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Lettere e frammenti - Galleria Agnellini Arte Moderna

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Raymond Hains,<br />

Jacques Villeglé,<br />

Ach Alma Manetro,<br />

febbraio / février 1949<br />

Manifesti strappati incollati<br />

su tela / Affiches lacérées<br />

marouflées sur toile,<br />

58 5 256 cm<br />

Musée National d’Art<br />

Moderne, Centre Georges<br />

Pompidou, Paris<br />

al reale, identificandolo con la propria trascendenza, che è<br />

emozione, sentimento e infine poesia”. 2 È timidamente,<br />

nel 1947, che egli recupera alcuni fili di ferro sulle banchine<br />

di Saint-Malo. Facendo eco ai lavori pittorici di Joan<br />

Miró, che rivendicava il titolo di “pittore-poeta”, Villeglé<br />

crea un segno nello spazio che si rivela più vicino alla pittura<br />

di Miró che a ogni riflessione sull’oggetto stesso. Il<br />

segno si vuole pittorico e i suoi Danseurs di fili di ferro<br />

ricordano il movimento dei “grafismi-poemi” del pittore<br />

catalano. Villeglé cerca di creare un disegno nello spazio,<br />

secondo una struttura che vuole formale, coltivando un<br />

rapporto con la costruzione. È interessato alla forma, e<br />

rifugge dall’informale come possibile espressione della sua<br />

ricerca.<br />

I primi lavori di Hains e Villeglé derivano da un intento<br />

comune ai due artisti: fare un’arte in cui la manipolazione<br />

non faccia perdere all’opera la sua realtà integrale. Questa<br />

riflessione nasce dal primo lavoro di Villeglé, in cui la<br />

distanza tra la realtà dell’objet trouvé (il fil di ferro) e la sua<br />

trasformazione in “disegno nello spazio” è minima, solamente<br />

qualche gesto inconscio che fa sorgere una forma<br />

quasi spontanea. È l’idea stessa del décollage, che Villeglé<br />

riprende nel suo testo Des réalités collectives, che servirà da<br />

base al primo manifesto di Restany nel 1960. Villeglé scrive:<br />

“Nel clima di disinformazione del dopoguerra, ho preso<br />

le distanze dall’atto del dipingere o fare collage. Pensavo<br />

che l’assenza di premeditazione, di ogni idea prestabilita,<br />

dovesse diventare, non soltanto per me ma per tutti,<br />

un’inesauribile fonte di arte, di arte degna dei musei. Il<br />

risultato ottenuto dal gesto meccanico e aggressivo di un<br />

qualsiasi passante che strappava manifesti, doveva essere<br />

mostrato e messo sullo stesso piano della tirannia dell’oggetto<br />

che, nell’uomo colto, suscita il bisogno di appagarsi<br />

plasticamente.” 3 Partecipando dunque all’interpretazione<br />

casuale e libera di un mondo ancora intorpidito nei nimbi<br />

del dopoguerra, Hains e Villeglé inventano il manifesto<br />

scollato come strumento di lettura di un’epoca che essi<br />

intuiscono ricca di possibilità.<br />

Ach Alma Manetro, del 1949, è una delle prime manifestazioni<br />

di questi “furti” ai quali si dedicarono nei primi anni<br />

cinquanta. Le poche sillabe strappate ai manifesti compongono<br />

una litania nuova, estremamente suggestiva e<br />

poetica. L’invenzione si inscrive in un procedimento creativo<br />

che, nel 1953, coinvolge i due artisti in un’interpretazione<br />

“illeggibile” di Hepérile, un poema di Camille Bryen:<br />

Hepérile éclaté. L’opera trova la sua origine nelle ricerche di<br />

Raymond Hains sulle lettere deflagrate, che egli mette a<br />

punto utilizzando una tecnica fotografica di sua invenzione<br />

con il vetro scanalato, che darà vita a ciò che François<br />

Dufrêne battezzò “ultra-lettrismo”.<br />

L’ultra-lettrismo deriva quindi dall’esplorazione di tecniche<br />

fotografiche elaborate da Hains, il quale in primo luogo<br />

sperimenta metodi di sovrimpressione, poi prosegue le sue<br />

ricerche fotografiche integrando procedimenti di trasformazione<br />

o metamorfosi per mezzo di specchi o effetti<br />

luminosi, per arrivare alla scoperta degli obiettivi in vetro<br />

scanalato che avrebbero dato vita a una serie di opere esposte<br />

a Parigi nel 1948 con il titolo piuttosto vago di Photographies<br />

hypnagogiques.<br />

L’invenzione dei vetri scanalati dimostra la capacità di<br />

Hains di esplorare le vie del caso che l’occasione trasforma<br />

in magiche opportunità. I vetri scanalati traspongono il<br />

mondo in una realtà nuova, immaginaria, immateriale,<br />

impalpabile, in riflesso a un modo di essere, pensare e parlare<br />

che l’artista sviluppa all’infinito in un linguaggio codificato,<br />

mescolanza di ermetismo e derisione.<br />

Per mezzo di questo procedimento ottico particolare, vicino<br />

alla poesia visiva, Hains e Villeglé pubblicano nel 1953<br />

una piccola opera intitolata Hepérile éclaté che, in un certo<br />

senso, è la replica del poema fonetico Hepérile di Camille<br />

Bryen: in una forma deflagrata, e tramite il vetro scanalato,<br />

l’opera traduce il poema di Bryen in schegge grafiche<br />

sulla pagina. Hepérile éclaté rappresenta la consacrazione<br />

definitiva dell’autonomia espressiva della fotografia, che<br />

secondo l’espressione di Bryen è in grado di produrre<br />

l’“illeggibile”. “Scrivendo Hepérile con parole sconosciute –<br />

precisa Bryen – creavo in modo organico, senza riferimenti<br />

al vocabolario, questa serie completa di parole [...]. Oggi,<br />

ecco il primo libro felicemente illeggibile.” L’approvazione<br />

di Bryen è seguita da questa annotazione di Hains e Villeglé,<br />

intitolata L’intrusion du verre cannelé dans la poésie:<br />

“Noi non abbiamo scoperto le ultra-lettere. Piuttosto ci<br />

9

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