12.07.2015 Views

Acli Trentine MAGGIO 2004

Acli Trentine MAGGIO 2004

Acli Trentine MAGGIO 2004

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

EDITORIALETante ragioni per festeggiareancora il 1° maggioSono esattamente 115 anni che il 1° maggio è stato sceltoin tutto il mondo quale momento di lotta e riflessione ditutti i lavoratori che intendono affermare i propri diritti, migliorarela propria condizione e raggiungere obiettivi.Era il 20 luglio 1889 quando l’Associazione Internazionaledei lavoratori riunitasi a congresso - la Seconda internazionale- a Parigi, stabilì che “una grande manifestazionesarà organizzata per una data stabilita, in modo chesimultaneamente in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratorichiederanno alle pubbliche autorità di ridurre perlegge la giornata lavorativa a 8 ore e di mandare ad effettole altre risoluzioni del Congresso di Parigi”.Venne successivamente scelto come giorno simbolicoquello del 1° maggio 1989, per ricordare una imponentemanifestazione organizzata dai lavoratori di 12.000 fabbrichein tutti gli Stati Uniti, finita in una feroce ondatarepressiva con numerose vittime.Certo, c’è chi si interroga se il significato di questa ricorrenzasia ancora valido. C’è chi si limita ad affermare cheda allora le cose sono talmente cambiate che una giornatadi mobilitazione internazionale per l’autonomia e l’indipendenzadei lavoratori, ha perso significato e non risultapiù necessaria. Noi sicuramente non siamo di questa ideae non possiamo essere d’accordo con una lettura cosìsuperficiale della storia.Ovviamente i cambiamenti in un secolo e più di lotte e dimediazioni ci sono stati, ma i mutamenti intercorsi, dall’iniziodel Novecento non riguardano esclusivamente lacategoria dei lavoratori, bensì l’intera società. Bati pensareal fenomeno della globalizzazione. Mi sembra sia evidentea tutti che questi cambiamenti epocali non sonoavvenuti in termini sempre equilibrati. Le sperequazionitra il nord e il sud del mondo, tra i popoli tecnologicamenteavanzati e quelli che muoiono di fame, tra le culture semprepiù standardizzate e orientate da un “pensiero unico”rivolto al denaro e quelle lasciate in mano a fanatici eoppressori magari prezzolati da potenze straniere, conduconosempre a nuovi conflitti ed a sempre più tragichee nuove povertà.Oggi il 1° maggio deve servire per interrogarsi su moltecose. Deve servire magari per riflettere su argomenti piùuniversali e meno legati all’autonomia e all’indipendenzadei lavoratori, così come invecesuccedeva fino a pochi anni fa.Deve servire per approfondiremaggiormente il ruolo dell’uomo all’interno di una societàin profondo cambiamento dove, comunque, il lavoro costituisceancora oggi la spina dorsale del sistema. Ed eccoquindi che si torna sempre alla centralità del mondo dellavoro, con tutte le sue contraddizioni e le complessitàche vanno dai nuovi mercati alle nuove forme di flessibilità.Un mondo, questo, che per noi ha ancora molto daesigere sia sul piano della qualità che su quello dellaquantità, tanto più in seguito alle recenti leggi e disposizionigovernative che - secondo noi - tendono di fatto a farscivolare il mercato del lavoro in una sempre maggioreprecarietà.Disoccupazione, instabilità, lavoro nero, sono varie faccedi un unico problema che fa circuito con un futuro incerto,legato alla indeterminatezza del sistema pensionistico.L’arretratezza del nostro sistema di protezioni sociali equello sul piano della tutela dei diritti individuali e collettivi,contribuiscono poi in maniera determinante al progressivoindebolimento della capacità contrattuale del singoloe anche della contrattazione collettiva dei lavoratori.Si assiste così alle palesi contraddizioni di una forza lavoroanziana che non la si vuole riqualificare perché costatroppo ed è quindi destinata all’espulsione - però contestualmentesi legifera per un innalzamento dell’età pensionabile- mentre dall’altra parte si cerca di tenere i giovaniil più possibile in stand-by, per non doverli pagare econtrattualizzare secondo canoni accettabili per la sopravvivenza.E questo solo per accennare alcuni dei problemi che salgonoin superficie.Sono passati più di cento anni dalla prima celebrazionedella “festa dei lavoratori”. Vale ancora la pena tenerla invita? A nostro parere sì. E non solo per i tantissimi problemidi carattere pratico, che in questa occasione vengonoportati in discussione e all’attenzione di milioni di persone,ma soprattutto per dare ai giovani, soprattutto oggi, lavoglia di riconoscersi in un simbolo che stia al di sopradelle barriere geografiche e soprattutto, sociali.Fabio Casagrande, Presidente provinciale <strong>Acli</strong>4 <strong>Acli</strong> trentine - Maggio <strong>2004</strong>

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!