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Lettere e frammenti - Galleria Agnellini Arte Moderna

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Dominique Stella<br />

Quando consonanti, vocali e sillabe...<br />

compongono una sinfonia a colori<br />

Fils d’acier,<br />

Chaussée des Corsaires,<br />

Saint-Malo, agosto / août<br />

1947<br />

La lettera, ideogramma di base della nostra scrittura, occupa<br />

un posto importante nell’opera di Jacques Villeglé. La<br />

preferenza dell’artista per i manifesti contenenti un grafismo<br />

attraversato da segni linguistici e accenti fonici che<br />

producono un gioco di sillabe e lettere, risale all’inizio della<br />

sua caccia ai manifesti insieme a Raymond Hains. Allontanatisi<br />

più tardi per via di alcune divergenze, i due amici di<br />

allora condividevano una ricerca nottambula che li incoraggiava<br />

a lunghe passeggiate, ciarliere da parte di Hains e<br />

più taciturne per Villeglé. Essi elaborarono una forma di<br />

linguaggio costruita su una teoria dell’urgenza e del ratto,<br />

che nel 1949 li condusse a una prima creazione comune<br />

dal titolo Ach Alma Manetro, strappata dalle palizzate del<br />

quartiere Montparnasse tra la Pharmacie des Arts e la Coupole.<br />

Questi lembi di fogli lacerati da mani anonime formano,<br />

per l’assenza dei <strong>frammenti</strong> sottratti, un alfabeto<br />

ellittico dal significato sfumato dall’usura del tempo e dal<br />

vandalismo comune; e la loro forza simbolica è tale che<br />

l’evidenza dell’invenzione s’impone ai due artisti delle strade,<br />

orientando il loro lavoro e determinando per sempre<br />

l’origine dell’opera di Jacques Villeglé. Hains invece, da<br />

parte sua, abbandonerà rapidamente il manifesto per tornare<br />

alla fotografia e ad altre forme di espressione più<br />

“rocambolesche”, in cui l’arte del discorso s’illustra in una<br />

forma visiva di un simbolismo concettuale.<br />

Villeglé prosegue instancabile il prelevamento di manifesti<br />

con una volontà e un rigore mai smentiti nel corso degli<br />

anni, dalle prime opere del 1949 agli ultimi manifesti del<br />

2003. L’insieme dei messaggi straniati e delle parole spesso<br />

troncate in modo divertente costituisce l’inventario più<br />

eterogeneo ed efficace dal punto di vista visivo e sociologico<br />

che si possa immaginare. I messaggi soggiacenti sono<br />

deviati dal loro intento iniziale: far votare, consumare, aderire...<br />

e diventano brandelli e <strong>frammenti</strong> ai quali l’aleatorietà<br />

degli strappi e l’accostamento fortuito di colori e slogan<br />

smascherati conferiscono una poesia vivace, estetica, a volte<br />

irruente, a volte totalmente assurda. Villeglé non aspira a<br />

testimoniare un’armonia, ma ricerca l’insolito, suscita lo<br />

stupore, smaschera, sotto le accumulazioni e le stratificazioni,<br />

le contraddizioni di una civiltà assillata dalla proliferazione<br />

dei messaggi. Egli opera da sociologo, le lettere<br />

sono per lui una chiave di accesso all’enigma del nostro<br />

mondo, e un modo di appropriazione poetica di una realtà<br />

spesso sconcertante.<br />

Certo, egli non è il primo a utilizzare la parola scritta per<br />

interpretare liberamente e in modo critico e distante gli<br />

aspetti più diversi di un mondo che s’inventa, si contrae e<br />

si distende sotto gli occhi meravigliati di un pubblico di<br />

consumatori assillato da messaggi pressanti sempre più<br />

imperativi e violenti. Il movimento Dada, i cubisti, i futuristi,<br />

i surrealisti utilizzarono la parola e il gioco delle lettere<br />

per sublimarle in segni volteggianti sulle pagine composite<br />

di una letteratura visiva e astratta. Apollinaire, tra i<br />

primi, scrisse poesie in forma di calligrammi nei quali le<br />

lettere sposano il tracciato inedito di una linea che disegna<br />

o suggerisce qui una fontana (La colombe poignardée et le<br />

jeu d’eau), là un cuore (Cœur couronné et miroir). I futuristi<br />

chiamarono questa forma di composizione letteraria<br />

“parole in libertà”. Il loro contributo all’emancipazione<br />

dagli stereotipi imposti dalla stampa tradizionale alle<br />

costruzioni letterarie è immenso. Il loro progetto linguistico<br />

nasce in un mondo di velocità e rumore, dedito al culto<br />

della macchina e al progresso tecnico. L’epoca invita a proiettarsi<br />

verso l’avvenire e modifica non solamente la produzione,<br />

ma anche il comportamento individuale e la percezione<br />

stessa dell’universo. L’ispirazione futurista nasce dalla<br />

strada e nella strada. La poesia e la pittura si radicalizzano<br />

nell’adesione entusiastica alla meccanizzazione delle tecniche<br />

e nella sensazione inebriante di superamento, energia e<br />

accelerazione. In tipografia la dismisura invade la scomposizione<br />

volontaria dei testi che gli artisti interpretano<br />

secondo lo standard dell’originalità che fa esplodere i canoni<br />

classici. Questa evoluzione conduce quindi all’annullamento<br />

dell’idealizzazione dell’opera, privilegiando la funzione<br />

semantica e formale. I futuristi hanno liberato il testo<br />

da ogni organizzazione significante. La moltiplicazione dei<br />

caratteri, la conquista spaziale della pagina, l’esplosione<br />

fonetica, le ricerche “rumoriste”, l’utilizzo di onomatopee<br />

fanno della nuova tipografia sperimentale il riflesso del<br />

mondo quotidiano che sommerge l’uomo in un intreccio<br />

di segni e informazioni. L’alfabeto si disarticola, la scrittura<br />

diviene mosaico che annulla la continuità della storia e<br />

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