2. La percezione del suono musicale
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T. Pecker Berio, Fondamenti <strong>del</strong> linguaggio <strong>musicale</strong> a.a. 2008-2009 / <strong>2.</strong> <strong>La</strong> <strong>percezione</strong> <strong>del</strong> <strong>suono</strong> <strong>musicale</strong><br />
L’ascolto di un messaggio sonoro presuppone l’interazione tra un sé e un altro, ovvero tra la fonte<br />
che genera e tramanda un <strong>suono</strong> intenzionale e chi lo recepisce. <strong>La</strong> consapevolezza reciproca di<br />
questa interazione è alla base <strong>del</strong>la comunicazione umana e la musica in tutte le sue forme ne è una<br />
<strong>del</strong>le manifestazioni assieme più pure (o “astratte”) e complesse. L’evento sonoro si trasforma (o “si<br />
organizza”) in musica attraverso l’esecuzione. L’uomo o donna che canta e suona trasmette con il<br />
proprio corpo il messaggio <strong>musicale</strong> e questo viene recepito e condiviso da chi ascolta. L’ascolto<br />
può essere “passivo” (nella sala da concerto, in una stanza, dal vivo o con la mediazione di una<br />
registrazione) o “attivo” (nella partecipazione fisica all’evento stesso: nella musica d’insieme, in un<br />
canto corale, in piazza o in un rituale), individuale o collettivo, può realizzarsi su vari piani di<br />
coinvolgimento, consapevolezza e competenza, ma esso implica sempre un’interazione interiore,<br />
una comunicazione umana che non è traducibile in parole anche quando le comprende (nella musica<br />
vocale). Da qui la purezza/astrattezza condivisa, tra le altre arti “performative”, soltanto dalla danza<br />
(il teatro e – in maniera meno netta - il cinema sono arti <strong>del</strong>la parola, ancorate cioè alla presenza più<br />
o meno evidente di una narrazione), da qui la complessità essendo la musica una forma di<br />
comunicazione che può fare a meno sia <strong>del</strong>la vista sia <strong>del</strong>la parola.<br />
I singoli elementi musicali che interagiscono tra loro costituiscono <strong>del</strong>le entità. Le melodie<br />
popolari, le canzoni d’autore, le sinfonie, le messe, le opere liriche e i singoli brani che le<br />
compongono sono <strong>del</strong>le entità musicali che noi percepiamo non tanto come una somma degli<br />
elementi che le costituiscono, ma come veri e propri “individui” che all’ascolto attento diventano<br />
familiari e inconfondibili. Man mano che li ascoltiamo, impariamo a riconoscerli e a seguire le loro<br />
vicende: essi assumono una propria vita e fisionomia, un proprio carattere; più ci addentriamo nel<br />
tessuto che li produce (e che da essi è prodotto), più sicura e sottile diventa la nostra capacità di<br />
avvertire le variazioni e le trasformazioni che essi subiscono. Ecco perché l’esperienza <strong>del</strong>l’ascolto<br />
richiede e permette di essere ripetuta infinite volte. <strong>La</strong> gioia di riascoltare un brano <strong>musicale</strong> che<br />
amiamo non viene mai meno. <strong>La</strong> stessa cosa è impensabile nella letteratura (con l’eccezione, a<br />
volte, <strong>del</strong>la poesia, la quale – come abbiamo modo di vedere - è di tutte le arti la più vicina alla<br />
musica), nel teatro di prosa o nel cinema (<strong>del</strong>la differenza sostanziale tra musica e le arti figurative<br />
abbiamo accennato nei paragrafi precedenti di questo capitolo).<br />
<strong>La</strong> ripetizione - in stretto rapporto con la variazione e lo sviluppo - è alla base <strong>del</strong>la musica, a tutti<br />
i suoi livelli: nell’invenzione, nella costruzione <strong>del</strong>la forma, nell’apprendimento, nell’esecuzione e<br />
nella ricezione dalla parte <strong>del</strong>l’ascoltatore. Dice Michel Imberty:<br />
<strong>La</strong> ripetizione […] genera il tempo e, nel tempo, una direzionalità, un presente che verso<br />
qualcosa: ma genera anche un prima e un dopo, con i quali il compositore invita<br />
l’ascoltatore a giocare, ricordare e anticipare, con un margine sufficiente d’incertezza<br />
affinché ogni volta si insinui la sensazione che la ripetizione avrebbe potuto non realizzarsi,<br />
che il futuro può sempre essere sconosciuto, che il medesimo atteso può fondersi in un altro<br />
che, a sua volta, può tuttavia non essere completamente diverso. 7<br />
<strong>La</strong> reintroduzione di una configurazione <strong>musicale</strong> genera nell’ascoltatore l’attesa <strong>del</strong> successivo<br />
ritorno di essa. <strong>La</strong> risoluzione o meno <strong>del</strong>l’attesa, il grado di attenuazione <strong>del</strong>la tensione che<br />
nell’attesa è implicita e la generazione di ulteriori attese dipendono dal modo di procedere <strong>del</strong><br />
“discorso” <strong>musicale</strong>: esso si comunica all’ascoltatore e ne conquista l’attenzione attraverso una<br />
gamma infinita di relazioni tra ripetizione e variazione <strong>del</strong> già udito, tra elementi familiari e nuovi,<br />
tra appagamento e sorpresa.<br />
Queste e altre qualità che verremo a conoscere nelle prossime lezioni, contribuiscono alla<br />
complessità <strong>del</strong> fenomeno <strong>del</strong>la musica senza pertanto ridurre l’immediatezza e la profondità <strong>del</strong>la<br />
7 M. Imberty, <strong>La</strong> musica e l’inconscio in Enciclopedia <strong>del</strong>la musica, vol. II, Il sapere <strong>musicale</strong>, Torino, Einaudi, 2002,<br />
p. 337.<br />
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