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Sport & DintorniAlbertini, anche per lei “la scuola era brutta” e ilcalcio è sempre rimasto un divertimento?Per me la passione è sempre stata il filo conduttore, finda quando da bambino scavalcavo la cinta dell’oratoriodi villa Raverio per tirare quattro calci al pallonecon gli amici, oppure quando, due giorni dopo quelrigore di Usa ’94, ci siamo incontrati ancora sul campodell’oratorio per una sfida fra noi ragazzi del 1971 eil resto del mondo. Questa era la passione, questa èla passione, rimasta fin quando, a 34 anni, decisi didire basta pur essendo al Barcellona. Uno deve saperscegliere, capire il momento di smettere.Fosse stato solo per me avrei lasciato lo studio, macapivo che quell’impegno era un atto dovuto.Troppo spesso, in questo mondo, le illusioni ai figliprovengono anche dai genitori.Ormai dico che servirebbero degli allenatori per igenitori, per il loro modo di tifare. Il problema riguardasolo il nostro Paese, quello che gira attorno al calcio, laspettacolarità di questo sport che porta a far sì che ilgenitore veda nel figlio un investimento. Io ho avuto unagrande fortuna, quella di non avere genitori assillanti,di avermi concesso di vivere la mia passione.Mondo della scuola e riflettori del pallone. Faticae illusione di successo: <strong>com</strong>e conciliare questidue universi in chi inizia la propria avventura nelcalcio?Io ho sempre considerato lo studio di fondamentaleimportanza per la mia vita. A 14 anni mi svegliavoalle 6 di mattina per andare a frequentare la scuola pergeometri a Seregno, poi da solo raggiungevo Milano,che per la mia generazione non era normale <strong>com</strong>eadesso. Quindi tornavo a casa e mi mettevo sui libri.Non a caso, il senso della Scuola Calcio DemetrioAlbertini nasce da qui, dal desiderio di coltivare undivertimento con degli allenatori che siano prima ditutto educatori, poi anche istruttori.Quando si parla di sport, tutto deve nascerespontaneamente. Il bambino la sua passione la devescegliere. La filosofia della mia Scuola è quella dirichiamare la semplicità di una volta, quando si giocavaper strada o sul campetto dell’oratorio. Voglio che iragazzi giochino senza illusioni, per quello ci pensanogià i genitori.Dopo diverse tappe, l’inaugurazione a Besana Brianza:che effetto le fa?Mi sento a casa, questa è la mia gente, i miei posti. Primadi arrivare al campo sono andato a rivedere i luoghiche per tanti anni sono stati la mia vita. Tutto è ancora<strong>com</strong>e un tempo, favoloso. È meraviglioso, mi rendeorgoglioso pensare che grazie a questo mio progetto sipossano unire tante esperienze diverse, tante capacitàprovenienti dalle associazioni, dagli oratori, dai paesi.MC n° 66Anche perché la situazione, a Besana, non è stata dellepiù semplici nel passato recente, con un travaglioagitato nel settore del calcio…Io, da cittadino besanese, voglio essere un’opportunitàper il mio territorio. Ci metto il nome, la faccia, la miaScuola. Giro l’Italia per dare ai ragazzi un’occasione inpiù, spero possa essere colta. In un momento storico<strong>com</strong>e questo, sono convinto che il nostro Paese debbapuntare ancor di più sullo sport, un prodotto valorialefondamentale per le generazioni più giovani.60

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