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La Professione di Psicologo n. 1/2006 - Ordine Nazionale Psicologi

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Professionalismo e psicologi<strong>di</strong>ce Deontologico degli <strong>Psicologi</strong> Italiani che stabiliscenorme comportamentali sia per quanto attiene airapporti con l’utenza-clientela e la committenza sia perquanto attiene ai rapporti con i colleghi sia infine perquanto attiene ai rapporti con la comunità sociale.Esaminando più approfon<strong>di</strong>tamente i tre pilastri delprofessionalismo rispetto alla professione <strong>di</strong> psicologove<strong>di</strong>amo che si manifestano alcune criticità.In primo luogo la conoscenza e la competenza specialistichesono messe in <strong>di</strong>scussione. A tutt’oggi il titolo<strong>di</strong> laurea in psicologia non è esplicitamente contestatoquale requisito minimo per la acquisizione delle conoscenzepsicologiche <strong>di</strong> base (che sono in sé peraltro specialistiche)ma rischia <strong>di</strong> essere svuotato in parte <strong>di</strong>questa specificità. <strong>La</strong> mo<strong>di</strong>fica dell’iter formativo universitariocol percorso cosiddetto tre più due, anche seoggi in fase <strong>di</strong> superamento, ha aperto la strada a pericolosederive. Quale è il pericolo? Il pericolo è che lecompetenze psicologiche vengano in qualche modoconsiderate aspecifiche e trasversali e appannaggio <strong>di</strong><strong>di</strong>verse altre professionalità, consolidate o emergenti.Analogamente si evidenziano delle criticità anche perquanto riguarda l’accesso regolamentato e riconosciutoalla professione. E’ questo un punto <strong>di</strong> estrema criticità.Il nostro Or<strong>di</strong>ne non si è mai connotato come organismofortemente caratterizzato sul piano corporativo, soprattuttoper quanto riguarda l’accesso alla professione.Una professione in crescita come la nostra non avrebbeavuto del resto nessun interesse a caratterizzarsi in questomodo. Oggi però la situazione potrebbe cambiare.L’enorme numero <strong>di</strong> studenti iscritti ai Corsi <strong>di</strong> <strong>La</strong>ureain <strong>Psicologi</strong>a, oltre a porre un importante questione sullaqualità della formazione, porterà a breve un problema<strong>di</strong> sovrapproduzione <strong>di</strong> laureati con la conseguentemarginalizzazione <strong>di</strong> un grosso numero <strong>di</strong> psicologi <strong>di</strong>spostiad accettare lavoro a qualsiasi con<strong>di</strong>zione. In <strong>di</strong>versisettori questo già accade. E’ evidente che una situazione<strong>di</strong> questo tipo rischia <strong>di</strong> minare alla base unodei pilastri della professione.Il terzo punto è infine quello dell’etica pratica ed istituzionalepunto sul quale, a giu<strong>di</strong>zio dei teorici delprofessio-nalismo, si giustifica l’esistenza stessa delleprofessioni regolamentate. Il professionalismo vedequin<strong>di</strong> la conoscenza e la competenza <strong>di</strong>sciplinate comefinalizzate al raggiungimento <strong>di</strong> un bene pubblico socialmentee istituzionalmente riconosciuto.I principi deontologici che guidano la nostra professionesono, insieme ad una epistemologia comune, ilcar<strong>di</strong>ne della professione.<strong>La</strong> specificità e la peculiarità dell’operare dello psicologosta nella centralità che nel suo operare assume ilcliente/utente. Il nostro Co<strong>di</strong>ce Deontologico riconosceche l’attività professionale ha un ruolo e una funzionesociale generale il che comporta da parte dei professionistila osservanza <strong>di</strong> norme comportamentali chetutelino innanzitutto appunto il fruitore della prestazione.Il Co<strong>di</strong>ce contiene alcuni fondamentali imperativideontologici che definiscono questi rapporti e rimandaquin<strong>di</strong> alla necessità <strong>di</strong> una attenzione costantealle esigenze del cliente/utente, alle istanze comunitariee alla <strong>di</strong>mensione organizzativa all’interno dellaquale si svolge l’attività professionale.Le cose non sono però neppure nell’ambito etico cosìlineari e prive <strong>di</strong> criticità. Una delle situazioni più criticheè quella, sempre più frequente, nella quale un professionistaha rapporti con il cliente/utente all’interno<strong>di</strong> un mandato professionale il cui committente è <strong>di</strong>versodal cliente, il quale committente potrebbe avereinteressi anche contrastanti con quest’ultimo. A chi rispondeil professionista? Il nostro Co<strong>di</strong>ce è abbastanzachiaro al riguardo ma il solo richiamo a normedeontologiche non è sufficiente a risolvere il problemadella salvaguar<strong>di</strong>a della autonomia professionale rispettoagli interessi della committenza.<strong>La</strong> logica che dovrebbe guidare il professionista è <strong>di</strong>versaper esempio da quella del manager. Si tratta <strong>di</strong> logicheche possono e devono in <strong>di</strong>verse situazioni trovareuna me<strong>di</strong>azione ma sono <strong>di</strong>verse, l’una, quella del professionista,legata ad un bene pubblico, l’altra, quella delmanager, a logiche economiche o burocratiche. Nel momentoin cui queste logiche <strong>di</strong>vergono sarebbe obbligoper il professionista attenersi al rispetto della sua logicama quanto questo può ragionevolmente avvenire?E’ pensabile che l’etica istituzionale possa esser l’unicocollante che tenga insieme interessi <strong>di</strong>fferenti: interessedei singoli professionisti, interesse della categoria,interesse del committente e interesse pubblico?E’ evidente che la <strong>di</strong>mensione dell’etica istituzionale,pur basilare, debba essere integrata con altri strumenti.Ma quali?8<strong>La</strong> professione <strong>di</strong> psicologo n. 01/06

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