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il Museo civico di baranello - il Molise

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In basso:Baranello, <strong>Museo</strong> Civico, balaustra della scala: vasocanopo iscritto in alabastroGli Aegyptiaca<strong>di</strong> Marco CoronaI reperti egiziLa raccolta <strong>di</strong> Aegyptiaca della collezione Baroneè ricca ed interessante e presenta unacerta varietà nella tipologia degli oggetti: essacomprende tanto i funeralia quanto oggetti <strong>di</strong>culto ed amuleti <strong>di</strong> materiale vario, dall’alabastroalla faïence fino al bronzo. La maggiorparte degli elementi rimanda ad un contestoegizio <strong>di</strong> epoca tarda, compreso fra <strong>il</strong> VII ed <strong>il</strong>IV secolo a.C.Data la natura occasionale delle acquisizioni,non siamo in possesso <strong>di</strong> notizie sullaprovenienza dei reperti, sicché è possib<strong>il</strong>e affidarsisolo a mere congetture sulla loro origine,da ricercarsi, plausib<strong>il</strong>mente, nel mercatoantiquario, forse napoletano, del secondo Ottocento.I vasi canopiDi grande interesse sono due canopi. Il primo(inv. 162), <strong>di</strong> piccole <strong>di</strong>mensioni, è in alabastro:<strong>il</strong> contenitore è rastremato verso <strong>il</strong> bassoe presenta la spalla arrotondata; la fasciame<strong>di</strong>ana non mostra iscrizioni. Il coperchioè lavorato con una certa cura dei particolarie riproduce le fattezze antropomorfe del geniotutelare Amset: la <strong>di</strong>vinità porta in testa<strong>il</strong> copricapo nemes, che scende sulla fronte elascia scoperte le orecchie.Il secondo canopo (inv. 82) è <strong>di</strong> pregevolefattura ed è stato realizzato anch’esso in alabastro.Questo esemplare, analogo al precedente,reca incisa al centro della parte anterioreun’iscrizione allineata entro sette colonne:all’interno del testo è in<strong>di</strong>cato uno dei figli<strong>di</strong> Horo, Duamutef, tra<strong>di</strong>zionalmente rappresentatocon la testa <strong>di</strong> sciacallo, in associazionecon la dea Neith, invocata all’inizio dell’iscrizione.In contrasto col dato epigrafico, <strong>il</strong>coperchio raffigura con rude naturalismo (adesempio nell’asimmetria degli occhi) le fattezze<strong>di</strong> Amset, sempre coperto dal nemes eprovvisto della barba posticcia: l’identità <strong>di</strong>materiale dei due pezzi non assicura con certezzala pertinenza del coperchio al contenitorené l’effettiva antichità del primo.La comparsa dei canopi è legata allo sv<strong>il</strong>uppodelle pratiche <strong>di</strong> imbalsamazione: i contenitori,infatti, dovevano accogliere le visceredel defunto asportate prima del bendaggiodel corpo e trattate per garantirne la conservazione.I vasi erano presenti nei corre<strong>di</strong> funerariin numero <strong>di</strong> quattro, in genere depostipresso <strong>il</strong> sarcofago o contenuti in un’appositacassetta <strong>di</strong>visa in quattro settori, ed eranomuniti <strong>di</strong> un coperchio che, a partire dallaXVIII <strong>di</strong>nastia fino al Periodo Tolemaico,assunsero la forma dei quattro figli <strong>di</strong>Horo, ciascuno dei quali proteggevagli organi custo<strong>di</strong>ti all’interno:Duamutef, lo sciacallo, conservavalo stomaco del defunto; Hapi, <strong>il</strong> babbuino,era preposto alla <strong>di</strong>fesa dei polmoni; Amset,<strong>di</strong> aspetto umano, tutelava <strong>il</strong> fegato; Qebehse-48 49

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