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paghi nel gennaio - Udinese

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Tutto come prima. Anzi, meglio di prima.<br />

EDITORIALE<br />

Eppure il Cagliari mi ricordava qualcosa<br />

di buono. Un momento? Una<br />

suggestione? O più semplicemente un<br />

gol importante, un piccolo miracolo di<br />

calcio? La risposta in un istante, mi è<br />

venuto in soccorso il web: proprio<br />

contro il Cagliari Di Natale ha segnato<br />

la sua centesima rete, tra campionato e<br />

coppe, con la maglia dell’<strong>Udinese</strong>.<br />

Partita del 2 maggio, sei mesi fa. Sei<br />

mesi che sembrano una vita, se solo pensiamo ai passaggi<br />

professionali e umani del capitano concentratisi da allora a<br />

oggi: la conquista del posto per il Sudafrica, la maglia da titolare,<br />

il Mondiale delle mille delusioni, l’appuntamento della carriera<br />

ridotto a una delle pagine più amare per lui, noi, Lippi e il calcio<br />

italiano. E poi la composizione della nuova <strong>Udinese</strong> da<br />

consegnare a Guidolin, l’indimenticabile sera d’agosto in cui<br />

sotto una pioggia di imbarazzi - io c’ero - Totò dovette palleggiare<br />

il cuore e il cervello, l’<strong>Udinese</strong> e la Juventus, quel “non parto”<br />

pronunciato davanti a migliaia di tifosi che saltavano per<br />

sottolineare l’enorme distanza tra il Friuli e Torino. E l’inizio di<br />

stagione balbettante, i punti e i gol che non arrivavano, le<br />

diffidenze, i primi dubbi, le inevitabili domande (“che sia davvero<br />

finito?”, “avrebbe fatto bene la società a darlo via?”). Sei mesi,<br />

già: l’ultimo di liberazione, di pieno recupero dell’identità e del<br />

rapporto, oltre che del senso della rete. Un gol segnato da Di<br />

Natale, trentatré anni di freschezza, ha un altro peso, un altro<br />

colore, un altro sapore per la gente del Friuli: e in fondo è giusto<br />

che sia così. Diceva Karl Kraus all’inizio del Novecento: “Spesso<br />

il talento è un difetto del carattere”. Mentre lo scrivo mi appare Di<br />

Natale, rivedo il sorrisetto che sfoggia dopo ogni prodezza e<br />

soprattutto quel suo desiderio di ripetere a chi lo ama che le cose<br />

non sono cambiate, che si è trattato di un momento: e che tutto<br />

deve essere ed è come prima. Anzi, meglio di prima.<br />

Ivan Zazzaroni<br />

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