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sq16 - lo Squaderno - professionaldreamers

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questioni non eludibili sul futuro di questo versante della città contemporanea, e al<strong>lo</strong> stessotempo lasciano già intendere tre solchi lungo i quali iniziare a svolgere nuovi esercizi visionariper una sua trasformazione migliorativa.Il divenire esplicito del fallimento del grande progetto individualistico di costruzione di unacittà di sole case si accompagna alla crescente consapevolezza, laddove questa è ancoraintensamente abitata, della necessità di promuovere nuove azioni condivise per costruire ilversante collettivo di una città che ne è sempre stata sprovvista, e che oggi comprende dinon potere più sopravvivere senza. Sono le “azioni comuni” che germogliano nelle periferiegrazie ai consorzi e ai comitati di autorecupero, che lasciano intravedere nuove possibilità pergli abitanti di autodeterminare insieme i propri spazi collettivi – grazie a nuove forme di collaborazionetra tecnici e residenti – e di immaginare un futuro capace di smentire il passato 4 .Assistiamo poi a processi di ri-abitazione attraverso i quali nuovi inquilini iniziano a modificaree ripensare un patrimonio edilizio ex-abusivo ancora gravemente sottoinfrastrutturato.Le risposte creative dei singoli al meccanismo pubblico – sempre più inceppato e, a contifatti, insostenibile – per l’infrastrutturazione a posteriori dell’urbanizzato abusivo fannosvanire il rapporto clientelare e di rivendicazione che ha legato a lungo classi politiche <strong>lo</strong>calie abitanti, lasciando emergere un nuovo paesaggio tecno<strong>lo</strong>gico promosso da privati o daforme consortili. Attraverso un sistema diffuso di componentistica che a livel<strong>lo</strong> molecolaredota il territorio di nuove e diverse infrastrutture la città abusiva diventa il laboratorio per unasperimentazione ambientale che trova spazio per attuarsi proprio laddove la parte più dura erigida dell’infrastruttura pubblica non è mai giunta 5 .Infine <strong>lo</strong> svanimento. Gli irreversibili processi di abbandono che a macchia di leopardo stannointeressando i tessuti abusivi più degradati lasciano emergere l’immagine di una città su cuila natura fa il suo corso, e che si dissolve nel paesaggio. La bassa qualità delle architetture,ma più radicalmente <strong>lo</strong> scadimento di un patrimonio architettonico – e dell’immaginariocollettivo correlato – che non incontra più l’orizzonte di qualità espresso dalla societàcontemporanea, anticipano un grande progetto di sottrazione che aggiusta il territorio smontando,spostando e cancellando le architetture più problematiche. Non so<strong>lo</strong> muscolarmente,col bulldozer e l’ordinanza di demolizione. I recenti fatti legati alle controverse demolizionidi Ischia ci insegnano come sia difficile venirne a capo soltanto facendo valere l’applicazionedella norma contro un costume così radicato nella popolazione. Piuttosto, l’intelligenzarisiederà nell’articolazione di incentivi che possono far leva, da un lato, su di un immaginarioche sta inesorabilmente cambiando, dall’altro, su una serie di inedite convenienze che proprioil fallimento del progetto iniziale sta diffusamente svelando nelle pieghe del territorio 6 .4 Dando concretezza ad alcune riflessioni di Yona Friedman sulla capacità di autoregolazione sociale: Yona Friedman(1974) Utopies réalisables. Paris: Éditions de l’éclat; trad. it. (2003) Utopie Realizzabili. Macerata: Quodlibet.5 Si vedano le riflessioni sulla necessità di un diverso progetto infrastrutturale per i territori contemporaneia bassa-media densità contenute in Andrea Branzi (2006) Modernità debole e diffusa. Il mondo del progettoall’inizio del xxi seco<strong>lo</strong>. Milano: Skira, in particolare il capito<strong>lo</strong> “Modelli di urbanizzazione debole”; e Paola Viganò(a cura di, 2001) Territori della nuova modernità. Napoli: Electa, in particolare la sezione “Nuove infrastrutture”.6 Un progetto sottrattivo non può prescindere dalle riflessioni di Kevin Lynch (1990) Wasting away. SanFrancisco: Sierra Club Books; trad. it. (1992) Deperire. Rifiuti e spreco. Napoli: Cuen; o dagli interventi di “dearchitetturizzazione”di Robert Smithson, vedi Nancy Holt (a cura di, 1979) The writings of Robert Smithson.New York: New York University Press. Ma può rintracciare buone pratiche anche in molta letteratura più recente.Si vedano, tra gli altri, Alan Berger (2006) Drosscape. New York: Princeton Architectural Press, Philipp Oswalt(2006) Shrinking cities volume 2: Interventions. Ostfildern: Hatje Cantz.

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