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Autorizz. Trib. Roma n. 1979 del 17.2.1951 – Poste Italiane S.p.A. – Sped. in Abb. Postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1 – DCB Roma – Invio gratuito agli iscritti
bimestrale • anno 64°
n.2 maggio giugno 2011
donne medico:
due su tre si sentono
discriminate, quasi la
metà lamenta molestie
2
- “Basta burocrazia
e assurdi ostacoli
- “Dolore cronico:
una rete regionale
integrata
- “Roma: aumenta
il contenzioso
medico-paziente

ollettino o.m.c. e o. di roma - n. 3/2009
36

sS O M M A R I O
bollettino
dell’ordine provinciale di roma
dei medici chirurghi e degli odontoiatri
Bimestrale - anno 63° - n. 2 maggio giugno 2011
Autorizz. Trib. Roma n. 1979 del 17.2.1951 - Poste Italiane S.p.A. -
Sped. in Abb. Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.
46) art. 1, comma 2 - DCB - Roma - Invio gratuito agli iscritti
Periodico associato all’USPI - Unione Stampa Periodica Italia
DIRETTORE RESPONSABILE
Mario Falconi
CONSIGLIO DIRETTIVO
Presidente
Mario Falconi
Presidente onorario
Benito Meledandri
Vice-presidente
Donato Antonellis
Consigliere segretario
Filippo Custureri
Consigliere tesoriere
Vincenzo Scarpino
Consiglieri medici
Foad Aodi, Pier Luigi Bartoletti, Enrico Bollero,
Claudio Colistra, Patrizia Marchetti, Luigi Tonino
Marsella, Massimo Martelli, Gabriella Nasi,
Luigi Pignataro, Rodolfo Proietti, Ivo Pulcini
COMMISSIONE ODONTOIATRI
Presidente
Claudio Cortesini
Segretario
Renato Ori
Componenti
Susanna Annibali, Giuseppe Badia, Alberto Sordi
COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI
Presidente
Francesco La Commare
Componenti
Debora Giannini, Giuseppe Imperoli
Supplente
Luigi Laino
DIREZIONE AMMINISTRATIVA
Via G.B. De Rossi, 9 - 00161
Tel. 064417121 - Fax 0644234665
REALIZZAZIONE EDITORIALE A CURA DI
EDIZIONI INIZIATIVE SANITARIE
Viale di Val Fiorita, 86
00144 Roma
Tel. 065919418 - Fax 065912007
www.iniziativesanitarie.it
STAMPA: Tipografia EUROLIT - Roma
Via Bitetto n. 39 - 00133 Roma
Finito di stampare nel mese di giugno 2011
EDITORIALE
Basta burocrazia e ostacoli assurdi per tutti
i colleghi e soprattutto per i più giovani pagina 4
ATTUALITÀ
Donne medico: due su tre si sentono discriminate,
quasi la metà lamenta molestie pagina 6
Una rete regionale integrata ospedale territorio
per il dolore cronico non oncologico pagina 11
Approccio multidisciplinare al dolore pagina 13
Le sfide per la salute materno infantile
e neonatale in africa pagina 16
Da farmacisti a titolari delle “case della salute”
da medici a burocrati e controllori del fisco pagina 18
Falconi: «Il presidente Mastrapasqua
campione di scaricabarile» pagina 19
Troppi i compiti e i costi per i medici
di medicina generale pagina 20
Respinta la tesi dei Biologi, avanzata
in una causa per diffamazione pagina 21
Roma, aumenta il contenzioso
medico-paziente: +15% dal 2005 pagina 22
La qualità professionale per la qualità delle cure pagina 24
La Podologia chiede il giusto spazio
nel panorama sanitario italiano pagina 26
Microdosing e Omeopatia pagina 28
Odontoiatria dell’Est Europa: low cost,
low quality pagina 30
RECENSIONI
Multidisciplinarietà in medicina pagina 31
DALL’ORDINE
Convenzioni per gli iscritti pagina 32
A questo numero hanno collaborato:
Flavio Massimo Amadio, Rosanna Cerbo, Dino Cosi, Ilaria
Savoca Corona, Corrado De Rossi Re, Mauro Di Napoli,
Mario Falconi, Antonio Gatti, Valter Masci, Rocco Menechella,
Emilio Scotti, Concetta Turi.
3 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

eE DITORIALE DEL PRESIDENTE
Basta burocrazia
e ostacoli assurdi
per tutti i colleghi
e soprattutto
per i più giovani
Autorizzazioni Regionali per strutture sanitarie
– novità insperate. Ma pur sempre novità!!!
Devo confessarlo... Il mio totale pessimismo
e completo scoraggiamento sulla capacità,
o meglio, sulla volontà della Regione Lazio di
comprendere e porre rimedio alla incomprensibile
situazione di blocco autorizzativo per
gli studi e gli ambulatori medici perdurante
dall’11 febbraio 2007, è stato inopinatamente
incrinato dalla Presidente Renata Polverini
(in qualità di Commissario “ad acta”), e dai
suoi collaboratori che lavorano tra l’ottavo
ed il nono piano degli uffici della Regione, a
via Rosa Raimondi Garibaldi 7, con la pubblicazione
sul BURL dell’ultimo decreto del Commissario
ad acta.
Attenzione, non creiamoci soverchie illusioni:
nulla di trascendentale e di risolutivo, se
non una piccola ammissione che l’incubo in
cui è precipitata l’intera categoria dei medici
e degli odontoiatri, operanti all’interno della
Regione Lazio dall’entrata in vigore della famigerata
Legge Regionale n° 04 del 2003,
forse poteva essere evitato.
Cosa è accaduto
Sul Bollettino Ufficiale della Regione Lazio
n° 16 del 28 aprile 2011, è stato pubblicato
il Decreto della Presidente in qualità di
Commissario ad acta n° 27 del 29 marzo
2011, riguardante le nuove disposizioni per
il rilascio dell’autorizzazione alla realizzazione
per le strutture che intendono erogare
prestazioni, non ricomprese nei livelli essenziali
di assistenza (LEA).
In buona sostanza, se una struttura decidesse
di erogare prestazioni sanitarie non
ricomprese nei LEA ed esattamente:
• Chirurgia estetica non conseguente ad
incidenti, malattie o malformazioni congenite;
• Circoncisione rituale maschile;
• Medicine non convenzionali (agopuntura -
fatta eccezione per le indicazioni anestesiologiche
– fitoterapia, medicina antroposofica,
medicina ayurvedica, omeopatie,
chiropratica, osteopatia, nonché tutte le
altre non espressamente citate);
• Vaccinazioni non obbligatorie in occasione
di soggiorni all’estero;
• Certificazioni mediche;
• Alcune prestazioni di medicina fisica e riabilitativa
ambulatoriale nel decreto indicate;
bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011
4

EDITORIALE DEL PRESIDENTE
deve preliminarmente presentare al Comune
una richiesta di autorizzazione alla realizzazione,
e il Comune la rilascia autonomamente,
senza più dovere interpellare la Regione
per la “dannata” verifica di compatibilità,
che è la “causa regina” del sopracitato
blocco autorizzativo perdurante da oltre quattro
anni.
Quindi un cospicuo numero di medici, soprattutto
giovani, dopo avere perso tempo e
denaro nel vano, inutile, deprimente tentativo
di poter realizzare un progetto di lavoro
(non è stata forse enfatizzata la “libera iniziativa”
in questi ultimi anni, oltre che essere
un diritto sancito dalla Costituzione) ed essere
stati scoraggiati in tutte le sedi perché
“LEX,DURA LEX, SED LEX”, all’improvviso si
ritrovano, finalmente, nella condizione di potere
realizzare i loro progetti di lavoro.
Attenzione: va tutto bene, assolutamente
no! E..…una domanda sorge spontanea:
perché è trascorso tutto questo tempo
È ovvio che “qualcosa” o “qualcuno” ha indotto
gli uomini e le donne dello staff della Presidente
Polverini ad affrontare un problema
che da anni è stato più volte evidenziato, anche
reiteratamente da questo Ordine, sia
nella sua componente medica che odontoiatrica,
ma dalla “Rocca inviolabile” di via Rosa
Raimondi Garibaldi, nulla trapela.
A scanso di equivoci voglio evidenziare che
il mio non vuole assolutamente essere un
discorso legato ad un colore politico, in
quanto tutti i colori che si sono avvicendati
alla guida della Regione LAZIO si sono tristemente
distinti nel “non” trattare questo
spinoso argomento. Non dimentichiamo che
la legge n° 4 risale al 2003, (giunta Storace),
è entrata in vigore nel febbraio del 2007
(giunta Marrazzo) e continua, alla data odierna,
il suo discutibile iter (giunta Polverini).
Ripeto, è un piccolo segnale che, in ogni
caso, non può e non deve far abbassare la
guardia perché nonostante questa “apertura”
la legge n° 4 del 2003 continua ad avere
contenuti incomprensibili, incostituzionali
e discriminatori (specie nei confronti dei
giovani medici). Se qualcuno pensa che i
nostri iscritti siano disponibili ad intonare il
“chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha
dato”, è completamente fuori dalla realtà,
in quanto stiamo elaborando le vie giudiziarie
da seguire a tutela dei tanti che per
tanto, troppo tempo, hanno subito inconcepibili
vessazioni, sia per le già citate assurdità
normative che per i colpevoli ritardi della
Regione.
Sono tantissimi i colleghi titolari di studi e/o
di strutture sanitarie che ormai da anni attendono
invano risposte. Non solo noi in
quanto cittadini e medici siamo tenuti a rispettare
le leggi, anche la Regione Lazio ha
dei precisi obblighi, e pertanto è tenuta a
rispettare tempi e modi per il disbrigo delle
pratiche amministrative, tempi e modi che
sono stati sistematicamente disattesi……!!!
Indubbiamente la Presidente Polverini è oberata
di impegni sempre più gravosi, ma se
la Regione non è riuscita a farsi carico, se
non del tutto marginalmente, di un qualcosa
che non è mai stata in grado di gestire
in modo appropriato, la colpa non può e
non deve ricadere sull’intera categoria dei
medici: è giunto il momento che ognuno si
assuma le proprie responsabilità.
Ricordiamo a tutti che ormai, da oltre un anno,
è attivo presso la nostra sede un servizio di
consulenza gratuito specifico per le suddette
problematiche. I colleghi, che ancora attendono
notizie dalla Regione o che, a qualunque
ragione o titolo ritengono di essere stati “vittime”
di questa assurda situazione, con danni
morali e materiali subiti, possono inviare una
mail all’indirizzo di posta elettronica
antonio.venezia@ordinemediciroma.it se vogliono
aderire alle iniziative legali che quest’Ordine
sta per avviare.
Sarà nostra cura fare in modo che i costi
per i singoli iscritti siano il più possibile contenuti,
anche se essi potranno essere ulteriormente
abbattuti in funzione del numero
dei partecipanti.
Mario Falconi
5 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
di Flavio Massimo Amadio
Prima indagine dell’Omceo della Provincia di Roma
sulla condizione degli oltre 15 mila “camici rosa” della Capitale
Donne medico:
due su tre si sentono
discriminate, quasi
la metà lamenta molestie
Lo studio socio-statistico realizzato dall’Ordine di Roma.
Falconi: «Dati su cui riflettere»
La professione medica è notoriamente sempre
impegnativa, spesso stressante e alcune volte
rischiosa. Quando poi sono le donne a esercitarla
questa diventa particolarmente difficile da
conciliare con la vita personale e familiare, la
carriera si fa più ardua, i rapporti con i colleghi
di lavoro si complicano, i rischi di violenze aumentano
e a questi si aggiungono molestie di
vario tipo, anche sessuale. La donna medico,
insomma, non fa eccezione nel generale panorama
lavorativo femminile; subisce però un’accentuazione
di alcuni di questi fenomeni negativi,
ben oltre la media nazionale. Per fotografare
la condizione dei “camici rosa” in un contesto
vasto e complesso come quello della Capitale,
l’Ordine provinciale dei Medici-Chirurghi e degli
Odontoiatri di Roma ha realizzato il Rapporto
“Donne medico: indagine su lavoro e famiglia,
stalking e violenza”. Lo studio è stato presentato
il 31 maggio scorso nella Sala Convegni dell’Ordine
alla presenza di una nutrita rappresentanza
di Parlamento, Governo e Comune.
L’Ordine di Roma con i suoi oltre 41mila iscritti
rappresenta il 10% di tutta la categoria in Italia e
vede crescere esponenzialmente la sua componente
femminile (attualmente annovera 14.415
medici-chirurghi e 880 odontoiatre, con età media
di 47,5 anni). Lo studio è stato realizzato tramite
interviste a un campione pari a 1.597 unità,
rappresentativo di tutte le iscritte all’Ordine,
e si è avvalso del contributo della sezione romana
dell’AIDM-Associazione Italiana delle Donne Medico.
Il Rapporto è stato illustrato dal Presidente
Mario Falconi, dalla Consigliera Gabriella Nasi, e
bollettino o.m.c.eo. di di roma -- n. n. 2/2011
6

dal professor Aldo Piperno, Ordinario di Sociologia
dei Fenomeni Economici e del Lavoro presso
l’Università Federico II di Napoli, che ha coordinato
l’indagine.
Alla presentazione sono intervenute Rosy Bindi
(Vicepresidente della Camera dei Deputati), Ignazio
Marino (Presidente della Commissione di inchiesta
del Senato sull’efficacia e l’efficienza del
S.S.N.), Paola Binetti (Membro della XII Commissione
Affari Sociali della Camera dei Deputati).
Per Roma Capitale - che con l’Ordine ha da tempo
sottoscritto un protocollo d’intesa – è intervenuta
il Consigliere Lavinia Mennuni (Delegata del
Sindaco per le Pari Opportunità). Il dibattito è stato
coordinato dalla giornalista Emanuela Falcetti
che ha incalzato i relatori sugli aspetti più delicati
del rapporto.
«Lo studio» ha premesso Aldo Piperno «rientra,
sotto il profilo dei temi trattati e dei metodi d’indagine,
nel contesto di un’ampia letteratura scientifica.
Nello specifico l’indagine ha riguardato le
peculiarità della professione medica al femminile
nella sanità pubblica e privata: carriera, rapporti
tra vita lavorativa, personale e familiare e l’universo
dei fenomeni riconducibili sotto l’etichetta
dello stalking. I risultati ottenuti sono in linea con
quelli evidenziati in letteratura e offrono un interessante
profilo comparato dei fenomeni tipici del
mondo sanitario rispetto al contesto generale».
L’analisi multivariata fattoriale delle interviste ha
fatto emergere un profondo disagio di lavoro e di
relazioni delle donne medico, con discriminazioni,
vessazioni e violenze che sono esercitate soprattutto
verso le più fragili che non possono ricorrere
alla protezione dell’ambiente sociale e familiare.
Le donne medico, infatti, denunciano di
aver subito attacchi alla qualità della condizione
professionale in maggior misura rispetto a un pari
campione delle donne italiane (dati ISTAT 2007).
Anche per quanto riguarda le relazioni lavorative
esse hanno espresso un disagio maggiore della
media nazionale.
Nonostante le parecchie zone grigie contenute
nel Rapporto, emerge comunque che circa il 60%
delle donne medico si dichiara soddisfatta del proprio
lavoro e ruolo professionale, ben l’85,5% si
sente apprezzata dai propri colleghi, con un riconoscimento
che tende a crescere nei ruoli ove
sono assenti o minimi i rapporti gerarchici. A
sentirsi maggiormente apprezzate sono quelle
oltre i 65 anni, le separate o divorziate e le libere
professioniste. Anche se a ciò si contrappone un
a
ATTUALITÀ
Enpam: manifeste preoccupazioni di medici e odontoiatri
A seguito delle recenti notizie stampa e delle denunce
pubbliche riguardanti l’Enpam di alcuni Presidenti
degli Ordini provinciali dei medici e degli
odontoiatri, assicuriamo tutti i nostri iscritti che stiamo
seguendo con attenzione l’intera spiacevole vicenda.
Quello che purtroppo è certo, ad oggi, è che il nostro
Ente di previdenza ha subito un danno di immagine
e di credibilità, con forti preoccupazioni di
moltissimi colleghi, che si doveva e si poteva evitare.
Abbiamo volutamente taciuto e continuiamo a
farlo, per impedire qualsivoglia strumentalizzazione,
visto che siamo tutt’ora convintamente affezionati
al nostro ente di previdenza.
L’Ordine di Roma farà sentire la sua voce esclusivamente
nella naturale sede istituzionale, rappresentata
dal Consiglio Nazionale,luogo appropriato per
dibattiti e chiarimenti.
Siamo certi peraltro che l’Enpam è un Ente solido
che consente di avere certezze sia per i trattamenti
pensionistici in essere sia per quelli futuri, nella
misura in cui si operi urgentemente per la sostenibilità
del sistema con provvedimenti , forse impopolari,
ma indispensabili. Ormai non ci può più essere
l’alibi del rinnovo del Consiglio di amministrazione
che è in carica da circa un anno.
Per quanto riguarda gli investimenti complessivi,
mobiliari ed immobiliari, effettuati dalla Fondazione
nel recente passato, essi vanno valutati quale rendimento
complessivo e non ci pare che, in un periodo
di grande crisi economica internazionale, si
possano temere confronti in termini di rendimenti.
Avevamo dei fondati dubbi sulla opportunità dell’azione
intrapresa da alcuni colleghi Presidenti, per il
naturale conseguente danno di credibilità che si
sarebbe determinato nella popolazione medica e
odontoiatrica, molto spesso carente di formazione
previdenziale. Ci sia consentito però di sottolineare
che, il materiale cartaceo che è stato fatto pervenire
a tutti gli Ordini italiana dai Presidenti denuncianti
e da un componente dell’attuale CDA, unito alle
conoscenze che abbiamo quali ex amministratori,
ci ha fatto riflettere.
Quantomeno, i massimi esponenti della Fondazione,
avrebbero potuto e dovuto operare in maniera più
efficace e tempestiva, rispondendo alle richieste di
chiarimenti, per prevenire quelle dirompenti denunce
pubbliche che tanto danno hanno causato.
Auspichiamo in ogni caso che, se mai qualcuno
dovesse aver agito, traendone profitto, per interessi
personali e non già per quelli generali dei medici
e degli odontoiatri, venga individuato e pesantemente
sanzionato da tutti gli Organi competenti, compresa
la Corte dei Conti e la Magistratura Ordinaria.
Mario Falconi
7 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

A T T U A L I T À
diffuso scetticismo circa la probabilità di salire
tutti i gradini della carriera: su una scala da zero
a 100 è giudicata pari solo a 30.
In ogni caso, il lavoro delle donne medico assorbe
gran parte della loro vita privata. Più della metà
di esse (54,4%) si sente sovraccarica di lavoro e
questo diventa l’impegno prioritario rispetto ad
altri di natura personale e sociale. Così circa il
55% trascura le relazioni amicali e la cura di se
stessa, il 18,6% i divertimenti, il 10% trascura il
rapporto di coppia e il 5,5% quello con i figli. A
fronte di ciò il lavoro è trascurato da un percentuale
di donne vicina allo zero (0,3%). A Indicare
un sovraccarico di lavoro superiore alla percentuale
media sono le donne separate o divorziate,
di medicina generale, le specialiste e le dipendenti
ospedaliere.
Cosa auspicano le donne medico per conciliare al
meglio il lavoro con la famiglia e la propria persona
Il 34,5% vorrebbe l’introduzione di tempi di
lavoro più flessibili; il 29,2% chiede servizi per
l’infanzia e gli anziani; il 27,2% una maggiore condivisione
del lavoro familiare con gli uomini; il 6,6%
indennità economiche ai nuclei familiari. Le giovani
nubili, a inizio carriera, operanti nel settore
ospedaliero privato, sono tra quelle che più chiedono
tempi di lavoro flessibili, mentre i servizi
sociali sono invocati dalle over 65.
C’è poi l’aspetto delle discriminazioni: le donne
medico che ritengono di essere discriminate rappresentano
addirittura i due terzi del totale. Più
in dettaglio, il 27,1% ritiene di esserlo nell’ambiente
di lavoro in generale e il 37,5% soltanto
nel raggiungimento dei livelli apicali. Una discriminazione
che è soprattutto esclusione: oltre la
metà (54%) dichiara di essere coinvolta “poco o
per niente” nell’attuazione dei programmi di lavoro
e delle iniziative del servizio di appartenenza.
Secondo il 32,5% lo stesso avviene per quanto
riguarda l’utilizzo delle proprie competenze e capacità
professionali. Avere meno incarichi, e indennità
accessorie, è fonte anche dei divari retributivi
tra uomini e donne: la pensa così il 34,1%.
La discriminazione è avvertita in maggior percentuale
dalle giovani, da quelle a inizio carriera e da
coloro che lavorano nelle strutture ospedaliere
private.
Un capitolo delicato del Rapporto riguarda le molestie:
solo poco di più della metà delle donne medico
(53,6%) afferma di non averle mai subite,
mentre al 46,4% è capitato almeno una volta e
al 5,1% molte volte. La maggior parte delle intervistate
(72% circa) ha riferito che le molestie si
sono verificate nell’ambiente di lavoro. Per il 6,8%
ciò è avvenuto negli ultimi 12 mesi, per il 24,7%
negli ultimi tre anni e per il 68,5% oltre tre anni
fa. Le donne che più dichiarano episodi di molestia
recenti sono le giovani fino a 44 anni (12,5%)
e le nubili (9,8%), le dipendenti di case di cura
(16,7%), quelle appena laureate o in corso di specializzazione
(15%) e quelle operanti in libera professione
(19,2%), Nella fascia d’età oltre i 65 anni
afferma di averle subite il 75%: ciò in ragione di
un arco di tempo più ampio rispetto alle più giovani,
quindi con maggiori probabilità di aver subito
molestie.
Come è intuitivo, le molestie non rimangono fine
a se stesse ma determinano comportamenti conseguenti
e chi ne rimane vittima cambia i suoi
atteggiamenti, in particolare sul luogo del lavoro,
bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011
8

a
ATTUALITÀ
e attua cambiamenti importanti anche nella vita
in generale. In alcuni casi non mancano impatti
sulla salute psichica. Così per coloro che hanno
subìto molestie le conseguenze comportano:
stress (39,4%), cambiamenti di comportamento
sul luogo di lavoro (34,9%), timore di vivere
altre esperienze analoghe (27,5%), sviluppo di
aggressività (26,9%), comportamenti difensivi
(17,7%), una vita più solitaria e isolata (17,4%),
ansia, panico e depressione (16,9%), preoccupazione
per la sicurezza personale (16,1%), cambiamenti
nelle abitudini della vita quotidiana
(14,3%), perdita di giorni di lavoro (10,2%), insorgenza
di difficoltà col partner (8,9%). Per tentare
di arginare le molestie, la metà (50%) delle
donne medico si rivolge a familiari, parenti o amici,
il 10,2% a un legale e soltanto il 7,5% alle
forze dell’ordine.
In questo contesto non mancano anche le aggressioni
fisiche vere e proprie. Le donne medico ne
rimangono vittime con una percentuale quasi doppia
rispetto a quella delle donne italiane in generale:
le lamenta, infatti, il 4% contro il 2,1% della
media nazionale. Tenuto conto dell’ampio campione
indagato, si tratta di un numero di casi preoccupante.
Va sottolineato che la fenomenologia della violenza
ha molteplici profili (classificati in un’indagine
dell’ISTAT sulle donne italiane e riproposti nell’indagine
dell’Ordine di Roma). I motivi per cui i “camici
rosa” della Capitale si sentono sotto attacco
sono stati suddivisi per tema. Nella comunicazione
interpersonale ritiene di essere oggetto di critiche
immotivate una larga maggioranza delle intervistate
(59,5%); quasi uguale la percentuale
(58,8%) di coloro che lamentano scenate o sfuriate;
decisamente minore (24,3%), ma pur sempre
significativa, la quota che dichiara di aver ricevuto
vere minacce. Nella qualità della situazione
professionale le violenze sono riconducibili all’essere
costrette a operare in condizioni disagevoli,
al demansionamento, a impedimenti di carriera
e a sanzioni disciplinari; in dettaglio, più della
metà, il 52,8%, afferma di essere stata messa
in condizioni disagevoli di lavoro, il 23,4% di
aver ricevuto compiti incongrui come umiliazione,
il 13,5% di essere stata esclusa da promozioni
o incentivi. Ci sono poi gli attacchi all’immagine
sociale: con calunnie (58,6%), con umiliazioni
(35,4%), tramite offerte sessuali inopportune
(23,5%), in conseguenza di opinioni politiche
o religiose (13,6%). Infine, sono state prese in
esame le relazioni sociali: il 42,8% lamenta di
essere stata esclusa da riunioni e informazioni,
mentre il 34,8% si sente ostacolata nelle relazioni
con i colleghi.
Proprio quello dei rapporti all’interno dell’ambiente
di lavoro è un altro aspetto indagato a fondo.
Critici quelli con i superiori: il 46,2% delle donne
medico li qualifica come “indiretti, formali o inesistenti”
e il 45% circa ritiene che siano caratterizzati
da disistima, ostilità e formalismo. La situazione
migliora nettamente quando si passa ai
rapporti con i colleghi: la percentuale di donne
medico che afferma di avere rapporti di tipo collaborativo
è del 73,4%, nonostante persista quasi
un terzo che considera anche questi formali
(21,6%) o inesistenti (5,0%), se non addirittura
improntati ad antipatia e ostilità. Le caratteristiche
sociali e professionali delle donne che sono
insoddisfatte del rapporto con i colleghi sono analoghe
a quelle individuate a proposito del rapporto
con i superiori: oltre i 65 anni, vedove, di medicina
generale e specialiste ambulatoriali.
Secondo Gabriella Nasi, «L’analisi dei risultati
smentisce, di fatto, la percezione sufficientemente
positiva che all’esterno si ha della condizione del
mondo medico al femminile. La tipologia di lavoro,
che in via generale è professionalizzante, non
va di pari passo con la possibilità di carriera, in
particolare per le più giovani. Molto chiaro appare
il disagio lavorativo, soprattutto verso i propri
vertici direzionali: ciò è grave, poiché il lavoro sanitario
è per definizione un’occupazione ove l’interscambio
professionale e relazionale dovrebbe
essere alto. Ci proponiamo», ha annunciato la
componente del Consiglio Direttivo dell’Ordine, -
« di approfondire la ricerca, continuando a monitorare
il fenomeno attraverso ulteriori studi».
«Questa indagine» ha commentato il Presidente
dell’Ordine, Mario Falconi «conferma che era oltremodo
opportuno esplorare il microcosmo delle
donne medico. Avevamo intuito da tempo che
una percentuale rilevante di colleghe avesse un
profondo disagio di lavoro e di relazioni, fatto di
discriminazioni, vessazioni ed anche violenze. Una
parziale sorpresa l’abbiamo avuta, però, quando
ci siamo trovati a dover prendere atto amaramente
che le donne medico hanno, in alcuni casi,
come ad esempio nelle aggressioni fisiche vere e
proprie, percentuali sensibilmente superiori rispetto
a quelle delle donne italiane in generale».
«Emerge con molta chiarezza che le donne medico
sono discriminate come tutte le donne italiane»
ha convenuto a sua volta
Rosy Bindi, già Ministro della
Salute e della Famiglia «ma
lo sono un pò di più perché la
medicina è una realtà di potere,
dove gli uomini hanno più
vantaggi. Il fatto che circa la
metà delle professioniste in ca-
9 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

A T T U A L I T À
mice rosa lamenta molestie, soprattutto sul posto
di lavoro, dimostra l’uso del potere professionale
degli uomini, che spesso ricattano le
donne anche per motivi di carriera. Per questo
noi donne dovremmo credere più in noi stesse,
avere più coraggio ed essere più solidali. Scrolliamoci
di dosso - è l’invito della Vicepresidente
della Camera Bindi alle donne - le timidezze nelle
aspettative di carriera, già di suo mortificate
dalla normativa che penalizza le lavoratrici, e la
maternità».
Un interessante punto di vista
e di analisi è stato espresso dalla
deputata Paola Binetti: «La
violenza maggiore alle donne
medico è il rinfacciare il tempo
dedicato alla relazione e cura
del malato, mentre i colleghi si
occupano di aspetti più tecnici
e organizzativi, partecipano alle riunioni in cui si
decidono ruoli e avanzamenti di carriera. Ciò depaupera
la medicina della componente femminile
e dell’umanizzazione che essa porta con se nel
rapporto con il paziente».
Tutti comunque hanno concordato
su un punto: in Italia siamo
molto lontani dalla parità in
tutte le professioni, come ha
sottolineato il senatore Ignazio
Marino. «Se la velocità nel raggiungimento
delle pari opportunità
rimane con l’attuale trend,
nel nostro Paese la parità di primari maschi e
femmine si raggiungerà solo nel 2064, in sanità
nel 2094. Per arrivare anche in medicina ad
un’eguaglianza di fatto tra i due sessi, la strada
da seguire è quella della cultura meritocratica.
Se si applica davvero il merito» ha aggiunto Marino
«non c’è bisogno di introdurre quote che decidano
per legge quante posizioni
devono essere occupate dalle
donne».
Di questa difficile realtà lamentata
dalle donne medico della Capitale
ha preso atto Lavinia Mennuni
che ha portato il saluto del
Sindaco Gianni Alemanno e ha
rilanciato la necessità di una più
stretta collaborazione tra Comune
e Ordine, «intensificando»
come in questo caso «lo scambio di informazioni
e iniziative congiunte di studio e di sensibilizzazione».
Proprio ai rappresentanti istituzionali intervenuti
si è rivolto Falconi nella sua conclusione,
senza tralasciare una doverosa nota autocritica
come categoria: «Come abbiamo fatto con la precedente
ricerca sulla medicina difensiva, lasciamo
ora alla politica il compito di interpretare i
dati e assumere le decisioni conseguenti. Senza
dimenticare, però, che anche il mondo medico
maschile ha un’occasione per riflettere e che deve
dare il proprio contributo affinché le donne riescano
ad avere nella realtà quotidiana quelle pari
opportunità che sulla carta sono loro dovute».
bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011
10

aA T T U A L di I Rosanna T À Cerbo *
di Rosanna Cerbo*
Per il dolore cronico non oncologico
Una rete
regionale integrata
ospedale territorio
La legge N. 38 del 9 marzo 2010 “Disposizioni
per garantire l’accesso alle cure palliative e alla
terapia del dolore” ha come obiettivi : appropriatezza
clinica, filtro per le cure secondarie e terziarie
ed il coordinamento e la continuità delle
cure con percorsi assistenziali definiti. La legge
tende a promuovere l’uso controllato dei FANS
ed a incrementare quello dei farmaci oppiacei
(non più necessario il ricettario speciale e la ricetta
sarà conservata dal farmacista).
Per i medici è obbligatorio monitorare nella cartella
clinica il dolore dei pazienti ricoverati e le
tariffe delle cure palliative nelle strutture pubbliche
e convenzionate, che variano molto da regione
a regione, che dovranno essere omogenee
su tutto il territorio nazionale.
Infine è promossa la formazione e l’aggiornamento
del personale sanitario, in primis dei
MMG, e l’informazione ai cittadini sulle modalità
di accesso alle prestazioni. Nella legge sono
previste due reti territoriali distinte ed integrate,
a livello regionale e nazionale: una per le cure
palliative (compresa per l’età pediatrica) e una
per la terapia del dolore cronico. Nella Regione
Lazio il decreto del 30/9/2010 prevede un
modello organizzativo che garantisca l’equità di
accesso alla terapia del dolore cronico per prossimità
territoriale, per specificità di patologia e
per complessità (eccellenza). La rete regionale
per la cura del DCB si articola in tre livelli di
complessità, come previsto dalle legge 38:
1) Presidi ambulatoriali territoriali con competenze
di terapia antalgica gestito da un team di
MMG, formati specificatamente. Il presidio
territoriale fornisce la prima risposta diagnostica
e terapeutica, indirizza, quando necessario
e secondo criteri condivisi di appropriatezza,
il paziente ai livelli superiori della rete (Spoke
o Hub) e garantisce la continuità della gestione
nell’ambito della rete.
2) Ambulatori di terapia del dolore che si differenziano
in:
Spoke di primo livello: strutture ospedaliere /distrettuali
che rispettano i requisiti per l’ambulatorio
medico (DGR 424/06) con attività
ambulatoriale e di consulenza per degenti (se
ospedaliere), con archivio informatizzato per
le schede cliniche e per le relazioni per il MMG
ed inviano a livello superiore della rete i casi a
maggiore complessità. Standard minimi richiesti:
attività per pazienti interni ed esterni di
18 ore settimanali in almeno 3 giorni settimanali,
nella fascia oraria 8-16; almeno un medico
con una esperienza riconosciuta nel campo
della terapia del dolore, un infermiere responsabile
del processo organizzativo.
2B) Spoke di secondo livello: strutture ospedaliere/distrettuali
che rispettano i requisiti
anche per l’ ambulatorio chirurgico ed effettuano
attività ambulatoriale e/o di day-hospital.
Lo Spoke di secondo livello effettua diagnostica
neurofisiologica e terapia invasiva,
11 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

A T T U A L I T À
ma se sprovvisto di una delle due procedure
può collegarsi funzionalmente con uno
Spoke di contiguità territoriale attraverso
percorsi assistiti (ma non per entrambe).Lo
Spoke di II livello prevede protocolli per la
gestione delle complicanze legate alle procedure
interventistiche ed assistenza psicologica
con specialisti formati. Standard
minimi richiesti: almeno 30 ore di attività
settimanali articolate su cinque giorni, almeno
due medici dedicati di cui uno specialista
in anestesia e rianimazione, un infermiere
esperto dedicato per lo svolgimento
dell’attività invasiva maggiore. Per esami
diagnostici o procedure terapeutiche di
particolare complessità gli Spoke possono
riferirsi agli Hub. Lo Spoke di secondo livello
svolge attività di formazione per i MMG
della zona di afferenza territoriale.
3) Centri HUB, con compiti di ricerca, formazione
per il personale sanitario, di informazione
per la popolazione e di assistenza per
le forme rare e complesse;
Le strutture Hub, che sono state già individuate
nel Policlinico Umberto I Sapienza Università
di Roma (Macroaree 1 e 3)e nel Policlinico
Tor Vergata (Macroaree 2 e 4) effettuano interventi
diagnostici e terapeutici ad alta complessità
in regime ambulatoriale di day-hospital
e di ricovero ordinario. Altri compiti specifici
sono: formazione del personale sanitario e informazione
alla popolazione, promozione della
ricerca, favorendo gli studi multicentrici e predisposizione
di linee guida e protocolli procedurali,
essere eseguite in sala operatoria, interfaccia
con la Rete di Cure Palliative.
Nei Piani attuativi della rete, che saranno attivi
entro marzo 2010, saranno definite le strutture
che fanno parte sia del primo che del secondo
livello (i rappresentanti legali delle diverse
strutture dovranno certificare,la conformità
dei requisiti regionali richiesti. Il Coordinamento
Regionale integrato delle reti del dolore
cronico e delle cure palliative è affidato all’Assessorato
alla Sanità, con il supporto tecnicoscientifico
di Laziosanità (ASP), dei referenti dei
centri Hub ed eventualmente integrato da altri
esperti.
Compito del Coordinamento sarà monitorare
la tracciabilità di pazienti per valutare il percorso
diagnostico terapeutico all’interno della
rete e la mobilità dei pazienti in ambito regionale
ed extraregionale. Sarà inoltre avviato il progetto
“Pain Card” che consentirà di disporre
di informazioni relative alla specifica storia clinica
del paziente con la fornitura a ciascun
utente della rete di una chiavetta USB nella
quale verranno archiviate le informazioni clinico
assistenziali e anagrafico-sociali di rilievo e
che accompagnerà il paziente nei suoi contatti
con i diversi nodi della rete. Saranno individuati
specifici PAC e APA ambulatoriali e percorsi di
day hospital/day surgery dedicati, che rientreranno
nella valutazione dell’attività delle strutture,
ed un codice specifico che identifichi le
prestazioni delle unità operative di terapia del
dolore.
È allo studio la creazione di un Portale regionale
a disposizione dei medici (accesso riservato) e
della popolazione per facilitare la conoscenza della
rete e dei diversi servizi. Infine, entro marzo,
saranno individuati i centri di coordinamento per
ambiti di patologia legati al dolore acuto di forte
rilevanza sociale quali il parto indolore e la gestione
del dolore nelle urgenze e nelle maxi emergenze.
*Coordinatore Responsabile
Centro Medicina del dolore “Enzo Borzomati”
Policlinico Umberto I,
Sapienza Università di Roma
Ordine Medici e Odontoiatri di Roma
Centralino 064417121 (8 linee r.a.) - Fax 0644234665
Numero Verde 800 90 50 99
Indirizzo di posta elettronica rmomceo@tin.it - protocollo@pec.omceoroma.it
Sito internet www.ordinemedicidiroma.it
bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011
12

aA T T U A L I T À
di Antonio Gatti*
Nasce una Rete Regionale nel Lazio
L’approccio
multidisciplinare
al dolore
Nel Marzo 2010 è stata approvata la legge che
sancisce il diritto del cittadino alle cure palliative
e alla terapia del dolore. Le cure palliative, secondo
la definizione dell’Organizzazione Mondiale della
Sanità, costituiscono “un approccio che migliora
la qualità della vita dei malati e delle famiglie che
si confrontano con i problemi associati a malattie
inguaribili, attraverso la prevenzione e il sollievo
dalla sofferenza, ottenuti grazie all’identificazione
precoce e al trattamento del dolore e di altri
problemi fisici, psicosociali e spirituali”. La “terapia
del dolore” costituisce l’insieme di interventi
diagnostici e terapeutici volti a individuare e
applicare alle forme morbose croniche idonee e
appropriate terapie farmacologiche, chirurgiche,
strumentali, psicologiche e riabilitative, tra loro
variamente integrate, allo scopo di elaborare
idonei percorsi diagnostico-terapeutici per la
soppressione e il controllo del dolore.
Tale legge, per la prima volta in Europa, sancisce
anche per i bambini il diritto di accedere alle cure
palliative e alla terapia del dolore, attraverso
specifici servizi dedicati. Ma molte altre sono le
innovazioni che tale disposizione ha apportato
all’assetto Sanitario Nazionale e Regionale. Ad
esempio il medico è “obbligato” a registrare sulla
cartella clinica di ogni paziente (anche quella
infermieristica) l’intensità del dolore (dopo
appropriata misurazione), la somministrazione
dei farmaci antalgici, con relativi dosaggi, ed i
risultati raggiunti. Ciò sia in ospedale che in
ambulatorio. La nuova legge ha semplifico anche
la prescrizione dei medicinali per il trattamento
dei pazienti affetti da dolore grave. Per la
prescrizione della quasi totalità dei farmaci
oppioidi, infatti, i medici possono usare il
ricettario del Servizio Sanitario Nazionale (se
dipendenti dal SSN) senza dover più ricorrere al
ricettario speciale. Questo cambiamento facilita
il compito del medico che può assicurare il
farmaco oppiaceo al malato senza più le
burocratiche compilazioni di ricette con più copie.
La legge prevede la disponibilità di finanziamenti
mirati, propone un osservatorio nazionale
permanente incaricato di monitorare e di
redigere un rapporto annuale sui dati relativi alla
prescrizione e all’utilizzazione di farmaci nella
terapia del dolore, oltre che sull’applicazione della
legge stessa. Essa pone l’accento anche
sull’aspetto formativo del medico, che dovrà
attuare una formazione specifica sul dolore.
Queste ed altre novità vengono proposte dalla
normativa n. 38 del 15 Marzo del 2010. Ma
una delle più significative ed innovative novità
riguarda forse la costituzione di vere e proprie
reti assistenziali per combattere il dolore. Una
prima rete (di cui fanno parte gli Hospice)
assicura l’applicazione delle cure palliative ai
malati terminali. Una seconda rete, di cui fanno
parte centri e ambulatori di terapia del dolore,
assicura l’assistenza ai pazienti con dolore,
oncologico e non. Le reti coinvolgono non
soltanto il medico specialista, ma integrano la
medicina del territorio ove – per definizione – ha
sede il coordinamento dell’assistenza domiciliare
da parte del medico di assistenza primaria.
Lo scopo della rete Regionale è quello di garantire
al cittadino il miglior flusso diagnostico-terapeutico
13 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

A T T U A L I T À
ed in definitiva un più appropriato management
del dolore.
La Regione Lazio, tra le prime in Italia, ha voluto
avviare la realizzazione della rete assistenziale del
dolore, definendo due centri clinici di riferimento
ai quali si collegano vari altri centri specialistici.
Tali centri di riferimento prendono il nome di HUB
(dalla terminologia aeronautica con cui si indicano
scali aeroportuali in grado di concentrare un
maggior flusso di traffico aereo ed in grado di
supportare regolari flussi verso aeroporti più
periferici). I centri SPOKE, a loro volta, si
integreranno con il centro hub oltre che con la
medicina del territorio. I due centri hub della
Regione Lazio, quindi, si interfacceranno con una
serie di centri spoke satelliti.
Il ruolo di integrazione del centro hub ed i suoi
relativi spoke è quello di garantire la completa
copertura del territorio nel ricevere la domanda
di salute, proveniente dalla medicina del territorio,
fornendo una risposta più efficiente possibile. I
compiti del centro hub sono duplici. Da un lato ha
l’onere di coordinare la rete con la proposizione
di linee strategiche condivise, realizzando
protocolli diagnostico-terapeutici standardizzati,
fornendo supporto tecnologico e scientifico ai
centri spoke.
Dall’altro ha il compito di proporre una ricerca
scientifica moderna. Il tema della ricerca, sembra
collaterale, prospettico e non legato alle necessità
immediate di un sistema sanitario Regionale.
Al contrario il centro hub non può limitarsi
soltanto alla ricerca scientifica long-term, ma deve
mirare anche ad un approfondito studio del consumo
delle risorse in funzione dei risultati ottenuti
nella cura del dolore, cercando di individuare
quali siano i percorsi più efficienti utili ad ottimizzare
le risorse disponibili. Sarà proprio questa tipologia
di ricerca, unita al censimento e all’analisi
della domanda di salute che permetterà al centro
hub di suggerire alle Autorità Sanitarie la più
corretta programmazione politica ed economica
nel campo del dolore. Per programmazione sanitaria
si intende non la decisione di quante risorse
allocare in funzione del budget disponibile (sempre
troppo poco), ma il più alto obiettivo di individuare
i protocolli diagnostico-terapeutici più efficienti
e che meglio rispondano alle esigenze del
territorio. Ciò permetterebbe di ragionare su un
più ampio numero di variabili economico-sanitarie,
ivi compresi gli obiettivi ed i relativi incentivi
di un sistema basato sulla qualità. Ed è proprio
sulla qualità che tale sistema potrebbe essere
valutato dal “cliente finale”
Un aspetto molto interessante di questa legge è
che essa ha raccolto il consenso di 62 società
bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011
14

a
ATTUALITÀ
scientifiche, associazioni e fondazioni, tutte riunite
nel progetto IMPACT (Interdisciplinary Multitask
PA in Cooperative Tutorial), che sotto il coordinamento
di un comitato scientifico, mira ad
applicare la legge contro il dolore con modalità
interdisciplinari. Infatti, per ridurre la sofferenza
di molte forme di dolore cronico occorre un approccio
multi specialistico, dove ciascuno, con la
propria ottica ed esperienza, mette a fuoco gli
aspetti prioritari per la definizione di un programma
diagnostico-terapeutico individuale e soprattutto
condiviso con il paziente. Solo con la condivisione
del programma di cura si potrà ottenere
una maggiore aderenza alle terapie e solo così si
potrà vincere la resistenza (doppia e non cieca)
contro certi farmaci analgesici centrali, quali gli
oppiacei. La realizzazione di protocolli standard
multidisciplinari, integrati all’interno della rete del
dolore, permetterebbe di coordinare le varie fasi
diagnostiche in parte gestite dal medico di assistenza
primaria, in parte assorbite dal centro
spoke ed in parte dal centro hub, ciascuno per i
propri livelli di capacità organizzativa e tecnica. Il
malato, con un programma disegnato secondo le
necessità personali, condiviso con gli specialisti
e con il proprio curante, apprezzerebbe maggiormente
il sistema di assistenza regionale. Molte
figure professionali dovrebbero essere coinvolte
nel campo del dolore: medici, infermieri, farmacisti,
dirigenti di Aziende Sanitarie; tutti dovrebbero
giocare un ruolo attivo con l’obiettivo di ridurre
la sofferenza indotta dal dolore.
Infine, una diffusione capillare e la professionalità
di operatori coinvolti nella terapia del dolore
potrebbero giocare un ulteriore ruolo nella
prevenzione del dolore. Alcuni esempi, potrebbero
essere la prevenzione del dolore durante alcune
tecniche diagnostiche invasive (ad esempio la
colonscopia, gastroscopia, biopsie, medicazioni,
ecc), la prevenzione del dolore post operatorio con
un approccio precoce del dolore per ridurre il
rischio della cronicizzazione. Una rete ben
organizzata potrebbe anche iniziare a gestire
sistematicamente il dolore di alcune patologie il
cui “sintomo dolore” fino ad oggi è stato
scarsamente considerato dalla ricerca scientifica
e da appositi protocolli di trattamento a lungo
termine, come ad esempio il dolore cronico
causato dagli idrarti nel paziente emofilico.
Ovviamente la rete regionale per la lotta del dolore,
deve integrarsi a sua volta, con tutte le altre
organizzazioni che gestiscono pazienti con dolore,
oncologie, ematologie, neurologie, associazioni di
volontariato, assistenza domiciliare, hospice e
cosi via.
Altro interessante esempio di coordinamento
multidisciplianre regionale potrebbe essere
rappresentato dai centri di radioterapia, che
gestiscono il paziente oncologico e che ad oggi
meritano di essere a pieno titolo introdotti
all’interno del circuito delle reti regionali.
Infine, una rete ben organizzata potrebbe erogare
una specifica formazione al personale
infermieristico che potrebbe giocare un ruolo
cruciale, in collaborazione con la medicina del
territorio, nella rilevazione precoce del paziente
a domicilio. Queste e molte altre azioni di lotta al
dolore potranno essere finalmente attuate dalla
rete di interconnessioni tra ospedale e territorio.
Quindi auspichiamo che le reti disegnate nel Lazio
diventino rapidamente operative e che il sollievo
dal dolore diventi il fiore all’occhiello della nostra
Sanità Regionale, sia per i malati di dolore cronico
oncologico che non oncologico, compreso il dolore
pediatrico a cui andrebbero dedicate attenzioni e
risorse e dove –anche in questo caso- una rete
assistenziale ben organizzata potrebbe ridurre
enormemente il dolore dei piccoli pazienti e
l’angoscia dei loro cari. Grazie a questa nuova
legge e al suo rapido recepimento della Regione
Lazio, il malato con dolore diventa, quindi, l’attore
principale attorno al quale il sistema sanitario
ruota, un vero e proprio “patient service”.
Immaginando il sistema a regime, il paziente che
lamenta il dolore viene posto in un circuito
preordinato dove ogni specialista, collegialmente,
interviene e pone un tassello al percorso
diagnostico-terapeutico. Del resto il dolore non
va in vacanza, non fa sciopero, non segue l’ordine
delle liste di attesa, si impone ventiquattro ore su
ventiquattro e spesso insorge rapidamente fino
ad arrivare ad alti livelli di gravità. Con la rete del
dolore cronico vuole essere il sistema a ruotare
attorno al paziente evitando che sia il paziente a
“girovagare” dentro il sistema stesso.
*Dir. Medicina del dolore Policlinico
TorVergata, Università degli studi
di Roma TorVergata
antonio.gatti@ptvonline.it
15 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
di Ilaria Savoca Corona*
Le sfide per
la salute materno
infantile e neonatale
in africa
Anche l’OMCeO della Provincia di Roma aderisce
alla Campagna di Medici con l’Africa Cuamm per
l’accesso al parto sicuro e cura del neonato
in Africa: “Questa è una foto di guerra”
Nel mondo 535.000 donne muoiono a causa
del parto ogni anno e di queste la metà è in Africa
SubSahariana. Le differenze fra Paesi ricchi
e Paesi poveri sono disarmanti: la probabilità di
morire durante il parto nei Paesi poveri è di 1
ogni 16 gravidanze, mentre nei ricchi è di 1 su
2.800. La mortalità materna è dovuta in gran
parte a cause dirette ostetriche (es. emorragia,
ipertensione, sepsi, aborto clandestino e altre)
e indirette, spesso di natura infettiva (aids, tubercolosi,
malaria ecc) che evidentemente nei
Paesi ricchi solo in pochissimi casi portano alla
morte della donna: in altri termini, si tratta di
cause evitabili e prevenibili.
A fronte di questa situazione, in occasione dei
festeggiamenti per il suo 60° anniversario, lo
scorso 11 novembre alla presenza del Capo dello
Stato, on. Giorgio Napolitano, Medici con l’Africa
Cuamm ha deciso di impegnarsi ufficialmente
in una Campagna che afferma “Il diritto ad
avere una mamma e un neonato vivi” (dal titolo
del documento strategico alla base dell’impegno,
scaricabile al link: http://www.cuamm.org/
campagna) con l’obiettivo di assicurare l’accesso
gratuito al parto in Africa e la continuità e la
qualità delle cure al neonato e ai bambini. Medici
con l’Africa Cuamm è la più grande organizzazione
italiana per la promozione e la tutela della
salute delle popolazioni africane e nei suoi 60
anni di attività ha inviato nei cosiddetti Paesi in
via di sviluppo 1.252 volontari, sanitari e non
sanitari, in 40 Paesi di intervento, servendo oltre
200 ospedali. La sua filosofia di intervento è
quella di progetti a lungo termine che si pongono
l’obiettivo strategico del rafforzamento dei
sistemi sanitari locali per garantire dei servizi di
qualità accessibili a tutti ed in particolare alle
fasce più fragili della popolazione.
La Campagna si pone l’obiettivo di sensibilizzare
sulla tematica, ma anche di raccogliere fondi a
sostegno dei progetti di Medici con l’Africa
Cuamm dedicati a garantire un parto sicuro e
gratuito alle donne nei 6 Paesi dell’Africa Sub
Sahariana in cui l’associazione opera. «Abbiamo
identificato la cifra di 40e per garantire un parto
sicuro, che è naturalmente una media fra i
bollettino o.m.c.eo. di roma - n. 2/2011
16

costi nei vari Paesi e dei tipi di parto,
con complicanze o meno» spiega
Fabio Manenti, responsabile dell’Ufficio
Progetti di Medici con l’Africa
Cuamm «anche perché volevamo
dare un segnale del bisogno chiaro
e, allo stesso tempo, scioccante: se
gli interventi di cooperazione sanitaria
sono condotti rafforzando l’assistenza
di base e i sistemi sanitari locali,
allora le cifre sono accessibili.
In altri termini, la buona cooperazione
può essere efficace e poco costosa».
Un aiuto concreto può essere dato
anche attraverso la destinazione del
5x1000, strumento ancora molto
sottoutilizzato, ma importante, i cui
proventi di quest’anno sono destinati
da Medici con l’Africa Cuamm proprio
alla Campagna. Molte realtà hanno
già aderito alla Campagna di Medici
con l’Africa Cuamm e l’OMCeO
della provincia di Roma non poteva
essere da meno per la sua attenzione
e per la naturale vocazione a sviluppare
le capacità culturali dei suoi
iscritti, in un contesto sociale e globale
che per il medico si presenta
ogni giorno più carico di sfide professionali
e umane.
L’Ordine ha, inoltre, raccolto l’invito
di colleghi del territorio che già da
anni sono sostenitori di Medici con
l’Africa Cuamm e hanno all’attivo, oltre
a missioni in loco, un’intensa azione
sul territorio italiano di informazione
e sensibilizzazione rispetto alle
tematiche di Salute Globale e tutela
del diritto alla salute delle popolazioni
africane.
In particolare, per informazioni
sulle attività a Roma e sulla Campagna,
è possibile contattare la referente
romana di Medici con l’Africa
Cuamm, la dott.ssa Ilaria Savoca Corona,
i.savocacorona@cuamm.org o
consultare il sito www.cuamm.org.
a
ATTUALITÀ
* Medici con l’Africa Cuamm
17 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
Comunicato Stampa del 5 maggio 2011
Un liberismo sospetto e a senso unico
Da farmacisti a titolari
delle “case della salute”
da medici a burocrati
e controllori del fisco
L’Ordine di Roma: Più consumismo sanitario e meno
tempo per i pazienti
Con i recenti decreti del 16 dicembre 2010 del
Ministro della Salute si è completato un percorso
che consente alle farmacie di erogare una
serie di nuovi servizi. Per l’OMCeO di Roma, questo
dimostra che politica e Governo, quando vogliono,
sono capaci di innovare e di favorire il liberismo.
Ciò però avviene anche in questo caso in
modo distonico. Infatti, mentre la farmacia diventa
ora la cosiddetta “Casa della Salute”, il medico,
dipendente o convenzionato, diventa addirittura
un controllore fiscale e il suo studio un ufficio burocratico,
gravato da un numero crescente di
compiti impropri.
«Pur nella massima considerazione per
l’indispensabile ruolo del farmacista» precisa
Mario Falconi, Presidente dell’Ordine dei medici
capitolini «non si capisce la scelta di dare priorità
alla trasformazione delle farmacie in “case della
salute” e, per contro, quella di non applicare lo
stesso criterio alle molte forme associative dei
medici che operano nel Paese».
Secondo l’Ordine, vanno recepite le sacrosante
rimostranze di tutte le organizzazioni mediche.
Va sottolineato peraltro che, a fronte di un incerto
vantaggio per i cittadini di poter avere una maggiore
offerta di esami e trattamenti di base, esiste
il rischio concreto di favorire una sorta di “consumismo
sanitario”, non adeguatamente controllabile,
con effetti psicologici non trascurabili, soprattutto
per quei pazienti particolarmente emotivi.
L’unica certezza è che aumenterà ancor più
la spesa sanitaria privata, ma anche quella pubblica
per inevitabili fenomeni di controlli indotti.
«Un elettrocardiogramma» cita come esempio
Falconi «con risposta automatica, senza la
mediazione di un medico esperto o di un cardiologo,
può determinare, in un soggetto ansioso, una
situazione di pericoloso allarme ingiustificato.
Dilatare l’offerta senza bilanciarla con una
domanda appropriata e controllata non produce
quasi mai effetti positivi».
Un attento esame dei decreti fa balzare agli occhi
il possibile superamento, se non il vero e proprio
disconoscimento, di molte normative vigenti in
tema di sanità pubblica che prevedevano la
presenza del medico nell’esercizio di atti che oggi
vengono trasferiti ai farmacisti. Basti pensare alle
norme alle quali sono soggette le oltre 5 mila
strutture ambulatoriali private accreditate,
istituzionalmente operanti in tutto il territorio
nazionale, per comprendere quanta discrasia ci
sia tra tali norme ed i citati decreti.
«Tutto ciò» sottolinea Falconi «mentre, fallito il
tentativo di trasformarci in poliziotti sull’immigrazione
clandestina, registriamo l’ultima disposizione
legislativa, perla tra le perle, che impone ai
medici di diventare agenti del fisco per certificare
le esenzioni per reddito. Quando si comincerà a
porre mano a tutte le cause (invadenza politica,
scarsa attenzione alla meritocrazia, informazione
sensazionalistica e scandalistica, blocchi del turn
over, rapporti di lavoro di vera e propria precarizzazione,
ecc.) che determinano il profondo disagio
quotidiano del medico Come si conciliano le legittime
opportunità che vengono date ai farmacisti
con la burocrazia soffocante che affligge il servizio
sanitario e che sta erodendo il tempo che i medici
hanno a disposizione per l’assistenza Il prof. Ferruccio
Fazio, medico e Ministro, prenda di petto il
problema e ci dia risposte».
bollettino o.m.c.eo. di roma - n. 2/2011
18

aA T T U A L I T À
Comunicato Stampa del 1 marzo 2011
Inps e falsi invalidi
Falconi:«Il Presidente
Mastrapasqua
campione di
scaricabarile»
Secondo il Presidente dell’Ordine Provinciale di
Roma dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri,
Mario Falconi, è troppo comodo, banale ed abusato
il gioco di scaricare tutte le responsabilità
dell’odioso e complesso fenomeno dei falsi invalidi
sui medici e sulle aziende sanitarie locali.
Il riferimento è alle dichiarazioni del Presidente
dell’Inps, Antonio Mastrapasqua. «I casi più eclatanti
di falsi invalidi sono da attribuire a malfattori
estranei al sistema pensionistico e non ai medici
di famiglia né a quelli delle Commissioni delle
AA.SS.LL. e di verifica» sottolinea Falconi.
«Il Presidente Mastrapasqua cerchi di rendere
più efficiente il sistema informatico Inps, che sta
determinando ritardi incredibili a danno di persone
realmente e drammaticamente colpite da handicap
e disabilità e centinaia di migliaia di ricorsi
legali annunciati dai vari patronati con prevedibili
ingenti danni erariali alle casse dell’Inps».
Per Falconi andare in televisione, assumendo il
ruolo di moralizzatore agli occhi dell’opinione pubblica,
senza evidenziare le proprie responsabilità,
appartiene ad una moda piuttosto praticata da
molti politici e manager pubblici.
«Tutti sanno che l’incremento della domanda di
riconoscimento dell’invalidità civile è strettamente
correlato all’invecchiamento della popolazione
ed alle profonde differenze sociali purtroppo esistenti
fra le varie aree geografiche del nostro
Paese. Il Presidente Mastrapasqua eviti di fare
terrorismo psicologico nei confronti dei medici di
famiglia e di quelli delle Commissioni delle
AA.SS.LL. ed apra un tavolo di concertazione, allargato
anche alle rappresentanze dei medici, che
forse potranno dargli qualche utile ed efficace
consiglio».
«Se il Presidente Mastrapasqua, ricopre alcune
decine di incarichi pubblici e privati» evidenzia
Falconi «ritengo che ciò sia dovuto esclusivamente
alle sue capacità; quindi “voli più alto” e, possibilmente
segua il Vangelo che ricorda: Chi è senza
peccato scagli la prima pietra».
Segnalazioni sulla situazione di disagio
nelle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali
L’Ordine invita tutti i medici ed odontoiatri che operano nelle strutture
sanitarie ed ospedaliere, ad inviare segnalazione, scritta o verbale, di
situazioni di disagio che possono verificarsi nell’ambito dell’attività
lavorativa e nei rapporti con le suddette amministrazioni, soprattutto
in riferimento ad assegnazione di incarichi di Direzione di UOC e/o
Dipartimenti a profili professionali non medici con sottoposti medici.
L’Ordine farà propria la segnalazione rispettando, ove richiesto, il più
stretto riserbo sul nominativo dell’esponente.
Per quanto sopra, si prega di contattare l’Ordine ai seguenti recapiti:
Ufficio Segreteria Tel. 06 44171226 - segreteria.medici@ordinemediciroma.it
19 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
Comunicato Stampa del 19 aprile 2011
L’Ordine di Roma condivide le forme di protesta
di FIMMG e SMI Lazio
Troppi i compiti e
i costi per i medici
di medicina generale
Falconi, nella categoria malessere oltre il livello di guardia
“Chi ha il camice bianco paga per gli errori politici nella programmazione
della Sanità”
L’Ordine provinciale dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri
di Roma è fortemente preoccupato per il
crescente stato di malessere professionale dei
suoi iscritti. «Sono anni che lanciamo l’allarme
per il disagio e le condizioni di lavoro sempre più
stressanti, conflittuali e non gratificanti in cui si
trova a operare la nostra categoria», ricorda
Mario Falconi, Presidente dell’Ordine. «Ora non
possiamo che esprimere totale solidarietà con i
medici di medicina generale del Lazio che hanno
proclamato lo stato di agitazione, ed hanno organizzato
per la prima volta dopo dodici anni, lo sciopero
che si è svolto dal 3 al 4 maggio».
Per l’Ordine sono giuste e condivisibili le decisioni
di protesta per tre anni di vacanza contrattuale,
dopo due anni di attesa per l’adempimento
della preintesa regionale, mentre nel frattempo
i medici di famiglia hanno visto aumentare il
loro carico di lavoro del 50% e lievitare i costi
per la gestione informatica dei loro studi. Il tutto
con i Medici della Continuità Assistenziale abbandonati
a se stessi e in grave carenza d’organico,
con il rischio per i cittadini di non essere
adeguatamente assistiti.
L’Ordine di Roma torna a lamentare un riassetto
della Sanità laziale volto soltanto a tagliare le
risorse con la scure anziché con il bisturi, colpendo
senza distinzione ciò che funziona e ciò
che è fonte di sprechi e inefficienze, senza porre
attenzione ai bisogni e agli inalienabili diritti,
dei cittadini, umiliando e sovraccaricando il lavoro
dei medici.
«La Regione deve ricordare che nel Lazio i cinquemila
medici di medicina generale, insieme a
tutti gli altri operanti nelle strutture sanitarie,
hanno sempre dato prova di totale abnegazione»
sottolinea Falconi «garantendo, comunque,
il servizio ai cittadini, anche quando devono confrontarsi
con l’esasperazione dei loro pazienti che
sono vittime di liste di attesa incivili e di drammatici
tagli alle prestazioni».
Per il Presidente dei camici bianchi capitolini,
la situazione di disagio e insofferenza ha superato
il livello di guardia, così come il sistema
sanitario regionale che rischia di collassare se
non sarà subito ridisegnato con lungimiranza
e abbandonando logiche puramente ragionieristiche.
«I medici di ogni settore sono ormai demotivati,
impauriti da denunce spesso infondate, messi
ogni giorno sotto accusa mediatica da una stampa
scandalistica anziché obiettiva, aggrediti fisicamente
sui posti di lavoro, inascoltati dalle istituzioni,
sommersi da burocrazia e caricati come
muli da soma d’innumerevoli compiti cui non riescono
più a far fronte. Parliamoci chiaro» avverte
Falconi «siamo diventati il capro espiatorio delle
scelte infelici nella programmazione della Sanità.
Così il sistema non può andare avanti ancora
a lungo».
bollettino o.m.c.eo. di roma - n. 2/2011
20

aA T T U A L I T À
Comunicato Stampa del 31 marzo 2011
a
ATTUALITÀ
Una recente sentenza dà ragione all’Ordine di Roma
Respinta la tesi
dei Biologi, avanzata
in una causa
per diffamazione
Diete, i biologi non possono prescriverle: il tribunale ribadisce
centralità e esclusività del medico
Da diversi anni l’Ordine provinciale dei Medici-
Chirurghi e Odontoiatri di Roma difende la centralità
e l’esclusività dell’atto medico: ora un’ulteriore
recente sentenza di un Tribunale ribadisce
entrambe. Secondo l’Ordine, numerose sono le
invasioni di campo da parte di profili professionali
non medici che determinano incertezze nei cittadini,
con rischio di minore tutela della salute e
anche di notevole incremento di costi economici.
«Di fatto» avverte il Presidente dell’Ordine, Mario
Falconi «sta saltando definitivamente quel
modello di assistenza che ha sempre individuato
nel medico l’unico legittimo protagonista dell’atto
medico. Continuiamo a pensare che i numerosi
profili professionali non medici siano una ricchezza
per l’intero sistema sanitario, ma ognuno deve
esercitare nell’ambito delle proprie competenze».
Anche l’Ordine Nazionale dei Biologi ha tentato di
ottenere in un’Aula di Giustizia un pronunciamento
che potesse attribuire -seppur indirettamente
-alla categoria professionale dei biologi, competenze
esclusive del medico, nella fattispecie inerenti
la prescrizione di diete.
Il Tribunale della Capitale però ha respinto, con la
sentenza n. 3527 del 18 febbraio 2011, l’istanza
e affermato che «il biologo può solo suggerire
o consigliare profili nutrizionali finalizzati al miglioramento
dello stato di salute e mai, in nessun
caso, può prescrivere una dieta come atto curativo,
che rimane sempre un’attribuzione esclusiva
del medico».
La controversia era nata dalla citazione in giudizio
del prof. Eugenio Del Toma che sulle pagine di
un quotidiano dedicate alla salute aveva replicato
all’affermazione di una lettrice, la quale sosteneva
che «un biologo nutrizionista può svolgere la
sua professione in totale autonomia senza la presenza
del medico». Per l’accademico chiamato
in causa invece tale affermazione contrastava
«con il buon senso, ancor prima che con altre
fondamentali leggi sulla professione medica e
quindi sull’esercizio abusivo della professione». Per
la parte promotrice del giudizio ciò era bastato
per ritenere gravemente diffamata la categoria
dei biologi: da qui la richiesta di risarcimento del
danno all’onore e al decoro professionale. Nella
causa era intervenuto l’Ordine provinciale dei
Medici-Chirurghi e Odontoiatri di Roma, sostenendo,
appunto, la centralità dell’atto medico anche
in merito alla prescrizione della dieta per un paziente;
a tale proposito aveva anche richiamato il
parere del Ministro della Salute del 15 dicembre
2009 che attribuisce la competenza di tale prescrizione
esclusivamente al medico e riconosce
al biologo solo la possibilità di elaborare e determinare
(quindi non prescrivere) diete.
«In questi anni sono stati numerosi i tentativi,
anche di natura giudiziaria, per rimettere in discussione
la centralità dell’attività del medico a
tutela della salute del cittadino», commenta Falconi.
«Nella fattispecie, consentire ai biologi di
sostituirsi ai medici nella prescrizione di diete
avrebbe significato demolire la figura del medico
stesso quale garante del bene-salute, dotato di
autonomia, potestà decisionale e responsabilità
anche legale. Questa sentenza» evidenzia Falconi
«anche se non ancora passata in giudicato,
costituisce un precedente di cui i giudici non potranno
non tener conto nel caso di eventuali analoghe
controversie».
21 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
Presentata in Campidoglio
la prima Mappa dei Conflitti nella Capitale
Roma, aumenta
il contenzioso
medico-paziente:
+15% dal 2005
Ma in 6 anni solo 2.372 cause a fronte di milioni di
atti sanitari. Sottoscritta la convenzione tra Ordine
dei medici e Camera di Conciliazione
A Roma, città dove si concentra circa il 10%
dei medici di tutta Italia, il rapporto tra camici
bianchi e pazienti è sempre più conflittuale; rimane
comunque assai limitato il numero delle
cause a fronte di quello complessivo degli atti
medici praticati quotidianamente. È quanto emerge
dalla Mappa dei Conflitti nella Capitale presentata
il 28 marzo scorso in Campidoglio, unitamente
alla sottoscrizione di una convenzione
tra l’Ordine provinciale dei Medici-Chirurghi e
Odontoiatri di Roma e la Camera di Conciliazione
di Roma.
La Mappa è stata elaborata dall’Osservatorio sui
Conflitti e sulla Conciliazione, costituito nel luglio
2010 dai principali soggetti pubblici competenti
istituzionalmente e territorialmente: oltre
alla locale Camera di Conciliazione, ne fanno parte
Roma Capitale, il Tribunale di Roma, gli ordini
professionali degli Avvocati, dei Commercialisti
ed Esperti Contabili, dei Medici-Chirurghi e Odontoiatri
e l’Osservatorio sulla Responsabilità Medica
(O.R.Me.).
Quello presentato nella Sala del Carroccio del
Campidoglio è stato il primo rapporto sui conflitti
nella Capitale e ha raccolto i dati relativi alle
controversie giudiziali dal 2005, con particolare
riferimento alle materie per le quali è stata
prevista la mediazione obbligatoria, entrata in
vigore lo scorso 21 marzo. In questo periodo le
cause inerenti la responsabilità medica hanno
avuto una variazione annuale media pari a +6%
(+15% nel 2010 rispetto al 2005), a fronte di
una complessiva riduzione di tutte le altre tipologie
di contenziosi. Un dato sicuramente rilevante
per il valore specifico dell’oggetto della controversia
- la salute del cittadino – che è qualitativamente
ben diverso, ad esempio, da una lite
condominiale o per incidenti stradali senza danni
alle persone.
In particolare, l’analisi dei dati - su fonte del Tribunale
di Roma e del Ministero della Giustizia –
mostra che, nel periodo preso in esame, in campo
medico si sono registrati 2.372 procedimenti,
così suddivisi: 369 nel 2005, 396 nel 2006,
407 nel 2007, 474 nel 2008, 302 nel 2009,
424 nel 2010. Ciò però a fronte dei milioni di
atti sanitari praticati nello stesso periodo. «Non
vi è dubbio» si legge nel rapporto «che il dato
tragga le sue origini dalla forte tensione conflittuale
che si è sviluppata proprio in questi ultimi
anni tra medico e paziente e che ha trovato come
unico sbocco il ricorso alla strada giudiziaria».
bollettino o.m.c.eo. di roma - n. 2/2011
22

a
ATTUALITÀ
A tale proposito, il documento segnala che «la
conciliazione obbligatoria su una materia come
la responsabilità medica potrebbe avere effetti
deflattivi significativi».
«Come Ordine di Roma già dal 2005 abbiamo
fatto da apripista in Italia alla conciliazione in campo
medico» ha ricordato Mario Falconi, Presidente
dei medici capitolini, intervenuto alla presentazione
del Rapporto «prima con il progetto
Accordia, poi con il primo studio territoriale, con
criteri scientifici, sulla medicina difensiva, conseguenza
diretta del crescente ricorso dei pazienti
alle aule del Tribunale. Oggi consolidiamo
il percorso con la firma della convezione con la
Camera di Conciliazione; documento che segue
il protocollo d’intesa stipulato due anni fa con il
Comune di Roma che ha posto le premesse per
una maggiore sinergia con chi amministra la città
e che deve avere informazioni certe sulla realtà
della salute collettiva e della categoria medica».
In base alla convenzione stipulata la Camera di
Conciliazione di Roma, in continuità con l’attività
già svolta nel quadro del progetto Accordia, si
impegna ad attivare e gestire un servizio di conciliazione
rivolto specificamente alle controversie
in materia di risarcimento del danno derivante
da responsabilità medica e odontoiatrica di natura
contrattuale ed extracontrattuale, nell’ambito
delle disposizioni di cui al D.lgs 28/2010.
«La nostra categoria professionale» ha sottolineato
Falconi al termine del suo intervento «si
trova a operare in condizioni lavorative e sociali
sempre più difficili che generano poi situazioni
di conflitto. Non bisogna mai dimenticare però
che il numero di controversie, per quanto in aumento,
sono una goccia nel mare di tutti gli atti
che quotidianamente vengono praticati sui pazienti
e che poi in molte di queste cause il medico
viene assolto. Quindi» ha concluso il Presidente
dell’Ordine «non esiste una malasanità a
Roma; ci sono soltanto episodi sporadici, da indagare
sempre con il massimo rigore ma senza
abbandonarsi a irresponsabile sensazionalismo
e ingiustificato allarmismo».
23 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
di Mauro di Napoli, Emilio Scotti
La qualità
professionale per
la qualità delle cure
Osservazioni sulla 2 a Conferenza Nazionale della
Professione Medica (2-3 dicembre 2010)
La qualità professionale è lo scopo al quale deve
mirare la formazione continua del Medico e al tempo
stesso è il mezzo per attuare la mission del
Servizio Sanitario Nazionale: mantenimento e protezione
dello stato di salute della popolazione.
Le difficoltà e i limiti per il raggiungimento di una
qualità professionale elevata non sono insiti nel
nostro modello di Stato Sociale ma nel sistema attuativo
che risente in maniera eccessiva dell’imperativo
economico. Lo scopo della formazione, ai fini
del raggiungimento e del mantenimento della qualità
professionale, è quello di abbinare le necessarie
basi scientifiche e le capacità diagnostico-terapeutiche
con la buona pratica clinica, ma anche di pianificare
i processi operativi e i loro cambiamenti con
l’uso appropriato delle risorse. Pertanto la qualità
professionale deve essere considerata in una visione
olistica in cui siano collegati i principi, le linee
guida e i servizi; infatti, non è corretto considerare
solo il professionista ma il professionista nell’ambito
di una struttura adeguata e idonea a ricevere un
professionista così preparato.
La formazione deve cominciare dal Corso di Laurea.
Gli accessi a Medicina dovrebbero essere programmati
in relazione alla richiesta effettiva e non
teorica di Medici, non presente ma futura, considerando
le necessità a distanza di sei anni. A questo,
attualmente, si deve aggiungere l’emergenza
formativa dovuta al fatto che circa il 52% dei medici
occupati in regime di dipendenza hanno tra i
51 e i 59 anni e che, in un ambito ristretto di
anni, dovranno essere sostituiti da altri professionisti
adeguatamente preparati.
Dovrebbe essere rivista la modalità di selezione
attualmente effettuata tramite quiz.
Durante il corso di Laurea, accanto alla teoria, di
indiscutibile e fondamentale importanza, la pratica
deve essere iniziata al più presto possibile con
l’ausilio di Tutors, costantemente presenti e preparati
ai quali vengono affidati piccoli gruppi di studenti
che devono essere stimolati costantemente
a lavorare a fondo e seriamente.
Come per il corso di Laurea, è indispensabile che
l’ingresso alle Scuole di Specializzazione venga riportato
alle vere necessità della Società e alla programmazione
del Servizio Sanitario Nazionale e
Regionale.
In ogni caso lo Specializzando, remunerato solo se
in regola con il corso, non deve sostituire il Tutor
a cui è affidato, ma accompagnarlo costantemente
nell’attività quotidiana teorico-pratica ed aiutarlo,
anche per un futuro inserimento autonomo,
completo e valido.
Le Scuole di Specializzazione non dovrebbero essere
gestite solo dalle strutture Universitarie ma
anche da quelle Ospedaliere pubbliche e private
accreditate e dalle strutture territoriali di cui fanno
parte anche i Medici di Medicina Generale. L’attuazione
del percorso sarà diversa per le varie
Specializzazioni: la distribuzione dei tempi ospedale-territorio
varierà in relazione al tipo di Specializzazione.
Tutto ciò presuppone una capacità ade-
bollettino o.m.c.eo. di roma - n. 2/2011
24

guata di programmazione e di distribuzione dei corsi
nelle varie strutture, una capacità gestionale ed
educativa presente a livello di tutti i settori.
La sostituzione della Specializzazione con il lavoro
in un reparto per 5 anni sminuisce il senso della
Specializzazione che, se eseguita anche in strutture
ospedaliere e accompagnata da relazioni annuali
di attività medica e soprattutto chirurgica
(numero d’interventi a cui lo specializzando ha partecipato,
tipo di interventi, esiti) migliorerebbe la
validità della preparazione e, se ben programmata,
permetterebbe un immediato ingresso nell’attività
lavorativa.
Per quanto riguarda la Specializzazione in Medicina
Generale, sarebbe auspicabile che provvedesse
lo Stato e non le Regioni, che la qualifica e la
retribuzione fossero uguali a quelle delle altre Specializzazioni,
evitando dannose discriminazioni.
L’unica differenza dovrebbe essere nella diversa
conoscenza del territorio rispetto alle strutture
centrali e dei servizi presenti nel territorio per poter
migliorare l’assistenza del paziente a domicilio, nei
PTP, nelle RSA. Comunque, potrebbe essere utile
conoscere, a qualsiasi livello di assistenza, se esistono
e quali sono le linee guida e d’indirizzo gestionale
del paziente nel rapporto territorio – ospedale
– territorio.
La formazione continua dovrebbe essere lo strumento
portante di aggiornamento garantito da
Strutture pubbliche e private convenzionate che,
purtroppo, non riescono ancora a compiere questo
percorso così importante in maniera autonoma.
In teoria potrebbero permettersi non solo l’aggiornamento
teorico ma anche quello pratico e,
ancora, un aggiornamento in cui il singolo professionista
venga indirizzato e facilitato verso uno
specifico campo d’azione da cui trarre vantaggi
applicativi da trasferire nell’attività quotidiana, sia
essa ospedaliera o territoriale.
La qualità dovrebbe essere valutata in base alle
prestazioni, alla quantità e qualità degli interventi
diagnostico-terapeutici e ai loro risultati; questi
dovrebbero essere i veri indicatori di performance
e competence dei singoli e delle équipes oltre che
delle organizzazioni sanitarie.
Nel nostro paese è in forte ritardo la cultura della
promozione e della valutazione delle qualità dei professionisti
e dei servizi, di standard e indicatori di
qualità dei singoli, delle équipes e delle organizzazioni
sanitarie, di sistematica produzione e diffusione
di buone pratiche (linee guida, protocolli,
percorsi di cura), dello sviluppo di ricerca clinica
indipendente per colmare il gap tra innovazioni
tecnico scientifiche e organizzative da un lato e
pratica clinica dall’altro. Questo ritardo non può
essere affrontato attraverso l’esclusivo potenziamento
di modelli burocratici, inquisitori e sanzionatori
di controllo. È necessario che le Società
Scientifiche siano, tramite il Coordinamento istituito
a livello degli Ordini provinciali dei Medici, interlocutrici
degli organi politici e dei programmatori
delle politiche sanitarie senza per questo sottrarsi
alla loro identità ed al loro ruolo istituzionale
(formazione e ricerca). La finalità è di fare scelte
programmatiche capaci di coniugare la sostenibilità
economica, correlata al trend di crescita dei
costi, con lo sviluppo delle tecnologie diagnosticoterapeutiche
e con il mutato scenario epidemiologico.
In tal modo le Società Scientifiche possono
operare per la qualità dei servizi facendo leva su
appropriatezza, efficacia ed efficienza del sistema.
Queste Organizzazioni sono il supporto più efficace
e più disinteressato a disposizione del Ministero
della Salute e degli Assessorati Regionali; però
hanno un grosso difetto: sono eccessive numericamente,
alcune tendono a spezzettare troppo la
cultura e talvolta corrono il rischio di essere rappresentative
di persone (Presidenti e Consigli Direttivi)
più che di specifici settori della Medicina.
È necessario superare l’eccessivo frazionamento
in specialità e subspecialità, le differenze tra università
e ospedale, le difficoltà a pianificare collaborazioni
intersocietarie e con le istituzioni di politica
sanitaria. Purtroppo, attualmente, nessun
documento condiviso definisce il ruolo delle società
scientifiche nell’era del governo clinico.
La diffusione sistematica delle buone pratiche cliniche,
l’individuazione e la misurazione di standard
ed indicatori di competence e performance di professionisti
e organizzazioni, la produzione e diffusione
di linee guida, protocolli, percorsi, la formazione
continua di base e specialistica, la valutazione
delle attività professionalizzanti, la promozione
ed il supporto alla ricerca clinica ed osservazionale,
gli indirizzi alle politiche di Health Technology
Assessment (HTA) sono compiti delle Società
scientifiche. Per questo è necessario un modello
di accreditamento istituzionale delle stesse secondo
criteri e requisiti di rappresentatività, organizzazione,
operatività, autonomia gestionale.
La ricerca clinica si pone l’obiettivo di ridurre il gap
tra ricerca e pratica clinica, di creare una rete tra
clinici, managers, ricercatori, di monitorare la
pratica clinica con indicatori di processo e di outcome,
di confrontare i dati raccolti, in modo da
valutare la trasferibilità dei risultati degli studi (survey
e osservazionali) e delle indicazioni diagnostico-terapeutiche
alla pratica clinica in un ambito di
appropriatezza e di efficacia/efficienza.
Sarebbe opportuno, infine, implementare la presenza
di Registri di malattie che, in alcune Regioni
e per alcune patologie, non sono presenti.
a
ATTUALITÀ
25 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
di Rocco Menechella*
La Podologia chiede
il giusto spazio
nel panorama
sanitario italiano
Una professione che ha voglia di emergere e farsi conoscere
meglio anche dai medici
Potrebbe sembrare un paradosso ma è un dato
che trova sempre più riscontro nella realtà dei
giorni nostri. Tanto è vero che se da un lato si
registra un sempre maggiore aumento di iscritti
al Corso di Laurea in Podologia, dall’altro va evidenziato
come questa attività professionale a tutti
gli effetti sia ancora poco conosciuta o meglio
non del tutto compresa dai cittadini e dagli stessi
professionisti del sistema sanitario nazionale. La
figura del podologo sembra decollare in tanti stati
europei come Spagna, Inghilterra, Olanda così
come negli USA mentre è ancora in via di una
definitiva consacrazione nel nostro belpaese.
L’A.I.P. (Associazione Italiana Podologi), l’unica
associazione riconosciuta sul territorio, da anni
si sta prodigando sotto la saggia guida del proprio
Presidente prof. Mauro Montesi affinché si possa
colmare il gap esistente con gli altri Paesi europei
e non, e portare la Podologia italiana tra
l’elite delle professioni sanitarie. La prova di ciò è
il tema del Congresso Nazionale di Podologia che
si è svolto dal pomeriggio del 12 alla mattina del
15 maggio 2011 presso l’Hotel “Fattoria La Principina”
di Principina Terra in provincia di Grosseto
nella ridente maremma toscana. La tavola rotonda
che ha aperto i lavori infatti è stata intitolata
non a caso “Medicina Generale e Podologia.
Quale collaborazione” e ha visto quale moderatore
proprio il presidente dell’Ordine dei Medici di
Roma Mario Falconi. Deve essere questo il punto
di partenza per un nuovo scenario nel sistema
sanitario nazionale dove il podologo deve assumere
un ruolo centrale nella prevenzione, cura e riabilitazione
delle malattie podaliche. Un consulto
continuo e necessario tra il podologo stesso ed il
medico di medicina generale, un passaggio obbligato
nella cura delle affezioni del piede, dove ognuno
nel rispetto dei ruoli indica o consiglia gli specialisti
adeguati dopo un’attenta diagnosi del problema.
Troppo spesso infatti si sente parlare di
pseudo podologi che curano malattie senza averne
alcun titolo causando solo ulteriori danni ai
poveri pazienti che vi si recano pensando di avere
a che fare con un vero laureato in podologia.
La lotta all’abusivismo, quindi, è da sempre uno
dei cavalli di battaglia dell’A.I.P. tanto che si può
riconoscere un podologo associato, e quindi di
sicuro in regola con il titolo di studio per esercitare
tale professione, da uno spillo associativo recante
il simbolo dell’A.I.P in bella mostra sul camice
del nostro podologo. Così come l’A.I.P. segue
e “coccola” i propri podologi associati, con un
occhio di riguardo per i giovani studenti ed i neolaureati,
allo stesso modo questo deve essere trasmesso
anche dal podologo al paziente. Un rapporto
di fiducia, piena libero da ogni titubanza, con
la consapevolezza che il benessere del paziente
deve essere lo scopo fondamentale di qualsiasi
bollettino o.m.c.eo. di roma - n. 2/2011
26

trattamento a cui esso si sottopone. Assistere a
domicilio gli anziani che non sono autosufficienti,
per la propria competenza, prevenire e curare il
piede diabetico, ridurre il numero delle amputazioni
alle dita del piede, creare una rete di assistenza
territoriale in modo da limitare le spese
relative a degenze ospedaliere. Sono solo alcuni
degli importanti aspetti riguardanti l’ambito sanitario
relativo al Podologo parallelamente ad attività
di sensibilizzazione promosse dall’associazione
di categoria affinché ci sia il giusto riconoscimento
di questa figura professionale a tutti gli
effetti e vengano avviate collaborazioni e convenzioni
con Enti ed Istituzioni per favorirne un sempre
maggiore inserimento sul territorio nazionale.
Il protocollo d’intesa siglato nel 1994 con i
medici di medicina generale è un esempio lampante
di come si voglia e si debba arrivare ad una
fattiva collaborazione tra il podologo ed il medico
di medicina generale. Così come la recente proposta
di convenzione con il Comune di Roma nell’ambito
della programmazione socio-sanitaria del
territorio. Per finire con il progetto per la realizzazione
nel Lazio di un polo podologico per la ricerca,
la formazione e l’assistenza attraverso una
collaborazione proprio con l’Ente Regionale della
capitale. Tanto è stato fatto ma come sicuramente
si è capito da quanto detto fino ad ora, molto
altro ancora c’è da fare attraverso le linee guida
che hanno sempre contraddistinto il lavoro dell’A.I.P.
per fare in modo che la Podologia diventi
un punto di riferimento importante nell’assetto
socio-sanitario italiano. Una crescita che deve
andare di pari passo con le novità e gli aggiornamenti
continui che ci saranno nel corso degli anni
con l’unico scopo fondamentale di tenere sempre
ben presente al centro di ogni attività il benessere
del paziente. Questo è stato da sempre
il sogno dell’A.I.P., un sogno che nel corso degli
anni e con tanto lavoro si è trasformato in qualcosa
di sempre più concreto e che, con l’aiuto di
tutti, può diventare nell’immediato futuro una
splendida e meravigliosa realtà.
*Coordinatore Editoriale A.I.P.
a
ATTUALITÀ
L’IMPEGNO DI DIANOVA ONLUS
L’Associazione Dianova
è un’ONLUS (Organizzazione
Non Lucrativa
di Utilità Sociale),
nata in Italia nel 1984
interviene nel recupero
e nella riabilitazione
dei tossicodipendenti e
alcolisti, in questi anni
ha assistito più di
22.000 persone; gestisce
Comunità Terapeutiche
e Centri di
Ascolto nelle maggiori
città italiane, è iscritta
all’Albo delle Regioni
Lazio, Lombardia,
Marche e Sardegna e
ha in essere una convenzione
con il Ministero
di Grazia e Giustizia,
è accreditata con il Servizio Pubblico nelle
regioni Lombardia, Marche, Lazio e Sardegna
per un totale di 167 posti.
L’Associazione aderisce a Dianova International,
organizzazione non governativa senza scopo di
lucro presente in 11 paesi dell’Europa e dell’America,
che ha una lunga esperienza nel campo del
recupero dei tossicodipendenti e del disagio sociale
e ne condivide i suoi principi. Nel luglio del
2007 il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni
Unite (ECOSOC) ha inserito Dianova International
come “membro consulente speciale”
per le Nazioni Unite.
Nel Lazio è attiva una Comunità Terapeutica a
Palombara Sabina (Rm) e un Centro di Ascolto
a Roma in Via Paleocapa, 22.
Nella struttura di Palombara, che ospita 18 persone
vengono svolti programmi terapeutici residenziali
individualizzati e presso il Centro di
Ascolto vengono svolti programmi ambulatoriali
di sostegno alle famiglie, a cocainomani e a persone
in reinserimento.
Molte sono le attività e i progetti che Dianova
sviluppa per cercare di dare risposte ad un fenomeno,
quello della tossicodipendenza e dell’alcolismo,
che non vede flessioni nella nostra
società; per questo, Dianova, contatterà i farmacisti
aderenti all’ordine promuovendo l’affissione
di una locandina informativa e la divulgazione
dei propri progetti. L’ Obiettivo di Dianova
è offrire nuove opportunità per migliorare
la qualità della vita di coloro che vivono questa
particolare situazione di disagio.Dianova Onlus
è a disposizione per fornire informazioni sui progetti
e supporto al problema delle tossicodipendenze,
dell’alcolismo e del disagio ad essi connessi,
contattando il n° verde 800.012729 –
info@dianova.it o visitando il nostro sito internet
www.dianova.it
27 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
di Valter Masci*
Microdosing
e Omeopatia
Una delle accuse più frequenti
rivolte all’omeopatia è di
somministrare “acqua fresca”,
cioè niente. Tale affermazione
scaturisce dalla constatazione
che l’omeopatia utilizza medicinali
a concentrazioni talmente
basse (chiamate “infinitesimali”)
che “non” possono essere
quantificate con le attuali
tecniche di indagine di tipo
“chimico” (come ad esempio
con la cromatografia o altre).
Quindi, logicamente, dal momento
che i medicinali omeopatici
non possono essere “quantificati”, ne scaturisce
la convinzione che non possono funzionare.
Vedremo ora che recenti ricerche scientifiche
giustificano, almeno teoricamente, la possibilità
che i medicinali omeopatici possano agire.
La premessa è che attualmente la Medicina
Ufficiale sta volgendo la sua attenzione alla Fisica
per studiare i farmaci “ufficiali”. I risultati
sono sorprendenti: utilizzando moderne tecniche
di laboratorio, che ricorrono alla fisica nucleare
(e non alla chimica), è ora possibile quantificare
anche concentrazioni estremamente basse
di farmaci somministrati. Quali sono queste
indagini di laboratorio che permettono di quantificare
sostanze a concentrazioni minime Esse
sono la PET (positron emission tomography) ma
soprattutto l’AMS (Accelerator mass spectrometry).
Tramite queste tecniche nucleari è possibile
quantificare e seguire il percorso di farmaci
somministrati, ad animali o uomini, in quantità
dell’ordine di microgrammi, nanogrammi e picogrammi.
Ricordiamo che per microgrammo
si intende una concentrazione di 10 alla meno
6; per nanogrammo si intende una concentrazione
di sostanza di 10 alla meno 9 e per picogrammo
si intende una concentrazione di sostanza
di 10 alla meno 12. Ma come è possibile
“quantificare” quantità così basse di farmaci In
pratica i farmaci da studiare vengono dapprima
marcati radioattivamente con Carbonio radioattivo
C 14, e dopo la somministrazione vengono
monitorati tramite la PET (positron emission
tomography) o tramite l’AMS (Accelerator mass
spectrometry). La metodologia che utilizza que-
bollettino o.m.c.eo. di roma - n. 2/2011
28

a
ATTUALITÀ
ste moderne tecniche di indagine, in grado di
studiare quantità bassissime di farmaci, è chiamata
Microdosing (perché studia microdosi, cioè
quantità piccolissime, subtossiche, di farmaco).
Ma a cosa serve la metodica Microdosing Perché
la moderna Ricerca scientifica sta studiando
farmaci somministrati in quantità piccolissime
La risposta è che con la Microdosing è possibile
somministrare direttamente nell’uomo un
farmaco senza il pericolo di andare incontro ad
effetti tossici poiché del farmaco vengono utilizzate
microdosi, cioè quantità subtossiche. E di
tale farmaco è possibile studiare la PK (la Farmacocinetica)
e la ADME (la Farmacodinamica).
Cioè con la Microdosing si somministrano microdosi,
cioè quantità subtossiche di un farmaco,
e si può valutare, dopo poche ore, quanto ne
viene assorbito, dove si distribuisce, quale è il
suo sito di azione, e come e dove viene metabolizzato
e quanto e come viene escreto: senza
correre il pericolo di andare incontro agli effetti
tossici del farmaco.
In pratica con la metodologia Microdosing
(chiamata negli USA: Phase Zero della Sperimentazione
) ad un soggetto sano viene somministrato
un farmaco marcato radioattivamente
(in un’unica somministrazione) alla
quantità di microgrammi, nanogrammi o di picogrammi,
e dopo poche ore (72 in genere)
se ne studia la PK cioè la Farmacocinetica e
l’ADME, cioè l’assorbimento, il metabolismo,
la distribuzione e l’eliminazione. Tutto ciò è
estremamente utile anche perché accorcia i
tempi della Ricerca di nuovi farmaci. Infatti è
stato calcolato che con la metodologia Microdosing
i costi della Ricerca di nuovi farmaci si
riducono di 5-6 volte (cioè da 3 milioni di euro
a circa 0,5-0,3 milioni di euro per ogni farmaco
da introdurre sul mercato). Ne consegue
che la Microdosing è stata individuata nel
2003 dall’EMEA (European Medicines Agency)
e nel 2006 dall’FDA (Food Drug Administration)
come una metodologia altamente vantaggiosa.
Nel 2005 alcune Case Farmaceutiche
(Lilly, LaRoche, Servier, Shering) si sono
consorziate nel progetto CREAM (Consortium
for Resourcing and Evaluating AMS Microdosing)
per sviluppare la metodologia Microdosing
usando l’AMS (Accelerator mass spectrometry)
nel campo della sperimentazione di
nuovi farmaci. Si prevede che entro il 2015
tutte le Case Farmaceutiche utilizzeranno la
tecnica Microdosing come fase iniziale di studio
di nuovi farmaci. Allo stato attuale sono
stati studiati prevalentemente farmaci già in
commercio. Ecco alcuni esempi:
a) diazepam (100 microg), midazolam (100 microg),
composto ZK253 (Schering), (100 microg),
warfarin (100 microg). Da notare che
sono state utilizzate per tutti i farmaci concentrazioni
di microgrammigrammi, ricordando
che per microgrammo si intende una concentrazione
di 10 alla meno 6 (che corrisponde
alle diluizioni omeopatiche di 6 DH o 3
CH).
b) del farmaco antivirale Zidovudine (ZDV) è
stato studiato il suo sito d’azione (peripheral
blood mononuclear cells, PBMCs) dopo somministrazione
di 520 ng (meno di un milionesimo
della dose standard). E ricordiamo
che per nanogrammo si intende una concentrazione
di sostanza di 10 alla meno 9 (che
corrisponde alle diluizioni omeopatiche di 9
DH o 4-5 CH).
d) carbamazepine (1 pg/ml), metoprolol (5 pg/
ml), atenolol (20 pg/ml) e digoxin (5 pg/ml).
Da notare che sono state utilizzate per questi
ultimi farmaci concentrazioni di picogrammi,
dove per picogrammo si intende una concentrazione
di sostanza di 10 alla meno 12
(che corrisponde alle diluizioni omeopatiche
di 12 DH o 6CH).
Ricapitolando. Abbiamo visto che è oggi possibile
quantificare e monitorare microdosi di farmaci
cioè in quantità estremamente piccole
come quelle utilizzate dall’omeopatia. Addirittura,
molto recentemente, è stato proposto un
nuovo ultrasensibile Laser in grado di quantificare
attomole di sostanza medicamentosa marchiata
radioattivamente. E ricordiamo che un
attomole equivale ad una concentrazione di 10
alla meno 18 (e corrisponde alla diluizione omeopatica
di 18 DH o 9 CH).
Alla luce di quanto detto, tramite i risultati ottenibili
con la metodica Microdosing, possiamo affermare
che le alte diluizioni omeopatiche possono
essere quantificabili. Allora l’omeopatia è spiegata
Solo parzialmente. Infatti la moderna ricerca
scientifica, con metodica Microdosing, ha dimostrato
solamente, ma non è poco, che le quantità
piccolissime dei medicinali omeopatici possono
essere “quantificate” e che quindi, non essendo
“acqua fresca”, possono teoricamente funzionare.
29 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

aA T T U A L I T À
Commissione
Albo Odontoiatri
di Roma e Provincia
Odontoiatria dell’Est Europa
Low cost, low quality
Finalmente sembra che le mete dell’Est Europa
non attirano più gli italiani che andavano all’estero
in cerca di soluzioni rapide e poco costose nel
campo odontoiatrico. Lo apprendiamo dalla notizia
divulgata dall’agenzia Ansa, che spiega «Colpa
dei risultati deludenti, i dubbi sulla qualità del servizio
offerto oltre confine e le nuove tecniche che
in Italia assicurano risultati sicuri ed efficaci in
poco tempo. Si sta infatti assottigliando il piccolo
esercito dei circa 2Omila viaggiatori che ogni anno
partiva alla volta dei Paesi dell’Est per ritrovare
un sorriso a prezzi economici. La frenata del turismo
odontoiatrico, nato un decennio fa come una
moda che negli ultimi tempi ha pericolosamente
contagiato anche il settore della chirurgia estetica,
è segnalata dagli esperti riuniti in occasione
del Congresso Nazionale del Collegio dei Docenti
di Odontoiatria che in oltre 2000 sono affluiti a
Siena. Gli odontoiatri italiani rilevano che Romania,
Bulgaria e Ungheria non sono più le mete
preferite per chi è alla ricerca di un sorriso perfetto
e la “bolla” dei denti low cost oltre confine si
sta sgonfiando. «La scelta del dentista è una questione
fiduciaria», afferma Marco Ferrari, direttore
del Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche
dell’Università di Siena, «ed esiste poi un
criterio di sicurezza che gli studi dentistici italiani
pubblici e privati possono assicurare, perchè devono
rispondere alle rigide normative nazionali e
comunitarie, mentre gli stessi standard non è
detto che siano rispettati anche nei Paesi dove si
vanno a cercare cure a prezzi miracolistici». Non
è infrequente che pazienti che hanno approfittato
di pacchetti low cost siano poi rientrati in Italia
con la necessità di intervenire nuovamente, presentando
situazioni molto più complicate da risolvere.
Negli ultimi anni, poi, si sono fatte strada
nuove tecniche. Si tratta di procedure che
aumentano ulteriormente la grande richiesta da
parte degli italiani di interventi di implantologia
dentale, che consente di sostituire i denti mancanti
con radici artificiali in titanio integrate nella
struttura ossea. Nel 2010 sono stati inseriti
circa un milione di impianti ma il vero boom si è
registrato negli ultimi 5-6 anni, con la diffusione
di protesi pro in ore, nonostante esista un maggior
costo, che può arrivare anche ad alcun migliaia
di euro. «Si tratta di una tecnica legata all’analisi
dei normali strumenti diagnostici, come
le radiografie e i modelli di studio dei denti del
paziente» precisa Ferrari «le immagini vengono
elaborate da software di ultima generazione che
analizzano i dati diagnostici e forniscono la guida
grazie alla quale l’odontotecnico crea delle mascherine
per l’inserimento degli impianti e delle
protesi, in un solo giorno. Tuttavia questa tecnica
non è applicabile a tutti, perché è necessario
che il paziente risponda a dei particolari criteri di
salute orale, come la consistenza dell’osso e la
sua qualità».
Una notizia che riconosce il merito e la professionalità
degli odontoiatri italiani, che da sempre si
sono battuti contro quei trattamenti a basso prezzo,
che molto spesso recavano gravi danni ai pazienti.
bollettino o.m.c.eo. di roma - n. 2/2011
30

R E C E N S I O N E
di Claudio Di Veroli
Multidisciplinarietà
in medicina
MULTIDISCIPLINARIETÀ
IN MEDICINA
di Lucia Gasparini
832 pagine
Casa Editrice
“Salus Infirmorum”
e 74,90
Con piacere poniamo all’attenzione dei lettori l’ultima
fatica della collega Lucia Gasparini che offre
ai medici e ai cultori della materia il Volume dal
titolo “Multidisciplinarietà in Medicina – Metodologia
e Scienze Bio-mediche”. Si tratta di un Testo
sicuramente attuale con proposte che possono intrigare
e/o stimolare concettualmente i medici di
diverse aree specialistiche, ma ritengo anche valido
per i non specialisti di una determinata materia
e, direi, indispensabile ai medici omeopati. Ciò
significa che il Volume pur essendo nella sua progettualità
specialistico ha nel contempo un taglio
di tipo olistico, ovvero può interessare l’insieme
della Persona-Paziente, quindi un Testo consultabile
da più figure professionali. Inoltre, la lettura è
facilitata dalla chiara esposizione ed arricchita dal
semplice linguaggio utilizzato. Il Volume si articola
in tre sezioni o parti.
La prima, intitolata: “Strumenti concettuali e metodologici
forniti dalla filosofia, dalla matematica e
dalla fisica e loro utilizzazione in campo medico e
nelle scienze bio-mediche”, affronta il tema fondamentale
della metodologia. I vari capitoli della trattazione
riguardano in estrema sintesi i rapporti
tra filosofia e sapere, i problemi della filosofia della
scienza, il metodo ipotetico-deduttivo di K. Popper,
il concetto di paradigma, la filosofia del linguaggio
ed infine la metodologia medica nella medicina
sperimentale e nella clinica. In particolare, sono
molto interessanti i capitoli riguardanti la matematica
e la fisica perché trattano in modo semplice
concetti complessi come il calcolo della probabilità,
il metodo della fisica, i processi di auto-organizzazione,
i moti cooperativi e le strutture dissipative.
La seconda sezione, intitolata: “Scienze biomediche”,
consiste in un interessante aggiornamento
multidisciplinare in campo bio-medico. Le
diverse discipline esaminate sono state suddivise
in singoli capitoli. La sintetica trattazione rivela un
complesso lavoro di indagine, di revisione e di collegamento,
ma nel contempo sistematico. I nove
capitoli che compongono questa parte dell’Opera
possono essere letti in sequenza ma anche separatamente.
Gli argomenti trattati sono immunologia,
psico-neuro-endocrinologia, psico-neuro-endocrino-immunologia,
cronobiologia, etologia, genetica,
neuroscienze, biofisica e sinergetica.
La terza sezione del Volume, dal titolo: “Posizione
dell’omeopatia in ambito scientifico”, affronta con
valutazione critica la medicina omeopatica, dal punto
di vista metodologico e scientifico. Molti concetti
sono stati desunti dalle due precedenti Sezioni,
che possono essere considerate pertanto propedeutiche
per l‘aspetto omeopatico. Sotto alcuni
aspetti questa parte del Volume integra con un
orizzonte omeopatico le prime due Sezioni. Nei vari
capitoli di questa terza parte vengono esaminati:
l’origine dell’omeopatia, la sperimentazione omeopatica,
la clinica dell’omeopatia, il confronto tra la
medicina accademica e quella omeopatica, la farmacoterapia
e la definizione operazionistica dei
termini utilizzabili. Infine, l’Opera nel suo insieme
è rigorosa, sia sul piano scientifico, sia su quello
del metodo. Tutto ciò prende maggior vigore se
consideriamo l’aspetto innovativo delle conclusioni
nei singoli capitoli delle diverse discipline biomediche
prese in esame. Queste, infatti, pongono
a confronto il sapere scientifico più recente della
medicina con le basi teoriche delle conoscenze
omeopatiche. Un attento lettore troverà tale avvicinamento
con più concordanze che divergenze,
confermando o facendo emergere chiaramente
che la medicina omeopatica potrebbe essere considerata
parte integrante specialistica della medicina
tradizionale e che, forse addirittura, potrebbe
in un futuro essere inclusa in modo sistematico
nei vari piani di studio.
31 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

dD A L L ’ O R D I N E
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33 bollettino o.m.c. e o. di roma - n. 2/2011

la cessione del V dello stipendio
di Club Medici
nella massima riservatezza.
fino a Euro
100 mila
Club Medici Finanziamenti e Mutui srl – Iscrizione Albo Mediatori Creditizi Banca d’Italia n° 97751
Iscrizione Albo Agenti in Attività Finanziaria Banca d’Italia n° A53771
SENZA SPINE
... there’s only one
Per medici di base, ospedalieri, pediatri, sumaisti, pensionati.
Roma Via G. Marchi, 10 - 00161 - tel. 06 8607891 fax. 06 86201328 e-mail prestiti@clubmedici.it
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- Commissioni Albo Odontoiatri
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+ eventi e cultura
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Teatri e musei
Eleonora Pezzuti
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Fabrizio Paolucci 348 8594988
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Elisabetta Cesaroni 06 86226828
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