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Università degli Studi di Padova Effetti di livelli estremi di interazione ...

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mantenere la prossimità con quest’ultima, nel tentativo peraltro <strong>di</strong> attirarne l’attenzione, rispetto<br />

che con un conspecifico.<br />

Anche brevi sedute d’<strong>interazione</strong> si sono <strong>di</strong>mostrate utili a migliorare il benessere e il<br />

comportamento <strong>di</strong> cani in canile (Hennessy et al., 2002): in uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Lynch e Gantt (1968) si è<br />

osservato che brevi sedute <strong>di</strong> petting tra cane e uomo, prolungate nel tempo, oltre a determinare una<br />

<strong>di</strong>minuzione della pressione sanguigna e della frequenza car<strong>di</strong>aca del cane, miglioravano anche<br />

l’<strong>interazione</strong> <strong>di</strong> quest’ultimo nei confronti dell’ambiente circostante, riducendo le possibilità <strong>di</strong><br />

soccombere al confinamento e prevenendo o comunque riducendo l’insorgenza <strong>di</strong> problemi<br />

comportamentali.<br />

Sembrerebbe però che risposta del cane all’<strong>interazione</strong> interspecifica possa essere influenzata da<br />

<strong>di</strong>versi aspetti, correlati sia all’animale (ad esempio l’età, la razza ed esperienze precedenti), che<br />

all’uomo (ad esempio le caratteristiche fisiche, il modo <strong>di</strong> interagire, e il fatto <strong>di</strong> essere conosciuto o<br />

meno); tuttavia, vista la scarsa letteratura <strong>di</strong>sponibile in merito (Wells e Hepper, 1999), non è<br />

possibile affermare in che misura questi influenzino la risposta comportamentale del cane.<br />

Al contrario, vi sono <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> secondo i quali il genere sia della persona che del cane (Lore e<br />

Eisenberg, 1986 Borchelt, 1983; Hart e Hart, 1985) possano influenzare il comportamento <strong>di</strong><br />

quest’ultimo all’<strong>interazione</strong> con la persona stessa. Secondo lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> Lore ed Eisenberg (1986) i<br />

cani maschi sarebbero più riluttanti rispetto alle femmine a interagire con le persone poste al <strong>di</strong><br />

fuori del box, soprattutto nei confronti <strong>degli</strong> uomini, verso i quali peraltro i comportamenti <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>fesa/aggressività sarebbero più frequenti (ad esempio orecchie tirate in<strong>di</strong>etro e piloerezione sul<br />

dorso). Al contrario, le femmine avrebbero un’<strong>interazione</strong> più frequente e amichevole, in uguale<br />

misura tra uomini e donne (van der Borg et al., 1991).<br />

Altro elemento importante nella manifestazione <strong>di</strong> determinati comportamenti nei confronti<br />

dell’uomo è il tempo <strong>di</strong> permanenza in canile. Wells et al. (2002) hanno stu<strong>di</strong>ato come questo<br />

aspetto andasse a influenzare il comportamento del cane, considerando cani entrati da meno <strong>di</strong> un<br />

mese, da meno <strong>di</strong> un anno, da 1 a 5 anni e da più <strong>di</strong> 5 anni. È risultato che i cani in canile da molto<br />

tempo, soprattutto quelli da più <strong>di</strong> 5 anni, avessero un minor livello <strong>di</strong> attività, passassero meno<br />

tempo nella parte frontale del box, rimanendo visibili per minor tempo, e comunque interagissero<br />

molto poco con i visitatori. Con l’aumentare del tempo trascorso in canile, i cani sembravano<br />

perdere interesse verso l’ambiente esterno, con un aumento <strong>di</strong> comportamenti sedentari e prolungati<br />

perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> riposo, che potevano riflettere uno sta<strong>di</strong>o <strong>di</strong> noia e <strong>di</strong> “learned helplessness“, cioè una<br />

forma <strong>di</strong> apatia dovuta alla mancanza <strong>di</strong> controllo che avevano sull’ambiente (Siwak et al., 2001).<br />

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