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Anno XXVII - n° 2 - Ottobre 2010 - Attivecomeprima Onlus

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Tra medico e pazienteAppunti di unviaggioUn “kit” per viaggiare ben attrezzatiattraverso il percorso delle cure oncologiche:ce lo dice Raffaele Migliaccio, oncologoA.D. Accord Healthcare Italia16Noi di <strong>Attivecomeprima</strong> ti conosciamo come una personacon un notevole valore umano e professionale;com’è nata la tua scelta per gli studi di medicina e laspecializzazione in oncologia?Ho sempre pensato che fare il medico non dovesse essereun fatto di ambizione, ma di sensibilità. Essa è determinante.Curare una patologia non può prescindere dal fatto di capirecome una persona soffre; credo che questo sia alla base.Capire le persone per poterle aiutare.Come dire che il medico deve tirare fuori il pazienteche è in lui... per sviluppare un rapporto empatico.Esatto! Il medico non deve rimanere estraneo e asettico difronte ai problemi del paziente, ma ha il dovere di ascoltarlo epercepirlo come una persona con sentimenti, idee e obiettivi daraggiungere; una persona che non può essere etichettata solocome “malato di...”. Questa sensibilità è stata un fertilizzante perla mia formazione professionale, per poter entrare nel mondo dichi soffre e dargli un supporto psicologico oltre che farmacologico.E nell’oncologia, questo sentire, è ancora più forte.La patologia oncologica ti butta in faccia, senza mezzemisure, il rischio di poter morire. Improvvisamente ebrutalmente, la persona diviene consapevole di qualcosache appartiene a tutti, ma a cui non si pensa. Il medicocome può aiutare il paziente a gestire la paura dell’ignotoe della precarietà per poter vivere al meglio?In oncologia, più che in qualsiasi altra patologia, l’umana consapevolezzadi poter morire si palesa in modo violento. Il tumoresembra dirti “Guarda che i tuoi giorni possono terminare”.Prendi così coscienza della precarietà della vita, precarietàche, in ogni caso, appartiene a tutti noi. È un paradosso ma,sembra che il tumore dia una possibilità di capire e poter fareciò che non si è mai fatto per mancanza di tempo. Un medicodeve aiutare a fare in modo che si senta che è la qualità dellavita ad essere importante. Deve portare alla consapevolezza diciò che si vive oggi per non lasciare mai nulla al domani. Puòsembrare una pazzia dire questo in un momento di sofferenza,ma è come se il problema oncologico desse quasi un’opportunitàal paziente... “A ttenzione fino ad oggi c’è stato questo,ma tra poco la tua vita potrebbe avere un termine; fai le coseche non hai fatto o fai le cose giuste che devi e che ritienigiusto fare” ...io credo che se si riesce a non farsi prendere,a restare lucidi rispetto a un dramma del genere e a viverlo inquesto orizzonte, allora si capovolge completamente l’approccioalla problematica.Credo che questo sia un elemento importante, molto importante,credo che ognuno di noi, quando sente o teme dipoter essere alla fine dei suoi giorni, soprattutto se a causadi una patologia, abbia il rimorso di non aver fatto delle cose.C’era una bellissima poesia, “Quella lettera che non ho maiscritto”... scriverò a quel mio amico, manderò un messaggioa quel mio amico, telefonerò a quel mio amico, questo lo faròdopodomani, vabbè... me lo sono dimenticato lo farò domani...poi alla fine, porca miseria, volevo scrivergli e non gli ho maiscritto... È il problema della consapevolezza della durata; laconsapevolezza, non la certezza del fatto che può finire...Facciamo un passo ulteriore: il passaggio tuo personaleda oncologo clinico a manager di una grande azienda;mi incuriosisce sia il perché, sia il come tu sia riuscitoa coniugare ruoli, competenze e sensibilità apparentementecosì diversi e a dare corpo ai progetti dell’aziendadi cui tu sei amministratore delegato. Come si intreccianoquesti due aspetti, o meglio, queste due storie?A un certo punto della mia vita, una serie di lutti avvenuti nelgiro di un anno, ha generato in me una estrema sensibilità aldolore. L’equilibrio sapiente tra scienza e coscienza in quelmomento si è incrinato. Così mi sono buttato nell’ambitofarmaceutico, diventando amministratore delegato di un’aziendaindiana, la Accord Healthcare, che ha una filosofia moltoparticolare: non considera l’ammalato in quanto tale comeobiettivo, ma lo tiene presente come persona in una faseparticolare della vita. Per me è stata l’opportunità di poterancora aiutare le persone e conciliare quello che è businesscon l’aspetto umano. Questa casa farmaceutica non è solo unproduttore di farmaci; è un’azienda che si vuole mettere vicinoalla persona prima ancora che all’ammalato, consapevole delfatto che la patologia del tumore modifica l’approccio alla vitacon un’esperienza di cambiamento.“Appunti di un viaggio” è un kit che la tua azienda harealizzato con finalità d’aiuto alle persone: di cosa sitratta? Come verrà utilizzato?Nel titolo si trova la filosofia di questo kit: il viaggio. La malattiadeve essere vista come un viaggio che una persona intra-

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