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20<br />
Galfetti e la città<br />
contemporanea<br />
Lo spazio culturale San Gaetano ha ospitato il ciclo <strong>di</strong> incontri “Le forme<br />
dell’emozione”, tra cui molto interessante l’appuntamento <strong>di</strong> gennaio<br />
con vari esperti del mondo dell’architettura: dal professor<br />
Aurelio Galfetti, architetto <strong>di</strong> Lugano che a Padova ha firmato<br />
il complesso Net center e sta lavorando con il suo team alla riqualifica<br />
del quartiere San Lazzaro, e ancora Antonio Cetera, Paolo Perulli,<br />
Piergiorgio Vitillo, e gli assessori Luigi Mariani e Ivo Rossi.<br />
Ecco alcuni passi significativi dell’intervento dell’architetto<br />
Galfetti: “I miei progetti nascono dalla<br />
convinzione personale, totalmente con<strong>di</strong>visa dai<br />
miei associati, Carola Barchi e Luciano Schiavon,<br />
che architettura e urbanistica sono attività <strong>di</strong> uno<br />
stesso mestiere; quello della costruzione dello<br />
spazio <strong>di</strong> vita dell’uomo cioè, in altre parole, progetti<br />
per i quali l’essenza del fare architettura sta<br />
tutta nel processo <strong>di</strong> strutturazione degli spazi<br />
della città, siano essi privati o pubblici. C’è chi <strong>di</strong>ce<br />
che la città contemporanea ( che sia <strong>di</strong>ffusa o generica<br />
o frammentaria ) non ha più bisogno <strong>di</strong><br />
spazi pubblici e tanto meno <strong>di</strong> un <strong>di</strong>segno generale.<br />
Io invece affermo il contrario e <strong>di</strong>co che non<br />
esiste vera urbanistica e, <strong>di</strong> conseguenza, vera<br />
città senza un progetto dei suoi spazi pubblici e<br />
tanto meno senza un <strong>di</strong>segno generale.”<br />
Ma quali sono i nuovi spazi urbani e quali possono<br />
essere i mezzi per trasformarli?<br />
Sono tutti quelli che l’urbanistica del secolo<br />
scorso voleva realizzare solo attraverso le norme<br />
applicate alla proprietà privata e senza progetti<br />
per la parte pubblica. Oggi invece tutti parlano <strong>di</strong><br />
progetto! Progetto! Parola magica. Ma quale progetto?<br />
Oggi è invalsa la moda che il progetto é<br />
un’immagine, quella dell’oggetto “ extra – or<strong>di</strong>nario<br />
”, possibilmente strano e storto, un progetto<br />
soprattutto firmato, che dovrebbe risolvere tutte<br />
le problematiche urbanistiche attraverso un’immagine<br />
eccezionale. Io credo invece che la città<br />
contemporanea non possa essere costruita con i<br />
soli pieni, con i soli volumi; occorrono progetti <strong>di</strong><br />
spazi, <strong>di</strong> vuoti che interpretano e esprimono la<br />
complessità del vivere contemporaneo. Non sono<br />
gli e<strong>di</strong>fici che fanno l’urbanità o la bellezza <strong>di</strong> una<br />
città, sono i vuoti. Non è possibile pensare <strong>di</strong> costruire<br />
una città senza coor<strong>di</strong>nare la forza devastante<br />
della viabilità impostata solo su schemi<br />
tecnici e il bisogno <strong>di</strong> urbanità che l’abitare richiede.<br />
E non è assolutamente un problema <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni,<br />
<strong>di</strong> quantità. L’incompatibilità non<br />
<strong>di</strong>pende dal fatto che la viabilità è troppo intensa,<br />
è un problema <strong>di</strong> progetto che deve conferire<br />
uno spazio adeguato a ognuna <strong>di</strong> queste componenti.<br />
Ma al progetto <strong>di</strong> spazi per la viabilità<br />
con caratteri <strong>di</strong>versi, da quelli dettati dalla tecnica,<br />
sovente si oppongono le normative della viabilità<br />
stessa, anche se basta constatare come la viabilità<br />
funziona per dubitare della loro vali<strong>di</strong>tà.<br />
Come procedere in questo conflitto che, dopo<br />
avere deturpato i centri storici delle città, ora<br />
sconvolge la periferia?<br />
Forse questi incontri aiutano a fare <strong>di</strong>alogare<br />
operatori <strong>di</strong>versi.<br />
ALESSANDRA CICOGNA<br />
A sinistra l’artista Severino Del Bono<br />
con il gallerista Dante Vecchiato.<br />
Lo specchio<br />
del volto<br />
Vernissage alla<br />
Galleria Vecchiato<br />
per il giovane artista<br />
Severino Del Bono.<br />
Una luce misteriosa, <strong>di</strong> ascendenza caravaggesca,<br />
attraversa obliquamente le<br />
superfici <strong>di</strong> Severino Del Bono esposte<br />
alla galleria Dante Vecchiato, in piazzetta<br />
San Niccolò. Durante il vernissage<br />
l’artista ha presentato, insieme al curatore<br />
della mostra Nicola Galvan, le sue<br />
opere caratterizzate da figure dagli<br />
occhi chiusi illuminate da una luce che<br />
squarcia il velo del silenzio. Così i soggetti<br />
cedono in parte la forza espressiva<br />
detenuta dallo sguardo ai tratti somatici<br />
dando anche ai dettagli una rigenerata<br />
forza comunicativa. L’artista, come<br />
nell’allestire la scena <strong>di</strong> un antico teatro<br />
viaggiante, fa scorrere <strong>di</strong>etro ai suoi protagonisti<br />
degli stravaganti fondali, che<br />
impe<strong>di</strong>scono all’immagine ogni autentica<br />
profon<strong>di</strong>tà e prospettiva.<br />
KATIA ROSSI