Madrugada numero 74 - Associazione Macondo
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senso e indifferenza / 2<<br />
12<br />
fiducia nell’altro, come scrive Papi, si conquista solo quando<br />
«una soggettività etica riconosce nell’altro qualcosa che<br />
gli assomiglia, o addirittura, una promozione politica del<br />
medesimo orizzonte etico».<br />
Per uscirne<br />
È questa la situazione in cui versa la società attuale, dove<br />
l’indifferenza sociale fra gli individui che abitano lo stesso<br />
spazio socio-economico, lungi dall’essere una mancanza<br />
nell’ordine della morale consolidata, è un progetto di<br />
dominio politico che si regge su meccanismi ben oliati.<br />
Si tratta del tentativo di creare un tipo umano conforme<br />
alla norma e privo di quel senso critico che solo rende<br />
possibile la partecipazione attiva agli avvenimenti sociali:<br />
una combinazione perversa fra crisi dei valori, società terapeutica,<br />
distruzione del welfare e privatizzazione politica<br />
del soggetto.<br />
Per uscirne non è allora possibile ricorrere a qualche<br />
sbrigativa metafisica della cittadinanza e della solidarietà,<br />
piuttosto che a interventi di sola educazione sociale, che<br />
pure possono essere utili a patto che siano iscritti all’interno<br />
di un progetto politico globale: che senso ha, di fronte<br />
a chi ha appena perso il lavoro, avviare un percorso di<br />
formazione per l’apprendimento di nuove competenze?<br />
Di fronte al dilagare della disoccupazione al posto del riconoscimento<br />
dei diritti si assiste infatti a un proliferare di<br />
progetti educativi, mentre al tempo stesso il <strong>numero</strong> delle<br />
patologie aumenta in misura esponenziale. Ma chi trae<br />
vantaggio da questo stato delle cose? Perché a un precario<br />
in cerca del riconoscimento dei propri diritti si offrono le<br />
sole strade del “ritorno a scuola” per il reinserimento al<br />
lavoro (si pensi all’ideologia sottile della formazione continua<br />
e permanente) quando va bene; oppure la costrizione<br />
a subire colloqui per l’elaborazione del profilo psicologico<br />
e di personalità, quando va peggio. Si tratta di procedure<br />
di individualizzazione del problema, cui spesso si accompagna<br />
la patologizzazione del soggetto, che producono<br />
l’effetto di occultarne la dimensione politica, collettiva e<br />
sociale. Riconsegnare questi fenomeni alla vita pubblica,<br />
perciò politica, significa allora rimettere in discussione,<br />
come alcuni movimenti stanno facendo ormai da più di<br />
un decennio e come la stessa crisi attuale dell’economia<br />
mondiale sta a dimostrare, l’euforia troppo disinvolta verso<br />
il mercato e le misure di flessibilizzazione del lavoro.<br />
Concludendo, credo perciò che la questione dell’indifferenza<br />
vada cercata più nella direzione della moltitudine di<br />
forme di precarizzazione della vita individuale e sociale che<br />
in quella dei limiti del soggetto e delle sue qualità morali.<br />
Il precariato ha prodotto l’effetto, non da poco, di isolare<br />
ulteriormente i singoli individui ed estraniarli da una qualsiasi<br />
appartenenza sociale, sia essa di tipo partitico, associativo,<br />
istituzionale o spontanea; il discorso psicologico<br />
che ne riveste gli effetti ha trasformato la struttura politicoeconomica<br />
in fatalità e quindi gli oppressi in vittime, la<br />
giustizia in compassione, la lotta per i diritti in pericoloso<br />
arbitrio morale: una genealogia dell’indifferenza.<br />
Marco Opipari<br />
dottorando di ricerca<br />
Scienze umane, Università Bicocca, Milano