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Documento PDF - OPAR L'Orientale Open Archive - Università degli ...

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Capitolo I 17<br />

riforma di Carlo Emanuele III operò in tal senso in Piemonte,<br />

poi nel 1755 fu la volta della Lombardia, a cui fece seguito nel<br />

1772-1773 la Toscana. Più specificamente, queste riforme erano<br />

volte ad attribuire maggiori poteri in ambito locale ai proprietari<br />

terrieri, i quali potevano salvaguardare i propri interessi attraverso<br />

organi collegiali nei quali erano ampiamente rappresentati, in<br />

quanto tali organi provvedevano all’elezione <strong>degli</strong> amministratori<br />

comunali, alla formazione dei bilanci, alla sorveglianza sull’annona<br />

e all’elezione delle deputazioni, ossia di quegli organi pure<br />

collegiali a cui spettava tra l’altro l’elezione del sindaco, rappresentante<br />

del comune.<br />

Questo assetto strutturale proseguì in epoca napoleonica e<br />

resistette al tempo della restaurazione, per tramandarsi pressoché<br />

inalterato fino agli Stati preunitari, e da questi, attraverso la<br />

legislazione piemontese, allo Stato unitario 6 . Vero è che nell’Italia<br />

finalmente unita si erano create tutte le condizioni per temere<br />

anziché incentivare le autonomie locali, che venivano considerate<br />

come strumento attraverso cui far prevalere i particolarismi<br />

e gli interessi territorialmente localizzati piuttosto che le<br />

esigenze dalla nazione complessivamente intesa. Non si trattava,<br />

per giunta, di un timore infondato, se si pensa che il settentrione<br />

ed il meridione d’Italia provenivano da esperienze storiche<br />

molto diverse ed avevano perciò più punti di divergenza che non<br />

di assonanza; dunque, il più urgente problema dello Stato unitario<br />

nella seconda metà del 1800 era quello di creare un amalgama<br />

tra le diverse parti e popolazioni del paese, per cementarle<br />

e legarle al valore dell’unità nazionale.<br />

Date queste premesse, si può comprendere la ragione per<br />

cui anche le proposte regionaliste non ebbero affatto successo<br />

nei primi anni dell’unificazione; da un lato, infatti, la legislazione<br />

piemontese era ampiamente confluita nella legge del 1865,<br />

dall’altro già dal 1860 si reiteravano continue promesse di libertà<br />

amministrative sul piano locale, ed effettivamente lo studio del<br />

6<br />

Ghisalberti, Contributi alla storia delle amministrazioni preunitarie,<br />

Milano, 1962, pp. 39-64 e 219 ss.

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