19.01.2015 Views

1 Abstract La prima parte dell'articolo discute criticamente il concetto ...

1 Abstract La prima parte dell'articolo discute criticamente il concetto ...

1 Abstract La prima parte dell'articolo discute criticamente il concetto ...

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

intelligenza contribuisce a far scegliere attività semplici e ripetitive, a ut<strong>il</strong>izzare poco<br />

situazioni di problem-solving che sono invece quelle che stimolano di più<br />

l’esplorazione. Ancora meno frequente è l’idea di supportare con l’intervento le<br />

funzioni esecutive e memoria di lavoro, anche se la ricerca comincia a mostrare che<br />

trattando queste funzioni si hanno miglioramenti significativi negli apprendimenti (Van<br />

der Molen et al., 2010).<br />

Uno studio sull’efficacia di un intervento<br />

Il caso di D.<br />

Se partiamo dall’ipotesi che non esiste una disab<strong>il</strong>ità intellettiva ma che esistono<br />

complessi itinerari di sv<strong>il</strong>uppo cognitivo e socio- affettivo, in cui variab<strong>il</strong>i condizioni<br />

genetiche, neurobiologiche e socioculturali producono deficit in una vasta ma variab<strong>il</strong>e<br />

gamma di funzioni cognitive, capiamo che l’impresa diagnostica è più complessa di<br />

quella che si basa sulla determinazione del QI e del livello di funzionamento adattivo<br />

(su questo punto vedere anche Di Nuovo e Buono, 2010; Ruggerini et al., 2008;<br />

Vianello, 2004). L’impresa dovrebbe partire dal ricostruire <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e la storia<br />

evolutiva dell’individuo, proseguire con un’attenta valutazione delle funzioni cognitive<br />

centrali per l’apprendere (attenzione, integrazione visuo-motoria, linguaggio, funzioni<br />

esecutive, memoria di lavoro, memoria verbale e visuo-spaziale a lungo termine), e<br />

con l’esaminare le potenzialità di apprendimento e la modificab<strong>il</strong>ità emotivo-cognitiva.<br />

Quest’impresa dovrebbe anche permettere di individuare alcune priorità per<br />

l’intervento e determinare <strong>il</strong> grado di sostegno di cui l’individuo e la famiglia hanno<br />

bisogno.<br />

Quando D. viene valutato nel Servizio di consulenza per la prevenzione e l’intervento<br />

sui disturbi dell’apprendimento (attivato presso <strong>il</strong> Dipartimento di Psicologia dei<br />

Processi di Sv<strong>il</strong>uppo e Socializzazione della Sapienza, Università di Roma) frequenta la<br />

III media e ha 14 anni.<br />

I genitori ci consegnano una voluminosa cartella in cui hanno raccolto le diagnosi che<br />

diversi centri (da strutture di neuropsichiatria infant<strong>il</strong>e di Aziende sanitarie a centri<br />

specialistici ospedalieri universitari) hanno formulato su D. L’infanzia del ragazzo è<br />

stata caratterizzata da difficoltà motorie, scarso controllo dello sguardo, ritardo nella<br />

comunicazione e severo ritardo nel linguaggio. Nella <strong>prima</strong> valutazione a tre anni<br />

queste difficoltà si uniscono a un’inibizione della socialità e a un ritardo cognitivo. Lo<br />

sv<strong>il</strong>uppo atipico di D. non è riconducib<strong>il</strong>e ad alcuna sindrome genetica nota (esito<br />

negativo di tutte le analisi finora effettuate) né ad alcun tipo di lesione neurologica<br />

10

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!