12 - <strong>Nello</strong> <strong>zaino</strong>lontariato, non siano disperse ma siano trasmesse ai piùgiovani. Insomma, trasmettere l’esempio dei “bravimaestri” ai ragazzi e alle ragazze in modo che non vadaperduto.Torniamo al 2004. L’Ana non la prese molto bene.Si parlò, qualcuno ne parla ancora, di snaturalizzazionedelle Truppe Alpine.Sono reazioni comprensibili. Mi rendo conto che peri “vecchi” nonni alpini sentire parlare gli alpini oggi inservizio con accento napoletano, calabrese o sicilianopossa risultare strano.Osservo tuttavia il tutto sotto una diversa prospettiva.Spesso i meridionali che si arruolano sono ragazziche provengono da backgrounds sociali e culturali diversida quelli settentrionali, spesso senza punti di riferimento.Nell’Esercito, in particolare nelle TruppeAlpine, trovano delle regole, disciplina e, grazie allospirito di corpo e alla vicinanza dell’Ana, una famigliadi appartenenza, dei valori, un patrimonio umano positivoda spendere poi nella società civile. Nell’ottica delsistema Paese mi sembra un ottimo affare.Quindi ci sono dei punti in comune tra alpini diieri e quelli di oggi?Certamente. Un pescatore siciliano e un montanarobergamasco avranno comunque delle affinità e troverannoil modo di intendersi, perché entrambi conosconol’asprezza della natura, le difficoltà e i disagi di unavita in ambienti estremi; entrambi imparano da piccoliil valore della solidarietà. Il che spiega, per esempio,perché lo scrittore napoletano Erri De Luca e il belluneseMauro Corona riescano a comprendersi anchesenza parlare, attraverso lunghi silenzi.Quello che a settentrione si chiama spirito alpino, ameridione si chiama in altro modo, ma è la stessa cosa.Al Ministero della Difesa però si discute di untaglio di 140mila unità nei prossimi 10 anni. Difficilepensare che la contrazione non interesserà anchele Truppe Alpine, tra l’altro in un frangente dove iragazzi, perfino quelli settentrionali, ritrovano interesseper la divisa.Per ragioni storiche ci troviamo nella situazione dicontare in servizio più ufficiali e sottoufficiali di carrierache non soldati di truppa: una piramide rovesciata.La condizione ottimale di un esercito moderno è ilcontrario. Si è costretti così ad operare dei tagli, i bandidi concorso sono congelati e vengono adottati tutti iprovvedimenti necessari per ottimizzare e valorizzarele risorse disponibili .<strong>Nello</strong> specifico delle Truppe Alpine, senza nulla togliereagli altri corpi, va rimarcato che la Nato nelleattuali missioni all’estero richiede all’Italia soprattuttoAlpini e Carabinieri. Gli alpini, in servizio e in congedo,sono sulla bocca di tutti. L’attuale Capo di StatoMaggiore dell’Esercito proviene dalle Truppe Alpine.E’ questo il momento per l’Ana di far valere un certo“peso”, fatto di storia, efficienza e tradizioni, e purtroppodi morti in servizio.Quindi il gioco è nelle mani dell’Ana?Se vogliamo metterla così.Parliamo di risorse. Molti lodano l’Ana, la protezionecivile alpina, l’efficienza e la professionalitàdei volontari. Però efficienza e professionalità hannoun costo. E sull’argomento chi di dovere è sempresordo.E’ esattamente ciò che dicevo poc’anzi. Un esempio:il Bacchiglione esonda periodicamente coinvolgendovari comuni del Vicentino. Intervengono le squadre diprotezione civile. Molto bene, molto bravi. Ma poi unrendiconto agli Enti Locali occorre pur farlo: “Cari Amministratorilocali, meno risorse significa meno mezzi,minore formazione, e quindi minor efficienza nell’emergenza;come la mettiamo?”. Può apparire un discorsosemplicistico, ma non lo è. Soprattutto se lo propongonogli alpini abituati a rendere conto al centesimo diogni soldo ricevuto e speso in attività di Protezione eDifesa Civile.Qual è la differenza?La Protezione Civile risponde come linea di comandoal Dipartimento Nazionale della Presidenza del Consigliodei Ministri; interviene nelle calamità naturali.La Difesa Civile risponde come linea di comando alMinistero dell’Interno; interviene in occasione, peresempio, del disinnesco di un ordigno.Abbiamo sfiorato il tema “giovani”. C’è chi pensache alle nuove generazioni manchino spunti aggregantie formativi.Con tutti i suoi limiti la leva obbligatoria era un’opportunitàdi crescita. Quella alpina in particolare, da cuiil ruolo dell’Ana come punto di riferimento.Oggi andrebbero individuati altri momenti di formazione,magari limitati nel tempo, magari nella leggequadro sul volontariato nazionale. Anche perché igiovani hanno tanta più generosità e solidarietà diquanto si possa lontanamente immaginare. Occorredare concreta attuazione al dettato dell’art. 53 dellaCostituzione: chi ha di più deve dare di più. Oggi piùche mai si tratta di un imperativo etico e morale. Occorreinsegnare che non tutto è facile, che non si ottienetutto subito; combattere il messaggio mistificatorioche viene dalla televisione. In questo senso glialpini sono un esempio.
<strong>Nello</strong> <strong>zaino</strong> - 13Il soggiorno realizzato nel 1969 dall’Ana sull’Altopiano del RenonCostalovara casa degli Alpini[Un luogo per le vacanze difigli e nipoti degli alpini(Casa del Bocia) diventatopresidio di italianità edelemento aggregante con lagente sudtiroleseCostalovara, un grande chalet immersoin una ambiente meraviglioso.La storia del soggiorno alpino di Costalovara iniziada lontano. E’ un racconto nel quale s’intrecciano nomidi alpini entrati in un immaginario albo d’orodell’Associazione; è una storia di fatti, progetti, investimenti,intuizioni. Una storia costruita con impegno,un po’ di fortuna, e molto, molto lavoro.In questi ultimi anni il soggiorno è rinato sull’ondadello spirito aggregativo che caratterizza dal 1919 tuttal’attività associativa. Il valore del soggiorno perciòsupera quello economico per assumerne uno sociale,umano: alpino. Per le penne nere, certo, ma non soloper loro.1965L’idea prende forma tra il settembre e l’ottobre 1965quando durante una riunione del Consiglio direttivonazionale il presidente Ugo Merlini propone di acquistareuna proprietà nei dintorni di Bolzano –si leggenei documenti dell’epoca- da destinare “all’istituendaCasa del bocia”. Si tratta di alcuni terreni sull’altopianodi Renon, sopra Bolzano, individuati dal presidentedella sezione Alto-Adige Genesio Barello. I primilotti sono comprati già a novembre 1965. La spesa èfinanziata con il ricavato della vendita di una proprietàin Val Gardena, frutto di una donazione della societàMontecatini all’Ana avvenuta nel 1952. Altri lottiche formano l’attuale estensione del soggiorno alpinosono acquistati nel 1970 e nel 1971.Casa del bociaLe ragioni che giustificano Costalovara come il sitopiù adatto per il soggiorno alpino, al di là della unicitàdella bellezza del paesaggio, risiedono nel peculiarepatrimonio storico, umano e sociale dell’AltoAdige; nonché, in ultima analisi, nel ruolo aggregantericoperto dall’Ana.Nella ricostruzione scritta nel 2005 dal vice presidentenazionale dell’epoca, il bresciano AlessandroRossi, si legge: “In un contesto di convivenza socialeparticolarmente delicato per le tensioni accumulatesiin Alto Adige nel periodo che ha preceduto e seguitola II Guerra Mondiale, venne avvertita, con straordinariaintuizione ed altrettanto rara sensibilità politica,l’esigenza di creare un presidio di italianità che andasseben oltre le rovinose coloriture ideologiche diquella stagione. Di conseguenza, i Governi del tempo,appoggiarono in modo massiccio, sia sul piano finanziariosia con la fornitura di mezzi tecnici e materiali,l’idea di un soggiorno alpino per figli e nipoti di socidell’Ana”.CollaborazioneContinua poi Rossi: “La radicale modificazione deirapporti sociali, che avrebbe potuto incidere sulle relazionie sulle abitudini degli indigeni (si veda, adesempio, la richiesta da parte delle autorità locali diaffidare al nostro soggiorno i bambini di lingua tedesca),venne non solo decisamente sostenuta ma, l’esecuzionedell’opera stessa venne propiziata mediantel’apporto diretto di Genieri, Alpini e Artiglieri del IV°Corpo d’Armata Alpino a ciò evidentemente autorizzatodai superiori Comandi militari”.1969L’anno della svolta è proprio il 1969, nel 50° anniversariodella fondazione dell’ANA. Il soggiorno al-