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Appunti Biochmica Applicata CTF - Capitolo1 - Omero

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Capitolo 1


Metodi di indagine delle cellulenella loro interezza Metodi analitici: Citometro ascansione (analizzatorestatico di immagini acquisite davetrini di cellule mediate contrasto difase, fluorescenza, scattering oimpedenza). Citometro a flusso ocitofluorimetro (permette l’esame dellecellule in sospensione). Metodi preparativi:Centrifugazione, cromatogafia, agglutinazione, cell sorter.


Citofluorimetria Il citometro a flusso è uno strumento che permettel'esame delle cellule in sospensione che vengonoanalizzate mentre fluiscono (fino a 4000-6000 persecondo) di fronte a una sorgente di lucepropriamente collimata (preferibilmente una lucelaser). I sistemi a flusso più diffusi sono quellia fluorescenza, per la loro sensibilità, rapiditàdi analisi multiparametrica estesa alla misuradello scattering (misurato da un rivelatoredell'angolo di deviazione dell'ondaelettromagnetica). Il citofluorimetro trova applicazione in diversisettori della medicina e della biologia cellulare(diagnosi di linfomi, leucemie, differenziazione dipopolazioni di linfociti B e T, studi sullareplicazione del DNA e sulla proliferazioneneoplastica, identificazione di condizioni disofferenza cellulare che precedono la morte dellacellula tramite apoptosi).


Citofluorimetria Il citometro a flusso è provvisto di un sistema dieccitazione (sorgente luminosa) dotatogeneralmente di un laser a ioni Argon con unapotenza di 15 mW che ha ottimale intorno a 488 nm.Questa particolare lunghezza d'onda consenteun'efficace misura dei parametri fisici e puòeccitare contemporaneamente fino a tre diversifluorocromi. Generalmente una sospensione di cellule marcate(10 6 /ml) viene iniettata nel centro di un flussolaminare che orienta le cellule verso la lucelaser. L'interazione del fascio di luce con la cellula dàluogo a tre fenomeni: light scattering, assorbimento fluorescenza.


Citofluorimetria Light scattering - comprende 3fenomeni:diffusione, riflessione, rifrazione ediffrazione. Assorbimentoquantitativo.- non è strettamente Fluorescenza - parametro piùimportante e largamente utilizzato pergran parte delle applicazioni.


Citofluorimetria Scattering: Una cellula colpita da un fascioluminoso emette segnali relativi alle suecaratteristiche fisiche e morfologiche. Se siosserva una cellula in controluce si misura unsegnale legato soprattutto alla diffusione che èfunzione del diametro cellulare (Forward scatter).Se ci si pone ortagonalmente al fascio, si misurainvece un segnale legato quasi esclusivamente allariflessione ed alla rifrazione, che sono funzionidella granularità interna, del rapporto nucleocitoplasma,della rugosità di superficie oltre chedel diametro (Side scatter). La combinazione deidue tipi di segnali dà origine ad un particolarediagramma di dispersione denominato citogramma nelquale è possibile risolvere le popolazionicellulari in base alle sole caratteristichefisiche.


Separazione della popolazione dicellule del sangue umano


Identificazione mediante un anticorpofluorescinato di una popolazione di Tlinfociti


Cell sorter Le cellule con predeterminati valori di fluorescenza escattering possono essere purificate dal resto dellapopolazione cellulare utilizzando uno strumento chiamatocell sorter, che sfrutta ampiamente la tecnologia delcitometro a flusso. Il flusso laminare della sospensione cellulare dissoltain piccole gocce, dopo il suo transito di fronte allaluce laser che abbia rilevato i parametri propri dellacellula di interesse, viene perturbato da unamodificazione del campo elettrico. Il campo elettricoviene creato da una coppia di elettrodi, dispostiparallelamente al flusso laminare e che possono creareuna differenza di potenziale molto alta. Questo fa siche le cellule vengano deviate lateralmente e recuperatein appositi contenitori sterili termostatati. Duediverse popolazioni cellulari possono essere separateelettronicamente ad una frequenza massima di circa 4000cellule al secondo in due appositi raccoglitori .


Colture di cellule e di tessutianimali Colture primarie : da tessuti –frammentazione meccanica del tessuto etrattamento con enzimi che idrolizzanole proteine e gli altri costituentidella matrice tissutale(collagenasi, ialuronidasi). Linee cellulari:importanti per studiarepopolazioni cellulari omogenee.


Purificazione delle proteine Valutazione dell’efficienza di purificazione.Per gli enzimi si valuta l’attivitàenzimatica. Resa: unità enzimatiche nella frazione/unitàenzimatiche nella preparazione originale. Unità internazionale di enzima (U): quantitàdi enzima che è in grado di convertire inprodotto 1 µmole di substrato in 1 min incondizioni definite di pH e temperatura. Attività specifica: unità totali di enzimanella frazione/quantità totali di proteinenella frazione.


Metodi di estrazione delleproteine Proteine extracellulari - proteine delsiero e di mezzi di coltura: rimozionedel materiale insolubile mediantecentrifugazione o filtrazione. Proteine intracellulari: rottura dellecellule (omogenizzazione). Mezzo tampone ad opportuno pH;Controllo continuo della temperatura (0 -+4°C);Aggiunta al tampone di EDTA ed inibitoridelle proteasi;Aggiunta al tampone di omogenizzazione dispecifici agenti stabilizzanti (es. Zn 2+ ).


Solubilizzazione di una proteinadi membranaUn detergente molto usato a questo scopo è il Triton X-100, detergente non ionico.


Metodi di rottura delle cellule Shock osmotico (eritrociti); Cicli di congelamento e scongelamento; Digestione enzimatica con diverseproteasi; Metodi meccanici:Frullatori;Omogenizzatori;Ultrasuoni;French press.L’omogenizzazione avviene in presenza di una salventeacquoso - tampone salino isotonico. L’omogenato vienepoi sottoposto a centrifugazione differenziale.


Metodi di precipitazione delleproteine Precipitazione al punto isoelettrico; Precipitazione al calore; Salting in e salting out; Precipitazione a pH estremi; Precipitazione con solventi organici(alcooli a catena alifatica lunga ocorta); Precipitazione in presenza di polimeriorganici (polimeri neutri, idrosolubilie di alto peso molecolare) – PEG.


Quantificazione dellaconcentrazione delle proteine Metodo di Kjeldahl (metodo chimico); Metodi spettrofotometrici: assorbanzaa 220 nm(legami peptidici), 280 nm(amminoacidi aromatici) e 260 nm (basiazotate); Metodi colorimetrici: Metodo del biureto; Metodo di Lowry; Metodo di Bradford; Metodo BCA.


Metodo di Kjeldahl Precipitazione delle proteine (si considerache il contenuto di azoto delle proteine èdel 16%); 1) Digestione: ossidazione dei composticontenenti azoto ad NH 3 riscaldando ilcampione in presenza di = H 2 SO 4concentrato+ catalizzatore (Cu 2 SO 4 ) + coadiuvante (Na 2 SO 4o K 2 SO 4 ) a ~ 400°C ; 2) Distillazione: (NH 4 ) 2 SO 4 + 2NaOH = 2NH 3 +Na 2 SO 4 ; 3) Titolazione: HN 3 + H 3 BO 3 = NH+4 >titolazione con HCl.


Metodo di Kieldahl: estrattore


Calcolo del contenuto di azoto odi proteine in un campione 1.0 mol HCl = 1.0 mol NH 4+ = 14 gr N Quantità di N nel campione in gr:ml HCl x M HCl x 14/1000 Quantità di proteine nel campione ingr:ml HCl x M HCl x 14/1000 x 100/16


SpettrofotometriaLa luce è un’onda elettromagnetica. Tutte le ondeelettromagnetiche implicano la propagazione nello spazio dicampi elettrici e magnetici con la velocità c = 3x10 8 m/s(nel vuoto).La relazione tra frequenza e lunghezza d’onda è: λν = c


In qualsiasi altro mezzo diverso dal vuoto, la velocitàdella luce è c/n dove n è l’indice di rifrazione delmezzo. Poiché n è sempre ≥ 1, la luce viaggia piùlentamente nei mezzi diversi dal vuoto. Le differenze trai vari tipi di onde elettromagnetiche si riferiscono allaloro frequenza e alla loro lunghezza d’onda.Raggi cosmici: 1 x 10 -12 m :Raggi γ: 1 x 10 -11 m :Raggi XRaggi X: 1 x 10-8 m :UltraviolettoVisibile: (3.80 – 7.80) x 10 -7mInfrarosso: 1 x 10 -3m :Microonde: 0.1 m :Radio.Oltre che come onda elettromagnetica, la luce può esseredescritta anche in termini di particelle. Per quantoriguarda l’energia, è più conveniente considerare la lucein termini di particelle dette fotoni. Ciascun fotonetrasporta l’energia E che è data da: E = hν = h(c/λ)Dove h è la costante di Plank (6.63x10 -34 -Js)


Assorbimento della luce. Quando una molecola assorbe unfotone, l’energia della molecola aumenta. La molecola passadallo stato energetico più basso (stato fondamentale) ad unlivello energetico superiore (stato eccitato). Quando unamolecola emette un fotone, l’energia della molecoladiminuisce. La molecola passa da uno stato eccitato a quellofondamentale.Ad essere interessati a questo fenomeno sono gli orbitalimolecolari del guscio di valenza, ovvero in ultima analisi glielettroni che occupano tali orbitali.Quando la luce viene assorbita da un campione l’intensità (I)del raggio luminoso diminuisce.I 0ISorgente luminosa → Selettore di λ → Campione → Rivelatore(mocromatore) ← l →T = trasmittanza, ovvero frazione di luce incidente che vienetrasmessa dal campione ( da 0 ad 1).T = I/I 0A = Log 10 I 0 /I = -Log 10 T


Colori della luce visibileλ di massimoassorbimento(nm)ColoreassorbitoColoreosservato380-420 Violetto Verde-giallo420-440 Violetto-blu Giallo440-470 Blu Arancione470-500 Blu-verde Rosso500-520 Verde Porpora520-550 Verde-giallo Viola550-580 Giallo Viola-blu580-620 Arancione Blu620-680 Rosso Blu-verde680-780 Porpora Verde


Processi fisici come conseguenza diassorbimento di un fotone da parte diuna molecola


SpettrofotometroSorgenti: le sorgenti continue sono utilizzate diffusamentenella spettroscopia di assorbimento.Per la regione dell’ultravioletto la più comune sorgente è lalampada a deuterio (D 2 ): nella lampada ad arco al D 2 unascarica elettrica provoca la dissociazione di D 2 el’emissione di luce ultravioletta nell’intervallo 160-375 nm.Per la regione del visibile si utilizza la lampada afilamento di tungsteno (W): un tipico filamento di tungstenofunziona ad una temperatura di 2900 Ke l’emissione copre l’intervallo 320-2500 nm.Selettori di lunghezza d’onda: nelle analisi spettroscopicheè richiesto l’uso di radiazioni monocromatiche, in realtà cisi accontenta di radiazioni con un numero limitato dilunghezze d’onda. Questo perché una ristretta ampiezza dellabanda migliora la sensibilità nelle misure di A ed è uno deirequisiti fondamentali per ottenere una relazione lineare trasegnale ottico e concentrazione. Esistono due tipi diselettori di lunghezza d’onda: filtri e monocromatori.


Spettrofotometroa) Filtri: i filtri di assorbimento sono utilizzati per laregione del visibile dello spettro, i filtri adinterferenza sono disponibili per la regioneultravioletta e visibile. I filtri appartenenti allaprima categoria sono vetri colorati che assorbonodeterminate porzioni dello spettro ed hanno un’ampiezzadella banda tra 30 e 250 nm. I filtri ad interferenzahanno ampiezza di banda inferiore rispetto a quelli diassorbimento. Sono costituiti da uno strato dielettricotrasparente (CaF 2 o MgF 2 ) che occupa lo spazio compresotra due film metallici semitrasparenti. Tale dispositivoè a sua volta incluso tra due strati di vetrotrasparente.b) Monocromatori: tutti i monocromatori per UV e visibilesono simili nella costruzione meccanica. Impiegano:fessure, lenti, specchi, finestre, reticoli o prismi.Elemento disperdente: reticolo = riflessione; prisma =rifrazione.


Spettrofotometro: monocromatori


SpettrofotometroCelle porta campione: dette anche cuvette devono essere fattedi materiale trasparente alla radiazione della regione dellospettro di interresse. Il quarzo è richiesto per analisi nellaregione dell’ultravioletto (al di sotto dei 350 nm). Questomateriale è trasparente anche nella regione del visibile. Ivetri silicati possono essere impiegati nella regione tra 350e 2000 nm. I contenitori in plastica trovano applicazione nelvisibile. Le cuvette più comuni sono in quarzo, hanno uncammino ottico di 1 cm e si vendono a coppie (una per ilcampione, l’altra per il riferimento).Rivelatori: la proprietà generale di un rivelatore consistenella sua capacità di produrre un segnale elettrico se colpitoda fotoni. Tutti i rivelatori di fotoni (rivelatorifotoelettrici), hanno una superficie attiva in grado diassorbire la radiazione. Ne esistono di diversi tipi: cellefotovoltaiche, fototubi, tubi fotomoltiplicatori, rivelatoridi fotoconduttività.


Spettrofotometro a singolo raggio.La sorgente luminosa è una comune lampada al tungsteno lacui emissione copre l’intero spettro delvisibile, estendendosi in parte nelle regionidell’ultravioletto edell’infrarosso. La luce viene dispersa mediante unreticolo e si fa passare attraverso il campione solo unapiccola banda di lunghezze d’onda. Il rivelatore è unfototubo che crea corrente elettrica proporzionale ad Idella luce che colpisce il tubo.Il segnale viene espresso su di un misuratore che riportasia T che A. Non si misura direttamente I 0 , ma vienedefinita come I 0 l’intensità della luce trasmessa da unacuvetta contenente solvente puro (il bianco). Al solventepuro si sostituisce poi il campione in una cuvettaidentica. La misura di I permette dei determinare T o A .La cuvetta di riferimento, contenente solventepuro, compensa la riflessione, la dispersione ol’assorbimento di luce da parte e della cella portacampione e del solvente.


Spettrofotometro a singolo raggio


Spettrofotometro a doppio raggio.Il procedimento che si utilizza in uno spettrofotometro asingolo raggio presenta due svantaggi: 1) la scomodità, dalmomento che si devono porre alternativamente nell’apparecchiodue campioni diversi, 2) la scarsa accuratezza, perché sia ilraggio prodotto dalla sorgente sia la risposta del rivelatoresono soggetti ad oscillazione. In uno spettrofotometro adoppio raggio, la luce passa alternativamente attraverso lacuvetta del campione e quella di riferimento. Ciò è resopossibile da un motore che fa ruotare uno specchio che a suavolta intercetta periodicamente il percorso della luce.Quando lo specchio mobile non devia il raggio, la luce passaattraverso il campione e il rivelatore misura la suaintensità (I s ). Quando lo specchio mobile devia il raggioattraverso la cuvetta di riferimento, il rivelatore misura lasua intensità (I r ). Il raggio viene deviato parecchie volteal secondo e i circuiti elettronici confrontano I r e I s perottenere A. Tale procedimento fornisce una correzioneautomatica della deriva d’intensità della sorgente o dellarisposta del rivelatore, poiché l’Intensità che emerge daidue campioni viene confrontata a breve distanza di tempo


Spettrofotometro a doppio raggio


Proprietà spettroscopiche degliamminoacidi aromatici


Assorbanza a 280 nm Possibile intereferenza da altre molecole(importante fare il bianco con il tampone); Proteina pura; Conoscere il coefficiente di estinzione (ε)di quella proteina a 280 nm, in queltampone, a quel pH ed a quella temperatura;Equazione di Beer-Lambert: Log I 0 /I = εcl% di trasmittanza (T) = I/I 0 x 100- Log T = Log 1/T = A = εcl c = A/εl l = 1ε = coefficiente di estinzione espressocome: mol/L o mg/ml ecc.


Assorbanza a 280 nm e 260 nm Se le proteine sono contaminate conacidi nucleici che assorbono a 260 conestensione anche a 280 si può applicarela seguente formula che correggeragionevolmente bene per il contenutoin acidi nucleici:proteina (mg/ml): 1,55A 280 – 0,76A 260


Metodo del Biureto Il metodo fu sviluppato a seguito dell’osservazione che il biureto reagisce con una soluzione alcalina di CuSO 4 per dare un complesso color porpora.RNNCU+2OH 2 N-CO-CO-NH 2 biuretoONNR Lo ione Cu 2+ forma un complesso di coordinazione con quattro gruppinucleofilici –NH che nella reazione con le proteine sono dati dailegami peptidici tra gli amminoacidi. Riduzione di Cu 2+ a Cu + ⇒viraggio dal blu al violetto. Il complesso ha due picchi di assorbimento a 330 nm e 545 nm. Composti che contengono due dei gruppi qui sotto riportati legatiattraverso un atomo di carbonio o di azoto producono una reazionesimile e quindi interferiscono:-CONH 2-CH 2 NH 2-C(NH)NH 2-CSNH 2


Metodo del Biureto Reattivo del Biureto: CuSO 4 + NaOH +tartato di Na + e K + ; E’ un metodo attendibile che obbediscealla relazione di Beer-Lambert; Tutte le proteine reagiscono in manierasimile. Necessario fare una curva STD con BSA. Poco sensibile - campioni che contengonomeno di 100 µg di proteine (1 gr/l) sonodifficili da misurare.


Metodo di Lowry Reattivo di Folin-Ciocalteu per larivelazione dei gruppi fenolici a pHalcalino - tirosine nelle proteine; Incorporazione di ioni Cu 2+ (↑ sensibilità); Si forma un complesso rame-proteine checausa la riduzione degli acidifosfotunghistico e fosfomolibdico, gliingredienti principali del reattivo diFolin-Ciocalteu, a tungsteno blu e molibdenoblu; Ampio picco di assorbimento, 600-800 nm;l’assorbanza viene usualmente misurata a600 nm o 700 nm.


Metodo di Lowry Metodo più sensibile del metodo delBiureto (da 10 µg a 1 mg di proteine); La relazione tra assorbanza econcentrazione proteica tende a deviareda una linea retta; è necessaria unacurva STD con BSA; Interferenza per la presenza disemplici ioni (K + e Mg 2+ ) e compostiorganici,come tampone TRIS, HEPES edEDTA.


Curva di calibrazione (STD)


Metodo dell’acido bicinconinico(BCA) E’ una modificazione del metodo di Lowry checoinvolge un passaggio di legame di un colorante; Il complesso Cu 2+ -proteina che costituisce la base delmetodo del biureto e di quello di Lowry può esserechelato dall’acido bicinconinico con la produzione diun complesso molto stabile (colore violetto) con unpicco di assorbimento a 562 nm; Minori interferenze rispetto al metodo di Lowry; Più sensibile del meto di Lowry (10 µg di proteina); Interferenza da lipidi e detergenti.


Reazione del BCAProteina + Cu +2OH -Cu +1Cu +1+2BCA- OOC NCu +1- OOC NN COO -N COO -


Metodo di BradfordIl legame del colorante Coomassie Brilliant Blue G-250 alle proteinedetermina uno spostamento del massimo di assorbimento del coloranteda 465 nm (rosso) a 595 nm (blu) in soluzioni acide (BradfordBradford, 1976)Tale colorante nella sua forma anionica forma forti complessi non covalenticon le proteine tramite interazioni elettrostatiche con gruppi amminici (Arg) etramite forze di van der WaalsIl colorante è preparato come soluzione stock in acido fosforico (colore marrone).Il metodo è un semplice procedimento costituito da un unico passaggioin cui il colorante è aggiunto ai campioni e si determina l’assorbanza a595 nm. Quando è legato alle proteine il colore ritorna blu.


Metodo di BradfordOCH 2 CH 3HNCoomassie Brilliant Blu RNLa quantità di colorante che si lega èproporzionale alla quantità di proteinapresente in soluzione.Pertanto l’intensità del colore blu (e dunquel’assorbimento) è proporzionalealla concentrazione proteica.SO 3 NaN+SO 3 Na


Metodo di BradfordPoiché l’intensità della colorazione non èlineare in una vasta gamma di concentrazionidi proteine, si raccomanda fortemente dipreparare una curva standard per ognisaggio.Sensibilità: fino a 5 µg di proteinaVariazione della colorazione per proteinediverse dovuto al loro contenuto di residuibasici.


Semplicità di preparazione del reattivo Sviluppo del colore immediato Stabilità del complesso Elevata sensibilità (fino a 22 µg/ml) Il saggio è compatibile con la maggior parte dei tamponi, degli agenti denaturanticome guanidina·HCl6 M e urea 8 M e dei conservanti come sodio azide. Il reagente colora le cuvette ed è piuttosto difficile da rimuovere La quantità di colorante che si lega alla proteina dipende dal contenuto inaminoacidi basici → ciò rende difficile la scelta di uno standard Molte proteine non sono solubili nella miscela di reazione acida


CentrifugazionePrincipi generali a) tecniche preparative; b) tecnicheanalitiche; Centrifugazione preparativa: permette diseparare e purificare cellule intere,organelli subcellulari e macromolecolebiologiche (ac. Nucleici, proteine); Centrifugazione analitica: permette distudiare le caratteristiche del campione edi determinarne il grado di purezza o lamassa molecolare. G = ω 2 r dove: G è il campo centrifugo; rè la distanza radiale della particelladall’asse della rotazione espressa in cm;ω è la velocità angolare del rotoreespressa in angoli radianti/sec.


Centrifugazione Solitamente la velocità angolare del rotoreviene espressa in rpm (rivoluzioni per min)dove una rivoluzione del rotore corrisponde a2π radianti. ω = 2πrpm/60 quindi avremo: G = (4π 2 rpm 2 /3600)r Campo centrifugo relativo , RCF o numero di g RCF = (2πrpm/60) 2·r/980 = 1,11 x 10 -5 rpm 2·g F = m(1-νρ)ω 2 r dove F è la forza centrifuga; m è la massadella particella; (1-νρ) è il coefficienteidrostatico che tiene conto della densitàdella soluzione ρ e del volume specificoparziale della particella, ν.


Centrifugazione La sedimentazione di una particella in uncampo centrifugo è contrastata da unaforza f 0 pari a:f 0 = fv dove f è il coefficientefrizionale e v è la velocità disedimentazione della particellaf = 6πηr p η = coefficiente diviscosità del mezzo; r p = raggio dellaparticella sferica;si stabilisce una velocità disedimentazione all’equilibrio quando:F = f 0m(1-νρ)ω 2 r = 6πηr p vv = m(1-νρ)ω 2 r/6πηr p


Centrifugazione La velocità di sedimentazione può essereespressa in termini di velocità disedimentazione per unità di campocentrifugo applicato, definito comecoefficiente di sedimentazione s. s = v/ω 2 r s è espresso in secondi edipende dalla temperatura, dalla densità edalla viscosità della soluzione. Coefficiente di sedimentazione standard. Valori tipici di s per diverse molecolesono: 10 -13 sec che corrisponde ad 1 unitàSvedberg (S).


Alcuni coefficienti disedimentazioneStrutturaProteineAcidi nucleiciLisosomiStrutturaCoefficiente disedimentazione2 - 25 S3 -100 S4000 SMitocondri 20 x 10 3 – 70 x 10 3 SMembrane 100 x 10 3 SNuclei 4000 x 10 3 – 40000 x 10 3S


Centrifugazione preparativa Centrifugazione differenziale; Centrifugazione in gradiente di densità; Centrifugazione elutriativa. L a centrifugazione differenziale si basa sulla diversavelocità di sedimentazione di particelle tra loro diverseper densità e dimensione


Centrifugazione differenziale


CentrifugazionezonaleCreazione di un gradiente didensità, per es. saccarosio dal5% al 20%. Si stratifica ilcampione sul gradiente →centrifugazione.Altri materiali utilizzati percreare gradienti di densità:cloruro di cesio, bromuro edioduro disodio, glicerolo, destrano, ecc.


Centrifugazione zonale


Centrifugazione elutriativa: permettela separazione e purificazione di unagrande varietà di cellule a partire dadiversi tipi di tesssuto e da speciediverse, semplicemente mediante l’usodella delicata procedura di ”lavaggio”in un rotore elutriatore. Tipi di centrifughe: a) piccolecentrifughe da banco e microcentrifuge;b) centrifughe refrigerate a grandecapacità; c) centrifughe refrigeratead alta velocità; d) centrifughe aflusso continuo; e) ultracentrifughe(preparative ed analitche).


Parametri cromatogaficiTempo di ritenzione; tempo morto; tempo netto di ritenzione;larghezza dei picchi.Si chiama tempo di ritenzione (tR) il tempo che intercorredall'introduzione del campione all'apice del piccocorrispondente.Si indica con tempo morto (tm) il tempo che impiega uncomponente non trattenuto o la fase mobile per arrivare alrivelatore.Il tempo netto di ritenzione (tR’) è dato dalla differenzatra tempo di ritenzione e tempo morto.Il volume di fase mobile richiesto per eluire l'analita vienedefinito volume di eluizione o ritenzione e viene indicatocon Vr. Il tempo di ritenzione e il volume di ritenzionesono in relazione tra di loro tramite la velocità di flusso,Fc: Vr = tR x FcFc dipende dalle dimensioni della colonna (altezza elarghezza) e dalle caratteristiche fisiche delle particelle(dimensioni, forma, porosità, viscosità della fasestazionaria).


Cromatografia•La cromatografia è una tecnica di migrazione differenziatache permette la separazione e il recupero dei costituentidi una miscela di sostanze simili.•In ogni tecnica cromatografica devono essere identificabilidue fasi immiscibili tra loro: una fase stazionaria, chepuò essere solida o liquida, e una fase mobile che puòessere liquida o gassosa.•La separazione delle molecole dipende dalle interazionidelle molecole stesse con la fase stazionaria e con la fasemobile.•Fondamento di tutte le tecniche di cromatografia è ilcoefficente di ripartizione o di distribuzione, Kr, chedescrive il modo in cui un composto si distribuisce tra duefasi immiscibili.•Kr = conc. nel sol. A/conc. nel sol. B•Kc = Wi(s)/V(s)/Wi(m)/V(m)


Vr è correlato con il volume della fase stazionaria Vs, conil coefficiente di distribuzione e con il volume vuoto(Vm), cioè il volume esterno alla fase stazionaria. Il buon esito di ogni procedura cromatografica si valutamediante la capacità di separare completamente (risolvere) uncomposto da una miscela di altri composti simili. La risoluzione del picco (Rs) è in relazione con leproprietà dei picchi medesimi (i quattro parametricromatografici). L'efficienza di un sistema cromatografico e in particolaredi una colonna, si quantifica con il cosiddetto numero dipiatti teorici, N. Il numero di piatti teorici si calcolaconsiderando la larghezza del picco, in quanto più strettisono i picchi, più efficiente è la colonna. Un piatto teoricoè la più piccola zona adiacente all'interno della colonna incui il soluto raggiunge un equilibrio tra fase mobile estazionaria. Un parametro molto importante è quello che si definiscecome capacità di picco (n) e che equivale al numero massimodi picchi che possono essere separati da uno specificosistema cromatografico. Tale numero è legato ai volumi diritenzione del primo e dell'ultimo picco ed al numero dipiatti teorici, N.


Bontà di un sistemacromatograficoLa bontà di uno specifico sistema cromatografico sigiudica in base al grado di risoluzione ottenuto e dipendedai seguenti parametri:Selettività: è la capacità di un sistema cromatografico(fase stazionaria + fase mobile) di discriminare tra duecomposti strutturalmente correlati e si misura comerapporto tra i tempi di ritenzione;Efficienza: è la misura degli effetti di diffusione cheprovoca allargamento dei picchi e la loro sovrapposizione;Capacità: è la misura della quantità di materiale chepuò essere risolto senza sovrapposizione dei picchi.


Metodi cromatografici Cromatografia ad esclusione o gelfiltrazione; Cromatografia a scambio ionico; Cromatografia di affinità; Cromatografia liquida ad alta pressione(HPLC); Cromatogafia di ripartizione; Cromatografia di adsorbimento; Gascromatografia;


Cromatografia per gel filtrazione


Cromatografia ad esclusione ogel-filtrazione Per la separazione di molecole in base alla loro forma e al loropeso molecolare vengono utilizzate le proprietà di setacciomolecolare che sono proprie di numerosi materiali porosi. I materialipiù comunemente usati a questo scopo sono un gruppo di polimericostituiti da un reticolo tridimensionale poroso. La cromatografia ad esclusione si fonda su un principio abbastanzasemplice: una colonna di particelle (granuli) di gel è in equilibriocon un solvente adatto alle molecole da separare. Le molecole piùgrandi, completamente escluse dai pori, passano attraverso gli spaziinterstiziali, mentre le molecole più piccole si distribuiscono nelsolvente presente sia all'interno sia all'esterno del setacciomolecolare e attraversano quindi la colonna a velocità più bassa. Perciascun tipo di gel il coefficiente di ripartizione Kr (tra ilsolvente interno e quello esterno al gel) di un determinato soluto èfunzione del peso molecolare del soluto stesso. Se la molecola delsoluto è così grande da essere esclusa dal solvente interno algel, Kr = 0. Se invece il soluto è abbastanza piccolo da essereliberamente permeabile alle particelle di gel, Kr = 1. Poichè inogni gel esiste una certa variabilità della porosità delleparticelle, per i soluti di grandezza intermedia esisterà una partedi solvente interno alle particelle di gel che sarà accessibile e unaparte che non lo sarà e quindi Kr sarà compreso tra 0 e 1.


Tipi di gel: destrani a legami crociati(Sephadex), agarosio(Sepharose, Bio-Gel A), poliacrilammide (Bio-Gel P),poliesteri, gel di silice, poliacrilomorfolina e polistireni.La cromatografia ad eslusione viene utilizzata per vari scopi: purificazione: la principale applicazione di questacromatografia è la purificazione delle macromolecole biologiche(proteine, ormoni, anticorpi, acidi nucleici e polisaccaridi).Si possono separare anche composti a basso peso molecolare:aminoacidi da peptidi, peptidi da proteine, oligonucleotidiottenuti per idrolisi parziale degli acidi nucleici, ecc; determinazione del peso molecolare: il peso molecolare sicalcola in base a tR o a Vr che per le proteine globularidipende dal peso molecolare; dissalazione: usando una colonna di Sephadex G-25 si possonoseparare soluti ad alto peso molecolare dai sali o dai solventiorganici. Infatti, mentre le macromolecole vengono eluite conil volume vuoto, i sali, a basso peso molecolare, vengonotrattenuti dalla colonna. Questo metodo di dissalazione è piùrapido ed efficiente di quello per dialisi: si applica perallontanare il fenolo da preparazioni di acidi nucleici, ilsolfato d'ammonio da preparazioni di proteine, ecc.


Cromatografia a scambio ionico ecromatografia d’affinità


Cromatografia a scambio ionicoPrincipio di questa cromatografia: attrazione tra molecole carichedi segno opposto. Molti materiali biologici, ad es. amminoacidi eproteine, possiedono gruppi ionizzabili e il fatto che essi possanoportare una carica netta positiva o negativa può essere utilizzatonella separazione di miscele che li contengano. La carica netta chequesti composti presentano dipende dal loro pKa e dal pH dellasoluzione secondo l'equazione di Henderson-Hasselbalch.Le separazioni a scambio ionico sono condotte in colonne impaccatecon una resina scambiatrice di ioni. Esistono due tipi di resine:gli scambiatori anionici e gli scambiatori cationici. Questi ultimipossiedono gruppi carichi negativamente e attraggono, quindi,molecole cariche positivamente. Gli scambiatori anionicipossiedono invece gruppi carichi positivamente e attraggonopertanto molecole cariche negativamente.A seconda del pH di ionizzazione della proteina si possono usarescambiatori forti o deboli; scambiatore forte è quella resina che èionizzata a pH elevato, al contrario quella debole. Un proteinaionizzata a pH 10 richiede l'uso di uno scambiatore forte, mentrese una proteina è ionizzata a pH 6 basta uno scambiatore debole.


Nella cromatografia a scambio ionico si possonodistinguere cinque fasi: diffusione della molecola alla superficie delloscambiatore. Questa fase, in soluzioni omogenee, avvienemolto velocemente; diffusione della molecola attraverso la struttura dellamatrice sino al sito di scambio. Questa fase dipende dalnumero di legami crociati presenti e dalla concentrazionedella soluzione. E' la fase che regola la velocitàdell'intero processo; scambio di ioni al sito di scambio. Questo passaggio sirealizza instantaneamente ed è un processo che vaall'equilibrio. Quanto maggiore è la carica della molecolada scambiare, tanto più forte è il legame con la resina, emeno facilmente essa può essere sostituita da altri ioni; diffusione dello ione scambiato attraverso lo scambiatorefino alla superficie; distacco selettivo dello ione attraverso lo scambiatoregrazie all'eluente e diffusione della molecola nel volumeesterno. Il distacco selettivo si ottiene modificando pH oforza ionica.


Cromatografia a scambioionico


Molti scambiatori ionici presenti sul mercato e usaticon successo nella separazione di materiali biologici sonocostituiti da polimeri di stirene e di divinilbenzene. Come alternativa alle resine polistireniche hanno avutoun largo impiego le cellulose modificate chimicamente: ades. la carbossimetilcellulosa (CM-cellulosa) e la DEAEcellulosa.Analoghi ai derivati della cellulosa sono iderivati del destrano e dell'agarosio (Sephadex eSepharose), usati in particolare nella separazione diproteine ad elevato peso molecolare e di acidi nucleici.Questi scambiatori sono strettamente correlati aimateriali impiegati nella cromatografia d'esclusione epresentano quindi limiti d'esclusione. Pertanto unisconoal processo di scambio ionico quello di filtrazionemolecolare (sono infatti sotto forma di gel o diparticelle sferiche con buone proprietà di flusso e discambio) migliorando così la risoluzione complessiva.


Nella cromatografia a scambio ionico, solitamente siopera una eluizione in gradiente di pH e forza ionica. E'possilbile utilizzare gradienti continui o discontinui. Neigradienti discontinui si utilizzano soluzioni eluenti aconcentrazione crescente mentre nei gradienti continui siha una continua e lineare variazione di concentrazione. L'efficienza della cromatografia a scambio ionico non èstrettamente legata al volume di campione applicato allacolonna come nella cromatografia ad esclusione e quindipossiamo caricare sulla colonna volumi anche elevati dicampioni. Questa tecnica cromatografica ha notevole importanzaperchè permette di separare proteine che hanno unadifferenza di carica molto piccola (0.5 o poco più di puntoisoelettrico).


Cromatografia d’affinità La purificazione tramite cromatografia d'affinità, adifferenza degli altri tipi dicromatografia, dell'elettroforesi e della centrifugazione, nonsi basa sulle differenze nelle proprietà fisiche delle molecoleda separare, ma sfrutta le interazioni altamente specifichedelle molecole biologiche. Pertanto la cromatografia d'affinitàè in grado, almeno in teoria, di raggiungere una purificazionecompleta in una singola tappa, anche partendo da miscelecomplesse. Questa tecnica è stata sviluppata inizialmente perla purificazione degli enzimi ma, in seguito, è stata ancheapplicata ai nucleotidi, agli acidi nucleici, alleimmunoglobuline, ai recettori di membrana e a cellule ofrazioni di esse. Questa tecnica prevede che il composto dapurificare si leghi reversibilmente ad un ligandospecifico, immobilizzato su una matrice insolubile. Se, in condizioni sperimentali corrette, si introduce in unacolonna contenente il ligando una miscela contenente ilcomposto da purificare, solo quel composto si legherà allacolonna, mentre gli altri componenti si potranno rimuovere conun semplice lavaggio. Il componente interessato sarà poirecuperato rimuovendolo dal ligando con un'opportuna eluizione.


Questo metodo necessita di accurate conoscenze sullastruttura e sulla reattività della molecola da separare.Buone conoscenze su di essa permettono la scelta di ungiusto ligando. Il ligando utilizzato, che di solito èlegato ad un braccio spaziatore per rendere più accessibileil legame con la proteina, deve avere le seguenticaratteristiche: il gruppo chimico da legare alla matrice o al bracciospaziatore non deve essere coinvolto nel legame con lamacromolecola da purificare. Questi gruppi sono generalmenteamminici, carbossilici, tiolici, alcolici o fenolici; deve essere attaccato alla matrice in modo da noninterferire con la capacità di legare la macromolecola; deve consentire una velocità di flusso adeguata; il braccio spaziatore tra ligando e matrice deve avere unalunghezza di 6-10 atomi di C.Alcuni bracci sono di natura idrofobica e altri di naturaidrofila. Si usano 1,6-diaminoesano, acido 6-aminoesanoico e1,4-bis(2,3-epossipropossi)butano.


Per attaccare il ligando alla matrice si fa un trattamentopreliminare di quest'ultima con CNBr a pH 11. Le condizionidi reazione e il rapporto tra i reagenti determinano ilnumero di molecole di ligando che si legano ad ogniparticella di matrice. In commercio sono disponibilipolisaccaridi già attivati con CNBr quali, ad esempio, ilSepharose 4B e 6B; sono disponibili sul mercato anche iltiopropildestrano, il tiopropilagarosio ed il tresile(2,2,2-trifluoroetansolfonil)destrano. E' possibile preparare un ligando che abbia una specificitàassoluta o una selettività per un determinato gruppo chimico:ligandi gruppo-specifici utilizzati in cromatografia diaffinità sono nucleotidi, avidina, eparina, proteine A eG, concanavalina A, poli(A) e Cibacron Blue F3G-A. E' importante che siano evitate interazioni aspecifiche conaltre proteine che non si assorbano alla colonnacontemporaneamente a quella da purificare. Il legame tramatrice e ligando, o tra braccio spaziatore e ligando, deveessere un legame stabile, in modo da permettere il riutilizzodella colonna, e, al contrario, deve essere labile quello traligando e proteina.


Cromatogafia d’affinitàLa matrice ideale da utilizzare nella cromatografia diaffinità deve possedere le seguenti caratteristiche: deve contenere gruppi reattivi numerosi e adatti alegare covalentemente il ligando e deve risultare stabilenelle condizioni in cui avviene tale attacco; deve essere stabile nelle condizioni di interazionedella macromolecola e nella successiva eluizione; non deve interagire, se non debolmente, con altremacromolecole, per evitare un adsorbimento aspecifico; deve possedere buone capacità di flusso.In pratica si usano particelle uniformi, sferiche erigide, solitamente costituite da derivati del destrano(Sephacryl S), dell'agarosio (Sepharose 4B e 6B, Bio-GelA), gel di poliacrilammide (Bio-Gel P) e cellulosa.


Cromatografia d’affinità


La procedura per la cromatografia di affinità è del tutto simile aquella usata nelle altre cromatografie liquide. La colonnacromatografica viene impaccata con la matrice a cui è legato illigando; quindi viene equilibrata con un tampone che favorisce ilmassimo di interazione con la macromolecola da purificare. Una voltaapplicato il campione, la colonna viene lavata con lo stessotampone per allontanare i composti contaminanti legatiaspecificamente, poi si opera una eluizione che può essere specificao aspecifica.L’eluizione aspecifica avviene cambiando il pH o la forza ionica: unavariazione di pH provoca una dissociazione dei gruppi del ligando odella macromolecola coinvolti nel loro attacco; una variazione dellaforza ionica, non necessariamente accompagnata da una di pH, provocaanch'essa un'attenuazione del legame tra proteina e ligando;solitamente si usa a questo scopo NaCl 1 M. La glicina in HCl a pH 2-3 è l'eluente di elezione ad esempio per rompere l'interazioneantigene-anticorpo, in questo caso l'anticorpo viene denaturatoreversibilmente.L’eluizione specifica comporta l'aggiunta di ligando libero neltampone di eluizione, ma questa soluzione può essere molto costosa ese il legame è piuttosto forte possono essere necessarie elevateconcentrazioni di ligando libero. Il materiale così eluito conterràanche gli agenti impiegati per l'eluizione che dovranno esseresuccessivamente rimossi. Nel caso di enzimi, l'eluizione specifica siha per aggiunta di substrato o inibitori reversibili oppure peraggiunta di composti dotati di maggiore affinità per il ligando.


I problemi più rilevanti derivanti da questo tipo dicromatografia riguardano: a) la bassa capacità degliadsorbenti; b) il ruolo dei legami aspecifici, c) la sceltadel gruppo chimico da legare, d) la stabilità del legameligando-matrice o ligando-braccio spaziatore, che è relativae determina una progressiva perdita di ligando.Cromatografia ad interazione idrofobica: questo tipo dicromatografia viene considerata figlia della cromatografiadi affinità e nasce dall'osservazione della formazione dilegami "aspecifici" tra proteine e bracci spaziatoriidrofobici delle colonne di affinità. Aree idrofobichesuperficiali delle proteine possono infatti interagire concatene alifatiche e tale tipo di interazione può esseremodulata dal livello di solvatazione delle proteine.


HPLC Tutte le forme di cromatografia discusse finora si affidanoad una eluizione per gravità e con tali metodi si hannovelocità di flusso relativamente basse, che favorriscono ilfenomeno dell'allargamento dei picchi. Con il progressivo sviluppo delle tecniche cromatografichesi è giunti alla creazione di una nuova metodologia che hapreso il nome di HPLC, caratterizzata da una eluizione ad altepressioni; l'applicazione di pressioni molto forti è stataresa possibile solo dopo la sintesi di particelle di piccoledimensioni capaci di sopportarle e la fabbricazione di sistemidi pompaggio capaci di fornire adeguate capacità di flusso. Questa nuova evoluzione tecnologica, che ha coinvolto lacromatografia di adsorbimento, di ripartizione, a scambioionico, ad esclusione e di affinità, ha incrementato di moltoil grado di risoluzione e la capacità di separazione dellemacromolecole.


♣Le colonne per HPLC sono generalmente di acciaio inossidabilee sono capaci di sopportare pressioni fino a 8.000 psi. Disolito si usano colonne lunghe 20-50 cm e con diametro di 1-4mm, anche se attualmente sono disponibili colonne capillari didiametro inferiore. Le colonne presentano alleestremità, setti perforati in acciaio inox o in teflon cheservono a trattenere il materiale in esse contenuto.♣I materiali impiegati per la costituzione della matrice sonodi tre tipi:supporti microporosi, in cui i micropori si ramificanoall'interno delle particelle, solitamente di diametro di 5-10µm;supporti pellicolari, a superficie porosa, in cui il materialeporoso è stratificato su un nucleo inerte e stabile;fasi legate, in cui la fase stazionaria è legata chimicamentead un supporto inerte.♣La scelta della fase mobile dipende dal tipo di separazione dacompiere. Le separazioni possono essere di tipo isocratico, mamolto più comuni sono quelle in gradiente. Il gradiente sieffettua grazie ad un programmatore di gradiente, che impiegadue pompe. Tutti i solventi usati per HPLC devono essereparticolarmente puri.


Il sistema di pompaggio è una delle parti più importantiin un apparato per HPLC. A causa del sottile diametro dellacolonna e delle dimensioni estremamente ridotte delleparticelle della fase stazionaria, si ha un'elevatissimaresistenza al flusso del solvente. Per questo motivo, se sivogliono ottenere velocità di flusso soddisfacenti, occorreesercitare un'elevata pressione. Principale caratteristica diun buon sistema di pompaggio è la capacità di erogare ilsolvente ad una pressione di almeno 5.000 psi, con un flussocontinuo e non pulsante. Il flusso deve essere di almeno 10cm³/min, ma può poter arrivare fino a 30 cm³/min. I sistemidi pompaggio in commercio si basano su principio dellapressione costante o della portata costante. Poichè la quantità di campione applicato alla colonna èmolto piccola, è essenziale che sia elevata e stabile lasensibilità del sistema di rivelazione. Questo è di solitocostituito da uno spettrofotometro a lunghezza d'ondavariabile nel visibile e nell'UV, da un fluorimetro, da unmisuratore dell'indice di rifrazione o da un rivelatoreelettrochimico. Attualmente esistono apparati per HPLCconnessi a spettrometri di massa.


Cromatografia di ripartizione E’ una tecnica che trova larga applicazione nella separazione difarmaci, proteine, amminoacidi e peptidi. In questo tipo dicromatografia sia la fase stazionaria che quella mobile sono liquidee la separazione dei diversi composti avviene in base ai lorodiversi coefficienti di distribuzione nelle due fasi. Solitamente lafase stazionaria è legata covalentemente ad una matrice di silice. Esistono due tipi principali di cromatografia diripartizione, che si differenziano per la relativa polarità dellafase stazionaria e della fase mobile: a) la cromatografia diripartizione in fase normale e b) la cromatografia di ripartizionein fase inversa.In a) la fase stazionaria è polare e la fase mobile è relativamentenon polare; i diversi componenti di una miscela vengono quindieluiti in ordine di polarità crescente. La fase stazionaria puòessere costituita da una alchilammina legata alla silice.Nel caso b), la fase stazionaria è apolare, mentre quella mobile èrelativamente polare. La fase stazionaria è costituita nella maggiorparte dei casi, da gruppi alchilsilanici legati alla silice, quellipiù utilizzati sono il butile (C4), ottile (C8) ed ottadecile (C18).L'eluizione viene condotta prevalentemente in gradiente, utilizzandoinizialmente un solvente polare (H 2 O o un tampone salino) che vieneman mano sostituito con un solvente apolare; in questo modo i primicomposti ad essere eluiti saranno quelli più polari esuccessivamente quelli meno polari.

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