Uomini e famiglie - COFACE
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La negoziazione di un accordo-quadro sul congedo di paternità individuale e non<br />
trasferibile, che è stata oggetto di una risoluzione non vincolante del Consiglio e dei<br />
ministri dell’impiego e degli affari sociali nel giugno 2006, dovrebbe essere prioritaria. Il<br />
riconoscimento sociale del diritto del padre a (re)integrare il focolare domestico per accogliere il<br />
bambino alla nascita è, in effetti, di particolare importanza per l’evoluzione della figura paterna e<br />
dei ruoli che vi sono tradizionalmente associati.<br />
Il congedo di paternità, che si definisce, come si è visto, come un congedo di accoglienza da<br />
parte del padre alla nascita, dovrebbe essere ricalcato sul modello del congedo di<br />
accoglienza della madre, che è compreso nel congedo di maternità. Dovrebbe rispondere alle<br />
stesse condizioni ed essere sottoposto alle stesse modalità. Se il congedo di accoglienza della<br />
madre è obbligatorio, anche il congedo di accoglienza del padre dovrebbe esserlo.<br />
- Revisione della direttiva 92/85/CEE relativa alla sicurezza ed alla protezione delle<br />
lavoratrici incinte e delle lavoratrici dopo il parto o che allattano<br />
L’applicazione del principio di parità parentale vorrebbe che la durata dei congedi di accoglienza<br />
accordati al padre ed alla madre alla nascita del bambino sia identica. Per raggiungere tale<br />
obiettivo, è necessaria una revisione del congedo di maternità, in maniera tale da determinare il<br />
periodo per la protezione per la salute della madre e del bambino e quello riguardante<br />
l’accoglienza del neonato. La suddivisione del congedo tra queste due funzioni permetterebbe di<br />
configurare il congedo di paternità sul modello del congedo di accoglienza della madre.<br />
Tale azione permetterebbe inoltre:<br />
- Di rispondere in maniera più efficace al bisogno di protezione della salute della<br />
madre e del figlio, individuando i periodi di tempo indispensabili allo svolgimento ottimale<br />
di una gravidanza normale ed al recupero fisico della madre dopo un parto normale,<br />
restando inteso che tali periodi, una volta determinati, dovrebbero essere resi obbligatori in<br />
tutti gli Stati membri;<br />
- Di integrare il periodo del congedo di accoglienza alla nascita della madre nelle<br />
misure di riconciliazione della vita familiare e della vita professionale. Tale evoluzione<br />
del significato attribuito a questa parte del congedo di maternità autorizzerebbe a conferirgli<br />
una certa flessibilità di utilizzo. Offrirebbe alle donne che lo desiderano l’occasione di<br />
limitare al massimo il periodo di astensione completa dal lavoro in seguito ad una<br />
maternità, di cui si conoscono gli effetti nefasti sulla loro impiegabilità, soprattutto in caso di<br />
congedo di maternità di lunga durata. Questa suddivisione risponderebbe inoltre alle<br />
preoccupazioni delle donne che esercitano un’attività professionale non salariata, per le<br />
quali devono essere reperite soluzioni specifiche, per rispondere al loro bisogno di<br />
rimanere presenti nel lavoro, per preservare la propria attività economica o la sicurezza di<br />
esistenza della loro famiglia.<br />
L’eterogeneità delle situazioni osservate negli Stati membri, riguardante la durata, la ripartizione e<br />
le modalità di utilizzo del congedo di maternità, prima e dopo il parto, indica che la revisione della<br />
direttiva 92/85/CEE potrà essere messa in atto soltanto avendo precedentemente incaricato un<br />
gruppo multidisciplinare di esperti di determinare la durata del congedo che si rivelerebbe<br />
indispensabile alla protezione della madre e del bambino, prima e dopo il parto, sulla base di criteri<br />
scientifici stabiliti e debitamente verificati.<br />
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