis à nouveau les trois<br />
flèches dynamiques, barreuses et pavloviennes de Tchakhotine,<br />
indiquant sans autres commentaires le nom du<br />
président américain. L’impact des idéogrammes politiques<br />
ainsi assemblés primait sur tous les autres slogans<br />
anti-yankees de l’heure. Les A encerclés, les N zébrés, les<br />
O coupés en quatre, les S striés, les I doublement barrés,<br />
les V étoilés, la courbe des G, faucille des soviets inversée,<br />
brochée du marteau, les S redoublés inscrits comme deux<br />
éclairs parallèles… ces surcharges emblématiques des basfonds<br />
parisiens généralisent la guérilla des symboles<br />
qu’avait imaginée en 1931 le chef de la propagande du<br />
Front d’Airain lorsqu’il conçut les trois flèches pour les<br />
jeunes ouvriers socialistes en opposition à la croix gammée<br />
des chemises brunes. 8 L’écriture latine, par amalgame,<br />
au sens alchimique du terme, avec ces idéogrammes<br />
fascistes, capitalistes, socialistes, communistes ou gauchistes,<br />
s’inscrivait en filigrane dans les pages blanches de<br />
l’histoire.” 9<br />
Cet alphabet est source de déclinaisons infinies, en “carré<br />
magique”, en tableaux picturaux où les signes composent<br />
une variation colorée de phrases lapidaires, de récits cryptés<br />
parfois difficiles à déchiffrer, de slogans quasi anarchiques.<br />
Villeglé en use dans tout format, sur tout support<br />
décrivant ainsi les mœurs et humeurs d’un temps qu’il traverse,<br />
le décryptant de son regard découpant. Jacques Villeglé<br />
effectue alors, par cette version graphique de son travail,<br />
une synthèse qui relie le hasard du lacéré anonyme au<br />
geste volontaire de l’artiste qui capture le signe pour le<br />
soumettre a sa propre volonté…<br />
1<br />
Marc Dachy, “Dada: la langue comme utopie”, in Poésure et peintrie,<br />
Réunion des Musées Nationaux, Musées de Marseille, 1993.<br />
2<br />
Premier manifeste du nouveau réalisme, Les nouveaux réalistes,<br />
Milan, 16 avril 1960.<br />
3<br />
Jacques Villeglé, Des réalités collectives, in “Grâmmes. Revue du<br />
Groupe Ultra-lettriste”, n° 2, mai 1958.<br />
4<br />
Raymond Hains, Jacques Villeglé, L’intrusion du verre cannelé dans<br />
la poésie, Librairie Lutétia, Paris, 1953.<br />
5<br />
Jacques Villeglé, La traversée urbi & orbi, Luna Park Transédition,<br />
Paris, 2005, p.178.<br />
6<br />
Publié aux éditions Ides et Calendes le 5 novembre 2004.<br />
7<br />
Publiées in “Grâmmes”, n° 2.<br />
8<br />
Serge Tchakhotine, Le viol des foules, réédition Gallimard, Paris,<br />
1972.<br />
9<br />
Jacques Villeglé, Liens & lieux. Contrastes, Galerie Départementale<br />
du Dourven, 1998, p. 39.<br />
17
Anne-Lise Quesnel<br />
Jacques Villeglé e l’atelier di Hepérile éclaté<br />
Jacques Villeglé,<br />
Rue Delambre, Paris,<br />
marzo / mars 1950<br />
Le ricerche sui caratteri tipografici sono al centro delle<br />
preoccupazioni estetiche di Jacques Villeglé. Attraverso la<br />
creazione di un alfabeto socio-politico o nella realizzazione<br />
di manifesti lacerati, Villeglé dimostra sin dalle prime<br />
opere la sua passione per la messa in scena della parola<br />
scritta. Il concetto di “illeggibilità” gioca spesso un ruolo<br />
centrale nei manifesti, le cui lacerazioni rendono incomprensibili<br />
gli slogan pubblicitari. Le lettere scorticate,<br />
così come le parole mutilate dagli strappi ripetuti, si<br />
amalgamano fino a diventare una vera e propria cacofonia<br />
lessicale.<br />
Il gusto di Villeglé per lo straniamento del messaggio originario<br />
si manifesta all’inizio degli anni cinquanta, quando<br />
decide di mettere a punto, in collaborazione con Raymond<br />
Hains, una nuova tecnica artistica che faccia “esplodere” le<br />
lettere dell’alfabeto al fine di renderle indecifrabili. I due<br />
artisti ricercano un testo da trasformare con il loro procedimento,<br />
annullandone la semantica e la presentazione formale,<br />
e scelgono un poema fonetico di Camille Bryen,<br />
Hepérile, edito in un opuscolo eponimo. Villeglé e il suo<br />
amico realizzano quindi una nuova edizione dell’opera,<br />
dandole però un aspetto visivo del tutto nuovo e intitolandola<br />
Hepérile éclaté (Hepérile esploso).<br />
L’opera, innegabilmente originale, esprime il loro rifiuto<br />
della tipografia classica a vantaggio di una sorta di “astrazione<br />
del linguaggio scritto”. Le strofe redatte in “ultralettere”<br />
conferiscono al poema una nuova dimensione<br />
artistica. Le lettere “deflagrate” sono ottenute grazie al -<br />
l’ipnagogoscopio, macchina fotografica inventata da<br />
Hains la cui principale caratteristica è di deformare l’oggetto<br />
grazie alla collocazione di un vetro scanalato davanti<br />
all’obiettivo. Poiché l’esplosione meccanica ottenuta in<br />
questo modo non ha una risoluzione sufficiente per la<br />
stampa, Villeglé ridisegna ogni negativo dell’ipnagogoscopio.<br />
La paternità di Hepérile éclaté, tuttavia, viene riconosciuta<br />
solo a Hains, relegando in secondo piano, malgrado<br />
la sua capitale importanza, l’intervento di Villeglé.<br />
Il cui impegno, tuttavia, è da riconsiderare alla luce delle<br />
decine di disegni preparatori che vengono pubblicati ora<br />
per la prima volta. 1<br />
Gli archivi inediti di Villeglé permettono di stabilire una<br />
cronologia precisa della sua evoluzione artistica, che sfocerà<br />
nella creazione dell’ultra-lettera. Il presente studio<br />
porta a interrogarsi sul riconoscimento del lavoro di Villeglé<br />
nella realizzazione di questo sorprendente libro d’artista,<br />
e propone di correggere alcune idee preconcette<br />
secondo le quali il suo apporto è stato meno importante<br />
di quello di Hains nei diversi progetti fotografici e cinematografici<br />
che i due artisti hanno portato avanti insieme<br />
tra il 1949 e il 1954.<br />
Infine, Hepérile éclaté nasce in un contesto letterario nel<br />
quale le grandi figure della poesia contemporanea inventano<br />
uno stile nuovo, che si ricollega alla radicalità delle<br />
avanguardie poetiche dell’inizio del XX secolo. Questo<br />
mirabile “libro d’artista”, divenuto opera imprescindibile,<br />
permette a Villeglé di inscrivere la propria opera nell’ambito<br />
del rinnovamento poetico del dopoguerra. Ridisegnando<br />
le lettere del nostro alfabeto, egli traspone il linguaggio<br />
per renderlo indecifrabile e mette a punto, molto<br />
prima dell’alfabeto socio-politico, la propria serie completa<br />
di caratteri. Hepérile éclaté svolge dunque un ruolo<br />
fondamentale nel percorso dell’artista e la sua realizzazione<br />
poggia su concetti cari a Villeglé quali l’appropriazione,<br />
lo straniamento e l’illeggibilità, sostrato della sua<br />
opera futura.<br />
L’ipnagogoscopio secondo Jacques Villeglé<br />
La definizione di ipnagogoscopio, apparecchio per inquadrare<br />
adattabile a una macchina fotografica o a una cinepresa,<br />
è tanto strana quanto la sua utilità. Dal momento<br />
che purtroppo non esiste più, i disegni realizzati da Villeglé<br />
rimangono le uniche testimonianze visive che ci permettono<br />
di immaginare a cosa somigliasse. 2<br />
Il 12 febbraio 1950 l’artista abbozza in un blocco da<br />
disegno questa incredibile macchina per far esplodere le<br />
forme. L’ipnagogoscopio è raffigurato come un’installazione<br />
verticale in cui una macchina fotografica a soffietto<br />
è orientata verso il suolo. I vetri scanalati sono fissati<br />
tra due libri nella parte mediana dell’apparecchio e il<br />
soggetto da fotografare, in questo caso alcuni testi, si<br />
trova all’altra estremità. Posti di fronte all’obiettivo, i<br />
vetri scanalati hanno la funzione di far esplodere il<br />
19
modello. Attraverso il gioco della diffrazione, essi deformano<br />
le lettere rendendole sfocate, le moltiplicano e le<br />
mescolano. Jacques Villeglé e Raymond Hains, utilizzando<br />
diversi tipi di vetri scanalati, sovrapponendo diverse<br />
trame e variandone l’orientamento, hanno potuto creare<br />
un’ampia gamma di effetti ottici per ottenere la deflagrazione<br />
della scrittura. A questo si somma l’aggiustamento<br />
della focale per ottenere l’effetto estetico desiderato. In<br />
questa raffigurazione, il fotografo, in piedi su un tavolo,<br />
si trova a più di due metri dal modello illuminato da una<br />
lampadina.<br />
Un secondo disegno di Villeglé, datato 20 novembre<br />
1950, mostra un’installazione più evoluta dell’ipnagogoscopio,<br />
in questo caso posto su un tavolo e quindi all’altezza<br />
dell’occhio del tecnico. L’apparecchio fotografico,<br />
montato su un binario, è orientato orizzontalmente. Nel<br />
suo asse una scatola accoglie i famosi vetri scanalati. Il<br />
nuovo dispositivo permette di aggiustare la focale, facilita<br />
il lavoro di inquadratura e offre una maggior precisione.<br />
A differenza del primo disegno, qui possiamo distinguere<br />
perfettamente il modello che l’ipnagogoscopio<br />
fotografa: i caratteri tipografici posti in piena luce. Villeglé<br />
descrive in modo molto preciso il funzionamento<br />
dell’ipnagogoscopio mettendo in scena una vera e propria<br />
seduta di deflagrazione della scrittura. L’artista disegna<br />
addirittura, in alto a destra, un esempio di risultato<br />
fantasioso.<br />
Tuttavia, nonostante l’esperienza dei due autori e il perfezionamento<br />
dell’ipnagogoscopio, l’apparecchio resta<br />
alquanto rudimentale e le ricerche sulle proprietà deformanti<br />
del vetro scanalato poggiano più sull’osservazione<br />
che sulle leggi dell’ottica. Di conseguenza le deflagrazioni<br />
ottenute sono ancora incomplete. Lo stesso Camille<br />
Bryen ha osservato i limiti dell’invenzione di Hains: “una<br />
macchina la cui caratteristica era che poteva funzionare<br />
soltanto se poi si ridisegnava quello che aveva fatto. In<br />
ultima analisi forse non se ne capiva molto l’utilità, ma<br />
funzionava così.” 3 L’apporto di Villeglé, il quale riprende<br />
manualmente le deflagrazioni ottenute con la macchina,<br />
è quindi fondamentale. L’artista possiede un vero e proprio<br />
talento di disegnatore: ha seguito il corso di pittura<br />
alla Scuola di Belle Arti di Rennes, ha lavorato presso uno<br />
studio di architettura a Saint-Malo e ha avuto una formazione<br />
da architetto a Nantes. L’immagine dell’ipnagogoscopio,<br />
realizzata interamente con inchiostro di china,<br />
dimostra le grandi capacità di disegnatore di Villeglé, che<br />
compie un lavoro straordinario utilizzando esclusivamente<br />
la risorsa della carta. La composizione è un esempio di<br />
abilità, qualità indispensabile per il progetto delle ultralettere.<br />
La boîte à “UULTRALETTRES”<br />
Jacques Villeglé ha conservato l’insieme della documentazione<br />
relativa alla creazione di Hepérile éclaté in una grande<br />
scatola Agfa Copex Papier, le cui carte fotografiche<br />
sono certamente servite allo sviluppo dei negativi realizzati<br />
con l’ipnagogoscopio. Questa custodia non può non<br />
ricordare l’opera di Marcel Duchamp, La boîte de 1914,<br />
conservata al Centre Georges Pompidou di Parigi. Villeglé<br />
ha annotato con il pennarello nero la parola “UULTRALET-<br />
TRES” sul coperchio della scatola Agfa. Il suo contenuto è<br />
una miniera di informazioni relative sia alla creazione dei<br />
caratteri sia alle principali tappe che hanno portato alla<br />
pubblicazione del libro-poema. La boîte à “UULTRALET-<br />
TRES”, con i suoi disegni preparatori, i negativi, i modelli<br />
di deflagrazione e i menabò, rappresenta quindi la memoria<br />
dell’“atelier” di Hepérile éclaté. Alcuni documenti dell’epoca,<br />
così come i ricordi raccolti da Villeglé, sono una<br />
straordinaria testimonianza che permette di tracciare una<br />
precisa cronologia dell’opera.<br />
L’artista disegna tutti gli studi preparatori con l’inchiostro<br />
di china. Nello stesso periodo utilizza questa tecnica su<br />
scarti di pellicola recuperati dal film Pénélope per realizzarne<br />
un altro che intitolerà Paris - Saint-Brieuc, 1950-1952,<br />
andato poi parzialmente perduto in seguito al degrado<br />
della pellicola. Villeglé sceglie la carta, il lucido e soprattutto<br />
il cartoncino Bristol come supporti per i suoi disegni<br />
preparatori di diverse grandezze, tra i quali alcuni si distinguono<br />
per le loro ridotte dimensioni di pochi centimetri.<br />
La boîte à “UULTRALETTRES” include anche qualche esemplare<br />
eseguito su rhodoïd, materiale utilizzato dai realizzatori<br />
di cartoni animati, il che ci ricorda che Villeglé ha<br />
sperimentato anche quella disciplina.<br />
Le prime esperienze: il collage di libri per bambini<br />
Gli schizzi preparatori eseguiti tra il 1950 e il 1° maggio<br />
1952 sono definiti “fantasiosi” dallo stesso Villeglé. Essi<br />
contribuiscono all’elaborazione di una serie insolita di<br />
caratteri deflagrati: le ultra-lettere. L’artista inizia le sue<br />
ricerche sulla deflagrazione della lettera realizzando collage<br />
con ritagli di libri per bambini, che ricorda di aver<br />
scelto perché stampati a caratteri molto grandi: la dimensione<br />
notevole delle lettere, che facilita l’apprendimento<br />
della lettura, rispondeva perfettamente alle sue necessità.<br />
20
La boîte à “UULTRALETTRES” conserva una dozzina di<br />
esemplari di questi disegni preparatori, raccolti con cura<br />
nella confezione di un metodo di lettura delle edizioni<br />
Bourrelier: Mots individuels pour 10 enfants. Questo<br />
gioco gli è certamente servito per realizzare uno studio,<br />
molto semplice, che non può non evocare il poema fonetico<br />
Hepérile. In questa composizione, infatti, Villeglé<br />
accosta <strong>frammenti</strong> di parole per formare una successione<br />
di sonorità alle quali aggiunge accenti di propria invenzione.<br />
In un’altra creazione, Villeglé ritaglia e poi incolla alcuni<br />
<strong>frammenti</strong> tipografici stampati a piena pagina su un libro<br />
per bambini, confrontando la propria esperienza avanguardista<br />
con l’illustrazione tipica delle edizioni destinate<br />
ai giovani lettori. La tecnica più usata consiste nel ritagliare<br />
meticolosamente alcune pagine di libro in sottilissime<br />
strisce larghe pochi millimetri che poi vengono incollate<br />
su un supporto, un cartoncino Bristol, senza rispettare<br />
l’ordine di lettura. Aleatorietà è la parola chiave di questo<br />
lavoro minuzioso in cui le lettere si succedono senza logica.<br />
Il testo perde il proprio significato a vantaggio di un<br />
gioco esclusivamente visivo la cui intensità aumenta ulteriormente<br />
quando Villeglé sceglie un libro stampato a<br />
caratteri gotici. I collage evocano, in una dialettica dei<br />
contrari, le lacerazioni di manifesti che l’artista raccoglie<br />
dal 1949: gli strappi spontanei effettuati dai passanti sono<br />
all’esatto opposto delle lacerazioni estremamente precise<br />
eseguite qui da Villeglé. In modo simile allora il collage di<br />
pagine stampate risponde ai celebri décollage di manifesti<br />
pubblicitari che hanno fatto la fama dell’artista. La cacofonia<br />
lessicale si ritrova in entrambe le forme di espressione,<br />
ponendo il concetto di illeggibilità al centro della sua<br />
opera.<br />
Un’altra tecnica utilizzata da Villeglé per annullare la lettura<br />
delle lettere consiste nel sovrapporre due pagine e poi<br />
prelevare alcuni <strong>frammenti</strong> di quella sopra. Il metodo<br />
inverso, l’aggiunta di brandelli di testi su una pagina intera<br />
di un libro per bambini, produce il medesimo effetto di<br />
illeggibilità. Sperimentando diverse tecniche di collage,<br />
quindi, Villeglé ottiene una varietà di risultati che destrutturano<br />
la sintassi: le frasi si confondono, le parole si<br />
mescolano, i caratteri si amalgamano e i segni tipografici<br />
amputati diventano irriconoscibili.<br />
I collage dell’artista si avvicinano alle preoccupazioni artistiche<br />
di Brion Gysin e William Burroughs, figure emblematiche<br />
della beat generation, che dissacrarono la scrittura<br />
poetica con il cut-up, una tecnica di composizione ideata<br />
nel 1958 che consiste in un collage casuale di <strong>frammenti</strong><br />
di testi ritagliati. 4 Per cui i disegni preparatori di Hepérile<br />
éclaté potrebbero essere considerati un’anticipazione e<br />
Villeglé un precursore, ma egli lo nega, poiché ritiene che<br />
questa esperienza occupi un posto marginale rispetto<br />
all’importanza della sua opera. Del resto, i beat innovano<br />
nel modo di scrivere, mentre Villeglé si dedica alla presentazione<br />
formale del testo e si interroga sui modi per renderlo<br />
illeggibile.<br />
Dai disegni fantasiosi alla deflagrazione del “Corps<br />
d’Osiris”<br />
Jacques Villeglé esprime il proprio gusto per i segni grafici<br />
sin dagli esordi della sua carriera. La visione della<br />
parola “amour” inscritta nella composizione del quadro<br />
eponimo di Joan Miró, segna per sempre lo spirito del<br />
giovane artista. Inoltre, l’attenzione dedicata all’impaginazione<br />
della propria corrispondenza testimonia il suo<br />
interesse per la tipografia, 5 che poi approfondisce con la<br />
lettura di opere specialistiche. Si documenta sulla storia<br />
della scrittura e consulta un manuale di epigrafia accadica<br />
di cui prende nota in un blocco da disegno. 6 Lì riproduce<br />
anche diversi esempi di lettere antiche iberiche e<br />
cipriote che gli ispireranno un certo numero di studi preparatori<br />
alle ultra-lettere. Villeglé immagina un insieme<br />
di segni la cui fattura sembra avvicinarsi ai geroglifici egiziani,<br />
ai caratteri cinesi così come alle note musicali. L’interesse<br />
per la stilizzazione genera a volte tipografie astratte,<br />
dalle quali l’artista cancella ogni riferimento alle<br />
forme reali delle lettere.<br />
I disegni preparatori fantasiosi sono un’occasione per<br />
giocare liberamente con i contorni, la dimensione, la<br />
fisionomia dei caratteri e il significato di lettura. Villeglé<br />
dedica ricerche molto accurate a una selezione di lettere,<br />
che declina in diversi modi. La successione delle vocali e<br />
delle consonanti rielaborate, intercalate da punteggiature<br />
reali o immaginate dall’artista, conferisce uno stile originale<br />
a questo lavoro preparatorio. Villeglé inventa parole<br />
come “Miam-m-ty”, “To glé” o “Oiié”, che gli servono<br />
da supporto per i suoi giochi formali. Egli dimostra così<br />
le potenzialità estetiche offerte dalla deflagrazione delle<br />
lettere che, malgrado le deformazioni, generalmente conservano<br />
la loro leggibilità. Le ricerche di Jacques Villeglé<br />
sfociano nella creazione di nuovi segni grafici che possono<br />
essere considerati un passaggio sperimentale, un pretesto<br />
per riflessioni sul suo modo personale di guardare la<br />
realtà.<br />
21
Oltre alle sue creazioni fantasiose, Villeglé rielabora veri<br />
e propri modelli fotografici ottenuti grazie all’ipnagogoscopio.<br />
Si dedica ai primi tentativi di lettere deflagrate<br />
realizzati a partire da stampe su carta, utilizzando il proprio<br />
nome, quello del suo collaboratore e dei loro amici<br />
artisti, Henri Goetz, Pascal Vitali e naturalmente Camille<br />
Bryen, che si prestano volentieri ai giochi della deformazione<br />
in ultra-lettere. Un altro studio particolarmente<br />
interessante mostra un tentativo di deflagrazione del<br />
titolo provvisorio di un film, IE OA E, al quale Villeglé<br />
stava lavorando nello stesso periodo della concezione di<br />
Hepérile éclaté e che sarà infine battezzato, nel 1954,<br />
Pénélope.<br />
Forte delle sue esperienze, Villeglé decide, insieme a<br />
Hains, di far esplodere tipograficamente il testo del libro<br />
Le corps d’Osiris 7 acquistato alla Librairie de Bretagne. Il<br />
loro intervento supera ora lo stadio del lavoro preparatorio<br />
e ricopre un ruolo fondamentale nel processo di creazione<br />
di Hepérile éclaté. Per la prima volta, infatti, Villeglé<br />
e Hains mettono in pratica il loro procedimento chiamando<br />
in causa i professionisti della stampa: “Ebbimo allora i<br />
nostri primi contatti con gli stampatori. Con i Fils de Victor-Michel<br />
che ci fecero un primo negativo della deflagrazione<br />
di una pagina di un in-folio sulla Venere di Quinipily<br />
pubblicato a Vannes nel 1812.” Un solo disegno preparatorio<br />
su rhodoïd, conservato nella boîte à “UULTRALET-<br />
TRES”, testimonia questa esperienza pienamente riuscita:<br />
“Il menabò del libro era perfetto, non ci si poteva sbagliare.”<br />
La boîte à “UULTRALETTRES” racchiude anche due fatture<br />
emesse dallo stampatore per questo lavoro nel mese di<br />
dicembre 1951, preziose perché determinano con precisione<br />
il momento in cui il procedimento ottico di deformazione<br />
dell’immagine cominciava ad essere pienamente<br />
dominato.<br />
Appropriazione di “Hepérile” e disappropriazione di Bryen<br />
Il 1° maggio 1952, in occasione di un incontro a casa di<br />
Bryen, Villeglé e Hains ricevono dal poeta il libro Hepérile,<br />
nel quale l’editore Pierre André Benoît aveva pubblicato<br />
nel 1950 il poema eponimo. Da questo momento Villeglé<br />
smette di eseguire i disegni preparatori che definiva<br />
fantasiosi e si dedica esclusivamente alla metamorfosi di<br />
Hepérile in Hepérile éclaté. L’opera originale, edita in<br />
diciannove esemplari, si caratterizza per la sua semplicità e<br />
la sua dimensione ridotta: solo cinque centimetri per lato<br />
per una decina di pagine che accolgono il titolo, le quattro<br />
quartine fonetiche e il colophon. La sua concezione e<br />
la sua tipografia, estremamente raffinate, offrono a Villeglé<br />
una grande libertà di reinvenzione.<br />
La boîte à “UULTRALETTRES” conserva un insieme di<br />
schizzi disegnati per Hepérile éclaté, non tutti utilizzati<br />
nell’opera finale. Il cofanetto contiene anche alcune stampe<br />
su carta in cui i versi del poema sono chiaramente riconoscibili<br />
malgrado le deformazioni generate dall’ipnagogoscopio.<br />
Tre disegni mostrano i nomi degli autori, scritti<br />
utilizzando tipografie differenti. Uno di questi, particolarmente<br />
degno di nota, propone alcune lettere che richiamano<br />
la forma di un cuore. La scanalatura del vetro fa letteralmente<br />
ondeggiare i caratteri, conferendo alle firme<br />
degli artisti una forte espressività decorativa. Infine, alcune<br />
schegge ornano i nomi con elementi tipografici, una<br />
sorta di punteggiatura fittizia propria dell’ultra-lettera. Il<br />
disegno, che sarà trasposto tale e quale nel libro Hepérile<br />
éclaté, supera lo status di bozza preparatoria e dimostra<br />
che certi documenti della boîte à “UULTRALETTRES” servirono<br />
effettivamente da modello per il menabò dell’opera<br />
finale.<br />
Gli artisti presentano ufficialmente Hepérile éclaté in occasione<br />
del vernissage di una mostra di Camille Bryen, organizzata<br />
alla Galerie Colette Allendy il 19 giugno 1953. La<br />
pubblicazione dell’opera si è svolta non senza difficoltà, e<br />
una testimonianza dello stesso Villeglé attesta le vicissitudini<br />
incontrate: “L’impaginazione della prima edizione era<br />
sbagliata. Volevamo una copertina senape, ma il colore era<br />
venuto male e sembrava cacca di uccello. Dato che così era<br />
impresentabile, lo stampatore ha ripassato tutto con il<br />
nero.” 8 La boîte à “UULTRALETTRES” conserva un esempio<br />
di questa copertina, il cui colore non è dei migliori, e le<br />
due edizioni di Hepérile éclaté. La prima, pubblicata in<br />
mille esemplari di cui cinquanta numerati con “ultranumeri”,<br />
presenta una copertina nera e contiene diversi<br />
refusi; l’impaginazione non è conforme al menabò originale<br />
e il colophon è corretto con un errata corrige. Per<br />
compensare le imprecisioni tipografiche, lo stampatore<br />
Beresniak dona una seconda edizione in trecento esemplari,<br />
riconoscibili dalla copertina grigia.<br />
Le opere vengono distribuite in diversi punti vendita parigini,<br />
tra cui la Librairie Lutétia in boulevard Raspail. 9 Villeglé<br />
ricorda che il primo anno venne venduta una dozzina<br />
di esemplari. Tuttavia un rendiconto delle spese, scritto<br />
di suo pugno e conservato nella boîte à “UULTRALET-<br />
TRES”, mostra la volontà dell’artista di diffondere la propria<br />
opera. Parte del budget era effettivamente dedicato<br />
all’ufficio stampa allestito insieme a Bryen in rue du Dra-<br />
22
gon. Inoltre, un inserto o “volantino-prefazione”, definito<br />
“giustificativo” da Villeglé, accompagna l’opera. 10 Bryen vi<br />
redige un testo nel quale definisce Hepérile éclaté il “primo<br />
poema da de-leggere”. 11 La pubblicazione di diversi articoli<br />
su importanti giornali (“Le Figaro”, “Combat” e “Le<br />
Berry Républicain”) sembra ricompensare l’iniziativa. 12<br />
Hepérile éclaté è in effetti la prima opera di Villeglé a essere<br />
presa in considerazione dalla critica. Però solo l’articolo<br />
di Jean-François Bergery, pubblicato su “Arts” e accompagnato<br />
da una riproduzione dell’opera, si distingue per la<br />
serietà con cui tratta il soggetto. Sfortunatamente è un’eccezione:<br />
l’ironia sembra infatti essere la parola d’ordine dei<br />
critici, che con aspre affermazioni denigrano la poesia visiva<br />
di Hepérile éclaté. 13<br />
Eppure, lungi dall’essere monocorde, l’opera dimostra<br />
l’ampiezza delle possibilità stilistiche offerte dalla deflagrazione<br />
della scrittura. L’impaginazione estremamente<br />
curata svela al lettore diverse serie di caratteri. Del resto,<br />
Villeglé e Hains avevano fatto il giro dei vetrai del Marais<br />
per acquistare un’ampia gamma di vetri scanalati, incrementando<br />
così le potenzialità estetiche offerte dall’ipnagogoscopio.<br />
La trama scelta per scrivere le prime quartine<br />
produce una duplice rifrazione che trasforma le lettere<br />
in un “gioco di specchi”. L’effetto bi-rifrangente, molto<br />
marcato nella pagina del titolo, sdoppia i versi del poema<br />
e agisce sulla dimensione delle lettere. I caratteri si definiscono<br />
attraverso una struttura rigorosa e geometrica, in<br />
opposizione ai tratti flessibili della serie di lettere creata<br />
da Villeglé per le firme degli artisti che hanno partecipato<br />
all’opera.<br />
Un altro stile di ultra-lettere, utilizzato per la doppia pagina<br />
principale, mette in scena <strong>frammenti</strong> di parole sparpagliati<br />
accanto a caratteri la cui forma non ha più nulla a<br />
che vedere con il significato. Alcune lettere conservano il<br />
loro aspetto originario, mentre altre scivolano verso<br />
l’astrazione. L’ambivalenza del poema annulla i punti di<br />
riferimento di una lettura convenzionale. Gli autori rifiutano<br />
l’impaginazione classica e sconvolgono i codici legati<br />
all’edizione. I caratteri sembrano essere disposti in<br />
modo aleatorio e non rispettare il tracciato che normalmente<br />
guida le righe di un testo. Il lettore è messo a confronto<br />
con un’accumulazione di segni in cui l’assenza di<br />
punteggiatura rafforza l’illeggibilità. Il senso di lettura è<br />
capovolto dal disordine delle lettere, mentre i versi e le<br />
strofe non sono più riconoscibili. Il poema si prolunga da<br />
una pagina all’altra, senza rispettare la piega del libro né i<br />
margini, che non esistono più. Il testo si sviluppa dunque<br />
sulla totalità del foglio, oltrepassando addirittura i limiti<br />
delle pagine. Alle loro estremità, infatti, i caratteri letteralmente<br />
tagliati traboccano dalla cornice del libro e sottintendono<br />
che il poema continua anche al di fuori del<br />
campo di lettura. La presentazione formale della doppia<br />
pagina impone un dualismo molto forte tra la composizione<br />
lirica di Bryen e la creazione, da parte dei due artisti<br />
plastici, di una vera e propria opera d’arte a se stante. Il<br />
testo mostra una nuova realtà, non più da leggere ma da<br />
osservare, da contemplare appunto come un’opera d’arte.<br />
I due affichiste trasgrediscono effettivamente lo status<br />
poetico di Hepérile per offrirgli una dimensione estetica<br />
supplementare.<br />
Poiché il poema di Bryen è fonetico, esso è per sua natura<br />
incomprensibile e manifesta il desiderio del suo autore di<br />
decostruire il linguaggio. Mentre la deformazione dei<br />
caratteri di Hepérile éclaté segna la volontà di decostruire<br />
lo scritto: le strofe scivolano infatti verso l’illeggibilità grazie<br />
all’ultra-lettera che eleva la visione tipografica a una<br />
potenza tale che l’occhio non può più leggerla. 14<br />
Anche i manifesti lacerati di Villeglé, raccolti negli anni<br />
cinquanta, affermano come il libro-poema il gusto dell’artista<br />
per la tipografia e il ribaltamento dei codici linguistici.<br />
Essi manifestano il suo rifiuto di una pratica artistica<br />
convenzionale e annunciano la fine della pittura di rappresentazione.<br />
Vera e propria icona della deflagrazione del<br />
linguaggio, Hepérile éclaté, che coinvolge l’artista in un’altra<br />
problematica del rifiuto, rappresenta una presa di<br />
distanza dalla letteratura convenzionale. Quest’opera è<br />
incontestabilmente un libro d’artista da ricollocare nel<br />
contesto poetico avanguardista della sua epoca. Villeglé,<br />
che a quei tempi frequenta l’ambiente dei lettristi, è perfettamente<br />
al corrente delle loro ricerche più audaci. Questa<br />
giovane generazione di poeti non s’interessa più al<br />
significato, ma tende a una vera e propria messa in scena<br />
sonora e plastica del testo. L’esperienza di Hepérile éclaté si<br />
inscrive quindi nell’ambito del rinnovamento poetico<br />
contemporaneo e rappresenta un tentativo di superamento<br />
letterario da parte di due artisti plastici. La loro iniziativa<br />
segna in modo durevole lo spirito poetico del decennio,<br />
dal momento che, nel 1957, François Dufrêne e<br />
Robert Estivals battezzeranno il loro movimento dissidente<br />
“ultra-lettrismo”, in riferimento all’ultra-lettera. Villeglé,<br />
del resto, partecipa all’elaborazione del loro manifesto<br />
pubblicando il testo Des réalités collectives sulla rivista del<br />
movimento, “Grâmmes”.<br />
Infine, Villeglé apprezza in modo particolare lo spirito<br />
23
“dadaista” di Bryen. La deformazione di Hepérile in ultralettera<br />
va al di là della semplice espropriazione semantica<br />
del poema. La prassi dell’appropriazione, emblematica<br />
dell’opera di Villeglé, genera una vera e propria disappropriazione<br />
del poema di Bryen, il quale a tal proposito dirà:<br />
“È questo lato nascosto a far sì che Hépérile éclaté sia per<br />
me un libro molto importante tra i miei lavori, perché in<br />
un certo senso lo considero come una disappropriazione<br />
attiva.” 15 Hepérile éclaté rappresenta la prima appropriazione<br />
di un poema da parte di Villeglé. Egli ripeterà quest’esperienza<br />
diverse volte dopo il 1969, anno in cui inizia<br />
a elaborare il suo alfabeto socio-politico. Pubblicando i<br />
testi dei poeti Louis Even 16 e Benjamin Péret, 17 scritti in<br />
caratteri socio-politici, Villeglé reinventa la loro composizione<br />
e prolunga così l’avventura di Hepérile éclaté.<br />
1<br />
Ricordiamo l’iniziativa di Vincent Rousseau, conservatore del<br />
Musée des Beaux-Arts di Nantes, che ha proposto Hepérile éclaté in<br />
occasione delle mostre Bryen éclaté e Bryen et compagnie, organizzate<br />
rispettivamente nel 1981 e 2007-2008: in occasione della seconda<br />
manifestazione è stata presentata al pubblico una campionatura dei<br />
disegni preparatori eseguiti da Villeglé.<br />
2<br />
Esiste anche una fotografia che mostra l’ipnagogoscopio sul set del<br />
film Pénélope e che è stata riprodotta numerose volte, al contrario dei<br />
disegni di Villeglé che sono un’esclusiva.<br />
3<br />
Intervista di Daniel Abadie con Camille Bryen del 30 marzo 1976, in<br />
Raymond Hains et la photographie, CNAC, Paris, 20 maggio - 5 luglio<br />
1976.<br />
4<br />
Brion Gysin spiega la tecnica del cut-up sul numero 108 di “Rolling<br />
Stone”: “Possedevo un grande tavolo su cui molto spesso lavoravo con<br />
un taglierino Stanley, e, accidentalmente, tagliai un certo numero di<br />
giornali che si trovavano sotto qualcosa che avevo tagliato. I pezzi<br />
sembravano andare insieme e mi misi a sistemarli [...]. Li combinai<br />
secondo un modello che mi risultava visivamente gradevole.” Cit. da<br />
Philippe Mikriammos, Au commencement était le cut-up, in William<br />
S. Burroughs. La vie et l’œuvre, Seghers, Paris, 1975, pp. 61-75.<br />
5<br />
Particolarmente significativa è una lettera che Villeglé inviò a<br />
Hains riprodotta fronte/retro in Pierre Leguillon (a cura di), J’ai la<br />
mémoire qui planche, in Raymond Hains. La tentative, Centre Georges<br />
Pompidou, Paris, 27 giugno - 3 settembre 2001, pp. 13-14.<br />
6<br />
René Labat, Manuel d’épigraphie akkadienne, Imprimerie nationale,<br />
Paris, 1948.<br />
7<br />
L’opera racconta la curiosa storia della Venere di Quinipily, una statua<br />
di origine incerta conservata in un parco a Baud, in Bretagna, e<br />
di cui Villeglé possiede nei propri archivi una vecchia cartolina.<br />
8<br />
Intervista di Daniel Abadie a Jacques Villeglé del 3 marzo 1976, in<br />
Raymond Hains et la photographie, cit.<br />
9<br />
Villeglé redige una lista abbastanza esaustiva delle librerie nell’autobiografia<br />
Cheminements 1943-1959, Jean-Pierre Huguet (“Les<br />
Sept Collines”), Saint-Julien-Molin-Molette, 1999, pp. 86-87.<br />
10<br />
Ibid., p. 87: Villeglé racconta questo particolare che prova come la<br />
mediazione della sua opera fosse stata una tematica a lui cara sin dall’inizio<br />
della sua carriera, quando questa pratica non era molto diffusa<br />
tra gli artisti. Il 16 gennaio 2008, all’Università di Versailles<br />
Saint-Quentin-en-Yvelines, fu organizzata una giornata di studio<br />
intitolata Far conoscere: le implicazioni della mediazione culturale. La<br />
relazione Mediazione e legittimazione dell’opera di un artista vivente:<br />
Jacques Villeglé (1949-2000) mostrava come la mediazione avesse<br />
acquisito un posto importante nell’opera di Villeglé e in che modo<br />
egli avesse saputo rinnovare le modalità di richiamo del pubblico. I<br />
documenti inediti conservati nella boîte à “UULTRALETTRES” sulla<br />
realizzazione di Hepérile éclaté sostengono decisamente questa teoria<br />
e confermano lo spirito anticipatore di Villeglé in materia di mediazione.<br />
11<br />
Nel testo originale, gioco di parole intraducibile in italiano: la<br />
parola dé-lire significa letteralmente de-leggere, ma allude anche a<br />
delirio (in francese délire). N.d.T.<br />
12<br />
Noël Arnaud, in “Le Petit Jésus”, 1953; Jean-François Bergery, Le<br />
poème éclaté, in “Arts”, 7-13 agosto 1953; Pierre Boujol, Lire et délire,<br />
in “La Vigie Marocaine”, 17 settembre 1953; Etiemble, Barbarie<br />
ou Berbérie, in “La Nouvelle Nouvelle Revue Française”, settembre<br />
1953; J.C., De-lire, in “Combat”, 13 luglio 1953; Georges Ravon,<br />
La poésie qui fait Bang!, in “Le Figaro”, 6 luglio 1953; Henri<br />
Rochon, La montée d’Hepérile, in “Le Journal du Dimanche Soir”,<br />
13 dicembre 1953; Léonard Saint-Michel, Le poème éclaté… ou les<br />
nouveautés de la saison, in “Le Berry Républicain”, 30 settembre<br />
1953.<br />
13<br />
Malgrado l’opinione negativa dei critici, Hepérile éclaté viene<br />
immediatamente riconosciuta per il suo giusto valore. Nel 1963 una<br />
grande mostra internazionale itinerante sul tema della lettera e dell’immagine<br />
nella creazione artistica del XX secolo, presenta l’opera e<br />
la riproduce in catalogo: Schrift en Beeld, Stedelijk Museum, Amsterdam,<br />
3 maggio - 10 giugno 1963; poi Schrift und Bild, Staatliche<br />
Kunsthalle, Baden-Baden, 14 giugno - 4 agosto 1963.<br />
14<br />
La parola “ultra-lettera” fa riferimento all’ultrasuono: effettivamente<br />
l’ultra-lettera è indecifrabile così come per l’uomo l’ultrasuono<br />
è impercettibile.<br />
15<br />
Intervista di Daniel Abadie a Camille Bryen del 30 marzo 1976,<br />
in Raymond Hains et la photographie, cit. Bryen esprime lo stesso sentimento<br />
nella nuova prefazione che scrive per la seconda edizione di<br />
L’aventure des objets nel 1969: “Ai ready-made, alle appropriazioni,<br />
avevo contrapposto in un processo dialettico la disappropriazione<br />
(Le sein de la forêt), o il sacrificio capro-espiatorio Hepérile éclaté.”<br />
16<br />
Villeglé riscrive i poemi di Even in caratteri socio-politici e li espone<br />
alla Galerie Départementale du Dourven (12 settembre - 1° novembre<br />
1998) che li riproduce nel catalogo Liens & lieux. Contrastes.<br />
17<br />
Nel 2004 Villeglé pubblica un libro d’artista intitolato Benjamin<br />
Péret. Le déshonneur des poètes, accompagnato da un’opera originale<br />
per gli esemplari numerati da I a V.<br />
Jacques Villeglé,<br />
Hôtel Salé, Rue de Thorigny,<br />
Paris, settembre / septembre<br />
1970<br />
Photo André Morain<br />
24
Anne-Lise Quesnel<br />
Jacques Villeglé et l’atelier d’Hepérile éclaté<br />
Jacques Villeglé,<br />
Rotonda di Via Besana,<br />
Milano, 1970<br />
Photo André Morain<br />
Les recherches sur les caractères typographiques sont au<br />
cœur des préoccupations esthétiques de Jacques Villeglé.<br />
Que ce soit par la création d’un alphabet socio-politique<br />
ou par la réalisation d’affiches lacérées, Villeglé démontre,<br />
dès les prémices de son œuvre, son attachement pour la<br />
mise en scène de l’écrit. Le concept d’“illisibilité” tient<br />
souvent une place centrale dans les affiches dont les lacérations<br />
rendent les slogans publicitaires incompréhensibles.<br />
Les lettres écorchées, ainsi que les mots mutilés par<br />
les déchirures successives, s’amalgament devenant finalement<br />
une véritable cacophonie lexicale.<br />
Le goût de Villeglé pour détourner le message d’origine<br />
s’exprime au début des années cinquante lorsqu’il met au<br />
point, en collaboration avec Raymond Hains, une nouvelle<br />
technique artistique destinée à “éclater” les caractères<br />
de l’alphabet afin de les rendre indéchiffrables. Les deux<br />
artistes partent alors en quête d’un texte qu’ils transformeront<br />
grâce à leur procédé, annihilant sa sémantique et sa<br />
présentation formelle. Leur choix s’oriente vers un poème<br />
phonétique de Camille Bryen, Hepérile, édité dans un<br />
opuscule éponyme. Villeglé et son ami réalisent ainsi une<br />
nouvelle publication de l’ouvrage, mais sous un aspect<br />
visuel méconnaissable et désormais intitulé Hepérile éclaté.<br />
L’œuvre, incontestablement originale, exprime leur rejet<br />
de la typographie classique au profit d’une sorte d’“abstraction<br />
du langage écrit”. Les strophes rédigées en ultralettres<br />
confèrent au poème une nouvelle dimension artistique.<br />
Les caractères “éclatés” sont obtenus grâce à l’hypnagogoscope,<br />
appareil photographique inventé par Raymond<br />
Hains, dont la principale caractéristique est de<br />
déformer le modèle grâce à l’installation d’un verre cannelé<br />
devant l’objectif. L’éclatement mécanique n’étant pas<br />
assez concluant pour la retranscription par l’imprimerie,<br />
Villeglé redessine chaque cliché de l’hypnagogoscope.<br />
Toutefois, la paternité d’Hepérile éclaté revient avec raison<br />
à Hains, relayant au second plan l’intervention de Villeglé,<br />
malgré son importance capitale. L’implication de l’artiste<br />
est à réexaminer au vu des dizaines de dessins préparatoires<br />
qui, jusqu’à présent, n’avaient fait l’objet d’aucune<br />
publication. 1<br />
Les archives inédites de Villeglé permettent d’établir une<br />
chronologie précise de son cheminement artistique qui<br />
aboutira à la création de l’ultra-lettre. En outre, cette<br />
étude conduit à s’interroger sur la reconnaissance de son<br />
travail dans la réalisation de ce surprenant livre d’artiste et<br />
propose de corriger quelques idées préconçues, tendant à<br />
faire croire que l’apport de Villeglé serait moins important<br />
que celui de Hains dans les différents projets photographiques<br />
et cinématographiques qu’ils menèrent conjointement<br />
entre 1949 et 1954.<br />
Enfin, Hepérile éclaté est né dans un contexte littéraire où<br />
les grandes figures de la poésie contemporaine s’engagent<br />
dans un style neuf, renoué avec la pertinence des avantgardes<br />
poétiques du début du XX e siècle. Ce remarquable<br />
“livre d’artiste”, devenu incontournable, permet à Villeglé<br />
d’inscrire son œuvre dans le renouveau poétique de<br />
l’après-guerre. En redessinant les caractères de notre<br />
alphabet, Villeglé transpose le langage pour le rendre indéchiffrable<br />
et met au point, bien avant l’alphabet sociopolitique,<br />
sa propre police de caractères. Hepérile éclaté<br />
joue donc un rôle essentiel dans le parcours de l’artiste. Sa<br />
réalisation repose sur les concepts chers à Villeglé que sont<br />
l’appropriation, le détournement et l’illisibilité, terreau de<br />
son œuvre future.<br />
L’hypnagogoscope par Jacques Villeglé<br />
La dénomination de l’hypnagogoscope, machine de prises<br />
de vues adaptable sur un appareil photographique ou sur<br />
une caméra, est aussi étrange que son utilité. N’existant<br />
malheureusement plus, les dessins réalisés par Villeglé<br />
demeurent les seuls témoignages visuels qui nous permettent<br />
d’imaginer à quoi il ressemblait. 2<br />
Le 12 février 1950, l’artiste croque dans un carnet à dessins<br />
cette incroyable machine à faire éclater les formes.<br />
L’hypnagogoscope est ici une installation verticale où un<br />
appareil photographique à soufflet est orienté vers le sol.<br />
Les verres cannelés sont maintenus entre deux livres dans<br />
la partie médiane de l’appareil et le sujet à photographier,<br />
en l’occurrence des textes, se trouve à l’autre extrémité.<br />
Placés devant l’objectif, les verres cannelés ont<br />
pour fonction de faire éclater le modèle. Par les jeux de<br />
la diffraction, ils déforment les caractères, les rendent<br />
27
flous, les multiplient et les mélangent. Villeglé et Hains,<br />
en utilisant plusieurs types de verres cannelés, en superposant<br />
différentes trames et en faisant varier leur orientation,<br />
ont pu créer une large gamme d’effets optiques<br />
permettant l’éclatement de l’écriture. A cela s’ajoute<br />
l’ajustement de la focale pour obtenir l’esthétique désirée.<br />
Dans cette représentation le photographe, debout<br />
sur une table, est éloigné de plus de deux mètres du<br />
modèle éclairé par une ampoule.<br />
Un second dessin de Villeglé, daté du 20 novembre 1950,<br />
montre une installation plus évoluée de l’hypnagogoscope,<br />
désormais placé sur une table et donc à la hauteur<br />
de l’œil du technicien. L’appareil photographique, monté<br />
sur un rail, est orienté horizontalement. Dans son axe, une<br />
boîte accueille les fameux verres cannelés. Le nouveau dispositif<br />
permet d’ajuster la focale, facilite le travail de prise<br />
de vues et offre une meilleure précision. Contrairement au<br />
premier dessin, nous distinguons parfaitement le modèle<br />
que l’hypnagogoscope photographie: ce sont les caractères<br />
typographiques placés en pleine lumière. Villeglé donne<br />
une description très précise du fonctionnement de l’hypnagogoscope<br />
en mettant en scène une véritable séance<br />
d’éclatement de l’écriture. L’artiste va même jusqu’à dessiner,<br />
dans le coin supérieur droit de sa composition, un<br />
exemple de résultat fantaisiste.<br />
Cependant, malgré leur expérience et le perfectionnement<br />
de l’hypnagogoscope, l’appareil reste assez rudimentaire.<br />
En outre, les recherches sur les propriétés déformantes du<br />
verre cannelé reposent plus sur l’observation que sur les<br />
lois de l’optique. En conséquence, les éclatements obtenus<br />
demeurent insuffisants. Bryen a lui-même observé les<br />
limites de l’invention de Hains, “qui était une machine<br />
caractérisée par le fait qu’elle ne pouvait fonctionner que<br />
si on redessinait après ce qu’elle avait fait. En dernier ressort,<br />
on en voyait peut-être pas beaucoup l’utilité, mais<br />
enfin elle fonctionnait comme cela”. 3 L’apport de Villeglé,<br />
qui reprend manuellement les éclatements obtenus grâce à<br />
la machine est donc capital. L’artiste possède un véritable<br />
talent de dessinateur, ayant suivi l’enseignement de la section<br />
peinture à l’Ecole des Beaux-Arts de Rennes, travaillé<br />
dans une agence d’architecture à Saint-Malo, puis une formation<br />
d’architecte à Nantes. L’image de l’hypnagogoscope<br />
réalisée entièrement à l’encre de Chine, démontre<br />
les qualités de dessinateur de Villeglé, qui réussit un tour<br />
de force en utilisant exclusivement la réserve du papier. La<br />
composition est un exemple de dextérité, qualité indispensable<br />
pour le projet des ultra-lettres.<br />
La boîte à “UULTRALETTRES”<br />
Jacques Villeglé conserve l’ensemble de la documentation<br />
relative à la création d’Hepérile éclaté dans une grande<br />
boîte Agfa dont les papiers photographiques ont très certainement<br />
servi au développement des clichés réalisés à<br />
l’aide de l’hypnagogoscope. Cet étui n’est pas sans rappeler<br />
l’œuvre de Marcel Duchamp, La boîte de 1914, conservée<br />
dans les collections du Centre Georges Pompidou.<br />
Villeglé a noté au marqueur noir le mot “UULTRALETTRES”<br />
sur le couvercle de la boîte Agfa Copex Papier. Son<br />
contenu offre une mine d’informations concernant la<br />
création des caractères, mais aussi sur les principales étapes<br />
qui menèrent à la publication du livre-poème. La boîte à<br />
“UULTRALETTRES”, avec ses dessins préparatoires, ses clichés,<br />
ses modèles d’éclatements et ses maquettes de l’édition,<br />
représente la mémoire de l’“atelier” d’Hepérile éclaté.<br />
Quelques sources datées ainsi que les souvenirs récoltés<br />
auprès de Villeglé offrent un extraordinaire témoignage<br />
permettant de retracer une chronologie précise de l’œuvre.<br />
L’artiste dessine toutes les études préparatoires à l’encre de<br />
Chine. Il utilise également cette technique, à la même<br />
époque, sur des chutes de pellicules récupérées du film<br />
Pénélope afin de réaliser un film direct qui s’appellera Paris<br />
- Saint-Brieuc, 1950-1952. Celui-ci est partiellement<br />
perdu suite au craquellement de la matière. Villeglé sélectionne<br />
le papier, le calque et principalement le Bristol<br />
comme supports pour ses dessins préparatoires aux<br />
dimensions variées dont certains, larges de seulement<br />
quelques centimètres, se distinguent par leur taille minuscule.<br />
La boîte à “UULTRALETTRES” compte également de<br />
rares exemples exécutés sur rhodoïd, matériau employé<br />
par les réalisateurs de dessins animés, rappelant que Villeglé<br />
expérimenta aussi cette discipline.<br />
Les premières expériences: le collage de livres d’enfants<br />
Les ébauches préparatoires exécutées entre 1950 et le 1 er<br />
mai 1952 sont qualifiées de “fantaisistes” par Villeglé.<br />
Elles participent à l’élaboration d’une police de caractère<br />
éclatée insolite: l’ultra-lettre. L’artiste commence ses<br />
investigations sur l’éclatement de la lettre en réalisant des<br />
collages à partir de découpages de livres d’enfants qu’il se<br />
souvient avoir choisi pour leur impression en gros caractères.<br />
La taille imposante des lettres, qui facilitait l’apprentissage<br />
de la lecture, convenait parfaitement à ses<br />
besoins. La boîte à “UULTRALETTRES” conserve une douzaine<br />
d’exemplaires de ces dessins préparatoires, soigneusement<br />
rassemblés dans l’emballage d’une méthode de<br />
28
lecture des éditions Bourrelier, Mots individuels pour 10<br />
enfants. Ce jeu lui a très certainement servi à réaliser une<br />
étude, très simple, qui n’est pas sans évoquer le poème<br />
phonétique Hepérile. En effet, dans cette composition,<br />
Villeglé juxtapose des fragments de mots qui forment une<br />
succession de sonorités et auxquels l’artiste ajoute des<br />
accents de son invention.<br />
Dans une autre création, Villeglé découpe puis colle des<br />
fragments typographiques imprimés sur une pleine page<br />
de livre pour enfants, confrontant son expérience avantgardiste<br />
à l’illustration caractéristique des éditions destinées<br />
aux jeunes lecteurs. La technique la plus usitée<br />
consiste à découper méticuleusement des pages de livre en<br />
très fines lamelles larges de quelques millimètres. Il les<br />
colle ensuite sur un renfort, une feuille Bristol, sans respecter<br />
l’ordre de lecture. L’aléatoire est le maître mot de ce<br />
travail minutieux dans lequel les lettres se succèdent sans<br />
logique. Le texte perd son sens au profit d’un jeu exclusivement<br />
visuel dont l’intensité s’accroît encore lorsque Villeglé<br />
sélectionne un livre imprimé en lettres gothiques. Les<br />
collages évoquent, dans une dialectique des contraires, les<br />
lacérations d’affiches qu’il collecte depuis 1949. Les déchirures<br />
spontanées effectuées par les passants sont à l’exact<br />
opposé des lacérations extrêmement précises exécutées ici<br />
par Villeglé. De même, le collage d’imprimés répond aux<br />
célèbres décollages des placards publicitaires qui ont fait la<br />
renommée de l’artiste. La cacophonie lexicale se retrouve<br />
cependant dans les deux formes d’expressions plaçant le<br />
concept de l’illisibilité au centre de son œuvre.<br />
Une autre technique utilisée par Villeglé pour annuler le<br />
décryptage des lettres consiste à superposer deux pages<br />
puis à prélever des fragments de celle située au-dessus.<br />
La méthode inverse, l’addition de lambeaux de textes<br />
sur une pleine page de livre d’enfant, produit des effets<br />
d’illisibilité identiques. En expérimentant plusieurs<br />
techniques de collages, Villeglé obtient une multitude<br />
d’effets déstructurant la syntaxe. Les phrases des<br />
ouvrages se confondent, les mots se mélangent, les<br />
caractères s’amalgament et les signes typographiques<br />
amputés deviennent méconnaissables.<br />
Les collages de l’artiste se rapprochent des préoccupations<br />
artistiques de Brion Gysin et William Burroughs, figures<br />
emblématiques de la beat generation, qui désacralisèrent<br />
l’écriture poétique avec le cut-up, nouvelle technique de<br />
composition inventée en 1958. Elle repose sur le collage<br />
aléatoire de bribes de textes découpées au préalable. 4 Les<br />
dessins préparatoires à Hepérile éclaté pourraient être<br />
considérés comme une anticipation et Villeglé comme un<br />
précurseur, mais l’artiste s’en défend. Il estime que cette<br />
expérience tient une place marginale en comparaison de<br />
l’importance de son œuvre. Par ailleurs, les beatniks innovent<br />
dans la manière d’écrire alors que Villeglé s’attache à<br />
la présentation formelle du texte et s’interroge sur les<br />
moyens de le rendre illisible.<br />
Des dessins fantaisistes à l’éclatement du “Corps d’Osiris”<br />
Jacques Villeglé exprime son goût pour les signes graphiques<br />
dès les prémices de sa carrière. Le mot “amour”,<br />
inscrit dans la composition du tableau éponyme de Joan<br />
Miró, marque durablement l’esprit du jeune artiste. En<br />
outre, l’attention donnée par Villeglé à la mise en page de<br />
sa correspondance témoigne de son intérêt pour la typographie,<br />
5 qu’il complète par la lecture d’ouvrages spécialisés.<br />
En effet, il se documente sur l’histoire de l’écriture<br />
et consulte un manuel d’épigraphie akkadienne dont il<br />
note la référence dans un carnet à dessins. 6 Il y reproduit<br />
également plusieurs exemples de lettres antiques ibériques<br />
et chypriotes qui l’inspireront dans un certain<br />
nombre d’études préparatoires aux ultra-lettres. Villeglé<br />
imagine un ensemble de signes dont la facture semble se<br />
rapprocher des hiéroglyphes égyptiens, des caractères chinois<br />
ainsi que des notes de musiques. Le souci de stylisation<br />
engendre parfois des typographies abstraites dans lesquelles<br />
l’artiste gomme toutes références aux formes<br />
réelles des lettres.<br />
Les dessins préparatoires fantaisistes sont l’occasion de<br />
jouer librement sur les contours, la taille, la physionomie<br />
des caractères ainsi que le sens de lecture. Villeglé consacre<br />
des recherches très poussées sur une sélection de lettres,<br />
qu’il décline de plusieurs manières différentes. La succession<br />
des voyelles et des consonnes retravaillées, entrecoupées<br />
de ponctuations réelles ou imaginées par l’artiste,<br />
confère un style original à ce travail préparatoire. Villeglé<br />
invente des mots comme “Miam-m-ty”, “To glé” ou<br />
“Oiié” qui lui servent de support pour ses jeux formels. Il<br />
démontre ainsi les potentialités esthétiques offertes par<br />
l’éclatement des lettres qui, malgré les déformations,<br />
conservent généralement leur lisibilité. Les interrogations<br />
de Villeglé aboutissent à la création de nouveaux signes<br />
graphiques pouvant être considérés comme un passage<br />
expérimental, un prétexte à réflexions sur sa manière personnelle<br />
de regarder la réalité.<br />
En plus de ses créations fantaisistes, Villeglé retravaille de<br />
véritables modèles photographiques obtenus grâce à l’hyp-<br />
29
nagogoscope. Il se lance dans les premiers essais de lettres<br />
éclatées, réalisés à partir de tirages papiers, en utilisant son<br />
nom, celui de son collaborateur et de leurs amis artistes,<br />
Henri Goetz, Pascal Vitali et bien sûr Camille Bryen qui<br />
se prêtent volontiers aux jeux de la déformation en ultralettres.<br />
Une autre étude particulièrement intéressante<br />
montre un essai d’éclatement d’un titre de film provisoire<br />
IE OA E sur lequel Villeglé travaillait simultanément à la<br />
conception d’Hepérile éclaté et qui sera finalement baptisé,<br />
en 1954, Pénélope.<br />
Fort de ses expériences, Jacques Villeglé et Hains décident<br />
de faire éclater typographiquement le texte du livre Le<br />
corps d’Osiris 7 acheté à la Librairie de Bretagne. Leur initiative<br />
dépasse maintenant le stade du travail préparatoire<br />
et joue un rôle fondamental dans le processus de création<br />
d’Hepérile éclaté. En effet, pour la première fois Villeglé et<br />
Hains mettent en application leur procédé en faisant<br />
appel à des professionnels de l’édition: “Nous eûmes alors<br />
nos premiers contacts avec les imprimeurs. Avec les Fils de<br />
Victor-Michel qui nous firent un premier cliché au trait<br />
d’un éclatement de la page d’un in-folio concernant la<br />
Vénus de Quinipily paru à Vannes en 1812.” Un seul dessin<br />
préparatoire sur rhodoïd, conservé dans la boîte à<br />
“UULTRALETTRES”, témoigne de cette expérience pleinement<br />
réussie: “La maquette du livre était impeccable, on<br />
ne pouvait pas se tromper.” La boîte à “UULTRALETTRES”<br />
renferme deux précieuses factures datées du mois de<br />
décembre 1951 et éditées par l’imprimeur pour ce travail.<br />
Elles déterminent, avec précision, le moment où le procédé<br />
optique de déformation de l’image commençait à<br />
être pleinement maîtrisé.<br />
Appropriation d’“Hepérile” et désappropriation de Bryen<br />
Le 1 er mai 1952, lors d’un rendez-vous au domicile de<br />
Camille Bryen, Villeglé et Hains reçoivent du poète le<br />
livre Hepérile dans lequel l’éditeur Pierre-André Benoît<br />
avait publié en 1950 son poème éponyme. A cette date,<br />
Villeglé arrête les dessins préparatoires qu’il qualifiait de<br />
fantaisistes et se consacre exclusivement à la métamorphose<br />
d’Hepérile en Hepérile éclaté. L’ouvrage original,<br />
édité en dix-neuf exemplaires, se caractérise par sa simplicité<br />
et sa taille minuscule, seulement cinq centimètres de<br />
côté pour une dizaine de pages qui accueillent le titre, les<br />
quatre quatrains phonétiques et l’achevé d’imprimer. Sa<br />
conception et sa typographie, très épurées, offrent à Villeglé<br />
une grande liberté de réinvention.<br />
La boîte à “UULTRALETTRES” lègue un ensemble d’ébauches<br />
dessinées pour Hepérile éclaté qui ne seront pas toutes utilisées<br />
dans l’œuvre finale. Le coffret conserve également des<br />
tirages papier où les vers du poème sont clairement reconnaissables<br />
malgré les déformations engendrées par l’hypnagogoscope.<br />
Trois dessins montrent les noms des auteurs<br />
écrits en utilisant des typographies différentes. L’un d’entre<br />
eux, particulièrement remarquable, propose des lettres qui<br />
ne sont pas sans rappeler la forme d’un cœur. En outre, la<br />
cannelure du verre fait littéralement ondoyer les caractères,<br />
conférant aux signatures des artistes une forte expressivité<br />
décorative. Enfin, des éclats agrémentent les noms d’éléments<br />
typographiques, sorte de ponctuation fictive propre<br />
à l’ultra-lettre. Le dessin, qui sera transposé tel quel dans le<br />
livre Hepérile éclaté, dépasse le statut d’ébauche préparatoire<br />
et démontre que certains documents de la boîte à<br />
“UULTRALETTRES” servirent effectivement de modèle pour<br />
la maquette de l’œuvre finale.<br />
Les artistes présentent officiellement Hepérile éclaté lors du<br />
vernissage d’une exposition de Camille Bryen, organisée à<br />
la Galerie Colette Allendy le 19 juin 1953. La publication<br />
de l’ouvrage ne s’est pas déroulée sans difficulté selon un<br />
témoignage de Villeglé qui atteste des vicissitudes rencontrées:<br />
“La mise en page de la première édition était ratée.<br />
On voulait une couverture moutarde, il avait aussi raté la<br />
couleur qui faisait caca d’oie. Comme ce n’était pas possible,<br />
l’imprimeur a tout repassé en noir.” 8 La boîte à “UUL-<br />
TRALETTRES” conserve un exemple de cette couverture<br />
dont la couleur n’est pas du meilleur effet ainsi que les<br />
deux éditions d’Hepérile éclaté. La première, publiée en<br />
mille exemplaires dont cinquante numérotés en “ultrachiffres”,<br />
possède une couverture à fond noir et renferme<br />
plusieurs coquilles. D’une part, la mise en page n’est pas<br />
conforme à la maquette originale et, d’autre part, l’achevé<br />
d’imprimer est corrigé par un erratum. En compensation<br />
des confusions typographiques, l’imprimeur Beresniak<br />
offre une seconde édition à 300 exemplaires, reconnaissable<br />
à sa couverture grise.<br />
Les ouvrages sont déposés dans plusieurs points de vente<br />
parisiens, dont la Librairie Lutétia située boulevard Raspail.<br />
9 Villeglé se souvient qu’une petite douzaine d’ouvrages<br />
s’est écoulée la première année. Pourtant un récapitulatif<br />
des dépenses, écrit de sa main et sauvegardé dans<br />
la boîte à “UULTRALETTRES”, montre la volonté de l’artiste<br />
de diffuser son œuvre. Des budgets étaient effectivement<br />
alloués à l’argus et au service de presse mis en place avec<br />
Bryen, rue du Dragon. De plus, un encart ou “tract-préface”,<br />
sorte de flyer appelé “justificatif” par Villeglé,<br />
30
accompagne l’ouvrage. 10 Bryen y rédige un texte dans<br />
lequel il qualifie Hepérile éclaté de “premier poème à délire”.<br />
Plusieurs articles, parus immédiatement dans des<br />
journaux importants, semblent récompenser leur initiative:<br />
“Le Figaro”, “Combat” et “Le Berry Républicain”. 11<br />
En outre, Hepérile éclaté est la première œuvre de Villeglé<br />
faisant l’objet d’une critique. Un papier de Jean-François<br />
Bergery, édité dans “Arts” et agrémenté d’une reproduction<br />
de l’œuvre, se distingue en traitant le sujet avec<br />
sérieux. Malheureusement, l’article fait figure d’exception<br />
car l’ironie semble être le maître mot des journalistes<br />
dont les paroles acerbes dénigrent la poésie visuelle d’Hepérile<br />
éclaté. 12<br />
Pourtant, loin d’être monocorde, l’ouvrage démontre<br />
l’étendue des possibilités stylistiques offertes par l’éclatement<br />
de l’écriture. La mise en page soignée laisse découvrir<br />
au lecteur plusieurs polices de caractères. Jacques Villeglé<br />
et Raymond Hains avaient d’ailleurs fait le tour des<br />
miroitiers du Marais pour acheter une large gamme de<br />
verres cannelés, augmentant ainsi les potentialités esthétiques<br />
offertes par l’hypnagogoscope. La trame sélectionnée<br />
pour écrire les premiers quatrains produit une double<br />
réfraction, transformant ainsi les lettres dans un “jeu de<br />
miroir”. L’effet biréfringent, très prononcé sur la page de<br />
titre, dédouble les vers du poème et agit sur la taille du<br />
corps des lettres. Les caractères se définissent par une<br />
structure stricte et géométrique en opposition aux tracés<br />
souples de la police créée par Villeglé pour les signatures<br />
des artistes ayant participé à l’œuvre.<br />
Un autre style d’ultra-lettres, utilisé pour la double page<br />
principale, met en scène des fragments de mots éparpillés<br />
qui côtoient des caractères dont la forme n’a plus rien à<br />
voir avec le signifiant. Certaines lettres conservent leur<br />
aspect d’origine, tandis que d’autres basculent vers l’abstraction.<br />
L’ambivalence du poème annule les repères d’une<br />
lecture conventionnelle. Les auteurs rejettent la mise en<br />
page classique et bouleversent les codes liés à l’édition. Les<br />
caractères semblent être disposés de manière aléatoire et<br />
ne pas respecter le tracé qui guide habituellement les<br />
lignes d’un texte. Le lecteur est confronté à une accumulation<br />
de signes dont l’absence de ponctuation renforce<br />
l’illisibilité. Le sens de lecture est renversé par le désordre<br />
des lettres, tandis que les vers et les strophes ne sont plus<br />
discernables. Le poème se prolonge d’une page à l’autre,<br />
sans respecter la pliure de l’ouvrage ni les marges qui<br />
n’existent plus. Le texte se développe donc sur l’intégralité<br />
du feuillet, dépassant même les limites de la page. A leurs<br />
extrémités, les caractères littéralement coupés débordent<br />
du cadre du livre et sous-entendent que le poème continue<br />
en dehors du champ de lecture. La présentation formelle<br />
de la double page impose une dualité très forte entre la<br />
composition lyrique de Bryen et la création d’une véritable<br />
œuvre d’art par les deux plasticiens. Le texte montre<br />
une nouvelle réalité. Il n’est plus à lire, mais à observer, à<br />
contempler comme une œuvre d’art. Les deux affichistes<br />
transgressent effectivement le statut poétique d’Hepérile<br />
pour lui offrir une dimension esthétique supplémentaire.<br />
Le poème de Bryen étant phonétique, il est par nature<br />
incompréhensible et manifeste le désir de son auteur de<br />
déconstruire le langage. La déformation des caractères<br />
d’Hepérile éclaté marque, quant à elle, la volonté de<br />
déconstruire l’écrit. En fait, les strophes glissent vers l’illisibilité<br />
grâce à l’ultra-lettre qui élève la vision typographique<br />
à une puissance si intense que l’œil ne peut plus<br />
la lire. 13<br />
Comme le livre-poème, les affiches lacérées de Villeglé,<br />
récoltées dans les années cinquante, affirment le goût de<br />
l’artiste pour la typographie et le brouillage des codes linguistiques.<br />
Elles manifestent son rejet d’une pratique artistique<br />
conventionnelle et annoncent la fin de la peinture de<br />
transposition. Véritable icône de l’éclatement du langage,<br />
Hepérile éclaté, qui engage l’artiste dans une autre problématique<br />
du refus, représente une mise à distance de la littérature<br />
conventionnelle. Cette œuvre est sans conteste un<br />
livre d’artiste à replacer dans le contexte poétique avantgardiste<br />
de son époque. Villeglé, qui fréquente alors le<br />
milieu lettriste, est parfaitement au fait de leurs recherches<br />
les plus audacieuses. Cette jeune génération de poètes ne<br />
s’attache plus au sens, mais tend à une véritable mise en<br />
scène sonore et plastique du texte. L’expérience Hepérile<br />
éclaté s’inscrit dans le renouveau poétique contemporain<br />
et représente une tentative de dépassement littéraire par<br />
deux artistes plasticiens. Leur initiative marque durablement<br />
l’esprit poétique de la décennie, puisqu’en 1957<br />
François Dufrêne et Robert Estival baptiseront leur mouvement<br />
dissident “ultra-lettrisme” en référence à l’ultralettre.<br />
Villeglé participe d’ailleurs à leur manifeste en<br />
publiant son texte Des réalités collectives dans la revue du<br />
mouvement, “Grâmmes”.<br />
Enfin, Villeglé apprécie particulièrement l’esprit “dadaïste”<br />
de Camille Bryen. La déformation en ultra-lettre d’Hepérile<br />
dépasse la simple dépossession sémantique du poème.<br />
La praxis de l’appropriation, emblématique de l’œuvre de<br />
Villeglé, engendre une véritable désappropriation du<br />
31
poème de Bryen, qui dira sur le sujet: “C’est ce côté masqué<br />
qui fait que Hépérile éclaté est pour moi un livre très<br />
important dans mes travaux, car je le considère en quelque<br />
sorte comme une désappropriation active.” 14 Hepérile<br />
éclaté représente la première appropriation d’un poème par<br />
Villeglé. Il réitèrera cette expérience à plusieurs reprises<br />
après 1969, année où il débute son alphabet socio-politique.<br />
En publiant les textes des poètes Louis Even 15 et<br />
Benjamin Péret, 16 écrits en caractères socio-politiques, Villeglé<br />
réinvente ainsi leur composition et prolonge l’aventure<br />
d’Hepérile éclaté.<br />
1<br />
Saluons l’initiative de monsieur Vincent Rousseau, conservateur<br />
du Musée des Beaux-Arts de Nantes, qui présenta Hepérile éclaté<br />
dans les expositions Bryen éclaté et Bryen et Compagnie, organisées<br />
respectivement en 1981 et 2007-2008. Lors de la manifestation la<br />
plus récente, un échantillon pertinent de dessins préparatoires, exécutés<br />
par Jacques Villeglé, a été présenté au public.<br />
2<br />
Il existe également une photographie qui montre l’hypnagogoscope<br />
sur le tournage du film Pénélope. Elle fut très souvent reproduite<br />
contrairement aux dessins de Villeglé qui sont une exclusivité.<br />
3<br />
Entretien de Daniel Abadie avec Camille Bryen daté du 30 mars<br />
1976, in Raymond Hains et la photographie, CNAC, Paris, du 20 mai<br />
au 5 juillet 1976.<br />
4<br />
Brion Gysin explique le cut-up dans le numéro 108 de “Rolling<br />
Stone”: “Je possédais une grande table sur laquelle je travaillais très<br />
souvent avec une lame Stanley, et, accidentellement, j’ai coupé un<br />
certain nombre de journaux qui se trouvait sur quelque chose d’autre<br />
que j’avais découpé. Les morceaux semblèrent aller ensemble et<br />
je me suis mis à les arranger; […] je les ai combinés selon un modèle<br />
qui m’était visuellement agréable.” Cité par Philippe Mikriammos,<br />
“Au commencement était le cut-up”, in William S. Burroughs. La vie<br />
et l’œuvre, Seghers, Paris, 1975, p. 61-75.<br />
5<br />
Une lettre de Jacques Villeglé envoyée à Raymond Hains est particulièrement<br />
significative. Elle fut reproduite recto/verso dans Pierre<br />
Leguillon (dir.), J’ai la mémoire qui planche, in Raymond Hains. La<br />
tentative, Centre Georges Pompidou, Paris, du 27 juin au 3 septembre<br />
2001, p. 13-14.<br />
6<br />
René Labat, Manuel d’épigraphie akkadienne, Imprimerie Nationale,<br />
Paris, 1948.<br />
7<br />
L’ouvrage relate l’étrange histoire de la Vénus de Quinipily, une statue<br />
d’origine incertaine conservée dans un parc à Baud en Bretagne<br />
et dont Villeglé détient une carte postale ancienne dans ses archives.<br />
8<br />
Entretien de Daniel Abadie avec Jacques Villeglé daté du 3 mars<br />
1976, in Raymond Hains et la photographie, op. cit.<br />
9<br />
Villeglé dresse une liste assez exhaustive des librairies dans son<br />
autobiographie: Jacques Villeglé, Cheminements 1943-1959, Jean-<br />
Pierre Huguet (“Les Sept Collines”), Saint-Julien-Molin-Molette,<br />
1999, p. 86-87.<br />
10<br />
Ibid., p. 87. Villeglé relate cette anecdote qui prouve que la médiation<br />
de son œuvre est un sujet lui tenant à cœur dès le début de sa<br />
carrière, alors que cette pratique n’était pas très répandue chez les<br />
artistes. Une journée d’étude fut organisée à l’Université de Versailles<br />
Saint-Quentin-en-Yvelines, le 16 janvier 2008, sur le thème Faire<br />
connaître: les enjeux de la médiation culturelle. La communication,<br />
Médiation et légitimation de l’œuvre d’un artiste vivant: Jacques Villeglé<br />
(1949-2000), montrait de quelle manière la médiation prend une<br />
place importante dans l’œuvre de Villeglé et comment il a su renouveler<br />
les modalités d’appel du public très tôt. Les documents inédits<br />
conservés dans la boîte à “UULTRALETTRES” sur la réalisation d’Hepérile<br />
éclaté étayent remarquablement cette théorie et confirment l’état<br />
d’esprit anticipateur de Villeglé en matière de médiation.<br />
11<br />
Noël Arnaud, in “Le Petit Jésus”, 1953; Jean-François Bergery, Le<br />
poème éclaté, in “Arts”, 7-13 août 1953; Pierre Boujol, Lire et délire,<br />
in “La Vigie Marocaine”, 17 septembre 1953; Etiemble, Barbarie ou<br />
Berbérie, in “La Nouvelle Nouvelle Revue Française”, septembre<br />
1953; J.C., Dé-lire, in “Combat”, 13 juillet 1953; Georges Ravon,<br />
La poésie qui fait Bang!, in “Le Figaro”, 6 juillet 1953; Henri<br />
Rochon, La montée d’Hepérile, in “Le Journal du Dimanche Soir”,<br />
13 décembre 1953; Léonard Saint-Michel, Le poème éclaté… ou les<br />
nouveautés de la saison, in “Le Berry Républicain”, 30 septembre<br />
1953 .<br />
12<br />
Malgré l’opinion négative des critiques, Hepérile éclaté est reconnu<br />
immédiatement à sa juste valeur. En 1963, une grande exposition<br />
internationale itinérante qui traite de la lettre et de l’image dans la<br />
création artistique du XX e siècle présente l’ouvrage et le reproduit<br />
dans son catalogue: Schrift en Beeld, Stedelijk Museum, Amsterdam,<br />
du 3 mai au 10 juin 1963, puis Schrift und Bild, Staatliche Kunst -<br />
halle, Baden-Baden, du 14 juin au 4 août 1963.<br />
13<br />
Le mot “ultra-lettre” fait référence à l’ultra-son. L’ultra-lettre est<br />
effectivement indéchiffrable comme l’ultra-son est inaudible par<br />
l’homme.<br />
14<br />
Entretien de Daniel Abadie avec Camille Bryen daté du 30 mars<br />
1976, in Raymond Hains et la photographie, op. cit. Bryen exprime<br />
un sentiment identique dans la nouvelle préface qu’il écrit pour la<br />
seconde édition de L’aventure des objets en 1969: “Aux ready-mades,<br />
aux appropriations, j’avais tout naturellement opposé dans un processus<br />
dialectique la désappropriation (Le sein de la forêt), ou le sacrifice<br />
bouc-émissaire Hepérile éclaté.”<br />
15<br />
Villeglé réécrit les poèmes d’Even en caractères socio-politiques et<br />
les expose à la Galerie du Dourven qui les reproduit dans son catalogue<br />
Liens & lieux. Contrastes, Galerie Départementale du Dourven,<br />
Dourven, du 12 septembre au 1 er novembre 1998.<br />
16<br />
En 2004, Villeglé publie un livre d’artiste intitulé Benjamin Péret.<br />
Le déshonneur des poètes, agrémenté d’une œuvre originale pour les<br />
exemplaires numérotés de I à V.<br />
Jacques Villeglé,<br />
Rue au Maire, Paris, 1988<br />
Photo François Poivret<br />
32
Gérard Xuriguera<br />
Jacques Villeglé, predatore-poeta della città<br />
Jacques Villeglé,<br />
Paris, 1995<br />
Photo Philippe Bonan<br />
Dall’inizio del XX secolo, sulla scia di Dada, l’arte ha<br />
rivolto uno sguardo nuovo all’oggetto industriale. Alcuni<br />
artisti temerari si sono appropriati degli elementi, dei<br />
manufatti, delle tecniche della civiltà produttiva, straniandone<br />
il significato in funzione del loro potenziale<br />
estetico e poetico. Questo approccio può anche essere<br />
interpretato come un esorcismo nei confronti delle<br />
manovre di disumanizzazione dell’arte, degli eccessi della<br />
pittura di materia e della sottomissione al cavalletto.<br />
Atteggiamento di rottura, dunque, in un’epoca governata<br />
dall’egemonia della pittura astratta, che avrebbe condotto<br />
due pionieri, Jacques Villeglé e Raymond Hains, a un<br />
linguaggio basato sulla presentazione e non più sulla rappresentazione,<br />
che mette in equazione lo statuto dell’oggetto<br />
e il suo modo di formulazione in un rapporto<br />
oggettivo/sog gettivo, a partire da una predazione inedita<br />
dei dati grezzi e quantitativi della realtà urbana, seguendo<br />
un’idea prestabilita.<br />
L’arte veicola da sempre il peso della menzogna delle parole,<br />
che essa ha per missione di mettere in immagini, vale a<br />
dire di immaginare, come altri le traducono in musica e<br />
salmodiano i miti manipolatori. A memoria umana, il<br />
disegno è sempre stato il supporto di un progetto. Progetto<br />
celebrato dal disegnatore, quando intende vivere della<br />
propria pratica, perché egli è allora alla mercé dei suoi<br />
committenti ricchi o potenti. Così, un’opera ha valore<br />
solo per chi la desidera, nell’intento di rafforzare il proprio<br />
status. Nemmeno un bozzetto rimane innocente, se<br />
richiesto o semplicemente acquisito.<br />
Allora, per sfuggire al ruolo di propagandista al quale è<br />
assoggettata ogni impresa creatrice sotto il giogo della religione<br />
o delle sue repliche profane legate alle ideologie e alle<br />
loro moderne mitologie, alcuni artisti contemporanei<br />
hanno intrapreso il progetto di un’abrasiva defigurazione,<br />
al fine di svincolare lo sguardo da tutto ciò che poteva catturarlo<br />
e suscitare la venerazione. Due vie sono state intraprese<br />
per liberare la visione e rompere il rito possessivo dell’iconolatria:<br />
la non-figurazione calda o fredda che dissolve<br />
il discernibile, e ciò che potremmo definire raccolta, poiché<br />
si tratta di presentare oggetti radunati a questo scopo.<br />
Questa seconda opzione è tuttavia paradossale, in quanto<br />
la non-figurazione rinvia qui a realtà identificabili, ma<br />
demolite o strappate, se non deviate dal loro significato<br />
attraverso un’accumulazione annichilente o qualche altro<br />
processo di annullamento della meccanica edificante.<br />
A questo punto, per meglio esaminare i risvolti della problematica<br />
di Villeglé, dai manifesti con lettere o graffiti al<br />
suo alfabeto socio-politico, ne distingueremo le tappe fondamentali.<br />
Entrato nell’arte in un mondo in rovina, egli<br />
non poteva che volerla emancipare da tutti i messaggi,<br />
strapparla a tutte le volontà di potenza che l’avevano votata<br />
alle devozioni ideologiche omicide. Adolescente in una<br />
Parigi strangolata dalla propaganda dell’occupazione straniera,<br />
quando il libero esercizio della creazione rischiava di<br />
essere fatale, egli è tuttavia ammesso alla Scuola di Belle<br />
Arti, inizialmente nella sezione pittura, poi in architettura<br />
nel 1945. Nella Francia rinascente, la ricostruzione offre<br />
molteplici prospettive ai maestri nell’arte dell’edificare.<br />
Ora, ciò che affascina il giovane bretone, è ciò che resta<br />
degli edifici e che deriva dalla devastazione.<br />
Nel 1947 comincia a raccogliere <strong>frammenti</strong> del “mur de<br />
l’Atlantique”, come altri più tardi si procureranno pezzi<br />
di quello di Berlino, benché con un intento diverso, in<br />
quanto la finalità di questi ultimi consiste nel recuperare<br />
<strong>frammenti</strong> di affreschi che diedero l’assalto alla cortina<br />
di ferro. Questa fortificazione crollata, le sue armature<br />
frantumate nelle quali Villeglé vedeva opere scolpite<br />
alla cieca dalla guerra, tutti questi <strong>frammenti</strong> decaduti<br />
costituirono il principio di uno stile che egli non ha mai<br />
smesso di approfondire.<br />
Nel 1949, in seguito alla scoperta di un altro universo di<br />
devastazione nel campo lavorato delle informazioni murali,<br />
egli realizza insieme al suo complice Raymond Hains il<br />
suo primo décollage. E continuerà a ordire a modo suo<br />
con ingegnosità mescolanze di immagini e parole amputate,<br />
sedotto dai brandelli residui delle palizzate, dei pannelli<br />
pubblicitari incollati e di altri manifesti di organizzazioni<br />
partigiane, che mani anonime hanno invalidato. Tanti<br />
documenti bistrattati da ignoti nemici, i cui messaggi tessono<br />
strane testimonianze, di un’altra guerra, senza nome<br />
né ragione apparente.<br />
Questo “esercito delle ombre” in tempi di pace, in lotta<br />
35
Jacques Villeglé,<br />
15, Rue au Maire, Paris,<br />
aprile / avril 2003<br />
Photo Odile Felgine<br />
contro il mercato del bombardamento mentale, Jacques<br />
ha desiderato mostrarlo nella luce dei musei e delle gallerie,<br />
e teorizzare questo ricorso all’opera collettiva dei laceratori,<br />
trasformando i marchi commerciali e gli slogan<br />
militanti in enunciati illeggibili. Peraltro, nella sua relazione<br />
Des réalités collectives del 1958, considerata precorritrice<br />
del nouveau réalisme e pubblicata solamente nel 1960,<br />
egli confessa di essere unicamente il collezionista di queste<br />
opere collettive, delle quali si appropria incollandole sulla<br />
tela o su un altro supporto, per rendere trasportabili questi<br />
affreschi urbani, riflessi del condizionamento visivo e<br />
semantico della società moderna, il cui spettacolo quotidiano<br />
in continua elaborazione non cessa di stimolare<br />
l’immaginario del predatore-poeta della città. Insomma,<br />
Villeglé rintraccia nella più trita banalità tutti i componenti<br />
di una bellezza nata dal suo rifiuto.<br />
Ora, sul filo del suo procedimento di salvataggio di carte<br />
destinate allo scarto, s’insinua un sorprendente ritorno alla<br />
funzione immortalante dell’arte, che confina con la conservazione<br />
archeologica. Salvo che questa conservazione<br />
procede da uno spirito profondamente lucido, molto<br />
ancorato all’estetica della sua epoca, che rivendica di<br />
“appropriarsi soltanto di un aspetto del mondo, e di non<br />
credere che scegliere oggetti sia rivoluzionario”. Ne risultano<br />
manifesti divenuti indecifrabili dai profanatori di<br />
insegne pubbliche, che appaiono come improbabili partiture<br />
geroglifiche, delle quali lo spettatore fatica a essere lo<br />
Champollion.<br />
Su un versante adiacente ma retrospettivo, Villeglé ha utilizzato<br />
altri mezzi per produrre informazioni talmente<br />
deformate da risultare sconcertanti, in particolare realizzando<br />
con Hains l’opuscolo Hepérile éclaté – da Hepérile,<br />
pseudo-poema di Camille Bryen –, pubblicato in una ti -<br />
pografia talmente distorta che non si riesce nemmeno più<br />
a immaginare che già il testo iniziale era incomprensibile.<br />
Facendo ciò, il suo interesse per l’informazione, Villeglé<br />
lo ha prolungato attraverso un gioco di scrittura che ha<br />
come conseguenza di renderne più complessa la lettura.<br />
Alla maniera di Victor Hugo e di diversi altri autori, oulipiani<br />
o no, che giocarono con le lettere, egli veste l’alfabeto<br />
latino di orpelli politici o risonanze religiose, metamorfosando<br />
simboli in segni. E declassando disegni estremamente<br />
seri che sintetizzano movimenti d’idee, egli sfocia<br />
su ornamentazioni ludiche di caratteri romani. Un<br />
simile procedimento iconoclasta interrotto da stemmi e<br />
linee verticali, grafie tondeggianti o spigolose, riferimenti<br />
a Pascal o a Cioran, non aspira al rebus. Certo, confonde<br />
le tracce, suscita la curiosità, a volte pericolosamente<br />
(vedi la dicotomia di certi emblemi), ma se è vero che ci<br />
fuorvia, isolando parole o brandelli di locuzioni esso<br />
nutre una sana provocazione. Nonostante ciò, firmando<br />
manifesti di volta in volta indecifrabili e infarciti di connotazioni<br />
simboliche che declinano la singolarità delle<br />
sue gesta, oppure contando su una criptazione alfabetica<br />
corrosiva, egli convoglia più domande giudiziose che<br />
risposte incerte.<br />
Infine, al pari di numerose creazioni dagli inizi dello<br />
sguardo in poi, la sua arte comporta innegabilmente<br />
un’ideologia, secondo ogni evidenza denunciatrice di tutte<br />
le altre, a meno che non coltivi una variante della molto<br />
asiatica filosofia del non agire, interrogativa poiché non<br />
intende avanzare alcuna risposta definitiva. Ogni espressione<br />
di ordine superiore non è forse ambigua?<br />
Da tempo ormai riconosciuta, quali che siano i suoi<br />
postulati e il loro substrato, l’opera pionieristica di Jacques<br />
Villeglé è ormai inscritta nella storia dell’arte del<br />
nostro oggi.<br />
36
Gérard Xuriguera<br />
Jacques Villeglé, prédateur-poète de la cité<br />
Dès l’entame de la moitié du XX e siècle, dans le sillage de<br />
Dada, l’art a porté un regard neuf sur l’objet industriel. Les<br />
éléments, les produits, les techniques de la civilisation de<br />
fabrication, furent annexés par des artistes téméraires et<br />
leur sens déplacé en fonction de leur potentiel esthétique et<br />
poétique. Cette approche pouvant être aussi comprise<br />
comme un exorcisme répondant aux manœuvres de déshumanisation<br />
de l’art, aux excès de la peinture de matière et<br />
à la soumission au chevalet. Attitude de rupture, donc, à<br />
une époque gouvernée par l’hégémonie picturale abstraite,<br />
qui allait conduire deux pionniers, Jacques Villeglé et Raymond<br />
Hains, vers un langage basé sur la présentation et<br />
non plus la représentation, mettant en équation le statut de<br />
l’objet et son mode de formulation dans un rapport objectif/subjectif,<br />
à compter d’une prédation inédite des données<br />
brutes et quantitatives de la réalité urbaine, selon le<br />
concept consacré.<br />
L’art véhicule depuis toujours le poids des mots qui mentent,<br />
qu’il a pour mission de mettre en images, c’est-à-dire<br />
d’imaginer, comme d’autres le traduisent en musique et<br />
psalmodient les mythes manipulateurs. De mémoire<br />
humaine, le dessin a toujours été le support d’un dessein.<br />
Dessein magnifié par l’imagier, lorsqu’il entend vivre de sa<br />
pratique, car il est alors à la merci de ses commanditaires<br />
riches ou puissants. Ainsi, une œuvre ne vaut que pour<br />
ceux qui la désirent, dans le but de conforter leur statut.<br />
Pas même un esquisse ne demeure innocente, si elle est<br />
requise ou simplement acquise.<br />
De la sorte, pour échapper au rôle de propagandiste auquel<br />
est astreinte toute entreprise créatrice sous la coupe de la<br />
religion ou de ses répliques profanes liées aux idéologies et<br />
à leurs modernes mythologies, des artistes contemporains<br />
ont entrepris le projet d’une décapante défiguration, afin<br />
de libérer le regard de tout ce qui pouvait le captiver et susciter<br />
la vénération. Deux voies ont vu le jour pour déverrouiller<br />
la vision et casser le rite possessif de l’iconolâtrie: la<br />
non-figuration chaude ou froide qui dissout le discernable,<br />
et ce qu’on pourrait qualifier de collection, puisqu’il s’agit<br />
de présenter des objets collectés à cette fin. Cette seconde<br />
option est cependant paradoxale, en ce que la non-figuration<br />
renvoie ici à des réalités identifiables, mais détruites ou<br />
déchirées, sinon détournées de leur sens par une accumulation<br />
annihilante, ou autre processus d’annulation de la<br />
mécanique édifiante.<br />
A ce stade, pour mieux envisager les détours de la problématique<br />
de Villeglé, des affiches lettrées ou graphées à son<br />
alphabet socio-politique, on en distinguera les étapes<br />
essentielles. Entré en art dans un monde en ruines, il ne<br />
pouvait que vouloir l’émanciper de tous les messages, l’arracher<br />
à toutes les volontés de puissance qui le vouèrent<br />
aux dévotions idéologiques meurtrières. Adolescent dans<br />
un Paris étranglé par la propagande de l’occupation étrangère,<br />
quand le libre exercice de la création risquait d’être<br />
fatal, il intègre pourtant l’Ecole des Beaux-Arts, d’abord en<br />
section peinture, puis en architecture en 1945. Dans la<br />
France renaissante, la reconstruction offre de multiples<br />
perspectives aux maîtres dans l’art de bâtir. Or, ce qui fascine<br />
le jeune Breton, c’est ce qui reste des édifices et<br />
découle de la destruction.<br />
Après quoi, en 1947, il se met à ramasser des débris du<br />
Mur de l’Atlantique, comme d’autres vont se procurer plus<br />
tard des pans de celui de Berlin, quoique dans une intention<br />
autre, dans la mesure où la finalité pour ces derniers<br />
consiste à récupérer des fragments de fresques qui firent<br />
l’assaut du rideau de fer. Cette fortification effondrée, ses<br />
ferraillages broyés dans lesquels Villeglé voyait des œuvres<br />
sculptées à l’aveugle par la guerre, tous ces morceaux<br />
déchus constituèrent le commencement d’un style, qu’il<br />
n’a cessé de creuser.<br />
En 1949, à la suite de la découverte d’un autre univers de<br />
dévastation dans le champ labouré des informations<br />
murales, il réalise, avec son complice Raymond Hains, son<br />
premier décollage. Et, il va continuer à instruire, à sa<br />
manière avec ingéniosité, des mélanges d’images et de mots<br />
amputés, séduit par les plages résiduelles des palissades, des<br />
panneaux encollés de publicité et autres placards d’organisations<br />
partisanes, que des mains anonymes ont mis à mal.<br />
Autant de documents malmenés par des ennemis inconnus,<br />
dont les messages tissent d’étranges témoignages,<br />
d’une autre guerre, sans nom ni raison apparente.<br />
Cette “armée des ombres” par temps de paix, en lutte<br />
contre le marché du matraquage mental, Jacques a souhaité<br />
37
Jacques Villeglé,<br />
Signes socio-politiques,<br />
Galerie La Mauvaise<br />
Réputation, Bordeaux, 2005<br />
la montrer dans la lumière des musées et des galeries, et<br />
théoriser ce recours à l’œuvre collective des lacérateurs, en<br />
transformant les marques commerciales et les slogans militants<br />
en énoncés illisibles. Par ailleurs, dans son exposé Des<br />
réalités collectives en 1958, considéré comme précurseur du<br />
nouveau réalisme, rédigé seulement en 1960, il ne s’avoue<br />
que collecteur de ces œuvres collectives, qu’il s’approprie<br />
par le biais du marouflage sur toile ou d’un autre support,<br />
rendant transportables ces quasi-fresques urbaines, reflets<br />
du conditionnement visuel et sémantique de la société<br />
moderne, dont le spectacle journalier en continuelle élaboration,<br />
n’en finit pas de stimuler l’imaginaire du prédateurpoète<br />
de la cité. En somme, Villeglé débusque, dans la<br />
banalité la plus banale, toutes les composantes d’une<br />
beauté née de son refus.<br />
Maintenant, au fil de sa démarche de sauvetage de papiers<br />
promis au rebut, s’insinue un étonnant retour à la fonction<br />
immortalisante de l’art, qui confine à la conservation<br />
archéologique. A ceci près, que cette conservation procède<br />
d’un esprit profondément lucide, très ancré dans l’esthétique<br />
de son époque, qui revendique ne “s’approprier que<br />
d’un aspect du monde, et ne pas croire que choisir des<br />
objets serait révolutionnaire”. En résulte des affiches devenues<br />
indéchiffrables par les profanateurs de panonceaux<br />
publics, qui apparaissent telles d’improbables partitions<br />
hiéroglyphiques, face auxquelles le spectateur peine à en<br />
être le Champollion.<br />
Sur un versant adjacent mais rétrospectif, Villeglé a utilisé<br />
d’autres moyens de produire des informations si déformées<br />
qu’elles en sont déroutantes, notamment en réalisant avec<br />
Hains l’opuscule Herépile éclaté, pseudo-poème de Camille<br />
Bryen, publié dans une typographie si tordue, qu’on ne<br />
parvient même plus à savoir que le texte initial était incompréhensible.<br />
Ce faisant, son penchant pour l’information,<br />
il l’a prolongé à travers un jeu d’écriture ayant encore pour<br />
conséquence d’en complexifier la lecture. A l’instar de Victor<br />
Hugo et de divers autres auteurs, oulipiens ou non, qui<br />
jonglèrent avec les lettres, il habille l’alphabet latin d’oripeaux<br />
politiques ou de résonnances religieuses, en métamorphosant<br />
des symboles en signes. Et en déclassant de<br />
très sérieux dessins synthétisant des mouvements d’idées, il<br />
débouche sur des ornementations ludiques de caractères<br />
romains. Un tel procédé iconoclaste perclus de blasons et<br />
de jambages, de graphies rondes ou anguleuses, de références<br />
à Pascal ou à Cioran, ne prétend pas au rébus.<br />
Certes, il brouille les pistes, attise la curiosité, parfois dangereusement,<br />
voir la dichotomie de certains emblèmes,<br />
mais s’il nous égare, il isole des mots ou des bribes de locutions,<br />
en entretenant une saine provocation. Toutefois, en<br />
signant des affiches tour à tour indéchiffrables et lardées de<br />
connotations symboliques qui déclinent la singularité de sa<br />
geste, ou bien en s’appuyant sur un cryptage alphabétique<br />
corrosif, il convoque davantage de questions judicieuses<br />
que de réponses douteuses.<br />
Enfin, à l’égal de nombre de créations depuis l’aube du<br />
regard, son art porte indéniablement une idéologie, à l’évidence<br />
dénonciatrice de toutes les autres, à moins qu’il ne<br />
cultive une variante de la très asiatique philosophie du nonagir,<br />
questionnante parce qu’elle n’entend avancer aucune<br />
réponse définitive. Toute expression d’ordre supérieur n’estelle<br />
pas ambiguë?<br />
De longue date reconnue, quels que soient ses postulats et<br />
leur substrat, l’œuvre pionnière de Jacques Villeglé est désormais<br />
inscrite dans l’histoire de l’art de notre aujourd’hui.<br />
Jacques Villeglé,<br />
Rue de la Duée, Paris,<br />
29 aprile / avril 1998<br />
Photo Olivia Fryszowski<br />
38
Opération quimpéroise,<br />
Quartier du Braden, Quimper,<br />
2006<br />
Manifesti strappati incollati<br />
su tela / Affiches lacérées<br />
marouflées sur toile,<br />
60 5 39,5 cm<br />
Opere / Œuvres
Premières réflexions sur l’ultralettre<br />
1950<br />
Pagina di libro tagliata e incollata su carta Bristol<br />
Page de livre découpée et collée sur Bristol<br />
11,7 5 7,7 cm<br />
42
Dessin fantaisiste<br />
1950-1951<br />
Inchiostro di china su carta da ricalco<br />
Encre de Chine sur papier calque<br />
16,1 5 8,6 cm<br />
Dessin fantaisiste<br />
1950-1951<br />
Inchiostro di china su carta<br />
Encre de Chine sur papier<br />
15,7 5 8,9 cm<br />
44
Dessin fantaisiste d’éclatement précédant<br />
la conception d’Hepérile éclaté<br />
1951 - début 1952<br />
Inchiostro di china su carta<br />
Encre de Chine sur papier<br />
17 5 22,3 cm<br />
45
Etude préparatoire à Hepérile éclaté<br />
(Raymond Hains)<br />
1952<br />
Inchiostro di china su carta<br />
Encre de Chine sur papier<br />
4,5 5 19,8 cm<br />
Etude préparatoire à Hepérile éclaté<br />
(Jacques de La Villeglé)<br />
1952<br />
Inchiostro di china su carta Bristol<br />
Encre de Chine sur Bristol<br />
5 5 26 cm<br />
46
Etude préparatoire à Hepérile éclaté<br />
1952<br />
Inchiostro di china su carta<br />
Encre de Chine sur papier<br />
11,3 5 22 cm<br />
47
Camille Bryen (Etude non utilisée<br />
pour Hepérile éclaté)<br />
1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />
Inchiostro di china su carta<br />
Encre de Chine sur papier<br />
5,8 5 19,9 cm<br />
Etude non utilisée pour la double page<br />
d’Hepérile éclaté<br />
1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />
Inchiostro di china su carta Bristol<br />
Encre de Chine sur Bristol<br />
31,8 5 23,2 cm<br />
48
Premier quatrain (Etude non utilisée pour Hepérile éclaté)<br />
1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />
Inchiostro di china su carta<br />
Encre de Chine sur papier<br />
17,4 5 29,8 cm<br />
50
Premier quatrain (Etude non utilisée pour Hepérile éclaté)<br />
1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />
Inchiostro di china su carta<br />
Encre de Chine sur papier<br />
19,8 5 32,3 cm<br />
51
Projet de couverture pour Hepérile éclaté<br />
1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />
Matita e inchiostro di china su carta Bristol<br />
Crayon et encre de Chine sur Bristol<br />
16 5 9,5 cm<br />
Planche I - 2<br />
1953<br />
Inchiostro di china su carta Bristol<br />
Encre de Chine sur Bristol<br />
33 5 20,5 cm<br />
52
Le Nouveau Demours<br />
Février 1959<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
115 5 85 cm<br />
Collection particulière<br />
54
Hôtel Lamoignon<br />
19 juin 1962<br />
Manifesti strappati incollati su legno compensato<br />
Affiches lacérées marouflées sur contreplaqué<br />
73 5 95 cm<br />
Collection particulière<br />
Photo Fabienne Villeglé<br />
56
Valérie Schmidt<br />
Janvier 1963<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
64 5 88 cm<br />
Photo François Poivret<br />
57
Rue du 16 juillet 1964<br />
16 juillet 1964<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
76 5 62 cm<br />
Photo François Poivret<br />
Le Saint-Claude - Saint-Germain<br />
13 novembre 1964<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
116 5 81 cm<br />
Photo Marc Domage<br />
58
60<br />
Rue du Temple<br />
Janvier 1968<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
118 5 85 cm<br />
Photo François Poivret
Rue de Ménilmontant<br />
21 décembre 1968<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
92 5 75 cm<br />
Photo Galerie du Génie<br />
61
Rue Bertin Poirée<br />
Août 1969<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
76 5 154,5 cm<br />
Photo François Poivret<br />
62
Rue des Tourelles<br />
16 août 1971<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
112 5 140 cm<br />
64
Rue Pastourelle - Les Templiers<br />
21 février 1972<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
118 5 150 cm<br />
Photo François Poivret<br />
65
Crimée<br />
3 juillet 1972<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
147 5 105 cm<br />
Collection particulière<br />
Boulevard de la Gare<br />
Juin 1973<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
87 5 137,5 cm<br />
Photo François Poivret<br />
67
Rue d’Alésia<br />
13 mars 1977<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
171 5 140 cm<br />
Photo François Poivret<br />
68
Rue de Thorigny<br />
13 mars 1977<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
160 5 256 cm<br />
Structure<br />
Octobre 1981<br />
Inchiostro e pittura su vinile<br />
Encre et peinture sur vinyle<br />
100 5 200 cm<br />
Photo Studio Appi<br />
70
42, Rue de Turbigo<br />
Novembre 1981<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
200 5 161 cm<br />
Photo François Poivret<br />
Rue Michel Le Comte<br />
16 janvier 1982<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
179 5 205 cm<br />
Photo François Poivret<br />
75
Vlaama Kaai / Gent Plaatz<br />
10 octobre 1982<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
160 5 115 cm<br />
Rue Réaumur<br />
13 mars 1983<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
162 5 130 cm<br />
Photo François Poivret<br />
76
Rue au Maire<br />
15 mars 1983<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
195 5 260 cm<br />
Photo François Poivret<br />
78
Rue Réaumur - Rue des Vertus<br />
4 juin 1984<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
159 5 228 cm<br />
Photo François Poivret<br />
80
Rue Beaubourg<br />
19 juin 1985<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
158,5 5 233 cm<br />
Photo François Poivret<br />
82
Gaîté / Jolivet<br />
7 mai 1987<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
121 5 95 cm<br />
Photo François Poivret<br />
83
Gaîté - Paris<br />
12 juin 1987<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
166 5 120,5 cm<br />
Photo Soktha Tang<br />
84
86<br />
Hôpital Villemin<br />
24 avril 1988<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
158 5 108 cm
Rue de Bagnolet<br />
16 mars 1986<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
162 5 294 cm<br />
87
Quartier de Lorette<br />
Mars 1988<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
150 5 112 cm<br />
Photo François Poivret<br />
106, Boulevard Haussmann<br />
24 avril 1988<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
195 5 114 cm<br />
Photo François Poivret<br />
88
Rue La Fayette<br />
24 avril 1988<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
218 5 240 cm<br />
Photo François Poivret<br />
90
Cluny<br />
Mai 1988<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
208 5 132,5 cm<br />
Photo François Poivret<br />
Passage des Panoramas<br />
Décembre 1988<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
217 5 157 cm<br />
Photo François Poivret<br />
92
Chartres - Fabius<br />
Juillet 1989<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
170 5 128 cm<br />
Photo François Poivret<br />
A la descente du Périphérique<br />
27 novembre 1989<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
130 5 195 cm<br />
Photo François Poivret<br />
95
Ivry-sur-Seine<br />
27 novembre 1989<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflés sur toile<br />
219 5 250 cm<br />
Photo François Poivret<br />
96
Structure<br />
1990<br />
Pittura spray su carta<br />
Bombage sur papier<br />
151 5 242 cm<br />
Photo Studio Appi<br />
98
Boulevard de la Marne, Lille<br />
27 janvier 1991<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
170 5 215 cm<br />
Photo François Poivret<br />
Route Nationale (Bas-Meudon)<br />
Janvier 1991<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
201 5 201 cm<br />
Photo François Poivret<br />
100
101
102
Les dessous du passage de Bièvres (Gentilly)<br />
8 mars 1991<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
162 5 130 cm<br />
Photo François Poivret<br />
Dante Saint Jacques<br />
26 février 1992<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
97 5 146 cm<br />
103
104
Saint-Jacques / Saint-Germain (Conseil Général<br />
des Côtes d’Armor)<br />
Janvier 1992<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
206 5 196 cm<br />
Photo Olivia Fryszowski<br />
Lycanthrope sur fond blanc<br />
Avril 1993<br />
Pittura su tela di lino preparata<br />
Peinture sur toile de lin préparée<br />
160 5 218 cm<br />
Photo Studio Appi<br />
105
106
Le carré magique<br />
17 octobre 1993<br />
Pittura e spray su tela<br />
Peinture et bombages sur toile<br />
148 5 95 cm<br />
Photo François Poivret<br />
Alphabet (Bombage)<br />
Février 1994<br />
Pittura spray nera su tela sintetica<br />
Bombage noir sur toile synthétique<br />
170 5 210 cm<br />
Photo Studio Appi<br />
107
Sator<br />
Juillet 1995<br />
Pittura nera su tela sintetica<br />
Peinture noire sur toile synthétique<br />
157 5 169 cm<br />
Photo François Poivret<br />
Graphes<br />
30 août 1995<br />
Pittura nera, due impronte verde salvia su tela sintetica<br />
Peinture noire, deux empreintes vert sauge sur toile synthétique<br />
212 5 160 cm<br />
108
109
110
Structure<br />
18 octobre 1995<br />
Olio su tela di lino<br />
Huile sur toile de lin<br />
195 5 146 cm<br />
Photo Studio Appi<br />
Graphe<br />
Octobre 1995<br />
Rosso di Marte, ocra giallo e rosso cadmio scuro su tela di lino<br />
Rouge de Mars, ocre jaune, rouge cadmium foncé sur toile de lin<br />
130 5 97 cm<br />
Photo Soktha Tang<br />
111
Ecriture X Graffiti 2<br />
Novembre 1995<br />
Pochoir, pittura spray e olio su tela di lino<br />
Pochoir, bombage et huile sur toile de lin<br />
214 5 210 cm<br />
Photo Studio Appi<br />
112
La Tordue & Aufray - Boulevard de la Liberté, Agen<br />
12 mai 1997<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
160 5 160 cm<br />
Photo Studio Appi<br />
113
Croquis<br />
Janvier 1998<br />
Matita colorata acrilica (blu scuro e blu-grigio), collage di<br />
fotocopia (carta verde pallido) su carta acquarello Lana da 300 g<br />
Crayon de couleur acrylique (bleu corbeau et bleu gris), collage<br />
photocopie (papier vert pâle) sur papier aquarelle Lana 300 g<br />
110,5 5 75 cm<br />
Photo François Poivret<br />
114
Douaniers<br />
Janvier 1998<br />
Matita colorata acrilica (blu scuro, grigio-blu, rosso), collage<br />
di fotocopia (papier maïs) su carta acquarello Lana da 300 g<br />
Crayon de couleur acrylique (bleu corbeau, gris bleu, rouge),<br />
collage photocopie (papier maïs) sur papier aquarelle Lana 300 g<br />
110,5 5 75 cm<br />
Photo François Poivret<br />
115
L’épervier<br />
Janvier 1998<br />
Matita colorata acrilica (bruno, ocra giallo, nero, grigio-blu,<br />
rosso, verde brillante, verde scuro), collage di fotocopia (ocra<br />
giallo) su carta acquarello Lana da 300 g<br />
Crayon de couleur acrylique (brun, ocre jaune, noir, gris bleu,<br />
rouge, vert vif, vert foncé), collage photocopie (ocre jaune) sur<br />
papier aquarelle Lana 300 g<br />
110,5 5 75 cm<br />
Photo François Poivret<br />
116
Les Courlis<br />
Janvier 1998<br />
Matita colorata acrilica (verde scuro, nero, arancio, viola,<br />
grigio), collage di fotocopia (azzuro pallido) su carta acquarello<br />
Lana da 300 g<br />
Crayon de couleur acrylique (vert foncé, noir, orange, violet,<br />
gris), collage photocopie (bleu pâle) sur papier aquarelle Lana<br />
300 g<br />
110,5 5 75 cm<br />
Photo François Poivret<br />
117
Pot pourri<br />
Janvier 1998<br />
Matita colorata acrilica (blu scuro, grigio-blu, rosso, arancio,<br />
vinaccia, verde brillante, viola, arancio scuro, giallo, rosa,<br />
grigio, nero, grigio-verde, ocra giallo), collage di fotocopia<br />
(blu ardesia) su carta acquarello Lana da 300 g<br />
Crayon de couleur acrylique (bleu corbeau, gris bleu, rouge,<br />
orange, lie de vin, vert vif, violet, orange foncé, jaune, rose,<br />
gris, noir, gris vert, ocre jaune), collage photocopie (bleu<br />
ardoise) sur papier aquarelle Lana 300 g<br />
110,5 5 75 cm<br />
Photo François Poivret<br />
118
Un sage<br />
Janvier 1998<br />
Matita colorata acrilica (blu scuro, grigio-blu, arancio, arancio<br />
scuro, grigio), collage di fotocopia (mais) su carta acquarello<br />
Lana da 300 g<br />
Crayon de couleur acrylique (bleu corbeau, gris bleu, orange,<br />
orange foncé, gris), collage photocopie (maïs) sur papier<br />
aquarelle Lana 300 g<br />
110,5 5 75 cm<br />
Photo François Poivret<br />
119
120<br />
Place Arnaud Bernard, Toulouse<br />
14 juin 1999<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
186 5 77 cm
Barcelone - Joe Strummer<br />
Janvier 2000<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
208 5 91 cm<br />
Photo François Poivret<br />
121
122
Grenoble<br />
Février 2000<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
170,5 5 118 cm<br />
Collection particulière<br />
Photo Soktha Tang<br />
Généalogie<br />
Novembre 2001<br />
Inchiostro di china su carta Arches da 500 g<br />
Encre de Chine sur papier Arches 500 g<br />
77 5 55 cm<br />
Obelisco - Estación Retiro, Buenos Aires<br />
12 février 2003<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
110 5 216 cm<br />
Photo François Poivret<br />
123
124
125
126
Fabrica - Calle Costanera, Buenos Aires<br />
13 février 2003<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
215 5 137 cm<br />
Photo François Poivret<br />
Autoroute, Buenos Aires<br />
14 février 2003<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
110 5 160 cm<br />
Photo Soktha Tang<br />
127
Avenida General Roca, Buenos Aires<br />
14 février 2003<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
114 5 278 cm<br />
Photo Soktha Tang<br />
128
129
Triptyque pour la Place Saint-Sulpice<br />
Juin 2003<br />
Pittura spray Buntlack color limone, verde maggio, blu medio,<br />
vermiglio chiaro su tela<br />
Bombage Buntlack citron, vert de mai, bleu moyen,<br />
vermillon clair sur toile<br />
260 5 900 cm<br />
Sator<br />
15 mars 2003<br />
Acrilico Liquitex e pittura spray su tela di lino preparata<br />
Acrylique Liquitex et bombage sur toile de lin préparée<br />
200 5 146 cm<br />
Collection particulière<br />
Photo François Poivret<br />
130
131
132
Opération quimpéroise - Café Olé<br />
Le Quartier, août 2006<br />
Manifesti strappati incollati su tela<br />
Affiches lacérées marouflées sur toile<br />
180 5 123 cm<br />
Photo Soktha Tang<br />
Alphabet 2008<br />
2008<br />
Tecnica mista su carta Bristol<br />
Technique mixte sur Bristol<br />
21 5 15 cm<br />
133
Les choses singulières<br />
Juin 2009<br />
Pittura spray, pastelli a olio e pochoir su tela montata<br />
su tre telai<br />
Bombage, bâtons à l’huile, pochoir sur toile montée<br />
sur trois châssis<br />
250 5 585 cm<br />
Photo François Poivret<br />
134
135
Coscenti della nostra singolarità<br />
Octobre 2009<br />
Pastelli a olio su tela<br />
Bâtons à l’huile sur toile<br />
150 5 220 cm<br />
Carrés magiques, arbre généalogique<br />
Décembre 2009<br />
Inchiostro, gouache e pastelli a olio su carta<br />
Encre, gouache, bâtons à l’huile sur papier<br />
65 5 50 cm<br />
Photo François Poivret<br />
136
137
Les précurseurs<br />
13 novembre 2010<br />
Pochoir e pastelli a olio di sette colori su carta Canson Figueras<br />
da 290 g<br />
Pochoir et bâtons à l’huile sept couleurs sur papier Canson<br />
Figueras 290 g<br />
103 5 135,5 cm<br />
Photo François Poivret<br />
138
Commune de Paris<br />
24 juin 2011<br />
Pastelli a olio su tela montata su telaio<br />
Bâtons à l’huile sur toile montée sur châssis<br />
200 5 139 cm<br />
139
140<br />
Jacques Villeglé<br />
Les Ateliers d’Aquitaine, 2001
Le carré magique<br />
19 décembre 2000<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,8 5 18 cm<br />
141
142<br />
Poitou-Charentes<br />
19 mai 2001<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,5 5 17,6 cm
Satan Adama Sabat Amata Natas<br />
Août 2001<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,5 5 18,2 cm<br />
143
Je ne peux jouer avec des signes...<br />
Décembre 2001<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
26 5 18 cm<br />
Délaisser le faire pour le ravir...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,8 5 17,8 cm<br />
144
Il y aura toujours un 14 juillet...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,9 5 18,4 cm<br />
Lacéré anonyme mythe collectif<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,6 5 18,3 cm<br />
145
L’affiche lacérée œuvre d’art...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
26,1 5 18,1 cm<br />
L’affiche prend de l’intérêt...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,5 5 17,8 cm<br />
146
La lacération est un non...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,7 5 18,2 cm<br />
Le décollage serait au collage...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,5 5 18,3 cm<br />
147
Les affiches lacérées perçaient le mur du silence<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
26 5 18,5 cm<br />
L’estime particulière du choix<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,8 5 18,1 cm<br />
148
Manifestation spontanée...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,8 5 18,2 cm<br />
Peu importe ce que l’on choisit...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,4 5 17,8 cm<br />
149
L’affiche lacérée par des inconnus<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,4 5 18 cm<br />
Réalités collectives...<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,5 5 18 cm<br />
150
Voici au niveau de l’acte créatif l’acte de choisir<br />
20 février 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,6 5 18,2 cm<br />
151
Pas d’autre mot qui sonne comme cruche...<br />
21 juin 2002<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,3 5 18 cm<br />
Martyr<br />
3 mars 2003<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,9 5 18 cm<br />
152
Restez enchanteresse<br />
Mars 2003<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,5 5 17,7 cm<br />
153
L’image idéographique<br />
11 juillet 2003<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,5 5 17,8 cm<br />
Nothing is more dangerous<br />
23 février 2005<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,8 5 18,4 cm<br />
154
One must have chaos<br />
Juin 2005<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
25,9 5 18,2 cm<br />
La réalité est un coup de massue...<br />
Mars 2006<br />
Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />
Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />
26 5 18,3 cm<br />
155
YES<br />
2007<br />
Acciao Corten<br />
Acier Corten<br />
54 5 111 5 8 cm<br />
156
157
Alphabet<br />
Juin 2010<br />
Ghisa<br />
Fonte<br />
79,5 5 79,5 cm<br />
Photo Gilbert Bazin<br />
158
Sator<br />
Juin 2010<br />
Ghisa<br />
Fonte<br />
68,5 5 68,5 cm<br />
Photo Gilbert Bazin<br />
159
Art<br />
2010<br />
Bronzo<br />
Bronze<br />
49,5 5 97 5 7,5 cm<br />
160
Star<br />
2010<br />
Bronzo<br />
Bronze<br />
63 5 97 5 10,5 cm<br />
161
Apparati / Annexes
Note biografiche<br />
Jacques Villeglé,<br />
Rue au Maire, Paris, 2008<br />
Photo Katrin Baumann<br />
Jacques Villeglé nasce a Quimper (Finistère, in Bretagna) il 27 marzo<br />
1926.<br />
A Vannes (dipartimento di Morbihan, in Bretagna), dove risiede dal<br />
1934, Villeglé scopre, nel giugno 1943, l’Anthologie de la peinture de<br />
1906 à nos jours (Ed. Montaigne, Parigi, 1927) di Maurice Raynal,<br />
che fino alla fine della guerra sarà la sua principale fonte d’informazione<br />
sulla pittura contemporanea. Tra le opere riprodotte, in bianco<br />
e nero, un Miró lo sconcerta in modo particolare per l’indeterminatezza<br />
della macchia lanuginosa centrale e per la disinvoltura, leggerissima,<br />
del grafismo. In questo periodo Villeglé lavora presso lo<br />
studio di un architetto abbastanza tradizionalista; tuttavia, grazie a<br />
una monografia e a una biografia di Le Corbusier, prende coscienza<br />
del fatto che anche l’urbanistica sta attraversando un’evoluzione che<br />
egli ignorava completamente.<br />
Nel febbraio 1944 Villeglé soggiorna per un breve periodo nella<br />
Parigi occupata: i quadri esposti nelle gallerie lo deludono. Al suo<br />
ritorno legge Guignol’s Band di L.F. Céline, e quel testo lo converte<br />
alla letteratura di Drieu La Rochelle, che a quel tempo godeva di un<br />
enorme consenso del pubblico. A settembre Villeglé si iscrive<br />
all’Ecole des Beaux-Arts di Rennes.<br />
Alla fine di gennaio del 1945 nasce l’amicizia con Raymond Hains,<br />
anche lui iscritto all’Ecole des Beaux-Arts (sezione scultura), fino a<br />
Pasqua però, quando decide di ritirarsi. Poco dopo, anche Villeglé fa<br />
domanda di ammissione all’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture.<br />
Con Etapes de la peinture française contemporaine depuis le cubisme<br />
1911-1944 di Bernard Dorival, Villeglé apprende – nonostante le<br />
reticenze dell’autore, che era professore all’Ecole du Louvre – le<br />
nozioni dell’automatismo psichico surrealista. Lo spirito di questo<br />
libro, fortemente intriso della “prudenza contadina e borghese” dell’anti-intellettualismo<br />
vichista – che rifiutava, per un umanesimo<br />
figurativo, “tanto l’astrazione dell’avanguardia quanto il sogno del<br />
surrealismo” –, prefigurava lo statismo culturale della Quarta<br />
Repubblica, ripiegata sul “genio pittorico francese” e sul rispetto del<br />
“disordine stabilito”, come lo definiva all’epoca Emmanuel Mounier.<br />
Dopo aver lavorato quattro mesi presso lo studio di un architetto di<br />
Saint-Malo, nel gennaio del 1947 Villeglé si iscrive all’Ecole des<br />
Beaux-Arts di Nantes. Risiede dapprima in rue du Bocage, vicino<br />
all’ospedale militare dove, tempo addietro, André Breton ha conosciuto<br />
Jacques Vaché. Un aneddoto di cui Villeglé verrà a conoscenza<br />
poco tempo dopo leggendo l’Histoire du surréalisme di Maurice<br />
Nadeau. È questo il periodo in cui Villeglé approfondisce le sue<br />
conoscenze sul caso oggettivo e sulla scrittura automatica.<br />
In aprile Villeglé viene ammesso all’Ecole Nationale Supérieure des<br />
Beaux-Arts (sezione architettura).<br />
Durante le vacanze a Saint-Malo inizia a raccogliere objets trouvés:<br />
fili di ferro o residui del “mur de l’Atlantique” che, senza il minimo<br />
intervento da parte dell’artista, costituiscono già delle vere e proprie<br />
pitture o sculture.<br />
In dicembre Villeglé e Hains visitano in modo sistematico tutte le<br />
gallerie di Parigi per sapere “chi è chi”, “chi fa cosa”, “chi espone chi”<br />
ecc. Durante questa ricognizione i due artisti incontrano Colette<br />
Allendy (1895-1960), la vedova del Dott. René Allendy (1889-<br />
1942), che dirigeva allora una galleria in rue de l’Assomption n. 67,<br />
ad Auteuil. In quel momento la galleria ospitava una mostra di disegni<br />
di Arp, Kandinsky, Magnelli e Miró.<br />
1948-1949. Villeglé fa avanti e indietro fra Nantes e Parigi. A settembre<br />
conosce il poeta Camille Bryen (1907-1977), originario<br />
della “città del ponte trasbordatore e dell’angoscia nantese”; con lui<br />
frequenta Wols alla Pergola, alla Rôtisserie Saint-Germain o alla<br />
Rhumerie Martiniquaise.<br />
Nel febbraio del 1949 Villeglé realizza con Hains Ach Alma Manetro,<br />
la prima affiche lacerata.<br />
A dicembre Villeglé lascia definitivamente Nantes e si trasferisce a<br />
Parigi, abbandonando, senza alcun rimpianto, gli studi in architettura.<br />
“Intenzionalmente” – “intenzione” nel senso husserliano del<br />
termine di “visione” – limita il suo procedimento appropriativo ai<br />
soli manifesti lacerati.<br />
1950-1954. Dopo un breve apprendistato a Nancy presso gli Ateliers<br />
de Maxéville di Jean Prouvé (1901-1984), il creatore dei “mursrideaux”,<br />
Villeglé partecipa alla messa a punto delle lettere deflagrate<br />
– che Raymond Hains fotografava già dal 1947 servendosi di una<br />
trama di vetro scanalato – e a diversi film tra cui Pénélope e Loi du 29<br />
juillet 1881 o Défense d’afficher. Uno stralcio di Pénélope sarà montato,<br />
nella primavera del 1960, dall’équipe del Centre de Recherche<br />
Image della RTF e divulgato con il titolo di Etude aux allures – nome<br />
della composizione di musica concreta con cui Pierre Schaeffer<br />
(1910-1995), l’allora direttore del Centro, sonorizzò questo cortometraggio<br />
(12 min. circa, colori, 16 mm). Il titolo Pénélope era stato inizialmente<br />
scelto da Villeglé per i colori mediterranei del film e per le<br />
sue riprese ininterrotte. Da vero “ad-hochista”, sugli scarti sovrapposti<br />
delle pellicole egli realizzerà dei graffiti utilizzando la china, che<br />
seccandosi andrà via via screpolandosi. Queste pellicole graffiate verranno<br />
mostrate all’inizio degli anni ottanta in una mostra al Centre<br />
Georges Pompidou di Parigi (Paris - Saint-Brieuc 1950-1952).<br />
1° maggio 1952. Hepérile, il poema fonetico di Camille Bryen edito<br />
da PAB (Pierre-André Benoît, 1922-1993), viene scelto per ufficializzare<br />
la deflagrazione della scrittura. Hepérile éclaté, un piccolo<br />
volume dedicato a una fauna di ultra-lettere baiadere – ondine scanalate<br />
della nuova mitologia –, verrà realizzato il 19 giugno 1953 in<br />
occasione di una mostra personale di Bryen alla Galerie Colette<br />
Allendy di Parigi.<br />
A dicembre, Chez Moineau, in rue du Four 22, Hains e Villeglé frequentano<br />
i lettristi dissidenti, tra cui Bull Dog Brau (1930-1985),<br />
Guy-Ernest Debord (1931-1994), Gil J Wolman (1929-1995),<br />
Jean-Michel Mension ecc. che avevano appena fondato la loro prima<br />
internazionale, premessa al situazionismo.<br />
Nel febbraio 1954 Villeglé e Hains conoscono François Dufrêne<br />
(1930-1982), del quale da otto anni seguivano le pubblicazioni e i<br />
recital lettristi. Grazie a Dufrêne conoscono Yves Klein “il Monocromo”<br />
(1928-1962), di ritorno dal Giappone.<br />
Aprile-maggio 1957. Sfuggita ai dogmatismi degli astrattisti, la galleria<br />
di Colette Allendy organizza la prima retrospettiva delle affiches<br />
lacerate. A rendere possibile la mostra è Yves Klein, che anticipa di<br />
otto giorni la chiusura della propria. Tre critici commentano l’esposizione:<br />
Edmond Humeau, Le lyrisme des murs su “Combat” del 5 giugno<br />
1957; Michel Courtois su “Arts” del 5 giugno 1957; e Pierre<br />
Restany su “Cimaise” dell’ottobre 1957. Durante il vernissage della<br />
mostra Villeglé incontra per la prima volta Gérard Deschamps<br />
(all’epoca diciannovenne), un frequentatore abituale della galleria<br />
dove tra l’altro aveva già esposto.<br />
165
Rendendosi conto che critica e pubblico non avevano colto il nuovo<br />
atteggiamento pittorico introdotto dai manifesti lacerati, così come<br />
venivano strappati dai muri o dalle palizzate, Villeglé fa il punto<br />
sulla lacerazione in quanto “manifestazione spontanea” in un articolo<br />
intitolato Des réalités collectives, pubblicato nel maggio del 1958<br />
in “Grâmmes”, rivista provocatoriamente sottotitolata “ultra-lettrista”.<br />
Isidore Isou risponderà alla provocazione sulla rivista di Maurice<br />
Lemaître “Poésie Nouvelle”.<br />
Conclusa una prima vendita di affiches lacerate di piccolo formato,<br />
nel febbraio del 1959 Dufrêne invita Villeglé a presentare il suo lavoro<br />
– dove nel frattempo aveva preso forma il “Lacéré Anonyme” –<br />
nell’atelier di suo padre, in rue Vercingétorix. La manifestazione ha<br />
luogo a giugno. Sorta di personaggio mitico, il Lacerato Anonimo<br />
nasce dalla credenza in una creazione collettiva. Così come le cattedrali<br />
sarebbero state costruite da una volontà comune, per slancio<br />
popolare. E così come, secondo Vico, Omero personifica il popolo<br />
greco, il Lacerato Anonimo rappresenta l’insieme dei laceratori sconosciuti.<br />
È la rimessa in questione dell’artista interprete dell’animo<br />
popolare e intermediario dell’inconscio collettivo.<br />
Nel mese di ottobre alcune affiches lacerate, un monocromo blu e<br />
una “macchina per dipingere”, disseminati all’interno e all’esterno<br />
del Musée Municipal d’Art Moderne de la Ville de Paris, creano i<br />
tre luoghi evenemenziali della prima edizione della Biennale des<br />
Jeunes. Tre luoghi che il nuovo incaricato agli Affari Culturali<br />
André Malraux ridurrà a due. Ricordando la sua visita alla mostra il<br />
giorno dell’inaugurazione, Malraux si dimentica infatti di Klein,<br />
menzionando invece la minacciosa macchina di Tinguely (1925-<br />
1991), che per poco non lo aveva sporcato di pittura, e le “affiches<br />
lacerate, i più insidiosi ready-made”. Malraux racconterà questa sua<br />
esperienza a Picasso nel libro La tête d’obsidienne (Gallimard, Parigi,<br />
1974, p. 141).<br />
Nel corso dell’anno esce il libro Sur Marcel Duchamp di Robert Lebel<br />
(1904-1986): le affiches lacerate, che fino a quel momento erano stati<br />
impropriamente assimilati al collage, saranno d’ora in poi identificati<br />
come ready-made. E i “rapitori di manifesti” dovranno faticare non<br />
poco per far capire quanto l’influenza duchampiana fosse stata assolutamente<br />
secondaria nell’elaborazione dell’affiche lacerata.<br />
In risposta alle nuove tendenze emerse dalla prima Biennale di Parigi<br />
e grazie all’intermediazione di Alain Jouffroy, nel febbraio del<br />
1960 viene affidata a François Dufrêne una sala del Salon Comparaisons.<br />
Dufrêne presenta il lavoro degli “affichistes” accanto ad alcuni<br />
“assemblagisti”, ad una giovane croûtiste, ad alcuni espressionisti<br />
barocchi e ad alcuni artisti sperimentali che lavoravano sullo spazio<br />
e sul movimento.<br />
Ursula Girardon (1926-1989), boulevard Pasteur, è il primo intermediario<br />
a concludere la vendita di un’affiche lacerata.<br />
Villeglé accompagna Dufrêne negli studi-laboratori di Pierre Henry,<br />
in rue Cardinet 80. Su incoraggiamento di Jouffroy, tra i due inizia<br />
una collaborazione tecnologica-criritmica.<br />
Ad aprile, a Milano, il giovane critico ventinovenne Pierre Restany<br />
coglie il particolare momento storico per redigere il primo manifesto<br />
del nouveau réalisme e organizzare, alla <strong>Galleria</strong> Apollinaire, la<br />
mostra Baptême de l’appropriation, che legittima a tutti gli effetti l’intuizione<br />
avuta dal critico osservando le opere di Yves Klein, Jean<br />
Tinguely, Raymond Hains, François Dufrêne e Jacques Villeglé<br />
all’epoca della Biennale. A questo gruppo iniziale si aggiungerà<br />
Arman, amico di Restany. Sei mesi dopo, il 27 ottobre 1960, a Parigi,<br />
nell’appartamento di Yves Klein, il gruppo riunito da Restany<br />
firma la dichiarazione costitutiva dei nouveaux réalistes. Di passaggio<br />
a Parigi, a dicembre Mimmo Rotella fa visita ai “rapitori di manifesti”,<br />
che allora esponevano per la prima volta con il gruppo dei<br />
nouveaux réalistes al Festival d’Avant-garde, nel Padiglione americano<br />
alla Porte de Versailles.<br />
Nel 1961 Villeglé subentra a Dufrêne al Salon Comparaisons (gli<br />
verrà riservata una sala fino al 1968): egli invita, oltre ai nouveaux<br />
réalistes, alcuni giovani artisti pop americani ed europei, oltre a<br />
diversi rappresentanti parigini dell’arte povera, dell’école de Nice,<br />
del lettrismo, della mec art, Poulet 20 NF e gli “objecteurs”; insomma,<br />
tutti artisti marginali, o il cui lavoro non corrispondeva alle<br />
direttive degli altri organizzatori. La presenza di Villeglé all’interno<br />
del comitato direttivo del Salone stimola il gruppo dei “pittori della<br />
realtà”: i soggetti delle loro opere passeranno, nell’arco di due-tre<br />
anni, dalla natura morta (ancora come veniva intesa nel XVII secolo)<br />
ai pastiches urbani del nouveau réalisme, senza però snaturarsi,<br />
rimanendo comunque fedeli ai canoni accademici e al cavalletto,<br />
rispettosi del lavoro in quanto tale e, naturalmente, non abbandonando<br />
mai la pittura.<br />
Nel 1967, prima di dimettersi dal suo incarico al Salon Comparaisons,<br />
di cui non condivideva le posizioni tradizionaliste, Villeglé<br />
proporrà, assieme a Jean-Louis Brau, di predisporre per il Salone dell’aprile<br />
1968 una “sala hippie”, dove non sarebbe stata esposta nessuna<br />
opera plastica. Una proiezione di diapositive ricorderà l’originaria<br />
destinazione del luogo, da sempre riservato alla pittura.<br />
17 maggio 1961. A Parigi, apertura della Galerie J in rue Montfaucon.<br />
Primo contratto.<br />
1961-1963. Nonostante la dichiarata presa di posizione in merito al<br />
primato del “rapire” sul “fare”, il gruppo dei cosiddetti “affichistes”,<br />
per distinguerli dagli altri nouveaux réalistes, viene paradossalmente<br />
invitato prima all’esposizione The Art of Assemblage (New York, Dallas<br />
e San Francisco), poi a quella intitolata 50 ans de collage (Saint-<br />
Etienne e Parigi).<br />
Nel 1963 Robert Lebel e Alain Jouffroy fanno il punto sulla distinzione<br />
fra “collage” e “oggetto” in una mostra presso una galleria effimera<br />
a Saint-Germain-des-Prés.<br />
1963-1964. Mostre personali alle gallerie J di Parigi e Ad Libitum di<br />
Anversa. Il direttore del Kaiser Wilhelm Museum di Krefeld, Paul<br />
Wember, acquista un’affiche ad Anversa, incoraggiando inoltre il<br />
primo acquisto, europeo e istituzionale, di opere di Dufrêne e Hains.<br />
Mostre dei quattro “rapitori” presentate da Pierre Restany presso la<br />
galleria di Arturo Schwarz a Milano (L’affiche lacérée, élément de base<br />
de la réalité urbaine) e la Gres Gallery di Chicago.<br />
Nel maggio 1965 alcune affiches di un ballo (firmati Mathieu e<br />
lacerati) offrono a Villeglé l’occasione di elaborare un primo lavoro<br />
tematico. Contro l’appropriazione che lo ha preceduto, il laceratore<br />
va al cuore purpureo del grafismo, mettendo a nudo, con tre<br />
colpi di rasoio, una macchia-scudo di sabbia. A destra: volti. A<br />
sinistra: una fila uguale con una punta triangolare all’inglese. L’insieme<br />
di queste affiches viene esposto nel febbraio del 1967 da Jacqueline<br />
Ranson, in rue Furstenberg, con il titolo De Mathieu à<br />
Mahé.<br />
166
Ad agosto Villeglé inizia a redigere Lacéré Anonyme o Urbi & Orbi,<br />
dove argomenta la rilettura moderna dei miti tradizionali e l’ambiguità<br />
che essa comporta quando il colpo di fulmine diventa criterio di<br />
creazione. Inoltre Villeglé descrive come il suo collezionare i manifesti<br />
lacerati lo abbia fatto diventare lui stesso una “personalità lacerata”.<br />
Grazie alla mediazione del patafisico Noël Arnaud, il 20 ottobre<br />
Villeglé entra in contatto con Léo Malet (1909-1996), ex surrealista,<br />
romanziere, nonché il padre del personaggio di Nestor Burma<br />
(detective privato). Già negli anni trenta Malet si era immaginato<br />
una forma di “décollage direzionato” per realizzare oggetti “psicoatmosferici-anamorfici”.<br />
Con l’intenzione, non poco maliziosa, di stilare il catalogo ragionato<br />
dell’opera dell’Oberdada Johannes Baader (1875-1954), il 9<br />
novembre 1968 Villeglé incontra Carola Giedion-Welcker al Café<br />
Odéon di Zurigo. In seguito, dopo la pubblicazione di un articolo<br />
sulla rivista “Leonardo”, farà visita a César Domela (22 aprile 1969),<br />
a Raoul Hausmann (17 maggio), a Herta Wescher (29 maggio), a<br />
Poupart-Lieussou (7 giugno) e a Jefim Jef Golyschev (16 giugno).<br />
Le mostre del nouveau réalisme e della pop art – primi bilanci dell’attività<br />
artistica degli anni sessanta – e, in seguito, quelle del décollage si<br />
susseguono a La Haye, Vienna, Berlino, Krefeld, Anversa e Milano.<br />
28 febbraio 1969. Nixon fa visita a De Gaulle. Sulle pareti di un corridoio<br />
della metropolitana Villeglé vede le tre frecce del vecchio Partito<br />
socialista, la croce gaulliana, la svastica nazista, la croce celtica<br />
inscritte nella “O” dei movimenti Jeune Nation, Ordre Nouveau,<br />
Occident ecc. E ancora, le tre frecce dinamiche, timoniere e pavloviane<br />
di Serge Tchakhotine a indicare, senza altro commento, il<br />
nome del presidente americano.<br />
6-7 maggio. In occasione della manifestazione Liberté de parole,<br />
organizzata da J.J. Lebel, il primo grafismo socio-politico viene esposto<br />
al Théâtre du Vieux-Colombier. Poco tempo dopo sarà pubblicato<br />
dagli editori milanesi ed esposto assieme a una “valigia nouveau<br />
réaliste”.<br />
Agosto 1970. Inizia la redazione del catalogo ragionato dell’opera di<br />
Villeglé. Tra il 1983 e il 1988, ad occuparsi del catalogo sarà Françoise-Julie<br />
Piriou, allora studentessa all’Università dell’Alta Bretagna,<br />
sotto la direzione di Jean-Marc Poinsot.<br />
Ottobre-novembre. Decimo anniversario del nouveau réalisme alla<br />
Galerie Mathias Fels (Parigi) e Rotonda di via Besana (Milano).<br />
Il critico Otto Hahn (1935-1996) pubblica sulla rivista “VH 101”,<br />
n. 3, alcuni brani tratti dal Lacéré Anonyme con il titolo Le flâneur<br />
aux palissades de la manifestation spontanée.<br />
Prima acquisizione ufficiale in Francia di un’affiche di Villeglé ad<br />
opera del Fonds National d’Art Contemporain.<br />
1971-1972. Staatsgalerie di Stoccarda: prima esposizione museale<br />
interamente dedicata alle affiches lacerate. La prefazione del catalogo<br />
è di Johannes Cladders, futuro direttore del Musée de Mönchengladbach,<br />
il quale, in occasione dell’inaugurazione del museo – nel<br />
1981 – dedicherà una sala alle opere dei tre affichistes parigini. Carl<br />
André realizza il pavimento della sala.<br />
Retrospettiva di Villeglé al <strong>Moderna</strong> Museet di Stoccolma e al<br />
Museum Haus Lange di Krefeld.<br />
Mostre personali a Colonia: da Michael Werner e alla Galerie Der<br />
Spiegel, diretta da Eva (1913-1988) e Hein Stünke (1913-1994).<br />
1974. Preannunciando la pubblicazione della prima versione del Lacéré<br />
Anonyme o Urbi & Orbi da parte del Musée National d’Art Moderne<br />
(luglio 1977), Villeglé ne anticipa alcuni brani sulle riviste “Apeïros”<br />
e “Alfabeta”, e nella collana “Poquettes volantes” del “Daily Bull”.<br />
Alla fine dell’anno inizia la realizzazione del film d’animazione Un<br />
mythe dans la ville (29 min., colori, 16 mm). La colonna sonora<br />
(Couper n’est pas jouer, 1969) è di Bernard Heidsieck.<br />
Previa autorizzazione dell’artista, Villeglé utilizza la locandina di una<br />
mostra che Jean Dubuffet farà affiggere, nell’aprile del 1976, nei<br />
quartieri Halles-Beaubourg-Marais, e un “libro impubblicabile”<br />
commissionato appositamente a Denise A. Aubertin.<br />
1976-1977. Villeglé partecipa alla mostra itinerante Panorama de<br />
l’art français 1960-1975, organizzata dall’AFAA (Association Française<br />
d’Action Artistique) e presentata ad Atene, Ankara, Istanbul,<br />
Teheran, Baghdad, Damasco, Tel Aviv, Tunisi, Rabat e Algeri.<br />
1976-1981. Villeglé partecipa alle mostre Beautés volées al Musée<br />
d’Art et d’Industrie di Saint-Etienne, Paris-New York al Centre<br />
Georges Pompidou di Parigi, Dufrêne et Villeglé, affiches lacérées al<br />
Centre Noroît di Arras, Bryen éclaté a Nantes, Paris/Paris 1937-1957<br />
al Centre Pompidou, West-Kunst 1939-1970 a Colonia.<br />
In occasione della seconda esposizione del gruppo degli affichistes<br />
alla Galerie Mathias Fels di Parigi (marzo-aprile), Villeglé redige il<br />
testo in catalogo Commémoration de la loi du 29 juillet 1881.<br />
Michel Lancelot (1938-1996) dedica a Villeglé la trasmissione televisiva<br />
Loi du 29 juillet 1881, Villeglé (realizzazione Georges Paumier,<br />
produzione Antenne 2, 20 min., colori, 16 mm).<br />
Gennaio 1982. Les présidentielles 81 vues par Villeglé, Centre d’Art<br />
Contemporain J. & J. Donguy, rue de la Roquette, Parigi.<br />
Febbraio-giugno. Guérilla des écritures: vari interventi su aree riservate<br />
all’affissione nelle città di Rennes e Parigi (con la collaborazione<br />
di Art Prospect, Bretagna).<br />
Aprile 1985. Villeglé è a Rennes per commemorare il centenario dei<br />
primi scritti “ontogenici” di Jarry e della creazione di Ubu. Per celebrare<br />
l’anniversario del Retour de l’Hourloupe (alias Bosse-de-nage)<br />
vengono organizzate due mostre: la prima, alla Maison de la Culture,<br />
è presentata da Bernard Lamarche-Vadel (1949-2000); la seconda<br />
(Les affichistes selon Villeglé), alla Galerie Art & Essai dell’Università<br />
di Villejean, è presentata da Béatrice Salmon.<br />
Luglio. Villeglé monta nuovamente su telaio, per esporli nell’ottobre<br />
seguente, due affiches già presentate alla seconda Biennale des Jeunes<br />
di Parigi (1961) e rimasti in deposito per ventiquattro anni: uno<br />
sarà acquistato nel 1987 da Claude Fournet per il Musée d’Art<br />
Moderne et Contemporain di Nizza; l’altro, intitolato Carrefour<br />
Sèvres-Montparnasse (3,19 x 8,10 metri), sarà esposto prima nella<br />
retrospettiva Les nouveaux réalistes (Parigi, Mannheim e Winterthur)<br />
e in seguito al Magasin di Grenoble (1988), alla Kunstmarkt di<br />
Colonia (1989), al MoMA di New York (High and Low, 1990), al<br />
Ludwig Museum di Colonia (nella mostra Pop Art) e al Centro de<br />
<strong>Arte</strong> Reina Sofía di Madrid nel 1992, al Centre Pompidou di Parigi<br />
(Les années pop) nel 2001.<br />
Villeglé crea un vero e proprio gruppo finanziario per realizzare il<br />
primo volume del catalogo ragionato della sua opera, che viene pubblicato<br />
in occasione della mostra La peinture dans la non-peinture<br />
(Nizza, dal luglio 1988; Tolosa, ottobre 1988; Colonia, 1989).<br />
1989. Valérie Villeglé dà vita al Secrétariat Jacques Villeglé, un organo<br />
preposto all’informatizzazione degli archivi e alla redazione del<br />
167
catalogo ragionato dell’opera di Villeglé, che conta a oggi sette volumi<br />
pubblicati.<br />
Mostre personali al Centro Culturale d’<strong>Arte</strong> Bellora di Milano, alla<br />
<strong>Galleria</strong> Peccolo di Livorno, alla Galerie Reckermann di Colonia e<br />
alla Zabriskie Gallery di New York.<br />
1990. Esce il volume Villeglé. La présentation en jugement di Bernard<br />
Lamarche-Vadel (Marval, Parigi).<br />
Nel 1991, grazie agli addetti culturali della Regione Nord - Pas-de-<br />
Calais e alla tenacia dello stampatore Alain Buyse, vengono organizzate<br />
le prime mostre “decentralizzatrici” a Lille e a Douai.<br />
1994. Villeglé viene invitato da Franz W. Kaiser al Museum Paleis<br />
Lange Voorhout dell’Aia nell’ambito di una serie di mostre personali<br />
di arte contemporanea francese organizzate dall’AFAA.<br />
1995. Esce il volume Un homme sans métier, Jannink, Parigi.<br />
28-29 settembre. Su iniziativa della DAP viene proiettato un film su<br />
Villeglé nell’ambito degli “Archives du XX e Siècle” (film coprodotto<br />
da Terra Luna, realizzato da Fabrice Maze, con un’intervista a cura<br />
di Philippe Piguet).<br />
1996. Retrospettiva al Centre d’Art Contemporain Bouvet-Ladubay<br />
di Saumur, con un’intervista a cura di Geneviève Nevejan.<br />
1997. Esce il volume Carrefour politique (Vers les Arts, Calignac).<br />
Luglio. Nasce l’Atelier d’Aquitaine a Martéret, in Lot-et-Garonne.<br />
Inizio di una nuova serie tematica dedicata alla musica amplificata:<br />
La techno.<br />
Prima mostra di Villeglé al Carré d’Art di Bayonne (maggio-giugno<br />
1998), presentata da Marie Albet.<br />
1997-1998. Villeglé partecipa alle mostre dei nouveaux réalistes a<br />
Parigi (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois; pubblicazione<br />
del libro di Catherine Francblin), Colonia (Museum Ludwig), Vence<br />
(Notre-Dame des Fleurs), Esslingen (Villa Merkel), Milano (Fonte<br />
d’Abisso <strong>Arte</strong>) e Nizza (MAMAC).<br />
1998. Esce il volume Liens et lieux, Galerie Départementale du Douven,<br />
Locquémeau, prefazione di Annie Goëdard-Le Goff.<br />
Novembre. Retrospettiva alla Alan Koppel Gallery di Chicago, organizzata<br />
in collaborazione con Chloé R. Ziegler (prefazione di Simon<br />
Anderson, intervista di Annette Ferrara).<br />
1999. Mostre personali a: Colonia, Galerie Der Spiegel, Double message;<br />
Parigi, Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, prima<br />
mostra tematica, Mots 1949-1996, presentata da Catherine Millet;<br />
Poitiers, Confort Moderne, Villeglé, la musique amplifiée, presentata<br />
da Dominique Truco, François Dagognet, Alain Jouffroy e Pierre<br />
Restany; Ginevra, Galerie Sonia Zannettacci; New York, Ubu Gallery,<br />
Rétrospective 1959-1998; Los Angeles, Shoshana Wayne Gallery;<br />
Mérignac, Vieille Eglise Saint-Vincent, Villeglé techno-rapt, presentata<br />
da Dominique Dussol.<br />
Pubblicazione di Cheminements 1943-1959 (Jean-Pierre Huguet/<br />
“Les Sept Collines”, Saint-Julien-Molin-Molette).<br />
2000. Micropolitiques, Le Magasin, Grenoble. Mostre personali alla<br />
Cité de la Musique di Parigi (prefazione in catalogo di Catherine<br />
Francblin) e alla Galerie Lucien Schweitzer del Lussemburgo.<br />
2001. L’Atelier d’Aquitaine viene invitato dal FRAC (Fonds Régional<br />
d’Art Contemporain) della Corsica alla mostra Décentralisation 3, a<br />
Corte.<br />
Mostre personali a: Londra, James Mayor Gallery; Parigi, Galerie<br />
Georges-Philippe & Nathalie Vallois, seconda mostra tematica, Images<br />
1958-1991, presentata da Catherine Francblin; Los Angeles,<br />
Chac Mool Gallery; Ginevra, Galerie Sonia Zannettacci; Chicago,<br />
Alan Koppel Gallery.<br />
Odile Felgine, biografa di Roger Caillois e Victoria Ocampo, dedica<br />
a Villeglé una monografia (Ides et Calendes, Neuchâtel).<br />
2002. Esposizioni a La Briantais, Saint-Malo, Lille. Creazione, assieme<br />
a Ferdinando Botto Poala, dello spazio AE (stoffe e abiti) e realizzazione<br />
del CD-Rom Jacques Villeglé. Catalogue raisonné.<br />
2003. Mostre personali a: Poitiers, Musée Sainte-Croix, Alphabet<br />
socio-politique; Vannes, Musée de la Cohue; Parigi, Galerie Georges-<br />
Philippe & Nathalie Vallois, terza mostra tematica, Sans lettre ni<br />
figure 1951-1968, presentata da Hans Ulrich Obrist e Robert Fleck.<br />
A febbraio la Città di Buenos Aires invita l’Atelier d’Aquitaine a<br />
intervenire presso il Centro Cultural Recoleta.<br />
2004. Realizzazione di due arazzi presso l’atelier André Magnat<br />
(Aubusson) e l’atelier Pinton (Felletin), destinati ai musei di Cognac.<br />
2005. Esce il volume La traversée Urbi & Orbi, Transéditions, Parigi.<br />
Mostre personali a: Orchies, Maison de la Chicorée; Ginevra, Galerie<br />
Sonia Zannettacci; Metz, Arsenal; Parigi, Galerie Georges-Philippe &<br />
Nathalie Vallois, quarta mostra tematica, Politiques 1957-1991, prefazione<br />
di Nicolas Bourriaud.<br />
2006. Mostre personali a: San Francisco, Modernism; Chicago, Alan<br />
Koppel Gallery; Quimper, Le Quartier; Knokke-le-Zoute e Art<br />
Köln, Guy Pieters Gallery; Milano, <strong>Galleria</strong> Tonelli; Monaco, Incognito;<br />
Valencia, Museo della Città.<br />
2007. Mostre personali a: Parigi, Galerie Georges-Philippe &<br />
Nathalie Vallois, quinta mostra tematica, La lettre lacérée; Padova,<br />
Vecchiato New Art Galleries; Art Paris, Guy Pieters Gallery; Lussemburgo,<br />
Galerie Lucien Schweitzer; Hannover, Stiftung Ahlers<br />
Pro <strong>Arte</strong> / Kestner Pro <strong>Arte</strong>.<br />
Pubblicazione di due monografie: una edita dalla Galerie Linda &<br />
Guy Pieters (biografia di Odile Felgine, prefazione di Arnaud<br />
Labelle-Rojoux); l’altra con prefazione di Kaira Cabañas, François<br />
Bon e Nicolas Bourriaud (Flammarion, nella collana “La création<br />
contemporaine”).<br />
Retrospettiva del nouveau réalisme (decennio 1950-1960) al Grand<br />
Palais di Parigi e allo Sprengel Museum di Hannover. Per l’occasione<br />
vengono realizzati uno scrittoio e un tavolino dal vetraio Gilles<br />
Chabrier e dal designer René Bouchara, esposti ad Art Paris.<br />
2008. Retrospettive di Villeglé al Centre Pompidou di Parigi e al<br />
Musée Départemental d’Art Ancien et Contemporain di Epinal.<br />
Villeglé inaugura la <strong>Galleria</strong> <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong> di Brescia e<br />
participa alla Biennale di Gwangju (Corea).<br />
Esposizioni a Istanbul (Pera Museum), Ginevra (Galerie Sonia Zannettacci),<br />
Chicago (Alan Koppel Gallery), San Francisco (Modernism),<br />
Nizza (Bibliothèque Louis-Nucéra).<br />
Il Consiglio Generale dei Vosgi commissiona a Villeglé un Mémorial<br />
socio-politique in acciaio Corten di 15 x 2 metri per il giardino del<br />
museo.<br />
Pubblicazione di una monografia di Gérard Durozoi (Hazan, Parigi)<br />
e di due interviste: una di Marion Chanson (Thalia, Ennery); l’altra<br />
di Didier Dauphin (Bookstorming, Parigi).<br />
Nell’ottobre 2009 Villeglé è l’invitato d’onore alla Mediateca del<br />
Centre Culturel Saint-Louis-de-France a Roma. Il giorno dell’inaugurazione<br />
l’artista realizza un affresco socio-politico. In questa occa-<br />
168
Jacques Villeglé<br />
davanti a / devant<br />
YES, 2009<br />
Scultura in acciaio Corten<br />
Sculpture en acier Corten<br />
400 5 800 cm<br />
Sin-Martens-Latem<br />
sione la <strong>Galleria</strong> Mucciaccia di Roma gli rende omaggio con una<br />
retrospettiva curata da Dominique Stella.<br />
Aprile 2010. Installazione di un alfabeto socio-politico in bassorilievo<br />
di 3,5 x 3,5 metri nel cortile della Ecole d’Arts Plastiques di Châtellerault.<br />
Mostra al MiArt con <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong>; la Galerie<br />
Georges-Philippe & Nathalie Vallois di Parigi presenta la sesta mostra<br />
tematica, La peinture dans la non-peinture. Opere di Villeglé sono presenti<br />
nella mostra inaugurale del Centre Pompidou di Metz, Chefsd’œuvre?,<br />
e nell’accrochage inaugurale del LaM di Villeneuve-d’Ascq.<br />
2011. Mostre a: Londra, Alexia Goethe Gallery e Stuart Shave<br />
Modern Art; Casablanca e Marrakech, Matisse Art Gallery; San<br />
Francisco, Modernism; Vicenza, Yvonne <strong>Arte</strong> Contemporanea;<br />
Chiari, <strong>Galleria</strong> L’Incontro.<br />
Attualmente Villeglé lavora a vari progetti di mobili e sculture.<br />
169
Eléments de biographie<br />
Jacques Villeglé<br />
all’inaugurazione della sua<br />
mostra / à l’inauguration<br />
de son exposition, Musée<br />
National d’Art Moderne,<br />
Centre Georges Pompidou,<br />
Paris, 15 settembre /<br />
septembre 2008<br />
Photo Katrin Baumann<br />
Jacques Villeglé nait à Quimper (Finistère, Bretagne) le 27 mars 1926.<br />
A Vannes (Morbihan, Bretagne), où il demeure depuis 1934, il<br />
découvre, en juin 1943, l’Anthologie de la peinture de 1906 à nos<br />
jours (Ed. Montaigne, Paris, 1927) de Maurice Raynal. Jusqu’à la<br />
fin de la guerre ce volume sera sa principale information sur la peinture<br />
contemporaine. Parmi les œuvres reproduites, en blanc et noir,<br />
une œuvre de Miró le déroute principalement par l’indétermination<br />
d’une cotonneuse tache centrale, et par la désinvolture du graphisme<br />
des plus légers. Il travaille alors chez un architecte assez<br />
conventionnel, par contre, à travers une monographie et une biographie<br />
de Le Corbusier, il prend conscience que l’urbanisme est<br />
également dans une évolution qu’il ignorait totalement.<br />
En février 1944, court séjour dans le Paris occupé, déçu par les<br />
tableaux qu’il peut voir aux vitrines des galeries. A son retour, il lit<br />
Guignol’s Band de L.F. Céline; cette lecture le change de la littérature<br />
à la Drieu La Rochelle qui faisait florès. En septembre il s’inscrit à la<br />
section peinture de l’Ecole des Beaux-Arts de Rennes<br />
Fin janvier 1945, il se lie avec Raymond Hains qui vient de s’inscrire<br />
à la section sculpture, pour la quitter à Pâques, tandis que luimême<br />
passe à l’atelier d’admission de l’Ecole Nationale Supérieure<br />
d’Architecture.<br />
Avec Etapes de la peinture française contemporaine depuis le cubisme<br />
1911-1944, de Bernard Dorival, malgré les réticences de l’auteur,<br />
professeur à l’Ecole de Louvre, il prend connaissance de l’automatisme<br />
psychique surréaliste. L’esprit de ce livre empreint de la “prudence<br />
paysanne et bourgeoise” de l’anti-intellectualisme vichyste, qui<br />
rejetait, pour un humanisme figuratif, “autant l’abstraction de<br />
l’avant-garde que le rêve du surréalisme”, préfigurait le statisme culturel<br />
de la Quatrième République, replié sur le “génie pictural français”,<br />
et le respect du “désordre établi”, comme disait à l’époque<br />
Emmanuel Mounier.<br />
En janvier 1947, après avoir travaillé quatre mois chez un architecte<br />
de Saint-Malo, Villeglé s’inscrit à l’Ecole des Beaux-Arts de Nantes. Il<br />
y demeure d’abord rue du Bocage, près de l’hôpital militaire qui vit la<br />
rencontre de André Breton et Jacques Vaché. Il en prend connaissance<br />
peu après en lisant l’Histoire du surréalisme de Maurice Nadeau et<br />
complète en même temps ses notions sur le hasard objectif et l’écriture<br />
automatique.<br />
En avril il est admis à l’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts<br />
(section architecture).<br />
Durant les vacances il commence à Saint-Malo la collecte d’objets<br />
trouvés: échantillon de catalogue, fils d’acier, déchets du mur de l’Atlantique<br />
qui, sans la moindre intervention d’un artiste, constituent<br />
indubitablement des peintures ou des sculptures.<br />
A Paris, en décembre, pour savoir qui est qui, qui fait quoi, qui expose<br />
qui, visite systématique, avec Hains, de l’ensemble des galeries parisiennes.<br />
En fin de parcours, ils font connaissance de Colette Allendy<br />
(1895-1960), veuve du Dr René Allendy (1889-1942), qui dirige une<br />
galerie, rue de l’Assomption n° 67 à Auteuil. Elle y présentait alors un<br />
ensemble de dessins de Arp, Kandinsky, Magnelli et Miró.<br />
1948-1949. Nombreux aller et retour entre Nantes et Paris. En septembre<br />
fait la connaissance au Dôme du peintre et poète Camille<br />
Bryen (1907-1977), originaire de “la ville du pont transbordeur et de<br />
l’angoisse nantaise”, puis, avec lui, fréquente Wols à la Pergola, à la<br />
Rôtisserie Saint-Germain ou à la Rhumerie Martiniquaise.<br />
Arrache avec Hains, en février 1949, Ach Alma Manetro, première<br />
affiche lacérée commune.<br />
En décembre, Villeglé quitte définitivement Nantes et abandonne sans<br />
regret ses études d’architecture pour s’installer à Paris. Intentionnellement<br />
– l’intention désignant au sens le plus husserlien du terme la<br />
vision – il décide de limiter sa démarche appropriative aux seules<br />
affiches lacérées.<br />
1950-1954. Après un court stage au deuxième trimestre à Nancy aux<br />
Ateliers de Maxéville de Jean Prouvé (1901-1984), créateur des<br />
“murs-rideaux”, il participe à la mise au point des “lettres éclatées”<br />
que Hains photographiait depuis 1947 au travers d’une trame de<br />
verre cannelé, et à divers films dont Pénélope et Loi du 29 juillet 1881<br />
ou Défense d’afficher. Un extrait de Pénélope sera monté au printemps<br />
1960 par l’équipe du Centre de Recherche Image de la RTF et diffusé<br />
sous le titre Etude aux allures, nom de la composition de musique<br />
concrète avec lequel Pierre Schaeffer (1910-1995), directeur du Centre,<br />
sonorisa ce court-métrage (12’ env., couleurs, 16 mm), baptisé<br />
primitivement Pénélope par Villeglé, à cause des couleurs méditerranéennes<br />
et des incessantes reprises. Sur les déchets des pellicules<br />
surexposées, avec de l’encre de Chine grasse, qui craquellera en<br />
séchant, Villeglé, suivant son habitude “ad-hociste”, fera des graffiti.<br />
Ce qui en a subsisté sera diffusé par le Centre Georges Pompidou au<br />
début des années quatre-vingt sous le titre Paris - Saint-Brieuc 1950-<br />
1952.<br />
1 er mai 1952. Hepérile, poème phonétique de Camille Bryen édité par<br />
PAB (Pierre-André Benoît, 1922-1993), est choisi pour officialiser<br />
l’éclatement de l’écriture. Hepérile éclaté, petit livre voué à une faune<br />
d’ultra-lettres bayadères, ondines cannelées de la nouvelle mythologie,<br />
s’effectuera le 19 juin 1953 à l’occasion d’une exposition personnelle<br />
de Bryen à la Galerie Colette Allendy.<br />
En décembre Hains et Villeglé fréquentent Chez Moineau, sordide<br />
café, 22 rue du Four, les lettristes dissidents, Bull Dog Brau (1930-<br />
1985), Guy-Ernest Debord (1931-1994) et Gil J Wolman (1929-<br />
1995), Jean-Michel Mension, etc. qui viennent de fonder leur première<br />
internationale, prémisse du situationnisme.<br />
En février 1954, ils font la connaissance de François Dufrêne (1930-<br />
1982), dont ils suivaient depuis huit ans les publications et les récitals<br />
lettristes. Celui-ci les présente à Yves Klein “le Monochrome” (1928-<br />
1962) de retour du Japon.<br />
Avril-mai 1957. Première rétrospective des affiches lacérées chez<br />
Colette Allendy, qui avait échappé aux dogmatismes des abstraits, Yves<br />
Klein ayant raccourci de huit jours sa propre exposition. Trois critiques<br />
la commenteront: Edmond Humeau, Le lyrisme des murs,<br />
“Combat”, 5 juin 1957; Michel Courtois, “Arts”, 5 juin 1957; et<br />
Pierre Restany, “Cimaise”, octobre 1957. Au cours du vernissage, première<br />
rencontre avec Gérard Deschamps (19 ans), familier du lieu<br />
pour y avoir déjà exposé.<br />
Se rendant compte que la critique, tout comme le public, n’avait pas<br />
saisi qu’il y avait un nouveau comportement pictural à exposer des<br />
affiches lacérées, telles qu’elles avaient été arrachées du mur ou de la<br />
palissade, Villeglé rédige une mise au point sur la lacération “manifestation<br />
spontanée”, qu’il fait paraître en mai 1958 sous le titre Des<br />
réalités collectives dans “Grâmmes”, revue sous-titrée par provocation<br />
de l’“ultra-lettrisme”. Isidore Isou répondra à cette provoc dans la<br />
revue de Maurice Lemaître “Poésie Nouvelle”.<br />
171
En février 1959, François Dufrêne, ayant effectué une première vente<br />
d’affiches lacérées de petits formats, et “Lacéré Anonyme” ayant pris<br />
corps en Villeglé, il l’invite à présenter ses œuvres dans l’atelier de son<br />
père, rue Vercingétorix; la manifestation aura lieu en juin. Lacéré Anonyme<br />
est un personnage mythique, né de la croyance en une création<br />
collective. Ainsi, les cathédrales auraient été construites par une<br />
volonté commune, par l’élan populaire. Pour Vico, Homère personnifie<br />
le peuple grec; Lacéré Anonyme personnifie l’ensemble des lacérateurs<br />
inconnus. C’est la remise en question de l’artiste interprète de<br />
l’âme populaire intermédiaire de l’inconscient collectif.<br />
En octobre, des affiches lacérées, un monochrome bleu, une machine<br />
à peindre, disséminés à l’intérieur et à l’extérieur du Musée Municipal<br />
d’Art Moderne de la Ville de Paris, créent les trois lieux événementiels<br />
de la première Biennale des Jeunes. Pour André Malraux, qui venait de<br />
prendre les Affaires culturelles, ces trois lieux se réduiront à deux.<br />
Lorsqu’il se remémore sa visite inaugurale, Malraux oublie Klein, il<br />
mentionne avec la machine baladeuse et menaçante de Tinguely<br />
(1925-1991), qui l’avait ou qui avait manqué de l’éclabousser, “les<br />
affiches lacérées, les plus insidieux des ready-mades”. Le genre “haffreux”<br />
semble lui dire Picasso à qui il relate le vernissage (La tête d’obsidienne,<br />
Gallimard, Paris, 1974, p. 141).<br />
En cours d’année paraît Sur Marcel Duchamp de Robert Lebel (1904-<br />
1986); l’objet devient un dénominateur commun et les affiches lacérées,<br />
qui étaient abusivement assimilées au collage, seront dès lors<br />
identifiées au ready-made. Les ravisseurs auront beaucoup de mal à<br />
secondariser l’influence duchampienne.<br />
En février 1960, pour répondre aux nouvelles tendances révélées par<br />
la première Biennale, Dufrêne, par l’intermédiaire d’Alain Jouffroy, est<br />
chargé d’une salle au Salon Comparaisons. Il y présente, à côté des<br />
affichistes, un ramasseur de chiffons d’usines, des assemblagistes, une<br />
jeune croûtiste, des expressionnistes baroques et des expérimentaux<br />
travaillant l’espace ou le mouvement.<br />
Ursula Girardon (1926-1989), boulevard Pasteur: premier courtier à<br />
vendre une affiche lacérée.<br />
Villeglé accompagne Dufrêne dans les studios-laboratoires de Pierre<br />
Henry, 80 rue Cardinet. Entre eux deux commence, à l’instigation de<br />
Jouffroy, une collaboration technologie-crirythme.<br />
En avril, à Milan, Pierre Restany, jeune critique, 29 ans, saisit ce<br />
moment historique pour rédiger le premier manifeste du nouveau réalisme<br />
et organiser une exposition, à la <strong>Galleria</strong> Apollinaire, Baptême de<br />
l’appropriation, qui sanctionne l’état de fait qu’il avait ressenti lors de<br />
la Biennale avec Yves le Monochrome, Tinguely, Hains, Dufrêne et<br />
Villeglé. Au groupe initial il ajoute son ami niçois Arman. Six mois<br />
plus tard, le 27 octobre, au domicile d’Yves Klein aura lieu la signature<br />
de la déclaration constitutive du groupe des nouveaux réalistes élargi.<br />
En décembre Mimmo Rotella, de passage à Paris, rend visite à chacun<br />
des « ravisseurs”, qui exposaient alors pour la première fois côte à côte<br />
avec l’ensemble des nouveaux réalistes dans le cadre du Festival<br />
d’avant-garde de Paris au Pavillon américain de la Porte de Versailles.<br />
En 1961, Villeglé prend le relais de Dufrêne au Salon Comparaisons<br />
(il gardera la responsabilité d’une salle jusqu’en 1968). Outre les nouveaux<br />
réalistes, il y invitera de jeunes pop américains et européens, des<br />
représentants parisiens de l’arte povera, de l’école de Nice, des lettristes,<br />
le mec art, Poulet 20 NF, les “objecteurs”, enfin tous les marginaux,<br />
ou dont les critères ne correspondaient pas aux disciplines des<br />
autres organisateurs. Sa présence au sein du comité directeur de ce<br />
salon stimula le groupe des “peintres de la réalité” dont les sujets évoluèrent<br />
et passèrent en deux-trois ans de la nature morte dans la tradition<br />
du XVII e siècle aux pastiches des thèmes urbains du nouveau réalisme,<br />
tout en restant eux-mêmes fidèles aux canons académiques à<br />
l’échelle du tableau de chevalet, respectueux du travail pour le travail,<br />
et bien entendu sans se libérer du préjugé de la matière picturale.<br />
En 1967, las de la mentalité traditionnelle des salons, qui débite l’espace<br />
géométrique par œuvre, il propose avec Jean-Louis Brau, avant<br />
de donner sa démission, pour celui d’avril 1968, une “salle hippie”<br />
dans laquelle ne serait exposée aucune œuvre plastique. Pendant que<br />
les participants y feraient leurs actions, quelques projections de diapos<br />
rappelleraient la destination picturale du lieu.<br />
17 mai 1961. Ouverture de la Galerie J, rue Montfaucon, premier<br />
contrat.<br />
1961-1963. Malgré leur détermination et leur prise de position commune<br />
en faveur d’une primauté du “ravir” sur le “faire”, ceux qui<br />
furent différenciés des autres nouveaux réalistes par l’appellation “affichistes”<br />
furent invités paradoxalement aux expositions The Art of<br />
Assemblage à New York, Dallas et San Francisco, puis à 50 ans de collage<br />
à Saint-Etienne et Paris.<br />
Robert Lebel et Alain Jouffroy différencièrent en 1963 le collage de<br />
l’objet par une exposition germano-pratine dans une galerie éphémère.<br />
1963-1964. Expositions personnelles: Galerie J (Paris) et Ad Libitum<br />
(Anvers). Paul Wember, directeur du Kaiser Wilhelm Museum de<br />
Krefeld, acquiert près de la galerie anversoise une affiche. Il sera également<br />
à l’origine du premier achat européen institutionnel pour<br />
Dufrêne et Hains.<br />
Expositions des quatre “ravisseurs”, préfacées par Restany (L’affiche<br />
lacérée, élément de base de la réalité urbaine), chez Arturo Schwarz à<br />
Milan et à la Gres Gallery à Chicago.<br />
En mai 1965, des affiches d’un bal signées Mathieu et lacérées offrent<br />
à Villeglé une série thématique. Contre la première appropriation le<br />
lacérateur s’était attaqué au cœur pourpre du graphisme, mettant à nu,<br />
de trois coups de rasoir, une tache-écu de sable avec billette et crosse<br />
renversées, destrée de gueules, sénestrée d’une filière de même comportant<br />
pointe triangulaire à l’anglaise. L’ensemble de ces affiches fut<br />
exposé chez Jacqueline Ranson, rue Furstenberg, en février 1967 sous<br />
le titre De Mathieu à Mahé.<br />
En août Villeglé commence la rédaction de Lacéré Anonyme ou Urbi<br />
& Orbi. Il y aborde l’aspect moderne du vieil artiste des mythes traditionnels,<br />
avec toute l’ambiguïté que comporte cet état lorsque le coup<br />
de foudre devient critère de création et comment, en collectionnant<br />
des affiches agressées, il est devenu une personnalité lacérée.<br />
Le 20 octobre, par l’intermédiaire du pataphysicien Noël Arnaud,<br />
Villeglé prend langue avec Léo Malet (1909-1996), autodidacte,<br />
ancien surréaliste et romancier créateur du “privé” Nestor Burma,<br />
qui, au cours des années trente, avait imaginé avec une certaine<br />
forme de “décollage dirigé” de confectionner des objets “psychoatmosphériques-anamorphiques”.<br />
Il était alors attributaire d’une<br />
boîte de livres sur le quai de l’Hôtel de Ville, aux abords du Pont<br />
Louis-Philippe.<br />
Le 9 novembre 1968, ayant l’intention malicieuse d’établir le catalogue<br />
raisonné de l’œuvre de l’Oberdada Johannes Baader (1875-<br />
1954), Villeglé rencontre à Zurich, Café Odéon, Carola Giedion-<br />
172
Welcker. Puis il rendra visite, chez eux, après la parution d’un article<br />
dans la revue “Leonardo”, à César Domela (22 avril 1969), Raoul<br />
Hausmann (17 mai), Herta Wescher (29 mai), Poupart-Lieussou (7<br />
juin) et à Jefim Jef Golyschev (16 juin).<br />
Les expositions du nouveau réalisme ou du pop art, premiers bilans de<br />
l’activité des années soixante, puis celles du décollage, se succèdent à<br />
La Haye, à Vienne, à Berlin, à Krefeld, à Anvers, à Milan.<br />
28 février 1969. Nixon rend visite à De Gaulle. Sur les murs d’un couloir<br />
de métro, les trois flèches de l’ancien Parti socialiste, la croix de<br />
Lorraine, la croix gammée, la croix celtique inscrite dans le cercle du<br />
mouvement Jeune Nation, puis à nouveau les trois flèches pavloviennes<br />
de Serge Tchakhotine indiquent graphiquement sans autre<br />
commentaire le nom du président américain.<br />
6-7 mai. Le premier graphisme socio-politique est exposé au Théâtre<br />
du Vieux Colombier lors de la manifestation Liberté de parole organisée<br />
par J.J. Lebel, puis sera publié peu après par des éditeurs milanais<br />
dans une “valise nouveau réaliste”.<br />
Août 1970. Début de l’établissement du catalogue raisonné de son<br />
œuvre. Cet inventaire sera poursuivi entre 1983 et 1988 par Françoise-Julie<br />
Piriou, étudiante à l’Université de Haute-Bretagne, sous la<br />
direction de Jean-Marc Poinsot.<br />
Octobre-novembre: dixième anniversaire du nouveau réalisme, Galerie<br />
Mathias Fels (Paris) et Rotonda di via Besana (Milan).<br />
Le critique Otto Hahn (1935-1996) publie dans la revue “VH 101”,<br />
n° 3, des extraits du Lacéré Anonyme intitulés Le flâneur aux palissades<br />
de la manifestation spontanée.<br />
Première acquisition officielle en France par le Fonds National d’Art<br />
Contemporain d’une affiche villegléenne.<br />
1971-1972. A la Staatsgalerie de Stuttgart, première exposition<br />
muséale consacrée aux seules affiches lacérées; le catalogue est préfacé<br />
par Johannes Cladders, futur directeur du Musée de Mönchengladbach.<br />
Lors de l’inauguration du musée en 1981 il réservera une salle<br />
aux œuvres des trois affichistes parisiens; au sol, Carl André.<br />
Rétrospective de l’œuvre de Villeglé au <strong>Moderna</strong> Museet de Stockholm<br />
et au Museum Haus Lange de Krefeld, et deux expositions personnelles<br />
à Cologne chez Michael Werner et à la Galerie Der Spiegel<br />
dirigée par Eva (1913-1988) et Hein Stünke (1913-1994).<br />
1974. Avant de faire publier, en juillet 1977, par le Musée National<br />
d’Art Moderne, la première version de Lacéré Anonyme, ou Urbi &<br />
Orbi, Villeglé en fait paraître des extraits dans les revues “Apeïros” et<br />
“Alfabeta” et dans une collection du “Daily-Bull”, les “Poquettes<br />
volantes”.<br />
En fin d’année Villeglé entreprend un film d’animation et de dessins<br />
animés, Un mythe dans la ville (29’, couleurs, 16 mm), accompagné<br />
d’une bande-son de Bernard Heidsieck, Couper n’est pas jouer, 1969.<br />
Avec son autorisation il utilisera une affiche d’exposition que Jean<br />
Dubuffet faisait placarder en avril 1976 dans les quartiers Halles-<br />
Beaubourg-Marais et un “livre-impubliable” qu’il avait commandé à<br />
cet effet à Denise A. Aubertin.<br />
1976-1977. Villeglé participe à l’exposition itinérante Panorama de<br />
l’art français 1960-1975 organisée par l’AFAA (Association Française<br />
d’Action Artistique), présentée à Athènes, Ankara, Istanbul, Téhéran,<br />
Bagdad, Damas, Tel-Aviv, Tunis, Rabat, Alger.<br />
1976-1981. Il participe aux expositions Beautés volées au Musée d’Art<br />
et d’Industrie de Saint-Etienne, Paris-New York au Centre Georges<br />
Pompidou, Dufrêne et Villeglé, affiches lacérées au Centre Noroît d’Arras,<br />
Bryen éclaté au Musée de Nantes, Paris/Paris 1937-1957 au Centre<br />
Georges Pompidou, West-Kunst 1939-1970 à Cologne<br />
Villeglé rédige le texte du catalogue Commémoration de la loi du 29<br />
juillet 1881 pour la deuxième exposition du groupe des affichistes à la<br />
Galerie Mathias Fels de Paris en mars-avril.<br />
Michel Lancelot (1938-1996) lui consacre une émission télévisée, Loi<br />
du 29 juillet 1881, Villeglé, réalisation Georges Paumier, production<br />
Antenne 2, 20’, couleurs, 16 mm.<br />
Janvier 1982. Les présidentielles 81 vues par Villeglé, Centre d’Art<br />
Contemporain J. et J. Donguy, rue de la Roquette, Paris.<br />
Février-juin. Guérilla des écritures, interventions sur des emplacements<br />
réservés à Rennes et à Paris avec l’association Art Prospect de Bretagne.<br />
Avril 1985. A Rennes, pour commémorer le centenaire des premiers<br />
écrits “ontogéniques” de Jarry et de la conception d’Ubu par un lycéen<br />
et célébrer le dixième anniversaire de la collecte du Retour de l’Hourloupe,<br />
alias Bosse-de-nage, deux expositions: l’une à la Maison de la<br />
Culture préfacée par Bernard Lamarche-Vadel (1949-2000); la<br />
seconde, Les affichistes selon Villeglé, présentée par Béatrice Salmon à la<br />
Galerie Art et Essai de l’Université de Villejean.<br />
Juillet. Villeglé réentoile deux des affiches présentées lors de la<br />
deuxième Biennale des Jeunes de Paris (1961), qui étaient restées roulées<br />
dans divers dépôts depuis vingt-quatre ans, pour être montrées en<br />
octobre: l’une d’elles sera acquise en 1987 par Claude Fournet pour le<br />
Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain de Nice; la seconde,<br />
Carrefour Sèvres-Montparnasse (3,19 x 8,10 mètres), sera exposée à<br />
Paris, Mannheim et Winterthur, rétrospectives Les nouveaux réalistes,<br />
puis au Magasin à Grenoble (1988), à la Kunstmarkt de Cologne<br />
(1989), au MoMA de New York (High and Low, 1990), au Ludwig<br />
Museum de Cologne (Pop Art) et au Centro de <strong>Arte</strong> Reina Sofía de<br />
Madrid (1992), au Centre Pompidou (Les années pop, 2001).<br />
L’artiste crée un groupement financier en vue d’éditer le premier tome<br />
du catalogue raisonné de son œuvre sélective qui finalement paraîtra<br />
pour les expositions La peinture dans la non-peinture de juillet 1988 à<br />
Nice et octobre suivant à Toulouse, puis à Cologne en 1989.<br />
1989. Création par Valérie Villeglé du Secrétariat Jacques Villeglé<br />
chargé de l’informatisation de l’ensemble des archives et du catalogue,<br />
sept volumes parus à ce jour.<br />
Expositions personnelles à Milan, Centro Culturale d’<strong>Arte</strong> Bellora,<br />
Livourne, <strong>Galleria</strong> Peccolo, Cologne, Galerie Reckermann et New<br />
York, Zabriskie Gallery.<br />
1990. Villeglé. La présentation en jugement, par Bernard Lamarche-<br />
Vadel (Marval, Paris).<br />
En 1991, grâce à l’initiative du personnel culturel de la Région Nord -<br />
Pas-de-Calais et à la ténacité créative de l’imprimeur d’estampes Alain<br />
Buyse, premières expositions décentralisatrices à Lille et à Douai.<br />
1994. Villeglé est invité par Franz W. Kaiser au Museum Paleis Lange<br />
Voorhout dans le cadre d’un ensemble d’expositions personnelles d’art<br />
contemporain français organisé par l’AFAA.<br />
1995. Un homme sans métier, Jannink, Paris (épuisé).<br />
28-29 septembre. Tournage sur l’initiative de la DAP, dans le cadre des<br />
“Archives du XX e Siècle”, d’un portrait, coproduit par Terra Luna, réalisé<br />
par Fabrice Maze, Philippe Piguet étant responsable de l’entretien.<br />
1996. Rétrospective au Centre d’Art Bouvet-Ladubay de Saumur,<br />
entretien avec Geneviève Nevejan.<br />
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1997. Carrefour politique, Vers les Arts, Calignac.<br />
Juillet. Création au Martéret, en Lot-et-Garonne, de l’Atelier d’Aquitaine.<br />
Début d’une nouvelle série thématique consacrée à la musique<br />
amplifiée: La techno. Première exposition au Carré d’Art de Bayonne<br />
(mai-juin 1998), préfacée par Marie Albet.<br />
1997-1998. Villeglé participe aux expositions des nouveaux réalistes<br />
de Paris (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, sortie du livre<br />
de Catherine Francblin), Cologne (Museum Ludwig), Vence (Notre-<br />
Dame des Fleurs), Esslingen (Villa Merkel), Milan (Fonte d’Abisso<br />
<strong>Arte</strong>), Nice (MAMAC).<br />
1998. Liens et lieux, Galerie Départementale du Dourven, Locquémeau,<br />
préface d’Annie Goëdard-Le Goff.<br />
Novembre. Exposition rétrospective, Alan Koppel Gallery, Chicago,<br />
organisée en collaboration avec Chloé R. Ziegler, préface de Simon<br />
Anderson, entretien avec Annette Ferrara.<br />
1999. Expositions personnelles à: Cologne, Galerie Der Spiegel, Double<br />
message; Paris, Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, première<br />
exposition thématique, Mots 1949-1996, préfacée par Catherine<br />
Millet; Poitiers, Confort Moderne, Villeglé, la musique amplifiée,<br />
préfacée par Dominique Truco, François Dagognet, Alain Jouffroy et<br />
Pierre Restany; Genève, Galerie Sonia Zannettacci; New York, Ubu<br />
Gallery, Rétrospective 1959-1998; Los Angeles, Shoshana Wayne Gallery;<br />
Mérignac, Vieille Eglise Saint-Vincent, Villeglé techno-rapt, préfacée<br />
par Dominique Dussol.<br />
Parution de Cheminements 1943-1959, Jean-Pierre Huguet/“Les Sept<br />
Collines”, Saint-Julien-Molin-Molette.<br />
2000. Micropolitiques, Le Magasin, Grenoble. Expositions personnelles<br />
à la Cité de la Musique, Paris, catalogue préfacé par Catherine<br />
Francblin, et à la Galerie Lucien Schweitzer, Luxembourg.<br />
2001. L’Atelier d’Aquitaine est invité par le FRAC Corse pour l’exposition<br />
Décentralisation 3, à Corte.<br />
Expositions personnelles à: Londres, James Mayor Gallery; Paris,<br />
Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, deuxième exposition<br />
thématique, Images 1958-1991, préfacée par Catherine Francblin; Los<br />
Angeles, Chac Mool Gallery; Genève, Galerie Sonia Zannettacci; Chicago,<br />
Alan Koppel Gallery.<br />
Odile Felgine, biographe de Roger Caillois et de Victoria Ocampo,<br />
lui consacre une monographie parue aux Editions Ides et Calendes,<br />
Neuchâtel.<br />
2002. Expositions à La Briantais, Saint-Malo, et à la Mairie de Lille.<br />
Création à l’espace AE d’étoffes et de vêtements avec Ferdinando<br />
Botto Poala, et réalisation d’un CD-Rom, Jacques Villeglé. Catalogue<br />
raisonné.<br />
2003. Expositions personnelles à: Poitiers, Musée Sainte-Croix,<br />
Alphabet socio-politique; Vannes, Musée de la Cohue; Paris, Galerie<br />
Georges-Philippe & Nathalie Vallois, troisième exposition thématique,<br />
Sans lettre ni figure 1951-1968, préfacée par Hans Ulrich<br />
Obrist et Robert Fleck.<br />
L’Atelier d’Aquitaine est invité par le Gobiemo de la Ciudad de Buenos<br />
Aires à intervenir au Centro Cultural Recoleta en février.<br />
2004. Réalisation de deux tapisseries par les ateliers André Magnat à<br />
Aubusson et Pinton à Felletin, destinées aux musées de Cognac.<br />
2005. La traversée Urbi & Orbi, Transéditions, Paris.<br />
Expositions personnelles à: Orchies, Maison de la Chicorée; Genève,<br />
Galerie Sonia Zannettacci; Metz, Arsenal; Paris, quatrième exposition<br />
thématique, Politiques 1957-1991, préfacée par Nicolas Bourriaud, à<br />
la Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois.<br />
2006. Expositions personnelles à: San Francisco, Modernism; Chicago,<br />
Alan Koppel Gallery; Quimper, Le Quartier; Knokke-le-Zoute<br />
et Art Cologne, Guy Pieters Gallery; Milan, <strong>Galleria</strong> Tonelli; Monaco,<br />
Incognito; Valence, City Museum.<br />
2007. Expositions personnelles à: Paris, Galerie Georges-Philippe &<br />
Nathalie Vallois, cinquième exposition thématique, La lettre lacérée;<br />
Padoue, Vecchiato New Art Gallery; Art Paris, Guy Pieters Gallery;<br />
Luxembourg, Galerie Lucien Schweitzer; Hanovre, Stiftung Ahlers<br />
Pro <strong>Arte</strong> / Kestner Pro <strong>Arte</strong>.<br />
Publication de deux monographies: l’une éditée par la Galerie Linda &<br />
Guy Pieters (biographie de Odile Felgine, preface di Arnaud Labelle-<br />
Rojoux); l’autre avec la préface de Kaira Cabañas, François Bon et<br />
Nicolas Bourriaud (Flammarion, dans la collection “La création<br />
contemporaine”).<br />
Rétrospective du nouveau réalisme (la décennie 1950-1960) au Grand<br />
Palais de Paris et au Sprengel Museum di Hanovre. Pour l’occasion<br />
sont réalisés un écritoire et une table basse par le verrier Gilles Chabrier<br />
et par le designer René Bouchara, exposés à Art Paris.<br />
2008. Rétrospective de Villeglé au Centre Pompidou de Paris et au<br />
Musée Départemental d’Art Ancien et Contemporain d’Epinal.<br />
Villeglé inaugure la <strong>Galleria</strong> <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong> de Brescia et participe<br />
à la Biennale de Gwangju (Corée).<br />
Expositions à Istanbul (Pera Museum), Genève (Galerie Sonia Zannettacci),<br />
Chicago (Alan Koppel Gallery), San Francisco (Modernism),<br />
Nice (Bibliothèque Louis-Nucéra).<br />
Le Conseil Général des Vosges commande à Villeglé un Mémorial<br />
socio-politique en acier Corten de 15 x 2 mètres pour le jardin du<br />
musée.<br />
Publication d’une monographie de Gérard Durozoi (Hazan, Paris) et<br />
de deux interwievs: l’une di Marion Chanson (Thalia, Ennery); l’autre<br />
de Didier Dauphin (Bookstorming, Paris).<br />
2009. En octobre, Villeglé est l’invité d’honneur de la Médiathèque<br />
du Centre Culturel Saint-Louis-de-France à Rome. L’artiste réalise<br />
une fresque socio-politique le jour de l’inauguration. A cette occasion<br />
la <strong>Galleria</strong> Mucciaccia de Rome consacre à l’artiste une rétrospective<br />
dont la commissaire est Dominique Stella.<br />
2010. En avril installation d’un alphabet socio-politique en bas-relief<br />
de 3,5 x 3,5 mètres dans la cour de l’Ecole des Arts Plastiques de Châtellerault.<br />
Exposition à MiArt, avec <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong>; la Galerie<br />
Georges-Philippe & Nathalie Vallois présente la sixième exposition<br />
thématique, La peinture dans la non-peinture. Œuvres de Villeglé dans<br />
l’exposition inaugurale du Centre Pompidou à Metz, Chefs-d’œuvre?,<br />
et dans l’accrochage inaugural du LaM à Villeneuve-d’Ascq.<br />
2011. Expositions à Londres, Alexia Goethe Gallery et Stuart Shave<br />
Modern Art; à Casablanca et Marrakech, Matisse Art Gallery; à San<br />
Francisco, Modernism; à Vicence, Yvonne <strong>Arte</strong> Contemporanea; à<br />
Chiari (Brescia), <strong>Galleria</strong> l’Incontro.<br />
Villeglé travaille sur différents projets de meubles et sculptures.<br />
174
Bibliografia selezionata<br />
Bibliographie sélective<br />
Testi di Jacques Villeglé / Textes de Jacques Villeglé<br />
Hepérile éclaté, avec la collaboration de Camille Bryen et Raymond<br />
Hains, Lutetia, Paris, 1953.<br />
Des réalités collectives, in “Grâmmes - Revue Ultra-lettriste”, n° 2,<br />
Paris, 1958.<br />
Villeglé présente, de Mathieu à Mahé, Galerie Jacqueline Ranson,<br />
Paris, 1967.<br />
L’affiche lacérée: ses successives immixtions dans les arts, in “Leonardo”,<br />
n° 1, Oxford-New York, 1969.<br />
Le flâneur aux palissades de la manifestation spontanée, in “VH 101”,<br />
n° 3, Paris, 1970.<br />
Om det överlagda valet, in cat. Villeglé. Rétrospective 1949-1971 (préface<br />
de Otto Hahn), 1971.<br />
Anonymer Abriss, in cat. Villeglé. Rétrospective 1949-1972 (textes de<br />
Otto Hahn, Pierre Restany, Paul Wember), Museum Haus<br />
Lange, Krefeld, 1971.<br />
Baader, in “Apeïros”, n° 6, Vaduz, 1974.<br />
Les boulevards de la création, in “Apeïros”, n° 8, Vaduz, 1974.<br />
Les volantes du ravisseur, in “Daily Bull”, n° 42, La Louvière, 1974.<br />
Aspetti del Dada tedesco: Baader, in “Alfabeta”, n° 2, Milano, 1975.<br />
Lacéré Anonyme, CNAC Centre Georges Pompidou, Paris, 1977.<br />
Eclatement Lacération Graffiti, in cat. Dufrêne et Villeglé, Centre<br />
Noroît, Arras, 1980.<br />
Commémoration de la loi du 29 juillet 1881, Galerie Mathias Fels,<br />
Paris, 1981.<br />
L’innocence du choix, in cat. Les nouveaux réalistes, Galerie d’Art<br />
Contemporain des Musées de Nice, Nice, 1981.<br />
Le retour de l’Hourloupe, Maison de la Culture, Rennes, 1985.<br />
De la manifestation spontanée, in “Pleine Marge”, n° 3, Paris, 1986.<br />
Urbi & Orbi, W, Mâcon, 1986.<br />
Décollage / Décollage assisté, in “Canal”, n° 3, Levallois-Perret, 1987.<br />
Quand la comtesse tation prend le métro, in “Lotta Poetica”, n° 2,<br />
Genova, 1987.<br />
Catalogue thématique des affiches lacérées. La peinture dans la non<br />
peinture, vol. I (textes de Claude Fournet, Françoise-Julie Piriou),<br />
Marval, Paris, 1988.<br />
Amalgame, Amalgame, Galerie du Génie, Paris, 1988.<br />
Catalogue thématique des affiches lacérées. Graffiti politiques, vol. II<br />
(préface de Françoise-Julie Piriou), Marval, Paris, 1989.<br />
Catalogue thématique des affiches lacérées. La lettre lacérée, vol. III-<br />
IV (textes de Daniel Abadie, Michel Giroud), Marval, Paris,<br />
1990.<br />
Catalogue thématique des affiches lacérées. Transparences, vol. X (préface<br />
de Philippe Piguet), Marval, Paris, 1990.<br />
Artistes les mots pour le faire (dir. par Alain Jouffroy et Yves Hélias),<br />
in “Cahiers du Renard”, n° 3, Paris, 1990.<br />
Ad Hoc Ad Hocratie Ad Hocisme, in “Ad Hoc”, n° 5, Bordeaux, 1990.<br />
Décentralisation, Alain Buyse, Lille, 1991.<br />
Décollage, in cat. L’amour de l’art, Biennale d’Art Contemporain de<br />
Lyon, Lyon, 1991.<br />
L’hypermnésie créative (dir. par Régis Debray), in La France à l’Exposition<br />
universelle de Séville. Facettes d’une nation, Flammarion,<br />
Paris, 1992.<br />
Une activité papéristique et pusiéreuse, in Le collage - Art du XX e siècle<br />
(préface de Françoise Monnin), Fleurus - Idées, Paris, 1993.<br />
A la croisée des écritures, in cat. Et tous ils changent le monde, II Biennale<br />
d’Art Contemporain de Lyon, Lyon, 1993.<br />
L’épigraphie contestataire / Anti-establishment epigraphy, Editions 23,<br />
Caen, 1994.<br />
Interview de Michel Giroud, in cat. Hors limites. L’art et la vie 1952-<br />
1994, Centre Georges Pompidou, Paris, 1994.<br />
Un homme sans métier, Jannink, Paris, 1995.<br />
C’est le début du nouveau réalisme, in cat. Raymond Hains, les 3 quartiers,<br />
Fondation Cartier pour l’Art Contemporain, Paris, 1995.<br />
Une épigraphie sauvage, in “Rémanences”, n° 6, Bédarieux, 1996.<br />
Catalogue thématique des affiches lacérées. Placards de journaux - Mai<br />
68, vol. XIX (préface de Alain Jouffroy), Marval, Paris, 1996.<br />
Carrefour politique, Vers les Arts (traduction en anglais), Calignac,<br />
1997.<br />
Cheminements 1943-1959, Jean-Pierre Huguet (“Les Sept Collines”),<br />
Saint-Julien-Molin-Molette, 1999.<br />
Grandes et petites manœuvres, in cat. Micropolitiques, Le Magasin,<br />
Centre National d’Art Contemporain, Grenoble, 2000.<br />
Catalogue, or Constitutive Ambiguity, in cat. Jacques Villeglé - Works<br />
from 1955-1991, Mayor Gallery, London, 2001.<br />
Dada et moi, in “Cahiers du Musée National d’Art Moderne”, n° 85,<br />
Paris, 2001.<br />
Catalogue thématique. Sans lettre, sans figure, Ides et Calendes, Neuchâtel,<br />
2004.<br />
La traversée Urbi & Orbi, Transédition, Paris, 2005.<br />
Baader, in Dada circuit total, L’Age d’Homme (“Dossiers H”),<br />
Paris, 2005.<br />
Urbi & Orbi - Zur Kunst des Plakatabrisses, Nautilus, Hamburg,<br />
2007.<br />
Catalogue thématique -Villeglé politique (texte de Laurence Bertrand-<br />
Dorléac), Ides et Calendes, Neuchâtel, 2008.<br />
Interviste a Jacques Villeglé / Interviews à Jacques Villeglé<br />
Alain Jouffroy, L’expérience, in “Mise en Page”, Paris, mai 1972.<br />
Théo Barbu, Interview with Villeglé, Leading “Nouveau Réaliste”, in<br />
“Artspeak”, New York, 1 June 1988.<br />
Luc Vezin, Les lacérations anonymes, in “Beaux-Arts Magazine”, n° 60,<br />
Levallois-Perret, 1988.<br />
M. Flégeau, C. Lerestif (dir. par Jean-Marc Poinsot), Les forfaits de<br />
Jacques Villeglé, in Le déjà là la création artistique, Galerie d’Art et<br />
Essai, Rennes, 1989.<br />
Bernard Goy, in “Journal of Contemporary Art”, n° 1, New York,<br />
1991.<br />
Eddy Devolder, in “+/O”, n° 75, Bruxelles, 1992.<br />
Geneviève Nevejan, Jacques Villeglé, in “B.L.”, n° 2, Saumur, 1996.<br />
Annette Ferrara, in cat. Alan Koppel Gallery, Chicago, 1998.<br />
Portrait, in “Lettre d’Information - Ministère de la Culture et de la<br />
Communication”, Paris, 2 juin 1999.<br />
Laurence Pythoud, Jacques Villeglé: “L’affiche c’est comme une jungle”,<br />
in “Le Temps”, Genève, 22 juin 1999.<br />
Dominique Truco, Le génie du carrefour, in “L’Actualité Poitou-Charentes”,<br />
Poitiers, juillet-août-septembre 1999.<br />
Dominique Truco, Les rockers me décomplexent, in cat. Le grand mix,<br />
Le Comfort Moderne, Poitiers, 1999.<br />
175
Yves et Michèle Di Folco, L’interview, in cat. Villeglé Techno Rapt,<br />
Vers Les Arts, Calignac, 1999.<br />
Denis-Laurent Bouyer, Yves Brochard, Jacques Villeglé: les slogans<br />
deviennent illisibles, in “Sans Titre”, n° 50, Lille, 2000.<br />
Catherine Francblin, in cat. Jacques Villeglé - Images - Affiches lacérées<br />
1958-1991, Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois,<br />
Paris, 2001.<br />
Arnaud Labelle-Rojoux, Jean-Luc Poivret, Rencontre avec un enchanteur,<br />
in “Fusées”, n° 5, Auvers-sur-Oise, 2002.<br />
Yan Ciret, Lacéré anonyme par Jacques Villeglé, in cat. Après la fin de<br />
l’art - 1945-2003, Musée d’Art Moderne, Saint-Etienne, 2003.<br />
Alberte Grynpas Nguyen, Releveur de traces de civilisation, in“Artpress”,<br />
n° 308, Paris, 2005.<br />
Pierre-Evariste Douaire, in “Paris-Art.com”, 8 novembre 2005.<br />
Roxana Azimi, in “Le Journal des Arts”, Paris, 17 février - 2 mars<br />
2006.<br />
Dominique Stella, in Il décollage di un grande maestro, Shin Factory,<br />
Brescia, 2007.<br />
Odile Felgine, Petit vocabulaire de Jacques Villeglé, in 1947-2008. De<br />
la transgression à la collection, itinéraire d’une œuvre, Musée Départemental<br />
d’Art Ancien et Contemporain, Épinal, 2008.<br />
Didier Dauphin, Jacques Villeglé ou l’éclatement régénérant des signes,<br />
Archibooks (“Collection Voix”), Paris, 2008.<br />
Marion Chanson, L’atelier de Jacques Villeglé, Thalia, Paris, 2008.<br />
Altre pubblicazioni / Autres publications<br />
Harriet Janis, Rudi Blesh, Collages, personnalités, concepts, techniques,<br />
Chilton Company, Philadelphia-New York, 1962.<br />
Alain Jouffroy, Une révolution du regard, Gallimard, Paris, 1964.<br />
Mario Amaya, Pop as Art a Survey of the New Super-Realism, Studio<br />
Vista, London, 1965.<br />
Will Grohmann, Art of Our Time, Painting and Sculpture throughout<br />
the World, Thames and Hudson, London, 1966.<br />
François Pluchart, Du cubisme à l’abstraction réaliste, Presses Continentales,<br />
Paris, 1967.<br />
Herta Wescher, Der Collage, Dumont, Köln, 1968.<br />
Pierre Restany, Les nouveaux réalistes, Planète/Denoël, Paris, 1968.<br />
Depuis 1945: l’art de notre temps - III, La Connaissance, Bruxelles,<br />
1970.<br />
François Pluchart, Pop art & Cie - 1960-1970, Martin Malburet,<br />
Paris, 1972.<br />
Pierre Restany, Nuovo realismo, Giampaolo Prearo, Milano, 1973.<br />
Alain Jouffroy, Les prévoyants, La Connaissance, Bruxelles, 1974.<br />
Dictionnaire universel de la peinture, Le Robert, Paris, 1975.<br />
José Pierre, Dictionnaire du pop art, Fernand Hazan, Paris, 1975.<br />
Westfälisches Landesmuseum für Kunst und Kulturgeschichte, Bestands<br />
Katalog Sammlung Cremer, Münster, 1976.<br />
Pierre Restany, Le nouveau réalisme, UGE (coll. 10/18), Paris, 1978.<br />
Henri Chopin, Poésie sonore internationale, Jean-Michel Place,<br />
Paris, 1978.<br />
Colin Naylors, Gensis Porridge, Contemporary Artists, London-New<br />
York, 1978.<br />
Joseph-Emile Muller, Frank Elgar, 100 ans de peinture, Hazan,<br />
Paris, 1979.<br />
Harold Osborne (ed.), The Oxford Companion to Twentieth-Century<br />
Art, Oxford University Press, Oxford-New York-Toronto-Melbourne,<br />
1981.<br />
Karin Thomas, Gerd de Vries, DuMonts Künstler-Lexikon: von 1945<br />
bis zur Gegenwart, Dumont, Köln, 1981.<br />
Dominique Noguez, 30 ans de cinéma expérimental en France (1950-<br />
1980), ACERF, Paris, 1982.<br />
Benjamin H. D. Buchloh, Formalisme et historicité - Autoritarisme et<br />
régression. Deux essais sur la production artistique dans l’Europe<br />
contemporaine (traduction d’un texte publié à Chicago en 1977),<br />
Territoires, Paris, 1982.<br />
Pierre Restany, Klein, Le Chêne, Paris, 1982.<br />
E. Trichon-Milsani et al., Au Musée National d’Art Moderne - Centre<br />
Georges Pompidou, Hazan, Paris.<br />
Les années 60 d’Anne Bony, Editions du Regard, Paris, 1983.<br />
Dr. P. Stepan, Die Deutschen Museum, Westermann, München, 1983.<br />
Jean-François Bory et Jacques Donguy, Journal de l’art actuel 1960-<br />
1985, Ides et Calendes, Neuchâtel, 1986.<br />
Daniel Abadie, 25 ans d’art vivant en France, 1960-1985, Larousse,<br />
Paris, 1986.<br />
Bernard Lamarche-Vadel, Qu’est-ce que l’art français?, CRAC Midi-<br />
Pyrénées / La Différence, Labège Innopole, 1986.<br />
L’art en Europe. Les années décisives, 1945-1953, Skira / Musée d’Art<br />
Moderne de Saint-Etienne, Paris, 1987.<br />
Colin Naylor, Contemporary Artists, Saint-James Press, Chicago-London,<br />
1989.<br />
Gilbert Lascaut, “Vers une esthétique du visible”, in L’univers philosophique<br />
(dir. par André Jacob), PUF, Paris, 1989.<br />
Robert Atkins, Petit lexique de l’art contemporain, Abbeville Press, New<br />
York, 1990.<br />
Marco Livingstone, Pop Art. A Continuing History, Abrams, New<br />
York, 1990.<br />
Marco Livingstone, Le pop art, Hazan, Paris, 1990.<br />
Gottlieb Leinz, La peinture au XX e siècle, Belfont, Paris, 1990.<br />
Bernard Lamarche-Vadel, Villeglé, La présentation en jugement, Marval-Fanny<br />
Guillon-Laffaille, Paris, 1990.<br />
Roberto Ohrt, Phantom Avantgarde, Nautilus - Galerie Van de Loo,<br />
Hamburg, 1990.<br />
Philippe Piguet, François Poivret, Jacques Villeglé, Jean-Luc Poivret,<br />
Paris, 1990.<br />
Jean-Marc Poinsot, L’atelier sans mur. Textes 1978-1990, Art, Villeurbanne,<br />
1991.<br />
Chroniques niçoises. Genèse d’un musée, tome 1: 1945-1972, Musée<br />
d’Art Moderne et d’Art Contemporain, Nice, 1991.<br />
Lucio Felici (dir.), Encyclopédie de l’art, Librairie Générale Française,<br />
Paris, 1991.<br />
Nadine Coleno, Karine Marinacce, Petite tache au pays des affichistes,<br />
du Regard, Paris, 1991.<br />
Laurent Gervereau, La propagande par l’affiche, Syros / Alternatives,<br />
Paris, 1991.<br />
Jean-Philippe Breuille (dir.), L’art du XX e siècle, Dictionnaire de peinture<br />
et de sculpture, Larousse, Paris, 1991.<br />
Bernhard Kerber, Bestände Onnasch, Berlin-Bremen, 1992.<br />
Gérard Durozoi (dir.), Dictionnaire de l’art moderne et contemporain,<br />
Hazan, Paris, 1992.<br />
176
Pierre Osenat, La Peinture reflet de son temps, Peinture française de<br />
1800 à nos jours, Grassin, Paris, 1992.<br />
Benjamin Buchloh, Essais Historiques II, Art contemporain, Art,<br />
Paris, 1992.<br />
Marco Livingstone, Pop Art, Prestel-Verlag, München, 1992.<br />
Trois temps - trois mouvements, Pays de Loire/CNDP, Nantes, 1993.<br />
Daniel Gourdon, Le nouveau réalisme - du groupe au mouvement?,<br />
Université de Paris I, Paris, 1993.<br />
Daniel Gourdon, Les transparentes contradictions de Villeglé, Université<br />
de Paris I, Paris, 1993.<br />
Daniel Gourdon, Les prémisses du nouveau réalisme vues à travers la<br />
presse française et étrangère de 1956 à 1959, Université de Paris I,<br />
Paris, 1993.<br />
Alain Bonfand, L’Art en France 1945-1960, Nouvelles Editions<br />
Françaises, Paris, 1995.<br />
Hannah Weitemeir, Yves Klein 1928-1962 - International Klein Blue,<br />
Taschen, Köln, 1995.<br />
Yves Mabin, Jean-Louis Andral, Alain Cueff, Art contemporain en<br />
France, Ministère des Affaires Etrangères, Paris, 1996.<br />
Kunst des 20. Jahrunderts, Museum Ludwig Köln, Taschen, Köln,<br />
1996.<br />
Pascale Le Thorel-Daviot, Petit dictionnaire des artistes contemporains,<br />
Bordas, Paris, 1996.<br />
Catherine Francblin, Les nouveaux réalistes, du Regard, Paris, 1997.<br />
Jean-Yves Bosseur, Vocabulaire des arts du XX e siècle, Minerve Editions,<br />
Paris, 1998.<br />
Philippe Dagen, L’art français du XX e siècle, Flammarion, Paris,<br />
1998.<br />
Jean-Marc Poinsot, Quand l’œuvre a lieu, Art Eliton, MAMCO -<br />
Institut d’Art Contemporain, Genève, 1999.<br />
Hervé Gauville, L’art depuis 1945 - groupes et mouvements, Hazan,<br />
Paris, 1999.<br />
Dominique Serre-Floersheim, Les courants littéraires et artistiques II<br />
- Epoque contemporaine. De l’image au texte, Delagrave, Paris,<br />
1999.<br />
Laurent Gervereau, Un siècle de manipulations par l’image, Somogy,<br />
Paris, 2000.<br />
Pierre Grassi, Walker Evans & Company, Museum of Modern Art,<br />
New York, 2000.<br />
Odile Felgine, Jacques Villeglé, Ides et Calendes, Neuchâtel, 2001.<br />
Art contemporain. Un choix de 200 œuvres du Fonds national d’art<br />
contemporain (1985-1999), du Chêne, Paris, 2001.<br />
Laurence Bertrand Dorléac, L’ordre sauvage, Gallimard (“Art et<br />
Artistes”), Paris, 2004.<br />
Arnaud Labelle-Rojoux, L’Acte pour l’art, Al Dante/&, Romainville,<br />
2004.<br />
Brandon Taylor, Collage: The Making of Modern Art, Thames &<br />
Hudson, London, 2004.<br />
Michel Nuridsany, 100 Chefs-d’œuvre le la peinture, Flammarion,<br />
Paris, 2006.<br />
François Bon, Nicolas Bourriaud, Kaira Cabañas, Jacques Villeglé,<br />
Flammarion, Paris, 2007.<br />
Odile Felgine, Jacques Villeglé (préface d’Arnaud Labelle-Rojoux),<br />
Linda & Guy Pieters, Sint-Martens-Latem, 2007.<br />
Gérard Durozoi, Jacques Villeglé, Hazan, Paris, 2008.<br />
Cataloghi e prefazioni / Catalogues et préfaces<br />
Jean-Philippe Talbo, De la lacération considérée…, Galerie Colette<br />
Allendy, Paris, 1957.<br />
Pierre Restany, Arman, Dufrêne, Hains, Yves le Monochrome, Villeglé,<br />
Tinguely - Le nouveau réalisme, <strong>Galleria</strong> Apollinaire, Milano,<br />
1960.<br />
Pierre Restany, Villeglé, Galerie J, Paris, 1963.<br />
Sammlung S. Cremer. Europäische Avant-garde 50-70, Kunsthalle,<br />
Tübingen, 1973.<br />
Pierre Restany, Villeglé témoin de son temps, Galerie Beaubourg,<br />
Paris, 1974.<br />
Paris-New-York-Paris (texte d’Alfred Pacquement: De l’abstrait à<br />
l’objet, 1955-1960 nouveau réalisme et pop art), Musée National<br />
d’Art Moderne - Centre Georges Pompidou, Paris, 1977.<br />
Otto Hahn, Villeglé ravisseur ravi de la réalité, <strong>Moderna</strong> Museet,<br />
Stockholm, 1977.<br />
Pierre Restany, Villeglé testimone del nostro tempo, Studio Sant’Andrea,<br />
Milano, 1979.<br />
Jacqueline Chenieux, Villeglé lacérateur lacéré et Françoise-Julie<br />
Piriou, Les dessous des apparences, Chapelle du CRDP, Poitiers,<br />
1989.<br />
La France en guerre d’Algérie (texte de Laurence Bertrand-Dorléac,<br />
La France déchirée. Hains et Villeglé), Musée d’Histoire Contemporaine<br />
- BDIC, Paris, 1982.<br />
La ville. Art et architecture en Europe 1870-1993, Centre Georges<br />
Pompidou, Paris, 1994.<br />
Magie der Zahl, Staatsgalerie, Stuttgart, 1997.<br />
Zero und Paris 1960. Und Heute, Villa Merkel, Esslingen, 1997.<br />
Nouveaux réalistes. Anni ’60 (testo di Pierre Restany), Mazzotta,<br />
Milano, 1997.<br />
De Klein à Warhol, Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain,<br />
Nice, 1997.<br />
Décollages 1950-1998 (text by Simon Anderson), Alan Koppel Gallery,<br />
Chicago, 1998.<br />
Mots 1949-1996 (texte de Catherine Millet), Galerie Georges-<br />
Philippe & Nathalie Vallois, Paris, 1999.<br />
Le grand mix (texte de François Dagognet, Alain Jouffroy, Pierre<br />
Restany), Le Confort Moderne, Poitiers, 1999.<br />
La peinture après l’abstraction 1955-1975 (texte de Benjamin H.<br />
Buchloh), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Paris, 1999.<br />
Villeglé Techno Rapt (texte de Dominique Dussol), Vers Les Arts,<br />
Calignac, 1999.<br />
Jan Hoet et al., The Collection, Ludion, Gand-Amsterdam, 1999.<br />
Nouveau réalisme, The Mayor Gallery, London, 2000.<br />
Dans la rue - Jacques Villeglé & Pierre Henry, Cité de la Musique,<br />
Paris, 2000.<br />
Philippe Piguet, Jacques Villeglé - Luxembourg, Galerie Lucien<br />
Schweitzer, Luxembourg, 2000.<br />
La mémoire insoluble de Jacques Villeglé, Vers les Arts, Calignac,<br />
2000.<br />
Un siècle d’arpenteurs: les figures de la marche, Réunion des Musées<br />
Nationaux, Paris, 2000.<br />
Les années pop, Centre Georges Pompidou, Paris, 2001.<br />
Jacques Villeglé. Images (texte de Catherine Francblin), Galerie<br />
Georges-Philippe & Nathalie Vallois, Paris, 2001.<br />
177
As Painting: Division and Displacement, Warner Center, Columbus<br />
(USA), 2001.<br />
Vom Expressionismus zur Gegenwart, Verlag Christian Brandstätter,<br />
Wien-München, 2001.<br />
Paris - Capital of the Arts 1900-1968, Royal Academy of Arts, London,<br />
2002.<br />
Alphabet socio-politique. Jacques Villeglé (texte d’Arnaud Labelle-<br />
Rojoux), Musée Sainte-Croix, Poitiers, 2003.<br />
Jacques Villeglé. Sans lettre, sans figure (entretien avec Hans Ulrich<br />
Obrist et Robert Fleck), Galerie Georges-Philippe & Nathalie<br />
Vallois, Paris, 2003.<br />
Modern Means, The Museum of Modern Art, New York, 2004.<br />
Acte 1. Pour un nouveau musée, de la Martinière, Paris, 2004.<br />
Modernism - Twenty-Five Years: 1979-2004, Modernism Inc., San<br />
Francisco, 2004.<br />
Après la fin de l’art - 1945-2003, Musée d’Art Moderne, Saint-<br />
Etienne, 2004.<br />
Drawing from the Modern 1945-1975, The Museum of Modern Art,<br />
New York, 2004.<br />
Jacques Villeglé. Politiques (texte de Nicolas Bourriaud), Galerie<br />
Georges-Philippe & Nathalie Vallois, Paris, 2005.<br />
Les affichistes, <strong>Galleria</strong> del Credito Valtellinese, Milano (a cura di<br />
Dominique Stella), 2006.<br />
Jacques Villeglé: Il décollage di un grande maestro (testo e intervista di<br />
Dominique Stella), Shin Factory, Brescia, <strong>Galleria</strong> Dante Vecchiato,<br />
Padova, 2007.<br />
Nouveau réalisme, Grand Palais, Paris - Sprengel Museum, Hannover,<br />
2007.<br />
1947-2008 De la transgression à la collection, itinéraire d’une œuvre<br />
(textes de Gilbert Lascault, Christophe Domino, Yves Sabourin<br />
et Anne-Lise Quesnel), Musée Départemental d’Art Ancien et<br />
Contemporain, Epinal, 2008.<br />
La comédie urbaine (textes de Laurence Bertrand-Dorléac, Catherine<br />
Francblin, Arnaud Labelle-Rojoux, Fanny Schulmann, Sophie<br />
Duplaix, Roxane Jubert), MNAM - Musée National d’Art<br />
Moderne - Centre Georges Pompidou, Paris, 2008.<br />
Jacques Villeglé. Retrospettiva - Rétrospective (testi di Dominique Stella,<br />
Alain Jouffroy e Gianluca Ranzi), <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong>,<br />
Brescia, 2008.<br />
Jacques Villeglé. Vacanze romane (testi di Dominique Stella e Laurence<br />
Bertrand-Dorléac), <strong>Galleria</strong> Massimiliano Mucciaccia, Roma, 2009.<br />
Chefs-d’œuvre?, Centre Pompidou-Metz, Metz, 2010.<br />
La peinture dans la non-peinture. Affiches lacérées 1964-1993 (texte<br />
de Bernard Blistène), Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois,<br />
Paris, 2010. Opere grandi. Grandi opere (a cura di Dominique<br />
Stella), <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong>, Brescia, 2010.<br />
Nuevos realismos 1957-1962. Estrategias del objeto, entre ready-made y<br />
espectáculo (dir. Julia Robinson), Museo Nacional Centro de <strong>Arte</strong><br />
Reina Sofía - MIT Press, Madrid-Cambridge-London, 2010.<br />
La mémoire insoluble de Jacques Villeglé (texte de Dominique Dussol),<br />
La Vie au Martéret, Calignac, 2010.<br />
Jacques Villeglé. Opere dagli anni ’60 ai 2000 (testo di Dominique<br />
Stella), Yvonne <strong>Arte</strong> Contemporanea, Vicenza, 2011.<br />
Jacques Villeglé (testo di Dominique Stella), <strong>Galleria</strong> d’<strong>Arte</strong> L’Incontro,<br />
Chiari, 2011.<br />
Articoli (selezione) / Articles (sélection)<br />
Edmond Humeau, Le lyrisme des murs, in “Combat”, Paris, 5 juin<br />
1957.<br />
Claude Rivière, Proposition d’avant-garde, in “Combat”, Paris, 16<br />
julliet 1959.<br />
Jean Grenier, Les originaux, in “Preuves”, Paris, octobre 1961.<br />
William C. Seitz, Assemblage: Problems and Issues, in “Art International”,<br />
Lugano, February 1962.<br />
François Pluchart, Villeglé, collectionneur du lyrisme anonyme, in<br />
“Combat”, Paris, 20 février 1967.<br />
Bernhard Kerber, Szene Rhein-Ruhr, in “Art International”, Lugano,<br />
1973.<br />
Pierre Restany, Villeglé témoin de notre temps, in “Apeïros”, Vaduz,<br />
printemps 1974.<br />
Alain Jouffroy, alias Jean-Baptiste Lebrun, Les affichistes de la rage à<br />
la froideur, in “XX e Siècle”, Paris, décembre 1975.<br />
Raoul-Jean Moulin, Les images déchiquetées de Villeglé, in “L’Humanité”,<br />
Paris, 27 février 1980.<br />
Yannick Miloux, Villeglé, in “Art Press”, Paris, juin 1985.<br />
Philippe Piguet, Jacques Villeglé collectionneur, in “Art Press”, Paris,<br />
octobre 1988.<br />
Roberta Smith, Jacques Villeglé, in “The New York Times”, New<br />
York, 29 September 1989.<br />
Christopher Philipps, When Poetry Devours the Walls, in “Art in<br />
America”, New York, February 1990.<br />
Jerry Talmer, Putting It All Together, in “New York Post - Weekend”,<br />
New York, 19 October 1990.<br />
Alan J. Hanson, Affichistes, in “Contemporanea”, January 1991,<br />
New York.<br />
Gérard Durozoi, Jacques Villeglé, in “Canal”, Paris, février-mars<br />
1991.<br />
Benjamin H. D. Buchloh, From Detail to Fragment: Décollage Affichiste,<br />
in “October”, Cambridge (Usa), spring 1991.<br />
Catherine Grout, Les ravisseurs de la beauté moderne, in “Artstudio”,<br />
Paris, hiver 1991.<br />
Bert Steevensz, Na de boodschap rest schoonheid, in “Franse Kunst”,<br />
Paris, mars-avril 1994.<br />
Michel Nuridsany, Villeglé, ou la force des choses, in “Le Figaro/L’Au -<br />
rore”, Paris, 31 décembre 1996.<br />
Françoise Monnin, Villeglé défense d’afficher, in “Muséart”, Paris,<br />
janvier 1997.<br />
Emmanuelle Lequeux, Jacques Villeglé plaide non coupable, in “Le<br />
Monde - Supplément Aden”, Paris, 10-16 mars 1999.<br />
Dominique Dussol, Villeglé à Nérac, in “Le Festin”, n° 29, Bordeaux,<br />
février 1999.<br />
Michel Nuridsany, Les déchirements de Villeglé, in “Le Figaro”, Paris,<br />
30 mars 1999.<br />
Graham Sanford, Jacques Villeglé, in “New Art Examiner”, vol. 26,<br />
n° 6, Chicago, March 1999.<br />
Michael Kimmelman, Jacques Villeglé, in “The New York Times”,<br />
New York, 24 September 1999.<br />
Dominique Dussol, Le Rapt de Villeglé, in “Le Festin”, Bordeaux,<br />
automne 1999.<br />
Bowyer Bell, Jacques Villeglé - Fifty Years of Décollages, in “Review”,<br />
Kansas City (Missouri, Usa), 1 October 1999.<br />
178
Jacques Villeglé, Roberto<br />
<strong>Agnellini</strong>, Dominique Stella,<br />
Rue Chapon, Paris, 2008<br />
Photo Katrin Baumann<br />
Yve-Alain Bois, La peinture après l’abstraction, in “Artforum”, New<br />
York, December 1999.<br />
Benjamin H. D. Buchloh, Hantaï, Villeglé, and the Dialectics of Painting’s<br />
Dispersal, in “October”, Cambridge (Usa), Winter 2000.<br />
Villeglé interrompt ses décollages, in “Beaux-Arts Magazine”, Paris,<br />
mars 2001.<br />
L’art ça déchire, in “Beaux-Arts Magazine” (n° spécial “L’art à<br />
l’école”), Paris, octobre 2001.<br />
Philippe Piguet, Jacques Villeglé toujours prêt à décoller, in “L’Œil”,<br />
Paris, avril 2006.<br />
Jean-Marc Huitorel, Deux ou trois choses que je sais de Villeglé / Two<br />
or Three Things I know About Villeglé, in “Artpress 2”, Paris,<br />
février-avril 2007.<br />
Anne-Lise Quesnel, Jacques Villeglé et l’atelier d’Hepérile éclaté, in “Les<br />
Cahiers du Musée national d’art moderne”, Paris, automne 2008.<br />
“Beaux-Arts”, “Cimaises”, “Art-Presse”, “Madame Figaro” dedicano<br />
importanti articoli a Villeglé in occasione della sua retrospettiva<br />
al Centre Pompidou / consacrent d’importants articles à Villeglé<br />
à l’occasion de son exposition au Centre Pompidou, Paris, 2008.<br />
Tom McDonough, Authorial Intervention, in “Artforum”, New York,<br />
March 2009.<br />
Marion Daniel, Les graphies sociopolitiques de Jacques Villeglé, in<br />
“Artistes ou lettrés?”, Montreuil-sous-bois, juin 2009.<br />
Green economy, in “Alfabeta2”, Milano, dicembre 2010.<br />
Alphabet socio-politique, entretien avec Odile Felgine, in “Fusées”,<br />
n° 19, Auvers-sur-Oise, avril 2011.<br />
Contribution à l’histoire des nouveaux réalistes, entretien avec Odile<br />
Felgine, in “Lunapark”, n° 6, Paris, printemps 2011.<br />
179
Finito di stampare nel mese di gennaio 2012<br />
presso Tipografia Camuna S.p.A. - Breno/Brescia<br />
stabilimento di Brescia<br />
Pubblicazione stampata con assenza di esalazioni alcooliche<br />
Sistema Cesius ® brevetto Philip Borman Italia