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formazione al dialogo<br />
Se un Istituto<br />
missionario è di<br />
carattere<br />
internazionale,<br />
la formazione<br />
insieme di<br />
candidati di<br />
diverse<br />
nazionalità e<br />
culture<br />
costituisce di per<br />
se stessa una<br />
preparazione al<br />
dialogo.<br />
Mons. Fitzgerald in una<br />
pausa dei lavori del<br />
convegno, nella Chiesa<br />
di S. Cristo (Bs).<br />
possiamo trarre la conclusione che <strong>il</strong> dialogo<br />
non richiede solo una capacità intellettuale ma<br />
anche doti di cuore.<br />
Il primo atteggiamento richiesto è una sana<br />
curiosità. Aristotele diceva che la curiosità è <strong>il</strong><br />
principio della scienza. Se attorno a noi vivono<br />
persone che seguono un’altra religione, è normale<br />
(anche se non sempre capita così) voler<br />
sapere qualche cosa di loro e della loro religione.<br />
Certo, possiamo leggere libri sulla religione<br />
in questione, porre delle domande a questi nostri<br />
vicini diversi: come praticate la vostra religione,<br />
quali sono i momenti importanti, le feste,<br />
come pregate Le domande sono quasi infinite.<br />
È importante che non siano aggressive, dei pretesti<br />
per criticare, ma genuine, ossia provenienti<br />
da un serio desiderio di sapere e capire.<br />
In buona sostanza, per iniziare un dialogo ci<br />
vuole un atteggiamento aperto ai valori dell’altra<br />
religione, capace di cogliere un’altra logica.<br />
Man mano che si approfondisce la conoscenza<br />
dell’altro e del suo background, sarà più fac<strong>il</strong>e<br />
comprendere <strong>il</strong> suo modo di agire e la simpatia<br />
crescerà. Sì, anche la simpatia è un ingrediente<br />
essenziale per un dialogo proficuo. Anzi, si potrebbe<br />
parlare di empatia, la capacità cioè di vedere<br />
le cose dal punto di visto dell’altro. È interessante<br />
constatare come, dopo un tentativo di<br />
questo genere, le nostre posizioni si modificano.<br />
Vorrei citare di nuovo Dialogo e annuncio:<br />
“Il dialogo richiede un atteggiamento equ<strong>il</strong>ibrato<br />
sia da parte dei cristiani sia da parte dei<br />
seguaci delle altre tradizioni. Essi non dovrebbero<br />
essere né troppo ingenui, né ipercritici,<br />
bensì aperti e accoglienti. Si è già fatta menzione<br />
del disinteresse e dell’imparzialità, così come<br />
l’accettazione delle differenze, nonché delle<br />
possib<strong>il</strong>i contraddizioni. Le altre disposizioni<br />
richieste sono la volontà d’impegnarsi insieme<br />
a servizio della verità e la prontezza a lasciarsi<br />
trasformare dall’incontro” (DA 47).<br />
Come sv<strong>il</strong>uppare questi atteggiamenti<br />
Quale formazione offrire a quelli che vogliono<br />
impegnarsi nel dialogo interreligioso Mi sembra<br />
che noi missionari abbiamo qui un vantaggio.<br />
Normalmente siamo inviati in una parte del<br />
mondo dove la cultura è diversa dalla nostra.<br />
Cominciamo con l’apprendimento della lingua,<br />
chiave di comprensione della cultura. Sappiamo<br />
che anche qui la curiosità ci aiuta, la volontà<br />
d’imparare non solo parole che sarebbero più<br />
o meno equivalenti alle parole della nostra lingua,<br />
ma anche la struttura della lingua, la sua<br />
logica interna, che può aprirci ad un’altra visione<br />
del mondo. Sappiamo inoltre quanta um<strong>il</strong>tà<br />
ci vuole nella pratica di un’altra lingua, facendo<br />
lo sforzo di balbettare qualche frase, lasciandosi<br />
correggere dagli altri. Mi hanno parlato recentemente<br />
di due religiosi che imparavano una<br />
nuova lingua: uno di loro rimaneva tutta la giornata<br />
davanti al suo computer, l’altro usciva per<br />
strada cercando di parlare con tutti. Quale dei<br />
due, a vostro parere, sarà più dotato per <strong>il</strong> dialogo<br />
Lascio a voi indovinare.<br />
Se un Istituto missionario è di carattere internazionale,<br />
la formazione insieme di candidati<br />
di diverse nazionalità e culture costituisce di<br />
per se stessa una preparazione al dialogo. Nel<br />
mio Istituto, dopo la prima fase degli studi (f<strong>il</strong>osofici),<br />
che quando è possib<strong>il</strong>e avviene nel<br />
paese d’origine, e dopo l’anno cosiddetto “spirituale”<br />
(noviziato) a livello internazionale in<br />
Africa, i candidati hanno due anni di stage<br />
(esperienza apostolica), per cominciare ad imparare<br />
un’altra lingua, studiare un’altra società,<br />
16 Missione Oggi | agosto-settembre 2009