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Lettere e frammenti - Galleria Agnellini Arte Moderna

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Jacques<br />

Villeglé<br />

<strong>Lettere</strong> e <strong>frammenti</strong>


Jacques Villeglé


Jacques<br />

Villeglé<br />

<strong>Lettere</strong> e <strong>frammenti</strong>


Jacques Villeglé<br />

<strong>Lettere</strong> e <strong>frammenti</strong><br />

Centro Culturale Altinate / San Gaetano<br />

Padova, 27 gennaio - 11 marzo 2012<br />

Mostra promossa da / Exposition promue par<br />

Comune di Padova<br />

Assessorato alla Cultura<br />

in collaborazione con / avec la collaboration de<br />

<strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong><br />

CD Studio d’<strong>Arte</strong><br />

Direzione della mostra / Direction de l’exposition<br />

Mirella Cisotto Nalon<br />

Mostra e catalogo a cura di<br />

Exposition et catalogue sous la direction de<br />

Dominique Stella<br />

Roberto <strong>Agnellini</strong><br />

Carlo Silvestrin<br />

Giancarlo Patuzzi<br />

Coordinamento Ufficio Mostre<br />

Coordination Bureau d’Expositions<br />

Fiorenza Scarpa<br />

Segreteria organizzativa / Secrétariat de l’organisation<br />

Lucia Bertolin<br />

Francesca Maria Tedeschi<br />

Segreteria amministrativa / Secrétariat administratif<br />

Daniela Corsato, coordinamento<br />

Cinzia Bettin<br />

Loredana Fanton<br />

Franco Zanon<br />

Ufficio stampa / Bureau de presse<br />

Studio Lavia, Padova<br />

Spaini & Partners<br />

Comunicazione e promozione<br />

Communication et promotion<br />

Patrizia Cavinato<br />

Rocco Roselli<br />

Allestimento / Amenagement<br />

Squadra allestimenti Servizio Mostre<br />

Settore Attività Culturali, Padova<br />

Valter Spedicato, coordinamento<br />

Gianni Bernardi<br />

Antonio Breggion<br />

Luca Galtarossa<br />

Giancarlo Guglielmo<br />

Moreno Michielan<br />

Franco Paccagnella<br />

Silvano Perin<br />

Nazzareno Signoriello<br />

Claudio Spinello<br />

Progetto grafico / Conception graphique<br />

Fayçal Zaouali<br />

Redazione / Rédaction<br />

Monica Maroni<br />

Domenico Pertocoli<br />

Traduzioni / Traductions<br />

Silvia De Nicolai<br />

Ringraziamo / Nous remercions<br />

Directrice de l’Institut Français, Milano:<br />

Olga Poivre d’Avor<br />

Valérie Villeglé<br />

Armando Donati<br />

Roberto Pellizzari<br />

Gino Di Maggio<br />

Guy e Laurent Mazarguil<br />

Comune di Padova<br />

Assessorato alla Cultura<br />

Settore Attività Culturali<br />

Copertina / Couverture<br />

Boulevard de la Gare (particolare / détail), 1973<br />

Pagina 2 / Page 2<br />

Jacques Villeglé, Rue au Maire, Paris, 2008<br />

Photo Katrin Baumann<br />

Crediti dei testi / Droits des textes<br />

© Dominique Stella<br />

© Anne-Lise Quesnel<br />

© Gérard Xuriguera<br />

Crediti fotografici / Droits photographiques<br />

© Fabio Cattabiani<br />

© Altri fotografi / Autres photographes<br />

La mostra è stata realizzata con la partecipazione di<br />

L’exposition est réalisée avec le soutien de


L’appellativo di Città d’<strong>Arte</strong> è senza ombra di dubbio un onore per una città come Padova, una città<br />

al centro del Nord-Est operoso che da molti anni è guardato come modello da imitare in Italia ed all’estero,<br />

una città che ha saputo coniugare una prestigiosa Università con tante piccole e medie imprese che le hanno<br />

donato benessere e sviluppo senza stravolgere la sua identità, ma è anche una eredità pesante da sostenere<br />

soprattutto in momenti difficili come quelli che stiamo attraversando in questi anni.<br />

Essere una Città d’<strong>Arte</strong> vuol dire non solo vivere dei ricordi del passato ma proporre sempre nuove<br />

occasioni per i suoi cittadini e per il sempre crescente numero di turisti che la visitano.<br />

Per l’Amministrazione cittadina che da anni lavora con impegno per essere degna del titolo di Città d’<strong>Arte</strong>,<br />

l’occasione proposta di dedicare una Mostra ad uno dei più grandi artisti internazionali viventi non poteva<br />

che trovare totale condivisione.<br />

Nei nuovi spazi del Centro Culturale San Gaetano le opere di Jacques Villeglè potranno esprimere al<br />

meglio le loro potenzialità ed al Maestro che con tanta forza innovativa ha saputo attraversare il difficile<br />

secolo appena trascorso ed affacciarsi al nuovo millennio con immutata curiosità espressiva va il nostro<br />

ringraziamento.<br />

Villeglè, fin dagli anni ‘60, realizza un lavoro di “archeologia urbana “- dice Dominique Stella curatrice<br />

della mostra e di questo importante catalogo - ed anche il tema stesso scelto dall’Artista per questa<br />

esposizione “La lettera”, ideogramma di base della nostra scrittura, dimostra come il Maestro sia sempre<br />

stato attento ai mutamenti culturali e perciò sociologici che hanno caratterizzato il secolo appena trascorso<br />

e i Suoi segni socio – politici rappresentano la continuità della Sua ricerca fino ai nostri giorni.<br />

Siamo onorati che, dopo le Mostre personali che lo hanno visto protagonista nei più importanti Musei<br />

del mondo, Jacques Villeglè abbia scelto la nostra Città per questa Sua grande esposizione certificando<br />

in tal modo che il nostro costante lavoro ed impegno e la decisione di collaborare tra pubblico e privato<br />

nella realizzazione dei grandi eventi culturali vanno nella giusta direzione e la città tutta non potrà che<br />

trarne vantaggio.<br />

Andrea Colasio<br />

Assessore alla Cultura<br />

Flavio Zanonato<br />

Sindaco di Padova


Grande è la soddisfazione di poter presentare nella nostra città le opere di uno dei più importanti artisti<br />

del XX secolo, ancora vivente, che con la sua raffinata ironia ha contribuito con un linguaggio originale e<br />

provocatorio a segnare un’epoca, elaborando un suo personalissimo alfabeto da lui definito «socio-politico».<br />

Jacques Villeglè, bretone di Quimper, classe 1926, ha la forza di un grande artista che non deve dimostrare<br />

più nulla perchè la storia lo ha già consacrato tra i Maestri indiscussi del Novecento.<br />

Catalogato come artista appartenente al Noveau Rèalisme, Villeglè ha sempre dimostrato curiosità e<br />

indipendenza da definizioni generiche; la sua ricerca sui manifesti lacerati parte ben prima della sua<br />

adesione al movimento di Pierre Restany.<br />

Denominato in vari modi, “rapitore di manifesti”, “agrimensore della strada”, inizia la sua avventura come<br />

studente di architettura per poi dedicarsi alla ricerca incuriosito ma anche disorientato dalle opere di Mirò,<br />

con le quali dialoga nei suoi primi lavori realizzati con fili di ferro trovati per la strada. La sua amicizia con<br />

Raymond Hains e la frequentazione degli ambienti artistici dell’epoca contribuiscono a sviluppare la sua<br />

indole eclettica, che lo porta a diverse sperimentazioni nel campo del cinema, del Lettrismo, della poesia<br />

sonora ed ovviamente dell’affiche.<br />

La mostra Jacques Villeglè. <strong>Lettere</strong> e <strong>frammenti</strong> costituisce il giusto riconoscimento alla sua grandezza e alla<br />

capacità che ha dimostrato nel lungo percorso artistico, non ancora concluso, di rimanere se stesso senza<br />

vincoli di definizioni ingombranti, che avrebbero svilito lo spirito di un uomo che vuole essere, come lui<br />

stesso dichiara, «testimone attivo di un’umanità ricca di contraddizioni».<br />

Mirella Cisotto Nalon<br />

Capo Settore Attività Culturali


Sommario / Sommaire<br />

7<br />

13<br />

19<br />

27<br />

35<br />

37<br />

41<br />

165<br />

171<br />

175<br />

Quando consonanti, vocali e sillabe...<br />

compongono una sinfonia a colori<br />

Quand les consonnes, voyelles et syllabes…<br />

composent une symphonie en couleur<br />

Dominique Stella<br />

Jacques Villeglé e l’atelier di Hepérile éclaté<br />

Jacques Villeglé et l’atelier d’Hepérile éclaté<br />

Anne-Lise Quesnel<br />

Jacques Villeglé, predatore-poeta della città<br />

Jacques Villeglé, prédateur-poète de la cité<br />

Gérard Xuriguera<br />

Opere / Œuvres<br />

Apparati / Annexes<br />

Note biografiche<br />

Eléments de biographie<br />

Bibliografia selezionata / Bibliographie sélective


Dominique Stella<br />

Quando consonanti, vocali e sillabe...<br />

compongono una sinfonia a colori<br />

Fils d’acier,<br />

Chaussée des Corsaires,<br />

Saint-Malo, agosto / août<br />

1947<br />

La lettera, ideogramma di base della nostra scrittura, occupa<br />

un posto importante nell’opera di Jacques Villeglé. La<br />

preferenza dell’artista per i manifesti contenenti un grafismo<br />

attraversato da segni linguistici e accenti fonici che<br />

producono un gioco di sillabe e lettere, risale all’inizio della<br />

sua caccia ai manifesti insieme a Raymond Hains. Allontanatisi<br />

più tardi per via di alcune divergenze, i due amici di<br />

allora condividevano una ricerca nottambula che li incoraggiava<br />

a lunghe passeggiate, ciarliere da parte di Hains e<br />

più taciturne per Villeglé. Essi elaborarono una forma di<br />

linguaggio costruita su una teoria dell’urgenza e del ratto,<br />

che nel 1949 li condusse a una prima creazione comune<br />

dal titolo Ach Alma Manetro, strappata dalle palizzate del<br />

quartiere Montparnasse tra la Pharmacie des Arts e la Coupole.<br />

Questi lembi di fogli lacerati da mani anonime formano,<br />

per l’assenza dei <strong>frammenti</strong> sottratti, un alfabeto<br />

ellittico dal significato sfumato dall’usura del tempo e dal<br />

vandalismo comune; e la loro forza simbolica è tale che<br />

l’evidenza dell’invenzione s’impone ai due artisti delle strade,<br />

orientando il loro lavoro e determinando per sempre<br />

l’origine dell’opera di Jacques Villeglé. Hains invece, da<br />

parte sua, abbandonerà rapidamente il manifesto per tornare<br />

alla fotografia e ad altre forme di espressione più<br />

“rocambolesche”, in cui l’arte del discorso s’illustra in una<br />

forma visiva di un simbolismo concettuale.<br />

Villeglé prosegue instancabile il prelevamento di manifesti<br />

con una volontà e un rigore mai smentiti nel corso degli<br />

anni, dalle prime opere del 1949 agli ultimi manifesti del<br />

2003. L’insieme dei messaggi straniati e delle parole spesso<br />

troncate in modo divertente costituisce l’inventario più<br />

eterogeneo ed efficace dal punto di vista visivo e sociologico<br />

che si possa immaginare. I messaggi soggiacenti sono<br />

deviati dal loro intento iniziale: far votare, consumare, aderire...<br />

e diventano brandelli e <strong>frammenti</strong> ai quali l’aleatorietà<br />

degli strappi e l’accostamento fortuito di colori e slogan<br />

smascherati conferiscono una poesia vivace, estetica, a volte<br />

irruente, a volte totalmente assurda. Villeglé non aspira a<br />

testimoniare un’armonia, ma ricerca l’insolito, suscita lo<br />

stupore, smaschera, sotto le accumulazioni e le stratificazioni,<br />

le contraddizioni di una civiltà assillata dalla proliferazione<br />

dei messaggi. Egli opera da sociologo, le lettere<br />

sono per lui una chiave di accesso all’enigma del nostro<br />

mondo, e un modo di appropriazione poetica di una realtà<br />

spesso sconcertante.<br />

Certo, egli non è il primo a utilizzare la parola scritta per<br />

interpretare liberamente e in modo critico e distante gli<br />

aspetti più diversi di un mondo che s’inventa, si contrae e<br />

si distende sotto gli occhi meravigliati di un pubblico di<br />

consumatori assillato da messaggi pressanti sempre più<br />

imperativi e violenti. Il movimento Dada, i cubisti, i futuristi,<br />

i surrealisti utilizzarono la parola e il gioco delle lettere<br />

per sublimarle in segni volteggianti sulle pagine composite<br />

di una letteratura visiva e astratta. Apollinaire, tra i<br />

primi, scrisse poesie in forma di calligrammi nei quali le<br />

lettere sposano il tracciato inedito di una linea che disegna<br />

o suggerisce qui una fontana (La colombe poignardée et le<br />

jeu d’eau), là un cuore (Cœur couronné et miroir). I futuristi<br />

chiamarono questa forma di composizione letteraria<br />

“parole in libertà”. Il loro contributo all’emancipazione<br />

dagli stereotipi imposti dalla stampa tradizionale alle<br />

costruzioni letterarie è immenso. Il loro progetto linguistico<br />

nasce in un mondo di velocità e rumore, dedito al culto<br />

della macchina e al progresso tecnico. L’epoca invita a proiettarsi<br />

verso l’avvenire e modifica non solamente la produzione,<br />

ma anche il comportamento individuale e la percezione<br />

stessa dell’universo. L’ispirazione futurista nasce dalla<br />

strada e nella strada. La poesia e la pittura si radicalizzano<br />

nell’adesione entusiastica alla meccanizzazione delle tecniche<br />

e nella sensazione inebriante di superamento, energia e<br />

accelerazione. In tipografia la dismisura invade la scomposizione<br />

volontaria dei testi che gli artisti interpretano<br />

secondo lo standard dell’originalità che fa esplodere i canoni<br />

classici. Questa evoluzione conduce quindi all’annullamento<br />

dell’idealizzazione dell’opera, privilegiando la funzione<br />

semantica e formale. I futuristi hanno liberato il testo<br />

da ogni organizzazione significante. La moltiplicazione dei<br />

caratteri, la conquista spaziale della pagina, l’esplosione<br />

fonetica, le ricerche “rumoriste”, l’utilizzo di onomatopee<br />

fanno della nuova tipografia sperimentale il riflesso del<br />

mondo quotidiano che sommerge l’uomo in un intreccio<br />

di segni e informazioni. L’alfabeto si disarticola, la scrittura<br />

diviene mosaico che annulla la continuità della storia e<br />

7


del racconto. Il fondatore del gruppo dei futuristi, lo scrittore<br />

Filippo Tommaso Marinetti, espone nei suoi testi e<br />

manifesti i suoi concetti teorici: “La mia rivoluzione è<br />

diretta contro la così detta armonia tipografica della pagina,<br />

che è contraria al flusso e riflusso, ai sobbalzi e agli<br />

scoppi dello stile che scorre sulla pagina stessa. Noi useremo<br />

perciò in una medesima pagina tre o quattro colori<br />

diversi di inchiostro ed anche venti caratteri tipografici<br />

diversi se occorre. Per esempio: corsivo per una serie di sensazioni<br />

simili e veloci, grassetto tondo per le onomatopee<br />

violente, ecc. Nuova concezione della pagina tipograficamente<br />

pittorica.” Egli preconizza l’abolizione della punteggiatura:<br />

“Le parole liberate dalla punteggiatura irradieranno<br />

le une sulle altre, incroceranno i loro diversi magnetismi,<br />

secondo il dinamismo ininterrotto del pensiero. Uno<br />

spazio bianco, più o meno lungo, indicherà al lettore i<br />

riposi o i sonni più o meno lunghi dell’intuizione.” E continua:<br />

“Le parole in libertà si trasformano naturalmente in<br />

auto-illustrazioni, mediante l’ortografia e la tipografia libera<br />

espressiva, le tavole sinottiche di valori lirici e le analogie<br />

disegnate. [...] L’ortografia e la tipografia libera espressiva<br />

servono inoltre a esprimere la mimica facciale e la<br />

gesticolazione del narratore. [...] Questa energia d’accento,<br />

di voce e di mimica trova oggi la sua espressione naturale<br />

nelle parole deformate e nelle sproporzioni dei caratteri<br />

tipografici che riproducono le smorfie del viso e la forza<br />

scultoria e cesellante dei gesti.”<br />

Tristan Tzara, il capofila del movimento Dada, Kurt<br />

Schwitters, Raoul Hausmann, Max Ernst successivamente,<br />

hanno seguito la via della smaterializzazione del testo per<br />

aprire la pagina allo spazio di una poesia fratturata. Marc<br />

Dachy afferma a proposito di Tzara: “Egli scrive fulminei<br />

poemi di lente cataratte di parole, precipitando la poesia in<br />

un’accelerazione nuova. Nel 1916 il verso libero, non punteggiato,<br />

ereditato in parte da Apollinaire e da Cendras,<br />

trova in Tzara il suo rivelatore. Tzara, nel 1921, lo porta<br />

alla sua ultima conseguenza, a uno sconvolgimento del<br />

materiale colmo di energia, offrendo alla letteratura una<br />

complessità di significato inedito, un ritmo scoppiettante<br />

nell’organizzazione delle catene di sostantivi, proponendosi<br />

perfino di non scegliere più le parole che egli allinea fianco<br />

a fianco.” 1 Dachy prosegue citando un brano del manifesto<br />

dada sull’amore debole e l’amore amaro:<br />

“Per fare un poema dadaista,<br />

Prendete un giornale,<br />

Prendete delle forbici<br />

Scegliete nel giornale un articolo che abbia la lunghezza<br />

che contate di dare al vostro poema.<br />

Ritagliate l’articolo.<br />

Ritagliate quindi con cura ognuna delle parole che<br />

formano questo articolo e mettetele in un sacco.<br />

Agitate delicatamente.<br />

Tirate fuori quindi ogni ritaglio, uno dopo l’altro.<br />

Copiate coscienziosamente nell’ordine in cui hanno<br />

lasciato il sacco.<br />

Il poema vi assomiglierà.<br />

Ed eccovi uno scrittore infinitamente originale e d’una<br />

sensibilità affascinante, sebbene incompresa dall’uomo<br />

della strada.”<br />

Giustapposizioni aleatorie sono anche l’essenza di una letteratura<br />

poetica come quella sviluppata da Schwitters nei<br />

suoi “poemi di lettere” o da Raoul Hausmann nei suoi<br />

“poemi-manifesti”. Il poema-manifesto di Hausmann,<br />

costituito di lettere tipografiche di grandezza diversa, mette<br />

l’accento sulla sonorità e sul ritmo, trascurando il senso e il<br />

discorso: “In un poema – scrive – non sono il significato e<br />

la retorica delle parole, ma le vocali e le consonanti e perfino<br />

i caratteri dell’alfabeto che devono essere portatori di<br />

un ritmo.”<br />

È lunga la lista degli improvvisatori e registi dell’estrazione<br />

a sorte, orchestrata dal caso, che compongono arbitrariamente<br />

testi a sorpresa e indovinelli. Nel 1924 André<br />

Breton consiglia “l’assemblaggio più gratuito possibile di<br />

titoli e <strong>frammenti</strong> di titoli ritagliati dai giornali”. Marcel<br />

Duchamp, Man Ray e Max Ernst partecipano a questa poetica<br />

libertaria che Joan Miró sa trasformare in poesia pittorica<br />

dal 1924.<br />

I poeti Fluxus, in seguito, e le avanguardie francesi dell’immediato<br />

dopoguerra rivendicano altri comportamenti e<br />

altre finalità linguistiche e poetiche, proseguendo le ricerche<br />

dei loro predecessori che avevano abolito i confini tra<br />

poesia e pittura, e riconducendo le scoperte e i principi da<br />

un ambito a un altro: il lettrismo di Isidore Isou si tramuta<br />

in superscrittura, in ipergrafia nella pittura, per esempio.<br />

La pluralità delle esperienze e delle possibilità apre nuovi<br />

spazi che i lettristi sanno conquistare, con una riservatezza,<br />

però, che l’epoca, maggiormente incline alle dimostrazioni<br />

pittoriche più chiassose dei pittori astratti, tarderà a riconoscere.<br />

L’avventura di Villeglé nasce da questa stessa filosofia che<br />

mette a confronto la realtà con l’aleatorietà degli incontri<br />

in una volontà, come scrive Pierre Restany, “di reintegrarsi<br />

8


Raymond Hains,<br />

Jacques Villeglé,<br />

Ach Alma Manetro,<br />

febbraio / février 1949<br />

Manifesti strappati incollati<br />

su tela / Affiches lacérées<br />

marouflées sur toile,<br />

58 5 256 cm<br />

Musée National d’Art<br />

Moderne, Centre Georges<br />

Pompidou, Paris<br />

al reale, identificandolo con la propria trascendenza, che è<br />

emozione, sentimento e infine poesia”. 2 È timidamente,<br />

nel 1947, che egli recupera alcuni fili di ferro sulle banchine<br />

di Saint-Malo. Facendo eco ai lavori pittorici di Joan<br />

Miró, che rivendicava il titolo di “pittore-poeta”, Villeglé<br />

crea un segno nello spazio che si rivela più vicino alla pittura<br />

di Miró che a ogni riflessione sull’oggetto stesso. Il<br />

segno si vuole pittorico e i suoi Danseurs di fili di ferro<br />

ricordano il movimento dei “grafismi-poemi” del pittore<br />

catalano. Villeglé cerca di creare un disegno nello spazio,<br />

secondo una struttura che vuole formale, coltivando un<br />

rapporto con la costruzione. È interessato alla forma, e<br />

rifugge dall’informale come possibile espressione della sua<br />

ricerca.<br />

I primi lavori di Hains e Villeglé derivano da un intento<br />

comune ai due artisti: fare un’arte in cui la manipolazione<br />

non faccia perdere all’opera la sua realtà integrale. Questa<br />

riflessione nasce dal primo lavoro di Villeglé, in cui la<br />

distanza tra la realtà dell’objet trouvé (il fil di ferro) e la sua<br />

trasformazione in “disegno nello spazio” è minima, solamente<br />

qualche gesto inconscio che fa sorgere una forma<br />

quasi spontanea. È l’idea stessa del décollage, che Villeglé<br />

riprende nel suo testo Des réalités collectives, che servirà da<br />

base al primo manifesto di Restany nel 1960. Villeglé scrive:<br />

“Nel clima di disinformazione del dopoguerra, ho preso<br />

le distanze dall’atto del dipingere o fare collage. Pensavo<br />

che l’assenza di premeditazione, di ogni idea prestabilita,<br />

dovesse diventare, non soltanto per me ma per tutti,<br />

un’inesauribile fonte di arte, di arte degna dei musei. Il<br />

risultato ottenuto dal gesto meccanico e aggressivo di un<br />

qualsiasi passante che strappava manifesti, doveva essere<br />

mostrato e messo sullo stesso piano della tirannia dell’oggetto<br />

che, nell’uomo colto, suscita il bisogno di appagarsi<br />

plasticamente.” 3 Partecipando dunque all’interpretazione<br />

casuale e libera di un mondo ancora intorpidito nei nimbi<br />

del dopoguerra, Hains e Villeglé inventano il manifesto<br />

scollato come strumento di lettura di un’epoca che essi<br />

intuiscono ricca di possibilità.<br />

Ach Alma Manetro, del 1949, è una delle prime manifestazioni<br />

di questi “furti” ai quali si dedicarono nei primi anni<br />

cinquanta. Le poche sillabe strappate ai manifesti compongono<br />

una litania nuova, estremamente suggestiva e<br />

poetica. L’invenzione si inscrive in un procedimento creativo<br />

che, nel 1953, coinvolge i due artisti in un’interpretazione<br />

“illeggibile” di Hepérile, un poema di Camille Bryen:<br />

Hepérile éclaté. L’opera trova la sua origine nelle ricerche di<br />

Raymond Hains sulle lettere deflagrate, che egli mette a<br />

punto utilizzando una tecnica fotografica di sua invenzione<br />

con il vetro scanalato, che darà vita a ciò che François<br />

Dufrêne battezzò “ultra-lettrismo”.<br />

L’ultra-lettrismo deriva quindi dall’esplorazione di tecniche<br />

fotografiche elaborate da Hains, il quale in primo luogo<br />

sperimenta metodi di sovrimpressione, poi prosegue le sue<br />

ricerche fotografiche integrando procedimenti di trasformazione<br />

o metamorfosi per mezzo di specchi o effetti<br />

luminosi, per arrivare alla scoperta degli obiettivi in vetro<br />

scanalato che avrebbero dato vita a una serie di opere esposte<br />

a Parigi nel 1948 con il titolo piuttosto vago di Photographies<br />

hypnagogiques.<br />

L’invenzione dei vetri scanalati dimostra la capacità di<br />

Hains di esplorare le vie del caso che l’occasione trasforma<br />

in magiche opportunità. I vetri scanalati traspongono il<br />

mondo in una realtà nuova, immaginaria, immateriale,<br />

impalpabile, in riflesso a un modo di essere, pensare e parlare<br />

che l’artista sviluppa all’infinito in un linguaggio codificato,<br />

mescolanza di ermetismo e derisione.<br />

Per mezzo di questo procedimento ottico particolare, vicino<br />

alla poesia visiva, Hains e Villeglé pubblicano nel 1953<br />

una piccola opera intitolata Hepérile éclaté che, in un certo<br />

senso, è la replica del poema fonetico Hepérile di Camille<br />

Bryen: in una forma deflagrata, e tramite il vetro scanalato,<br />

l’opera traduce il poema di Bryen in schegge grafiche<br />

sulla pagina. Hepérile éclaté rappresenta la consacrazione<br />

definitiva dell’autonomia espressiva della fotografia, che<br />

secondo l’espressione di Bryen è in grado di produrre<br />

l’“illeggibile”. “Scrivendo Hepérile con parole sconosciute –<br />

precisa Bryen – creavo in modo organico, senza riferimenti<br />

al vocabolario, questa serie completa di parole [...]. Oggi,<br />

ecco il primo libro felicemente illeggibile.” L’approvazione<br />

di Bryen è seguita da questa annotazione di Hains e Villeglé,<br />

intitolata L’intrusion du verre cannelé dans la poésie:<br />

“Noi non abbiamo scoperto le ultra-lettere. Piuttosto ci<br />

9


Jacques Villeglé,<br />

II e Biennale des jeunes,<br />

Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris,<br />

agosto / août 1961<br />

Photo Willy Rizzo<br />

scopriamo in esse [...]. Il nostro merito – o la nostra astuzia<br />

– è di aver visto ultra-lettere laddove eravamo abituati a<br />

vedere lettere deformate. Infine, ci serviamo di trame di<br />

vetri scanalati per liberare gli scritti dal loro significato originario.<br />

Attraverso un procedimento analogo, è possibile<br />

far deflagrare la parola in ultra-parole, che nessuna bocca<br />

umana sarebbe in grado di pronunciare.” 4<br />

Villeglé, più di Hains, ama il caos della materia affissa, scarificata,<br />

lacerata, scollata. Egli vibra in tale corpo a corpo<br />

che sottrae alle intemperie e alla distruzione questi cumuli<br />

di carta che nessuno penserebbe di trasformare in opera<br />

imperitura. Dalla strada e nella strada, nella tradizione che<br />

lega il décollage al futurismo in uno stesso slancio creativo<br />

e sovversivo, Villeglé contribuisce a raccogliere le tracce e<br />

gli strati significativi di una società fiorente in continuo<br />

rinnovamento. Ne rileva i tratti poetici o stridenti, le contraddizioni<br />

e le dissonanze, compone il ritratto di un’epoca<br />

in un’accumulazione archeologica che costituisce il lavoro<br />

della sua vita. Il titolo della sua mostra al Centre Pompidou,<br />

La comédie urbaine, con riferimento alla Comédie<br />

humaine di Balzac, sottolinea l’acutezza dello sguardo<br />

dell’“anonimo laceratore” di manifesti, nel selezionare i<br />

<strong>frammenti</strong> di una cronaca al quotidiano che egli perpetua<br />

in una trascrizione in cui il verbo, la frase tronca, la lettera<br />

strappata ci raccontano il romanzo realista, fantastico e<br />

perfino filosofico di un’epoca. Si tratta davvero di un racconto<br />

che egli ci consegna, e la scrittura stessa decomposta<br />

dai casi della vita ci trasmette “emozioni, sentimenti, poesia”,<br />

al pari delle opere letterarie.<br />

I lembi di strati strappati dai pannelli pubblicitari si avvicinano<br />

così a veri e propri quadri, in cui lettere, parole e<br />

colori si scontrano e a volte si armonizzano in composizioni<br />

quasi pittoriche. Essi pongono la questione del “Bello”<br />

in una transizione del pensiero estetico condotta a partire<br />

da Duchamp che interroga la definizione data alla parola<br />

nel corso dei secoli. I manifesti strappati si contrappongono<br />

ai quadri composti dalla mano dell’artista, ma si confrontano<br />

anche con il “gusto” di colui che li sottrae dapprima<br />

e li guarda poi, entrando così nel campo dell’Estetica,<br />

poiché perfino qualcosa che si considera “brutto” rimane<br />

prima di tutto soggetto a un giudizio. L’arte provocatoria<br />

di Villeglé interpella il nostro senso dell’estetica: ciò che<br />

vediamo è brutto, è bello? L’opinione comune ammette<br />

con difficoltà il valore “pittorico” del “lacerato anonimo”.<br />

Il tempo ha fatto il suo corso, elevando infine il lavoro dell’artista<br />

al rango di “pittore”, poiché egli offre, attraverso<br />

un percorso scelto, un ritratto vivente e variegato dell’epoca<br />

che attraversa e che ci descrive. La sua opera veicola così<br />

una realtà politica e sociale illustrata dalle sue parole:<br />

“Questi manifesti, che trasporto dal muro della strada al<br />

luogo dell’arte, li percepivo sin dall’inizio come il riflesso<br />

coerente e canzonatore della realtà morale e amorale, spirituale<br />

e terra terra, religiosa e laica, riflessiva e versatile,<br />

cosmopolita e pantofolaia, comune a tutti gli uomini, miei<br />

contemporanei.” 5<br />

Il suo lavoro di archeologo urbano si è sistematizzato con<br />

il tempo. Villeglé ha intrapreso, da allora, una vera e propria<br />

archiviazione del linguaggio delle strade, orientando la<br />

sua produzione in funzione di tematiche che gli sono care.<br />

Questa lettura sistematica del nostro quotidiano costituisce<br />

un repertorio di cronaca, vera e propria porzione di memo-<br />

10


ia che l’artista preleva secondo le proprie intuizioni. Nell’ostinazione<br />

quasi compulsiva di inseguire i <strong>frammenti</strong><br />

effimeri della nostra epoca, egli ha molto dell’atteggiamento<br />

del collezionista, mai pago, sempre alla ricerca di una<br />

nuova conquista, che accumula tracce e testimonianze<br />

come se ogni oggetto raccolto costituisse una particella di<br />

una ricerca più vasta, elemento di un puzzle da completare.<br />

Questa stessa passione per la raccolta si riscontra nella<br />

volontà di inventariare le proprie opere che lo anima dal<br />

1970, conducendolo a programmare la creazione del catalogo<br />

ragionato del suo lavoro secondo uno sviluppo tematico.<br />

Il primo tomo esce in occasione della mostra La peinture<br />

dans la non-peinture, tenutasi a Nizza nel luglio del<br />

1988, poi a Tolosa nell’ottobre dello stesso anno, e infine a<br />

Colonia nel 1989. Sans lettre, sans figure. Catalogue thématique<br />

des affiches lacérées 6 appare nel 2004. Restano da pubblicare<br />

La lettre lacerée e Mots et fragments de mots, due cataloghi<br />

che raccoglieranno, in maniera esaustiva, la parte del<br />

lavoro dell’artista dedicata alle parole e alle lettere, costituendo<br />

una lettura codificata di un’epoca che copre mezzo<br />

secolo di setacciamento urbano.<br />

Jacques Villeglé è un appassionato delle parole. La sua relazione<br />

con queste ultime si è espressa in modi diversi nel<br />

corso del suo lungo cammino. Egli ne fa uso in prima persona<br />

per scrivere testi basilari quali il suo primo saggio, Des<br />

réalités collectives 7 che risale al 1958, o, nel 1970, Le flâneur<br />

aux palissades de la manifestation spontanée, pubblicato in<br />

“VH 101”, n. 3. Il suo stile esplosivo si ritrova nel volume<br />

Urbi & Orbi apparso inizialmente nel 1986 presso le edizioni<br />

W, poi presso le edizioni Luna Park nel 2005. Egli<br />

condivide questo piacere delle parole con François Dufrêne,<br />

grande protagonista dell’avventura lettrista, associatosi al<br />

movimento degli affichistes con un’interpretazione del<br />

“dorso del manifesto”, e divenuto l’amico complice di<br />

un’avventura comune.<br />

Un altro aspetto dell’utilizzo del testo accompagna l’opera<br />

di Villeglé dalla fine degli anni sessanta. Nutrito della cultura<br />

dell’agrimensore delle strade, il messaggio del manifesto<br />

non differisce dallo studio semiologico, che permette di<br />

rintracciare alcuni caratteri specifici dei graffiti che inva -<br />

dono già i muri di Parigi. Nel 1969, in occasione di una<br />

visita del presidente americano Richard Nixon in Francia,<br />

Villeglé scorge su una parete della metropolitana parigina<br />

un grafismo particolare che traccia il nome di Nixon. Evocando<br />

quella scoperta, Villeglé racconta: “Sui muri di un<br />

corridoio della metropolitana ho visto le tre frecce dell’ex<br />

partito socialista, la croce gaulliana, la svastica nazista, la<br />

croce celtica inscritte nella O dei movimenti Jeune Nation,<br />

Ordre Nouveau, Occident ecc., poi di nuovo le tre frecce<br />

dinamiche, timoniere e pavloviane di Tchakhotine che<br />

indicavano, senza altro commento, il nome del presidente<br />

americano. L’impatto degli ideogrammi politici così riuniti<br />

prevaleva su tutti gli altri slogan anti-yankee di allora. Le<br />

A circolettate, le N rigate, le O tagliate in quattro, les S<br />

striate, le I sbarrate due volte, le V disposte a stella, la curva<br />

delle G, falce dei soviet rovesciata, trapassata dal martello,<br />

le S raddoppiate inscritte come due fulmini paralleli...<br />

Questi sovraccarichi emblematici dei bassifondi parigini<br />

generalizzano la guerriglia dei simboli che, nel 1931, il leader<br />

della propaganda del Fronte di Bronzo aveva immaginato,<br />

quando ideò le tre frecce per i giovani operai socialisti<br />

in opposizione alla croce uncinata delle camicie brune. 8<br />

La scrittura latina, attraverso l’amalgama, nel senso alchemico<br />

del termine, con quegli ideogrammi fascisti, capitalisti,<br />

socialisti, comunisti o di ultrasinistra s’inscriveva in filigrana<br />

nelle pagine bianche della storia.” 9<br />

Questo alfabeto, come un “quadrato magico”, è fonte di<br />

declinazioni infinite in tele pittoriche nelle quali i segni<br />

compongono una variazione colorata di frasi lapidarie, di<br />

racconti criptati a volte difficili da decifrare, di slogan quasi<br />

anarchici. Villeglé lo utilizza in ogni formato, su ogni supporto,<br />

descrivendo così i costumi e gli umori di un tempo<br />

che egli attraversa, decriptandolo con il suo sguardo dissezionatore.<br />

Jacques Villeglé effettua allora, attraverso questa<br />

versione grafica del proprio lavoro, una sintesi che collega<br />

l’aleatorietà del lacerato anonimo con il gesto volontario<br />

dell’artista che cattura il segno per sottometterlo alla propria<br />

volontà...<br />

1<br />

Marc Dachy, “Dada: la langue comme utopie”, in Poésure et peintrie,<br />

Réunion des Musées Nationaux, Musées de Marseille, 1993.<br />

2<br />

Primo manifesto del nouveau réalisme, Les nouveaux réalistes, Milano,<br />

16 aprile 1960.<br />

3<br />

Jacques Villeglé, Des réalités collectives, in “Grâmmes. Revue Ultralettriste”,<br />

n. 2, maggio 1958.<br />

4<br />

Raymond Hains, Jacques Villeglé, L’intrusion du verre cannelé dans<br />

la poésie, Librairie Lutétia, Paris, 1953.<br />

5<br />

Jacques Villeglé, La traversée urbi & orbi, Luna Park Transédition,<br />

Paris, 2005, p. 178.<br />

6<br />

Pubblicato dalla casa editrice Ides et Calendes il 5 novembre 2004.<br />

7<br />

Pubblicato in “Grâmmes”, n. 2.<br />

8<br />

Serge Tchakhotine, Le viol des foules, ried. Gallimard, Paris, 1972.<br />

9<br />

Jacques Villeglé. Liens & lieux. Contrastes, Galerie Départementale<br />

du Dourven, 1998, p. 39.<br />

11


Dominique Stella<br />

Quand les consonnes, voyelles et syllabes…<br />

composent une symphonie en couleur<br />

Jacques Villeglé,<br />

XIV e Arrondissement,<br />

Paris, 1961<br />

Photo Harry Shunk<br />

La lettre, idéogramme de base de notre écriture, tient une<br />

place importante dans l’œuvre de Jacques Villeglé. La préférence<br />

de l’artiste pour les affiches qui comportent un<br />

graphisme verrouillé par des signes linguistiques et des<br />

accents phoniques entraînant un jeu de syllabes et de lettres<br />

remonte au début de sa chasse aux affiches avec Raymond<br />

Hains. Les deux amis d’alors – des divergences par<br />

la suite les éloigneront – que leur quête noctambule<br />

conduisait dans des déambulations bavardes de la part de<br />

Raymond et plus silencieuses quant à Villeglé, élaborèrent<br />

une forme de langage qu’ils construisirent dans une théorie<br />

de l’urgence et du rapt qui les porta en 1949 à une première<br />

création commune au titre d’Ach Alma Manetro,<br />

arrachée aux palissades du quartier Montparnasse entre la<br />

pharmacie des Arts et la Coupole. La force symbolique de<br />

ces lambeaux de papiers déchirés par des mains anonymes<br />

construisant, par l’absence des fragments dérobés, un<br />

alphabet elliptique, à la signification estompée par l’usure<br />

du temps et le vandalisme commun, est telle que l’évidence<br />

de l’invention s’impose aux deux artistes des rues,<br />

orientant leur travail et déterminant pour toujours l’origine<br />

de l’œuvre de Jacques Villeglé. Raymond Hains,<br />

quant à lui, abandonnera rapidement l’affiche pour revenir<br />

à la photographie et à d’autres formes d’expression<br />

plus “rocambolesques”, où l’art du discours s’illustre dans<br />

une forme visuelle d’un symbolisme conceptuel.<br />

Villeglé inlassablement poursuivit le rapt d’affiches avec<br />

une volonté et une rigueur jamais démenties au long des<br />

années, depuis ses premières œuvres de 1949 à ses dernières<br />

affiches de 2003. La collecte des messages détournés<br />

et des mots tronqués, souvent drôles, constituent l’inventaire<br />

le plus hétéroclite et le plus percutant du point de<br />

vue visuel et sociologique que l’on puisse imaginer. Les<br />

messages sous-jacents sont détournés de leur but initial:<br />

faire voter, consommer, adhérer... et deviennent des bribes<br />

et fragments auxquels le hasard des déchirures et le voisinage<br />

fortuit de couleurs et de slogans démasqués confèrent<br />

une poésie colorée, esthétique, quelque fois violente,<br />

parfois totalement absurde. Villeglé ne cherche pas à<br />

témoigner d’une harmonie, il recherche l’insolite, il provoque<br />

l’étonnement, il démasque, sous les accumulations<br />

et les stratifications, les contradictions d’une civilisation<br />

hantée par la prolifération des messages. Il fait œuvre de<br />

sociologue, les lettres sont pour lui une clef d’accès à<br />

l’énigme de notre monde, et un mode d’appropriation<br />

poétique d’une réalité souvent déroutante.<br />

Certes, il n’est pas le premier à utiliser l’écrit pour interpréter<br />

librement et de manière critique et décalée les<br />

aspects les plus divers d’un monde qui s’invente, se noue<br />

et se dénoue sous les yeux ébahis d’un public de consommateurs<br />

assiégés par des messages pressants de plus en plus<br />

impératifs et violents. Le mouvement Dada, les cubistes,<br />

les futuristes, les surréalistes usèrent du mot et du jeu des<br />

lettres pour les sublimer en des signes voltigeant sur les<br />

pages composées d’une littérature visuelle et abstraite.<br />

Apollinaire, parmi les premiers, écrivit des poésies en<br />

forme de calligrammes dans lesquels les lettres épousent le<br />

tracé inédit d’une ligne qui dessine ou suggère ici une fontaine<br />

(La colombe poignardée et le jet d’eau), là un cœur<br />

(Cœur couronné et miroir). Les futuristes appelèrent cette<br />

forme de composition littéraire “mots en liberté”. Leur<br />

contribution à l’émancipation des stéréotypes imposés par<br />

l’imprimerie traditionnelle aux constructions littéraires est<br />

immense. Leur projet linguistique naît dans un monde de<br />

vitesse et de bruit dédié au culte de la machine et au progrès<br />

technique. L’époque invite à se projeter dans l’avenir<br />

et modifie non seulement la production, mais aussi le<br />

comportement individuel et la sensation même de l’univers.<br />

L’inspiration futuriste naît de la rue et dans la rue. La<br />

poésie et la peinture se radicalisent dans l’adhésion<br />

enthousiaste à la mécanisation des techniques et à la sensation<br />

grisante de dépassement, d’énergie et d’accélération.<br />

En typographie la démesure envahit la décomposition<br />

volontaire des textes que les artistes interprètent selon<br />

le standard de la nouveauté explosive des canons classiques.<br />

Cette évolution conduit alors à la destruction de<br />

l’idéalisation de l’œuvre, privilégiant la fonction sémantique<br />

et formelle. Les futuristes ont libéré le texte de toute<br />

organisation signifiante. La multiplication des caractères,<br />

la conquête spatiale de la page, l’explosion phonétique, les<br />

recherches “bruitistes”, les utilisations d’onomatopées font<br />

de la nouvelle typographie expérimentale le reflet du<br />

13


monde quotidien qui submerge l’homme dans une trame<br />

de signes et d’informations. L’alphabet se désarticule,<br />

l’écriture devient mosaïque, détruisant la continuité de<br />

l’histoire et du récit. Le fondateur du groupe des futuristes,<br />

l’écrivain Filippo Tommaso Marinetti, expose dans<br />

ses textes et manifestes ses concepts théoriques: “Ma révolution<br />

est dirigée en outre contre ce qu’on appelle harmonie<br />

typographique de la page, qui est contraire au flux et<br />

reflux du style qui se déploie dans la page. Nous emploierons<br />

aussi, dans une même page, trois ou quatre encres de<br />

couleurs différentes et vingt caractères différents s’il le<br />

faut. Par exemple: italiques pour une série de sensations<br />

semblables et rapides, gras pour les onomatopées violentes,<br />

etc. Nouvelle conception de la page typographiquement<br />

picturale.” Il prône l’abrogation de la ponctuation:<br />

“Les mots délivrés de la ponctuation rayonneront les<br />

uns sur les autres, entrecroiseront leurs magnétismes<br />

divers, suivant le dynamisme ininterrompu de la pensée.<br />

Un espace blanc, plus ou moins long, indiquera au lecteur<br />

les repos ou les sommeils plus ou moins longs de l’intuition.”<br />

Il poursuit: “Les mots en liberté se transforment<br />

naturellement en auto-illustration moyennant l’orthographe<br />

et la typographie libre expressive, les tables synoptiques<br />

de valeurs lyriques et les analogies dessinées. […]<br />

L’orthographe et la typographie libre expressive servent à<br />

exprimer la mimique du visage et la gesticulation du<br />

conteur. […] Ces énergies d’accent, de voix et de<br />

mimique, trouvent aujourd’hui leur expression naturelle<br />

dans les mots déformés et dans les disproportions typographiques<br />

correspondant aux grimaces du visage et à la<br />

forme ciselante des gestes.”<br />

Tristan Tzara, le chef de file du mouvement Dada, Kurt<br />

Schwitters, Raoul Hausmann, Max Ernst ensuite, ont<br />

suivi la voie de la dématérialisation du texte pour ouvrir<br />

la page à l’espace d’une poésie fracturée. Marc Dachy<br />

déclare à propos de Tzara: “Il écrit de fulgurants poèmes<br />

de lentes cataractes de mots, précipitant la poésie dans<br />

une accélération nouvelle. En 1916, le vers libre, non<br />

ponctué, hérité pour partie d’Apollinaire et de Cendrars,<br />

trouve en Tzara son révélateur. Tzara, en 1921, le mène à<br />

son ultime conséquence, à un affolement du matériau<br />

plein d’énergie, offrant à la littérature une complexité de<br />

sens inédit, un rythme crépitant, dans l’organisation des<br />

chaînes de substantifs se proposant même de ne plus<br />

choisir les mots qu’il aligne côte à côte.” 1 Dachy poursuit<br />

citant un extrait du manifeste dada sur l’amour faible et<br />

l’amour amer:<br />

“Pour faire un poème dadaïste,<br />

Prenez un journal,<br />

Prenez des ciseaux<br />

Choisissez dans ce journal un article ayant la longueur<br />

que vous comptez donner à votre poème.<br />

Découpez l’article.<br />

Découpez ensuite avec soin chacun des mots qui<br />

forment cet article et mettez-les dans un sac.<br />

Agitez doucement.<br />

Sortez ensuite chaque coupure l’une après l’autre.<br />

Copiez consciencieusement dans l’ordre où elles ont<br />

quitté le sac.<br />

Le poème vous ressemblera.<br />

Et vous voilà un écrivain infiniment original et d’une<br />

sensibilité charmante, encore qu’incomprise du vulgaire.”<br />

Ces juxtapositions aléatoires sont aussi l’essence d’une littérature<br />

poétique telle que la développa Schwitters dans<br />

ses “poèmes de lettres” ou Raoul Hausmann dans ses<br />

“poèmes-affiches”. Le poème-affiche d’Hausmann, constitué<br />

de lettres typographiques de corps différents, met l’accent<br />

sur la sonorité et le rythme, négligeant le sens et le<br />

discours: “Dans un poème – écrit-il – ce ne sont pas le<br />

sens et la rhétorique des mots mais les voyelles et les<br />

consonnes et même les caractères de l’alphabet qui doivent<br />

être porteurs d’un rythme.”<br />

Longue est la liste des improvisateurs et metteurs en scène<br />

de tirage au sort, orchestré par le hasard, qui composent<br />

arbitrairement des textes à surprise et devinettes. André<br />

Breton conseille, en 1924, “l’assemblage aussi gratuit que<br />

possible, de titres et fragments de titres découpés dans les<br />

journaux”. Marcel Duchamp, Man Ray, Max Ernst participent<br />

à cette poétique libertaire que Joan Miró sait transformer<br />

en une poésie picturale dès 1924.<br />

Les poètes Fluxus, par la suite, et les avant-gardes françaises<br />

des immédiates années d’après guerre revendiquèrent<br />

d’autres comportements et d’autres finalités linguistiques<br />

et poétiques, poursuivant les recherches de leurs<br />

aînés qui avaient aboli les limites entre poésie et peinture,<br />

reconduisant les découvertes et les principes d’un domaine<br />

sur un autre: – la lettrie d’Isidore Isou se transmue en<br />

superécriture, en hypergraphie dans la peinture, par exemple.<br />

La pluralité des expériences et la diversité des possibles<br />

ouvrirent de nouveaux espaces que les lettristes surent<br />

conquérir, dans une confidentialité que l’époque, plus<br />

propice aux démonstrations picturales plus tapageuses des<br />

peintres abstraits, tarda à reconnaître.<br />

14


L’aventure de Villeglé naît de cette même philosophie<br />

qui confronte la réalité aux hasards des rencontres dans<br />

une volonté, comme l’écrit Pierre Restany, de “se réintégrer<br />

au réel, en l’identifiant à sa propre transcendance,<br />

qui est émotion, sentiment et finalement poésie”. 2 C’est<br />

timidement, en 1947, qu’il récupère quelques fils de fer<br />

sur les quais de Saint-Malo. En écho aux travaux picturaux<br />

de Joan Miró, qui revendiquait le titre de “peintrepoète”,<br />

Villeglé crée un signe dans l’espace qui s’avère<br />

plus proche de la peinture de Miró que de toute<br />

réflexion sur l’objet lui-même. Le signe se veut pictural<br />

et ses Danseurs de fil de fer rappellent le mouvement des<br />

“graphismes-poèmes” du peintre catalan. Villeglé<br />

cherche à créer un dessin dans l’espace, selon une structure<br />

qu’il veut formelle, cultivant un rapport à la<br />

construction. Il est intéressé par la forme, écartant l’informel<br />

comme possible expression de sa recherche.<br />

Les premiers travaux de Hains et Villeglé résultent d’une<br />

interrogation commune aux deux artistes: faire un art où<br />

la manipulation conserve à l’œuvre son intégrale réalité.<br />

Cette réflexion naît de la première œuvre de Villeglé où la<br />

distance entre la réalité de l’objet trouvé (le fil de fer) et sa<br />

transformation en “dessin dans l’espace” est minime, seuls<br />

quelques gestes inconscients en font surgir une forme<br />

quasi spontanée. C’est l’idée même du décollage, que Villeglé<br />

reprend dans son texte Des réalités collectives, qui servira<br />

de base au premier manifeste de Restany en 1960.<br />

Villeglé écrit: “Dans le climat de sous-information culturelle<br />

de l’après-guerre, je pris mes distances vis-à-vis de<br />

l’acte de peindre ou de coller. Je pensais que l’absence de<br />

préméditation, de toute idée préconçue, devait devenir,<br />

non seulement pour moi, mais universellement, une inépuisable<br />

source d’art, d’art digne des musées. Le résultat<br />

obtenu par le geste machinal et agressif, d’un quelconque<br />

passant lacérateur d’affiches, devait donner à voir et être<br />

mis sur le même plan que la tyrannie du don qui crée chez<br />

l’homme cultivé le besoin de s’assouvir plastiquement.” 3<br />

Participant donc de l’interprétation casuelle et libre d’un<br />

monde encore engourdi dans les nimbes de l’après-guerre,<br />

Hains et Villeglé inventent l’affiche décollée comme instrument<br />

de lecture d’une époque qu’ils pressentent riche<br />

de possibles.<br />

Ach Alma Manetro, 1949, est une des premières manifestations<br />

de ces “rapts” auxquels ils s’adonnèrent en ce<br />

début des années cinquante. Les quelques syllabes arrachées<br />

à l’affichage composent une litanie nouvelle, hautement<br />

suggestive et poétique. L’invention s’inscrit dans<br />

une démarche créative qui associa les deux artistes en<br />

1953 dans une interprétation “illisible” d’un poème de<br />

Camille Bryen: Hepérile éclaté. Ce dernier trouve son origine<br />

dans les recherches de Raymond Hains sur les lettres<br />

éclatées qu’il met au point en exploitant une technique<br />

photographique de son invention: le verre cannelé qui<br />

donnera naissance à ce que François Dufrêne baptisa<br />

“ultra-lettrisme”.<br />

L’ultra-lettrisme dérive de l’exploration de techniques<br />

photographiques, mises au point par Hains qui expérimenta,<br />

en premier lieu, des méthodes de surimpression. Il<br />

poursuivit ses recherches photographiques en y intégrant<br />

des processus de transformation ou métamorphose au<br />

moyen de miroirs ou d’effets lumineux, pour aboutir à la<br />

découverte des objectifs en verre cannelé qui donneront le<br />

jour à une série d’œuvres exposées à Paris en 1948 sous le<br />

titre plutôt vague de Photographies hypnagogiques.<br />

L’invention des verres cannelés démontre la capacité<br />

d’Hains à explorer les voies du hasard que l’occasion transforme<br />

en opportunités magiques. Les verres cannelés<br />

transposent le monde dans une réalité nouvelle, imaginaire,<br />

immatérielle, impalpable, en reflet d’une manière<br />

d’être, de penser et de parler que Raymond Hains développait<br />

à l’infini en un langage codé, mélange d’hermétisme<br />

et de dérision.<br />

Au moyen de ce procédé optique particulier, qui s’apparente<br />

à la poésie visuelle, Hains et Villeglé publient en<br />

1953 une petite œuvre intitulée Hepérile éclaté qui est en<br />

quelque sorte la réplique du poème phonétique Hepérile<br />

de Camille Bryen: dans une forme éclatée, et au moyen du<br />

verre cannelé, l’œuvre traduit le poème de Bryen en éclats<br />

graphiques sur la page. Hepérile éclaté représente la consécration<br />

définitive de l’autonomie expressive du moyen<br />

photographique, qui, selon l’expression de Bryen, est en<br />

mesure de donner lieu à l’“illisible”. “En écrivant Hepérile<br />

avec des mots inconnus – précise Bryen – je criais organiquement<br />

sans référence au vocabulaire – cette police des<br />

mots […]. Voici le premier livre heureusement illisible.”<br />

L’approbation de Bryen est suivie par cette annotation de<br />

Hains et Villeglé, intitulée L’intrusion du verre cannelé dans<br />

la poésie: “Nous n’avons pas découvert les ultra-lettres.<br />

Nous nous découvrons plutôt en elles […]. Notre mérite<br />

– ou notre astuce – c’est d’avoir vu des ultra-lettres, là où<br />

nous étions habitués à voir des lettres déformées. Enfin,<br />

nous nous servons de trames de verres cannelés pour<br />

débarrasser les écrits de leur signification originelle. Par<br />

une démarche analogue, il est possible de faire éclater la<br />

15


Jacques Villeglé,<br />

Boulevard de l’Hôpital, Paris,<br />

12 febbraio / février 1967<br />

Photo Mathieu<br />

parole en ultra-mots, qu’aucune bouche humaine ne saurait<br />

dire.” 4<br />

Villeglé plus que Hains aime le chaos de la matière affichée,<br />

scarifiée, lacérée, décollée. Il vibre dans ce corps à<br />

corps qui dérobe aux intempéries et à la destruction ces<br />

paquets de papiers que nul ne songerait à édifier en œuvre<br />

impérissable. De la rue et dans la rue, dans la tradition qui<br />

lie le décollage au futurisme en un même élan créatif et<br />

subversif, Villeglé travaille à recueillir les traces et les<br />

strates significatives d’une société d’abondance en continuel<br />

renouvellement. Il en relève les traits poétiques ou<br />

grinçants, les contradictions et les dissonances, il compose<br />

le portrait d’une époque dans une accumulation archéologique<br />

qui constitue le travail de sa vie. Le titre de son<br />

exposition au Centre Pompidou, La comédie urbaine, souligne,<br />

en miroir de La comédie humaine de Balzac, l’acuité<br />

de l’œil du “décolleur anonyme” sélectionnant les bribes<br />

d’une petite histoire au quotidien qu’il pérennise dans une<br />

transcription où le verbe, la phrase tronquée, la lettre lacérée<br />

nous racontent le roman réaliste, fantastique et même<br />

philosophique d’une époque. Il s’agit bel et bien d’un récit<br />

qu’il nous livre, et l’écriture même décomposée par les<br />

aléas de la vie nous apporte “émotion, sentiments, poésie”,<br />

à l’égal des œuvres littéraires.<br />

Les lambeaux de strates arrachées aux panneaux d’affichage<br />

s’apparentent aussi à de véritables tableaux, où lettres,<br />

mots et couleurs s’entrechoquent et parfois s’harmonisent<br />

dans des compositions quasi picturales. Ils posent la<br />

question du “Beau” dans une transition de la pensée esthétique<br />

menée depuis Duchamp qui questionne la définition<br />

du mot qui lui aura été donné au cours des siècles.<br />

Les affiches lacérées s’opposent aux tableaux composés par<br />

la main de l’artiste, mais se confrontent aussi au “goût” de<br />

celui qui les dérobe d’abord et les regarde ensuite, entrant<br />

ainsi dans le champ de l’Esthétique, car même quelque<br />

chose que l’on trouve “laid” reste avant tout sujet à un<br />

jugement. L’art provocateur de Villeglé interpelle notre<br />

sens de l’esthétique: est-il beau, est-il laid? L’opinion commune<br />

admit avec difficulté la valeur “picturale” des<br />

œuvres du “lacéré anonyme”. Le temps fit son ouvrage qui<br />

porte aujourd’hui le travail de l’artiste au rang de “peintre”,<br />

puisqu’il offre, à travers un parcours choisi, un portrait<br />

vivant et coloré de l’époque qu’il traverse et qu’il nous<br />

décrit. Son œuvre véhicule aussi une réalité politique et<br />

sociale illustrée par ses propos: “Ces affiches que je transporte<br />

du mur de la rue au lieu de l’art, je les prévoyais dès<br />

l’origine comme le reflet cohérent et persifleur de la réalité<br />

morale et amorale, spirituelle et terre-à-terre, religieuse et<br />

laïque, réfléchie et versatile, cosmopolite et pantouflarde,<br />

commune à tous les hommes, mes contemporains.” 5<br />

Son travail d’archéologue urbain s’est systématisé avec le<br />

temps. Villeglé a entrepris, dès lors, un véritable archivage<br />

du langage des rues, orientant sa production en<br />

fonction de thématiques qui lui sont chères. Cette lecture<br />

systématique de notre quotidien constitue un répertoire<br />

événementiel, véritable tranche de mémoire que<br />

l’artiste prélève au gré de ses intuitions. Dans l’obstination<br />

quasi compulsive de pourchasser les fragments<br />

éphémères de notre époque, il y a beaucoup de l’attitude<br />

du collectionneur, jamais satisfait, toujours en quête<br />

d’une nouvelle conquête, accumulant traces et témoignages,<br />

comme si chaque objet recueilli constituait une<br />

particule d’une recherche plus vaste, élément d’un puzzle<br />

à compléter. Cette même passion de la collecte se<br />

retrouve dans la volonté de compilation de ses propres<br />

œuvres qui l’anime dès 1970, le conduisant à programmer<br />

l’établissement du catalogue raisonné de son œuvre<br />

16


selon un développement thématique. Le premier tome<br />

paraît pour l’exposition La peinture dans la non-peinture<br />

à Nice de juillet 1988, à Toulouse en octobre, puis à<br />

Cologne en 1989. Sans lettre, sans figure. Catalogue thématique<br />

des affiches lacérées 6 est paru en 2004. Il reste à<br />

paraître La lettre lacérée et Mots et fragments de mots, deux<br />

catalogues qui compileront, de manière exhaustive, la<br />

part du travail de l’artiste consacrée aux mots et aux lettres,<br />

constituant un déchiffrage codé d’une époque qui<br />

couvre un demi-siècle de glanage urbain.<br />

Jacques Villeglé est un amoureux des mots. Sa relation<br />

avec ceux-ci s’est exprimée de différentes manières aux<br />

cours de son long cheminement. Il sut en user pour écrire<br />

lui-même des textes fondateurs comme son premier essai,<br />

Des réalités collectives, 7 qui remonte à 1958, ou en 1970<br />

Le flâneur aux palissades de la manifestation spontanée,<br />

publié dans “VH 101”, n° 3. Son style percutant se<br />

retrouve dans son livre Urbi & Orbi qui est paru d’abord<br />

en 1986 aux éditions W, puis aux éditons Luna Park en<br />

2005. Il partageait ce plaisir des mots avec François<br />

Dufrêne, grand protagoniste de l’aventure lettriste qui<br />

s’associa au mouvement affichiste dans une interprétation<br />

en “rétro-d’affiche”, et sut être le complice amical d’une<br />

aventure partagée.<br />

Une autre version de l’usage du texte accompagne l’œuvre<br />

de Villeglé depuis la fin des années soixante. Nourri à<br />

la culture de l’arpenteur des rues, le message de l’affiche<br />

ne diffère pas de l’étude sémiologique, qui permet de<br />

débusquer quelques caractères spécifiques des graffiti qui<br />

envahissent déjà les murs de Paris. En 1969, à l’occasion<br />

d’une visite du président américain Richard Nixon en<br />

France, Villeglé découvre sur une paroi de métro parisien<br />

un graphisme particulier qui trace le nom de Nixon. Evoquant<br />

cette découverte, il raconte: “Sur les murs d’un<br />

couloir du métro j’ai vu: les trois flèches de l’ancien parti<br />

socialiste, la croix gaullienne, la swastika nazie, la croix<br />

celtique inscrite dans le O des mouvements Jeune Nation,<br />

Ordre Nouveau, Occident, etc., puis à nouveau les trois<br />

flèches dynamiques, barreuses et pavloviennes de Tchakhotine,<br />

indiquant sans autres commentaires le nom du<br />

président américain. L’impact des idéogrammes politiques<br />

ainsi assemblés primait sur tous les autres slogans<br />

anti-yankees de l’heure. Les A encerclés, les N zébrés, les<br />

O coupés en quatre, les S striés, les I doublement barrés,<br />

les V étoilés, la courbe des G, faucille des soviets inversée,<br />

brochée du marteau, les S redoublés inscrits comme deux<br />

éclairs parallèles… ces surcharges emblématiques des basfonds<br />

parisiens généralisent la guérilla des symboles<br />

qu’avait imaginée en 1931 le chef de la propagande du<br />

Front d’Airain lorsqu’il conçut les trois flèches pour les<br />

jeunes ouvriers socialistes en opposition à la croix gammée<br />

des chemises brunes. 8 L’écriture latine, par amalgame,<br />

au sens alchimique du terme, avec ces idéogrammes<br />

fascistes, capitalistes, socialistes, communistes ou gauchistes,<br />

s’inscrivait en filigrane dans les pages blanches de<br />

l’histoire.” 9<br />

Cet alphabet est source de déclinaisons infinies, en “carré<br />

magique”, en tableaux picturaux où les signes composent<br />

une variation colorée de phrases lapidaires, de récits cryptés<br />

parfois difficiles à déchiffrer, de slogans quasi anarchiques.<br />

Villeglé en use dans tout format, sur tout support<br />

décrivant ainsi les mœurs et humeurs d’un temps qu’il traverse,<br />

le décryptant de son regard découpant. Jacques Villeglé<br />

effectue alors, par cette version graphique de son travail,<br />

une synthèse qui relie le hasard du lacéré anonyme au<br />

geste volontaire de l’artiste qui capture le signe pour le<br />

soumettre a sa propre volonté…<br />

1<br />

Marc Dachy, “Dada: la langue comme utopie”, in Poésure et peintrie,<br />

Réunion des Musées Nationaux, Musées de Marseille, 1993.<br />

2<br />

Premier manifeste du nouveau réalisme, Les nouveaux réalistes,<br />

Milan, 16 avril 1960.<br />

3<br />

Jacques Villeglé, Des réalités collectives, in “Grâmmes. Revue du<br />

Groupe Ultra-lettriste”, n° 2, mai 1958.<br />

4<br />

Raymond Hains, Jacques Villeglé, L’intrusion du verre cannelé dans<br />

la poésie, Librairie Lutétia, Paris, 1953.<br />

5<br />

Jacques Villeglé, La traversée urbi & orbi, Luna Park Transédition,<br />

Paris, 2005, p.178.<br />

6<br />

Publié aux éditions Ides et Calendes le 5 novembre 2004.<br />

7<br />

Publiées in “Grâmmes”, n° 2.<br />

8<br />

Serge Tchakhotine, Le viol des foules, réédition Gallimard, Paris,<br />

1972.<br />

9<br />

Jacques Villeglé, Liens & lieux. Contrastes, Galerie Départementale<br />

du Dourven, 1998, p. 39.<br />

17


Anne-Lise Quesnel<br />

Jacques Villeglé e l’atelier di Hepérile éclaté<br />

Jacques Villeglé,<br />

Rue Delambre, Paris,<br />

marzo / mars 1950<br />

Le ricerche sui caratteri tipografici sono al centro delle<br />

preoccupazioni estetiche di Jacques Villeglé. Attraverso la<br />

creazione di un alfabeto socio-politico o nella realizzazione<br />

di manifesti lacerati, Villeglé dimostra sin dalle prime<br />

opere la sua passione per la messa in scena della parola<br />

scritta. Il concetto di “illeggibilità” gioca spesso un ruolo<br />

centrale nei manifesti, le cui lacerazioni rendono incomprensibili<br />

gli slogan pubblicitari. Le lettere scorticate,<br />

così come le parole mutilate dagli strappi ripetuti, si<br />

amalgamano fino a diventare una vera e propria cacofonia<br />

lessicale.<br />

Il gusto di Villeglé per lo straniamento del messaggio originario<br />

si manifesta all’inizio degli anni cinquanta, quando<br />

decide di mettere a punto, in collaborazione con Raymond<br />

Hains, una nuova tecnica artistica che faccia “esplodere” le<br />

lettere dell’alfabeto al fine di renderle indecifrabili. I due<br />

artisti ricercano un testo da trasformare con il loro procedimento,<br />

annullandone la semantica e la presentazione formale,<br />

e scelgono un poema fonetico di Camille Bryen,<br />

Hepérile, edito in un opuscolo eponimo. Villeglé e il suo<br />

amico realizzano quindi una nuova edizione dell’opera,<br />

dandole però un aspetto visivo del tutto nuovo e intitolandola<br />

Hepérile éclaté (Hepérile esploso).<br />

L’opera, innegabilmente originale, esprime il loro rifiuto<br />

della tipografia classica a vantaggio di una sorta di “astrazione<br />

del linguaggio scritto”. Le strofe redatte in “ultralettere”<br />

conferiscono al poema una nuova dimensione<br />

artistica. Le lettere “deflagrate” sono ottenute grazie al -<br />

l’ipnagogoscopio, macchina fotografica inventata da<br />

Hains la cui principale caratteristica è di deformare l’oggetto<br />

grazie alla collocazione di un vetro scanalato davanti<br />

all’obiettivo. Poiché l’esplosione meccanica ottenuta in<br />

questo modo non ha una risoluzione sufficiente per la<br />

stampa, Villeglé ridisegna ogni negativo dell’ipnagogoscopio.<br />

La paternità di Hepérile éclaté, tuttavia, viene riconosciuta<br />

solo a Hains, relegando in secondo piano, malgrado<br />

la sua capitale importanza, l’intervento di Villeglé.<br />

Il cui impegno, tuttavia, è da riconsiderare alla luce delle<br />

decine di disegni preparatori che vengono pubblicati ora<br />

per la prima volta. 1<br />

Gli archivi inediti di Villeglé permettono di stabilire una<br />

cronologia precisa della sua evoluzione artistica, che sfocerà<br />

nella creazione dell’ultra-lettera. Il presente studio<br />

porta a interrogarsi sul riconoscimento del lavoro di Villeglé<br />

nella realizzazione di questo sorprendente libro d’artista,<br />

e propone di correggere alcune idee preconcette<br />

secondo le quali il suo apporto è stato meno importante<br />

di quello di Hains nei diversi progetti fotografici e cinematografici<br />

che i due artisti hanno portato avanti insieme<br />

tra il 1949 e il 1954.<br />

Infine, Hepérile éclaté nasce in un contesto letterario nel<br />

quale le grandi figure della poesia contemporanea inventano<br />

uno stile nuovo, che si ricollega alla radicalità delle<br />

avanguardie poetiche dell’inizio del XX secolo. Questo<br />

mirabile “libro d’artista”, divenuto opera imprescindibile,<br />

permette a Villeglé di inscrivere la propria opera nell’ambito<br />

del rinnovamento poetico del dopoguerra. Ridisegnando<br />

le lettere del nostro alfabeto, egli traspone il linguaggio<br />

per renderlo indecifrabile e mette a punto, molto<br />

prima dell’alfabeto socio-politico, la propria serie completa<br />

di caratteri. Hepérile éclaté svolge dunque un ruolo<br />

fondamentale nel percorso dell’artista e la sua realizzazione<br />

poggia su concetti cari a Villeglé quali l’appropriazione,<br />

lo straniamento e l’illeggibilità, sostrato della sua<br />

opera futura.<br />

L’ipnagogoscopio secondo Jacques Villeglé<br />

La definizione di ipnagogoscopio, apparecchio per inquadrare<br />

adattabile a una macchina fotografica o a una cinepresa,<br />

è tanto strana quanto la sua utilità. Dal momento<br />

che purtroppo non esiste più, i disegni realizzati da Villeglé<br />

rimangono le uniche testimonianze visive che ci permettono<br />

di immaginare a cosa somigliasse. 2<br />

Il 12 febbraio 1950 l’artista abbozza in un blocco da<br />

disegno questa incredibile macchina per far esplodere le<br />

forme. L’ipnagogoscopio è raffigurato come un’installazione<br />

verticale in cui una macchina fotografica a soffietto<br />

è orientata verso il suolo. I vetri scanalati sono fissati<br />

tra due libri nella parte mediana dell’apparecchio e il<br />

soggetto da fotografare, in questo caso alcuni testi, si<br />

trova all’altra estremità. Posti di fronte all’obiettivo, i<br />

vetri scanalati hanno la funzione di far esplodere il<br />

19


modello. Attraverso il gioco della diffrazione, essi deformano<br />

le lettere rendendole sfocate, le moltiplicano e le<br />

mescolano. Jacques Villeglé e Raymond Hains, utilizzando<br />

diversi tipi di vetri scanalati, sovrapponendo diverse<br />

trame e variandone l’orientamento, hanno potuto creare<br />

un’ampia gamma di effetti ottici per ottenere la deflagrazione<br />

della scrittura. A questo si somma l’aggiustamento<br />

della focale per ottenere l’effetto estetico desiderato. In<br />

questa raffigurazione, il fotografo, in piedi su un tavolo,<br />

si trova a più di due metri dal modello illuminato da una<br />

lampadina.<br />

Un secondo disegno di Villeglé, datato 20 novembre<br />

1950, mostra un’installazione più evoluta dell’ipnagogoscopio,<br />

in questo caso posto su un tavolo e quindi all’altezza<br />

dell’occhio del tecnico. L’apparecchio fotografico,<br />

montato su un binario, è orientato orizzontalmente. Nel<br />

suo asse una scatola accoglie i famosi vetri scanalati. Il<br />

nuovo dispositivo permette di aggiustare la focale, facilita<br />

il lavoro di inquadratura e offre una maggior precisione.<br />

A differenza del primo disegno, qui possiamo distinguere<br />

perfettamente il modello che l’ipnagogoscopio<br />

fotografa: i caratteri tipografici posti in piena luce. Villeglé<br />

descrive in modo molto preciso il funzionamento<br />

dell’ipnagogoscopio mettendo in scena una vera e propria<br />

seduta di deflagrazione della scrittura. L’artista disegna<br />

addirittura, in alto a destra, un esempio di risultato<br />

fantasioso.<br />

Tuttavia, nonostante l’esperienza dei due autori e il perfezionamento<br />

dell’ipnagogoscopio, l’apparecchio resta<br />

alquanto rudimentale e le ricerche sulle proprietà deformanti<br />

del vetro scanalato poggiano più sull’osservazione<br />

che sulle leggi dell’ottica. Di conseguenza le deflagrazioni<br />

ottenute sono ancora incomplete. Lo stesso Camille<br />

Bryen ha osservato i limiti dell’invenzione di Hains: “una<br />

macchina la cui caratteristica era che poteva funzionare<br />

soltanto se poi si ridisegnava quello che aveva fatto. In<br />

ultima analisi forse non se ne capiva molto l’utilità, ma<br />

funzionava così.” 3 L’apporto di Villeglé, il quale riprende<br />

manualmente le deflagrazioni ottenute con la macchina,<br />

è quindi fondamentale. L’artista possiede un vero e proprio<br />

talento di disegnatore: ha seguito il corso di pittura<br />

alla Scuola di Belle Arti di Rennes, ha lavorato presso uno<br />

studio di architettura a Saint-Malo e ha avuto una formazione<br />

da architetto a Nantes. L’immagine dell’ipnagogoscopio,<br />

realizzata interamente con inchiostro di china,<br />

dimostra le grandi capacità di disegnatore di Villeglé, che<br />

compie un lavoro straordinario utilizzando esclusivamente<br />

la risorsa della carta. La composizione è un esempio di<br />

abilità, qualità indispensabile per il progetto delle ultralettere.<br />

La boîte à “UULTRALETTRES”<br />

Jacques Villeglé ha conservato l’insieme della documentazione<br />

relativa alla creazione di Hepérile éclaté in una grande<br />

scatola Agfa Copex Papier, le cui carte fotografiche<br />

sono certamente servite allo sviluppo dei negativi realizzati<br />

con l’ipnagogoscopio. Questa custodia non può non<br />

ricordare l’opera di Marcel Duchamp, La boîte de 1914,<br />

conservata al Centre Georges Pompidou di Parigi. Villeglé<br />

ha annotato con il pennarello nero la parola “UULTRALET-<br />

TRES” sul coperchio della scatola Agfa. Il suo contenuto è<br />

una miniera di informazioni relative sia alla creazione dei<br />

caratteri sia alle principali tappe che hanno portato alla<br />

pubblicazione del libro-poema. La boîte à “UULTRALET-<br />

TRES”, con i suoi disegni preparatori, i negativi, i modelli<br />

di deflagrazione e i menabò, rappresenta quindi la memoria<br />

dell’“atelier” di Hepérile éclaté. Alcuni documenti dell’epoca,<br />

così come i ricordi raccolti da Villeglé, sono una<br />

straordinaria testimonianza che permette di tracciare una<br />

precisa cronologia dell’opera.<br />

L’artista disegna tutti gli studi preparatori con l’inchiostro<br />

di china. Nello stesso periodo utilizza questa tecnica su<br />

scarti di pellicola recuperati dal film Pénélope per realizzarne<br />

un altro che intitolerà Paris - Saint-Brieuc, 1950-1952,<br />

andato poi parzialmente perduto in seguito al degrado<br />

della pellicola. Villeglé sceglie la carta, il lucido e soprattutto<br />

il cartoncino Bristol come supporti per i suoi disegni<br />

preparatori di diverse grandezze, tra i quali alcuni si distinguono<br />

per le loro ridotte dimensioni di pochi centimetri.<br />

La boîte à “UULTRALETTRES” include anche qualche esemplare<br />

eseguito su rhodoïd, materiale utilizzato dai realizzatori<br />

di cartoni animati, il che ci ricorda che Villeglé ha<br />

sperimentato anche quella disciplina.<br />

Le prime esperienze: il collage di libri per bambini<br />

Gli schizzi preparatori eseguiti tra il 1950 e il 1° maggio<br />

1952 sono definiti “fantasiosi” dallo stesso Villeglé. Essi<br />

contribuiscono all’elaborazione di una serie insolita di<br />

caratteri deflagrati: le ultra-lettere. L’artista inizia le sue<br />

ricerche sulla deflagrazione della lettera realizzando collage<br />

con ritagli di libri per bambini, che ricorda di aver<br />

scelto perché stampati a caratteri molto grandi: la dimensione<br />

notevole delle lettere, che facilita l’apprendimento<br />

della lettura, rispondeva perfettamente alle sue necessità.<br />

20


La boîte à “UULTRALETTRES” conserva una dozzina di<br />

esemplari di questi disegni preparatori, raccolti con cura<br />

nella confezione di un metodo di lettura delle edizioni<br />

Bourrelier: Mots individuels pour 10 enfants. Questo<br />

gioco gli è certamente servito per realizzare uno studio,<br />

molto semplice, che non può non evocare il poema fonetico<br />

Hepérile. In questa composizione, infatti, Villeglé<br />

accosta <strong>frammenti</strong> di parole per formare una successione<br />

di sonorità alle quali aggiunge accenti di propria invenzione.<br />

In un’altra creazione, Villeglé ritaglia e poi incolla alcuni<br />

<strong>frammenti</strong> tipografici stampati a piena pagina su un libro<br />

per bambini, confrontando la propria esperienza avanguardista<br />

con l’illustrazione tipica delle edizioni destinate<br />

ai giovani lettori. La tecnica più usata consiste nel ritagliare<br />

meticolosamente alcune pagine di libro in sottilissime<br />

strisce larghe pochi millimetri che poi vengono incollate<br />

su un supporto, un cartoncino Bristol, senza rispettare<br />

l’ordine di lettura. Aleatorietà è la parola chiave di questo<br />

lavoro minuzioso in cui le lettere si succedono senza logica.<br />

Il testo perde il proprio significato a vantaggio di un<br />

gioco esclusivamente visivo la cui intensità aumenta ulteriormente<br />

quando Villeglé sceglie un libro stampato a<br />

caratteri gotici. I collage evocano, in una dialettica dei<br />

contrari, le lacerazioni di manifesti che l’artista raccoglie<br />

dal 1949: gli strappi spontanei effettuati dai passanti sono<br />

all’esatto opposto delle lacerazioni estremamente precise<br />

eseguite qui da Villeglé. In modo simile allora il collage di<br />

pagine stampate risponde ai celebri décollage di manifesti<br />

pubblicitari che hanno fatto la fama dell’artista. La cacofonia<br />

lessicale si ritrova in entrambe le forme di espressione,<br />

ponendo il concetto di illeggibilità al centro della sua<br />

opera.<br />

Un’altra tecnica utilizzata da Villeglé per annullare la lettura<br />

delle lettere consiste nel sovrapporre due pagine e poi<br />

prelevare alcuni <strong>frammenti</strong> di quella sopra. Il metodo<br />

inverso, l’aggiunta di brandelli di testi su una pagina intera<br />

di un libro per bambini, produce il medesimo effetto di<br />

illeggibilità. Sperimentando diverse tecniche di collage,<br />

quindi, Villeglé ottiene una varietà di risultati che destrutturano<br />

la sintassi: le frasi si confondono, le parole si<br />

mescolano, i caratteri si amalgamano e i segni tipografici<br />

amputati diventano irriconoscibili.<br />

I collage dell’artista si avvicinano alle preoccupazioni artistiche<br />

di Brion Gysin e William Burroughs, figure emblematiche<br />

della beat generation, che dissacrarono la scrittura<br />

poetica con il cut-up, una tecnica di composizione ideata<br />

nel 1958 che consiste in un collage casuale di <strong>frammenti</strong><br />

di testi ritagliati. 4 Per cui i disegni preparatori di Hepérile<br />

éclaté potrebbero essere considerati un’anticipazione e<br />

Villeglé un precursore, ma egli lo nega, poiché ritiene che<br />

questa esperienza occupi un posto marginale rispetto<br />

all’importanza della sua opera. Del resto, i beat innovano<br />

nel modo di scrivere, mentre Villeglé si dedica alla presentazione<br />

formale del testo e si interroga sui modi per renderlo<br />

illeggibile.<br />

Dai disegni fantasiosi alla deflagrazione del “Corps<br />

d’Osiris”<br />

Jacques Villeglé esprime il proprio gusto per i segni grafici<br />

sin dagli esordi della sua carriera. La visione della<br />

parola “amour” inscritta nella composizione del quadro<br />

eponimo di Joan Miró, segna per sempre lo spirito del<br />

giovane artista. Inoltre, l’attenzione dedicata all’impaginazione<br />

della propria corrispondenza testimonia il suo<br />

interesse per la tipografia, 5 che poi approfondisce con la<br />

lettura di opere specialistiche. Si documenta sulla storia<br />

della scrittura e consulta un manuale di epigrafia accadica<br />

di cui prende nota in un blocco da disegno. 6 Lì riproduce<br />

anche diversi esempi di lettere antiche iberiche e<br />

cipriote che gli ispireranno un certo numero di studi preparatori<br />

alle ultra-lettere. Villeglé immagina un insieme<br />

di segni la cui fattura sembra avvicinarsi ai geroglifici egiziani,<br />

ai caratteri cinesi così come alle note musicali. L’interesse<br />

per la stilizzazione genera a volte tipografie astratte,<br />

dalle quali l’artista cancella ogni riferimento alle<br />

forme reali delle lettere.<br />

I disegni preparatori fantasiosi sono un’occasione per<br />

giocare liberamente con i contorni, la dimensione, la<br />

fisionomia dei caratteri e il significato di lettura. Villeglé<br />

dedica ricerche molto accurate a una selezione di lettere,<br />

che declina in diversi modi. La successione delle vocali e<br />

delle consonanti rielaborate, intercalate da punteggiature<br />

reali o immaginate dall’artista, conferisce uno stile originale<br />

a questo lavoro preparatorio. Villeglé inventa parole<br />

come “Miam-m-ty”, “To glé” o “Oiié”, che gli servono<br />

da supporto per i suoi giochi formali. Egli dimostra così<br />

le potenzialità estetiche offerte dalla deflagrazione delle<br />

lettere che, malgrado le deformazioni, generalmente conservano<br />

la loro leggibilità. Le ricerche di Jacques Villeglé<br />

sfociano nella creazione di nuovi segni grafici che possono<br />

essere considerati un passaggio sperimentale, un pretesto<br />

per riflessioni sul suo modo personale di guardare la<br />

realtà.<br />

21


Oltre alle sue creazioni fantasiose, Villeglé rielabora veri<br />

e propri modelli fotografici ottenuti grazie all’ipnagogoscopio.<br />

Si dedica ai primi tentativi di lettere deflagrate<br />

realizzati a partire da stampe su carta, utilizzando il proprio<br />

nome, quello del suo collaboratore e dei loro amici<br />

artisti, Henri Goetz, Pascal Vitali e naturalmente Camille<br />

Bryen, che si prestano volentieri ai giochi della deformazione<br />

in ultra-lettere. Un altro studio particolarmente<br />

interessante mostra un tentativo di deflagrazione del<br />

titolo provvisorio di un film, IE OA E, al quale Villeglé<br />

stava lavorando nello stesso periodo della concezione di<br />

Hepérile éclaté e che sarà infine battezzato, nel 1954,<br />

Pénélope.<br />

Forte delle sue esperienze, Villeglé decide, insieme a<br />

Hains, di far esplodere tipograficamente il testo del libro<br />

Le corps d’Osiris 7 acquistato alla Librairie de Bretagne. Il<br />

loro intervento supera ora lo stadio del lavoro preparatorio<br />

e ricopre un ruolo fondamentale nel processo di creazione<br />

di Hepérile éclaté. Per la prima volta, infatti, Villeglé<br />

e Hains mettono in pratica il loro procedimento chiamando<br />

in causa i professionisti della stampa: “Ebbimo allora i<br />

nostri primi contatti con gli stampatori. Con i Fils de Victor-Michel<br />

che ci fecero un primo negativo della deflagrazione<br />

di una pagina di un in-folio sulla Venere di Quinipily<br />

pubblicato a Vannes nel 1812.” Un solo disegno preparatorio<br />

su rhodoïd, conservato nella boîte à “UULTRALET-<br />

TRES”, testimonia questa esperienza pienamente riuscita:<br />

“Il menabò del libro era perfetto, non ci si poteva sbagliare.”<br />

La boîte à “UULTRALETTRES” racchiude anche due fatture<br />

emesse dallo stampatore per questo lavoro nel mese di<br />

dicembre 1951, preziose perché determinano con precisione<br />

il momento in cui il procedimento ottico di deformazione<br />

dell’immagine cominciava ad essere pienamente<br />

dominato.<br />

Appropriazione di “Hepérile” e disappropriazione di Bryen<br />

Il 1° maggio 1952, in occasione di un incontro a casa di<br />

Bryen, Villeglé e Hains ricevono dal poeta il libro Hepérile,<br />

nel quale l’editore Pierre André Benoît aveva pubblicato<br />

nel 1950 il poema eponimo. Da questo momento Villeglé<br />

smette di eseguire i disegni preparatori che definiva<br />

fantasiosi e si dedica esclusivamente alla metamorfosi di<br />

Hepérile in Hepérile éclaté. L’opera originale, edita in<br />

diciannove esemplari, si caratterizza per la sua semplicità e<br />

la sua dimensione ridotta: solo cinque centimetri per lato<br />

per una decina di pagine che accolgono il titolo, le quattro<br />

quartine fonetiche e il colophon. La sua concezione e<br />

la sua tipografia, estremamente raffinate, offrono a Villeglé<br />

una grande libertà di reinvenzione.<br />

La boîte à “UULTRALETTRES” conserva un insieme di<br />

schizzi disegnati per Hepérile éclaté, non tutti utilizzati<br />

nell’opera finale. Il cofanetto contiene anche alcune stampe<br />

su carta in cui i versi del poema sono chiaramente riconoscibili<br />

malgrado le deformazioni generate dall’ipnagogoscopio.<br />

Tre disegni mostrano i nomi degli autori, scritti<br />

utilizzando tipografie differenti. Uno di questi, particolarmente<br />

degno di nota, propone alcune lettere che richiamano<br />

la forma di un cuore. La scanalatura del vetro fa letteralmente<br />

ondeggiare i caratteri, conferendo alle firme<br />

degli artisti una forte espressività decorativa. Infine, alcune<br />

schegge ornano i nomi con elementi tipografici, una<br />

sorta di punteggiatura fittizia propria dell’ultra-lettera. Il<br />

disegno, che sarà trasposto tale e quale nel libro Hepérile<br />

éclaté, supera lo status di bozza preparatoria e dimostra<br />

che certi documenti della boîte à “UULTRALETTRES” servirono<br />

effettivamente da modello per il menabò dell’opera<br />

finale.<br />

Gli artisti presentano ufficialmente Hepérile éclaté in occasione<br />

del vernissage di una mostra di Camille Bryen, organizzata<br />

alla Galerie Colette Allendy il 19 giugno 1953. La<br />

pubblicazione dell’opera si è svolta non senza difficoltà, e<br />

una testimonianza dello stesso Villeglé attesta le vicissitudini<br />

incontrate: “L’impaginazione della prima edizione era<br />

sbagliata. Volevamo una copertina senape, ma il colore era<br />

venuto male e sembrava cacca di uccello. Dato che così era<br />

impresentabile, lo stampatore ha ripassato tutto con il<br />

nero.” 8 La boîte à “UULTRALETTRES” conserva un esempio<br />

di questa copertina, il cui colore non è dei migliori, e le<br />

due edizioni di Hepérile éclaté. La prima, pubblicata in<br />

mille esemplari di cui cinquanta numerati con “ultranumeri”,<br />

presenta una copertina nera e contiene diversi<br />

refusi; l’impaginazione non è conforme al menabò originale<br />

e il colophon è corretto con un errata corrige. Per<br />

compensare le imprecisioni tipografiche, lo stampatore<br />

Beresniak dona una seconda edizione in trecento esemplari,<br />

riconoscibili dalla copertina grigia.<br />

Le opere vengono distribuite in diversi punti vendita parigini,<br />

tra cui la Librairie Lutétia in boulevard Raspail. 9 Villeglé<br />

ricorda che il primo anno venne venduta una dozzina<br />

di esemplari. Tuttavia un rendiconto delle spese, scritto<br />

di suo pugno e conservato nella boîte à “UULTRALET-<br />

TRES”, mostra la volontà dell’artista di diffondere la propria<br />

opera. Parte del budget era effettivamente dedicato<br />

all’ufficio stampa allestito insieme a Bryen in rue du Dra-<br />

22


gon. Inoltre, un inserto o “volantino-prefazione”, definito<br />

“giustificativo” da Villeglé, accompagna l’opera. 10 Bryen vi<br />

redige un testo nel quale definisce Hepérile éclaté il “primo<br />

poema da de-leggere”. 11 La pubblicazione di diversi articoli<br />

su importanti giornali (“Le Figaro”, “Combat” e “Le<br />

Berry Républicain”) sembra ricompensare l’iniziativa. 12<br />

Hepérile éclaté è in effetti la prima opera di Villeglé a essere<br />

presa in considerazione dalla critica. Però solo l’articolo<br />

di Jean-François Bergery, pubblicato su “Arts” e accompagnato<br />

da una riproduzione dell’opera, si distingue per la<br />

serietà con cui tratta il soggetto. Sfortunatamente è un’eccezione:<br />

l’ironia sembra infatti essere la parola d’ordine dei<br />

critici, che con aspre affermazioni denigrano la poesia visiva<br />

di Hepérile éclaté. 13<br />

Eppure, lungi dall’essere monocorde, l’opera dimostra<br />

l’ampiezza delle possibilità stilistiche offerte dalla deflagrazione<br />

della scrittura. L’impaginazione estremamente<br />

curata svela al lettore diverse serie di caratteri. Del resto,<br />

Villeglé e Hains avevano fatto il giro dei vetrai del Marais<br />

per acquistare un’ampia gamma di vetri scanalati, incrementando<br />

così le potenzialità estetiche offerte dall’ipnagogoscopio.<br />

La trama scelta per scrivere le prime quartine<br />

produce una duplice rifrazione che trasforma le lettere<br />

in un “gioco di specchi”. L’effetto bi-rifrangente, molto<br />

marcato nella pagina del titolo, sdoppia i versi del poema<br />

e agisce sulla dimensione delle lettere. I caratteri si definiscono<br />

attraverso una struttura rigorosa e geometrica, in<br />

opposizione ai tratti flessibili della serie di lettere creata<br />

da Villeglé per le firme degli artisti che hanno partecipato<br />

all’opera.<br />

Un altro stile di ultra-lettere, utilizzato per la doppia pagina<br />

principale, mette in scena <strong>frammenti</strong> di parole sparpagliati<br />

accanto a caratteri la cui forma non ha più nulla a<br />

che vedere con il significato. Alcune lettere conservano il<br />

loro aspetto originario, mentre altre scivolano verso<br />

l’astrazione. L’ambivalenza del poema annulla i punti di<br />

riferimento di una lettura convenzionale. Gli autori rifiutano<br />

l’impaginazione classica e sconvolgono i codici legati<br />

all’edizione. I caratteri sembrano essere disposti in<br />

modo aleatorio e non rispettare il tracciato che normalmente<br />

guida le righe di un testo. Il lettore è messo a confronto<br />

con un’accumulazione di segni in cui l’assenza di<br />

punteggiatura rafforza l’illeggibilità. Il senso di lettura è<br />

capovolto dal disordine delle lettere, mentre i versi e le<br />

strofe non sono più riconoscibili. Il poema si prolunga da<br />

una pagina all’altra, senza rispettare la piega del libro né i<br />

margini, che non esistono più. Il testo si sviluppa dunque<br />

sulla totalità del foglio, oltrepassando addirittura i limiti<br />

delle pagine. Alle loro estremità, infatti, i caratteri letteralmente<br />

tagliati traboccano dalla cornice del libro e sottintendono<br />

che il poema continua anche al di fuori del<br />

campo di lettura. La presentazione formale della doppia<br />

pagina impone un dualismo molto forte tra la composizione<br />

lirica di Bryen e la creazione, da parte dei due artisti<br />

plastici, di una vera e propria opera d’arte a se stante. Il<br />

testo mostra una nuova realtà, non più da leggere ma da<br />

osservare, da contemplare appunto come un’opera d’arte.<br />

I due affichiste trasgrediscono effettivamente lo status<br />

poetico di Hepérile per offrirgli una dimensione estetica<br />

supplementare.<br />

Poiché il poema di Bryen è fonetico, esso è per sua natura<br />

incomprensibile e manifesta il desiderio del suo autore di<br />

decostruire il linguaggio. Mentre la deformazione dei<br />

caratteri di Hepérile éclaté segna la volontà di decostruire<br />

lo scritto: le strofe scivolano infatti verso l’illeggibilità grazie<br />

all’ultra-lettera che eleva la visione tipografica a una<br />

potenza tale che l’occhio non può più leggerla. 14<br />

Anche i manifesti lacerati di Villeglé, raccolti negli anni<br />

cinquanta, affermano come il libro-poema il gusto dell’artista<br />

per la tipografia e il ribaltamento dei codici linguistici.<br />

Essi manifestano il suo rifiuto di una pratica artistica<br />

convenzionale e annunciano la fine della pittura di rappresentazione.<br />

Vera e propria icona della deflagrazione del<br />

linguaggio, Hepérile éclaté, che coinvolge l’artista in un’altra<br />

problematica del rifiuto, rappresenta una presa di<br />

distanza dalla letteratura convenzionale. Quest’opera è<br />

incontestabilmente un libro d’artista da ricollocare nel<br />

contesto poetico avanguardista della sua epoca. Villeglé,<br />

che a quei tempi frequenta l’ambiente dei lettristi, è perfettamente<br />

al corrente delle loro ricerche più audaci. Questa<br />

giovane generazione di poeti non s’interessa più al<br />

significato, ma tende a una vera e propria messa in scena<br />

sonora e plastica del testo. L’esperienza di Hepérile éclaté si<br />

inscrive quindi nell’ambito del rinnovamento poetico<br />

contemporaneo e rappresenta un tentativo di superamento<br />

letterario da parte di due artisti plastici. La loro iniziativa<br />

segna in modo durevole lo spirito poetico del decennio,<br />

dal momento che, nel 1957, François Dufrêne e<br />

Robert Estivals battezzeranno il loro movimento dissidente<br />

“ultra-lettrismo”, in riferimento all’ultra-lettera. Villeglé,<br />

del resto, partecipa all’elaborazione del loro manifesto<br />

pubblicando il testo Des réalités collectives sulla rivista del<br />

movimento, “Grâmmes”.<br />

Infine, Villeglé apprezza in modo particolare lo spirito<br />

23


“dadaista” di Bryen. La deformazione di Hepérile in ultralettera<br />

va al di là della semplice espropriazione semantica<br />

del poema. La prassi dell’appropriazione, emblematica<br />

dell’opera di Villeglé, genera una vera e propria disappropriazione<br />

del poema di Bryen, il quale a tal proposito dirà:<br />

“È questo lato nascosto a far sì che Hépérile éclaté sia per<br />

me un libro molto importante tra i miei lavori, perché in<br />

un certo senso lo considero come una disappropriazione<br />

attiva.” 15 Hepérile éclaté rappresenta la prima appropriazione<br />

di un poema da parte di Villeglé. Egli ripeterà quest’esperienza<br />

diverse volte dopo il 1969, anno in cui inizia<br />

a elaborare il suo alfabeto socio-politico. Pubblicando i<br />

testi dei poeti Louis Even 16 e Benjamin Péret, 17 scritti in<br />

caratteri socio-politici, Villeglé reinventa la loro composizione<br />

e prolunga così l’avventura di Hepérile éclaté.<br />

1<br />

Ricordiamo l’iniziativa di Vincent Rousseau, conservatore del<br />

Musée des Beaux-Arts di Nantes, che ha proposto Hepérile éclaté in<br />

occasione delle mostre Bryen éclaté e Bryen et compagnie, organizzate<br />

rispettivamente nel 1981 e 2007-2008: in occasione della seconda<br />

manifestazione è stata presentata al pubblico una campionatura dei<br />

disegni preparatori eseguiti da Villeglé.<br />

2<br />

Esiste anche una fotografia che mostra l’ipnagogoscopio sul set del<br />

film Pénélope e che è stata riprodotta numerose volte, al contrario dei<br />

disegni di Villeglé che sono un’esclusiva.<br />

3<br />

Intervista di Daniel Abadie con Camille Bryen del 30 marzo 1976, in<br />

Raymond Hains et la photographie, CNAC, Paris, 20 maggio - 5 luglio<br />

1976.<br />

4<br />

Brion Gysin spiega la tecnica del cut-up sul numero 108 di “Rolling<br />

Stone”: “Possedevo un grande tavolo su cui molto spesso lavoravo con<br />

un taglierino Stanley, e, accidentalmente, tagliai un certo numero di<br />

giornali che si trovavano sotto qualcosa che avevo tagliato. I pezzi<br />

sembravano andare insieme e mi misi a sistemarli [...]. Li combinai<br />

secondo un modello che mi risultava visivamente gradevole.” Cit. da<br />

Philippe Mikriammos, Au commencement était le cut-up, in William<br />

S. Burroughs. La vie et l’œuvre, Seghers, Paris, 1975, pp. 61-75.<br />

5<br />

Particolarmente significativa è una lettera che Villeglé inviò a<br />

Hains riprodotta fronte/retro in Pierre Leguillon (a cura di), J’ai la<br />

mémoire qui planche, in Raymond Hains. La tentative, Centre Georges<br />

Pompidou, Paris, 27 giugno - 3 settembre 2001, pp. 13-14.<br />

6<br />

René Labat, Manuel d’épigraphie akkadienne, Imprimerie nationale,<br />

Paris, 1948.<br />

7<br />

L’opera racconta la curiosa storia della Venere di Quinipily, una statua<br />

di origine incerta conservata in un parco a Baud, in Bretagna, e<br />

di cui Villeglé possiede nei propri archivi una vecchia cartolina.<br />

8<br />

Intervista di Daniel Abadie a Jacques Villeglé del 3 marzo 1976, in<br />

Raymond Hains et la photographie, cit.<br />

9<br />

Villeglé redige una lista abbastanza esaustiva delle librerie nell’autobiografia<br />

Cheminements 1943-1959, Jean-Pierre Huguet (“Les<br />

Sept Collines”), Saint-Julien-Molin-Molette, 1999, pp. 86-87.<br />

10<br />

Ibid., p. 87: Villeglé racconta questo particolare che prova come la<br />

mediazione della sua opera fosse stata una tematica a lui cara sin dall’inizio<br />

della sua carriera, quando questa pratica non era molto diffusa<br />

tra gli artisti. Il 16 gennaio 2008, all’Università di Versailles<br />

Saint-Quentin-en-Yvelines, fu organizzata una giornata di studio<br />

intitolata Far conoscere: le implicazioni della mediazione culturale. La<br />

relazione Mediazione e legittimazione dell’opera di un artista vivente:<br />

Jacques Villeglé (1949-2000) mostrava come la mediazione avesse<br />

acquisito un posto importante nell’opera di Villeglé e in che modo<br />

egli avesse saputo rinnovare le modalità di richiamo del pubblico. I<br />

documenti inediti conservati nella boîte à “UULTRALETTRES” sulla<br />

realizzazione di Hepérile éclaté sostengono decisamente questa teoria<br />

e confermano lo spirito anticipatore di Villeglé in materia di mediazione.<br />

11<br />

Nel testo originale, gioco di parole intraducibile in italiano: la<br />

parola dé-lire significa letteralmente de-leggere, ma allude anche a<br />

delirio (in francese délire). N.d.T.<br />

12<br />

Noël Arnaud, in “Le Petit Jésus”, 1953; Jean-François Bergery, Le<br />

poème éclaté, in “Arts”, 7-13 agosto 1953; Pierre Boujol, Lire et délire,<br />

in “La Vigie Marocaine”, 17 settembre 1953; Etiemble, Barbarie<br />

ou Berbérie, in “La Nouvelle Nouvelle Revue Française”, settembre<br />

1953; J.C., De-lire, in “Combat”, 13 luglio 1953; Georges Ravon,<br />

La poésie qui fait Bang!, in “Le Figaro”, 6 luglio 1953; Henri<br />

Rochon, La montée d’Hepérile, in “Le Journal du Dimanche Soir”,<br />

13 dicembre 1953; Léonard Saint-Michel, Le poème éclaté… ou les<br />

nouveautés de la saison, in “Le Berry Républicain”, 30 settembre<br />

1953.<br />

13<br />

Malgrado l’opinione negativa dei critici, Hepérile éclaté viene<br />

immediatamente riconosciuta per il suo giusto valore. Nel 1963 una<br />

grande mostra internazionale itinerante sul tema della lettera e dell’immagine<br />

nella creazione artistica del XX secolo, presenta l’opera e<br />

la riproduce in catalogo: Schrift en Beeld, Stedelijk Museum, Amsterdam,<br />

3 maggio - 10 giugno 1963; poi Schrift und Bild, Staatliche<br />

Kunsthalle, Baden-Baden, 14 giugno - 4 agosto 1963.<br />

14<br />

La parola “ultra-lettera” fa riferimento all’ultrasuono: effettivamente<br />

l’ultra-lettera è indecifrabile così come per l’uomo l’ultrasuono<br />

è impercettibile.<br />

15<br />

Intervista di Daniel Abadie a Camille Bryen del 30 marzo 1976,<br />

in Raymond Hains et la photographie, cit. Bryen esprime lo stesso sentimento<br />

nella nuova prefazione che scrive per la seconda edizione di<br />

L’aventure des objets nel 1969: “Ai ready-made, alle appropriazioni,<br />

avevo contrapposto in un processo dialettico la disappropriazione<br />

(Le sein de la forêt), o il sacrificio capro-espiatorio Hepérile éclaté.”<br />

16<br />

Villeglé riscrive i poemi di Even in caratteri socio-politici e li espone<br />

alla Galerie Départementale du Dourven (12 settembre - 1° novembre<br />

1998) che li riproduce nel catalogo Liens & lieux. Contrastes.<br />

17<br />

Nel 2004 Villeglé pubblica un libro d’artista intitolato Benjamin<br />

Péret. Le déshonneur des poètes, accompagnato da un’opera originale<br />

per gli esemplari numerati da I a V.<br />

Jacques Villeglé,<br />

Hôtel Salé, Rue de Thorigny,<br />

Paris, settembre / septembre<br />

1970<br />

Photo André Morain<br />

24


Anne-Lise Quesnel<br />

Jacques Villeglé et l’atelier d’Hepérile éclaté<br />

Jacques Villeglé,<br />

Rotonda di Via Besana,<br />

Milano, 1970<br />

Photo André Morain<br />

Les recherches sur les caractères typographiques sont au<br />

cœur des préoccupations esthétiques de Jacques Villeglé.<br />

Que ce soit par la création d’un alphabet socio-politique<br />

ou par la réalisation d’affiches lacérées, Villeglé démontre,<br />

dès les prémices de son œuvre, son attachement pour la<br />

mise en scène de l’écrit. Le concept d’“illisibilité” tient<br />

souvent une place centrale dans les affiches dont les lacérations<br />

rendent les slogans publicitaires incompréhensibles.<br />

Les lettres écorchées, ainsi que les mots mutilés par<br />

les déchirures successives, s’amalgament devenant finalement<br />

une véritable cacophonie lexicale.<br />

Le goût de Villeglé pour détourner le message d’origine<br />

s’exprime au début des années cinquante lorsqu’il met au<br />

point, en collaboration avec Raymond Hains, une nouvelle<br />

technique artistique destinée à “éclater” les caractères<br />

de l’alphabet afin de les rendre indéchiffrables. Les deux<br />

artistes partent alors en quête d’un texte qu’ils transformeront<br />

grâce à leur procédé, annihilant sa sémantique et sa<br />

présentation formelle. Leur choix s’oriente vers un poème<br />

phonétique de Camille Bryen, Hepérile, édité dans un<br />

opuscule éponyme. Villeglé et son ami réalisent ainsi une<br />

nouvelle publication de l’ouvrage, mais sous un aspect<br />

visuel méconnaissable et désormais intitulé Hepérile éclaté.<br />

L’œuvre, incontestablement originale, exprime leur rejet<br />

de la typographie classique au profit d’une sorte d’“abstraction<br />

du langage écrit”. Les strophes rédigées en ultralettres<br />

confèrent au poème une nouvelle dimension artistique.<br />

Les caractères “éclatés” sont obtenus grâce à l’hypnagogoscope,<br />

appareil photographique inventé par Raymond<br />

Hains, dont la principale caractéristique est de<br />

déformer le modèle grâce à l’installation d’un verre cannelé<br />

devant l’objectif. L’éclatement mécanique n’étant pas<br />

assez concluant pour la retranscription par l’imprimerie,<br />

Villeglé redessine chaque cliché de l’hypnagogoscope.<br />

Toutefois, la paternité d’Hepérile éclaté revient avec raison<br />

à Hains, relayant au second plan l’intervention de Villeglé,<br />

malgré son importance capitale. L’implication de l’artiste<br />

est à réexaminer au vu des dizaines de dessins préparatoires<br />

qui, jusqu’à présent, n’avaient fait l’objet d’aucune<br />

publication. 1<br />

Les archives inédites de Villeglé permettent d’établir une<br />

chronologie précise de son cheminement artistique qui<br />

aboutira à la création de l’ultra-lettre. En outre, cette<br />

étude conduit à s’interroger sur la reconnaissance de son<br />

travail dans la réalisation de ce surprenant livre d’artiste et<br />

propose de corriger quelques idées préconçues, tendant à<br />

faire croire que l’apport de Villeglé serait moins important<br />

que celui de Hains dans les différents projets photographiques<br />

et cinématographiques qu’ils menèrent conjointement<br />

entre 1949 et 1954.<br />

Enfin, Hepérile éclaté est né dans un contexte littéraire où<br />

les grandes figures de la poésie contemporaine s’engagent<br />

dans un style neuf, renoué avec la pertinence des avantgardes<br />

poétiques du début du XX e siècle. Ce remarquable<br />

“livre d’artiste”, devenu incontournable, permet à Villeglé<br />

d’inscrire son œuvre dans le renouveau poétique de<br />

l’après-guerre. En redessinant les caractères de notre<br />

alphabet, Villeglé transpose le langage pour le rendre indéchiffrable<br />

et met au point, bien avant l’alphabet sociopolitique,<br />

sa propre police de caractères. Hepérile éclaté<br />

joue donc un rôle essentiel dans le parcours de l’artiste. Sa<br />

réalisation repose sur les concepts chers à Villeglé que sont<br />

l’appropriation, le détournement et l’illisibilité, terreau de<br />

son œuvre future.<br />

L’hypnagogoscope par Jacques Villeglé<br />

La dénomination de l’hypnagogoscope, machine de prises<br />

de vues adaptable sur un appareil photographique ou sur<br />

une caméra, est aussi étrange que son utilité. N’existant<br />

malheureusement plus, les dessins réalisés par Villeglé<br />

demeurent les seuls témoignages visuels qui nous permettent<br />

d’imaginer à quoi il ressemblait. 2<br />

Le 12 février 1950, l’artiste croque dans un carnet à dessins<br />

cette incroyable machine à faire éclater les formes.<br />

L’hypnagogoscope est ici une installation verticale où un<br />

appareil photographique à soufflet est orienté vers le sol.<br />

Les verres cannelés sont maintenus entre deux livres dans<br />

la partie médiane de l’appareil et le sujet à photographier,<br />

en l’occurrence des textes, se trouve à l’autre extrémité.<br />

Placés devant l’objectif, les verres cannelés ont<br />

pour fonction de faire éclater le modèle. Par les jeux de<br />

la diffraction, ils déforment les caractères, les rendent<br />

27


flous, les multiplient et les mélangent. Villeglé et Hains,<br />

en utilisant plusieurs types de verres cannelés, en superposant<br />

différentes trames et en faisant varier leur orientation,<br />

ont pu créer une large gamme d’effets optiques<br />

permettant l’éclatement de l’écriture. A cela s’ajoute<br />

l’ajustement de la focale pour obtenir l’esthétique désirée.<br />

Dans cette représentation le photographe, debout<br />

sur une table, est éloigné de plus de deux mètres du<br />

modèle éclairé par une ampoule.<br />

Un second dessin de Villeglé, daté du 20 novembre 1950,<br />

montre une installation plus évoluée de l’hypnagogoscope,<br />

désormais placé sur une table et donc à la hauteur<br />

de l’œil du technicien. L’appareil photographique, monté<br />

sur un rail, est orienté horizontalement. Dans son axe, une<br />

boîte accueille les fameux verres cannelés. Le nouveau dispositif<br />

permet d’ajuster la focale, facilite le travail de prise<br />

de vues et offre une meilleure précision. Contrairement au<br />

premier dessin, nous distinguons parfaitement le modèle<br />

que l’hypnagogoscope photographie: ce sont les caractères<br />

typographiques placés en pleine lumière. Villeglé donne<br />

une description très précise du fonctionnement de l’hypnagogoscope<br />

en mettant en scène une véritable séance<br />

d’éclatement de l’écriture. L’artiste va même jusqu’à dessiner,<br />

dans le coin supérieur droit de sa composition, un<br />

exemple de résultat fantaisiste.<br />

Cependant, malgré leur expérience et le perfectionnement<br />

de l’hypnagogoscope, l’appareil reste assez rudimentaire.<br />

En outre, les recherches sur les propriétés déformantes du<br />

verre cannelé reposent plus sur l’observation que sur les<br />

lois de l’optique. En conséquence, les éclatements obtenus<br />

demeurent insuffisants. Bryen a lui-même observé les<br />

limites de l’invention de Hains, “qui était une machine<br />

caractérisée par le fait qu’elle ne pouvait fonctionner que<br />

si on redessinait après ce qu’elle avait fait. En dernier ressort,<br />

on en voyait peut-être pas beaucoup l’utilité, mais<br />

enfin elle fonctionnait comme cela”. 3 L’apport de Villeglé,<br />

qui reprend manuellement les éclatements obtenus grâce à<br />

la machine est donc capital. L’artiste possède un véritable<br />

talent de dessinateur, ayant suivi l’enseignement de la section<br />

peinture à l’Ecole des Beaux-Arts de Rennes, travaillé<br />

dans une agence d’architecture à Saint-Malo, puis une formation<br />

d’architecte à Nantes. L’image de l’hypnagogoscope<br />

réalisée entièrement à l’encre de Chine, démontre<br />

les qualités de dessinateur de Villeglé, qui réussit un tour<br />

de force en utilisant exclusivement la réserve du papier. La<br />

composition est un exemple de dextérité, qualité indispensable<br />

pour le projet des ultra-lettres.<br />

La boîte à “UULTRALETTRES”<br />

Jacques Villeglé conserve l’ensemble de la documentation<br />

relative à la création d’Hepérile éclaté dans une grande<br />

boîte Agfa dont les papiers photographiques ont très certainement<br />

servi au développement des clichés réalisés à<br />

l’aide de l’hypnagogoscope. Cet étui n’est pas sans rappeler<br />

l’œuvre de Marcel Duchamp, La boîte de 1914, conservée<br />

dans les collections du Centre Georges Pompidou.<br />

Villeglé a noté au marqueur noir le mot “UULTRALETTRES”<br />

sur le couvercle de la boîte Agfa Copex Papier. Son<br />

contenu offre une mine d’informations concernant la<br />

création des caractères, mais aussi sur les principales étapes<br />

qui menèrent à la publication du livre-poème. La boîte à<br />

“UULTRALETTRES”, avec ses dessins préparatoires, ses clichés,<br />

ses modèles d’éclatements et ses maquettes de l’édition,<br />

représente la mémoire de l’“atelier” d’Hepérile éclaté.<br />

Quelques sources datées ainsi que les souvenirs récoltés<br />

auprès de Villeglé offrent un extraordinaire témoignage<br />

permettant de retracer une chronologie précise de l’œuvre.<br />

L’artiste dessine toutes les études préparatoires à l’encre de<br />

Chine. Il utilise également cette technique, à la même<br />

époque, sur des chutes de pellicules récupérées du film<br />

Pénélope afin de réaliser un film direct qui s’appellera Paris<br />

- Saint-Brieuc, 1950-1952. Celui-ci est partiellement<br />

perdu suite au craquellement de la matière. Villeglé sélectionne<br />

le papier, le calque et principalement le Bristol<br />

comme supports pour ses dessins préparatoires aux<br />

dimensions variées dont certains, larges de seulement<br />

quelques centimètres, se distinguent par leur taille minuscule.<br />

La boîte à “UULTRALETTRES” compte également de<br />

rares exemples exécutés sur rhodoïd, matériau employé<br />

par les réalisateurs de dessins animés, rappelant que Villeglé<br />

expérimenta aussi cette discipline.<br />

Les premières expériences: le collage de livres d’enfants<br />

Les ébauches préparatoires exécutées entre 1950 et le 1 er<br />

mai 1952 sont qualifiées de “fantaisistes” par Villeglé.<br />

Elles participent à l’élaboration d’une police de caractère<br />

éclatée insolite: l’ultra-lettre. L’artiste commence ses<br />

investigations sur l’éclatement de la lettre en réalisant des<br />

collages à partir de découpages de livres d’enfants qu’il se<br />

souvient avoir choisi pour leur impression en gros caractères.<br />

La taille imposante des lettres, qui facilitait l’apprentissage<br />

de la lecture, convenait parfaitement à ses<br />

besoins. La boîte à “UULTRALETTRES” conserve une douzaine<br />

d’exemplaires de ces dessins préparatoires, soigneusement<br />

rassemblés dans l’emballage d’une méthode de<br />

28


lecture des éditions Bourrelier, Mots individuels pour 10<br />

enfants. Ce jeu lui a très certainement servi à réaliser une<br />

étude, très simple, qui n’est pas sans évoquer le poème<br />

phonétique Hepérile. En effet, dans cette composition,<br />

Villeglé juxtapose des fragments de mots qui forment une<br />

succession de sonorités et auxquels l’artiste ajoute des<br />

accents de son invention.<br />

Dans une autre création, Villeglé découpe puis colle des<br />

fragments typographiques imprimés sur une pleine page<br />

de livre pour enfants, confrontant son expérience avantgardiste<br />

à l’illustration caractéristique des éditions destinées<br />

aux jeunes lecteurs. La technique la plus usitée<br />

consiste à découper méticuleusement des pages de livre en<br />

très fines lamelles larges de quelques millimètres. Il les<br />

colle ensuite sur un renfort, une feuille Bristol, sans respecter<br />

l’ordre de lecture. L’aléatoire est le maître mot de ce<br />

travail minutieux dans lequel les lettres se succèdent sans<br />

logique. Le texte perd son sens au profit d’un jeu exclusivement<br />

visuel dont l’intensité s’accroît encore lorsque Villeglé<br />

sélectionne un livre imprimé en lettres gothiques. Les<br />

collages évoquent, dans une dialectique des contraires, les<br />

lacérations d’affiches qu’il collecte depuis 1949. Les déchirures<br />

spontanées effectuées par les passants sont à l’exact<br />

opposé des lacérations extrêmement précises exécutées ici<br />

par Villeglé. De même, le collage d’imprimés répond aux<br />

célèbres décollages des placards publicitaires qui ont fait la<br />

renommée de l’artiste. La cacophonie lexicale se retrouve<br />

cependant dans les deux formes d’expressions plaçant le<br />

concept de l’illisibilité au centre de son œuvre.<br />

Une autre technique utilisée par Villeglé pour annuler le<br />

décryptage des lettres consiste à superposer deux pages<br />

puis à prélever des fragments de celle située au-dessus.<br />

La méthode inverse, l’addition de lambeaux de textes<br />

sur une pleine page de livre d’enfant, produit des effets<br />

d’illisibilité identiques. En expérimentant plusieurs<br />

techniques de collages, Villeglé obtient une multitude<br />

d’effets déstructurant la syntaxe. Les phrases des<br />

ouvrages se confondent, les mots se mélangent, les<br />

caractères s’amalgament et les signes typographiques<br />

amputés deviennent méconnaissables.<br />

Les collages de l’artiste se rapprochent des préoccupations<br />

artistiques de Brion Gysin et William Burroughs, figures<br />

emblématiques de la beat generation, qui désacralisèrent<br />

l’écriture poétique avec le cut-up, nouvelle technique de<br />

composition inventée en 1958. Elle repose sur le collage<br />

aléatoire de bribes de textes découpées au préalable. 4 Les<br />

dessins préparatoires à Hepérile éclaté pourraient être<br />

considérés comme une anticipation et Villeglé comme un<br />

précurseur, mais l’artiste s’en défend. Il estime que cette<br />

expérience tient une place marginale en comparaison de<br />

l’importance de son œuvre. Par ailleurs, les beatniks innovent<br />

dans la manière d’écrire alors que Villeglé s’attache à<br />

la présentation formelle du texte et s’interroge sur les<br />

moyens de le rendre illisible.<br />

Des dessins fantaisistes à l’éclatement du “Corps d’Osiris”<br />

Jacques Villeglé exprime son goût pour les signes graphiques<br />

dès les prémices de sa carrière. Le mot “amour”,<br />

inscrit dans la composition du tableau éponyme de Joan<br />

Miró, marque durablement l’esprit du jeune artiste. En<br />

outre, l’attention donnée par Villeglé à la mise en page de<br />

sa correspondance témoigne de son intérêt pour la typographie,<br />

5 qu’il complète par la lecture d’ouvrages spécialisés.<br />

En effet, il se documente sur l’histoire de l’écriture<br />

et consulte un manuel d’épigraphie akkadienne dont il<br />

note la référence dans un carnet à dessins. 6 Il y reproduit<br />

également plusieurs exemples de lettres antiques ibériques<br />

et chypriotes qui l’inspireront dans un certain<br />

nombre d’études préparatoires aux ultra-lettres. Villeglé<br />

imagine un ensemble de signes dont la facture semble se<br />

rapprocher des hiéroglyphes égyptiens, des caractères chinois<br />

ainsi que des notes de musiques. Le souci de stylisation<br />

engendre parfois des typographies abstraites dans lesquelles<br />

l’artiste gomme toutes références aux formes<br />

réelles des lettres.<br />

Les dessins préparatoires fantaisistes sont l’occasion de<br />

jouer librement sur les contours, la taille, la physionomie<br />

des caractères ainsi que le sens de lecture. Villeglé consacre<br />

des recherches très poussées sur une sélection de lettres,<br />

qu’il décline de plusieurs manières différentes. La succession<br />

des voyelles et des consonnes retravaillées, entrecoupées<br />

de ponctuations réelles ou imaginées par l’artiste,<br />

confère un style original à ce travail préparatoire. Villeglé<br />

invente des mots comme “Miam-m-ty”, “To glé” ou<br />

“Oiié” qui lui servent de support pour ses jeux formels. Il<br />

démontre ainsi les potentialités esthétiques offertes par<br />

l’éclatement des lettres qui, malgré les déformations,<br />

conservent généralement leur lisibilité. Les interrogations<br />

de Villeglé aboutissent à la création de nouveaux signes<br />

graphiques pouvant être considérés comme un passage<br />

expérimental, un prétexte à réflexions sur sa manière personnelle<br />

de regarder la réalité.<br />

En plus de ses créations fantaisistes, Villeglé retravaille de<br />

véritables modèles photographiques obtenus grâce à l’hyp-<br />

29


nagogoscope. Il se lance dans les premiers essais de lettres<br />

éclatées, réalisés à partir de tirages papiers, en utilisant son<br />

nom, celui de son collaborateur et de leurs amis artistes,<br />

Henri Goetz, Pascal Vitali et bien sûr Camille Bryen qui<br />

se prêtent volontiers aux jeux de la déformation en ultralettres.<br />

Une autre étude particulièrement intéressante<br />

montre un essai d’éclatement d’un titre de film provisoire<br />

IE OA E sur lequel Villeglé travaillait simultanément à la<br />

conception d’Hepérile éclaté et qui sera finalement baptisé,<br />

en 1954, Pénélope.<br />

Fort de ses expériences, Jacques Villeglé et Hains décident<br />

de faire éclater typographiquement le texte du livre Le<br />

corps d’Osiris 7 acheté à la Librairie de Bretagne. Leur initiative<br />

dépasse maintenant le stade du travail préparatoire<br />

et joue un rôle fondamental dans le processus de création<br />

d’Hepérile éclaté. En effet, pour la première fois Villeglé et<br />

Hains mettent en application leur procédé en faisant<br />

appel à des professionnels de l’édition: “Nous eûmes alors<br />

nos premiers contacts avec les imprimeurs. Avec les Fils de<br />

Victor-Michel qui nous firent un premier cliché au trait<br />

d’un éclatement de la page d’un in-folio concernant la<br />

Vénus de Quinipily paru à Vannes en 1812.” Un seul dessin<br />

préparatoire sur rhodoïd, conservé dans la boîte à<br />

“UULTRALETTRES”, témoigne de cette expérience pleinement<br />

réussie: “La maquette du livre était impeccable, on<br />

ne pouvait pas se tromper.” La boîte à “UULTRALETTRES”<br />

renferme deux précieuses factures datées du mois de<br />

décembre 1951 et éditées par l’imprimeur pour ce travail.<br />

Elles déterminent, avec précision, le moment où le procédé<br />

optique de déformation de l’image commençait à<br />

être pleinement maîtrisé.<br />

Appropriation d’“Hepérile” et désappropriation de Bryen<br />

Le 1 er mai 1952, lors d’un rendez-vous au domicile de<br />

Camille Bryen, Villeglé et Hains reçoivent du poète le<br />

livre Hepérile dans lequel l’éditeur Pierre-André Benoît<br />

avait publié en 1950 son poème éponyme. A cette date,<br />

Villeglé arrête les dessins préparatoires qu’il qualifiait de<br />

fantaisistes et se consacre exclusivement à la métamorphose<br />

d’Hepérile en Hepérile éclaté. L’ouvrage original,<br />

édité en dix-neuf exemplaires, se caractérise par sa simplicité<br />

et sa taille minuscule, seulement cinq centimètres de<br />

côté pour une dizaine de pages qui accueillent le titre, les<br />

quatre quatrains phonétiques et l’achevé d’imprimer. Sa<br />

conception et sa typographie, très épurées, offrent à Villeglé<br />

une grande liberté de réinvention.<br />

La boîte à “UULTRALETTRES” lègue un ensemble d’ébauches<br />

dessinées pour Hepérile éclaté qui ne seront pas toutes utilisées<br />

dans l’œuvre finale. Le coffret conserve également des<br />

tirages papier où les vers du poème sont clairement reconnaissables<br />

malgré les déformations engendrées par l’hypnagogoscope.<br />

Trois dessins montrent les noms des auteurs<br />

écrits en utilisant des typographies différentes. L’un d’entre<br />

eux, particulièrement remarquable, propose des lettres qui<br />

ne sont pas sans rappeler la forme d’un cœur. En outre, la<br />

cannelure du verre fait littéralement ondoyer les caractères,<br />

conférant aux signatures des artistes une forte expressivité<br />

décorative. Enfin, des éclats agrémentent les noms d’éléments<br />

typographiques, sorte de ponctuation fictive propre<br />

à l’ultra-lettre. Le dessin, qui sera transposé tel quel dans le<br />

livre Hepérile éclaté, dépasse le statut d’ébauche préparatoire<br />

et démontre que certains documents de la boîte à<br />

“UULTRALETTRES” servirent effectivement de modèle pour<br />

la maquette de l’œuvre finale.<br />

Les artistes présentent officiellement Hepérile éclaté lors du<br />

vernissage d’une exposition de Camille Bryen, organisée à<br />

la Galerie Colette Allendy le 19 juin 1953. La publication<br />

de l’ouvrage ne s’est pas déroulée sans difficulté selon un<br />

témoignage de Villeglé qui atteste des vicissitudes rencontrées:<br />

“La mise en page de la première édition était ratée.<br />

On voulait une couverture moutarde, il avait aussi raté la<br />

couleur qui faisait caca d’oie. Comme ce n’était pas possible,<br />

l’imprimeur a tout repassé en noir.” 8 La boîte à “UUL-<br />

TRALETTRES” conserve un exemple de cette couverture<br />

dont la couleur n’est pas du meilleur effet ainsi que les<br />

deux éditions d’Hepérile éclaté. La première, publiée en<br />

mille exemplaires dont cinquante numérotés en “ultrachiffres”,<br />

possède une couverture à fond noir et renferme<br />

plusieurs coquilles. D’une part, la mise en page n’est pas<br />

conforme à la maquette originale et, d’autre part, l’achevé<br />

d’imprimer est corrigé par un erratum. En compensation<br />

des confusions typographiques, l’imprimeur Beresniak<br />

offre une seconde édition à 300 exemplaires, reconnaissable<br />

à sa couverture grise.<br />

Les ouvrages sont déposés dans plusieurs points de vente<br />

parisiens, dont la Librairie Lutétia située boulevard Raspail.<br />

9 Villeglé se souvient qu’une petite douzaine d’ouvrages<br />

s’est écoulée la première année. Pourtant un récapitulatif<br />

des dépenses, écrit de sa main et sauvegardé dans<br />

la boîte à “UULTRALETTRES”, montre la volonté de l’artiste<br />

de diffuser son œuvre. Des budgets étaient effectivement<br />

alloués à l’argus et au service de presse mis en place avec<br />

Bryen, rue du Dragon. De plus, un encart ou “tract-préface”,<br />

sorte de flyer appelé “justificatif” par Villeglé,<br />

30


accompagne l’ouvrage. 10 Bryen y rédige un texte dans<br />

lequel il qualifie Hepérile éclaté de “premier poème à délire”.<br />

Plusieurs articles, parus immédiatement dans des<br />

journaux importants, semblent récompenser leur initiative:<br />

“Le Figaro”, “Combat” et “Le Berry Républicain”. 11<br />

En outre, Hepérile éclaté est la première œuvre de Villeglé<br />

faisant l’objet d’une critique. Un papier de Jean-François<br />

Bergery, édité dans “Arts” et agrémenté d’une reproduction<br />

de l’œuvre, se distingue en traitant le sujet avec<br />

sérieux. Malheureusement, l’article fait figure d’exception<br />

car l’ironie semble être le maître mot des journalistes<br />

dont les paroles acerbes dénigrent la poésie visuelle d’Hepérile<br />

éclaté. 12<br />

Pourtant, loin d’être monocorde, l’ouvrage démontre<br />

l’étendue des possibilités stylistiques offertes par l’éclatement<br />

de l’écriture. La mise en page soignée laisse découvrir<br />

au lecteur plusieurs polices de caractères. Jacques Villeglé<br />

et Raymond Hains avaient d’ailleurs fait le tour des<br />

miroitiers du Marais pour acheter une large gamme de<br />

verres cannelés, augmentant ainsi les potentialités esthétiques<br />

offertes par l’hypnagogoscope. La trame sélectionnée<br />

pour écrire les premiers quatrains produit une double<br />

réfraction, transformant ainsi les lettres dans un “jeu de<br />

miroir”. L’effet biréfringent, très prononcé sur la page de<br />

titre, dédouble les vers du poème et agit sur la taille du<br />

corps des lettres. Les caractères se définissent par une<br />

structure stricte et géométrique en opposition aux tracés<br />

souples de la police créée par Villeglé pour les signatures<br />

des artistes ayant participé à l’œuvre.<br />

Un autre style d’ultra-lettres, utilisé pour la double page<br />

principale, met en scène des fragments de mots éparpillés<br />

qui côtoient des caractères dont la forme n’a plus rien à<br />

voir avec le signifiant. Certaines lettres conservent leur<br />

aspect d’origine, tandis que d’autres basculent vers l’abstraction.<br />

L’ambivalence du poème annule les repères d’une<br />

lecture conventionnelle. Les auteurs rejettent la mise en<br />

page classique et bouleversent les codes liés à l’édition. Les<br />

caractères semblent être disposés de manière aléatoire et<br />

ne pas respecter le tracé qui guide habituellement les<br />

lignes d’un texte. Le lecteur est confronté à une accumulation<br />

de signes dont l’absence de ponctuation renforce<br />

l’illisibilité. Le sens de lecture est renversé par le désordre<br />

des lettres, tandis que les vers et les strophes ne sont plus<br />

discernables. Le poème se prolonge d’une page à l’autre,<br />

sans respecter la pliure de l’ouvrage ni les marges qui<br />

n’existent plus. Le texte se développe donc sur l’intégralité<br />

du feuillet, dépassant même les limites de la page. A leurs<br />

extrémités, les caractères littéralement coupés débordent<br />

du cadre du livre et sous-entendent que le poème continue<br />

en dehors du champ de lecture. La présentation formelle<br />

de la double page impose une dualité très forte entre la<br />

composition lyrique de Bryen et la création d’une véritable<br />

œuvre d’art par les deux plasticiens. Le texte montre<br />

une nouvelle réalité. Il n’est plus à lire, mais à observer, à<br />

contempler comme une œuvre d’art. Les deux affichistes<br />

transgressent effectivement le statut poétique d’Hepérile<br />

pour lui offrir une dimension esthétique supplémentaire.<br />

Le poème de Bryen étant phonétique, il est par nature<br />

incompréhensible et manifeste le désir de son auteur de<br />

déconstruire le langage. La déformation des caractères<br />

d’Hepérile éclaté marque, quant à elle, la volonté de<br />

déconstruire l’écrit. En fait, les strophes glissent vers l’illisibilité<br />

grâce à l’ultra-lettre qui élève la vision typographique<br />

à une puissance si intense que l’œil ne peut plus<br />

la lire. 13<br />

Comme le livre-poème, les affiches lacérées de Villeglé,<br />

récoltées dans les années cinquante, affirment le goût de<br />

l’artiste pour la typographie et le brouillage des codes linguistiques.<br />

Elles manifestent son rejet d’une pratique artistique<br />

conventionnelle et annoncent la fin de la peinture de<br />

transposition. Véritable icône de l’éclatement du langage,<br />

Hepérile éclaté, qui engage l’artiste dans une autre problématique<br />

du refus, représente une mise à distance de la littérature<br />

conventionnelle. Cette œuvre est sans conteste un<br />

livre d’artiste à replacer dans le contexte poétique avantgardiste<br />

de son époque. Villeglé, qui fréquente alors le<br />

milieu lettriste, est parfaitement au fait de leurs recherches<br />

les plus audacieuses. Cette jeune génération de poètes ne<br />

s’attache plus au sens, mais tend à une véritable mise en<br />

scène sonore et plastique du texte. L’expérience Hepérile<br />

éclaté s’inscrit dans le renouveau poétique contemporain<br />

et représente une tentative de dépassement littéraire par<br />

deux artistes plasticiens. Leur initiative marque durablement<br />

l’esprit poétique de la décennie, puisqu’en 1957<br />

François Dufrêne et Robert Estival baptiseront leur mouvement<br />

dissident “ultra-lettrisme” en référence à l’ultralettre.<br />

Villeglé participe d’ailleurs à leur manifeste en<br />

publiant son texte Des réalités collectives dans la revue du<br />

mouvement, “Grâmmes”.<br />

Enfin, Villeglé apprécie particulièrement l’esprit “dadaïste”<br />

de Camille Bryen. La déformation en ultra-lettre d’Hepérile<br />

dépasse la simple dépossession sémantique du poème.<br />

La praxis de l’appropriation, emblématique de l’œuvre de<br />

Villeglé, engendre une véritable désappropriation du<br />

31


poème de Bryen, qui dira sur le sujet: “C’est ce côté masqué<br />

qui fait que Hépérile éclaté est pour moi un livre très<br />

important dans mes travaux, car je le considère en quelque<br />

sorte comme une désappropriation active.” 14 Hepérile<br />

éclaté représente la première appropriation d’un poème par<br />

Villeglé. Il réitèrera cette expérience à plusieurs reprises<br />

après 1969, année où il débute son alphabet socio-politique.<br />

En publiant les textes des poètes Louis Even 15 et<br />

Benjamin Péret, 16 écrits en caractères socio-politiques, Villeglé<br />

réinvente ainsi leur composition et prolonge l’aventure<br />

d’Hepérile éclaté.<br />

1<br />

Saluons l’initiative de monsieur Vincent Rousseau, conservateur<br />

du Musée des Beaux-Arts de Nantes, qui présenta Hepérile éclaté<br />

dans les expositions Bryen éclaté et Bryen et Compagnie, organisées<br />

respectivement en 1981 et 2007-2008. Lors de la manifestation la<br />

plus récente, un échantillon pertinent de dessins préparatoires, exécutés<br />

par Jacques Villeglé, a été présenté au public.<br />

2<br />

Il existe également une photographie qui montre l’hypnagogoscope<br />

sur le tournage du film Pénélope. Elle fut très souvent reproduite<br />

contrairement aux dessins de Villeglé qui sont une exclusivité.<br />

3<br />

Entretien de Daniel Abadie avec Camille Bryen daté du 30 mars<br />

1976, in Raymond Hains et la photographie, CNAC, Paris, du 20 mai<br />

au 5 juillet 1976.<br />

4<br />

Brion Gysin explique le cut-up dans le numéro 108 de “Rolling<br />

Stone”: “Je possédais une grande table sur laquelle je travaillais très<br />

souvent avec une lame Stanley, et, accidentellement, j’ai coupé un<br />

certain nombre de journaux qui se trouvait sur quelque chose d’autre<br />

que j’avais découpé. Les morceaux semblèrent aller ensemble et<br />

je me suis mis à les arranger; […] je les ai combinés selon un modèle<br />

qui m’était visuellement agréable.” Cité par Philippe Mikriammos,<br />

“Au commencement était le cut-up”, in William S. Burroughs. La vie<br />

et l’œuvre, Seghers, Paris, 1975, p. 61-75.<br />

5<br />

Une lettre de Jacques Villeglé envoyée à Raymond Hains est particulièrement<br />

significative. Elle fut reproduite recto/verso dans Pierre<br />

Leguillon (dir.), J’ai la mémoire qui planche, in Raymond Hains. La<br />

tentative, Centre Georges Pompidou, Paris, du 27 juin au 3 septembre<br />

2001, p. 13-14.<br />

6<br />

René Labat, Manuel d’épigraphie akkadienne, Imprimerie Nationale,<br />

Paris, 1948.<br />

7<br />

L’ouvrage relate l’étrange histoire de la Vénus de Quinipily, une statue<br />

d’origine incertaine conservée dans un parc à Baud en Bretagne<br />

et dont Villeglé détient une carte postale ancienne dans ses archives.<br />

8<br />

Entretien de Daniel Abadie avec Jacques Villeglé daté du 3 mars<br />

1976, in Raymond Hains et la photographie, op. cit.<br />

9<br />

Villeglé dresse une liste assez exhaustive des librairies dans son<br />

autobiographie: Jacques Villeglé, Cheminements 1943-1959, Jean-<br />

Pierre Huguet (“Les Sept Collines”), Saint-Julien-Molin-Molette,<br />

1999, p. 86-87.<br />

10<br />

Ibid., p. 87. Villeglé relate cette anecdote qui prouve que la médiation<br />

de son œuvre est un sujet lui tenant à cœur dès le début de sa<br />

carrière, alors que cette pratique n’était pas très répandue chez les<br />

artistes. Une journée d’étude fut organisée à l’Université de Versailles<br />

Saint-Quentin-en-Yvelines, le 16 janvier 2008, sur le thème Faire<br />

connaître: les enjeux de la médiation culturelle. La communication,<br />

Médiation et légitimation de l’œuvre d’un artiste vivant: Jacques Villeglé<br />

(1949-2000), montrait de quelle manière la médiation prend une<br />

place importante dans l’œuvre de Villeglé et comment il a su renouveler<br />

les modalités d’appel du public très tôt. Les documents inédits<br />

conservés dans la boîte à “UULTRALETTRES” sur la réalisation d’Hepérile<br />

éclaté étayent remarquablement cette théorie et confirment l’état<br />

d’esprit anticipateur de Villeglé en matière de médiation.<br />

11<br />

Noël Arnaud, in “Le Petit Jésus”, 1953; Jean-François Bergery, Le<br />

poème éclaté, in “Arts”, 7-13 août 1953; Pierre Boujol, Lire et délire,<br />

in “La Vigie Marocaine”, 17 septembre 1953; Etiemble, Barbarie ou<br />

Berbérie, in “La Nouvelle Nouvelle Revue Française”, septembre<br />

1953; J.C., Dé-lire, in “Combat”, 13 juillet 1953; Georges Ravon,<br />

La poésie qui fait Bang!, in “Le Figaro”, 6 juillet 1953; Henri<br />

Rochon, La montée d’Hepérile, in “Le Journal du Dimanche Soir”,<br />

13 décembre 1953; Léonard Saint-Michel, Le poème éclaté… ou les<br />

nouveautés de la saison, in “Le Berry Républicain”, 30 septembre<br />

1953 .<br />

12<br />

Malgré l’opinion négative des critiques, Hepérile éclaté est reconnu<br />

immédiatement à sa juste valeur. En 1963, une grande exposition<br />

internationale itinérante qui traite de la lettre et de l’image dans la<br />

création artistique du XX e siècle présente l’ouvrage et le reproduit<br />

dans son catalogue: Schrift en Beeld, Stedelijk Museum, Amsterdam,<br />

du 3 mai au 10 juin 1963, puis Schrift und Bild, Staatliche Kunst -<br />

halle, Baden-Baden, du 14 juin au 4 août 1963.<br />

13<br />

Le mot “ultra-lettre” fait référence à l’ultra-son. L’ultra-lettre est<br />

effectivement indéchiffrable comme l’ultra-son est inaudible par<br />

l’homme.<br />

14<br />

Entretien de Daniel Abadie avec Camille Bryen daté du 30 mars<br />

1976, in Raymond Hains et la photographie, op. cit. Bryen exprime<br />

un sentiment identique dans la nouvelle préface qu’il écrit pour la<br />

seconde édition de L’aventure des objets en 1969: “Aux ready-mades,<br />

aux appropriations, j’avais tout naturellement opposé dans un processus<br />

dialectique la désappropriation (Le sein de la forêt), ou le sacrifice<br />

bouc-émissaire Hepérile éclaté.”<br />

15<br />

Villeglé réécrit les poèmes d’Even en caractères socio-politiques et<br />

les expose à la Galerie du Dourven qui les reproduit dans son catalogue<br />

Liens & lieux. Contrastes, Galerie Départementale du Dourven,<br />

Dourven, du 12 septembre au 1 er novembre 1998.<br />

16<br />

En 2004, Villeglé publie un livre d’artiste intitulé Benjamin Péret.<br />

Le déshonneur des poètes, agrémenté d’une œuvre originale pour les<br />

exemplaires numérotés de I à V.<br />

Jacques Villeglé,<br />

Rue au Maire, Paris, 1988<br />

Photo François Poivret<br />

32


Gérard Xuriguera<br />

Jacques Villeglé, predatore-poeta della città<br />

Jacques Villeglé,<br />

Paris, 1995<br />

Photo Philippe Bonan<br />

Dall’inizio del XX secolo, sulla scia di Dada, l’arte ha<br />

rivolto uno sguardo nuovo all’oggetto industriale. Alcuni<br />

artisti temerari si sono appropriati degli elementi, dei<br />

manufatti, delle tecniche della civiltà produttiva, straniandone<br />

il significato in funzione del loro potenziale<br />

estetico e poetico. Questo approccio può anche essere<br />

interpretato come un esorcismo nei confronti delle<br />

manovre di disumanizzazione dell’arte, degli eccessi della<br />

pittura di materia e della sottomissione al cavalletto.<br />

Atteggiamento di rottura, dunque, in un’epoca governata<br />

dall’egemonia della pittura astratta, che avrebbe condotto<br />

due pionieri, Jacques Villeglé e Raymond Hains, a un<br />

linguaggio basato sulla presentazione e non più sulla rappresentazione,<br />

che mette in equazione lo statuto dell’oggetto<br />

e il suo modo di formulazione in un rapporto<br />

oggettivo/sog gettivo, a partire da una predazione inedita<br />

dei dati grezzi e quantitativi della realtà urbana, seguendo<br />

un’idea prestabilita.<br />

L’arte veicola da sempre il peso della menzogna delle parole,<br />

che essa ha per missione di mettere in immagini, vale a<br />

dire di immaginare, come altri le traducono in musica e<br />

salmodiano i miti manipolatori. A memoria umana, il<br />

disegno è sempre stato il supporto di un progetto. Progetto<br />

celebrato dal disegnatore, quando intende vivere della<br />

propria pratica, perché egli è allora alla mercé dei suoi<br />

committenti ricchi o potenti. Così, un’opera ha valore<br />

solo per chi la desidera, nell’intento di rafforzare il proprio<br />

status. Nemmeno un bozzetto rimane innocente, se<br />

richiesto o semplicemente acquisito.<br />

Allora, per sfuggire al ruolo di propagandista al quale è<br />

assoggettata ogni impresa creatrice sotto il giogo della religione<br />

o delle sue repliche profane legate alle ideologie e alle<br />

loro moderne mitologie, alcuni artisti contemporanei<br />

hanno intrapreso il progetto di un’abrasiva defigurazione,<br />

al fine di svincolare lo sguardo da tutto ciò che poteva catturarlo<br />

e suscitare la venerazione. Due vie sono state intraprese<br />

per liberare la visione e rompere il rito possessivo dell’iconolatria:<br />

la non-figurazione calda o fredda che dissolve<br />

il discernibile, e ciò che potremmo definire raccolta, poiché<br />

si tratta di presentare oggetti radunati a questo scopo.<br />

Questa seconda opzione è tuttavia paradossale, in quanto<br />

la non-figurazione rinvia qui a realtà identificabili, ma<br />

demolite o strappate, se non deviate dal loro significato<br />

attraverso un’accumulazione annichilente o qualche altro<br />

processo di annullamento della meccanica edificante.<br />

A questo punto, per meglio esaminare i risvolti della problematica<br />

di Villeglé, dai manifesti con lettere o graffiti al<br />

suo alfabeto socio-politico, ne distingueremo le tappe fondamentali.<br />

Entrato nell’arte in un mondo in rovina, egli<br />

non poteva che volerla emancipare da tutti i messaggi,<br />

strapparla a tutte le volontà di potenza che l’avevano votata<br />

alle devozioni ideologiche omicide. Adolescente in una<br />

Parigi strangolata dalla propaganda dell’occupazione straniera,<br />

quando il libero esercizio della creazione rischiava di<br />

essere fatale, egli è tuttavia ammesso alla Scuola di Belle<br />

Arti, inizialmente nella sezione pittura, poi in architettura<br />

nel 1945. Nella Francia rinascente, la ricostruzione offre<br />

molteplici prospettive ai maestri nell’arte dell’edificare.<br />

Ora, ciò che affascina il giovane bretone, è ciò che resta<br />

degli edifici e che deriva dalla devastazione.<br />

Nel 1947 comincia a raccogliere <strong>frammenti</strong> del “mur de<br />

l’Atlantique”, come altri più tardi si procureranno pezzi<br />

di quello di Berlino, benché con un intento diverso, in<br />

quanto la finalità di questi ultimi consiste nel recuperare<br />

<strong>frammenti</strong> di affreschi che diedero l’assalto alla cortina<br />

di ferro. Questa fortificazione crollata, le sue armature<br />

frantumate nelle quali Villeglé vedeva opere scolpite<br />

alla cieca dalla guerra, tutti questi <strong>frammenti</strong> decaduti<br />

costituirono il principio di uno stile che egli non ha mai<br />

smesso di approfondire.<br />

Nel 1949, in seguito alla scoperta di un altro universo di<br />

devastazione nel campo lavorato delle informazioni murali,<br />

egli realizza insieme al suo complice Raymond Hains il<br />

suo primo décollage. E continuerà a ordire a modo suo<br />

con ingegnosità mescolanze di immagini e parole amputate,<br />

sedotto dai brandelli residui delle palizzate, dei pannelli<br />

pubblicitari incollati e di altri manifesti di organizzazioni<br />

partigiane, che mani anonime hanno invalidato. Tanti<br />

documenti bistrattati da ignoti nemici, i cui messaggi tessono<br />

strane testimonianze, di un’altra guerra, senza nome<br />

né ragione apparente.<br />

Questo “esercito delle ombre” in tempi di pace, in lotta<br />

35


Jacques Villeglé,<br />

15, Rue au Maire, Paris,<br />

aprile / avril 2003<br />

Photo Odile Felgine<br />

contro il mercato del bombardamento mentale, Jacques<br />

ha desiderato mostrarlo nella luce dei musei e delle gallerie,<br />

e teorizzare questo ricorso all’opera collettiva dei laceratori,<br />

trasformando i marchi commerciali e gli slogan<br />

militanti in enunciati illeggibili. Peraltro, nella sua relazione<br />

Des réalités collectives del 1958, considerata precorritrice<br />

del nouveau réalisme e pubblicata solamente nel 1960,<br />

egli confessa di essere unicamente il collezionista di queste<br />

opere collettive, delle quali si appropria incollandole sulla<br />

tela o su un altro supporto, per rendere trasportabili questi<br />

affreschi urbani, riflessi del condizionamento visivo e<br />

semantico della società moderna, il cui spettacolo quotidiano<br />

in continua elaborazione non cessa di stimolare<br />

l’immaginario del predatore-poeta della città. Insomma,<br />

Villeglé rintraccia nella più trita banalità tutti i componenti<br />

di una bellezza nata dal suo rifiuto.<br />

Ora, sul filo del suo procedimento di salvataggio di carte<br />

destinate allo scarto, s’insinua un sorprendente ritorno alla<br />

funzione immortalante dell’arte, che confina con la conservazione<br />

archeologica. Salvo che questa conservazione<br />

procede da uno spirito profondamente lucido, molto<br />

ancorato all’estetica della sua epoca, che rivendica di<br />

“appropriarsi soltanto di un aspetto del mondo, e di non<br />

credere che scegliere oggetti sia rivoluzionario”. Ne risultano<br />

manifesti divenuti indecifrabili dai profanatori di<br />

insegne pubbliche, che appaiono come improbabili partiture<br />

geroglifiche, delle quali lo spettatore fatica a essere lo<br />

Champollion.<br />

Su un versante adiacente ma retrospettivo, Villeglé ha utilizzato<br />

altri mezzi per produrre informazioni talmente<br />

deformate da risultare sconcertanti, in particolare realizzando<br />

con Hains l’opuscolo Hepérile éclaté – da Hepérile,<br />

pseudo-poema di Camille Bryen –, pubblicato in una ti -<br />

pografia talmente distorta che non si riesce nemmeno più<br />

a immaginare che già il testo iniziale era incomprensibile.<br />

Facendo ciò, il suo interesse per l’informazione, Villeglé<br />

lo ha prolungato attraverso un gioco di scrittura che ha<br />

come conseguenza di renderne più complessa la lettura.<br />

Alla maniera di Victor Hugo e di diversi altri autori, oulipiani<br />

o no, che giocarono con le lettere, egli veste l’alfabeto<br />

latino di orpelli politici o risonanze religiose, metamorfosando<br />

simboli in segni. E declassando disegni estremamente<br />

seri che sintetizzano movimenti d’idee, egli sfocia<br />

su ornamentazioni ludiche di caratteri romani. Un<br />

simile procedimento iconoclasta interrotto da stemmi e<br />

linee verticali, grafie tondeggianti o spigolose, riferimenti<br />

a Pascal o a Cioran, non aspira al rebus. Certo, confonde<br />

le tracce, suscita la curiosità, a volte pericolosamente<br />

(vedi la dicotomia di certi emblemi), ma se è vero che ci<br />

fuorvia, isolando parole o brandelli di locuzioni esso<br />

nutre una sana provocazione. Nonostante ciò, firmando<br />

manifesti di volta in volta indecifrabili e infarciti di connotazioni<br />

simboliche che declinano la singolarità delle<br />

sue gesta, oppure contando su una criptazione alfabetica<br />

corrosiva, egli convoglia più domande giudiziose che<br />

risposte incerte.<br />

Infine, al pari di numerose creazioni dagli inizi dello<br />

sguardo in poi, la sua arte comporta innegabilmente<br />

un’ideologia, secondo ogni evidenza denunciatrice di tutte<br />

le altre, a meno che non coltivi una variante della molto<br />

asiatica filosofia del non agire, interrogativa poiché non<br />

intende avanzare alcuna risposta definitiva. Ogni espressione<br />

di ordine superiore non è forse ambigua?<br />

Da tempo ormai riconosciuta, quali che siano i suoi<br />

postulati e il loro substrato, l’opera pionieristica di Jacques<br />

Villeglé è ormai inscritta nella storia dell’arte del<br />

nostro oggi.<br />

36


Gérard Xuriguera<br />

Jacques Villeglé, prédateur-poète de la cité<br />

Dès l’entame de la moitié du XX e siècle, dans le sillage de<br />

Dada, l’art a porté un regard neuf sur l’objet industriel. Les<br />

éléments, les produits, les techniques de la civilisation de<br />

fabrication, furent annexés par des artistes téméraires et<br />

leur sens déplacé en fonction de leur potentiel esthétique et<br />

poétique. Cette approche pouvant être aussi comprise<br />

comme un exorcisme répondant aux manœuvres de déshumanisation<br />

de l’art, aux excès de la peinture de matière et<br />

à la soumission au chevalet. Attitude de rupture, donc, à<br />

une époque gouvernée par l’hégémonie picturale abstraite,<br />

qui allait conduire deux pionniers, Jacques Villeglé et Raymond<br />

Hains, vers un langage basé sur la présentation et<br />

non plus la représentation, mettant en équation le statut de<br />

l’objet et son mode de formulation dans un rapport objectif/subjectif,<br />

à compter d’une prédation inédite des données<br />

brutes et quantitatives de la réalité urbaine, selon le<br />

concept consacré.<br />

L’art véhicule depuis toujours le poids des mots qui mentent,<br />

qu’il a pour mission de mettre en images, c’est-à-dire<br />

d’imaginer, comme d’autres le traduisent en musique et<br />

psalmodient les mythes manipulateurs. De mémoire<br />

humaine, le dessin a toujours été le support d’un dessein.<br />

Dessein magnifié par l’imagier, lorsqu’il entend vivre de sa<br />

pratique, car il est alors à la merci de ses commanditaires<br />

riches ou puissants. Ainsi, une œuvre ne vaut que pour<br />

ceux qui la désirent, dans le but de conforter leur statut.<br />

Pas même un esquisse ne demeure innocente, si elle est<br />

requise ou simplement acquise.<br />

De la sorte, pour échapper au rôle de propagandiste auquel<br />

est astreinte toute entreprise créatrice sous la coupe de la<br />

religion ou de ses répliques profanes liées aux idéologies et<br />

à leurs modernes mythologies, des artistes contemporains<br />

ont entrepris le projet d’une décapante défiguration, afin<br />

de libérer le regard de tout ce qui pouvait le captiver et susciter<br />

la vénération. Deux voies ont vu le jour pour déverrouiller<br />

la vision et casser le rite possessif de l’iconolâtrie: la<br />

non-figuration chaude ou froide qui dissout le discernable,<br />

et ce qu’on pourrait qualifier de collection, puisqu’il s’agit<br />

de présenter des objets collectés à cette fin. Cette seconde<br />

option est cependant paradoxale, en ce que la non-figuration<br />

renvoie ici à des réalités identifiables, mais détruites ou<br />

déchirées, sinon détournées de leur sens par une accumulation<br />

annihilante, ou autre processus d’annulation de la<br />

mécanique édifiante.<br />

A ce stade, pour mieux envisager les détours de la problématique<br />

de Villeglé, des affiches lettrées ou graphées à son<br />

alphabet socio-politique, on en distinguera les étapes<br />

essentielles. Entré en art dans un monde en ruines, il ne<br />

pouvait que vouloir l’émanciper de tous les messages, l’arracher<br />

à toutes les volontés de puissance qui le vouèrent<br />

aux dévotions idéologiques meurtrières. Adolescent dans<br />

un Paris étranglé par la propagande de l’occupation étrangère,<br />

quand le libre exercice de la création risquait d’être<br />

fatal, il intègre pourtant l’Ecole des Beaux-Arts, d’abord en<br />

section peinture, puis en architecture en 1945. Dans la<br />

France renaissante, la reconstruction offre de multiples<br />

perspectives aux maîtres dans l’art de bâtir. Or, ce qui fascine<br />

le jeune Breton, c’est ce qui reste des édifices et<br />

découle de la destruction.<br />

Après quoi, en 1947, il se met à ramasser des débris du<br />

Mur de l’Atlantique, comme d’autres vont se procurer plus<br />

tard des pans de celui de Berlin, quoique dans une intention<br />

autre, dans la mesure où la finalité pour ces derniers<br />

consiste à récupérer des fragments de fresques qui firent<br />

l’assaut du rideau de fer. Cette fortification effondrée, ses<br />

ferraillages broyés dans lesquels Villeglé voyait des œuvres<br />

sculptées à l’aveugle par la guerre, tous ces morceaux<br />

déchus constituèrent le commencement d’un style, qu’il<br />

n’a cessé de creuser.<br />

En 1949, à la suite de la découverte d’un autre univers de<br />

dévastation dans le champ labouré des informations<br />

murales, il réalise, avec son complice Raymond Hains, son<br />

premier décollage. Et, il va continuer à instruire, à sa<br />

manière avec ingéniosité, des mélanges d’images et de mots<br />

amputés, séduit par les plages résiduelles des palissades, des<br />

panneaux encollés de publicité et autres placards d’organisations<br />

partisanes, que des mains anonymes ont mis à mal.<br />

Autant de documents malmenés par des ennemis inconnus,<br />

dont les messages tissent d’étranges témoignages,<br />

d’une autre guerre, sans nom ni raison apparente.<br />

Cette “armée des ombres” par temps de paix, en lutte<br />

contre le marché du matraquage mental, Jacques a souhaité<br />

37


Jacques Villeglé,<br />

Signes socio-politiques,<br />

Galerie La Mauvaise<br />

Réputation, Bordeaux, 2005<br />

la montrer dans la lumière des musées et des galeries, et<br />

théoriser ce recours à l’œuvre collective des lacérateurs, en<br />

transformant les marques commerciales et les slogans militants<br />

en énoncés illisibles. Par ailleurs, dans son exposé Des<br />

réalités collectives en 1958, considéré comme précurseur du<br />

nouveau réalisme, rédigé seulement en 1960, il ne s’avoue<br />

que collecteur de ces œuvres collectives, qu’il s’approprie<br />

par le biais du marouflage sur toile ou d’un autre support,<br />

rendant transportables ces quasi-fresques urbaines, reflets<br />

du conditionnement visuel et sémantique de la société<br />

moderne, dont le spectacle journalier en continuelle élaboration,<br />

n’en finit pas de stimuler l’imaginaire du prédateurpoète<br />

de la cité. En somme, Villeglé débusque, dans la<br />

banalité la plus banale, toutes les composantes d’une<br />

beauté née de son refus.<br />

Maintenant, au fil de sa démarche de sauvetage de papiers<br />

promis au rebut, s’insinue un étonnant retour à la fonction<br />

immortalisante de l’art, qui confine à la conservation<br />

archéologique. A ceci près, que cette conservation procède<br />

d’un esprit profondément lucide, très ancré dans l’esthétique<br />

de son époque, qui revendique ne “s’approprier que<br />

d’un aspect du monde, et ne pas croire que choisir des<br />

objets serait révolutionnaire”. En résulte des affiches devenues<br />

indéchiffrables par les profanateurs de panonceaux<br />

publics, qui apparaissent telles d’improbables partitions<br />

hiéroglyphiques, face auxquelles le spectateur peine à en<br />

être le Champollion.<br />

Sur un versant adjacent mais rétrospectif, Villeglé a utilisé<br />

d’autres moyens de produire des informations si déformées<br />

qu’elles en sont déroutantes, notamment en réalisant avec<br />

Hains l’opuscule Herépile éclaté, pseudo-poème de Camille<br />

Bryen, publié dans une typographie si tordue, qu’on ne<br />

parvient même plus à savoir que le texte initial était incompréhensible.<br />

Ce faisant, son penchant pour l’information,<br />

il l’a prolongé à travers un jeu d’écriture ayant encore pour<br />

conséquence d’en complexifier la lecture. A l’instar de Victor<br />

Hugo et de divers autres auteurs, oulipiens ou non, qui<br />

jonglèrent avec les lettres, il habille l’alphabet latin d’oripeaux<br />

politiques ou de résonnances religieuses, en métamorphosant<br />

des symboles en signes. Et en déclassant de<br />

très sérieux dessins synthétisant des mouvements d’idées, il<br />

débouche sur des ornementations ludiques de caractères<br />

romains. Un tel procédé iconoclaste perclus de blasons et<br />

de jambages, de graphies rondes ou anguleuses, de références<br />

à Pascal ou à Cioran, ne prétend pas au rébus.<br />

Certes, il brouille les pistes, attise la curiosité, parfois dangereusement,<br />

voir la dichotomie de certains emblèmes,<br />

mais s’il nous égare, il isole des mots ou des bribes de locutions,<br />

en entretenant une saine provocation. Toutefois, en<br />

signant des affiches tour à tour indéchiffrables et lardées de<br />

connotations symboliques qui déclinent la singularité de sa<br />

geste, ou bien en s’appuyant sur un cryptage alphabétique<br />

corrosif, il convoque davantage de questions judicieuses<br />

que de réponses douteuses.<br />

Enfin, à l’égal de nombre de créations depuis l’aube du<br />

regard, son art porte indéniablement une idéologie, à l’évidence<br />

dénonciatrice de toutes les autres, à moins qu’il ne<br />

cultive une variante de la très asiatique philosophie du nonagir,<br />

questionnante parce qu’elle n’entend avancer aucune<br />

réponse définitive. Toute expression d’ordre supérieur n’estelle<br />

pas ambiguë?<br />

De longue date reconnue, quels que soient ses postulats et<br />

leur substrat, l’œuvre pionnière de Jacques Villeglé est désormais<br />

inscrite dans l’histoire de l’art de notre aujourd’hui.<br />

Jacques Villeglé,<br />

Rue de la Duée, Paris,<br />

29 aprile / avril 1998<br />

Photo Olivia Fryszowski<br />

38


Opération quimpéroise,<br />

Quartier du Braden, Quimper,<br />

2006<br />

Manifesti strappati incollati<br />

su tela / Affiches lacérées<br />

marouflées sur toile,<br />

60 5 39,5 cm<br />

Opere / Œuvres


Premières réflexions sur l’ultralettre<br />

1950<br />

Pagina di libro tagliata e incollata su carta Bristol<br />

Page de livre découpée et collée sur Bristol<br />

11,7 5 7,7 cm<br />

42


Dessin fantaisiste<br />

1950-1951<br />

Inchiostro di china su carta da ricalco<br />

Encre de Chine sur papier calque<br />

16,1 5 8,6 cm<br />

Dessin fantaisiste<br />

1950-1951<br />

Inchiostro di china su carta<br />

Encre de Chine sur papier<br />

15,7 5 8,9 cm<br />

44


Dessin fantaisiste d’éclatement précédant<br />

la conception d’Hepérile éclaté<br />

1951 - début 1952<br />

Inchiostro di china su carta<br />

Encre de Chine sur papier<br />

17 5 22,3 cm<br />

45


Etude préparatoire à Hepérile éclaté<br />

(Raymond Hains)<br />

1952<br />

Inchiostro di china su carta<br />

Encre de Chine sur papier<br />

4,5 5 19,8 cm<br />

Etude préparatoire à Hepérile éclaté<br />

(Jacques de La Villeglé)<br />

1952<br />

Inchiostro di china su carta Bristol<br />

Encre de Chine sur Bristol<br />

5 5 26 cm<br />

46


Etude préparatoire à Hepérile éclaté<br />

1952<br />

Inchiostro di china su carta<br />

Encre de Chine sur papier<br />

11,3 5 22 cm<br />

47


Camille Bryen (Etude non utilisée<br />

pour Hepérile éclaté)<br />

1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />

Inchiostro di china su carta<br />

Encre de Chine sur papier<br />

5,8 5 19,9 cm<br />

Etude non utilisée pour la double page<br />

d’Hepérile éclaté<br />

1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />

Inchiostro di china su carta Bristol<br />

Encre de Chine sur Bristol<br />

31,8 5 23,2 cm<br />

48


Premier quatrain (Etude non utilisée pour Hepérile éclaté)<br />

1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />

Inchiostro di china su carta<br />

Encre de Chine sur papier<br />

17,4 5 29,8 cm<br />

50


Premier quatrain (Etude non utilisée pour Hepérile éclaté)<br />

1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />

Inchiostro di china su carta<br />

Encre de Chine sur papier<br />

19,8 5 32,3 cm<br />

51


Projet de couverture pour Hepérile éclaté<br />

1 er mai 1952 - 31 mai 1953<br />

Matita e inchiostro di china su carta Bristol<br />

Crayon et encre de Chine sur Bristol<br />

16 5 9,5 cm<br />

Planche I - 2<br />

1953<br />

Inchiostro di china su carta Bristol<br />

Encre de Chine sur Bristol<br />

33 5 20,5 cm<br />

52


Le Nouveau Demours<br />

Février 1959<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

115 5 85 cm<br />

Collection particulière<br />

54


Hôtel Lamoignon<br />

19 juin 1962<br />

Manifesti strappati incollati su legno compensato<br />

Affiches lacérées marouflées sur contreplaqué<br />

73 5 95 cm<br />

Collection particulière<br />

Photo Fabienne Villeglé<br />

56


Valérie Schmidt<br />

Janvier 1963<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

64 5 88 cm<br />

Photo François Poivret<br />

57


Rue du 16 juillet 1964<br />

16 juillet 1964<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

76 5 62 cm<br />

Photo François Poivret<br />

Le Saint-Claude - Saint-Germain<br />

13 novembre 1964<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

116 5 81 cm<br />

Photo Marc Domage<br />

58


60<br />

Rue du Temple<br />

Janvier 1968<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

118 5 85 cm<br />

Photo François Poivret


Rue de Ménilmontant<br />

21 décembre 1968<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

92 5 75 cm<br />

Photo Galerie du Génie<br />

61


Rue Bertin Poirée<br />

Août 1969<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

76 5 154,5 cm<br />

Photo François Poivret<br />

62


Rue des Tourelles<br />

16 août 1971<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

112 5 140 cm<br />

64


Rue Pastourelle - Les Templiers<br />

21 février 1972<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

118 5 150 cm<br />

Photo François Poivret<br />

65


Crimée<br />

3 juillet 1972<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

147 5 105 cm<br />

Collection particulière<br />

Boulevard de la Gare<br />

Juin 1973<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

87 5 137,5 cm<br />

Photo François Poivret<br />

67


Rue d’Alésia<br />

13 mars 1977<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

171 5 140 cm<br />

Photo François Poivret<br />

68


Rue de Thorigny<br />

13 mars 1977<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

160 5 256 cm<br />

Structure<br />

Octobre 1981<br />

Inchiostro e pittura su vinile<br />

Encre et peinture sur vinyle<br />

100 5 200 cm<br />

Photo Studio Appi<br />

70


42, Rue de Turbigo<br />

Novembre 1981<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

200 5 161 cm<br />

Photo François Poivret<br />

Rue Michel Le Comte<br />

16 janvier 1982<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

179 5 205 cm<br />

Photo François Poivret<br />

75


Vlaama Kaai / Gent Plaatz<br />

10 octobre 1982<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

160 5 115 cm<br />

Rue Réaumur<br />

13 mars 1983<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

162 5 130 cm<br />

Photo François Poivret<br />

76


Rue au Maire<br />

15 mars 1983<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

195 5 260 cm<br />

Photo François Poivret<br />

78


Rue Réaumur - Rue des Vertus<br />

4 juin 1984<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

159 5 228 cm<br />

Photo François Poivret<br />

80


Rue Beaubourg<br />

19 juin 1985<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

158,5 5 233 cm<br />

Photo François Poivret<br />

82


Gaîté / Jolivet<br />

7 mai 1987<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

121 5 95 cm<br />

Photo François Poivret<br />

83


Gaîté - Paris<br />

12 juin 1987<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

166 5 120,5 cm<br />

Photo Soktha Tang<br />

84


86<br />

Hôpital Villemin<br />

24 avril 1988<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

158 5 108 cm


Rue de Bagnolet<br />

16 mars 1986<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

162 5 294 cm<br />

87


Quartier de Lorette<br />

Mars 1988<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

150 5 112 cm<br />

Photo François Poivret<br />

106, Boulevard Haussmann<br />

24 avril 1988<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

195 5 114 cm<br />

Photo François Poivret<br />

88


Rue La Fayette<br />

24 avril 1988<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

218 5 240 cm<br />

Photo François Poivret<br />

90


Cluny<br />

Mai 1988<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

208 5 132,5 cm<br />

Photo François Poivret<br />

Passage des Panoramas<br />

Décembre 1988<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

217 5 157 cm<br />

Photo François Poivret<br />

92


Chartres - Fabius<br />

Juillet 1989<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

170 5 128 cm<br />

Photo François Poivret<br />

A la descente du Périphérique<br />

27 novembre 1989<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

130 5 195 cm<br />

Photo François Poivret<br />

95


Ivry-sur-Seine<br />

27 novembre 1989<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflés sur toile<br />

219 5 250 cm<br />

Photo François Poivret<br />

96


Structure<br />

1990<br />

Pittura spray su carta<br />

Bombage sur papier<br />

151 5 242 cm<br />

Photo Studio Appi<br />

98


Boulevard de la Marne, Lille<br />

27 janvier 1991<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

170 5 215 cm<br />

Photo François Poivret<br />

Route Nationale (Bas-Meudon)<br />

Janvier 1991<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

201 5 201 cm<br />

Photo François Poivret<br />

100


101


102


Les dessous du passage de Bièvres (Gentilly)<br />

8 mars 1991<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

162 5 130 cm<br />

Photo François Poivret<br />

Dante Saint Jacques<br />

26 février 1992<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

97 5 146 cm<br />

103


104


Saint-Jacques / Saint-Germain (Conseil Général<br />

des Côtes d’Armor)<br />

Janvier 1992<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

206 5 196 cm<br />

Photo Olivia Fryszowski<br />

Lycanthrope sur fond blanc<br />

Avril 1993<br />

Pittura su tela di lino preparata<br />

Peinture sur toile de lin préparée<br />

160 5 218 cm<br />

Photo Studio Appi<br />

105


106


Le carré magique<br />

17 octobre 1993<br />

Pittura e spray su tela<br />

Peinture et bombages sur toile<br />

148 5 95 cm<br />

Photo François Poivret<br />

Alphabet (Bombage)<br />

Février 1994<br />

Pittura spray nera su tela sintetica<br />

Bombage noir sur toile synthétique<br />

170 5 210 cm<br />

Photo Studio Appi<br />

107


Sator<br />

Juillet 1995<br />

Pittura nera su tela sintetica<br />

Peinture noire sur toile synthétique<br />

157 5 169 cm<br />

Photo François Poivret<br />

Graphes<br />

30 août 1995<br />

Pittura nera, due impronte verde salvia su tela sintetica<br />

Peinture noire, deux empreintes vert sauge sur toile synthétique<br />

212 5 160 cm<br />

108


109


110


Structure<br />

18 octobre 1995<br />

Olio su tela di lino<br />

Huile sur toile de lin<br />

195 5 146 cm<br />

Photo Studio Appi<br />

Graphe<br />

Octobre 1995<br />

Rosso di Marte, ocra giallo e rosso cadmio scuro su tela di lino<br />

Rouge de Mars, ocre jaune, rouge cadmium foncé sur toile de lin<br />

130 5 97 cm<br />

Photo Soktha Tang<br />

111


Ecriture X Graffiti 2<br />

Novembre 1995<br />

Pochoir, pittura spray e olio su tela di lino<br />

Pochoir, bombage et huile sur toile de lin<br />

214 5 210 cm<br />

Photo Studio Appi<br />

112


La Tordue & Aufray - Boulevard de la Liberté, Agen<br />

12 mai 1997<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

160 5 160 cm<br />

Photo Studio Appi<br />

113


Croquis<br />

Janvier 1998<br />

Matita colorata acrilica (blu scuro e blu-grigio), collage di<br />

fotocopia (carta verde pallido) su carta acquarello Lana da 300 g<br />

Crayon de couleur acrylique (bleu corbeau et bleu gris), collage<br />

photocopie (papier vert pâle) sur papier aquarelle Lana 300 g<br />

110,5 5 75 cm<br />

Photo François Poivret<br />

114


Douaniers<br />

Janvier 1998<br />

Matita colorata acrilica (blu scuro, grigio-blu, rosso), collage<br />

di fotocopia (papier maïs) su carta acquarello Lana da 300 g<br />

Crayon de couleur acrylique (bleu corbeau, gris bleu, rouge),<br />

collage photocopie (papier maïs) sur papier aquarelle Lana 300 g<br />

110,5 5 75 cm<br />

Photo François Poivret<br />

115


L’épervier<br />

Janvier 1998<br />

Matita colorata acrilica (bruno, ocra giallo, nero, grigio-blu,<br />

rosso, verde brillante, verde scuro), collage di fotocopia (ocra<br />

giallo) su carta acquarello Lana da 300 g<br />

Crayon de couleur acrylique (brun, ocre jaune, noir, gris bleu,<br />

rouge, vert vif, vert foncé), collage photocopie (ocre jaune) sur<br />

papier aquarelle Lana 300 g<br />

110,5 5 75 cm<br />

Photo François Poivret<br />

116


Les Courlis<br />

Janvier 1998<br />

Matita colorata acrilica (verde scuro, nero, arancio, viola,<br />

grigio), collage di fotocopia (azzuro pallido) su carta acquarello<br />

Lana da 300 g<br />

Crayon de couleur acrylique (vert foncé, noir, orange, violet,<br />

gris), collage photocopie (bleu pâle) sur papier aquarelle Lana<br />

300 g<br />

110,5 5 75 cm<br />

Photo François Poivret<br />

117


Pot pourri<br />

Janvier 1998<br />

Matita colorata acrilica (blu scuro, grigio-blu, rosso, arancio,<br />

vinaccia, verde brillante, viola, arancio scuro, giallo, rosa,<br />

grigio, nero, grigio-verde, ocra giallo), collage di fotocopia<br />

(blu ardesia) su carta acquarello Lana da 300 g<br />

Crayon de couleur acrylique (bleu corbeau, gris bleu, rouge,<br />

orange, lie de vin, vert vif, violet, orange foncé, jaune, rose,<br />

gris, noir, gris vert, ocre jaune), collage photocopie (bleu<br />

ardoise) sur papier aquarelle Lana 300 g<br />

110,5 5 75 cm<br />

Photo François Poivret<br />

118


Un sage<br />

Janvier 1998<br />

Matita colorata acrilica (blu scuro, grigio-blu, arancio, arancio<br />

scuro, grigio), collage di fotocopia (mais) su carta acquarello<br />

Lana da 300 g<br />

Crayon de couleur acrylique (bleu corbeau, gris bleu, orange,<br />

orange foncé, gris), collage photocopie (maïs) sur papier<br />

aquarelle Lana 300 g<br />

110,5 5 75 cm<br />

Photo François Poivret<br />

119


120<br />

Place Arnaud Bernard, Toulouse<br />

14 juin 1999<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

186 5 77 cm


Barcelone - Joe Strummer<br />

Janvier 2000<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

208 5 91 cm<br />

Photo François Poivret<br />

121


122


Grenoble<br />

Février 2000<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

170,5 5 118 cm<br />

Collection particulière<br />

Photo Soktha Tang<br />

Généalogie<br />

Novembre 2001<br />

Inchiostro di china su carta Arches da 500 g<br />

Encre de Chine sur papier Arches 500 g<br />

77 5 55 cm<br />

Obelisco - Estación Retiro, Buenos Aires<br />

12 février 2003<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

110 5 216 cm<br />

Photo François Poivret<br />

123


124


125


126


Fabrica - Calle Costanera, Buenos Aires<br />

13 février 2003<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

215 5 137 cm<br />

Photo François Poivret<br />

Autoroute, Buenos Aires<br />

14 février 2003<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

110 5 160 cm<br />

Photo Soktha Tang<br />

127


Avenida General Roca, Buenos Aires<br />

14 février 2003<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

114 5 278 cm<br />

Photo Soktha Tang<br />

128


129


Triptyque pour la Place Saint-Sulpice<br />

Juin 2003<br />

Pittura spray Buntlack color limone, verde maggio, blu medio,<br />

vermiglio chiaro su tela<br />

Bombage Buntlack citron, vert de mai, bleu moyen,<br />

vermillon clair sur toile<br />

260 5 900 cm<br />

Sator<br />

15 mars 2003<br />

Acrilico Liquitex e pittura spray su tela di lino preparata<br />

Acrylique Liquitex et bombage sur toile de lin préparée<br />

200 5 146 cm<br />

Collection particulière<br />

Photo François Poivret<br />

130


131


132


Opération quimpéroise - Café Olé<br />

Le Quartier, août 2006<br />

Manifesti strappati incollati su tela<br />

Affiches lacérées marouflées sur toile<br />

180 5 123 cm<br />

Photo Soktha Tang<br />

Alphabet 2008<br />

2008<br />

Tecnica mista su carta Bristol<br />

Technique mixte sur Bristol<br />

21 5 15 cm<br />

133


Les choses singulières<br />

Juin 2009<br />

Pittura spray, pastelli a olio e pochoir su tela montata<br />

su tre telai<br />

Bombage, bâtons à l’huile, pochoir sur toile montée<br />

sur trois châssis<br />

250 5 585 cm<br />

Photo François Poivret<br />

134


135


Coscenti della nostra singolarità<br />

Octobre 2009<br />

Pastelli a olio su tela<br />

Bâtons à l’huile sur toile<br />

150 5 220 cm<br />

Carrés magiques, arbre généalogique<br />

Décembre 2009<br />

Inchiostro, gouache e pastelli a olio su carta<br />

Encre, gouache, bâtons à l’huile sur papier<br />

65 5 50 cm<br />

Photo François Poivret<br />

136


137


Les précurseurs<br />

13 novembre 2010<br />

Pochoir e pastelli a olio di sette colori su carta Canson Figueras<br />

da 290 g<br />

Pochoir et bâtons à l’huile sept couleurs sur papier Canson<br />

Figueras 290 g<br />

103 5 135,5 cm<br />

Photo François Poivret<br />

138


Commune de Paris<br />

24 juin 2011<br />

Pastelli a olio su tela montata su telaio<br />

Bâtons à l’huile sur toile montée sur châssis<br />

200 5 139 cm<br />

139


140<br />

Jacques Villeglé<br />

Les Ateliers d’Aquitaine, 2001


Le carré magique<br />

19 décembre 2000<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,8 5 18 cm<br />

141


142<br />

Poitou-Charentes<br />

19 mai 2001<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,5 5 17,6 cm


Satan Adama Sabat Amata Natas<br />

Août 2001<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,5 5 18,2 cm<br />

143


Je ne peux jouer avec des signes...<br />

Décembre 2001<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

26 5 18 cm<br />

Délaisser le faire pour le ravir...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,8 5 17,8 cm<br />

144


Il y aura toujours un 14 juillet...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,9 5 18,4 cm<br />

Lacéré anonyme mythe collectif<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,6 5 18,3 cm<br />

145


L’affiche lacérée œuvre d’art...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

26,1 5 18,1 cm<br />

L’affiche prend de l’intérêt...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,5 5 17,8 cm<br />

146


La lacération est un non...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,7 5 18,2 cm<br />

Le décollage serait au collage...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,5 5 18,3 cm<br />

147


Les affiches lacérées perçaient le mur du silence<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

26 5 18,5 cm<br />

L’estime particulière du choix<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,8 5 18,1 cm<br />

148


Manifestation spontanée...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,8 5 18,2 cm<br />

Peu importe ce que l’on choisit...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,4 5 17,8 cm<br />

149


L’affiche lacérée par des inconnus<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,4 5 18 cm<br />

Réalités collectives...<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,5 5 18 cm<br />

150


Voici au niveau de l’acte créatif l’acte de choisir<br />

20 février 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,6 5 18,2 cm<br />

151


Pas d’autre mot qui sonne comme cruche...<br />

21 juin 2002<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,3 5 18 cm<br />

Martyr<br />

3 mars 2003<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,9 5 18 cm<br />

152


Restez enchanteresse<br />

Mars 2003<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,5 5 17,7 cm<br />

153


L’image idéographique<br />

11 juillet 2003<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,5 5 17,8 cm<br />

Nothing is more dangerous<br />

23 février 2005<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,8 5 18,4 cm<br />

154


One must have chaos<br />

Juin 2005<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

25,9 5 18,2 cm<br />

La réalité est un coup de massue...<br />

Mars 2006<br />

Correttore bianco su lavagna scolastica con cornice in legno<br />

Correcteur blanc sur ardoise d’écolier avec cadre en bois<br />

26 5 18,3 cm<br />

155


YES<br />

2007<br />

Acciao Corten<br />

Acier Corten<br />

54 5 111 5 8 cm<br />

156


157


Alphabet<br />

Juin 2010<br />

Ghisa<br />

Fonte<br />

79,5 5 79,5 cm<br />

Photo Gilbert Bazin<br />

158


Sator<br />

Juin 2010<br />

Ghisa<br />

Fonte<br />

68,5 5 68,5 cm<br />

Photo Gilbert Bazin<br />

159


Art<br />

2010<br />

Bronzo<br />

Bronze<br />

49,5 5 97 5 7,5 cm<br />

160


Star<br />

2010<br />

Bronzo<br />

Bronze<br />

63 5 97 5 10,5 cm<br />

161


Apparati / Annexes


Note biografiche<br />

Jacques Villeglé,<br />

Rue au Maire, Paris, 2008<br />

Photo Katrin Baumann<br />

Jacques Villeglé nasce a Quimper (Finistère, in Bretagna) il 27 marzo<br />

1926.<br />

A Vannes (dipartimento di Morbihan, in Bretagna), dove risiede dal<br />

1934, Villeglé scopre, nel giugno 1943, l’Anthologie de la peinture de<br />

1906 à nos jours (Ed. Montaigne, Parigi, 1927) di Maurice Raynal,<br />

che fino alla fine della guerra sarà la sua principale fonte d’informazione<br />

sulla pittura contemporanea. Tra le opere riprodotte, in bianco<br />

e nero, un Miró lo sconcerta in modo particolare per l’indeterminatezza<br />

della macchia lanuginosa centrale e per la disinvoltura, leggerissima,<br />

del grafismo. In questo periodo Villeglé lavora presso lo<br />

studio di un architetto abbastanza tradizionalista; tuttavia, grazie a<br />

una monografia e a una biografia di Le Corbusier, prende coscienza<br />

del fatto che anche l’urbanistica sta attraversando un’evoluzione che<br />

egli ignorava completamente.<br />

Nel febbraio 1944 Villeglé soggiorna per un breve periodo nella<br />

Parigi occupata: i quadri esposti nelle gallerie lo deludono. Al suo<br />

ritorno legge Guignol’s Band di L.F. Céline, e quel testo lo converte<br />

alla letteratura di Drieu La Rochelle, che a quel tempo godeva di un<br />

enorme consenso del pubblico. A settembre Villeglé si iscrive<br />

all’Ecole des Beaux-Arts di Rennes.<br />

Alla fine di gennaio del 1945 nasce l’amicizia con Raymond Hains,<br />

anche lui iscritto all’Ecole des Beaux-Arts (sezione scultura), fino a<br />

Pasqua però, quando decide di ritirarsi. Poco dopo, anche Villeglé fa<br />

domanda di ammissione all’Ecole Nationale Supérieure d’Architecture.<br />

Con Etapes de la peinture française contemporaine depuis le cubisme<br />

1911-1944 di Bernard Dorival, Villeglé apprende – nonostante le<br />

reticenze dell’autore, che era professore all’Ecole du Louvre – le<br />

nozioni dell’automatismo psichico surrealista. Lo spirito di questo<br />

libro, fortemente intriso della “prudenza contadina e borghese” dell’anti-intellettualismo<br />

vichista – che rifiutava, per un umanesimo<br />

figurativo, “tanto l’astrazione dell’avanguardia quanto il sogno del<br />

surrealismo” –, prefigurava lo statismo culturale della Quarta<br />

Repubblica, ripiegata sul “genio pittorico francese” e sul rispetto del<br />

“disordine stabilito”, come lo definiva all’epoca Emmanuel Mounier.<br />

Dopo aver lavorato quattro mesi presso lo studio di un architetto di<br />

Saint-Malo, nel gennaio del 1947 Villeglé si iscrive all’Ecole des<br />

Beaux-Arts di Nantes. Risiede dapprima in rue du Bocage, vicino<br />

all’ospedale militare dove, tempo addietro, André Breton ha conosciuto<br />

Jacques Vaché. Un aneddoto di cui Villeglé verrà a conoscenza<br />

poco tempo dopo leggendo l’Histoire du surréalisme di Maurice<br />

Nadeau. È questo il periodo in cui Villeglé approfondisce le sue<br />

conoscenze sul caso oggettivo e sulla scrittura automatica.<br />

In aprile Villeglé viene ammesso all’Ecole Nationale Supérieure des<br />

Beaux-Arts (sezione architettura).<br />

Durante le vacanze a Saint-Malo inizia a raccogliere objets trouvés:<br />

fili di ferro o residui del “mur de l’Atlantique” che, senza il minimo<br />

intervento da parte dell’artista, costituiscono già delle vere e proprie<br />

pitture o sculture.<br />

In dicembre Villeglé e Hains visitano in modo sistematico tutte le<br />

gallerie di Parigi per sapere “chi è chi”, “chi fa cosa”, “chi espone chi”<br />

ecc. Durante questa ricognizione i due artisti incontrano Colette<br />

Allendy (1895-1960), la vedova del Dott. René Allendy (1889-<br />

1942), che dirigeva allora una galleria in rue de l’Assomption n. 67,<br />

ad Auteuil. In quel momento la galleria ospitava una mostra di disegni<br />

di Arp, Kandinsky, Magnelli e Miró.<br />

1948-1949. Villeglé fa avanti e indietro fra Nantes e Parigi. A settembre<br />

conosce il poeta Camille Bryen (1907-1977), originario<br />

della “città del ponte trasbordatore e dell’angoscia nantese”; con lui<br />

frequenta Wols alla Pergola, alla Rôtisserie Saint-Germain o alla<br />

Rhumerie Martiniquaise.<br />

Nel febbraio del 1949 Villeglé realizza con Hains Ach Alma Manetro,<br />

la prima affiche lacerata.<br />

A dicembre Villeglé lascia definitivamente Nantes e si trasferisce a<br />

Parigi, abbandonando, senza alcun rimpianto, gli studi in architettura.<br />

“Intenzionalmente” – “intenzione” nel senso husserliano del<br />

termine di “visione” – limita il suo procedimento appropriativo ai<br />

soli manifesti lacerati.<br />

1950-1954. Dopo un breve apprendistato a Nancy presso gli Ateliers<br />

de Maxéville di Jean Prouvé (1901-1984), il creatore dei “mursrideaux”,<br />

Villeglé partecipa alla messa a punto delle lettere deflagrate<br />

– che Raymond Hains fotografava già dal 1947 servendosi di una<br />

trama di vetro scanalato – e a diversi film tra cui Pénélope e Loi du 29<br />

juillet 1881 o Défense d’afficher. Uno stralcio di Pénélope sarà montato,<br />

nella primavera del 1960, dall’équipe del Centre de Recherche<br />

Image della RTF e divulgato con il titolo di Etude aux allures – nome<br />

della composizione di musica concreta con cui Pierre Schaeffer<br />

(1910-1995), l’allora direttore del Centro, sonorizzò questo cortometraggio<br />

(12 min. circa, colori, 16 mm). Il titolo Pénélope era stato inizialmente<br />

scelto da Villeglé per i colori mediterranei del film e per le<br />

sue riprese ininterrotte. Da vero “ad-hochista”, sugli scarti sovrapposti<br />

delle pellicole egli realizzerà dei graffiti utilizzando la china, che<br />

seccandosi andrà via via screpolandosi. Queste pellicole graffiate verranno<br />

mostrate all’inizio degli anni ottanta in una mostra al Centre<br />

Georges Pompidou di Parigi (Paris - Saint-Brieuc 1950-1952).<br />

1° maggio 1952. Hepérile, il poema fonetico di Camille Bryen edito<br />

da PAB (Pierre-André Benoît, 1922-1993), viene scelto per ufficializzare<br />

la deflagrazione della scrittura. Hepérile éclaté, un piccolo<br />

volume dedicato a una fauna di ultra-lettere baiadere – ondine scanalate<br />

della nuova mitologia –, verrà realizzato il 19 giugno 1953 in<br />

occasione di una mostra personale di Bryen alla Galerie Colette<br />

Allendy di Parigi.<br />

A dicembre, Chez Moineau, in rue du Four 22, Hains e Villeglé frequentano<br />

i lettristi dissidenti, tra cui Bull Dog Brau (1930-1985),<br />

Guy-Ernest Debord (1931-1994), Gil J Wolman (1929-1995),<br />

Jean-Michel Mension ecc. che avevano appena fondato la loro prima<br />

internazionale, premessa al situazionismo.<br />

Nel febbraio 1954 Villeglé e Hains conoscono François Dufrêne<br />

(1930-1982), del quale da otto anni seguivano le pubblicazioni e i<br />

recital lettristi. Grazie a Dufrêne conoscono Yves Klein “il Monocromo”<br />

(1928-1962), di ritorno dal Giappone.<br />

Aprile-maggio 1957. Sfuggita ai dogmatismi degli astrattisti, la galleria<br />

di Colette Allendy organizza la prima retrospettiva delle affiches<br />

lacerate. A rendere possibile la mostra è Yves Klein, che anticipa di<br />

otto giorni la chiusura della propria. Tre critici commentano l’esposizione:<br />

Edmond Humeau, Le lyrisme des murs su “Combat” del 5 giugno<br />

1957; Michel Courtois su “Arts” del 5 giugno 1957; e Pierre<br />

Restany su “Cimaise” dell’ottobre 1957. Durante il vernissage della<br />

mostra Villeglé incontra per la prima volta Gérard Deschamps<br />

(all’epoca diciannovenne), un frequentatore abituale della galleria<br />

dove tra l’altro aveva già esposto.<br />

165


Rendendosi conto che critica e pubblico non avevano colto il nuovo<br />

atteggiamento pittorico introdotto dai manifesti lacerati, così come<br />

venivano strappati dai muri o dalle palizzate, Villeglé fa il punto<br />

sulla lacerazione in quanto “manifestazione spontanea” in un articolo<br />

intitolato Des réalités collectives, pubblicato nel maggio del 1958<br />

in “Grâmmes”, rivista provocatoriamente sottotitolata “ultra-lettrista”.<br />

Isidore Isou risponderà alla provocazione sulla rivista di Maurice<br />

Lemaître “Poésie Nouvelle”.<br />

Conclusa una prima vendita di affiches lacerate di piccolo formato,<br />

nel febbraio del 1959 Dufrêne invita Villeglé a presentare il suo lavoro<br />

– dove nel frattempo aveva preso forma il “Lacéré Anonyme” –<br />

nell’atelier di suo padre, in rue Vercingétorix. La manifestazione ha<br />

luogo a giugno. Sorta di personaggio mitico, il Lacerato Anonimo<br />

nasce dalla credenza in una creazione collettiva. Così come le cattedrali<br />

sarebbero state costruite da una volontà comune, per slancio<br />

popolare. E così come, secondo Vico, Omero personifica il popolo<br />

greco, il Lacerato Anonimo rappresenta l’insieme dei laceratori sconosciuti.<br />

È la rimessa in questione dell’artista interprete dell’animo<br />

popolare e intermediario dell’inconscio collettivo.<br />

Nel mese di ottobre alcune affiches lacerate, un monocromo blu e<br />

una “macchina per dipingere”, disseminati all’interno e all’esterno<br />

del Musée Municipal d’Art Moderne de la Ville de Paris, creano i<br />

tre luoghi evenemenziali della prima edizione della Biennale des<br />

Jeunes. Tre luoghi che il nuovo incaricato agli Affari Culturali<br />

André Malraux ridurrà a due. Ricordando la sua visita alla mostra il<br />

giorno dell’inaugurazione, Malraux si dimentica infatti di Klein,<br />

menzionando invece la minacciosa macchina di Tinguely (1925-<br />

1991), che per poco non lo aveva sporcato di pittura, e le “affiches<br />

lacerate, i più insidiosi ready-made”. Malraux racconterà questa sua<br />

esperienza a Picasso nel libro La tête d’obsidienne (Gallimard, Parigi,<br />

1974, p. 141).<br />

Nel corso dell’anno esce il libro Sur Marcel Duchamp di Robert Lebel<br />

(1904-1986): le affiches lacerate, che fino a quel momento erano stati<br />

impropriamente assimilati al collage, saranno d’ora in poi identificati<br />

come ready-made. E i “rapitori di manifesti” dovranno faticare non<br />

poco per far capire quanto l’influenza duchampiana fosse stata assolutamente<br />

secondaria nell’elaborazione dell’affiche lacerata.<br />

In risposta alle nuove tendenze emerse dalla prima Biennale di Parigi<br />

e grazie all’intermediazione di Alain Jouffroy, nel febbraio del<br />

1960 viene affidata a François Dufrêne una sala del Salon Comparaisons.<br />

Dufrêne presenta il lavoro degli “affichistes” accanto ad alcuni<br />

“assemblagisti”, ad una giovane croûtiste, ad alcuni espressionisti<br />

barocchi e ad alcuni artisti sperimentali che lavoravano sullo spazio<br />

e sul movimento.<br />

Ursula Girardon (1926-1989), boulevard Pasteur, è il primo intermediario<br />

a concludere la vendita di un’affiche lacerata.<br />

Villeglé accompagna Dufrêne negli studi-laboratori di Pierre Henry,<br />

in rue Cardinet 80. Su incoraggiamento di Jouffroy, tra i due inizia<br />

una collaborazione tecnologica-criritmica.<br />

Ad aprile, a Milano, il giovane critico ventinovenne Pierre Restany<br />

coglie il particolare momento storico per redigere il primo manifesto<br />

del nouveau réalisme e organizzare, alla <strong>Galleria</strong> Apollinaire, la<br />

mostra Baptême de l’appropriation, che legittima a tutti gli effetti l’intuizione<br />

avuta dal critico osservando le opere di Yves Klein, Jean<br />

Tinguely, Raymond Hains, François Dufrêne e Jacques Villeglé<br />

all’epoca della Biennale. A questo gruppo iniziale si aggiungerà<br />

Arman, amico di Restany. Sei mesi dopo, il 27 ottobre 1960, a Parigi,<br />

nell’appartamento di Yves Klein, il gruppo riunito da Restany<br />

firma la dichiarazione costitutiva dei nouveaux réalistes. Di passaggio<br />

a Parigi, a dicembre Mimmo Rotella fa visita ai “rapitori di manifesti”,<br />

che allora esponevano per la prima volta con il gruppo dei<br />

nouveaux réalistes al Festival d’Avant-garde, nel Padiglione americano<br />

alla Porte de Versailles.<br />

Nel 1961 Villeglé subentra a Dufrêne al Salon Comparaisons (gli<br />

verrà riservata una sala fino al 1968): egli invita, oltre ai nouveaux<br />

réalistes, alcuni giovani artisti pop americani ed europei, oltre a<br />

diversi rappresentanti parigini dell’arte povera, dell’école de Nice,<br />

del lettrismo, della mec art, Poulet 20 NF e gli “objecteurs”; insomma,<br />

tutti artisti marginali, o il cui lavoro non corrispondeva alle<br />

direttive degli altri organizzatori. La presenza di Villeglé all’interno<br />

del comitato direttivo del Salone stimola il gruppo dei “pittori della<br />

realtà”: i soggetti delle loro opere passeranno, nell’arco di due-tre<br />

anni, dalla natura morta (ancora come veniva intesa nel XVII secolo)<br />

ai pastiches urbani del nouveau réalisme, senza però snaturarsi,<br />

rimanendo comunque fedeli ai canoni accademici e al cavalletto,<br />

rispettosi del lavoro in quanto tale e, naturalmente, non abbandonando<br />

mai la pittura.<br />

Nel 1967, prima di dimettersi dal suo incarico al Salon Comparaisons,<br />

di cui non condivideva le posizioni tradizionaliste, Villeglé<br />

proporrà, assieme a Jean-Louis Brau, di predisporre per il Salone dell’aprile<br />

1968 una “sala hippie”, dove non sarebbe stata esposta nessuna<br />

opera plastica. Una proiezione di diapositive ricorderà l’originaria<br />

destinazione del luogo, da sempre riservato alla pittura.<br />

17 maggio 1961. A Parigi, apertura della Galerie J in rue Montfaucon.<br />

Primo contratto.<br />

1961-1963. Nonostante la dichiarata presa di posizione in merito al<br />

primato del “rapire” sul “fare”, il gruppo dei cosiddetti “affichistes”,<br />

per distinguerli dagli altri nouveaux réalistes, viene paradossalmente<br />

invitato prima all’esposizione The Art of Assemblage (New York, Dallas<br />

e San Francisco), poi a quella intitolata 50 ans de collage (Saint-<br />

Etienne e Parigi).<br />

Nel 1963 Robert Lebel e Alain Jouffroy fanno il punto sulla distinzione<br />

fra “collage” e “oggetto” in una mostra presso una galleria effimera<br />

a Saint-Germain-des-Prés.<br />

1963-1964. Mostre personali alle gallerie J di Parigi e Ad Libitum di<br />

Anversa. Il direttore del Kaiser Wilhelm Museum di Krefeld, Paul<br />

Wember, acquista un’affiche ad Anversa, incoraggiando inoltre il<br />

primo acquisto, europeo e istituzionale, di opere di Dufrêne e Hains.<br />

Mostre dei quattro “rapitori” presentate da Pierre Restany presso la<br />

galleria di Arturo Schwarz a Milano (L’affiche lacérée, élément de base<br />

de la réalité urbaine) e la Gres Gallery di Chicago.<br />

Nel maggio 1965 alcune affiches di un ballo (firmati Mathieu e<br />

lacerati) offrono a Villeglé l’occasione di elaborare un primo lavoro<br />

tematico. Contro l’appropriazione che lo ha preceduto, il laceratore<br />

va al cuore purpureo del grafismo, mettendo a nudo, con tre<br />

colpi di rasoio, una macchia-scudo di sabbia. A destra: volti. A<br />

sinistra: una fila uguale con una punta triangolare all’inglese. L’insieme<br />

di queste affiches viene esposto nel febbraio del 1967 da Jacqueline<br />

Ranson, in rue Furstenberg, con il titolo De Mathieu à<br />

Mahé.<br />

166


Ad agosto Villeglé inizia a redigere Lacéré Anonyme o Urbi & Orbi,<br />

dove argomenta la rilettura moderna dei miti tradizionali e l’ambiguità<br />

che essa comporta quando il colpo di fulmine diventa criterio di<br />

creazione. Inoltre Villeglé descrive come il suo collezionare i manifesti<br />

lacerati lo abbia fatto diventare lui stesso una “personalità lacerata”.<br />

Grazie alla mediazione del patafisico Noël Arnaud, il 20 ottobre<br />

Villeglé entra in contatto con Léo Malet (1909-1996), ex surrealista,<br />

romanziere, nonché il padre del personaggio di Nestor Burma<br />

(detective privato). Già negli anni trenta Malet si era immaginato<br />

una forma di “décollage direzionato” per realizzare oggetti “psicoatmosferici-anamorfici”.<br />

Con l’intenzione, non poco maliziosa, di stilare il catalogo ragionato<br />

dell’opera dell’Oberdada Johannes Baader (1875-1954), il 9<br />

novembre 1968 Villeglé incontra Carola Giedion-Welcker al Café<br />

Odéon di Zurigo. In seguito, dopo la pubblicazione di un articolo<br />

sulla rivista “Leonardo”, farà visita a César Domela (22 aprile 1969),<br />

a Raoul Hausmann (17 maggio), a Herta Wescher (29 maggio), a<br />

Poupart-Lieussou (7 giugno) e a Jefim Jef Golyschev (16 giugno).<br />

Le mostre del nouveau réalisme e della pop art – primi bilanci dell’attività<br />

artistica degli anni sessanta – e, in seguito, quelle del décollage si<br />

susseguono a La Haye, Vienna, Berlino, Krefeld, Anversa e Milano.<br />

28 febbraio 1969. Nixon fa visita a De Gaulle. Sulle pareti di un corridoio<br />

della metropolitana Villeglé vede le tre frecce del vecchio Partito<br />

socialista, la croce gaulliana, la svastica nazista, la croce celtica<br />

inscritte nella “O” dei movimenti Jeune Nation, Ordre Nouveau,<br />

Occident ecc. E ancora, le tre frecce dinamiche, timoniere e pavloviane<br />

di Serge Tchakhotine a indicare, senza altro commento, il<br />

nome del presidente americano.<br />

6-7 maggio. In occasione della manifestazione Liberté de parole,<br />

organizzata da J.J. Lebel, il primo grafismo socio-politico viene esposto<br />

al Théâtre du Vieux-Colombier. Poco tempo dopo sarà pubblicato<br />

dagli editori milanesi ed esposto assieme a una “valigia nouveau<br />

réaliste”.<br />

Agosto 1970. Inizia la redazione del catalogo ragionato dell’opera di<br />

Villeglé. Tra il 1983 e il 1988, ad occuparsi del catalogo sarà Françoise-Julie<br />

Piriou, allora studentessa all’Università dell’Alta Bretagna,<br />

sotto la direzione di Jean-Marc Poinsot.<br />

Ottobre-novembre. Decimo anniversario del nouveau réalisme alla<br />

Galerie Mathias Fels (Parigi) e Rotonda di via Besana (Milano).<br />

Il critico Otto Hahn (1935-1996) pubblica sulla rivista “VH 101”,<br />

n. 3, alcuni brani tratti dal Lacéré Anonyme con il titolo Le flâneur<br />

aux palissades de la manifestation spontanée.<br />

Prima acquisizione ufficiale in Francia di un’affiche di Villeglé ad<br />

opera del Fonds National d’Art Contemporain.<br />

1971-1972. Staatsgalerie di Stoccarda: prima esposizione museale<br />

interamente dedicata alle affiches lacerate. La prefazione del catalogo<br />

è di Johannes Cladders, futuro direttore del Musée de Mönchengladbach,<br />

il quale, in occasione dell’inaugurazione del museo – nel<br />

1981 – dedicherà una sala alle opere dei tre affichistes parigini. Carl<br />

André realizza il pavimento della sala.<br />

Retrospettiva di Villeglé al <strong>Moderna</strong> Museet di Stoccolma e al<br />

Museum Haus Lange di Krefeld.<br />

Mostre personali a Colonia: da Michael Werner e alla Galerie Der<br />

Spiegel, diretta da Eva (1913-1988) e Hein Stünke (1913-1994).<br />

1974. Preannunciando la pubblicazione della prima versione del Lacéré<br />

Anonyme o Urbi & Orbi da parte del Musée National d’Art Moderne<br />

(luglio 1977), Villeglé ne anticipa alcuni brani sulle riviste “Apeïros”<br />

e “Alfabeta”, e nella collana “Poquettes volantes” del “Daily Bull”.<br />

Alla fine dell’anno inizia la realizzazione del film d’animazione Un<br />

mythe dans la ville (29 min., colori, 16 mm). La colonna sonora<br />

(Couper n’est pas jouer, 1969) è di Bernard Heidsieck.<br />

Previa autorizzazione dell’artista, Villeglé utilizza la locandina di una<br />

mostra che Jean Dubuffet farà affiggere, nell’aprile del 1976, nei<br />

quartieri Halles-Beaubourg-Marais, e un “libro impubblicabile”<br />

commissionato appositamente a Denise A. Aubertin.<br />

1976-1977. Villeglé partecipa alla mostra itinerante Panorama de<br />

l’art français 1960-1975, organizzata dall’AFAA (Association Française<br />

d’Action Artistique) e presentata ad Atene, Ankara, Istanbul,<br />

Teheran, Baghdad, Damasco, Tel Aviv, Tunisi, Rabat e Algeri.<br />

1976-1981. Villeglé partecipa alle mostre Beautés volées al Musée<br />

d’Art et d’Industrie di Saint-Etienne, Paris-New York al Centre<br />

Georges Pompidou di Parigi, Dufrêne et Villeglé, affiches lacérées al<br />

Centre Noroît di Arras, Bryen éclaté a Nantes, Paris/Paris 1937-1957<br />

al Centre Pompidou, West-Kunst 1939-1970 a Colonia.<br />

In occasione della seconda esposizione del gruppo degli affichistes<br />

alla Galerie Mathias Fels di Parigi (marzo-aprile), Villeglé redige il<br />

testo in catalogo Commémoration de la loi du 29 juillet 1881.<br />

Michel Lancelot (1938-1996) dedica a Villeglé la trasmissione televisiva<br />

Loi du 29 juillet 1881, Villeglé (realizzazione Georges Paumier,<br />

produzione Antenne 2, 20 min., colori, 16 mm).<br />

Gennaio 1982. Les présidentielles 81 vues par Villeglé, Centre d’Art<br />

Contemporain J. & J. Donguy, rue de la Roquette, Parigi.<br />

Febbraio-giugno. Guérilla des écritures: vari interventi su aree riservate<br />

all’affissione nelle città di Rennes e Parigi (con la collaborazione<br />

di Art Prospect, Bretagna).<br />

Aprile 1985. Villeglé è a Rennes per commemorare il centenario dei<br />

primi scritti “ontogenici” di Jarry e della creazione di Ubu. Per celebrare<br />

l’anniversario del Retour de l’Hourloupe (alias Bosse-de-nage)<br />

vengono organizzate due mostre: la prima, alla Maison de la Culture,<br />

è presentata da Bernard Lamarche-Vadel (1949-2000); la seconda<br />

(Les affichistes selon Villeglé), alla Galerie Art & Essai dell’Università<br />

di Villejean, è presentata da Béatrice Salmon.<br />

Luglio. Villeglé monta nuovamente su telaio, per esporli nell’ottobre<br />

seguente, due affiches già presentate alla seconda Biennale des Jeunes<br />

di Parigi (1961) e rimasti in deposito per ventiquattro anni: uno<br />

sarà acquistato nel 1987 da Claude Fournet per il Musée d’Art<br />

Moderne et Contemporain di Nizza; l’altro, intitolato Carrefour<br />

Sèvres-Montparnasse (3,19 x 8,10 metri), sarà esposto prima nella<br />

retrospettiva Les nouveaux réalistes (Parigi, Mannheim e Winterthur)<br />

e in seguito al Magasin di Grenoble (1988), alla Kunstmarkt di<br />

Colonia (1989), al MoMA di New York (High and Low, 1990), al<br />

Ludwig Museum di Colonia (nella mostra Pop Art) e al Centro de<br />

<strong>Arte</strong> Reina Sofía di Madrid nel 1992, al Centre Pompidou di Parigi<br />

(Les années pop) nel 2001.<br />

Villeglé crea un vero e proprio gruppo finanziario per realizzare il<br />

primo volume del catalogo ragionato della sua opera, che viene pubblicato<br />

in occasione della mostra La peinture dans la non-peinture<br />

(Nizza, dal luglio 1988; Tolosa, ottobre 1988; Colonia, 1989).<br />

1989. Valérie Villeglé dà vita al Secrétariat Jacques Villeglé, un organo<br />

preposto all’informatizzazione degli archivi e alla redazione del<br />

167


catalogo ragionato dell’opera di Villeglé, che conta a oggi sette volumi<br />

pubblicati.<br />

Mostre personali al Centro Culturale d’<strong>Arte</strong> Bellora di Milano, alla<br />

<strong>Galleria</strong> Peccolo di Livorno, alla Galerie Reckermann di Colonia e<br />

alla Zabriskie Gallery di New York.<br />

1990. Esce il volume Villeglé. La présentation en jugement di Bernard<br />

Lamarche-Vadel (Marval, Parigi).<br />

Nel 1991, grazie agli addetti culturali della Regione Nord - Pas-de-<br />

Calais e alla tenacia dello stampatore Alain Buyse, vengono organizzate<br />

le prime mostre “decentralizzatrici” a Lille e a Douai.<br />

1994. Villeglé viene invitato da Franz W. Kaiser al Museum Paleis<br />

Lange Voorhout dell’Aia nell’ambito di una serie di mostre personali<br />

di arte contemporanea francese organizzate dall’AFAA.<br />

1995. Esce il volume Un homme sans métier, Jannink, Parigi.<br />

28-29 settembre. Su iniziativa della DAP viene proiettato un film su<br />

Villeglé nell’ambito degli “Archives du XX e Siècle” (film coprodotto<br />

da Terra Luna, realizzato da Fabrice Maze, con un’intervista a cura<br />

di Philippe Piguet).<br />

1996. Retrospettiva al Centre d’Art Contemporain Bouvet-Ladubay<br />

di Saumur, con un’intervista a cura di Geneviève Nevejan.<br />

1997. Esce il volume Carrefour politique (Vers les Arts, Calignac).<br />

Luglio. Nasce l’Atelier d’Aquitaine a Martéret, in Lot-et-Garonne.<br />

Inizio di una nuova serie tematica dedicata alla musica amplificata:<br />

La techno.<br />

Prima mostra di Villeglé al Carré d’Art di Bayonne (maggio-giugno<br />

1998), presentata da Marie Albet.<br />

1997-1998. Villeglé partecipa alle mostre dei nouveaux réalistes a<br />

Parigi (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois; pubblicazione<br />

del libro di Catherine Francblin), Colonia (Museum Ludwig), Vence<br />

(Notre-Dame des Fleurs), Esslingen (Villa Merkel), Milano (Fonte<br />

d’Abisso <strong>Arte</strong>) e Nizza (MAMAC).<br />

1998. Esce il volume Liens et lieux, Galerie Départementale du Douven,<br />

Locquémeau, prefazione di Annie Goëdard-Le Goff.<br />

Novembre. Retrospettiva alla Alan Koppel Gallery di Chicago, organizzata<br />

in collaborazione con Chloé R. Ziegler (prefazione di Simon<br />

Anderson, intervista di Annette Ferrara).<br />

1999. Mostre personali a: Colonia, Galerie Der Spiegel, Double message;<br />

Parigi, Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, prima<br />

mostra tematica, Mots 1949-1996, presentata da Catherine Millet;<br />

Poitiers, Confort Moderne, Villeglé, la musique amplifiée, presentata<br />

da Dominique Truco, François Dagognet, Alain Jouffroy e Pierre<br />

Restany; Ginevra, Galerie Sonia Zannettacci; New York, Ubu Gallery,<br />

Rétrospective 1959-1998; Los Angeles, Shoshana Wayne Gallery;<br />

Mérignac, Vieille Eglise Saint-Vincent, Villeglé techno-rapt, presentata<br />

da Dominique Dussol.<br />

Pubblicazione di Cheminements 1943-1959 (Jean-Pierre Huguet/<br />

“Les Sept Collines”, Saint-Julien-Molin-Molette).<br />

2000. Micropolitiques, Le Magasin, Grenoble. Mostre personali alla<br />

Cité de la Musique di Parigi (prefazione in catalogo di Catherine<br />

Francblin) e alla Galerie Lucien Schweitzer del Lussemburgo.<br />

2001. L’Atelier d’Aquitaine viene invitato dal FRAC (Fonds Régional<br />

d’Art Contemporain) della Corsica alla mostra Décentralisation 3, a<br />

Corte.<br />

Mostre personali a: Londra, James Mayor Gallery; Parigi, Galerie<br />

Georges-Philippe & Nathalie Vallois, seconda mostra tematica, Images<br />

1958-1991, presentata da Catherine Francblin; Los Angeles,<br />

Chac Mool Gallery; Ginevra, Galerie Sonia Zannettacci; Chicago,<br />

Alan Koppel Gallery.<br />

Odile Felgine, biografa di Roger Caillois e Victoria Ocampo, dedica<br />

a Villeglé una monografia (Ides et Calendes, Neuchâtel).<br />

2002. Esposizioni a La Briantais, Saint-Malo, Lille. Creazione, assieme<br />

a Ferdinando Botto Poala, dello spazio AE (stoffe e abiti) e realizzazione<br />

del CD-Rom Jacques Villeglé. Catalogue raisonné.<br />

2003. Mostre personali a: Poitiers, Musée Sainte-Croix, Alphabet<br />

socio-politique; Vannes, Musée de la Cohue; Parigi, Galerie Georges-<br />

Philippe & Nathalie Vallois, terza mostra tematica, Sans lettre ni<br />

figure 1951-1968, presentata da Hans Ulrich Obrist e Robert Fleck.<br />

A febbraio la Città di Buenos Aires invita l’Atelier d’Aquitaine a<br />

intervenire presso il Centro Cultural Recoleta.<br />

2004. Realizzazione di due arazzi presso l’atelier André Magnat<br />

(Aubusson) e l’atelier Pinton (Felletin), destinati ai musei di Cognac.<br />

2005. Esce il volume La traversée Urbi & Orbi, Transéditions, Parigi.<br />

Mostre personali a: Orchies, Maison de la Chicorée; Ginevra, Galerie<br />

Sonia Zannettacci; Metz, Arsenal; Parigi, Galerie Georges-Philippe &<br />

Nathalie Vallois, quarta mostra tematica, Politiques 1957-1991, prefazione<br />

di Nicolas Bourriaud.<br />

2006. Mostre personali a: San Francisco, Modernism; Chicago, Alan<br />

Koppel Gallery; Quimper, Le Quartier; Knokke-le-Zoute e Art<br />

Köln, Guy Pieters Gallery; Milano, <strong>Galleria</strong> Tonelli; Monaco, Incognito;<br />

Valencia, Museo della Città.<br />

2007. Mostre personali a: Parigi, Galerie Georges-Philippe &<br />

Nathalie Vallois, quinta mostra tematica, La lettre lacérée; Padova,<br />

Vecchiato New Art Galleries; Art Paris, Guy Pieters Gallery; Lussemburgo,<br />

Galerie Lucien Schweitzer; Hannover, Stiftung Ahlers<br />

Pro <strong>Arte</strong> / Kestner Pro <strong>Arte</strong>.<br />

Pubblicazione di due monografie: una edita dalla Galerie Linda &<br />

Guy Pieters (biografia di Odile Felgine, prefazione di Arnaud<br />

Labelle-Rojoux); l’altra con prefazione di Kaira Cabañas, François<br />

Bon e Nicolas Bourriaud (Flammarion, nella collana “La création<br />

contemporaine”).<br />

Retrospettiva del nouveau réalisme (decennio 1950-1960) al Grand<br />

Palais di Parigi e allo Sprengel Museum di Hannover. Per l’occasione<br />

vengono realizzati uno scrittoio e un tavolino dal vetraio Gilles<br />

Chabrier e dal designer René Bouchara, esposti ad Art Paris.<br />

2008. Retrospettive di Villeglé al Centre Pompidou di Parigi e al<br />

Musée Départemental d’Art Ancien et Contemporain di Epinal.<br />

Villeglé inaugura la <strong>Galleria</strong> <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong> di Brescia e<br />

participa alla Biennale di Gwangju (Corea).<br />

Esposizioni a Istanbul (Pera Museum), Ginevra (Galerie Sonia Zannettacci),<br />

Chicago (Alan Koppel Gallery), San Francisco (Modernism),<br />

Nizza (Bibliothèque Louis-Nucéra).<br />

Il Consiglio Generale dei Vosgi commissiona a Villeglé un Mémorial<br />

socio-politique in acciaio Corten di 15 x 2 metri per il giardino del<br />

museo.<br />

Pubblicazione di una monografia di Gérard Durozoi (Hazan, Parigi)<br />

e di due interviste: una di Marion Chanson (Thalia, Ennery); l’altra<br />

di Didier Dauphin (Bookstorming, Parigi).<br />

Nell’ottobre 2009 Villeglé è l’invitato d’onore alla Mediateca del<br />

Centre Culturel Saint-Louis-de-France a Roma. Il giorno dell’inaugurazione<br />

l’artista realizza un affresco socio-politico. In questa occa-<br />

168


Jacques Villeglé<br />

davanti a / devant<br />

YES, 2009<br />

Scultura in acciaio Corten<br />

Sculpture en acier Corten<br />

400 5 800 cm<br />

Sin-Martens-Latem<br />

sione la <strong>Galleria</strong> Mucciaccia di Roma gli rende omaggio con una<br />

retrospettiva curata da Dominique Stella.<br />

Aprile 2010. Installazione di un alfabeto socio-politico in bassorilievo<br />

di 3,5 x 3,5 metri nel cortile della Ecole d’Arts Plastiques di Châtellerault.<br />

Mostra al MiArt con <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong>; la Galerie<br />

Georges-Philippe & Nathalie Vallois di Parigi presenta la sesta mostra<br />

tematica, La peinture dans la non-peinture. Opere di Villeglé sono presenti<br />

nella mostra inaugurale del Centre Pompidou di Metz, Chefsd’œuvre?,<br />

e nell’accrochage inaugurale del LaM di Villeneuve-d’Ascq.<br />

2011. Mostre a: Londra, Alexia Goethe Gallery e Stuart Shave<br />

Modern Art; Casablanca e Marrakech, Matisse Art Gallery; San<br />

Francisco, Modernism; Vicenza, Yvonne <strong>Arte</strong> Contemporanea;<br />

Chiari, <strong>Galleria</strong> L’Incontro.<br />

Attualmente Villeglé lavora a vari progetti di mobili e sculture.<br />

169


Eléments de biographie<br />

Jacques Villeglé<br />

all’inaugurazione della sua<br />

mostra / à l’inauguration<br />

de son exposition, Musée<br />

National d’Art Moderne,<br />

Centre Georges Pompidou,<br />

Paris, 15 settembre /<br />

septembre 2008<br />

Photo Katrin Baumann<br />

Jacques Villeglé nait à Quimper (Finistère, Bretagne) le 27 mars 1926.<br />

A Vannes (Morbihan, Bretagne), où il demeure depuis 1934, il<br />

découvre, en juin 1943, l’Anthologie de la peinture de 1906 à nos<br />

jours (Ed. Montaigne, Paris, 1927) de Maurice Raynal. Jusqu’à la<br />

fin de la guerre ce volume sera sa principale information sur la peinture<br />

contemporaine. Parmi les œuvres reproduites, en blanc et noir,<br />

une œuvre de Miró le déroute principalement par l’indétermination<br />

d’une cotonneuse tache centrale, et par la désinvolture du graphisme<br />

des plus légers. Il travaille alors chez un architecte assez<br />

conventionnel, par contre, à travers une monographie et une biographie<br />

de Le Corbusier, il prend conscience que l’urbanisme est<br />

également dans une évolution qu’il ignorait totalement.<br />

En février 1944, court séjour dans le Paris occupé, déçu par les<br />

tableaux qu’il peut voir aux vitrines des galeries. A son retour, il lit<br />

Guignol’s Band de L.F. Céline; cette lecture le change de la littérature<br />

à la Drieu La Rochelle qui faisait florès. En septembre il s’inscrit à la<br />

section peinture de l’Ecole des Beaux-Arts de Rennes<br />

Fin janvier 1945, il se lie avec Raymond Hains qui vient de s’inscrire<br />

à la section sculpture, pour la quitter à Pâques, tandis que luimême<br />

passe à l’atelier d’admission de l’Ecole Nationale Supérieure<br />

d’Architecture.<br />

Avec Etapes de la peinture française contemporaine depuis le cubisme<br />

1911-1944, de Bernard Dorival, malgré les réticences de l’auteur,<br />

professeur à l’Ecole de Louvre, il prend connaissance de l’automatisme<br />

psychique surréaliste. L’esprit de ce livre empreint de la “prudence<br />

paysanne et bourgeoise” de l’anti-intellectualisme vichyste, qui<br />

rejetait, pour un humanisme figuratif, “autant l’abstraction de<br />

l’avant-garde que le rêve du surréalisme”, préfigurait le statisme culturel<br />

de la Quatrième République, replié sur le “génie pictural français”,<br />

et le respect du “désordre établi”, comme disait à l’époque<br />

Emmanuel Mounier.<br />

En janvier 1947, après avoir travaillé quatre mois chez un architecte<br />

de Saint-Malo, Villeglé s’inscrit à l’Ecole des Beaux-Arts de Nantes. Il<br />

y demeure d’abord rue du Bocage, près de l’hôpital militaire qui vit la<br />

rencontre de André Breton et Jacques Vaché. Il en prend connaissance<br />

peu après en lisant l’Histoire du surréalisme de Maurice Nadeau et<br />

complète en même temps ses notions sur le hasard objectif et l’écriture<br />

automatique.<br />

En avril il est admis à l’Ecole Nationale Supérieure des Beaux-Arts<br />

(section architecture).<br />

Durant les vacances il commence à Saint-Malo la collecte d’objets<br />

trouvés: échantillon de catalogue, fils d’acier, déchets du mur de l’Atlantique<br />

qui, sans la moindre intervention d’un artiste, constituent<br />

indubitablement des peintures ou des sculptures.<br />

A Paris, en décembre, pour savoir qui est qui, qui fait quoi, qui expose<br />

qui, visite systématique, avec Hains, de l’ensemble des galeries parisiennes.<br />

En fin de parcours, ils font connaissance de Colette Allendy<br />

(1895-1960), veuve du Dr René Allendy (1889-1942), qui dirige une<br />

galerie, rue de l’Assomption n° 67 à Auteuil. Elle y présentait alors un<br />

ensemble de dessins de Arp, Kandinsky, Magnelli et Miró.<br />

1948-1949. Nombreux aller et retour entre Nantes et Paris. En septembre<br />

fait la connaissance au Dôme du peintre et poète Camille<br />

Bryen (1907-1977), originaire de “la ville du pont transbordeur et de<br />

l’angoisse nantaise”, puis, avec lui, fréquente Wols à la Pergola, à la<br />

Rôtisserie Saint-Germain ou à la Rhumerie Martiniquaise.<br />

Arrache avec Hains, en février 1949, Ach Alma Manetro, première<br />

affiche lacérée commune.<br />

En décembre, Villeglé quitte définitivement Nantes et abandonne sans<br />

regret ses études d’architecture pour s’installer à Paris. Intentionnellement<br />

– l’intention désignant au sens le plus husserlien du terme la<br />

vision – il décide de limiter sa démarche appropriative aux seules<br />

affiches lacérées.<br />

1950-1954. Après un court stage au deuxième trimestre à Nancy aux<br />

Ateliers de Maxéville de Jean Prouvé (1901-1984), créateur des<br />

“murs-rideaux”, il participe à la mise au point des “lettres éclatées”<br />

que Hains photographiait depuis 1947 au travers d’une trame de<br />

verre cannelé, et à divers films dont Pénélope et Loi du 29 juillet 1881<br />

ou Défense d’afficher. Un extrait de Pénélope sera monté au printemps<br />

1960 par l’équipe du Centre de Recherche Image de la RTF et diffusé<br />

sous le titre Etude aux allures, nom de la composition de musique<br />

concrète avec lequel Pierre Schaeffer (1910-1995), directeur du Centre,<br />

sonorisa ce court-métrage (12’ env., couleurs, 16 mm), baptisé<br />

primitivement Pénélope par Villeglé, à cause des couleurs méditerranéennes<br />

et des incessantes reprises. Sur les déchets des pellicules<br />

surexposées, avec de l’encre de Chine grasse, qui craquellera en<br />

séchant, Villeglé, suivant son habitude “ad-hociste”, fera des graffiti.<br />

Ce qui en a subsisté sera diffusé par le Centre Georges Pompidou au<br />

début des années quatre-vingt sous le titre Paris - Saint-Brieuc 1950-<br />

1952.<br />

1 er mai 1952. Hepérile, poème phonétique de Camille Bryen édité par<br />

PAB (Pierre-André Benoît, 1922-1993), est choisi pour officialiser<br />

l’éclatement de l’écriture. Hepérile éclaté, petit livre voué à une faune<br />

d’ultra-lettres bayadères, ondines cannelées de la nouvelle mythologie,<br />

s’effectuera le 19 juin 1953 à l’occasion d’une exposition personnelle<br />

de Bryen à la Galerie Colette Allendy.<br />

En décembre Hains et Villeglé fréquentent Chez Moineau, sordide<br />

café, 22 rue du Four, les lettristes dissidents, Bull Dog Brau (1930-<br />

1985), Guy-Ernest Debord (1931-1994) et Gil J Wolman (1929-<br />

1995), Jean-Michel Mension, etc. qui viennent de fonder leur première<br />

internationale, prémisse du situationnisme.<br />

En février 1954, ils font la connaissance de François Dufrêne (1930-<br />

1982), dont ils suivaient depuis huit ans les publications et les récitals<br />

lettristes. Celui-ci les présente à Yves Klein “le Monochrome” (1928-<br />

1962) de retour du Japon.<br />

Avril-mai 1957. Première rétrospective des affiches lacérées chez<br />

Colette Allendy, qui avait échappé aux dogmatismes des abstraits, Yves<br />

Klein ayant raccourci de huit jours sa propre exposition. Trois critiques<br />

la commenteront: Edmond Humeau, Le lyrisme des murs,<br />

“Combat”, 5 juin 1957; Michel Courtois, “Arts”, 5 juin 1957; et<br />

Pierre Restany, “Cimaise”, octobre 1957. Au cours du vernissage, première<br />

rencontre avec Gérard Deschamps (19 ans), familier du lieu<br />

pour y avoir déjà exposé.<br />

Se rendant compte que la critique, tout comme le public, n’avait pas<br />

saisi qu’il y avait un nouveau comportement pictural à exposer des<br />

affiches lacérées, telles qu’elles avaient été arrachées du mur ou de la<br />

palissade, Villeglé rédige une mise au point sur la lacération “manifestation<br />

spontanée”, qu’il fait paraître en mai 1958 sous le titre Des<br />

réalités collectives dans “Grâmmes”, revue sous-titrée par provocation<br />

de l’“ultra-lettrisme”. Isidore Isou répondra à cette provoc dans la<br />

revue de Maurice Lemaître “Poésie Nouvelle”.<br />

171


En février 1959, François Dufrêne, ayant effectué une première vente<br />

d’affiches lacérées de petits formats, et “Lacéré Anonyme” ayant pris<br />

corps en Villeglé, il l’invite à présenter ses œuvres dans l’atelier de son<br />

père, rue Vercingétorix; la manifestation aura lieu en juin. Lacéré Anonyme<br />

est un personnage mythique, né de la croyance en une création<br />

collective. Ainsi, les cathédrales auraient été construites par une<br />

volonté commune, par l’élan populaire. Pour Vico, Homère personnifie<br />

le peuple grec; Lacéré Anonyme personnifie l’ensemble des lacérateurs<br />

inconnus. C’est la remise en question de l’artiste interprète de<br />

l’âme populaire intermédiaire de l’inconscient collectif.<br />

En octobre, des affiches lacérées, un monochrome bleu, une machine<br />

à peindre, disséminés à l’intérieur et à l’extérieur du Musée Municipal<br />

d’Art Moderne de la Ville de Paris, créent les trois lieux événementiels<br />

de la première Biennale des Jeunes. Pour André Malraux, qui venait de<br />

prendre les Affaires culturelles, ces trois lieux se réduiront à deux.<br />

Lorsqu’il se remémore sa visite inaugurale, Malraux oublie Klein, il<br />

mentionne avec la machine baladeuse et menaçante de Tinguely<br />

(1925-1991), qui l’avait ou qui avait manqué de l’éclabousser, “les<br />

affiches lacérées, les plus insidieux des ready-mades”. Le genre “haffreux”<br />

semble lui dire Picasso à qui il relate le vernissage (La tête d’obsidienne,<br />

Gallimard, Paris, 1974, p. 141).<br />

En cours d’année paraît Sur Marcel Duchamp de Robert Lebel (1904-<br />

1986); l’objet devient un dénominateur commun et les affiches lacérées,<br />

qui étaient abusivement assimilées au collage, seront dès lors<br />

identifiées au ready-made. Les ravisseurs auront beaucoup de mal à<br />

secondariser l’influence duchampienne.<br />

En février 1960, pour répondre aux nouvelles tendances révélées par<br />

la première Biennale, Dufrêne, par l’intermédiaire d’Alain Jouffroy, est<br />

chargé d’une salle au Salon Comparaisons. Il y présente, à côté des<br />

affichistes, un ramasseur de chiffons d’usines, des assemblagistes, une<br />

jeune croûtiste, des expressionnistes baroques et des expérimentaux<br />

travaillant l’espace ou le mouvement.<br />

Ursula Girardon (1926-1989), boulevard Pasteur: premier courtier à<br />

vendre une affiche lacérée.<br />

Villeglé accompagne Dufrêne dans les studios-laboratoires de Pierre<br />

Henry, 80 rue Cardinet. Entre eux deux commence, à l’instigation de<br />

Jouffroy, une collaboration technologie-crirythme.<br />

En avril, à Milan, Pierre Restany, jeune critique, 29 ans, saisit ce<br />

moment historique pour rédiger le premier manifeste du nouveau réalisme<br />

et organiser une exposition, à la <strong>Galleria</strong> Apollinaire, Baptême de<br />

l’appropriation, qui sanctionne l’état de fait qu’il avait ressenti lors de<br />

la Biennale avec Yves le Monochrome, Tinguely, Hains, Dufrêne et<br />

Villeglé. Au groupe initial il ajoute son ami niçois Arman. Six mois<br />

plus tard, le 27 octobre, au domicile d’Yves Klein aura lieu la signature<br />

de la déclaration constitutive du groupe des nouveaux réalistes élargi.<br />

En décembre Mimmo Rotella, de passage à Paris, rend visite à chacun<br />

des « ravisseurs”, qui exposaient alors pour la première fois côte à côte<br />

avec l’ensemble des nouveaux réalistes dans le cadre du Festival<br />

d’avant-garde de Paris au Pavillon américain de la Porte de Versailles.<br />

En 1961, Villeglé prend le relais de Dufrêne au Salon Comparaisons<br />

(il gardera la responsabilité d’une salle jusqu’en 1968). Outre les nouveaux<br />

réalistes, il y invitera de jeunes pop américains et européens, des<br />

représentants parisiens de l’arte povera, de l’école de Nice, des lettristes,<br />

le mec art, Poulet 20 NF, les “objecteurs”, enfin tous les marginaux,<br />

ou dont les critères ne correspondaient pas aux disciplines des<br />

autres organisateurs. Sa présence au sein du comité directeur de ce<br />

salon stimula le groupe des “peintres de la réalité” dont les sujets évoluèrent<br />

et passèrent en deux-trois ans de la nature morte dans la tradition<br />

du XVII e siècle aux pastiches des thèmes urbains du nouveau réalisme,<br />

tout en restant eux-mêmes fidèles aux canons académiques à<br />

l’échelle du tableau de chevalet, respectueux du travail pour le travail,<br />

et bien entendu sans se libérer du préjugé de la matière picturale.<br />

En 1967, las de la mentalité traditionnelle des salons, qui débite l’espace<br />

géométrique par œuvre, il propose avec Jean-Louis Brau, avant<br />

de donner sa démission, pour celui d’avril 1968, une “salle hippie”<br />

dans laquelle ne serait exposée aucune œuvre plastique. Pendant que<br />

les participants y feraient leurs actions, quelques projections de diapos<br />

rappelleraient la destination picturale du lieu.<br />

17 mai 1961. Ouverture de la Galerie J, rue Montfaucon, premier<br />

contrat.<br />

1961-1963. Malgré leur détermination et leur prise de position commune<br />

en faveur d’une primauté du “ravir” sur le “faire”, ceux qui<br />

furent différenciés des autres nouveaux réalistes par l’appellation “affichistes”<br />

furent invités paradoxalement aux expositions The Art of<br />

Assemblage à New York, Dallas et San Francisco, puis à 50 ans de collage<br />

à Saint-Etienne et Paris.<br />

Robert Lebel et Alain Jouffroy différencièrent en 1963 le collage de<br />

l’objet par une exposition germano-pratine dans une galerie éphémère.<br />

1963-1964. Expositions personnelles: Galerie J (Paris) et Ad Libitum<br />

(Anvers). Paul Wember, directeur du Kaiser Wilhelm Museum de<br />

Krefeld, acquiert près de la galerie anversoise une affiche. Il sera également<br />

à l’origine du premier achat européen institutionnel pour<br />

Dufrêne et Hains.<br />

Expositions des quatre “ravisseurs”, préfacées par Restany (L’affiche<br />

lacérée, élément de base de la réalité urbaine), chez Arturo Schwarz à<br />

Milan et à la Gres Gallery à Chicago.<br />

En mai 1965, des affiches d’un bal signées Mathieu et lacérées offrent<br />

à Villeglé une série thématique. Contre la première appropriation le<br />

lacérateur s’était attaqué au cœur pourpre du graphisme, mettant à nu,<br />

de trois coups de rasoir, une tache-écu de sable avec billette et crosse<br />

renversées, destrée de gueules, sénestrée d’une filière de même comportant<br />

pointe triangulaire à l’anglaise. L’ensemble de ces affiches fut<br />

exposé chez Jacqueline Ranson, rue Furstenberg, en février 1967 sous<br />

le titre De Mathieu à Mahé.<br />

En août Villeglé commence la rédaction de Lacéré Anonyme ou Urbi<br />

& Orbi. Il y aborde l’aspect moderne du vieil artiste des mythes traditionnels,<br />

avec toute l’ambiguïté que comporte cet état lorsque le coup<br />

de foudre devient critère de création et comment, en collectionnant<br />

des affiches agressées, il est devenu une personnalité lacérée.<br />

Le 20 octobre, par l’intermédiaire du pataphysicien Noël Arnaud,<br />

Villeglé prend langue avec Léo Malet (1909-1996), autodidacte,<br />

ancien surréaliste et romancier créateur du “privé” Nestor Burma,<br />

qui, au cours des années trente, avait imaginé avec une certaine<br />

forme de “décollage dirigé” de confectionner des objets “psychoatmosphériques-anamorphiques”.<br />

Il était alors attributaire d’une<br />

boîte de livres sur le quai de l’Hôtel de Ville, aux abords du Pont<br />

Louis-Philippe.<br />

Le 9 novembre 1968, ayant l’intention malicieuse d’établir le catalogue<br />

raisonné de l’œuvre de l’Oberdada Johannes Baader (1875-<br />

1954), Villeglé rencontre à Zurich, Café Odéon, Carola Giedion-<br />

172


Welcker. Puis il rendra visite, chez eux, après la parution d’un article<br />

dans la revue “Leonardo”, à César Domela (22 avril 1969), Raoul<br />

Hausmann (17 mai), Herta Wescher (29 mai), Poupart-Lieussou (7<br />

juin) et à Jefim Jef Golyschev (16 juin).<br />

Les expositions du nouveau réalisme ou du pop art, premiers bilans de<br />

l’activité des années soixante, puis celles du décollage, se succèdent à<br />

La Haye, à Vienne, à Berlin, à Krefeld, à Anvers, à Milan.<br />

28 février 1969. Nixon rend visite à De Gaulle. Sur les murs d’un couloir<br />

de métro, les trois flèches de l’ancien Parti socialiste, la croix de<br />

Lorraine, la croix gammée, la croix celtique inscrite dans le cercle du<br />

mouvement Jeune Nation, puis à nouveau les trois flèches pavloviennes<br />

de Serge Tchakhotine indiquent graphiquement sans autre<br />

commentaire le nom du président américain.<br />

6-7 mai. Le premier graphisme socio-politique est exposé au Théâtre<br />

du Vieux Colombier lors de la manifestation Liberté de parole organisée<br />

par J.J. Lebel, puis sera publié peu après par des éditeurs milanais<br />

dans une “valise nouveau réaliste”.<br />

Août 1970. Début de l’établissement du catalogue raisonné de son<br />

œuvre. Cet inventaire sera poursuivi entre 1983 et 1988 par Françoise-Julie<br />

Piriou, étudiante à l’Université de Haute-Bretagne, sous la<br />

direction de Jean-Marc Poinsot.<br />

Octobre-novembre: dixième anniversaire du nouveau réalisme, Galerie<br />

Mathias Fels (Paris) et Rotonda di via Besana (Milan).<br />

Le critique Otto Hahn (1935-1996) publie dans la revue “VH 101”,<br />

n° 3, des extraits du Lacéré Anonyme intitulés Le flâneur aux palissades<br />

de la manifestation spontanée.<br />

Première acquisition officielle en France par le Fonds National d’Art<br />

Contemporain d’une affiche villegléenne.<br />

1971-1972. A la Staatsgalerie de Stuttgart, première exposition<br />

muséale consacrée aux seules affiches lacérées; le catalogue est préfacé<br />

par Johannes Cladders, futur directeur du Musée de Mönchengladbach.<br />

Lors de l’inauguration du musée en 1981 il réservera une salle<br />

aux œuvres des trois affichistes parisiens; au sol, Carl André.<br />

Rétrospective de l’œuvre de Villeglé au <strong>Moderna</strong> Museet de Stockholm<br />

et au Museum Haus Lange de Krefeld, et deux expositions personnelles<br />

à Cologne chez Michael Werner et à la Galerie Der Spiegel<br />

dirigée par Eva (1913-1988) et Hein Stünke (1913-1994).<br />

1974. Avant de faire publier, en juillet 1977, par le Musée National<br />

d’Art Moderne, la première version de Lacéré Anonyme, ou Urbi &<br />

Orbi, Villeglé en fait paraître des extraits dans les revues “Apeïros” et<br />

“Alfabeta” et dans une collection du “Daily-Bull”, les “Poquettes<br />

volantes”.<br />

En fin d’année Villeglé entreprend un film d’animation et de dessins<br />

animés, Un mythe dans la ville (29’, couleurs, 16 mm), accompagné<br />

d’une bande-son de Bernard Heidsieck, Couper n’est pas jouer, 1969.<br />

Avec son autorisation il utilisera une affiche d’exposition que Jean<br />

Dubuffet faisait placarder en avril 1976 dans les quartiers Halles-<br />

Beaubourg-Marais et un “livre-impubliable” qu’il avait commandé à<br />

cet effet à Denise A. Aubertin.<br />

1976-1977. Villeglé participe à l’exposition itinérante Panorama de<br />

l’art français 1960-1975 organisée par l’AFAA (Association Française<br />

d’Action Artistique), présentée à Athènes, Ankara, Istanbul, Téhéran,<br />

Bagdad, Damas, Tel-Aviv, Tunis, Rabat, Alger.<br />

1976-1981. Il participe aux expositions Beautés volées au Musée d’Art<br />

et d’Industrie de Saint-Etienne, Paris-New York au Centre Georges<br />

Pompidou, Dufrêne et Villeglé, affiches lacérées au Centre Noroît d’Arras,<br />

Bryen éclaté au Musée de Nantes, Paris/Paris 1937-1957 au Centre<br />

Georges Pompidou, West-Kunst 1939-1970 à Cologne<br />

Villeglé rédige le texte du catalogue Commémoration de la loi du 29<br />

juillet 1881 pour la deuxième exposition du groupe des affichistes à la<br />

Galerie Mathias Fels de Paris en mars-avril.<br />

Michel Lancelot (1938-1996) lui consacre une émission télévisée, Loi<br />

du 29 juillet 1881, Villeglé, réalisation Georges Paumier, production<br />

Antenne 2, 20’, couleurs, 16 mm.<br />

Janvier 1982. Les présidentielles 81 vues par Villeglé, Centre d’Art<br />

Contemporain J. et J. Donguy, rue de la Roquette, Paris.<br />

Février-juin. Guérilla des écritures, interventions sur des emplacements<br />

réservés à Rennes et à Paris avec l’association Art Prospect de Bretagne.<br />

Avril 1985. A Rennes, pour commémorer le centenaire des premiers<br />

écrits “ontogéniques” de Jarry et de la conception d’Ubu par un lycéen<br />

et célébrer le dixième anniversaire de la collecte du Retour de l’Hourloupe,<br />

alias Bosse-de-nage, deux expositions: l’une à la Maison de la<br />

Culture préfacée par Bernard Lamarche-Vadel (1949-2000); la<br />

seconde, Les affichistes selon Villeglé, présentée par Béatrice Salmon à la<br />

Galerie Art et Essai de l’Université de Villejean.<br />

Juillet. Villeglé réentoile deux des affiches présentées lors de la<br />

deuxième Biennale des Jeunes de Paris (1961), qui étaient restées roulées<br />

dans divers dépôts depuis vingt-quatre ans, pour être montrées en<br />

octobre: l’une d’elles sera acquise en 1987 par Claude Fournet pour le<br />

Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain de Nice; la seconde,<br />

Carrefour Sèvres-Montparnasse (3,19 x 8,10 mètres), sera exposée à<br />

Paris, Mannheim et Winterthur, rétrospectives Les nouveaux réalistes,<br />

puis au Magasin à Grenoble (1988), à la Kunstmarkt de Cologne<br />

(1989), au MoMA de New York (High and Low, 1990), au Ludwig<br />

Museum de Cologne (Pop Art) et au Centro de <strong>Arte</strong> Reina Sofía de<br />

Madrid (1992), au Centre Pompidou (Les années pop, 2001).<br />

L’artiste crée un groupement financier en vue d’éditer le premier tome<br />

du catalogue raisonné de son œuvre sélective qui finalement paraîtra<br />

pour les expositions La peinture dans la non-peinture de juillet 1988 à<br />

Nice et octobre suivant à Toulouse, puis à Cologne en 1989.<br />

1989. Création par Valérie Villeglé du Secrétariat Jacques Villeglé<br />

chargé de l’informatisation de l’ensemble des archives et du catalogue,<br />

sept volumes parus à ce jour.<br />

Expositions personnelles à Milan, Centro Culturale d’<strong>Arte</strong> Bellora,<br />

Livourne, <strong>Galleria</strong> Peccolo, Cologne, Galerie Reckermann et New<br />

York, Zabriskie Gallery.<br />

1990. Villeglé. La présentation en jugement, par Bernard Lamarche-<br />

Vadel (Marval, Paris).<br />

En 1991, grâce à l’initiative du personnel culturel de la Région Nord -<br />

Pas-de-Calais et à la ténacité créative de l’imprimeur d’estampes Alain<br />

Buyse, premières expositions décentralisatrices à Lille et à Douai.<br />

1994. Villeglé est invité par Franz W. Kaiser au Museum Paleis Lange<br />

Voorhout dans le cadre d’un ensemble d’expositions personnelles d’art<br />

contemporain français organisé par l’AFAA.<br />

1995. Un homme sans métier, Jannink, Paris (épuisé).<br />

28-29 septembre. Tournage sur l’initiative de la DAP, dans le cadre des<br />

“Archives du XX e Siècle”, d’un portrait, coproduit par Terra Luna, réalisé<br />

par Fabrice Maze, Philippe Piguet étant responsable de l’entretien.<br />

1996. Rétrospective au Centre d’Art Bouvet-Ladubay de Saumur,<br />

entretien avec Geneviève Nevejan.<br />

173


1997. Carrefour politique, Vers les Arts, Calignac.<br />

Juillet. Création au Martéret, en Lot-et-Garonne, de l’Atelier d’Aquitaine.<br />

Début d’une nouvelle série thématique consacrée à la musique<br />

amplifiée: La techno. Première exposition au Carré d’Art de Bayonne<br />

(mai-juin 1998), préfacée par Marie Albet.<br />

1997-1998. Villeglé participe aux expositions des nouveaux réalistes<br />

de Paris (Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, sortie du livre<br />

de Catherine Francblin), Cologne (Museum Ludwig), Vence (Notre-<br />

Dame des Fleurs), Esslingen (Villa Merkel), Milan (Fonte d’Abisso<br />

<strong>Arte</strong>), Nice (MAMAC).<br />

1998. Liens et lieux, Galerie Départementale du Dourven, Locquémeau,<br />

préface d’Annie Goëdard-Le Goff.<br />

Novembre. Exposition rétrospective, Alan Koppel Gallery, Chicago,<br />

organisée en collaboration avec Chloé R. Ziegler, préface de Simon<br />

Anderson, entretien avec Annette Ferrara.<br />

1999. Expositions personnelles à: Cologne, Galerie Der Spiegel, Double<br />

message; Paris, Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, première<br />

exposition thématique, Mots 1949-1996, préfacée par Catherine<br />

Millet; Poitiers, Confort Moderne, Villeglé, la musique amplifiée,<br />

préfacée par Dominique Truco, François Dagognet, Alain Jouffroy et<br />

Pierre Restany; Genève, Galerie Sonia Zannettacci; New York, Ubu<br />

Gallery, Rétrospective 1959-1998; Los Angeles, Shoshana Wayne Gallery;<br />

Mérignac, Vieille Eglise Saint-Vincent, Villeglé techno-rapt, préfacée<br />

par Dominique Dussol.<br />

Parution de Cheminements 1943-1959, Jean-Pierre Huguet/“Les Sept<br />

Collines”, Saint-Julien-Molin-Molette.<br />

2000. Micropolitiques, Le Magasin, Grenoble. Expositions personnelles<br />

à la Cité de la Musique, Paris, catalogue préfacé par Catherine<br />

Francblin, et à la Galerie Lucien Schweitzer, Luxembourg.<br />

2001. L’Atelier d’Aquitaine est invité par le FRAC Corse pour l’exposition<br />

Décentralisation 3, à Corte.<br />

Expositions personnelles à: Londres, James Mayor Gallery; Paris,<br />

Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois, deuxième exposition<br />

thématique, Images 1958-1991, préfacée par Catherine Francblin; Los<br />

Angeles, Chac Mool Gallery; Genève, Galerie Sonia Zannettacci; Chicago,<br />

Alan Koppel Gallery.<br />

Odile Felgine, biographe de Roger Caillois et de Victoria Ocampo,<br />

lui consacre une monographie parue aux Editions Ides et Calendes,<br />

Neuchâtel.<br />

2002. Expositions à La Briantais, Saint-Malo, et à la Mairie de Lille.<br />

Création à l’espace AE d’étoffes et de vêtements avec Ferdinando<br />

Botto Poala, et réalisation d’un CD-Rom, Jacques Villeglé. Catalogue<br />

raisonné.<br />

2003. Expositions personnelles à: Poitiers, Musée Sainte-Croix,<br />

Alphabet socio-politique; Vannes, Musée de la Cohue; Paris, Galerie<br />

Georges-Philippe & Nathalie Vallois, troisième exposition thématique,<br />

Sans lettre ni figure 1951-1968, préfacée par Hans Ulrich<br />

Obrist et Robert Fleck.<br />

L’Atelier d’Aquitaine est invité par le Gobiemo de la Ciudad de Buenos<br />

Aires à intervenir au Centro Cultural Recoleta en février.<br />

2004. Réalisation de deux tapisseries par les ateliers André Magnat à<br />

Aubusson et Pinton à Felletin, destinées aux musées de Cognac.<br />

2005. La traversée Urbi & Orbi, Transéditions, Paris.<br />

Expositions personnelles à: Orchies, Maison de la Chicorée; Genève,<br />

Galerie Sonia Zannettacci; Metz, Arsenal; Paris, quatrième exposition<br />

thématique, Politiques 1957-1991, préfacée par Nicolas Bourriaud, à<br />

la Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois.<br />

2006. Expositions personnelles à: San Francisco, Modernism; Chicago,<br />

Alan Koppel Gallery; Quimper, Le Quartier; Knokke-le-Zoute<br />

et Art Cologne, Guy Pieters Gallery; Milan, <strong>Galleria</strong> Tonelli; Monaco,<br />

Incognito; Valence, City Museum.<br />

2007. Expositions personnelles à: Paris, Galerie Georges-Philippe &<br />

Nathalie Vallois, cinquième exposition thématique, La lettre lacérée;<br />

Padoue, Vecchiato New Art Gallery; Art Paris, Guy Pieters Gallery;<br />

Luxembourg, Galerie Lucien Schweitzer; Hanovre, Stiftung Ahlers<br />

Pro <strong>Arte</strong> / Kestner Pro <strong>Arte</strong>.<br />

Publication de deux monographies: l’une éditée par la Galerie Linda &<br />

Guy Pieters (biographie de Odile Felgine, preface di Arnaud Labelle-<br />

Rojoux); l’autre avec la préface de Kaira Cabañas, François Bon et<br />

Nicolas Bourriaud (Flammarion, dans la collection “La création<br />

contemporaine”).<br />

Rétrospective du nouveau réalisme (la décennie 1950-1960) au Grand<br />

Palais de Paris et au Sprengel Museum di Hanovre. Pour l’occasion<br />

sont réalisés un écritoire et une table basse par le verrier Gilles Chabrier<br />

et par le designer René Bouchara, exposés à Art Paris.<br />

2008. Rétrospective de Villeglé au Centre Pompidou de Paris et au<br />

Musée Départemental d’Art Ancien et Contemporain d’Epinal.<br />

Villeglé inaugure la <strong>Galleria</strong> <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong> de Brescia et participe<br />

à la Biennale de Gwangju (Corée).<br />

Expositions à Istanbul (Pera Museum), Genève (Galerie Sonia Zannettacci),<br />

Chicago (Alan Koppel Gallery), San Francisco (Modernism),<br />

Nice (Bibliothèque Louis-Nucéra).<br />

Le Conseil Général des Vosges commande à Villeglé un Mémorial<br />

socio-politique en acier Corten de 15 x 2 mètres pour le jardin du<br />

musée.<br />

Publication d’une monographie de Gérard Durozoi (Hazan, Paris) et<br />

de deux interwievs: l’une di Marion Chanson (Thalia, Ennery); l’autre<br />

de Didier Dauphin (Bookstorming, Paris).<br />

2009. En octobre, Villeglé est l’invité d’honneur de la Médiathèque<br />

du Centre Culturel Saint-Louis-de-France à Rome. L’artiste réalise<br />

une fresque socio-politique le jour de l’inauguration. A cette occasion<br />

la <strong>Galleria</strong> Mucciaccia de Rome consacre à l’artiste une rétrospective<br />

dont la commissaire est Dominique Stella.<br />

2010. En avril installation d’un alphabet socio-politique en bas-relief<br />

de 3,5 x 3,5 mètres dans la cour de l’Ecole des Arts Plastiques de Châtellerault.<br />

Exposition à MiArt, avec <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong>; la Galerie<br />

Georges-Philippe & Nathalie Vallois présente la sixième exposition<br />

thématique, La peinture dans la non-peinture. Œuvres de Villeglé dans<br />

l’exposition inaugurale du Centre Pompidou à Metz, Chefs-d’œuvre?,<br />

et dans l’accrochage inaugural du LaM à Villeneuve-d’Ascq.<br />

2011. Expositions à Londres, Alexia Goethe Gallery et Stuart Shave<br />

Modern Art; à Casablanca et Marrakech, Matisse Art Gallery; à San<br />

Francisco, Modernism; à Vicence, Yvonne <strong>Arte</strong> Contemporanea; à<br />

Chiari (Brescia), <strong>Galleria</strong> l’Incontro.<br />

Villeglé travaille sur différents projets de meubles et sculptures.<br />

174


Bibliografia selezionata<br />

Bibliographie sélective<br />

Testi di Jacques Villeglé / Textes de Jacques Villeglé<br />

Hepérile éclaté, avec la collaboration de Camille Bryen et Raymond<br />

Hains, Lutetia, Paris, 1953.<br />

Des réalités collectives, in “Grâmmes - Revue Ultra-lettriste”, n° 2,<br />

Paris, 1958.<br />

Villeglé présente, de Mathieu à Mahé, Galerie Jacqueline Ranson,<br />

Paris, 1967.<br />

L’affiche lacérée: ses successives immixtions dans les arts, in “Leonardo”,<br />

n° 1, Oxford-New York, 1969.<br />

Le flâneur aux palissades de la manifestation spontanée, in “VH 101”,<br />

n° 3, Paris, 1970.<br />

Om det överlagda valet, in cat. Villeglé. Rétrospective 1949-1971 (préface<br />

de Otto Hahn), 1971.<br />

Anonymer Abriss, in cat. Villeglé. Rétrospective 1949-1972 (textes de<br />

Otto Hahn, Pierre Restany, Paul Wember), Museum Haus<br />

Lange, Krefeld, 1971.<br />

Baader, in “Apeïros”, n° 6, Vaduz, 1974.<br />

Les boulevards de la création, in “Apeïros”, n° 8, Vaduz, 1974.<br />

Les volantes du ravisseur, in “Daily Bull”, n° 42, La Louvière, 1974.<br />

Aspetti del Dada tedesco: Baader, in “Alfabeta”, n° 2, Milano, 1975.<br />

Lacéré Anonyme, CNAC Centre Georges Pompidou, Paris, 1977.<br />

Eclatement Lacération Graffiti, in cat. Dufrêne et Villeglé, Centre<br />

Noroît, Arras, 1980.<br />

Commémoration de la loi du 29 juillet 1881, Galerie Mathias Fels,<br />

Paris, 1981.<br />

L’innocence du choix, in cat. Les nouveaux réalistes, Galerie d’Art<br />

Contemporain des Musées de Nice, Nice, 1981.<br />

Le retour de l’Hourloupe, Maison de la Culture, Rennes, 1985.<br />

De la manifestation spontanée, in “Pleine Marge”, n° 3, Paris, 1986.<br />

Urbi & Orbi, W, Mâcon, 1986.<br />

Décollage / Décollage assisté, in “Canal”, n° 3, Levallois-Perret, 1987.<br />

Quand la comtesse tation prend le métro, in “Lotta Poetica”, n° 2,<br />

Genova, 1987.<br />

Catalogue thématique des affiches lacérées. La peinture dans la non<br />

peinture, vol. I (textes de Claude Fournet, Françoise-Julie Piriou),<br />

Marval, Paris, 1988.<br />

Amalgame, Amalgame, Galerie du Génie, Paris, 1988.<br />

Catalogue thématique des affiches lacérées. Graffiti politiques, vol. II<br />

(préface de Françoise-Julie Piriou), Marval, Paris, 1989.<br />

Catalogue thématique des affiches lacérées. La lettre lacérée, vol. III-<br />

IV (textes de Daniel Abadie, Michel Giroud), Marval, Paris,<br />

1990.<br />

Catalogue thématique des affiches lacérées. Transparences, vol. X (préface<br />

de Philippe Piguet), Marval, Paris, 1990.<br />

Artistes les mots pour le faire (dir. par Alain Jouffroy et Yves Hélias),<br />

in “Cahiers du Renard”, n° 3, Paris, 1990.<br />

Ad Hoc Ad Hocratie Ad Hocisme, in “Ad Hoc”, n° 5, Bordeaux, 1990.<br />

Décentralisation, Alain Buyse, Lille, 1991.<br />

Décollage, in cat. L’amour de l’art, Biennale d’Art Contemporain de<br />

Lyon, Lyon, 1991.<br />

L’hypermnésie créative (dir. par Régis Debray), in La France à l’Exposition<br />

universelle de Séville. Facettes d’une nation, Flammarion,<br />

Paris, 1992.<br />

Une activité papéristique et pusiéreuse, in Le collage - Art du XX e siècle<br />

(préface de Françoise Monnin), Fleurus - Idées, Paris, 1993.<br />

A la croisée des écritures, in cat. Et tous ils changent le monde, II Biennale<br />

d’Art Contemporain de Lyon, Lyon, 1993.<br />

L’épigraphie contestataire / Anti-establishment epigraphy, Editions 23,<br />

Caen, 1994.<br />

Interview de Michel Giroud, in cat. Hors limites. L’art et la vie 1952-<br />

1994, Centre Georges Pompidou, Paris, 1994.<br />

Un homme sans métier, Jannink, Paris, 1995.<br />

C’est le début du nouveau réalisme, in cat. Raymond Hains, les 3 quartiers,<br />

Fondation Cartier pour l’Art Contemporain, Paris, 1995.<br />

Une épigraphie sauvage, in “Rémanences”, n° 6, Bédarieux, 1996.<br />

Catalogue thématique des affiches lacérées. Placards de journaux - Mai<br />

68, vol. XIX (préface de Alain Jouffroy), Marval, Paris, 1996.<br />

Carrefour politique, Vers les Arts (traduction en anglais), Calignac,<br />

1997.<br />

Cheminements 1943-1959, Jean-Pierre Huguet (“Les Sept Collines”),<br />

Saint-Julien-Molin-Molette, 1999.<br />

Grandes et petites manœuvres, in cat. Micropolitiques, Le Magasin,<br />

Centre National d’Art Contemporain, Grenoble, 2000.<br />

Catalogue, or Constitutive Ambiguity, in cat. Jacques Villeglé - Works<br />

from 1955-1991, Mayor Gallery, London, 2001.<br />

Dada et moi, in “Cahiers du Musée National d’Art Moderne”, n° 85,<br />

Paris, 2001.<br />

Catalogue thématique. Sans lettre, sans figure, Ides et Calendes, Neuchâtel,<br />

2004.<br />

La traversée Urbi & Orbi, Transédition, Paris, 2005.<br />

Baader, in Dada circuit total, L’Age d’Homme (“Dossiers H”),<br />

Paris, 2005.<br />

Urbi & Orbi - Zur Kunst des Plakatabrisses, Nautilus, Hamburg,<br />

2007.<br />

Catalogue thématique -Villeglé politique (texte de Laurence Bertrand-<br />

Dorléac), Ides et Calendes, Neuchâtel, 2008.<br />

Interviste a Jacques Villeglé / Interviews à Jacques Villeglé<br />

Alain Jouffroy, L’expérience, in “Mise en Page”, Paris, mai 1972.<br />

Théo Barbu, Interview with Villeglé, Leading “Nouveau Réaliste”, in<br />

“Artspeak”, New York, 1 June 1988.<br />

Luc Vezin, Les lacérations anonymes, in “Beaux-Arts Magazine”, n° 60,<br />

Levallois-Perret, 1988.<br />

M. Flégeau, C. Lerestif (dir. par Jean-Marc Poinsot), Les forfaits de<br />

Jacques Villeglé, in Le déjà là la création artistique, Galerie d’Art et<br />

Essai, Rennes, 1989.<br />

Bernard Goy, in “Journal of Contemporary Art”, n° 1, New York,<br />

1991.<br />

Eddy Devolder, in “+/O”, n° 75, Bruxelles, 1992.<br />

Geneviève Nevejan, Jacques Villeglé, in “B.L.”, n° 2, Saumur, 1996.<br />

Annette Ferrara, in cat. Alan Koppel Gallery, Chicago, 1998.<br />

Portrait, in “Lettre d’Information - Ministère de la Culture et de la<br />

Communication”, Paris, 2 juin 1999.<br />

Laurence Pythoud, Jacques Villeglé: “L’affiche c’est comme une jungle”,<br />

in “Le Temps”, Genève, 22 juin 1999.<br />

Dominique Truco, Le génie du carrefour, in “L’Actualité Poitou-Charentes”,<br />

Poitiers, juillet-août-septembre 1999.<br />

Dominique Truco, Les rockers me décomplexent, in cat. Le grand mix,<br />

Le Comfort Moderne, Poitiers, 1999.<br />

175


Yves et Michèle Di Folco, L’interview, in cat. Villeglé Techno Rapt,<br />

Vers Les Arts, Calignac, 1999.<br />

Denis-Laurent Bouyer, Yves Brochard, Jacques Villeglé: les slogans<br />

deviennent illisibles, in “Sans Titre”, n° 50, Lille, 2000.<br />

Catherine Francblin, in cat. Jacques Villeglé - Images - Affiches lacérées<br />

1958-1991, Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois,<br />

Paris, 2001.<br />

Arnaud Labelle-Rojoux, Jean-Luc Poivret, Rencontre avec un enchanteur,<br />

in “Fusées”, n° 5, Auvers-sur-Oise, 2002.<br />

Yan Ciret, Lacéré anonyme par Jacques Villeglé, in cat. Après la fin de<br />

l’art - 1945-2003, Musée d’Art Moderne, Saint-Etienne, 2003.<br />

Alberte Grynpas Nguyen, Releveur de traces de civilisation, in“Artpress”,<br />

n° 308, Paris, 2005.<br />

Pierre-Evariste Douaire, in “Paris-Art.com”, 8 novembre 2005.<br />

Roxana Azimi, in “Le Journal des Arts”, Paris, 17 février - 2 mars<br />

2006.<br />

Dominique Stella, in Il décollage di un grande maestro, Shin Factory,<br />

Brescia, 2007.<br />

Odile Felgine, Petit vocabulaire de Jacques Villeglé, in 1947-2008. De<br />

la transgression à la collection, itinéraire d’une œuvre, Musée Départemental<br />

d’Art Ancien et Contemporain, Épinal, 2008.<br />

Didier Dauphin, Jacques Villeglé ou l’éclatement régénérant des signes,<br />

Archibooks (“Collection Voix”), Paris, 2008.<br />

Marion Chanson, L’atelier de Jacques Villeglé, Thalia, Paris, 2008.<br />

Altre pubblicazioni / Autres publications<br />

Harriet Janis, Rudi Blesh, Collages, personnalités, concepts, techniques,<br />

Chilton Company, Philadelphia-New York, 1962.<br />

Alain Jouffroy, Une révolution du regard, Gallimard, Paris, 1964.<br />

Mario Amaya, Pop as Art a Survey of the New Super-Realism, Studio<br />

Vista, London, 1965.<br />

Will Grohmann, Art of Our Time, Painting and Sculpture throughout<br />

the World, Thames and Hudson, London, 1966.<br />

François Pluchart, Du cubisme à l’abstraction réaliste, Presses Continentales,<br />

Paris, 1967.<br />

Herta Wescher, Der Collage, Dumont, Köln, 1968.<br />

Pierre Restany, Les nouveaux réalistes, Planète/Denoël, Paris, 1968.<br />

Depuis 1945: l’art de notre temps - III, La Connaissance, Bruxelles,<br />

1970.<br />

François Pluchart, Pop art & Cie - 1960-1970, Martin Malburet,<br />

Paris, 1972.<br />

Pierre Restany, Nuovo realismo, Giampaolo Prearo, Milano, 1973.<br />

Alain Jouffroy, Les prévoyants, La Connaissance, Bruxelles, 1974.<br />

Dictionnaire universel de la peinture, Le Robert, Paris, 1975.<br />

José Pierre, Dictionnaire du pop art, Fernand Hazan, Paris, 1975.<br />

Westfälisches Landesmuseum für Kunst und Kulturgeschichte, Bestands<br />

Katalog Sammlung Cremer, Münster, 1976.<br />

Pierre Restany, Le nouveau réalisme, UGE (coll. 10/18), Paris, 1978.<br />

Henri Chopin, Poésie sonore internationale, Jean-Michel Place,<br />

Paris, 1978.<br />

Colin Naylors, Gensis Porridge, Contemporary Artists, London-New<br />

York, 1978.<br />

Joseph-Emile Muller, Frank Elgar, 100 ans de peinture, Hazan,<br />

Paris, 1979.<br />

Harold Osborne (ed.), The Oxford Companion to Twentieth-Century<br />

Art, Oxford University Press, Oxford-New York-Toronto-Melbourne,<br />

1981.<br />

Karin Thomas, Gerd de Vries, DuMonts Künstler-Lexikon: von 1945<br />

bis zur Gegenwart, Dumont, Köln, 1981.<br />

Dominique Noguez, 30 ans de cinéma expérimental en France (1950-<br />

1980), ACERF, Paris, 1982.<br />

Benjamin H. D. Buchloh, Formalisme et historicité - Autoritarisme et<br />

régression. Deux essais sur la production artistique dans l’Europe<br />

contemporaine (traduction d’un texte publié à Chicago en 1977),<br />

Territoires, Paris, 1982.<br />

Pierre Restany, Klein, Le Chêne, Paris, 1982.<br />

E. Trichon-Milsani et al., Au Musée National d’Art Moderne - Centre<br />

Georges Pompidou, Hazan, Paris.<br />

Les années 60 d’Anne Bony, Editions du Regard, Paris, 1983.<br />

Dr. P. Stepan, Die Deutschen Museum, Westermann, München, 1983.<br />

Jean-François Bory et Jacques Donguy, Journal de l’art actuel 1960-<br />

1985, Ides et Calendes, Neuchâtel, 1986.<br />

Daniel Abadie, 25 ans d’art vivant en France, 1960-1985, Larousse,<br />

Paris, 1986.<br />

Bernard Lamarche-Vadel, Qu’est-ce que l’art français?, CRAC Midi-<br />

Pyrénées / La Différence, Labège Innopole, 1986.<br />

L’art en Europe. Les années décisives, 1945-1953, Skira / Musée d’Art<br />

Moderne de Saint-Etienne, Paris, 1987.<br />

Colin Naylor, Contemporary Artists, Saint-James Press, Chicago-London,<br />

1989.<br />

Gilbert Lascaut, “Vers une esthétique du visible”, in L’univers philosophique<br />

(dir. par André Jacob), PUF, Paris, 1989.<br />

Robert Atkins, Petit lexique de l’art contemporain, Abbeville Press, New<br />

York, 1990.<br />

Marco Livingstone, Pop Art. A Continuing History, Abrams, New<br />

York, 1990.<br />

Marco Livingstone, Le pop art, Hazan, Paris, 1990.<br />

Gottlieb Leinz, La peinture au XX e siècle, Belfont, Paris, 1990.<br />

Bernard Lamarche-Vadel, Villeglé, La présentation en jugement, Marval-Fanny<br />

Guillon-Laffaille, Paris, 1990.<br />

Roberto Ohrt, Phantom Avantgarde, Nautilus - Galerie Van de Loo,<br />

Hamburg, 1990.<br />

Philippe Piguet, François Poivret, Jacques Villeglé, Jean-Luc Poivret,<br />

Paris, 1990.<br />

Jean-Marc Poinsot, L’atelier sans mur. Textes 1978-1990, Art, Villeurbanne,<br />

1991.<br />

Chroniques niçoises. Genèse d’un musée, tome 1: 1945-1972, Musée<br />

d’Art Moderne et d’Art Contemporain, Nice, 1991.<br />

Lucio Felici (dir.), Encyclopédie de l’art, Librairie Générale Française,<br />

Paris, 1991.<br />

Nadine Coleno, Karine Marinacce, Petite tache au pays des affichistes,<br />

du Regard, Paris, 1991.<br />

Laurent Gervereau, La propagande par l’affiche, Syros / Alternatives,<br />

Paris, 1991.<br />

Jean-Philippe Breuille (dir.), L’art du XX e siècle, Dictionnaire de peinture<br />

et de sculpture, Larousse, Paris, 1991.<br />

Bernhard Kerber, Bestände Onnasch, Berlin-Bremen, 1992.<br />

Gérard Durozoi (dir.), Dictionnaire de l’art moderne et contemporain,<br />

Hazan, Paris, 1992.<br />

176


Pierre Osenat, La Peinture reflet de son temps, Peinture française de<br />

1800 à nos jours, Grassin, Paris, 1992.<br />

Benjamin Buchloh, Essais Historiques II, Art contemporain, Art,<br />

Paris, 1992.<br />

Marco Livingstone, Pop Art, Prestel-Verlag, München, 1992.<br />

Trois temps - trois mouvements, Pays de Loire/CNDP, Nantes, 1993.<br />

Daniel Gourdon, Le nouveau réalisme - du groupe au mouvement?,<br />

Université de Paris I, Paris, 1993.<br />

Daniel Gourdon, Les transparentes contradictions de Villeglé, Université<br />

de Paris I, Paris, 1993.<br />

Daniel Gourdon, Les prémisses du nouveau réalisme vues à travers la<br />

presse française et étrangère de 1956 à 1959, Université de Paris I,<br />

Paris, 1993.<br />

Alain Bonfand, L’Art en France 1945-1960, Nouvelles Editions<br />

Françaises, Paris, 1995.<br />

Hannah Weitemeir, Yves Klein 1928-1962 - International Klein Blue,<br />

Taschen, Köln, 1995.<br />

Yves Mabin, Jean-Louis Andral, Alain Cueff, Art contemporain en<br />

France, Ministère des Affaires Etrangères, Paris, 1996.<br />

Kunst des 20. Jahrunderts, Museum Ludwig Köln, Taschen, Köln,<br />

1996.<br />

Pascale Le Thorel-Daviot, Petit dictionnaire des artistes contemporains,<br />

Bordas, Paris, 1996.<br />

Catherine Francblin, Les nouveaux réalistes, du Regard, Paris, 1997.<br />

Jean-Yves Bosseur, Vocabulaire des arts du XX e siècle, Minerve Editions,<br />

Paris, 1998.<br />

Philippe Dagen, L’art français du XX e siècle, Flammarion, Paris,<br />

1998.<br />

Jean-Marc Poinsot, Quand l’œuvre a lieu, Art Eliton, MAMCO -<br />

Institut d’Art Contemporain, Genève, 1999.<br />

Hervé Gauville, L’art depuis 1945 - groupes et mouvements, Hazan,<br />

Paris, 1999.<br />

Dominique Serre-Floersheim, Les courants littéraires et artistiques II<br />

- Epoque contemporaine. De l’image au texte, Delagrave, Paris,<br />

1999.<br />

Laurent Gervereau, Un siècle de manipulations par l’image, Somogy,<br />

Paris, 2000.<br />

Pierre Grassi, Walker Evans & Company, Museum of Modern Art,<br />

New York, 2000.<br />

Odile Felgine, Jacques Villeglé, Ides et Calendes, Neuchâtel, 2001.<br />

Art contemporain. Un choix de 200 œuvres du Fonds national d’art<br />

contemporain (1985-1999), du Chêne, Paris, 2001.<br />

Laurence Bertrand Dorléac, L’ordre sauvage, Gallimard (“Art et<br />

Artistes”), Paris, 2004.<br />

Arnaud Labelle-Rojoux, L’Acte pour l’art, Al Dante/&, Romainville,<br />

2004.<br />

Brandon Taylor, Collage: The Making of Modern Art, Thames &<br />

Hudson, London, 2004.<br />

Michel Nuridsany, 100 Chefs-d’œuvre le la peinture, Flammarion,<br />

Paris, 2006.<br />

François Bon, Nicolas Bourriaud, Kaira Cabañas, Jacques Villeglé,<br />

Flammarion, Paris, 2007.<br />

Odile Felgine, Jacques Villeglé (préface d’Arnaud Labelle-Rojoux),<br />

Linda & Guy Pieters, Sint-Martens-Latem, 2007.<br />

Gérard Durozoi, Jacques Villeglé, Hazan, Paris, 2008.<br />

Cataloghi e prefazioni / Catalogues et préfaces<br />

Jean-Philippe Talbo, De la lacération considérée…, Galerie Colette<br />

Allendy, Paris, 1957.<br />

Pierre Restany, Arman, Dufrêne, Hains, Yves le Monochrome, Villeglé,<br />

Tinguely - Le nouveau réalisme, <strong>Galleria</strong> Apollinaire, Milano,<br />

1960.<br />

Pierre Restany, Villeglé, Galerie J, Paris, 1963.<br />

Sammlung S. Cremer. Europäische Avant-garde 50-70, Kunsthalle,<br />

Tübingen, 1973.<br />

Pierre Restany, Villeglé témoin de son temps, Galerie Beaubourg,<br />

Paris, 1974.<br />

Paris-New-York-Paris (texte d’Alfred Pacquement: De l’abstrait à<br />

l’objet, 1955-1960 nouveau réalisme et pop art), Musée National<br />

d’Art Moderne - Centre Georges Pompidou, Paris, 1977.<br />

Otto Hahn, Villeglé ravisseur ravi de la réalité, <strong>Moderna</strong> Museet,<br />

Stockholm, 1977.<br />

Pierre Restany, Villeglé testimone del nostro tempo, Studio Sant’Andrea,<br />

Milano, 1979.<br />

Jacqueline Chenieux, Villeglé lacérateur lacéré et Françoise-Julie<br />

Piriou, Les dessous des apparences, Chapelle du CRDP, Poitiers,<br />

1989.<br />

La France en guerre d’Algérie (texte de Laurence Bertrand-Dorléac,<br />

La France déchirée. Hains et Villeglé), Musée d’Histoire Contemporaine<br />

- BDIC, Paris, 1982.<br />

La ville. Art et architecture en Europe 1870-1993, Centre Georges<br />

Pompidou, Paris, 1994.<br />

Magie der Zahl, Staatsgalerie, Stuttgart, 1997.<br />

Zero und Paris 1960. Und Heute, Villa Merkel, Esslingen, 1997.<br />

Nouveaux réalistes. Anni ’60 (testo di Pierre Restany), Mazzotta,<br />

Milano, 1997.<br />

De Klein à Warhol, Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain,<br />

Nice, 1997.<br />

Décollages 1950-1998 (text by Simon Anderson), Alan Koppel Gallery,<br />

Chicago, 1998.<br />

Mots 1949-1996 (texte de Catherine Millet), Galerie Georges-<br />

Philippe & Nathalie Vallois, Paris, 1999.<br />

Le grand mix (texte de François Dagognet, Alain Jouffroy, Pierre<br />

Restany), Le Confort Moderne, Poitiers, 1999.<br />

La peinture après l’abstraction 1955-1975 (texte de Benjamin H.<br />

Buchloh), Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Paris, 1999.<br />

Villeglé Techno Rapt (texte de Dominique Dussol), Vers Les Arts,<br />

Calignac, 1999.<br />

Jan Hoet et al., The Collection, Ludion, Gand-Amsterdam, 1999.<br />

Nouveau réalisme, The Mayor Gallery, London, 2000.<br />

Dans la rue - Jacques Villeglé & Pierre Henry, Cité de la Musique,<br />

Paris, 2000.<br />

Philippe Piguet, Jacques Villeglé - Luxembourg, Galerie Lucien<br />

Schweitzer, Luxembourg, 2000.<br />

La mémoire insoluble de Jacques Villeglé, Vers les Arts, Calignac,<br />

2000.<br />

Un siècle d’arpenteurs: les figures de la marche, Réunion des Musées<br />

Nationaux, Paris, 2000.<br />

Les années pop, Centre Georges Pompidou, Paris, 2001.<br />

Jacques Villeglé. Images (texte de Catherine Francblin), Galerie<br />

Georges-Philippe & Nathalie Vallois, Paris, 2001.<br />

177


As Painting: Division and Displacement, Warner Center, Columbus<br />

(USA), 2001.<br />

Vom Expressionismus zur Gegenwart, Verlag Christian Brandstätter,<br />

Wien-München, 2001.<br />

Paris - Capital of the Arts 1900-1968, Royal Academy of Arts, London,<br />

2002.<br />

Alphabet socio-politique. Jacques Villeglé (texte d’Arnaud Labelle-<br />

Rojoux), Musée Sainte-Croix, Poitiers, 2003.<br />

Jacques Villeglé. Sans lettre, sans figure (entretien avec Hans Ulrich<br />

Obrist et Robert Fleck), Galerie Georges-Philippe & Nathalie<br />

Vallois, Paris, 2003.<br />

Modern Means, The Museum of Modern Art, New York, 2004.<br />

Acte 1. Pour un nouveau musée, de la Martinière, Paris, 2004.<br />

Modernism - Twenty-Five Years: 1979-2004, Modernism Inc., San<br />

Francisco, 2004.<br />

Après la fin de l’art - 1945-2003, Musée d’Art Moderne, Saint-<br />

Etienne, 2004.<br />

Drawing from the Modern 1945-1975, The Museum of Modern Art,<br />

New York, 2004.<br />

Jacques Villeglé. Politiques (texte de Nicolas Bourriaud), Galerie<br />

Georges-Philippe & Nathalie Vallois, Paris, 2005.<br />

Les affichistes, <strong>Galleria</strong> del Credito Valtellinese, Milano (a cura di<br />

Dominique Stella), 2006.<br />

Jacques Villeglé: Il décollage di un grande maestro (testo e intervista di<br />

Dominique Stella), Shin Factory, Brescia, <strong>Galleria</strong> Dante Vecchiato,<br />

Padova, 2007.<br />

Nouveau réalisme, Grand Palais, Paris - Sprengel Museum, Hannover,<br />

2007.<br />

1947-2008 De la transgression à la collection, itinéraire d’une œuvre<br />

(textes de Gilbert Lascault, Christophe Domino, Yves Sabourin<br />

et Anne-Lise Quesnel), Musée Départemental d’Art Ancien et<br />

Contemporain, Epinal, 2008.<br />

La comédie urbaine (textes de Laurence Bertrand-Dorléac, Catherine<br />

Francblin, Arnaud Labelle-Rojoux, Fanny Schulmann, Sophie<br />

Duplaix, Roxane Jubert), MNAM - Musée National d’Art<br />

Moderne - Centre Georges Pompidou, Paris, 2008.<br />

Jacques Villeglé. Retrospettiva - Rétrospective (testi di Dominique Stella,<br />

Alain Jouffroy e Gianluca Ranzi), <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong>,<br />

Brescia, 2008.<br />

Jacques Villeglé. Vacanze romane (testi di Dominique Stella e Laurence<br />

Bertrand-Dorléac), <strong>Galleria</strong> Massimiliano Mucciaccia, Roma, 2009.<br />

Chefs-d’œuvre?, Centre Pompidou-Metz, Metz, 2010.<br />

La peinture dans la non-peinture. Affiches lacérées 1964-1993 (texte<br />

de Bernard Blistène), Galerie Georges-Philippe & Nathalie Vallois,<br />

Paris, 2010. Opere grandi. Grandi opere (a cura di Dominique<br />

Stella), <strong>Agnellini</strong> <strong>Arte</strong> <strong>Moderna</strong>, Brescia, 2010.<br />

Nuevos realismos 1957-1962. Estrategias del objeto, entre ready-made y<br />

espectáculo (dir. Julia Robinson), Museo Nacional Centro de <strong>Arte</strong><br />

Reina Sofía - MIT Press, Madrid-Cambridge-London, 2010.<br />

La mémoire insoluble de Jacques Villeglé (texte de Dominique Dussol),<br />

La Vie au Martéret, Calignac, 2010.<br />

Jacques Villeglé. Opere dagli anni ’60 ai 2000 (testo di Dominique<br />

Stella), Yvonne <strong>Arte</strong> Contemporanea, Vicenza, 2011.<br />

Jacques Villeglé (testo di Dominique Stella), <strong>Galleria</strong> d’<strong>Arte</strong> L’Incontro,<br />

Chiari, 2011.<br />

Articoli (selezione) / Articles (sélection)<br />

Edmond Humeau, Le lyrisme des murs, in “Combat”, Paris, 5 juin<br />

1957.<br />

Claude Rivière, Proposition d’avant-garde, in “Combat”, Paris, 16<br />

julliet 1959.<br />

Jean Grenier, Les originaux, in “Preuves”, Paris, octobre 1961.<br />

William C. Seitz, Assemblage: Problems and Issues, in “Art International”,<br />

Lugano, February 1962.<br />

François Pluchart, Villeglé, collectionneur du lyrisme anonyme, in<br />

“Combat”, Paris, 20 février 1967.<br />

Bernhard Kerber, Szene Rhein-Ruhr, in “Art International”, Lugano,<br />

1973.<br />

Pierre Restany, Villeglé témoin de notre temps, in “Apeïros”, Vaduz,<br />

printemps 1974.<br />

Alain Jouffroy, alias Jean-Baptiste Lebrun, Les affichistes de la rage à<br />

la froideur, in “XX e Siècle”, Paris, décembre 1975.<br />

Raoul-Jean Moulin, Les images déchiquetées de Villeglé, in “L’Humanité”,<br />

Paris, 27 février 1980.<br />

Yannick Miloux, Villeglé, in “Art Press”, Paris, juin 1985.<br />

Philippe Piguet, Jacques Villeglé collectionneur, in “Art Press”, Paris,<br />

octobre 1988.<br />

Roberta Smith, Jacques Villeglé, in “The New York Times”, New<br />

York, 29 September 1989.<br />

Christopher Philipps, When Poetry Devours the Walls, in “Art in<br />

America”, New York, February 1990.<br />

Jerry Talmer, Putting It All Together, in “New York Post - Weekend”,<br />

New York, 19 October 1990.<br />

Alan J. Hanson, Affichistes, in “Contemporanea”, January 1991,<br />

New York.<br />

Gérard Durozoi, Jacques Villeglé, in “Canal”, Paris, février-mars<br />

1991.<br />

Benjamin H. D. Buchloh, From Detail to Fragment: Décollage Affichiste,<br />

in “October”, Cambridge (Usa), spring 1991.<br />

Catherine Grout, Les ravisseurs de la beauté moderne, in “Artstudio”,<br />

Paris, hiver 1991.<br />

Bert Steevensz, Na de boodschap rest schoonheid, in “Franse Kunst”,<br />

Paris, mars-avril 1994.<br />

Michel Nuridsany, Villeglé, ou la force des choses, in “Le Figaro/L’Au -<br />

rore”, Paris, 31 décembre 1996.<br />

Françoise Monnin, Villeglé défense d’afficher, in “Muséart”, Paris,<br />

janvier 1997.<br />

Emmanuelle Lequeux, Jacques Villeglé plaide non coupable, in “Le<br />

Monde - Supplément Aden”, Paris, 10-16 mars 1999.<br />

Dominique Dussol, Villeglé à Nérac, in “Le Festin”, n° 29, Bordeaux,<br />

février 1999.<br />

Michel Nuridsany, Les déchirements de Villeglé, in “Le Figaro”, Paris,<br />

30 mars 1999.<br />

Graham Sanford, Jacques Villeglé, in “New Art Examiner”, vol. 26,<br />

n° 6, Chicago, March 1999.<br />

Michael Kimmelman, Jacques Villeglé, in “The New York Times”,<br />

New York, 24 September 1999.<br />

Dominique Dussol, Le Rapt de Villeglé, in “Le Festin”, Bordeaux,<br />

automne 1999.<br />

Bowyer Bell, Jacques Villeglé - Fifty Years of Décollages, in “Review”,<br />

Kansas City (Missouri, Usa), 1 October 1999.<br />

178


Jacques Villeglé, Roberto<br />

<strong>Agnellini</strong>, Dominique Stella,<br />

Rue Chapon, Paris, 2008<br />

Photo Katrin Baumann<br />

Yve-Alain Bois, La peinture après l’abstraction, in “Artforum”, New<br />

York, December 1999.<br />

Benjamin H. D. Buchloh, Hantaï, Villeglé, and the Dialectics of Painting’s<br />

Dispersal, in “October”, Cambridge (Usa), Winter 2000.<br />

Villeglé interrompt ses décollages, in “Beaux-Arts Magazine”, Paris,<br />

mars 2001.<br />

L’art ça déchire, in “Beaux-Arts Magazine” (n° spécial “L’art à<br />

l’école”), Paris, octobre 2001.<br />

Philippe Piguet, Jacques Villeglé toujours prêt à décoller, in “L’Œil”,<br />

Paris, avril 2006.<br />

Jean-Marc Huitorel, Deux ou trois choses que je sais de Villeglé / Two<br />

or Three Things I know About Villeglé, in “Artpress 2”, Paris,<br />

février-avril 2007.<br />

Anne-Lise Quesnel, Jacques Villeglé et l’atelier d’Hepérile éclaté, in “Les<br />

Cahiers du Musée national d’art moderne”, Paris, automne 2008.<br />

“Beaux-Arts”, “Cimaises”, “Art-Presse”, “Madame Figaro” dedicano<br />

importanti articoli a Villeglé in occasione della sua retrospettiva<br />

al Centre Pompidou / consacrent d’importants articles à Villeglé<br />

à l’occasion de son exposition au Centre Pompidou, Paris, 2008.<br />

Tom McDonough, Authorial Intervention, in “Artforum”, New York,<br />

March 2009.<br />

Marion Daniel, Les graphies sociopolitiques de Jacques Villeglé, in<br />

“Artistes ou lettrés?”, Montreuil-sous-bois, juin 2009.<br />

Green economy, in “Alfabeta2”, Milano, dicembre 2010.<br />

Alphabet socio-politique, entretien avec Odile Felgine, in “Fusées”,<br />

n° 19, Auvers-sur-Oise, avril 2011.<br />

Contribution à l’histoire des nouveaux réalistes, entretien avec Odile<br />

Felgine, in “Lunapark”, n° 6, Paris, printemps 2011.<br />

179


Finito di stampare nel mese di gennaio 2012<br />

presso Tipografia Camuna S.p.A. - Breno/Brescia<br />

stabilimento di Brescia<br />

Pubblicazione stampata con assenza di esalazioni alcooliche<br />

Sistema Cesius ® brevetto Philip Borman Italia

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