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Nello zaino - Sezione Vicenza

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17Dalla caserma Calvi con furoreEro un giovane tranquillo, a modo, cresciuto nell’ambienteparrocchia-patronato-campetto. La chiamata allearmi segnò un giro di boa nella mia vita e prima di capirbene come, mi ritrovai al Battaglione reclute in quel diBelluno. I primi quindici giorni furono piuttosto duri,quasi traumatici. Appena il tempo per riprendermi un po’ed eccomi sbattuto al battaglione “Pieve di Cadore” - casermaPier Fortunato Calvi a Tai di Cadore dove, conviva apprensione appresi da radio naja che i veci eranocosì cattivi che quelli dell’artiglieria - ben noti per la lorodurezza - erano angeli al confronto.Con un po’ di sollievo appresi che saremmo stati inveceinquadrati per un altro mese nel plotone ”allievi” (plotone“tubi”per i veci) per impratichirci negli incarichiassegnati e nelle regole del battaglione operativo. Dopoore di lezione, marce, poligono, percorsidi guerra, corvè e picchetti, non c’erail sospirato riposo ma ancora guardie,servizi vari e tra questi il più temuto:il lavapentole. Le pentole dellanaja sono grandi come le caliere dellemalghe, le teglie assomigliano a piscineper bambini e i mestoli grandi comebadili.Affogato dentro una tuta blu detta“el toni”, con stivaloni di gomma e ilberretto norvegese detto “la stupida”,mi buttai nell’impresa. Se le pentolesono gigantesche, anche il secchiaionon era da meno, come pure lo scaricodove finì la grossa spugna che sfuggendomidi mano andò a creare una minialluvionedebordante sul pavimento.Bisognava intervenire rapidamentee dopo essermi sorbito antipatiche valutazioni sul quozienteintellettivo mio e di tutti i “tubi”, il caporale capocucinami urla: “Va suito in mascalcia e fate dare dalmarescialo Minchia la tenaja da incudine”.“Minchia” non era proprio il cognome ma l’organomaschile così come definito nel mediterraneo paese natiodel sottufficiale e che gli era stato affibbiato per quel suoossessivo ripeterlo tra un moccolo e l’altro, onde renderepiù autorevoli i suoi giudizi, mentre accudiva a muli econducenti e in particolar modo quando aveva tra i piediil sergente maggiore “Lanciaporchi”, bellunese d.o.c. ebestemmiatore ancora più d.o.c.Arrivo dunque trafelato in zona muli e mi avvicino almaresciallo che, coadiuvato dal sergente Lanciaporchi edal tenente veterinario è alle prese con il mulo “Nespolo”,dolorante per un’infezione allo zoccolo. Mi sbatto sull’attenti,porto la mano al copricapo e “Signor marescialloMinchia, ho urgente bisogno della pinza da incudine; mela potrebbe gentilmente prestare per un lavoro in cucina?”Non ebbi il tempo di rendermi conto se a scatenare ilfinimondo fosse stato l’improprio uso del termine che iocredevo cognome o chissà che altro; fatto sta che mi trovaia correre come una lepre attraverso il cortile, inseguitodal maresciallo che lanciando la pinza per un pelo non micentrò il cranio, dal sergente, dal mulo zoppicante e dalveterinario che tentava inutilmente di ristabilire la ragione.Mai avrei pensato si saper correre a tale velocità e maicredo di essermi sentito così perdutamente spacciato. Sonomomenti in cui l’istinto sopravvale la ragione: vidi lacabina telefonica sotto il portico della palazzina comandoe vi fui dentro d’un balzo tentando di barricarmi comemeglio potevo: avevo trovato il mio Forte Alamo! Come unenergumeno, Minchia ci si lanciò contro con calci, pugnie uno sfoggio del più sporco linguaggio da caserma.Con leggero ritardo che mi sembròun’eternità, giunsero anche il sergenteLanciaporchi e il tenente veterinario.Nespolo si era fermato a pascolare ifiori che ornavano l’aiuola alla basedell’asta della bandiera. Il Maresciallostava ormai esaurendo il suo repertoriodi oscenità ed era passato a sconvenientiapprezzamenti sulla moralità di miamadre e su presunte poco onorevoliprominenze emergenti dal cranio dimio padre. Ci volle tutta l’arte del capitanodella Compagnia Comando euomo di spirito per calmare le acque.Conosciuti i fatti, decise che per lavaretanta offesa, avrei dovuto frequentarea una serie di lezioni sulle varianti delladefinizione dell’apparato riprodutti-Franco Segalla con un altro mulovo maschile, in uso nelle varie regionidella Penisola. Docenti: il sergente maggiore “Lanciaporchi”per le Tre Venezie, l’alpino Ubert Brunner per ilTrentino-Alto Adige, il sergente Serge Lacroix per il Piemontee Valle d’Aosta e il sergente Gennaro Impagnatielloper il Regno delle Due Sicilie.Lavorai sodo ma soprattutto imparai in fretta ondelimitare il numero delle lezioni che si tenevano pressola sala-studio dello spaccio mentre i docenti, vuoi perl’impegno che per lo sgolamento nell’insistere sulle giustepronunce, avevano sempre tanta ma tanta di quellasete che, secondo la condanna, a mie spese dovevo spegnere.L’esame finale, sotto l’alto controllo del capitano dellacompagnia e la parte offesa in veste di esperto nellamateria di studio, andò bene e tornarono pace e armonia.Al reparto salmerie girava voce che quando passavo dalleparti delle scuderie, il mulo Nespolo ragliava a crepapelle,con vivo disappunto del maresciallo. Minchia!Franco Segalla

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