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sq16 - lo Squaderno - professionaldreamers

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presentare un’opera d’arte in 15 minuti. Molti intervistati scelgono però un luogo o un monumentourbano: Pasolini parla di Orte, Fellini dell’Eur, Ronconi di piazza Maggiore a Bo<strong>lo</strong>gna, ecosì via. Zanzotto è tra i pochi, a mia conoscenza, a scegliere invece un posto naturale, anchese la sua passeggiata al mulinetto di Rolle si conclude con una visita alla Pieve di San Pietrodi Feleto, dove il poeta si attarda su alcuni affreschi naïf all’interno e all’esterno della chiesa.L’ottica è quella di mostrare “la partecipazione delle piccole opere umane alla carnalità stessadella terra, del paesaggio”; e questo intreccio, variante del sempiterno binomio culturanatura,si rivela efficace proprio per sondare gli scarti temporali che sconnettono l’habitatzanzottiano.La seconda cosa particolare è la ricorrenza di alcune parole per indicare quel<strong>lo</strong> che è visto emostrato. La natura e le piccole opere – o il <strong>lo</strong>ro abbraccio – sono spesso dolci (“Con dolcecuriosità” è il tito<strong>lo</strong> e il primo verso della poesia che ascoltiamo in apertura) o deliziose,oltre ad essere belle. Questa zona semantica così insistente nel filmato, ha il pregio di esserebifronte nell’opera di Zanzotto. Ci proietta infatti direttamente nelle prime poesie, dove leatmosfere, le influenze stilistiche (da Gatto a certo surrealismo), l’aggettivazione, creano unbasso continuo stupito e soave. Ma nel<strong>lo</strong> stesso tempo ci porta al cuore de La Beltà. In unodei componimenti di “Profezie o memorie o giornali murali” troviamo infatti un ricordo primigenioin cui suono e visione si fondono nel piacere puro della parola, ripetuta, variata, resaal gusto della bocca. Il viluppo ineffabile, infans, è bagnato da una luce dilagante in tutta laraccolta, che proviene dal 33° canto del Paradiso, cui La Beltà rende un omaggio vibrante conil concetto di oltraggio (“Oltranza oltraggio” è il tito<strong>lo</strong> della poesia inaugurale). In “Profezie”(ivi, 330) appare una luminosa scena originaria:o su quale dolce calesse bellamente guidatodal babbo con la mami-maminasu una lunga via volta al mirabile tu stesso mirabileper il tuo: ecco, per il tuo: ora, per il tuo: sì,Ego-nepiosautodefinizione in infanzia(teoricamente)da rendere effabile in effabilitàsenza finecon tanta pappa-pappo,con tanti dindi-sissiEgo-nepios, o Ego, miserrimo al centro del mondo tondoma avvolto nel bianco vel<strong>lo</strong>, sul bianco seno,hop-là, col cavallino in luceeohippusdentro la mondiale tenerezza.Questa visione, che Zanzotto definisce un “protoricordo particolare”, sorge e si diffonde in unacantilena concentrica intessuta di tintinnii e imbevuta di luce. Un trotto armonioso (i“sissi”sono i sonagli, i sistri pascoliani e montaliani) scandisce la regressione après coup all’Egonepios,cullato dal “dolce calesse” insieme ai genitori.Se ho istintivamente associato il filmato Rai a questa ricordanza zanzottiana è per il fattoche anche questa poesia fa eco a qualcosa di <strong>lo</strong>ntano, di vago per eccellenza. Un indefinito

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