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Oggi soprattutto a causa del suo elevato costo, viene impiegato quasi<br />
esclusivamente come droga nell’alimentazione per colorare ed aromatizzare piatti<br />
tipici. Ad esempio in Sicilia centrale tra gli usi alimentari va certamente ricordato<br />
l’impiego dello zafferano nella caseificazione del “Piacentinu ennese”, formaggio<br />
dalle antiche origini prodotto nelle aree interne siciliane a cui lo zafferano<br />
conferisce un aroma e un colore caratteristici (Horne et al., 2005). Il Piacentino<br />
ennese è un formaggio a pasta compatta pressata, prodotto con latte di pecora<br />
intero ad acidità naturale di fermentazione tipico del territorio della provincia<br />
ennese il quale vanta tra i suoi ingredienti lo zafferano.<br />
La qualità e le caratteristiche del “Piacentinu Ennese” sono dovute<br />
essenzialmente all’ambiente geografico di produzione; ambiente inteso come<br />
insieme di fattori umani e naturali. Infatti, anche limitando l’analisi ad alcuni<br />
aspetti: la produzione del latte; il tipo di caglio; la tecnica di produzione,<br />
l’influenza dei fattori umani e naturali sulle caratteristiche del prodotto è evidente.<br />
Sul nome del “Piacentinu”, formaggio tipico di Enna, c’è una confusione di<br />
ipotesi; tre le più accreditate. Secondo alcuni “piacentinu” ha una sua origine<br />
idiomatica: si riferisce, cioè, alla piacevolezza del gusto, non del tutto piccante,<br />
dovuta alla presenza dello zafferano. Secondo altri “piagentinu”, come<br />
alternativamente, viene chiamato il prodotto fa riferimento all’umidore che può<br />
formarsi all’interno: il formaggio è piagentinu, ha la lacrima. Esiste una terza<br />
ipotesi, la meno amata dagli ennesi, ma la più acclamata dagli storici: benché<br />
prodotto nel cuore della Sicilia, il “piacentinu” ha le sue origini a Piacenza,<br />
almeno nel nome.<br />
Una leggenda vuole che Ruggero il Normanno, intorno al 1090, preoccupato per<br />
la salute psichica della consorte, afflitta da una grave depressione, ma altrettanto<br />
ghiotta di formaggi, pregasse i casari di preparare un formaggio che avesse doti<br />
taumaturgiche. Da ciò nacque l’idea di aggiungere al caglio d’agnello una<br />
manciata di “Crocus sativus” specie nota nell’antichità per le sue qualità<br />
stimolanti ed energizzanti.<br />
Al di la della leggenda, il “piacentinu” è ricco di riferimenti storici che risalgono<br />
al IV secolo d.c., quando lo storico Gallo in una pubblicazione fa cenno<br />
all’aggiunta dello zafferano al formaggio.<br />
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