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"Grazie signora Marchesa" disse Villefort. "Io vi prometto di fare il mio mestiere di<br />

sostituto procuratore del<br />

Re coscienziosamente, vale a dire di essere orribilmente severo."<br />

Ma nel medesimo tempo che il magistrato indirizza va queste parole alla Marchesa, il<br />

fidanzato gettava di<br />

nascosto uno sguardo alla sua bella, e questo sguardo diceva: "State tranquilla, Renata,<br />

per il vostro amore io<br />

sarò indulgente."<br />

Renata corrispose a questo sguardo col più dolce sorriso, e Villefort se n'andò col paradiso<br />

nel cuore.<br />

Capitolo 7.<br />

L'INTERROGATORIO.<br />

Non appena Villefort fu fuori dalla sala da pranzo, lasciò la sua maschera allegra per<br />

prendere l'aria grave di<br />

un uomo chiamato al supremo ufficio di pronunciarsi sulla vita del suo simile.<br />

Ora, malgrado la mobilità della sua fisonomia, mobilità che il sostituto aveva studiata,<br />

come deve fare ogni<br />

abile attore, più di una volta innanzi allo specchio, questa volta durò molta fatica ad<br />

aggrottare le sopracciglia ed<br />

a rendere severi i suoi lineamenti.<br />

Prescindendo dalle memorie di quella linea politica seguita dal padre che poteva, se non<br />

se ne allontanava<br />

compiutamente, inceppare il suo avvenire, Gherardo Villefort era in questo momento<br />

tanto felice, quanto è<br />

concesso ad un uomo di esserlo. Già ricco per se stesso, a ventisette anni occupava un<br />

posto elevato nella<br />

magistratura, sposava una bella ragazza, che amava; e, oltre la bellezza, che era notevole,<br />

la signorina di Saint-<br />

Méran apparteneva ad una delle famiglie più favorite alla corte di quell'epoca; infine<br />

l'influenza del padre e della<br />

madre di lei, non avendo figli maschi, poteva essere consacrata tutta intera al loro genero;<br />

lei portava inoltre al<br />

marito una dote di cinquantamila scudi che, grazie alle "speranze" (parola atroce<br />

inventata dai sensali di<br />

matrimonio), poteva un giorno aumentare con una eredità di mezzo milione.<br />

Tutti questi elementi riuniti componevano dunque per Villefort un quadro di felicità<br />

abbagliante, tanto che gli<br />

sembrava di vedere delle macchie nel sole quando troppo lungamente guardava la sua vita<br />

con lo sguardo<br />

dell'anima.<br />

Alla porta trovò il commissario di polizia che lo aspettava.<br />

La vista dell'uomo in nero lo fece subito ricadere dall'altezza del terzo cielo sulla terra<br />

dove noi camminiamo;<br />

egli ricompose il suo viso nel modo che abbiamo indicato, ed avvicinandosi all'ufficiale di<br />

giustizia: "Eccomi,<br />

signore" disse, "ho letto la lettera, e voi avete fatto benissimo ad arrestare quest'uomo: ora<br />

datemi su di lui e sulla<br />

cospirazione tutti i particolari che avete raccolto."<br />

"Signore, della cospirazione noi non sappiamo ancora nulla"<br />

rispose il commissario, "ma tutte le carte che sono state trovate presso quest'uomo, sono<br />

tutte poste sotto un<br />

legaccio, e stanno sigillate sul vostro scrittoio. Quanto al prevenuto, voi lo avrete visto<br />

dalla lettera stessa che lo<br />

denunzia: si chiama Edmondo Dantès, ed è secondo a bordo del bastimento a tre alberi il<br />

Faraone, che fa<br />

commercio di cotone con Alessandria e Smirne, e appartiene alla casa Morrel e Figli di<br />

Marsiglia."

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