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A T T U A L I T À ed in definitiva un più appropriato management del dolore. La Regione Lazio, tra le prime in Italia, ha voluto avviare la realizzazione della rete assistenziale del dolore, definendo due centri clinici di riferimento ai quali si collegano vari altri centri specialistici. Tali centri di riferimento prendono il nome di HUB (dalla terminologia aeronautica con cui si indicano scali aeroportuali in grado di concentrare un maggior flusso di traffico aereo ed in grado di supportare regolari flussi verso aeroporti più periferici). I centri SPOKE, a loro volta, si integreranno con il centro hub oltre che con la medicina del territorio. I due centri hub della Regione Lazio, quindi, si interfacceranno con una serie di centri spoke satelliti. Il ruolo di integrazione del centro hub ed i suoi relativi spoke è quello di garantire la completa copertura del territorio nel ricevere la domanda di salute, proveniente dalla medicina del territorio, fornendo una risposta più efficiente possibile. I compiti del centro hub sono duplici. Da un lato ha l’onere di coordinare la rete con la proposizione di linee strategiche condivise, realizzando protocolli diagnostico-terapeutici standardizzati, fornendo supporto tecnologico e scientifico ai centri spoke. Dall’altro ha il compito di proporre una ricerca scientifica moderna. Il tema della ricerca, sembra collaterale, prospettico e non legato alle necessità immediate di un sistema sanitario Regionale. Al contrario il centro hub non può limitarsi soltanto alla ricerca scientifica long-term, ma deve mirare anche ad un approfondito studio del consumo delle risorse in funzione dei risultati ottenuti nella cura del dolore, cercando di individuare quali siano i percorsi più efficienti utili ad ottimizzare le risorse disponibili. Sarà proprio questa tipologia di ricerca, unita al censimento e all’analisi della domanda di salute che permetterà al centro hub di suggerire alle Autorità Sanitarie la più corretta programmazione politica ed economica nel campo del dolore. Per programmazione sanitaria si intende non la decisione di quante risorse allocare in funzione del budget disponibile (sempre troppo poco), ma il più alto obiettivo di individuare i protocolli diagnostico-terapeutici più efficienti e che meglio rispondano alle esigenze del territorio. Ciò permetterebbe di ragionare su un più ampio numero di variabili economico-sanitarie, ivi compresi gli obiettivi ed i relativi incentivi di un sistema basato sulla qualità. Ed è proprio sulla qualità che tale sistema potrebbe essere valutato dal “cliente finale” Un aspetto molto interessante di questa legge è che essa ha raccolto il consenso di 62 società bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011 14
a ATTUALITÀ scientifiche, associazioni e fondazioni, tutte riunite nel progetto IMPACT (Interdisciplinary Multitask PA in Cooperative Tutorial), che sotto il coordinamento di un comitato scientifico, mira ad applicare la legge contro il dolore con modalità interdisciplinari. Infatti, per ridurre la sofferenza di molte forme di dolore cronico occorre un approccio multi specialistico, dove ciascuno, con la propria ottica ed esperienza, mette a fuoco gli aspetti prioritari per la definizione di un programma diagnostico-terapeutico individuale e soprattutto condiviso con il paziente. Solo con la condivisione del programma di cura si potrà ottenere una maggiore aderenza alle terapie e solo così si potrà vincere la resistenza (doppia e non cieca) contro certi farmaci analgesici centrali, quali gli oppiacei. La realizzazione di protocolli standard multidisciplinari, integrati all’interno della rete del dolore, permetterebbe di coordinare le varie fasi diagnostiche in parte gestite dal medico di assistenza primaria, in parte assorbite dal centro spoke ed in parte dal centro hub, ciascuno per i propri livelli di capacità organizzativa e tecnica. Il malato, con un programma disegnato secondo le necessità personali, condiviso con gli specialisti e con il proprio curante, apprezzerebbe maggiormente il sistema di assistenza regionale. Molte figure professionali dovrebbero essere coinvolte nel campo del dolore: medici, infermieri, farmacisti, dirigenti di Aziende Sanitarie; tutti dovrebbero giocare un ruolo attivo con l’obiettivo di ridurre la sofferenza indotta dal dolore. Infine, una diffusione capillare e la professionalità di operatori coinvolti nella terapia del dolore potrebbero giocare un ulteriore ruolo nella prevenzione del dolore. Alcuni esempi, potrebbero essere la prevenzione del dolore durante alcune tecniche diagnostiche invasive (ad esempio la colonscopia, gastroscopia, biopsie, medicazioni, ecc), la prevenzione del dolore post operatorio con un approccio precoce del dolore per ridurre il rischio della cronicizzazione. Una rete ben organizzata potrebbe anche iniziare a gestire sistematicamente il dolore di alcune patologie il cui “sintomo dolore” fino ad oggi è stato scarsamente considerato dalla ricerca scientifica e da appositi protocolli di trattamento a lungo termine, come ad esempio il dolore cronico causato dagli idrarti nel paziente emofilico. Ovviamente la rete regionale per la lotta del dolore, deve integrarsi a sua volta, con tutte le altre organizzazioni che gestiscono pazienti con dolore, oncologie, ematologie, neurologie, associazioni di volontariato, assistenza domiciliare, hospice e cosi via. Altro interessante esempio di coordinamento multidisciplianre regionale potrebbe essere rappresentato dai centri di radioterapia, che gestiscono il paziente oncologico e che ad oggi meritano di essere a pieno titolo introdotti all’interno del circuito delle reti regionali. Infine, una rete ben organizzata potrebbe erogare una specifica formazione al personale infermieristico che potrebbe giocare un ruolo cruciale, in collaborazione con la medicina del territorio, nella rilevazione precoce del paziente a domicilio. Queste e molte altre azioni di lotta al dolore potranno essere finalmente attuate dalla rete di interconnessioni tra ospedale e territorio. Quindi auspichiamo che le reti disegnate nel Lazio diventino rapidamente operative e che il sollievo dal dolore diventi il fiore all’occhiello della nostra Sanità Regionale, sia per i malati di dolore cronico oncologico che non oncologico, compreso il dolore pediatrico a cui andrebbero dedicate attenzioni e risorse e dove –anche in questo caso- una rete assistenziale ben organizzata potrebbe ridurre enormemente il dolore dei piccoli pazienti e l’angoscia dei loro cari. Grazie a questa nuova legge e al suo rapido recepimento della Regione Lazio, il malato con dolore diventa, quindi, l’attore principale attorno al quale il sistema sanitario ruota, un vero e proprio “patient service”. Immaginando il sistema a regime, il paziente che lamenta il dolore viene posto in un circuito preordinato dove ogni specialista, collegialmente, interviene e pone un tassello al percorso diagnostico-terapeutico. Del resto il dolore non va in vacanza, non fa sciopero, non segue l’ordine delle liste di attesa, si impone ventiquattro ore su ventiquattro e spesso insorge rapidamente fino ad arrivare ad alti livelli di gravità. Con la rete del dolore cronico vuole essere il sistema a ruotare attorno al paziente evitando che sia il paziente a “girovagare” dentro il sistema stesso. *Dir. Medicina del dolore Policlinico TorVergata, Università degli studi di Roma TorVergata antonio.gatti@ptvonline.it 15 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011
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