Il 9 agosto 2006 Mat Slotboom, presidente della Koninklijke ... - angopi
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<strong>Il</strong> 9 <strong>agosto</strong> <strong>2006</strong> <strong>Mat</strong> <strong>Slotboom</strong>, <strong>presidente</strong> <strong>della</strong> <strong>Koninklijke</strong> Roeiers Vereeniging<br />
Eendracht – KRVE, multiforme azienda del porto di Rotterdam in cui opera anche<br />
quale impresa di ormeggio, scrisse una lettera diretta all’Angopi. Essa conteneva<br />
una proposta che l’impresa portuale olandese sottoponeva all’attenzione del<br />
<strong>presidente</strong> Cesare Guidi. Al collega italiano il dirigente olandese proponeva una<br />
forma di collaborazione di indubbio interesse per il prestigio di categoria, oltre<br />
che professionale. In estrema sintesi, agli ormeggiatori italiani si prospettava<br />
l’opportunità di affiancare i colleghi di Rotterdam in alcune missioni all’estero,<br />
riguardanti lavori nell’offshore petrolifero. Le pagine successive ripercorr0no la genesi<br />
e lo svikuppo dell’eccezionale intesa italo-olandese.
Obiettivo su Rotterdam
LA PROPOSTA DI COLLABORAZIONE TRA ORMEGGIATORI DI HRVE E ANGOPI<br />
Rotterdam, 9 <strong>agosto</strong> <strong>2006</strong><br />
Spett.le<br />
ANGOPI<br />
Presidente Cesare Guidi<br />
ROMA<br />
Caro Cesare,<br />
Oggetto:Lavoro offshore all’estero<br />
Lo scorso maggio abbiamo raggiunto un accordo con un armatore di Rotterdam<br />
“Fairmount Marine BV Rotterdam”, specializzato, per esempio, nel rimorchio<br />
oceanico e nel trasporto pesante-sollevamento. In particolare, per il trasporto<br />
pesante-sollevamento di piattaforme di trivellazione petrolifere, ha richiesto i<br />
nostri servizi sul ponte per garantire il corretto e sicuro posizionamento di quelle<br />
piattaforme. Abbiamo concluso un accordo iniziale che comprende 6 progetti a<br />
Saldanha Bay (Sud Africa), Singapore e Giappone.<br />
Al momento, abbiamo completato con successo alcuni dei progetti e, attualmente,<br />
sei uomini stanno lavorando in Sud Africa e uno a Singapore. Finora Fairmount è<br />
molto soddisfatto del nostro lavoro e siamo fermamente convinti che utilizzerà i<br />
servizi dei nostri uomini nel prossimo futuro. Svolgiamo inoltre molto lavoro offshore<br />
nel nostro porto e, a questo riguardo, incontreremo presto un ufficiale marittimo<br />
di Exxon Mobil cui è attualmente affidata una grande operazione di riparazione<br />
che riguarda una FPSO a Rotterdam. Anch’egli potrebbe essere interessato ad<br />
impiegare i nostri uomini in altri progetti nel mondo.<br />
Abbiamo deciso di partecipare ai progetti sopra menzionati per un motivo importante:<br />
siamo fermamente convinti che lavorare con progetti offshore nel mondo rappresenti<br />
una buona pubblicità per la nostra professione d’ormeggiatori. Come già sai,<br />
“offshore” è sempre sinonimo di sicurezza e personale ben addestrato. In questo<br />
modo, possiamo consolidare la nostra posizione in Europa.<br />
Alla luce di quanto sopra, vorremo sapere se sareste interessati, in caso di necessità,<br />
a collaborare in questa linea di lavoro. Non sappiamo se tale richiesta si concretizzerà,<br />
ma riteniamo che sia meglio conoscere la vostra disponibilità in anticipo in modo da<br />
riuscire a dare sempre una risposta positiva ai nostri futuri clienti.<br />
In altre parole: quando ci sarà la necessità di usare i servizi degli ormeggiatori in<br />
progetti futuri, vorremo cooperare con membri di A.N.G.O.P.I. per garantire che<br />
il lavoro sia effettuato in modo perfetto in tutto il mondo. Forse non verrà mai<br />
fuori nulla, ma, come noi diciamo sempre, “Se non provi mai, non ottieni nulla”.<br />
Rimango in attesa di una tua risposta.<br />
Cordiali saluti,<br />
<strong>Mat</strong> <strong>Slotboom</strong><br />
Presidente
L’ANGOPI CHIEDE ALLE AUTORITÀ L’AUTORIZZAZIONE A PROCEDERE<br />
Roma 12 ottobre <strong>2006</strong><br />
Spettabile<br />
Ministero dei Trasporti D.G. delle Infrastrutture <strong>della</strong> Navigazione Marittima<br />
ed Interna - DEM 3<br />
Via dell’Arte, 16 - 00144 - Roma<br />
Assoporti<br />
Corso Rinascimento, 24 - 00186 - Roma<br />
Comando Generale delle Capitanerie di Porto c/o Ministero dei Trasporti<br />
Via dell’Arte, 16 - 00144 - Roma<br />
Oggetto: ipotesi di attività off-shore all’estero ad opera di ormeggiatori italiani<br />
All’ANGOPI è stato richiesto dai colleghi di Rotterdam, di collaborare nell’ambito<br />
di attività offshore, volte al corretto posizionamento ed ormeggio di enormi piattaforme<br />
di perforazione dislocate al largo delle coste in varie parti del mondo.<br />
L’invito ricevuto dagli ormeggiatori di Rotterdam costituisce non soltanto motivo<br />
di soddisfazione per la riconosciuta professionalità degli ormeggiatori italiani, <strong>della</strong><br />
quale ci viene dato atto da parte di amici e colleghi operanti in uno dei principali<br />
porti del mondo, ma rappresenta anche un segno tangibile <strong>della</strong> fecondità dei<br />
rapporti e dei contatti che da anni sviluppiamo a livello europeo e internazionale,<br />
principalmente nell’ottica di far conoscere la nostra professione nel mondo e incrementarne<br />
le qualifiche e la professionalità. Del resto, ciò è dimostrato dalla recente<br />
costituzione dell’IBLA, associazione internazionale degli ormeggiatori.<br />
L’ANGOPI - che condivide la valutazione positiva che a questa opportunità viene<br />
data dagli ormeggiatori di Rotterdam - sarebbe molto favorevole ad accettare questa<br />
offerta, proprio per l’importante contributo che una collaborazione con colleghi<br />
molto preparati può dare al fine di ulteriormente qualificare l’esperienza professionale<br />
<strong>della</strong> nostra categoria ed in prospettiva - tenuto conto <strong>della</strong> posizione<br />
dell’Italia nel Mediterraneo, che è ritornato ad essere una delle più importanti e<br />
congestionate vie marittime del mondo - considera questa una positiva opportunità<br />
in quanto il know how che si acquista nell’operare per l’istallazione<br />
e posizionamento di particolari e complesse strutture a mare aperto, oltre<br />
a farci diventare un elemento di supporto e di aiuto allo stesso traffico<br />
marittimo, ci dà la possibilità di disporre di personale dotato delle caratteristiche<br />
tecnico-operative che questa esperienza può trasmettere.<br />
In tal senso, l’ANGOPI ha già riscontrato positivamente la richiesta
icevuta, considerandola molto importante anche ai fini <strong>della</strong> formazione professionale<br />
e del suo aggiornamento. Infatti, le acquisite professionalità di cui potranno<br />
giovarsi gli ormeggiatori coinvolti nell’iniziativa di cui all’oggetto, avranno<br />
ricadute positive sulle professionalità dei singoli Gruppi ai quali essi appartengono<br />
e più in generale nei confronti di tutta la categoria a favore <strong>della</strong> quale i soggetti<br />
interessati, direttamente o tramite i Gruppi di appartenenza, dovranno far sì che<br />
venga condiviso il risultato delle esperienze da essi vissute.<br />
Inoltre, giova segnalare che l’ANGOPI ha fatto doverosamente presente che l’adesione<br />
alla stessa avrebbe potuto avere luogo soltanto con il nulla osta delle Autorità<br />
in indirizzo, alla cui vigilanza e controllo gli ormeggiatori italiani sono sottoposti.<br />
Posto che, sulla base delle informazioni trasmesseci, l’impegno degli ormeggiatori<br />
italiani richiesti appare comunque limitato, nel numero e nel tempo (e lo sarebbe<br />
comunque per scelta dell’ANGOPI e dei Gruppi), l’inquadramento giuridico<br />
- operativo che l’ANGOPI avrebbe ipotizzato per l’iniziativa di cui trattasi può<br />
essere così riassunto:<br />
a) l’ANGOPI potrebbe stipulare coi colleghi ormeggiatori di Rotterdam un<br />
protocollo quadro nel quale, richiamandosi ai comuni obiettivi dell’accrescimento<br />
delle professionalità dell’ormeggiatore, dello sviluppo di relazioni internazionali<br />
con colleghi, <strong>della</strong> finalità di far conoscere l’attività dell’ormeggiatore nel mondo<br />
(si ricorda che i servizi di cui trattasi verranno svolti in varie parti del globo), l’AN-<br />
GOPI - quale mandataria dei Gruppi volta a volta interessati - si impegnerebbe ad<br />
individuare, coi Gruppi stessi, gli ormeggiatori italiani che andrebbero a collaborare<br />
coi colleghi stranieri nelle singole operazioni off-shore;<br />
b) gli ormeggiatori interessati - provenienti da diversi Gruppi, ciò che tra<br />
l’altro consentirebbe anche lo sviluppo di conoscenze e collaborazione su singole<br />
operazioni tra ormeggiatori operanti in diversi porti italiani - sarebbero individuati<br />
volta a volta in funzione delle loro professionalità, qualificazione e livello di conoscenza<br />
<strong>della</strong> lingua inglese. I criteri adottati saranno comunque idonei a non determinare<br />
alcun pregiudizio sui servizi di ormeggio nei porti italiani, sulla turnistica<br />
e sulla copertura del servizio, previo nulla osta da parte <strong>della</strong> locale Capitaneria di<br />
Porto.<br />
Tenuto conto che di norma tali operazioni durano non più di una settimana, all’uopo,<br />
si può ipotizzare una diversa allocazione temporanea <strong>della</strong> disponibilità interna<br />
al singolo gruppo, non dissimile da quella che, in caso di infortuni e malattie, comunque<br />
i Gruppi normalmente organizzano;<br />
c) all’interno dei singoli Gruppi abbiamo già ottenuto precisa garanzia che<br />
l’aggravio di cui dovranno darsi carico i vari componenti dei Gruppi interessati,<br />
per dare la possibilità a coloro che ne hanno le prerogative, di partecipare a queste<br />
iniziative, avverrà senza oneri aggiuntivi e in coerenza con gli standard professionali<br />
richiesti. Pertanto, l’aggiornamento professionale, di cui alla ipotesi in oggetto,<br />
non avrà alcun effetto negativo sulle condizioni economiche - finanziarie e<br />
funzionali relative all’erogazione dei servizi da parte dei vari Gruppi.<br />
Posto quanto sopra, l’ANGOPI chiede quindi alle Autorità in indirizzo di far conoscere<br />
il loro parere rispetto all’iniziativa qui tratteggiata e, in caso positivo,<br />
di poter essere autorizzata a proseguire nel progetto secondo le indicazioni di<br />
massima sopra riportate. Resta fermo naturalmente l’impegno dell’ANGOPI<br />
- se e quando la predetta iniziativa dovesse concretizzarsi - di seguirne attentamente<br />
gli sviluppi e di relazionare codeste Autorità sulle attività di cui<br />
trattasi.<br />
Con osservanza<br />
<strong>Il</strong> Presidente Cesare Guidi
E infine<br />
fu<br />
accordo<br />
Accordo realizzato il 23 marzo<br />
2007 da e tra<br />
<strong>Koninklijke</strong> Roeiers Vereeniging<br />
Eendracht (KRVE)<br />
società progettata ed operante<br />
al sensi <strong>della</strong> legge dei Paesi<br />
Bassi, con sede in Heijplaatweg<br />
7, 3089 JC Rotterdam, e rappresentata<br />
da <strong>Mat</strong> <strong>Slotboom</strong>, nel suo<br />
ruolo di legale rappresentante <strong>della</strong>.<br />
società, da una parte<br />
e<br />
Associazione Nazionale Gruppi Ormeggiatori<br />
Porti Italiani (ANGOPI)<br />
associazione tra le entità che offrono<br />
i servizi di ormeggio e battellaggio nei<br />
Porti italiani (‘Gruppi Ormeggiatori’), progettata<br />
ed operante ai sensi <strong>della</strong> legge<br />
italiana, con sede in via Ancona 37, 00198<br />
Roma, e rappresentata da Cesare Guidi,<br />
nel suo ruolo di Presidente dell’Associazione,<br />
che agisce in rappresentanza e a beneficio<br />
dell’interesse dei Gruppi Ormeggiatori<br />
dall’altra parte.<br />
Premesso che<br />
a. la KRVE sta svolgendo, già da un po’<br />
di tempo, delle complesse attività di<br />
off-shore (imbarco e sbarco di piattaforme<br />
petrolifere ed altri servizi) in diverse<br />
parti dell’oceano e l’utenza le<br />
ha chiesto di proseguire e rafforzare<br />
lo svolgimento dei suddetti servizi (più<br />
avanti, “Attività di Off-Shore”); a questo<br />
proposito, la KRVE ha invitato i colleghi<br />
italiani ad unirsi a questa iniziativa<br />
presentandola all’Angopi;
. la KRVE e l’Angopi credono che le attività di Off-Shore possano favorire la cooperazione<br />
a livello internazionale tra gli ormeggiatori ed incoraggiare il miglioramento dei loro<br />
skills professionali.<br />
c. l’Angopi - i cui limiti di statuto le impediscono di impegnarsi in attività di Off-Shore - ha<br />
avviato diversi accordi con i Gruppi Ormeggiatori interessati, ed è autorizzata a rappresentarli<br />
e ad agire nei loro interessi per quanto riguarda i diritti ed i doveri da qui derivati,<br />
stabilito che l’Angopi coordinerà il rapporto tra la KRVE ed i Gruppi Ormeggiatori, così<br />
che la KRVE non si dovrà preoccupare delle molteplice relazioni con essi.<br />
Ora, perciò, le parti in causa sono d’accordo come segue:<br />
1. L’Angopi si occuperà di far sì che gli ormeggiatori appartenenti ai Gruppi frequentino il training<br />
organizzato dalla KRVE allo scopo di una corretta attuazione delle attività di Off-Shore.<br />
2. La KRVE segnalerà all’Angopi i requisiti rilevanti per i teams di ormeggiatori italiani qualificati<br />
e ferrati, appartenenti ai Gruppi interessati, per affiancare i loro uomini nello svolgimento<br />
di attività di Off-Shore in qualsiasi sede la KRVE richieda di operare. Le Parti programmeranno<br />
puntualmente il numero ed il periodo di ciascuna specifica campagna, in modo da permettere<br />
all’Angopi ed ai Gruppi Ormeggiatori di attenersi alle richieste fatte dalla KRVE senza infrangere<br />
i rilevanti obblighi di servizio pubblico applicabili, ai Gruppi interessati, dalla legge italiana.<br />
3. La KRVE fornirà istruzioni e suggerimenti rilevanti per ciascuna campagna (per esempio,<br />
riguardo i visti, la prevenzione medica mediante vaccinazioni, etc.), e dirigerà ed organizzerà le<br />
attività di Off-Shore svolte in ciascuna campagna<br />
4. Gli ormeggiatori italiani che lavoreranno a ciascuna delle suddette campagne seguiranno le<br />
direttive e le richieste organizzative <strong>della</strong> KRVE. D’altra parte, la KRVE presuppone che le attività<br />
di Off-Shore siano portate avanti secondo requisiti legali obbligatori (in un modo che consiste<br />
in requisiti legali obbligatori), riguardanti in particolare, ma non solo, la sicurezza sul lavoro.<br />
5. La KRVE rivolgerà agli ormeggiatori inviati dai Gruppi interessati lo stesso trattamento applicato<br />
ai loro uomini. <strong>Il</strong> suddetto vale anche per la remunerazione delle attività di Off-Shore svolte<br />
dagli ormeggiatori italiani. A questo proposito, le Parti convengono che le fatture siano spedite<br />
direttamente dai Gruppi Ormeggiatori alla KRVE, questione da approvare prima dall’Angopi,<br />
con la quale la KRVE discuterà e si accorderà sulla materia in questione.<br />
6. Per tutto quello non previsto, la KRVE e l’Angopi, animate da reciproco spirito di lealtà, risolveranno<br />
i problemi che potrebbero presentarsi, con il comune obbiettivo di potenziare il rapporto<br />
professionale e personale attraverso questa cooperazione.<br />
Per la <strong>Koninklijke</strong> Roeiers Vereeniging Eendracht<br />
(<strong>Mat</strong> <strong>Slotboom</strong>)<br />
Per l‘ ANGOPI (come rappresentante dei Gruppi Ormeggiatori<br />
)<br />
(Cesare Guidi)
ROTTERDAM<br />
23 MARZO 2007<br />
SIGLATA<br />
LA CONVENZIONE<br />
STIPULATA<br />
TRA KRVE<br />
E ANGOPI<br />
Nelle foto: Cesare Guidi e <strong>Mat</strong><br />
Slootbom nell’atto <strong>della</strong> firma<br />
In basso: a caccia di segreti celati<br />
nella flotta portuale olandese.<br />
di<br />
Enrico Gurioli<br />
<strong>Mat</strong> Slootbom, <strong>presidente</strong> degli ormeggiatori del<br />
porto di Rotterdam, ha il viso di un marinaio<br />
del Mare del Nord e pare uscito da un quadro<br />
di Rembrandt. Cesare Guidi, <strong>presidente</strong> degli ormeggiatori<br />
italiani, sembra avere il volto scavato dagli stenti<br />
di valle, visibile negli antichi uomini nati a Comacchio<br />
e vissuti da sempre in acqua e in mare per sfamare se<br />
stessi e le famiglie.<br />
Entrambi, i presidenti, sono figli di quei lembi di terra<br />
strappati alle onde del mare e ai fiumi, dove lo sguardo si<br />
perde lontano fra gli orizzonti sfumati. Entrambi hanno<br />
quella nobiltà generata dalle acque salmastre; lo stesso<br />
sentire comune. Cesare Guidi coglie questa affinità fra lui<br />
e <strong>Mat</strong> Slootbom nel brindisi di augurio a conclusione
<strong>della</strong> serata di gala che si è svolta all’interno del vecchio<br />
mulino a due passi dall’Aja.<br />
Giuro che avevo colto anch’io la loro affinità “culturale”<br />
legata al territorio palustre delle loro origini, e<br />
non all’antico mestiere di ormeggiatore. Pensavo di<br />
argomentarla e approfondirla con gli uomini di scoglio<br />
del Tirreno presenti a Rotterdam; ma la speculazione<br />
sarebbe stata molto debole nel cercare di convincerli<br />
a sostenere la qualità di un accordo di cooperazione<br />
fra gente di mare, stipulato per ormeggiare, assieme, le<br />
piattaforme offshore in pieno Oceano. Ci ha pensato<br />
Lino Capozzi, livornese nato a Portici a spiegarmi il<br />
valore di un incontro che lui stesso definisce “di due<br />
civiltà che si incontrano, provenienti da culture apparentemente<br />
lontane”. Sta in questa semplice affermazione la<br />
ragione di un incontro tenutosi al Porto di Rotterdam<br />
fra una delegazione italiana e una delegazione olandese,<br />
deciso per sigillare un accordo di cooperazione offshore<br />
fra gente di mare.<br />
Chiedo a Cesare “ma dove sta l’importanza commerciale<br />
dell’accordo?” e Cesare mi liquida con un sorriso. Non<br />
c’entra quasi nulla l’aspetto commerciale nell’intesa<br />
siglata il 23 marzo 2007 a bordo del catamarano di<br />
rappresentanza dell’Autorità Portuale di Rotterdam ma<br />
“è un grande riconoscimento <strong>della</strong> capacità professionale<br />
degli ormeggiatori italiani da parte sia dei colleghi olandesi<br />
che delle compagnie petrolifere multinazionali, le quali<br />
affidano a noi la messa a mare delle loro piattaforme”dice<br />
Marco Mandirola, Presidente dell’European Boatmen’s<br />
Association che siede accanto a me nel ristorantino ricavato<br />
a piano terra del mulino ribattezzato De Nieuwe<br />
Veenmolen. <strong>Il</strong> nuovo mulino a vento.<br />
La giornata era cominciata ufficialmente verso le 10 nel<br />
porto di Rotterdam, accolti da <strong>Mat</strong> Slootbom e da Erik<br />
De Neef, fidato tesoriere degli ormeggiatori locali. “Alla<br />
fine del periodo di prova dei nostri, Erik mi ha comunicato<br />
che era fatta quando ha confermato che la missione affidata<br />
a 10 uomini per collocare una piattaforma al largo del Dubai<br />
sarebbe partita con i nostri Paolo Oneto del Gruppo di<br />
Genova e Davide Spinelli del Gruppo di Napoli”, dice con<br />
orgoglio Cesare e lo dichiara apertamente nel discorso<br />
di saluto rivolto alle autorità olandesi citando il testo<br />
di un messaggino ricevuto sul telefonico, in un italiano<br />
buffissimo, che diceva “ Coloberation KRVE ANGOPI<br />
enorme successo. Off shore Dubai anche succedere. Ciao<br />
Erik.”.<br />
Parlano un pò tutti prima <strong>della</strong> firma e <strong>della</strong> accensione<br />
dei motori del Catamarano, che molla l’ormeggio dopo<br />
aver ricevuto la visita <strong>della</strong> Vicesindaco <strong>della</strong> Citta la<br />
quale, nella sua breve allocuzione, dice apertamente:<br />
“Siamo abituati alla concretezza e le parole ci servono solo<br />
per spiegare ciò che abbiamo fatto e non quello che vorremmo<br />
Conclusa la cerimonia <strong>della</strong> firma <strong>della</strong> convenzione <strong>Mat</strong><br />
Slootbom, Cesare Guidi, Luciano Dassatti e Cosimo Caliendo<br />
(da ds. verso sin.) posano in piacevole compagnia
Cena di gala<br />
in un locale<br />
ricavato da un vecchio<br />
mulino a vento<br />
per concludere<br />
la giornata<br />
in sintonia<br />
con l’importanza<br />
dell’avvenimento<br />
fare. E l’accordo è un fatto concreto!”. Come è lontana<br />
dalla cultura <strong>della</strong> politica italiana questa gente del<br />
Mare del Nord!<br />
Si parte e si consuma un buffet in navigazione fra le<br />
banchine del porto. Lo spettacolo è immenso; inimmaginabile.<br />
Stiamo navigando all’interno del più grande<br />
porto d’Europa fra petroliere, navi e gru, 150 chilometri<br />
di banchine e rimorchiatori, chiatte fluviali e golette,<br />
portacontainers e containers. Stefano Tricoli, capogruppo<br />
di Ancona riprende tutto, smarrito, con una piccola<br />
videocamera. Gli altri già conoscono l’importanza del<br />
porto olandese o fingono di conoscerla. Jaap Lems,<br />
Comandante del porto di Rotterdama spiega all’Ammiraglio<br />
Dassatti, Comandante Generale delle Capitanerie<br />
di Porto dell’Italia, come si controlla il traffico delle navi<br />
e delle merci in questo enorme bacino generato da una<br />
diga (dam) su un piccolo fiume, il Rotte, che si unisce al<br />
Nieuwe Maas nel cuore <strong>della</strong> città.<br />
<strong>Il</strong> mare è distante poco più di 40 chilometri e le navi<br />
sono attorno a noi. “Ci unisce un linguaggio comune -<br />
esordisce l’Ammiraglio Dassatti rivolto al piccolo gruppo<br />
di ormeggiatori italiani - e la vostra esperienza di lavoro<br />
ha dimostrato quanto il linguaggio del mare unisca gli uomini<br />
del porto e abbatta le frontiere.” Lino Capozzi sa di avere<br />
dimostrato ai suo colleghi olandesi quanto di meglio<br />
esprime la cultura marinaresca del Mediterraneo e tiene<br />
banco. Antonio Palumbo, suo capogruppo a Livorno lo<br />
cova compiaciuto.<br />
La città di Rotterdam con le sue avveniristiche costruzioni<br />
fa da sfondo alla lenta navigazione del nostro<br />
catamarano che attracca al pontile <strong>della</strong> suggestiva<br />
sede dell’Holland: Amerika Lijn chiusa definitivamente<br />
nel 1977. Adesso nello stabile di mattoni sormontatto<br />
da quattro torrette ottagonali ingentilite da motivi<br />
Jugendstil c’è un hotel e una banderuola segnavento<br />
che riporta, su un quadrante di orologio, la sua posizione<br />
rispetto al Nord. E’ il luogo <strong>della</strong> memoria storica del<br />
porto dove si sono imbarcati centinaia di migliaia di<br />
emigranti europei, con i loro miseri bagagli, per cercare<br />
attraverso l’Atlantico, la fortuna nella nuova terra d’oltre<br />
mare. Jaap Lems, questo cordiale e rubizzo olandese<br />
uscito, pure lui, dal pennello di un pittore fiammingo mi<br />
dice che l’ultima nave per gli Stati Uniti è partita nel<br />
1971; quando sono cominciati i miei sogni.<br />
Gli architetti e gli urbanisti olandesi, degli anni settanta<br />
hanno pensato bene di affogare questo palazzo del primo<br />
novecento fra due imponenti grattacieli. Si sbarca e si<br />
sale al diciassettesimo piano di uno di questi, nella sala<br />
controllo del movimento delle navi in porto, e si entra<br />
fra computer e grandi schermi. Stavolta gli olandesi non<br />
riescono a stupirci come sul catamarano: anche se l’Ambasciatore<br />
Italiano all’Aja, Gaetano Cortese, ascolta,<br />
curioso e con grande diplomazia le spiegazioni che da il<br />
nostro ospite. “Se vuole vedere qualcosa di veramente avveniristico<br />
deve venire nella nostra Sala di controllo a Roma”<br />
mi dice con orgoglio il Capitano di Fregata Francesco<br />
Tomas, Aiutante di Bandiera dell’Ammiraglio Das-
satti. E vai! Uno pari! Antonino De Bernardo capogruppo<br />
di Napoli e Giuseppe Riera, siciliano di Augusta<br />
hanno stampato in faccia il disincanto degli uomini del<br />
Sud del Mediterraneo e sembrano estranei alla sana<br />
“competizione in atto” nel cuore marittimo dell’Olanda.<br />
Ebbene lo ammetto: io sto con loro; con la loro storia,<br />
anzi con l’antica storia dei barcaioli di Genova e lo<br />
confermo ad Alessandro Serra, capogruppo e quinta<br />
essenza del loro sapere.<br />
<strong>Il</strong> molo dove sta la sala di controllo si chiama Wilhelmina<br />
Pier, si insinua nell’acqua del fiume Mosa che scorre<br />
dall’Europa e scivola verso il Mare del Nord. Dai vetri si<br />
intravede una città nuova che convive tra vecchi silos di<br />
mattoni, ponti girevoli e palazzi coloniali che si affacciano<br />
sulla strada con grandi portoni sormontati da scritte<br />
che rimandano a traversate oceaniche di veloci clipper:<br />
India, Java, Sumatra, Celebes, Las Palmas e Amerika.<br />
Qualche vecchio brigantino a palo sopravvive ancora<br />
fra le banchine assieme i mulini a vento. Testimoni dei<br />
sogni di un tempo.<br />
È sera nel vecchio mulino trasformato in un ristorante,<br />
Cesare mi intima di sedere al tavolo principale. Siamo<br />
ospiti <strong>della</strong> esclusiva Fondazione di cui fanno parte<br />
<strong>Mat</strong> e Jeep. Si può entrare solo su invito dei soci. È<br />
un onore. “Fammi stare con i miei uomini” dice Cesare<br />
a <strong>Mat</strong>, e sale al piano di sopra, sul ballatoio, tra i suoi<br />
ormeggiatori e barcaioli. Sotto, nella sala al piano terra,<br />
siamo tutti un pò ingessati, ma il dialogo scorre tra le<br />
frasi di circostanza uscite di bocca in quel “portolotto”<br />
europeo fatto di strani fonemi.<br />
L’Ambasciatore parla, e tiene vivo il convivio in un<br />
perfetto inglese “studiato in Italia”, dice Terence,<br />
l’interprete americano che vive a Savona; ha il padre<br />
olandese. La moglie dell’Ambasciatore è Svedese e<br />
parla italiano con accento del Baltico rivolta a Dassatti<br />
che siede al suo fianco e con Jeep Lems, che sta alla<br />
sinistra, in quella lingua inglese imparata, sempre sul<br />
Baltico. <strong>Mat</strong> e Erik parlano in inglese di Olanda con<br />
Francesco Munari che risponde con l’inglese di Genova;<br />
è lui l’ordinario di diritto dell’Unione Europea che ha<br />
stilato l’accordo firmato, al mattino, da <strong>Mat</strong> e Cesare<br />
sul catamarano.<br />
Devo ammetterlo, per un pò mi sento europeo e blatero<br />
con Jeep Lems sulla sinusite che ci accomuna. Per<br />
questo mal comune mi autorizza a chiamarlo Jeep e ne<br />
approfitto: mi sento già entrato nello staff del porto<br />
di Rotterdam, anche se qua cerco di estraniarmi per<br />
osservare meglio “il paesaggio” raccontarlo senza farne<br />
parte. Lo dico alla Signora Dassatti che mi vede un pò<br />
assente: so che è una fiera livornese e banalmente le<br />
chiedo dell’antica rivalità con Pisa. Non mi risponde e<br />
sorride mentre lo chef olandese descrive e spiega le “mise<br />
en place” in non so quale idioma italiano.<br />
Sento che Cosimo Caliendo, Direttore Generale del<br />
Ministero dei Trasporti, mandato dal Ministro a benedire<br />
l’accordo fra gli ormeggiatori, parla, in italiano, con<br />
l’Ambasciatore sulla capacità di rappresentare l’Italia<br />
nei porti del mondo che ha l’Amerigo Vespucci, la Nave<br />
Scuola <strong>della</strong> Marina Militare Italiana. Taccio. Ho dedicato<br />
un libro al Vespucci. Poi a meta serata, irrompono,<br />
dal ballatoio, le allegre risate <strong>della</strong> “filibusta” di Cesare.<br />
<strong>Mat</strong> alza gli occhi al cielo: forse vorrebbe esserci pure<br />
lui. “Sei uno dei nostri” dice Cesare durante il rituale<br />
scambio dei doni e rimarca le loro affinità ambientali<br />
e culturali.<br />
Siamo in Europa e fra due giorni a Bruxelles si celebra<br />
il cinquantenario del Trattato di Roma che ha sancito,<br />
tra l’altro, la fine di una millenaria guerra fra le genti di<br />
queste lande europee. Attorno a questo tavolo imbandito<br />
nel vecchio mulino che serve a pompare l’acqua<br />
al di qua <strong>della</strong> diga che separa la terraferma dal mare,<br />
la storia sembra ripetersi con gli Olandesi che cercano<br />
dagli Italiani un’esperienza fatta nei porti esposti ai<br />
mutevoli venti del Mediterraneo, e gli ormeggiatori<br />
italiani che stanno cercando, attraverso gli Olandesi,<br />
di arrivare alle infinite distese dell’Oceano.<br />
<strong>Mat</strong> dichiara apertamente di sentirsi parte di un lavoro<br />
comune e di un gruppo latino che ama il piacere<br />
di stare assieme, <strong>della</strong> tavola, del buon vino e <strong>della</strong><br />
grappa, liquore pressoché introvabile in Olanda. Poi<br />
estrae a sorpresa una confezione di un liquore ma dice<br />
con qualche imbarazzo, nel suo inglese d’Olanda, che<br />
è stato prodotto a zerozerotwenti. Terence traduce e<br />
tradisce <strong>Mat</strong> asserendo che il liquore è stato prodotto<br />
a meno venti gradi.<br />
Marco Mandirola lo contraddice e spiega, sottovoce, a<br />
me e Eugenio Duca, che sta al tavolo in rappresentanza<br />
il Parlamento Italiano, che <strong>Mat</strong> ha inteso, con zerozerotwenti,<br />
evitare la nomina dell’odiata Amsterdam<br />
usando al posto del toponimo il suo codice di avviamento<br />
postale. <strong>Il</strong> liquore, che assomiglia alla grappa, è<br />
stato prodotto ad Amsterdam, dice Mandirola; ma la<br />
Venezia d’Olanda non va mai chiamata per nome da<br />
queste parti. Qua si mormora che “Nel porto di Rotterdam<br />
si produce il denaro che si spende ad Amsterdam”.<br />
Per gli abitanti di Amsterdama la città di Rotterdam<br />
è zerozeroten. Antiche rivalità di campanile come la<br />
vecchia ruggine fra Pisa la Livorno. Genova e Venezia.<br />
Siamo proprio tutti uguali noi europei, e non so se usare<br />
il punto interrogativo o esclamativo per chiudere la mia<br />
lapidaria affermazione.<br />
Alla fine <strong>della</strong> serata, <strong>Mat</strong> con un coupe du theatre<br />
regala a Cesare un paio di zoccoli in legno e le sue scarpe,<br />
italiane, misteriosamente scompaiono. Francesca<br />
Ariodante, inappuntabile segretaria del gruppo, sorride<br />
complice di <strong>Mat</strong>, mentre Cesare si allontana dal vecchio<br />
mulino camminando sugli zoccoli olandesi in compagnia<br />
<strong>della</strong> moglie Paola e dei suoi fidati ormeggiatori. Attraversa<br />
la strada nella notte, per agguantare un pullman<br />
che li riporterà all’ormeggio. Nel mondo.
È<br />
proprio di questi giorni la meraviglia, lo stupore,<br />
la magnificenza delle foto che ci arrivano<br />
dal più affascinante dei pianeti del sistema solare.<br />
È infatti dedicata agli astronomi Gian Domenico<br />
Cassini e Christiaan Huygens, la missione spaziale<br />
che sta esplorando il sistema di Saturno, testimonianza<br />
e conferma <strong>della</strong> lenta ma inesorabile ‘conquista’<br />
di mondi lontani che un giorno saranno nostri.<br />
Proprio partendo da questo straordinario avvenimento<br />
che recepisce uno splendido connubio italoolandese,<br />
voglio dire che, con grande soddisfazione,<br />
abbiamo sottoscritto questo accordo con i Roeiers di<br />
Rotterdam per almeno tre ragioni.<br />
La prima è l’assoluta fiducia che nutriamo verso<br />
<br />
questa organizzazione olandese nello svolgere, per<br />
noi, un’inedita attività operativa.<br />
La seconda è la volontà reciproca sulla base di<br />
<br />
una esperienza comune di mettere a contatto due<br />
realtà professionali uniformi nelle finalità, ma per<br />
alcuni aspetti difformi nelle modalità in cui si manifestano<br />
per giungere ad una più alta professionalità<br />
comune.<br />
La terza è che riteniamo questo un nucleo ini-<br />
di una forma di intervento che può investire<br />
ziale<br />
la nostra categoria nelle diverse nazioni europee che<br />
appartengono all’Eba sempre tutte improntate all’esigenza<br />
di ulteriori nuove professionalità.<br />
Quello che ci unisce agli amici olandesi non sono<br />
forme giuridiche o modelli di mercato nel quale prestiamo<br />
il servizio di ormeggio: su questo, siamo diversi.<br />
Siamo invece uguali, e vicini, negli elementi<br />
per noi fondamentali del servizio, come ad esempio<br />
la continuità e l’universalità, il costante adeguamento<br />
delle professionalità, sia dei singoli ormeggiatori,<br />
sia dell’impresa nella quale gli ormeggiatori stessi<br />
operano rispetto alle innovazioni tecnologiche delle<br />
navi e delle attrezzature necessarie per l’espletamento<br />
del servizio. E questo, ancora una volta, al fine di
ispondere pienamente alle esigenze del1’economicità<br />
e dell’efficienza del servizio da noi reso agli utenti.<br />
Ringraziamo i nostri amici di Rotterdam per averci<br />
dato questa opportunità e approfittiamo di questa occasione<br />
per ribadire alcuni concetti importanti: noi siamo<br />
pronti e siamo desiderosi di svolgere il nostro compito<br />
anche di fronte alle nuove tecnologie, al fine di<br />
contribuire al soddisfacimento di una nuova domanda<br />
del servizio che siamo in grado di prestare.<br />
Questa domanda non riguarda più soltanto i servizi<br />
resi tradizionalmente dalla nostra categoria, ma attiene<br />
all’esplorazione del mare e dei fondali marini<br />
alla ricerca di nuove risorse, riguarda l’introduzione<br />
nei mari di un sistema di rete di comunicazione<br />
e rilevamento, serve alla costruzione e al posizionamento<br />
di piattaforme galleggianti per la ricerca<br />
scientifica e per la climatologia.<br />
Queste sfide, e questi bisogni, si possono realizzare a<br />
due condizioni:<br />
• la prima dipende da noi ormeggiatori, ed è quella<br />
di convincersi che la nostra attività, seppur legata<br />
ad un segmento particolare del raccordo nave-approdo,<br />
è parte integrante di un mondo più ampio:<br />
esso è il trasporto, elemento vitale nell’economia<br />
globale, ma sono anche i servizi collegati alla ricerca,<br />
economica e scientifica, che usa il mare e che<br />
chiede a uomini di mare come gli ormeggiatori un<br />
aiuto in termini di professionalità ed esperienza.<br />
La voglia di nuove professionalità nasce non solo dall’apprezzamento<br />
del proprio lavoro, ma anche dalla<br />
convinzione che la nostra attività può contribuire<br />
a realizzare obiettivi di grande interesse generale. E<br />
quindi non nasce solo dal desiderio di ricercare opportunità<br />
di guadagno, ma soprattutto di dare un<br />
significato profondo al lavoro che svolgiamo .<br />
• La seconda condizione non dipende da noi,<br />
ed è piuttosto legata al nostro stretto rapporto<br />
con le istituzioni e l’amministrazione marittima: le<br />
singole imprese di ormeggiatori nei porti italiani,<br />
lasciate a loro stesse o alle cosiddette dinamiche<br />
del mercato, avrebbero potuto rimanere micro-imprese,<br />
impegnate in guerre di prezzi, incapaci o impossibilitate<br />
a programmare il loro sviluppo, perché<br />
troppo deboli di fronte alla forza contrattuale degli<br />
utenti del porto. Così, per fortuna, non è stato:<br />
l’amministrazione c’è stata vicina, e ci ha permesso<br />
di crescere, di rafforzarci, di poter disporre di una<br />
‘riserva’ di professionalità e di una regia unitaria<br />
a livello nazionale in cambio del nostro impegno<br />
alla prestazione di un servizio come servizio pubblico.<br />
E tutto questo in condizioni di efficienza e di<br />
economicità, nell’interesse degli utenti e di tutti gli<br />
stakeholders dei porti. Da entità locali, composte<br />
di pochi addetti, legate alla specifica realtà di un<br />
singolo porto, in pochi anni abbiamo trasformato la<br />
nostra categoria in un attore che, nel suo piccolo, è<br />
in grado di stare in Europa, e di andare nel mondo<br />
insieme ai nostri colleghi ed amici olandesi.<br />
Nelle foto di pag. 131 e qui sopra, immagini artistiche <strong>della</strong> Nasa: illustrano l’approccio a Saturno dello spacecraft<br />
intitolato a Cassini (la sonda) e a Huygens (il modulo), lanciato nel 1997 e da luglio 2004 in orbita attorno al pianeta<br />
degli anelli. A pag. 132 gli anelli di Saturno ‘visti’ ai raggi X con le variazioni di colore che indicano formazioni<br />
esterne di ghiaccio.
È una bellissima soddisfazione, ma è anche il frutto<br />
di una visione lungimirante e saggia di coloro che,<br />
come amministrazione, hanno posto le regole e le<br />
basi perché questo potesse accadere. Noi abbiamo<br />
saputo approfittare di queste condizioni, ma da soli<br />
non gliel’avremmo mai fatta.<br />
In questa occasione è quindi doveroso, ma anche<br />
gradito, un ringraziamento al Parlamento italiano<br />
alle Autorità dalle quali dipendiamo e con le quali<br />
collaboriamo: un ringraziamento in generale per<br />
quello che hanno sempre fatto, e in particolare per<br />
aver sostenuto e apprezzato sin da subito l’importante<br />
iniziativa che oggi festeggiamo. Non fateci<br />
mancare il vostro sostegno: è grazie a voi che siamo<br />
qui, e sarà anche un vostro merito se, continuando<br />
in questo rapporto di reciproco interesse, saremo in<br />
grado di continuare a cogliere le sfide che ci verranno<br />
offerte.<br />
Voglio concludere citando Lino Capozzi, coordinatore<br />
<strong>della</strong> squadra italiana avviata a Rotterdam<br />
per una settimana di addestramento, che nella sua<br />
relazione afferma: “L’accoglienza è stata tiepida, in diverse occasioni<br />
abbiamo riscontrato diffidenza. Dopo la prima mattina di lavoro,<br />
il clima però era già cambiato, si percepiva che apprezzavano le nostre<br />
capacità. Abbiamo preso confidenza con le barche che manovravamo<br />
noi stessi, da soli, mentre loro erano impegnati altrove. Quindi grande<br />
soddisfazione da parte loro”. E voglio leggervi le testuali<br />
parole del SMS inviatomi da Erik, tesoriere <strong>della</strong><br />
KRVE, a fine addestramento, alle 18.57 del 10 febbraio<br />
2007: “Pronto Cesare. IO Ormeggiatori a aeroporto portare<br />
di Rotterdam. Partire 17,45. Coloberation KRVE ANGOPI enorme<br />
successo. Off shore Dubai anche succedere. Ciao Erik”.<br />
Prendendo spunto. da queste due citazioni voglio<br />
dire che per parte nostra, continueremo ad impegnarci<br />
per essere sempre più all’altezza dei molteplici<br />
compiti che ci attendono, e per sviluppare rapporti<br />
sempre più fecondi coi nostri colleghi ed amici<br />
con i quali ci lega la comunanza storica <strong>della</strong> nostra<br />
attività, cioè l’originaria discendenza alla quale apparteniamo:<br />
la vita dell’uomo sul mare. “Quella vita<br />
sul mare che ha condotto l’uomo dai primordi fino<br />
alla globalizzazione odierna”.<br />
Ed è in questo incessante processo di sviluppo che si<br />
colloca l’attività off-shore che sintetizza, quindi, un<br />
mondo che progredisce dalla notte dei tempi con<br />
enorme fatica, coraggio, ma anche con intraprendenza<br />
e con spirito d’avventura; un mondo di cui<br />
noi siamo parte integrante insieme a tutti coloro che<br />
appartengono alla grande “famiglia” del nostro mare.<br />
Grazie ancora a <strong>Mat</strong> alla KRVE e a tutti voi.<br />
Astronomo con raid nella navigazione marittima<br />
GIOVANNI DOMENICO CASSINI<br />
Astronomo italiano, divenuto celebre per le osservazioni su alcuni pianeti del sistema solare e per la determinazione <strong>della</strong> loro distanza<br />
dalla Terra. Nacque nel 1625 a Perinaldo, paese dell’entroterra di Imperia. Compiuti gli studi presso il Collegio dei Gesuiti di Genova e<br />
l’Abbazia di San Fruttuoso, presso Camogli, all’età di 25 anni divenne professore di astronomia all’Università di Bologna. Con l’aiuto<br />
dei più avanzati strumenti del tempo, eseguì sistematiche osservazioni sui satelliti di Giove, che gli permisero di compilare accurate<br />
tavole, utili anche per la navigazione marittima. Nel 1665 le sue osservazioni gli consentirono di individuare la grande macchia rossa<br />
di Giove, la formazione osservabile sulla superficie del pianeta, oggi riconosciuta come un fenomeno meteorologico. Cassini scoprì<br />
inoltre i cambiamenti stagionali del pianeta Marte e misurò il periodo di rotazione di Marte stesso e di Saturno. Interessato, oltre che<br />
all’astronomia, anche all’idraulica e all’ingegneria, compì studi sul Po e su altri fiumi per commissione del pontefice.<br />
A partire dal 1669, su invito del re di Francia Luigi XIV, collaborò alla messa a punto del nuovo Osservatorio di Parigi, di cui poi<br />
assunse la direzione. Presa la cittadinanza francese nel 1673, non sarebbe più ritornato in Italia. Negli anni che seguirono individuò<br />
quattro satelliti di Saturno (Impetus nel 1671, Rhea nel 1672, Dione e Tethys nel 1684) e la caratteristica interruzione nell’anello di<br />
Saturno, tuttora nota come divisione di Cassini. Misurò inoltre la distanza di Marte dalla Terra attraverso il metodo <strong>della</strong> parallasse e<br />
la distanza del Sole, il cui valore oggi costituisce un’importante unità di misura delle distanze astronomiche per il sistema solare. Nel<br />
1680, nell’ambito degli studi condotti sui moti <strong>della</strong> Terra, Cassini individuò la curva matematica che oggi porta il suo nome, definita<br />
come il luogo dei punti per i quali è costante il prodotto delle distanze da due punti fissi detti fuochi. Morì a Parigi nel 1712.<br />
HUYGENS, CHRISTIAAN<br />
Vi spiego come si formano i meccanismi delle onde<br />
Astronomo, matematico e fisico olandese, quasi contemporaneo di Cassini. Nato a L’Aia nel 1629 vi morì nel 1695. Tra le sue scoperte<br />
è da ricordare il principio, detto appunto di Huygens, secondo cui ogni punto di una superficie d’onda è esso stesso sorgente<br />
di una nuova onda. Partendo da questo principio egli sviluppò la teoria ondulatoria <strong>della</strong> luce che, dopo le iniziali critiche da parte<br />
degli scienziati che difendevano la teoria corpuscolare di Isaac Newton, fu sostenuta e completata dai fisici Augustin-Jean Fresnel<br />
e Thomas Young. Nel 1655 scoprì un metodo di molatura e lucidatura delle lenti e perfezionò gli strumenti ottici che gli permisero<br />
di osservare un satellite di Saturno e di fornire la corretta interpretazione <strong>della</strong> natura dei “bracci” del pianeta come di un anello.<br />
Prima di rendere pubblica quest’ultima scoperta, Huygens la volle serbare sotto forma di un anagramma <strong>della</strong> frase latina Annulo<br />
cingitur tenui, plano, numquam cohaerente ad eplicticam inclinato (“È circondato da un sottile anello piatto, che non lo tocca mai e<br />
che è inclinato rispetto all’eclittica”).<br />
La necessità di disporre dell’esatta misura del tempo per le osservazioni astronomiche lo condusse a impiegare il pendolo per regolare<br />
il movimento degli orologi. Nel 1656 costruì un cannocchiale che porta il suo nome. Nella sua opera Horologium Oscillatorium<br />
(1673) determinò l’effettivo rapporto esistente tra la lunghezza del pendolo e il tempo di oscillazione e sviluppò le teorie sulla forza<br />
centrifuga nel moto circolare, che portò il fisico britannico Isaac Newton all’enunciazione <strong>della</strong> legge di gravitazione universale. Nel<br />
1678 scoprì la polarizzazione <strong>della</strong> luce per birifrangenza nella calcite.
INIZIALE PESSIMISMO OLANDESE SUBITO DISSOLTO NELL’AMMIRAZIONE<br />
Prove generali di professionalità presso l’Università<br />
dei servizi portuali all’insegna <strong>della</strong> brillantezza. La<br />
soddisfazione di competere ad armi pari con i ‘famigerati’<br />
colleghi olandesi se la sono tolta gli ormeggiatori<br />
di alcuni Gruppi italiani chiamati a Rotterdam<br />
per sostenere un test professionale e accedere a<br />
un training riferito ad attività off-shore.<br />
Le iniziali perplessità dei roeier olandesi riguardo<br />
il grado di competenza dei colleghi italiani hanno<br />
cominciato a traballare dopo i primi approcci in banchina<br />
per lasciare ben presto posto ad un ammirato<br />
compiacimento rivolto ai futuri compagni di lavoro.<br />
<strong>Il</strong> tenore delle inappuntabili prestazioni professionali<br />
mostrate ai colleghi nordici sono state assai bene<br />
raccontate da Stefano Trombini, ormeggiatore di<br />
Ravenna, nella relazione preparata per il proprio<br />
Gruppo di appartenenza.<br />
Cari Colleghi,<br />
innanzitutto ringrazio l’Angopi, nella persona di Cesare<br />
Guidi, l’EBA in quella di Marco Mandirola e tutti voi<br />
per aver provveduto alla copertura del mio turno e di<br />
conseguenza alla riuscita dell’iniziativa alla quale ho<br />
potuto partecipare.<br />
Assieme ad altri nove colleghi di altrettanti porti Italiani,<br />
ci siamo ritrovati catapultati nella realtà di Rotterdam,<br />
a casa dei “Koninklije Roeier Vereeniging Eendracht”, i<br />
famigerati Ormeggiatori del porto più grande del mondo<br />
in fatto di numero di prestazioni, di dimensioni di vettori<br />
e quantità di merce movimentata.<br />
Nonostante oltre il 70% delle merci sia solo di passaggio,
le dimensioni dello scalo, delle navi che vi transitano e<br />
vi si ormeggiano - e vi garantisco che sono davvero tante<br />
- la mole di lavoro svolto dai ns. colleghi olandesi è solo<br />
lontanamente immaginabile ma la loro organizzazione<br />
non è dissimile dalla nostra, sia nella turnistica (fanno<br />
2-2/2-2/3-2) sia a livello retributivo.<br />
Anche loro hanno problemi di sicurezza, sicuramente<br />
molti più di noi (si contano numerosi decessi sul lavoro),<br />
fanno la manutenzione ai loro mezzi, con personale<br />
interno preposto, e alla bisogna personale in turno (loro<br />
addirittura brevettano e costruiscono le proprie barche<br />
e le attrezzature, tipo le bozze idrauliche e automezzi<br />
con verricelli).<br />
Tutti indistintamente fanno una continua formazione<br />
sul lavoro e sulla sicurezza, ad iniziare dai giovani e<br />
nuovi assunti che, prima di essere inseriti nel lavoro,<br />
frequentano un anno di scuola Teorica (circa 20 persone.<br />
Qua avviene la prima scrematura perché solo il<br />
40% passa il primo anno dopodiché vengono inseriti<br />
in turno, affiancati da un ormeggiatore anziano che li<br />
seguirà per i successivi tre anni. Dal quarto anno sono<br />
considerati Ormeggiatori a tutti gli effetti, ma devono<br />
passarne almeno altri sei per poter avere il diritto di voto<br />
sulle decisioni dell’Assemblea dei soci.<br />
<strong>Il</strong> primo impatto non è stato dei migliori, perché si<br />
notava da parte dei roeier una certa diffidenza sulla<br />
nostra preparazione nell’operare in banchina. La prima<br />
giornata, accompagnati da due insegnanti, anche loro<br />
ormeggiatori, Hugo (59 anni), il decano, e Jan (38),<br />
l’off-shore trainer, è stata dedicata all’illustrazione del<br />
loro modo di operare nel porto e in off-shore e di come<br />
vengono formate le nuove leve nel loro centro didattico<br />
interno.<br />
È poi seguita una visita alle loro tre sedi dislocate all’interno<br />
del porto, tutte ampie, accoglienti e ben attrezzate<br />
sia per lo svolgimento del lavoro sia per i tempi di attesa<br />
(personal computer di libero uso, Tv-sat). Per seguire il<br />
traffico e meglio coordinare il personale in turno, ogni<br />
sede è dotata di una sala avvistamento con tutte le<br />
apparecchiature per il controllo del traffico (Vhf, Ais,<br />
Radar, videocollegamenti con Port Autority e Traffic<br />
Control) e quelle adibite alla fatturazione digitalizzata<br />
in tempo reale.<br />
Dal secondo giorno, divisi in cinque squadre composte da<br />
due uomini e un collega olandese, abbiamo cominciato<br />
le nostre giornate operative all’interno di “quel MARE di<br />
porto”, alternandoci fra le tre principali aree dello scalo,<br />
ormeggiando e disormeggiando su pontili, boe, bacini di<br />
carenaggio (c’è il più grande bacino a secco d’Europa:<br />
450x110x20 metri), navi affiancate e banchine altissime<br />
con bitte davvero distanti e non solo dal filo dell’acqua,<br />
ma anche dal ciglio banchina.<br />
I roeier si sono presto ricreduti sulla nostra competenza<br />
professionale, non vi dico la meraviglia quando hanno<br />
visto le nostre divise e la dotazione dei DPI e dopo poco
ci hanno lasciato le redini del lavoro, guardandoci con<br />
quasi ammirazione per il grado di preparazione ed esecuzione<br />
dei servizi che, a volte, ci hanno lasciato svolgere<br />
in completa autonomia.<br />
<strong>Il</strong> quarto giorno, giovedì, ci siamo recati tutti e dieci<br />
accompagnati da <strong>Mat</strong>, il capo, Eric, il vice, e quattro<br />
ormeggiatori anziani al centro training Falk-Nutek preposto<br />
alla formazione costante, con refreshing biennali<br />
di tutti i componenti del gruppo, di tutti i marittimi<br />
e tecnici delle maggiori e più importanti compagnie<br />
di navigazione presenti con stabilimenti e terminal in<br />
Rotterdam. Qua, durante il safety-training è uscito allo<br />
scoperto il nostro essere marinai esperti e ormeggiatori<br />
preparati; i complimenti, sberleffi e pacche sulle spalle si<br />
sono sprecati, fino a trovarci in un affiatamento incredibile,<br />
dove pure i coordinatori del centro hanno faticato<br />
a tenere a freno l’entusiasmo venutosi a creare.<br />
Abbiamo così potuto dimostrare che, nonostante le problematiche<br />
legate alla lingua, è possibile collaborare tra<br />
gruppi affiliati all’EBA, anche a livello internazionale, in<br />
applicazione al progetto per il quale siamo stati mandati<br />
a verificare le nostre attitudini ad operare in off-shore. <strong>Il</strong><br />
tutto si è reso subito fattibile in quanto già il mercoledì<br />
ci è stata proposta una collaborazione per un intervento<br />
da svolgere a Dubai negli Emirati Arabi e quindi due<br />
nostri colleghi: Davide, 24enne di Napoli, ormeggiatore<br />
da <strong>agosto</strong> <strong>2006</strong>, e Paolo, 39enne di Genova, gli unici a<br />
posto con il passaporto e pronti a partire ‘al fiammifero’,<br />
sono stati impiegati nell’operazione d’imbarco di una<br />
piattaforma di perforazione su un pontone affondante<br />
<strong>della</strong> Fairmount, iniziata con la partenza il 14 febbraio e<br />
conclusasi con successo venerdì 23 febbraio.<br />
Credo, quindi, che la realizzazione di questo progetto<br />
internazionale, mai ipotizzato prima, sia il primo di una<br />
serie di collaborazioni che porteranno i componenti<br />
i gruppi associati all’Angopi ad un maggior grado di<br />
preparazione operativo-professionale. Non tutti i porti<br />
italiani in effetti hanno terminal off-shore e sono pochi<br />
i colleghi, soprattutto i giovani, che hanno esperienze<br />
dirette in merito.<br />
In previsione delle sfide future che dovremo affrontare,<br />
l’unica arma per poter difendere efficacemente il nostro<br />
ruolo all’interno dei porti sarà quella di impegnarci tutti<br />
investendo risorse ed energie nella continua qualificazione<br />
del personale, nel miglioramento del parco mezzi e in<br />
una più attenta gestione generale.
L’AVVENIMENTO (RIMARCATO DAL VICESINDACO DI ROTTERDAM) RIPORTATO DALLA STAMPA NAZIONALE<br />
Colonne a go-go per le ‘trasferte’ offshore<br />
degli ormeggiatori italiani a Dubai e Gabon<br />
Quattro colonne in apertura di pagina<br />
su ‘<strong>Il</strong> Sole - 24 Ore’ ; sei colonne, taglio<br />
basso a tutta pagina, su ‘<strong>Il</strong> Secolo XIX’.<br />
Sono due significativi esempi del risalto<br />
dedicato dalla stampa nazionale alle<br />
‘trasferte’ degli ormeggiatori italiani<br />
nei cam è unica nel mondopi off-shore<br />
oceanici, in base all’accordo siglato a<br />
Rotterdam tra Krve, organizzazione<br />
dei boatmen locali, e quella italiana<br />
dell’Angopie nei loro . cooperazione<br />
“Alleanza con gli olandesi per partecipare<br />
a operazioni sui mercati di tutto il<br />
mondo - L’Italia ‘esporta’ ormeggiatori<br />
- A Dubai, in Sudafrica e Gabon<br />
unità per il traino di piattaforme” titola<br />
sul ‘Sole’ il pezzo di Luciano Bosso.<br />
Mentre dal genovese ‘Decimonono’<br />
Roberto Scarcella rimarca: ‘Business<br />
internazionale per lo storico gruppo<br />
- Piattaforme Petrolifere a Dubai<br />
e in Gabon marchio e stile degli<br />
ormeggiatori genovesi - Operazioni<br />
offs-hore affidate ai professionisti <strong>della</strong><br />
Lanterna e di Napoli, espressamente<br />
richiesti dai loro colleghi olandesi’ .<br />
<strong>Il</strong> senso profondo dell’intesa si individua<br />
nel discorso del vice-sindaco di Rotterdam<br />
al meeting del 23 marzo presso<br />
il Nieuwe Maze (vedi pag. 163). Richiamandosi<br />
all’attenta formazione del<br />
personale <strong>della</strong> ‘Royal’ (l’associazione<br />
olandese degli ormeggiatori, fodata<br />
nel1895 e insignita di onorificenza reale<br />
nel 1995 quale riconoscimento <strong>della</strong><br />
perdurante alta qualità del servizio ne<br />
ha ribadito la sua parte fondamentale<br />
per la sicurezza del porto.<br />
Ed è anche da questo punto di vista che<br />
ha commentato l’appena siglata alleanza<br />
tra ormeggiatori olandesi e italiani.<br />
“Le nuova attività di off-shore fanno<br />
crescere la domanda di lavoratori qualificati.<br />
Gli ormeggiatori di Rotterdam<br />
non volevano deludere i loro clienti e<br />
hanno cercato un’assistenza fraterna.<br />
Rotterdam e l’Italia trovano terreno co-<br />
mune nei loro alti standard professionali<br />
e nei loro intensi programmi formativi.<br />
Questa collaborazione tra gli ormeggiatori<br />
italiani e olandesi è unica nel mondo<br />
e utile per lo scambio di conoscenze e<br />
informazioni sul servizio. Qui da noi si<br />
dice che l’azione è più incisiva delle paro-<br />
le. Sotto questo punto di vista l’accordo<br />
intervenuto è anche uno stimolo per la<br />
crescita professionale degli ormeggiatori<br />
nonché importante per l’immagine sia di<br />
Rotterdam sia dell’Italia”. Come appare<br />
evidente anche dai servizi giornalistici<br />
qui di seguito riportati.<br />
IL SECOLO XIX<br />
Off-shore, marchio e stile<br />
degli ormeggiatori genovesi<br />
GENOVA - Quando si dice che l’inconfondibile marchio Made in Italy - sinonimo<br />
di prestigio e qualità - arriva in ogni angolo del pianeta, è proprio vero.<br />
L’ultima frontiera sono state le operazioni off-shore di posizionamento e ormeggio<br />
di due piattaforme petrolifere per conto <strong>della</strong> società olandese Fairmount<br />
Marine Bva Dubai e in Gabon, a cui hanno contribuito anche ormeggiatori<br />
provenienti dal nostro Paese, per l’esattezza da Genova e Napoli.<br />
Una partecipazione, la prima (avvenuta al largo di Dubai) improvvisata nei<br />
tempi, ma non certo nella preparazione, che da decenni vede gli ormeggiatori<br />
italiani all’avanguardia nel proprio settore, e proprio per questo espressamente<br />
richiesti dagli omologhi olandesi di stanza a Rotterdam «La prima missione ci<br />
è quasi piovuta addosso inaspettatamente - spiega Alessandro Serra, <strong>presidente</strong><br />
del gruppo Antichi ormeggiatori del porto di Genova - subito dopo la sottoscrizione<br />
di una convenzione, tra Angopi (l’associazione degli ormeggiatori italiani)<br />
e Krve Rotterdam avvenuta nella città olandese il 23 marzo scorso».<br />
«I rapporti tra noi e gli olandesi partono da molto più lontano - sottolinea<br />
Serra - E’ ormai vent’anni che lavoriamo fianco a fianco per avere una voce<br />
unica in sede europea, soprattutto a livello di normative. E l’avvicinamento<br />
di questi ultimi mesi è dovuto a diversi fattori». In primis l’insoddisfazione di<br />
Fairmount per la manodopera utilizzata nelle operazioni off-shore che hanno<br />
preceduto Dubai, in cui gli olandesi erano stati affiancati da personale<br />
proveniente da Oriente (in particolare Cina e Russia) privo di esperienza e<br />
preparazione.<br />
Da lì l’idea di contattare Angopi e proporre una partnership che, dopo i primi<br />
due esperimenti, si è rivelata fruttuosa sotto più punti di vista, a cominciare<br />
dall’ambito lavorativo in senso stretto sino ad arrivare a un netto miglioramento<br />
nella rete dei rapporti, sia a livello umano che aziendale, come spiega<br />
l’ormeggiatore genovese Paolo Oneto, primo italiano a prendere parte al<br />
progetto: «A Dubai, cosÌ come in Gabon, si sentiva una pressione diversa dal<br />
solito, perché oltre a rappresentare me stesso e gli ormeggiatori di Genova,<br />
ero conscio del fatto che mi stavo portando dietro un intero settore <strong>della</strong> ma-
ineria italiana. Ma per fortuna tutto<br />
è andato liscio».<br />
E il successo <strong>della</strong> commessa araba,<br />
compiuta in aprile, ha permesso ad<br />
un altro genovese (Domenico Marino)<br />
di affiancare Oneto nella sua seconda<br />
avventura, in Gabon, «dove la<br />
preparazione, che includeva una serie<br />
infinita di vaccini, è stata anche più<br />
dura sotto certi aspetti - spiega Oneto<br />
- con il solo svantaggio, una volta<br />
tornato a casa, di sapere di aver lavorato<br />
in un Paese nuovo e totalmente<br />
diverso senza aver avuto la possibilità<br />
di viverlo e conoscerlo davvero,<br />
giusto il tempo di dare un’ occhiata al<br />
mercato locale e portare via qualche<br />
souvenir». Ma è uno dei prezzi da pagare<br />
quando si lavora in mare aperto<br />
su una piattaforma. Un’operazione<br />
che per certi versi ha invertito le abitudini<br />
lavorative di Oneto e compagni,<br />
abituati ad essere l’ultimo anello<br />
<strong>della</strong> catena - ovvero coloro che assicurano<br />
la nave in banchina all’arrivo<br />
in porto - e questa volta, in virtù<br />
dell’esigenze di Fairmount, messi al<br />
centro di un processo tanto spettacolare<br />
da vedere quanto difficile da programmare<br />
e portare a termine.<br />
L’obiettivo, sia a Dubai che in Mrica,<br />
era quello di trasportare una piattaforma<br />
petrolifera grazie all’indispensabile<br />
appoggio di una nave autoaffondante<br />
che tramite un gioco di<br />
riempimenti interni riesce ad immergere<br />
parte dello scafo e a posizionarsi<br />
ad un’altezza tale da far appoggiare<br />
sul piano di coperta la piattaforma: è<br />
qui che entra in gioco un complicato<br />
sistema di cavi gestito dagli ormeggiatori<br />
che permette il posizionamento<br />
al millimetro <strong>della</strong> struttura.<br />
Un ultimo delicato passaggio prima<br />
<strong>della</strong> saldatura, che permette a nave<br />
e piattaforma di fondersi in un corpo<br />
unico ed iniziare la navigazione<br />
per mezzo dei rimorchiatori. «A quel<br />
punto il nostro lavoro finisce - spiega<br />
Oneto - ma prima, e non solo durante,<br />
l’impegno è massimo». A monte<br />
dell’intera operazione c’è un briefing<br />
in cui vengono stabiliti i parametri di<br />
lavoro ed assegnati i compiti.<br />
Roberto Scarcella<br />
IL SOLE - 24 ORE<br />
L’Italia «esporta»<br />
ormeggiatori<br />
NAPOLI - Gli ormeggiatori italiani diventano internazionali. Un’inedita<br />
alleanza tra gruppi portuali, in questo caso con gli olandesi di Rotterdam,<br />
sta proiettando i nostri boatmen in una nuova dimensione, che offre anche<br />
prospettive per nuova occupazione. A spiegare carne è nato l’accordo è<br />
Cesare Guidi, <strong>presidente</strong> di Angopi, l’associazione nazionale degli ormeggiatorì.<br />
«Tutto è partito - dice - lo scorso <strong>agosto</strong>, quando il <strong>presidente</strong><br />
<strong>Mat</strong> <strong>Slotboom</strong> <strong>della</strong> Krve, l’associazione che raggruppa i nostri colleghi<br />
di Rotterdam. ci ha proposto di affiancarli nella loro attività di off-shore<br />
nel mondo. In sostanza, ci ha chiesto di operare nell’installazione e nel<br />
posizionamento di particolari strutture in mare aperto, quali, ad esempio,<br />
le piattaforme petrolifere». Da <strong>agosto</strong> in poi, ricorda Guidi, è stato un susseguirsi<br />
di assemblee, tra i 60 gruppi di ormeggiatori (che operano in 90<br />
porti italiani), e d’incontri. alcuni dei quali con i vertici del ministero dei<br />
Trasporti e del. corpo delle Capitanerie di porto. A gennaio di quest’anno,<br />
infine, si è avuto il via libera all’operazione all’estero che, sulla base dei<br />
requisiti e delle adesioni riscontrate nei vari porti, ha previsto l’invio a<br />
Rotterdam di una squadra di 10 persone di altrettanti gruppi nazionali.<br />
«È stato - commenta Guidi - un successo. In febbraio due nostri uomini,<br />
dei gruppi di Genova e Napoli, sono partiti per la prima operazione a<br />
Dubai. Poi, a marzo, altri tre sono andati in Sudafrica, mentre, in questi<br />
giorni, due partiranno per il Gabon». L’attività svolta dagli ormeggiatori,<br />
prosegue Guidi, «è in forte evoluzione e vede, per la prima volta, servizi<br />
portuali nazionali confrontarsi con il mercato estero; in questo caso in<br />
operazioni di grande responsabilità, per le quali la sicurezza gioca un<br />
ruolo fondamentale. È corretto sottolineare che, come spesso mi ricordano<br />
i colleghi di Rotterdam, quest’attività, fino allo scorso anno, era svolta da<br />
equipaggi misti, in gran parte composti da orientali, preferiti sopratutto per<br />
il basso costo di manodopera. All’inizio del <strong>2006</strong> gli olandesi sono stati<br />
scelti dalle compagnie petrolifere per elevare la qualità delle attività, ci<br />
fa piacere, quindi, essere stati chiamati subito ad affiancarli in operazioni<br />
impegnative».<br />
<strong>Il</strong> lavoro degli ormeggiatori, che in principio erano battellieri, ha<br />
origini antichissime: risale al 1400. Un primo radicale cambiamento<br />
dell’operatività è avvenuto tra il 1830 e il 1850 quando, con l’avvio<br />
<strong>della</strong> propulsione ad elica, i battelli a vapore hanno iniziato a entrare nei<br />
porti; prima le imbarcazioni restavano in rada e quindi avevano maggior<br />
bisogno dei servizi di battellieri. Negli ultimi anni, con il progredire delle<br />
tecnologie, il numero degli addetti è calato vistosamente. Basti pensare<br />
che il gruppo di Genova è passato, nel tempo, da mille unità alle attuali<br />
63. Nei porti nazionali oggi operano in tutto 860 ormeggiatori e, secondo<br />
Guidi, almeno un 10% di questi potrà essere interessato alla nuova<br />
attività off-shore. «Operiamo - conclude il <strong>presidente</strong> di Angopi - in un<br />
mercato regolamentato e, pur essendo una realtà protetta, mettendoci a<br />
disposizione per nuove attività nel mondo. dimostriamo di saper far fronte<br />
a differenti esigenze di operatività».<br />
Luciano Bosso
Dubai - febbraio 2007<br />
Saldanha Bay - marzo/aprile 2007
Davide da Napoli e Paolo<br />
da Genova; poi, Lino<br />
da Livorno, Domenico<br />
(Mimmo) da Augusta e<br />
Stefano da Ravenna. Sono<br />
i volontari che hanno formato le due pattuglie<br />
partite in avanscoperta in missioni<br />
estere, nell’inedito fronte dell’off-shore.<br />
Missioni a Dubai e Saldanha Bay, dove<br />
è stata formata l’altrettanto inedita partnership<br />
italo-olandese che lancia le strategie<br />
di lavoro degli ormeggiatori italiani<br />
ben oltre i confini nazionali. Ed è sotto<br />
questo profilo che è da rimarcare come i<br />
cinque porti di partenza degli ‘esploratori’<br />
assumano sentore emblematico, ravvisando<br />
sia la elevata egemonia dei livelli<br />
professionali raggiunti dalla categoria sia<br />
la sua intrinseca compattezza. E, ovviamente,<br />
riproponendo in chiave strettamente<br />
operativa l’abilità e l’intelligenza<br />
professionale già sciorinata ai colleghi di<br />
Rotterdam nel loro ambiente di lavoro,<br />
traendone ammirato consenso.<br />
Tali caratteristiche si ritrovano nelle<br />
‘note’ redatte al termine dell’iniziale esperienza<br />
arabica e sudafricana dai ‘capipattuglia’:<br />
Paolo Oneto e Lino Capozzi,<br />
quest’ultimo accreditato da Angopi quale<br />
coordinatore dell’intera iniziativa. Tanto<br />
a Dubai quanto a Saldanha Bay le operazioni<br />
si sono snodate al meglio facendo<br />
perno sulle capacità del team formato<br />
dagli ormeggiatori olandesi e italiani. La<br />
sequenza delle operazioni li ha visti sicuri<br />
protagonisti in ogni fase di un lavoro<br />
moltiplicato per dimensioni, pericolosità<br />
e difficoltà. E ciò in ogni azione: dalla<br />
sistemazione razionale delle attrezzature<br />
alla preparazione e impiego delle catenarie<br />
e dei cavi d’ormeggio sino alle fasi<br />
finali del posizionamento <strong>della</strong> gigantesca<br />
struttura metallica sulla nave autoaffondante<br />
che doveva trasportarla nei campi<br />
petroliferi off-shore.<br />
“Un’esperienza entusiasmante, professionalmente<br />
molto gratificante”, l’ha<br />
definita Oneto, parco di parole, ma ben<br />
più esaustivo nella sua relazione tecnica.<br />
Nella quale si può individuare anche le<br />
locali carenze professionali, che avrebbero<br />
potuto compromettere l’operazione,<br />
ma anche attentare all’incolumità fisica<br />
degli uomini. E quindi comprendere i<br />
motivi che spingono la società committente<br />
ad affidare il lavoro a personale<br />
esperto e di ottima levatura professionale.<br />
Tema, questo, riproposto nella realtà<br />
di Saldanha Bay nonché nel commento<br />
di Capozzi, che nel suo ruolo di coordinatore<br />
l’ha articolato sia in chiave tecnica<br />
sia sotto l’aspetto organizzativo volto<br />
al futuro; proiezione questa elaborata a<br />
più voci, avendo coinvolto anche le esperienze<br />
di ogni componente di entrambe<br />
le squadre.<br />
Da queste conversazioni “è risultato<br />
evidente che i prossimi uomini che dovranno<br />
partire devono esercitarsi per<br />
ottenere una buona conoscenza dell’inglese<br />
tecnico-marittimo, quello codificato<br />
per comunicazioni radio nonché l’inglese<br />
conversato al telefono per comprendere<br />
le indicazioni sulle operazioni, spesso<br />
impartite la sera telefonicamente per il<br />
giorno successivo”, osserva Capozzi.<br />
Che, riguardo la capacità operativa, “ i<br />
nostri sono stati numerose volte d’esempio<br />
anche per mansioni non strettamente<br />
legate all’operazione off-shore”, ma che<br />
sarebbero poi risultate essenziali nell’economia<br />
del lavoro. Per cui, squadre italiane<br />
attente alla pulizia del ponte e dei<br />
locali delle barge, dell’ordine tenuto nelle<br />
zone di lavoro, delle piccole manutenzioni<br />
necessarie per un migliore utilizzo degli<br />
attrezzi, e via elencando.<br />
Con evidente soddisfazione Capozzi<br />
riporta che “è risultata evidentissima la<br />
maggiore abilità e conoscenza dei nostri<br />
nelle arti prettamente marinaresche ‘di<br />
bordo’ acquisita nella vera navigazione<br />
e ben diversa dalla preparazione <strong>della</strong><br />
scuola olandese per ormeggiatori. Dunque,<br />
il lavoro da svolgere è in pratica<br />
come se si fosse a bordo ai posti di manovra”.<br />
Ritenuta dal coordinatore una<br />
circostanza da migliorare è stata l’insufficienza<br />
numerica <strong>della</strong> squadra italo<br />
– olandese, ovvero di personale esperto.<br />
“In quanto le operazioni da effettuare in<br />
barca affidate a gente locale sono state<br />
svolte in modo altamente pericoloso e<br />
dal risultato insoddisfacente, al punto<br />
che anche qui siamo dovuti intervenire<br />
per spiegare e illustrare come distendere<br />
i cavi con la barca previa raccolta di<br />
abbondante imbando, come abbozzare<br />
i cavi stessi in barca, eccetera... Non si<br />
rendevano neanche conto <strong>della</strong> differenza<br />
tra sotto e sopravento, mettendo a<br />
repentaglio la sicurezza di chi lavorava e<br />
delle attrezzature stesse”. Insomma, tutte<br />
cose che in pratica gli ormeggiatori italiani<br />
svolgono ogni giorno a casa propria,<br />
“ma che i locali non avevano proprio<br />
idea di come fare”.
DUBAI 12-24 FEBBRAIO 2007<br />
Paolo Oneto (estensore <strong>della</strong> relazione); Gruppo Antichi Ormeggiatori - Genova<br />
Davide Spinelli Gruppo Ormeggiatori - Napoli<br />
LUNEDÌ 12/02/2007<br />
Partenza dalle rispettive città, coincidenza<br />
a Monaco per Dubai.<br />
Martedì 13/02/2007:<br />
06.00 Arrivo a Dubai, trasferimento<br />
all’hotel, diverso da quello prenotato<br />
dalla Fairmount. Sistemazione in al-<br />
bergo. <strong>Mat</strong>tinata trascorsa a cercare<br />
di contattare un responsabile che<br />
sapesse darci indicazioni sul lavoro<br />
da svolgere. Dopo aver contattato il<br />
supervisor Renee <strong>della</strong> Fairmount, ci<br />
incontriamo con i tre colleghi olandesi<br />
per fare il punto <strong>della</strong> situazione.<br />
MERCOLEDÌ 14/02/2007<br />
08.00 Partenza per il porto di Hamriya<br />
per imbarco sulla barge “Gavea Lifter”.<br />
Giornata trascorsa nella sistemazione dei<br />
posti di manovra a prua e nelle due torrette<br />
di poppa a dritta e sinistra. Accensione<br />
verricelli, ingrana, sgrana, prove<br />
freni e leve comando. Nel pomeriggio<br />
preparazione catenaria di rimorchio<br />
principale a prora. Disconnessione catenaria<br />
usata nel rimorchio precedente<br />
con due rimorchiatori. Passaggio cavo<br />
di acciaio nella puleggia prodiera al fine<br />
dell’ammaino <strong>della</strong> colonna di rimorchio.<br />
Connessione <strong>della</strong> colonna di<br />
rimorchio con le due catenarie di rimorchio<br />
principale. Con tutte le sicurezze e<br />
cautele possibili si procede all’ammaino<br />
fuoribordo del sistema di rimorchio.<br />
19.30 rientro in albergo.<br />
GIOVEDÌ 15/02/2007<br />
In mattinata veniamo contattati<br />
via cellulare dal supervisor Renee<br />
per aiutarlo nella sistemazione <strong>della</strong>
coperta <strong>della</strong> barge. Arrivati a bordo<br />
si comincia con il rassetto e la pulizia.<br />
Vengono sbarcate taccate di legno e<br />
rassettata la coperta. 20.30 rientro.<br />
VENERDÌ 16/02/2007<br />
08.00 partenza per la barge. Dalle<br />
09.00 alle 15.00 pulizia e rassetto<br />
coperta, sbarco frecciame e materiale<br />
vario. Alle ore 15.00 passaggio del<br />
cavo di rimorchio principale prodiero<br />
al rimorchiatore per l’uscita dal porto.<br />
Viene inoltre voltato, nelle due bitte<br />
poppiere, un secondo rimorchiatore<br />
per aiutare nella manovra di uscita dal<br />
porto. Assistenza al disormeggio <strong>della</strong><br />
Barge diretta alla zona di ancoraggio<br />
offshore Dubai.<br />
SABATO 17/02/2007<br />
Giornata passata nell’attesa di notizie<br />
in merito all’imbarco <strong>della</strong> piattaforma<br />
petrolifera “Atlantic Venture”sulla<br />
barge “Gavea Lifter”.<br />
DOMENICA 18/02/2007<br />
Nella mattinata veniamo informati di<br />
essere pronti a partire alle ore 13.00<br />
per recarsi in rada a bordo <strong>della</strong> Barge.<br />
Alle 12.30, causa problemi burocratici,<br />
l’operazione viene annullata.<br />
LUNEDÌ 19/02/2007<br />
Stand-by in attesa di notizie. Nella<br />
giornata sembrava di essere sul punto<br />
di annullare l’intera operazione per<br />
troppi problemi logistici e burocratici.<br />
Nel pomeriggio veniamo sistemati in<br />
un altro albergo.<br />
MARTEDÌ 20/02/2007<br />
Stand-by in attesa di notizie. In giornata<br />
veniamo informati dal supervisor<br />
Renee che la situazione sta migliorando<br />
e di tenersi pronti a partire.<br />
MERCOLEDÌ 21/02/2007<br />
07.00 Partenza per recarci a bordo<br />
<strong>della</strong> barge in rada 7 miglia fuori Dubai.<br />
Dalle ore 10.00 alle ore 18.00 in<br />
attesa continuativa in banchina <strong>della</strong><br />
libera pratica per l’imbarco da parte<br />
<strong>della</strong> Port Authority. Risolti i problemi<br />
burocratici si parte alle ore 18.45 per<br />
recarsi a bordo con arrivo alle 19.45.<br />
Sistemazione a bordo.<br />
GIOVEDÌ 22/02/2007<br />
Dalle 06.00 alle 13.00 preparazione<br />
manovra per imbarco piattaforma.<br />
Passaggio dei cavi di tonneggio dalla<br />
parte di sinistra a dritta nave, a prora<br />
e nelle due torrette di poppa. Nel pomeriggio<br />
riunione operativa al fine di<br />
assegnare i compiti individuali a tutti i<br />
partecipanti all’operazione d’imbarco<br />
<strong>della</strong> piattaforma.<br />
VENERDÌ 23/02/2007<br />
06.00 iniziano le operazioni di zavorramento,<br />
la barge viene portata<br />
ad un pescaggio di 20 metri con uno<br />
spazio utile sopra il ponte di coperta<br />
di 7 metri. Alle 08.30 siamo pronti a<br />
ricevere. Alle 10.30 veniamo portati<br />
nei rispettivi posti di manovra: Paolo,<br />
Remy e un marinaio <strong>della</strong> barge nella<br />
torretta di poppa sinistra; Davide,<br />
Cliff e un marinaio nella torretta di<br />
poppa destra. Olaf, Jan (il “nostromo”<br />
<strong>della</strong> Fairmount), il nostromo e un<br />
marinaio di bordo rimangono nel<br />
posto di manovra a prora. In Control<br />
room ci sono il comandante <strong>della</strong><br />
barge, Hank l’addetto alla zavorra e<br />
Werner l’ingegnere <strong>della</strong> Fairmount.<br />
Sulla piattaforma ci sono il supervisor<br />
Renee, il perito <strong>della</strong> Noble Denton,<br />
il responsabile del cantiere navale<br />
di terra e 10 persone del posto fatte<br />
venire a bordo per aiutare nella manovra.<br />
Viene dato fondo all’ancora di<br />
poppa sinistra al fine di far mantenere<br />
alla barge una stabile posizione. Alle<br />
11.00 primo tentativo di attraversamento<br />
<strong>della</strong> piattaforma. Vengono<br />
passati i cavi sulla dritta nave alle<br />
due imbarcazioni in appoggio per essere<br />
portati sulla piattaforma. Causa<br />
completa inesperienza del lavoro da<br />
svolgere, nessuna <strong>della</strong> due motobarche<br />
riesce a portare i cavi sulla<br />
piattaforma. Non hanno abbastanza
imbando da passare i cavi e ritardando<br />
il passaggio provocano il pericoloso<br />
avvicinamento <strong>della</strong> piattaforma che<br />
scade velocemente sulla torretta di<br />
poppa dritta. <strong>Il</strong> rimorchiatore di prora<br />
rilascia tutto il cavo in mare per evitare<br />
una collisione con la barge. Solo una<br />
pronta risposta alla manovra da parte<br />
del rimorchiatore voltato a poppa <strong>della</strong><br />
piattaforma evita una sicura collisione.<br />
Recuperata una distanza di sicurezza<br />
tale da permettere di lavorare tutti<br />
in sicurezza, si decide di temporeggiare<br />
al fine di constatare eventuali<br />
danni a persone e cose a causa <strong>della</strong><br />
manovra precedente. Verificato che<br />
tutto è a posto, si decide di riprovare<br />
una seconda volta. Si spiega bene al<br />
personale di bordo di una motobarca<br />
qual è il lavoro che devono svolgere,<br />
in particolare sul maneggio dei cavi.<br />
Si decide di tenersi, sul lato sinistro<br />
<strong>della</strong> piattaforma, un piccolo rimorchiatore,<br />
che aiuti a sostenere in caso<br />
di necessità. Alle ore 13.00 pronti.<br />
Inizia la manovra di attraversamento,<br />
i cavi vengono passati senza intoppi<br />
sulla piattaforma, prima quelli di dritta<br />
poi quelli di sinistra a prora e a poppa<br />
usando una sola motobarca. Quando<br />
la piattaforma raggiunge il centro <strong>della</strong><br />
coperta <strong>della</strong> barge vengono dati da<br />
poppa, con liveline, due traversini al<br />
fine di facilitare il posizionamento <strong>della</strong><br />
piattaforma. Alle 15.00 piattaforma in<br />
posizione. Inizia la procedura di dezavorramento<br />
al fine di portare in secco<br />
la piattaforma. Alle 16.00 piattaforma<br />
fuori dall’acqua. Vengono rilasciati i rimorchiatori<br />
e mollati i cavi usati per la<br />
manovra. Rassetto dei cavi e dei posti<br />
di manovra. Viene salpata l’ancora di<br />
poppa sinistra, spegnimento verricelli<br />
e chiusura portelli. Veniamo portati a<br />
prora per voltare il rimorchiatore che<br />
sarà utilizzato nella navigazione verso<br />
il Sudafrica, recuperiamo il nostro<br />
equipaggiamento e alle 18.00, con la<br />
barge in assetto di navigazione, rientriamo<br />
in porto.<br />
SABATO 24/02/2007<br />
Alle ore 02.00 Davide con gli ormeggiatori<br />
olandesi rientra a Napoli<br />
via Parigi, mentre Paolo parte alle<br />
ore12.30 via Parigi per Genova.
Portfolio<br />
dei ricordi<br />
<strong>Il</strong> cast<br />
& interpreti<br />
Personaggi<br />
La relazione delle giornate off-shore redatta<br />
dall’ormeggiatore genovese Paolo<br />
Oneto fotografa in maniera più che<br />
approfondita la scansione tecnica delle<br />
giornate trascorse da lui e dal collega<br />
napoletano Davide Spinelli tra<br />
barge, rig, supply-vessel, verricelli,<br />
cavi, catene e quant’altro di (assai)<br />
caotico ordine (molto) sparso.<br />
In sintesi, i due ormeggiatori<br />
italiani, aggregati ai colleghi di<br />
Rotterdam titolari <strong>della</strong> commessa,<br />
dovevano contribuire<br />
alle operazioni di carico di<br />
una piattaforma petrolifera<br />
off-shore da trasportare in<br />
Sud Africa su una nave<br />
autoaffondante, nel porto<br />
di cantieristica navale<br />
Al-Mariyak, distante 50<br />
km. da Dubai, Emirati<br />
Arabi.<br />
In particolare, si divevano<br />
passare i cavi da<br />
bordo dell’autoaffondante<br />
per posizionarvi<br />
nonché e assicurarvi<br />
l’enorme<br />
rig. Una giornata<br />
di attento e professionalmente<br />
impegnativo<br />
lavoro, prece-
duto da tre<br />
giornate di<br />
altrettanto<br />
razionale<br />
pulizia e<br />
riassetto <strong>della</strong><br />
coperta <strong>della</strong><br />
nave, preparazione<br />
di taccate,<br />
<strong>della</strong> catenaria di<br />
rimorchio, etc.<br />
Le foto di questo<br />
‘paginone’, come<br />
quelle delle altre<br />
pagine dedicate all’attività<br />
off-shore<br />
di Dubai, ‘raccontano’<br />
tutto ciò per sommi,<br />
sostanziali capi (si<br />
richiama l’attenzione<br />
sulla II e III operazione:<br />
passaggio dei cavi in<br />
posizione). Né potevano<br />
mancare istantanee del<br />
relax, tra l’avveniristica<br />
architettura di Dubai e il<br />
suo caratteristico ‘Burj al<br />
Arab’ eretto su un isolotto<br />
artificiale.
CAPETOWN - MARZO/APRILE 2007<br />
Lino Capozzi (estensore <strong>della</strong> relazione); Gruppo Ormeggiatori - Livorno<br />
Domenico (Mimmo) Riera; Gruppo Ormeggiatori - Augusta<br />
Stefano Trombini; Gruppo Ormeggiatori - Ravenna<br />
Le fotografie che corredano<br />
i testi relativi a Saldanha Bay<br />
sono state scattate<br />
dai componenti <strong>della</strong> squadra<br />
di ormeggiatori italiani<br />
impegnati nelle locali operazioni<br />
off-shore.<br />
Eccomi a riferire sugli avvenimenti che ci hanno interessato nell’operazione<br />
Sudafrica.<br />
Anzitutto devo complimentarmi con la tempestiva e accurata organizzazione<br />
delle ragazze Angopi per il supporto tecnico e, perché no, morale che abbiamo<br />
ricevuto, il buonumore è gradito ed è contagioso. Lamento scarso preavviso da<br />
parte degli olandesi che in compenso ci hanno effettivamente “accompagnato<br />
per mano” in tutto il periodo <strong>della</strong> missione, in ogni luogo trovavamo puntuale<br />
e precisa conferma di quanto avevano pianificato. Avevamo già conosciuto<br />
i ragazzi olandesi nella settimana trascorsa a Rotterdam e ciò ha<br />
influito positivamente sui rapporti tra noi sei, specie quando ci siamo<br />
divisi in tre squadre miste sul lavoro e una sola anche nell’alloggio.<br />
Considero molto produttivo per l’affiatamento e la dimestichezza con<br />
l’inglese comporre coppie miste italo-dutch sul campo operativo e<br />
anche dove è previsto alloggiare in due in stanza, e lo riproporrei<br />
proprio indicandolo come raccomandazione nelle prossime missioni,<br />
così come è raccomandabile che esaurito il giro dei ‘Dieci’<br />
di Rotterdam, tra i successivi partecipanti italiani ci sia almeno<br />
uno di “noi dieci” già pratico; è stato infatti molto tranquillizzante,<br />
utile, didattico, che ci fosse tra i dutch Simon esperto<br />
all’ottava operazione. Molti dei nostri porti sono “facili” e in<br />
molte realtà il lavoro è ripetitivo; operare su strutture gigantesche,<br />
come le piattaforme off-shore, comporta essere esposti a forze cinetiche enormi
che diventano pericolose se affrontate con superficialità e inesperienza.<br />
Sia pur attingendo ”saperfare“ da un passato di navigante non è detto<br />
che tutti abbiano avuto confidenza con strumenti delle dimensioni<br />
come quelle che si trovano in queste operazioni. Per cui, l’occhio,<br />
l’esperienza specifica, il consiglio di chi ha già fatto rende il lavoro<br />
più celere e sicuro per tutti perpetuando l’insegnamento; inoltre<br />
non è detto che tutti siano così pratici di coincidenze aeree e di<br />
viaggi così lunghi; quindi, perdere una coincidenza è facile e<br />
dannosissimo per tutta l’operazione.<br />
Sabato 31 marzo<br />
Dopo il lungo viaggio, siamo arrivati a Saldanha Bay, una<br />
tranquilla baia a un’ora e mezza d’auto da Capetown; si vedeva<br />
nella nebbia in lontananza la nave con la piattaforma a bordo. <strong>Il</strong> cpt. Leo<br />
Leusink, direttore dell’operazione, ci dice subito che l’equipaggio del rimorchiatore<br />
Fairmount era in ritardo con l’approntamento <strong>della</strong> catenaria per il rimorchio, il lavoro<br />
sarebbe slittato al lunedì, ammenocche non ce la sentissimo di andare a bordo e aiutare<br />
l’equipaggio. Non ci siamo neppure posti la domanda, tanto era ovvia la risposta<br />
affermativa, anche se Simon sottolineava che non era un lavoro che ci spettava. A<br />
bordo siamo noi italo-olandesi, un equipaggio ucraino-filippino e il comandante<br />
scozzese: pare la torre di Babele ma ci capiamo. Dopo non pochi sforzi<br />
arriviamo quasi a completare l’allestimento per il traino. Ma ad un<br />
tratto Stefano si accorge che qualcosa non va: stiamo virando un cavo<br />
d’acciaio, neanche il tempo di dirlo e il cavo si spezza saettando in<br />
mezzo a noi su tutta la coperta. Bilancio? Tutti illesi ma quasi tutto<br />
da rifare, così si lavora fino alle 21,30.<br />
Domenica 1 aprile<br />
Alle 07,00 una squadra va a bordo del rimorchiatore e le altre due<br />
vanno sulla barge a preparare la piattaforma per il traino C’è da<br />
allestire la barge per il trasferimento su un fondale di 25 metri:<br />
per consentire alla rig di galleggiare bisogna che la nave affondi<br />
almeno 22 m. C’è da movimentare cavi di nylon da 220 mm.;<br />
assistiamo i rimorchiatori che “incocciano” la barge; seguendo<br />
i comandi di un pilota salpiamo un paio di ancore e restiamo a<br />
disposizione durante la manovra di trasferimento. Una volta giunti sull’alto<br />
fondale diamo fondo a 4 ancore e filiamo 12 lunghezze a prua e 7 a poppa per ciascuna<br />
catena. Finito? No, siamo solo a metà pomeriggio; si ritorna sul rimorchiatore<br />
Fairmount per finire l’approntamento. Si lavora fino alle 19,30, stanchi ma soddisfatti<br />
per aver recuperato il ritardo: adesso siamo in tabella di marcia.<br />
Lunedì 2 aprile.<br />
Sveglia alle 04,30; alle 05,00 a bordo <strong>della</strong> nave che ha cominciato l’affondamento.<br />
C’è da “legare” la piattaforma al rimorchiatore con le catene; è buio, c’è<br />
nebbia, non è cosa facile, le maglie <strong>della</strong> catena sono “bimbi” da 20<br />
chili; i cavi d’acciaio sono da 80 mm. Siamo a 15 metri di altezza sopra<br />
il rimorchiatore… No, non è proprio cosa facile. L’impresa comunque<br />
procede, con cavi d’acciaio rinviati ai verricelli del rimorchiatore,<br />
bozzelli, schiavi, brache, abbozzature, parolacce in più lingue, sudore,<br />
martellate e pieno utilizzo di tutti i nodi conosciuti. A metà mattinata<br />
riusciamo nell’intento. La nave nel frattempo è affondata<br />
e la piattaforma galleggia. Arrivano altri rimorchiatori, i piloti e<br />
un manipolo di “divers” con gommone ai quali la compagnia<br />
chiede di mollare i cavi d’ormeggio a fine operazione. Ecco il<br />
momento più delicato: radio all’orecchio, ai posti di manovra,<br />
leve dei verricelli in mano per liberare la rig. Nel frattempo, è<br />
cambiato l’equipaggio <strong>della</strong> barge; ci assegnano filippini nuovi ai<br />
quali dobbiamo insegnare come funzionano verricelli e salpa ancore… noi?
Pure questo? Vabbè! La manovra prosegue, la rig scorre via che è<br />
un piacere, tutto fila liscio, la piattaforma è libera, il rimorchiatore<br />
Fairmount Summit se la porta via. È l’ora di pranzo, abbiamo<br />
finito nei tempi previsti, il direttore cpt. Leusink è contento; per<br />
la prima volta, così dicono gli olandesi, fa i complimenti agli ormeggiatori<br />
per l’ottimo lavoro svolto. Evviva si va a casa. Dopo<br />
pranzo la doccia fredda, che notoriamente non fa bene: arriva<br />
la comunicazione che il rimorchiatore a causa di una virata<br />
troppo stretta, ha strattonato uno dei cavi d’acciaio che si<br />
è rotto. Incredibile: un cavo da 80 mm. di sezione! Aveva<br />
ragione Stefano a voler mettere degli spezzoni di nylon come<br />
ammortizzatori, ma l’ucraino non gli ha voluto dar retta. <strong>Il</strong><br />
cpt. Leo Leusink è tentato di rimandarci a bordo per cambiare il cavo,<br />
ma ciò costerebbe cambiare tutti i piani aerei e relativi biglietti che avevamo per il<br />
giorno successivo, per cui ci congeda ringraziandoci di aver fatto bene e anche più<br />
del dovuto. Sospiro di sollievo, se la risolvono da se. Ci concediamo una birretta,<br />
mentre si lavora non si può. Si rifanno i bagagli e via in pulmino a Città del Capo,<br />
dove arriviamo in serata; pernottiamo e il giorno dopo si riparte per il lungo viaggio<br />
di ritorno. Tirando le somme: 5 giorni di viaggio per lavorare 26 ore. Ne vale la<br />
pena? Per la Fairmount che opera in zone dove la manovalanza è costituita da<br />
uomini “a perdere” (ho visto mollare una nave, con normali cavi<br />
in polipropilene, da 14 persone) spostare 6 persone da<br />
un capo all’altro del mondo e sopportarne i<br />
costi, evidentemente conviene.<br />
I capitali investiti in gioco,<br />
il rispetto dei tempi di “consegna”,<br />
avere la certezza di<br />
operare con personale che ha un<br />
elevato standard qualitativo nei<br />
termini di professionalità e cultura<br />
<strong>della</strong> sicurezza sul lavoro, sono<br />
caratteristiche irrinunciabili da<br />
parte di chi a sua volta ha interesse<br />
a dimostrare qualità ed efficienza.
RELAZIONE FRA IL SERIO E IL FACETO SULL’OPERAZIONE A SALDANHA BAY<br />
di<br />
Stefano Trombini da Ravenna<br />
Beh, già mi sembrava strano dover partire per l’Olanda a febbraio, pensa un po’, sentire<br />
Cesare (Guidi, <strong>presidente</strong> Angopi, ndr) dirmi per telefono: “…Amico<br />
mio, che ne dici!?! Se il passaporto ce l’hai pronto ti manderei in Sud<br />
Africa!, c’è quella piattaforma che i ragazzi hanno caricato a Dubai da<br />
‘sbarcare’. E io, come cadendo dalle nuvole, come se fosse una cosa<br />
detta, così, per scherzare, la cosa più normale del mondo “… Dov’e’<br />
il problema? Tempo di fare le valige e sono pronto!<br />
Questo, succedeva martedì 27 marzo, ed ero in palestra; Cesare<br />
e i suoi ‘Angioletti’ avevano tentato varie volte di chiamare, ma<br />
quell’oretta total free è un toccasana per me e il telefono era<br />
nell’armadietto, così ho risposto verso le 13.30.<br />
“Amico mio” dicevamo… “Allora preparati,<br />
partenza prevista giovedì 29, h<br />
12.30 aeroporto di<br />
Bologna via<br />
Amsterdam! Verso<br />
sera ti raggiungono Lino<br />
Capozzi di Livorno e<br />
Mimmo Riera di Augusta;<br />
dormite là e la mattina<br />
dopo, assieme agli olandesi<br />
dei ‘Krve’ e <strong>della</strong> ‘Fairmount’,<br />
ve ne andate in South Africa…<br />
VA MO’ LA’!!!
Da lì in poi è stata una corsa all’informazione più recente e più realistica<br />
possibile: problemi di web, problemi di fax, si fa così, no si fa cosà… un<br />
casino dai, però… però eccomi qua andato e tornato, ancora non ci credo;<br />
e, come quella olandese, pure questa africana è stata per me una esperienza<br />
esaltante, una totale ‘figata’! (ne avrò da raccontare ai nipoti, se continuo<br />
così e se ho c… a campare!).<br />
Partiamo? OK, comincio io, così potete farvi un idea di quello che è successo…<br />
Dicevo, Bologna/Amsterdam, vi risparmio lo strazio dei VICINI<br />
DI VITA, saluti, baci e abbracci come se andassi alla morte. Arrivo<br />
allo Shipol Airport e col mio ‘forbitissimo inglese oxfordiano’ mi<br />
districo fra pratiche doganali e doganieri. Trovo la via e con l’aiuto<br />
a distanza di Francesca, ‘la Bella’ trovo pure lo shuttle per l’hotel.<br />
Che FICO l’hotel, c’è pure l’elettro-boccaletta per farsi il CAF-<br />
FETTONE in camera; e via che vado, dopo ½ litro dico basta e<br />
provo a fare una Pennica, aspettando l’arrivo degl’altri. Autista<br />
PITTORESCO, quello del bus per l’aeroporto; mi fa… “la vuoi<br />
una donnina!?! E mi da un biglietto da visita! Quando vuoi fai<br />
un fischio e io provvedo! Forti gli olandesi, declino l’offerta…,<br />
però… <strong>Il</strong> pensierino m’aveva più che SFIORATO!<br />
Appena arrivati i colleghi e sistemati in hotel, non faccio<br />
tempo a prepararmi per la cena che dal desk mi mandano<br />
a chiamare due uomini Fairmount. Ancora istruzioni,<br />
biglietti elettronici e tute da lavoro da portare in là, anche per gli altri<br />
“SOLDATI”.<br />
Dopo la prima ‘birinena’ di convivio, il boss, Geer Lepeel ci lascia, così facciamo<br />
amicizia con un Chief engineer Fairmount in partenza per il Camerun,<br />
Daniel (credo ). Mentre si cena, ci facciamo spiegare che sta succedendo<br />
laggiù, e intanto sondiamo il terreno riguardo il nostro prossimo futuro!<br />
Anche lui parte presto, così, dopo la seconda birinena ci saluta e si eclissa.<br />
Seguito da noi dopo poco!<br />
Ma perché le mattine sono sempre così traumatiche!?! Alle 04.00 ho gli occhi<br />
che mi schizzano dalla testa, sarà stato tutto quel caffè? Boh! Ok… Via, Via,<br />
Via! che si và! All’aeroporto come promesso troviamo i quattro olandesi:<br />
Herme, Simon, Ronny dei Krve (che già avevo incontrato a Rotterdam) e<br />
Warner ‘bross’ Leijnaar <strong>della</strong> HMC, un ragazzo ‘GAGIO’ con una ‘Capa<br />
Tanta’ sui Bilanciamenti e gli Assetti<br />
dinamici di Scafi in Affondamento<br />
Controllato (accidenti!), quello che<br />
affonderà la Barge “GAVEA LIFTER”,<br />
insomma. Vabbè, check-in e il resto e<br />
si parte alle 10.30. Conoscendo la mia<br />
poca pazienza, credo che non potrei mai<br />
al mondo fare lo steward, volerebbero<br />
certe Sberle! <strong>Il</strong> viaggio va bene, ma<br />
perbacco quanto durano 11h di volo.<br />
E se si ‘Sguasta’ qualcosa come faccio<br />
ad andare in sala macchine a vedere se<br />
si può rimediare?<br />
Alle 21.50 prendiamo contatto col<br />
Suolo Africano, aeroporto TAMBO di<br />
Johannesburg. Dormita veloce, poi la<br />
mattina realizzo dove sono, guardando<br />
il buffet noto qualcosa di diverso, e non<br />
mi riferisco solo al caffè!(oh, qua sono<br />
tutti neri…tranne noi!). C’è umidità
nell’aria, caldo da <strong>agosto</strong> in ‘Baiona’,<br />
ma qua il mare è un pò lontanuccio,<br />
dovremo farci l’abitudine in fretta.<br />
E via, di nuovo di corsa all’aeroporto:<br />
MO MAMA, provate a fare una Rotonda<br />
alla ‘rovescia’ e a tutta manetta, qua<br />
sono tutti fuori, vanno a scheggia e dalla<br />
parte sbagliata <strong>della</strong> strada. Altro giro,<br />
altra ‘Bambolina’; ore 6.30 altro checkin,<br />
altro aereo, e dopo due ore, via di<br />
nuovo. Ammiriamo la terra rossa, gli<br />
immensi solchi che l’uomo ha scavato<br />
cercando ricchezze, l’oceano Atlantico,<br />
le coste e le sue onde e il porto di Cape<br />
Town mentre accostiamo per l’atterraggio.<br />
Navi Finalmente!!!<br />
Appena fuori dal gate il caldo e l’umidità<br />
si fanno sentire, sono ancora vestito per<br />
un clima europeo, meglio alleggerire la<br />
situazione. C’è un pulmino che aspetta<br />
noi e ci porta a fare una breve gita fra le Banchine, fino all’Agenzia incaricata<br />
di gestire la burocrazia sul campo. Prendiamo un Vhf per il ‘bordo’ e via<br />
di corsa verso ‘Saldanha Bay’! Due ore di pulmino, a tutta canna, su una<br />
strada senza una curva, solo sali e scendi, struzzi e savana a sinistra, savana e<br />
montagne rosso - bruno a destra, con sporadiche cancellate indicanti<br />
Resort e Safari, con un solo autogrill in mezzo al nulla, per arrivare<br />
in questa bella baia, circondata da basse abitazioni per bagnanti,<br />
miste e Pontili per il minerale e prodotti petroliferi, pescherecci<br />
atlantici e spiagge ridossate di sabbia quasi bianca con scogli di<br />
basalto nero. Certo che qua la natura si è divertita parecchio<br />
in passato, e in mezzo alla baia, quasi a pavoneggiarsi, il Gavea<br />
Lifter col suo prezioso carico a bordo. Anche da lontano si nota<br />
che non è piccolo, ma da vicino fa ancora più impressione, e<br />
siamo ancora ben lontani dal salirci a bordo.<br />
A riceverci troviamo il project manager <strong>della</strong> Fairmout, mr.<br />
Leo Leusink, il safety-manager e un funzionario dell’agenzia<br />
marittima di supporto, dei quali non ricordo i nomi, che ci<br />
guardano con fare interrogativo, dall’alto al basso. Scambiamo<br />
i soliti convenevoli: “Com’è stato il viaggio? Come state? Come vi sembra<br />
l’hotel? Cosa ne dite di andare a bordo subito? Sapete… siamo indietro di<br />
un paio di giorni sulla tabella di marcia, così magari…”.<br />
Ormai sono le 14, mangiamo un piatto di pasta, che se la faccio a bordo una<br />
’Arrabbiata’ così me la tirano dietro. Però sono proteine, e mi sa che<br />
ci serviranno! Tempo di mettersi la tuta, senza nemmeno<br />
disfare le valige. Fortuna che ho preso su due delle mie tute<br />
e alcune paia di guanti, perché fortunello come sono, manca<br />
un tuta (‘che sfiga essere così lunghi’), e a bordo non hanno<br />
nemmeno gli occhi per piangere.<br />
Alle 15.40 siamo già a long-side, del rimorchiatore ‘Fairmount<br />
SUMMIT’, operativi al 100%! Purtroppo la divisa del Gruppo<br />
di Ravenna, spicca come un pugno negli occhi, e le prima cosa<br />
che scappa di bocca al comandante del rimorchio, un inglese di<br />
cui non ricordo il nome, è: “the same Fuck Italian style!!”; mi sa<br />
che m’ha preso un damerino.<br />
<strong>Il</strong> boss ‘Leo’ divide la squadra: “Two man on the SUMMIT, the others
with me on the GAVEA”. Io e Herme ci guardiamo e decidiamo, d’accordo<br />
con gli altri, di rimanere sul rimorchiatore; c’è da preparare la catena per il<br />
cavo di emergenza e la ‘catenaria’ per il rimorchio <strong>della</strong> piattaforma’ Atlantic<br />
Venture’ fino a Cape Town. Già vedendo i CAVETTI del Winch principale<br />
mi viene il MAGONE; però mi accorgo presto che le dimensioni sono<br />
proporzionate al ‘vettore’. Facciamo subito amicizia con<br />
Mar il nostromo filippino e gli altri tre marinai filippini<br />
dell’equipaggio, e il direttore di macchina Sergei, un<br />
ucraino, gli altri dell’equipaggio si guardano bene dal<br />
salire in coperta visto il lavoro che ci aspetta. Iniziamo<br />
col cercare uno spezzone di cavo ‘radanciato’ lungo 30mt<br />
con sezione di 76 mm. Lo troviamo avvolto ad un tamburo<br />
idraulico situato sul cassero a dritta; il problema è che è sotto<br />
ad un altro di uguale sezione ma lungo 100mt!<br />
Vabbè, stendiamo il primo in coperta, stendiamo quello che<br />
ci interessa, e rifacciamo su quello da 100mt, (fa caldo, l’ho<br />
detto vero?), lo abbisciamo sulla sinistra e cominciamo a cercare<br />
30mt di catena per il cavo di emergenza, che dovrebbe essere in<br />
uno dei due Pozzi-catene sotto i winch principali. A quel punto<br />
m’accorgo, poi confermatomi da Mar, di come il rimorchiatore<br />
sia stato costruito al risparmio.<br />
Già avevo visto alcuni pezzi scassati, rizzati qua e là in coperta,<br />
una rulliera guida-cavo del winch principale di sinistra, tutto<br />
intorcinato, due golfari di rinvio, saltati via dalla coperta<br />
perché saldati con lo sputo, “ io di saldature me ne intendo<br />
un pochino”. Poi le manovre: i verricelli in coperta che<br />
sono sulla stessa linea idraulica dei verricelli di rimorchio<br />
rispettivamente a destra e a sinistra. Così dovendo usare<br />
i ‘barbotin’ dei winch principali, per tirare fuori la catena<br />
dal pozzo, si usano i winch in coperta, incrociando i cavi<br />
di tiro, destra con sinistra e viceversa.<br />
I barbotin sono solidali all’asse dei tamburi dei cavi di rimorchio e non sono<br />
sgranabili; così rizziamo con una ghia il cavo di rimorchio del verricello di<br />
sinistra sul suo tamburo (quello senza i rulli guidavi); per tirar fuori la catena<br />
di quel pozzo usiamo il verricello di manovra di destra, prendiamo il cavo<br />
<strong>della</strong> testa <strong>della</strong> catena e tiriamo fino a far aderire le maglie <strong>della</strong> catena<br />
al suo barbotin e una volta nella sua<br />
gola dalla plancia il direttore dalla<br />
plancia, aziona il verricello principale<br />
mentre tengo sto CATENONE in<br />
forza, ma, visto che non finiva mai,<br />
Mar ci fa, “quella buona è nell’altro<br />
pozzo”.<br />
Ok, ributta dentro quello e rifacciamo<br />
la manovra inversa, “more<br />
difficult” perché a dritta la rulliera<br />
guidacavi è ancora al suo posto e il<br />
cavo va tenuto in forza e fatto sfilare<br />
assieme alla catena. È ormai buio,<br />
sono le 19 passate quando arrivano<br />
gli altri dal Gavea, piuttosto provati,<br />
mica che noi fossimo dei fiorellini.<br />
Comunque, al momento di impostare<br />
la catena sul barbotin, la gassa del<br />
cavo guida si apre, (ma gli ucraini
non danno mai retta?) e 30 o 40 mt di cavo d’acciaio da 14 mm partono a<br />
razzo, sfrecciando e spazzando la coperta, si infilano nel pozzo assieme alla<br />
catena con un rombo assordante; fortuna che nessuno si trovava<br />
sulla traiettoria, ma avreste dovuto vedere che ‘spaghetto’ ci siamo<br />
presi. Giù il filippino nel pozzo, su il cavo guida, e stavolta la gassa<br />
la faccio “IO”, va là che tiene, ‘be che cazz’(direbbe Cesare).<br />
Ore 20.15 circa, catena, quella giusta, abbisciata in coperta e<br />
cessano i lavori.<br />
Con la M/b “LAPOPP”, con un moretto al posto del radar e il<br />
comandante che puzza di Razzismo lontano un Km, facciamo<br />
20 minuti di vela al buio, per arrivare all’hotel, dove al nostro<br />
arrivo, gli altri ospiti ci guardano come fossimo marziani,<br />
tanto siamo LURIDI di grasso! Sabato là è usanza fare il<br />
barbecue e la gente è tutta sulla terrazza dell’hotel che<br />
dà sulla baia, ma noi dopo una doccia ci trasformiamo in<br />
Pallidi Turisti qualunque.<br />
La mattina dopo, domenica ci svegliamo presto, le 05.30. Colazione<br />
veloce già in tuta (con tutto il grasso) e alle 06.30 siamo già ai nostri posti<br />
di combattimento. C’è nebbia fitta, ma appena a bordo molliamo gli ormeggi<br />
del SUMMIT e ci dirigiamo verso il Gavea per consegnare la na. Al sorgere del sole iniziamo, rimanendo sulle eliche,<br />
cate-<br />
disposti a poppa indietro, passiamo il cavo del winch di<br />
manovra ai ragazzi sulla piattaforma, che ce lo rimandano<br />
per agganciarlo alla catena. Convinco Mar ad assicurare<br />
l’altra testa <strong>della</strong> catena con il cavo dell’altro winch (non<br />
si sa mai, se si rompe quello di tiro almeno non perdiamo<br />
tutto). Vista l’altezza <strong>della</strong> piattaforma rispetto la coperta del<br />
Summit (oltre i 5mt a mio avviso), l’operazione si risolve, dopo<br />
vari tentativi ed alcuni in puntamenti, ma si risolve.<br />
Sempre restando sulle eliche, ma affiancati stavolta ci vengono<br />
consegnati con un Basket, dalla gru del GAVEA, due uomini di<br />
colore ed alcune decine di bombole di Co2 e Acetilene, che poi<br />
consegnamo al nostro ritorno in banchina. Ormeggiamo che sono<br />
le 13.30 passate; pranzo al sacco preparato dalle Regie cucine del<br />
“Protea Hotel”, e verso le 15.00 arriva un bilico con una montagna di ‘ferro’<br />
su, che l’Inglese ci fa caricare a bordo, e quindi, con due matasse di cavo<br />
radanciato di 50mt x 76 m/m, due<br />
spezzoni di 50 mt di catena, sei Maniglioni<br />
da 120T, e una patta d’oca<br />
grande come me, il tutto in mezzo ai<br />
‘MARONI’. Iniziamo a stendere il<br />
tutto in coperta (siii, figurati, tutto a<br />
mano); ci mettiamo un pò a convincere<br />
l’Inglese, a lasciarci tirare fuori<br />
dalla cala un cavo decente e passarlo<br />
alla seconda bitta libera in banchina<br />
a poppavia, filare il cavo in mare,<br />
stenderlo col winch e poi tirarlo su<br />
senza Varine.<br />
Oooh... così si che si ragiona; in venti<br />
minuti stendiamo e abbisciamo il<br />
cavo di sinistra, quando invece abbiamo<br />
impiegato un’ora in sei persone,<br />
a suon di ganci e palanchini, rinvii e<br />
imprecazioni, per stendere malamen-
te l’altro. Sono le 18.00 e convinco tutti a sistemare bene<br />
pure quello di dritta, l’indomani sarà tutto più facile. E<br />
via, si fanno le 20.00 anche stasera; arrivano pure gli altri,<br />
e completata la disposizione <strong>della</strong> catenaria, salutiamo il<br />
bordo e con la Lapopp, torniamo in hotel. Belli-cotti!<br />
Ore 05.30 di lunedì, siamo già a bordo, iniziamo le<br />
operazioni mentre cala la luna e il sole è ancora lungi<br />
dal sorgere. Molla tutto e una volta in posizione sotto il<br />
GAVEA, che si era spostato ieri dove c’è più acqua, ed<br />
é stato affondato un pochino, ma poco eh?, fondo alla<br />
zappa di dritta e in andana coi cavi, ripetiamo l’operazione<br />
di ieri, passando però su la catenaria. Ma che<br />
Zucconi fra tutti! Fatichiamo non poco io ed Herme a<br />
convincere l’ucraino a rizzare il cavo di dritta con almeno<br />
due bozze, che risultano indispensabili, visto il peso e le<br />
distanze fra le due posizioni di aggancio delle catene e<br />
l’altezza ancora elevata <strong>della</strong> piattaforma. Agganciata<br />
la catena, ci spostiamo, per piazzare la seconda, ma<br />
il direttore non ne vuole sapere di abbozzare il cavo;<br />
così, come volevasi dimostrare, appena la catena col<br />
suo maniglione esce dallo specchio di poppa, patatrac,<br />
tutto a mare, e la catena deve ancora arrivare sulla<br />
piattaforma, con tutta la squadra che si ripara in fretta<br />
(GNORRRANTEEEE!!!). Prova e tira, tira e lasca,<br />
coi cavi che scioccano e i verricelli di manovra che si<br />
inginocchiano, e noi tutti a farcela un po’ sotto dopo un<br />
paio di tentativi, la catena va in cubia e i ragazzi riescono<br />
ad incocciarla in sicurezza.<br />
Tutto pronto per il TIRO, comincia la Vera operazione,<br />
per cui siamo stati mandati qua. <strong>Il</strong> gommone porta a bordo<br />
del GAVEA me ed Herme; il pontone scende bene,<br />
due rimorchiatori portuali si incocciano sulle rispettive<br />
bitte. Siamo sulla torre di sinistra con un filippino mai<br />
visto prima, attacchiamo le pompe del verricello, una o<br />
due ore d’attesa, suspence nel momento topico, quando<br />
la piattaforma va in galleggiamento, poi quando ci sono<br />
più di 9 mt d’acqua in coperta, arriva l’ordine: “All the<br />
line-men ready at the winch”. Noi ‘viriamo’, sull’altra<br />
torre Lino e Ronny ‘mollano’, a prua Mimmo, Simon e<br />
i loro filippini fanno lo stesso, e in dieci minuti, senza<br />
che i rimorchi toccassero nulla, il VENTURE passa che<br />
è una bellezza. Tutto qua!!!<br />
Tutti felici e contenti. Arrivano i ringraziamenti via radio<br />
da mr. Leon, e vista l’ora, pranziamo, svuotando i nostri<br />
cestini bianco-blu. Lo sapevo… quel MAMBRUCCO<br />
di un inglese ha rotto il cavo di rimorchio e il VENTU-<br />
RE va a ‘Sgonda’. Panico iniziale, prima ci mandano a<br />
chiamare urgentemente, ma poi si vede che cambiano<br />
idea, perché dopo un’ora ci riaccompagnano all’hotel.<br />
Sono le 15 ormai, tempo di fare una doccia, di buttare il<br />
buttabile, fare le valige, mangiare un boccone in un bar<br />
<strong>della</strong> baia (che bello, qua fanno l’Happy Hours tutte le<br />
sere), e alle 18 viene il bus per portarci a Cape Town, da<br />
dove, l’indomani partiremo per il rientro in Italia.<br />
Ecco fatto, questa bellissima esperienza, s’è svolta ed è<br />
finita; talmente in fretta, talmente di corsa che fatico a<br />
descrivere ciò che ho visto. Spero vivamente di partecipare<br />
ad altre esperienze simili e di riuscire a trasmettere<br />
ai colleghi ciò che ho vissuto, perché a chi, come a me,<br />
piace il nostro lavoro, conoscere nuove realtà, nuove<br />
persone e nuovi posti è e sarà occasione di crescita non<br />
solo professionale ma anche umana!