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II “LA PUBBLICITA' INGANNEVOLE” - Università Telematica Pegaso

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Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleTuttavia il consumatore che intende agire ex art. 2043 cod. civ. (al fine cioè di ottenere ilrisarcimento del danno derivante da fatto illecito) non assolve al proprio onus probandi dimostrandoil solo carattere ingannevole del messaggio, essendo tenuto a provare l’esistenza del danno, il nessodi causalità tra pubblicità e danno nonché il dolo o la colpa di chi ha diffuso la pubblicità. La colpa,come detto, può essere ravvisata nella prevedibilità che dalla diffusione di tale messaggio sarebberoderivate le conseguenze dannose concretamente verificatesi 18 .In definitiva, il danno non può essere considerato in re ipsa, ma necessita di una specificadimostrazione con riferimento al caso concreto.E allora, il danno da fumo patrimoniale o non patrimoniale ex art. 2043 c.c. deve essereprovato in giudizio e non può ritenersi coincidente con il solo fatto dannoso; ciò, considerando cheil fatto rappresenta l’evento produttivo di un danno, laddove quest’ultimo costituisce laconseguenza del fatto dannoso. Il consumatore-fumatore che richieda il risarcimento deve, pertanto,provare – oltre agli altri elementi che integrano la fattispecie – l’esistenza e l’entità del danno,attraverso il ricorso ad accertamenti medico legali se si verte in tema di danno alla salute.A ben vedere, infatti, laddove i giudici si abbandonassero ad una facile automatismo tra fattodannoso e danno risarcibile nel valutare l’accoglimento della domanda di risarcimento avanzata dal18Cass. Civ, Sez. Unite, 15/01/2009, n. 794, in Foro It., 2009, 3, 1, 717; nella specie la Corte ha ritenuto che«L’apposizione, sulla confezione di un prodotto, di un messaggio pubblicitario considerato ingannevole (nella specie ilsegno descrittivo ‘‘Light’’ sul pacchetto di sigarette), può essere considerata come fatto produttivo di danno ingiusto,obbligando colui che l’ha commesso al risarcimento del danno, indipendentemente dall’esistenza di una specificadisposizione o di un provvedimento che vieti l’espressione impiegata. Nondimeno, il consumatore che lamenti di aversubito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ex art. 2043 c.c., per il relativo risarcimento, nonassolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio, ma è tenuto a provare l’esistenza deldanno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonché (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità,concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate lemenzionate conseguenze dannose (nella specie, la Cassazione, a fronte dell’omessa motivazione da parte della sentenzaimpugnata in punto prova del danno non patrimoniale, ha rinviato ad altro giudice di pace, tuttavia ritenendo, anche allaluce dei diritti fondamentali del consumatore di cui all’art. 2 c. cons., che una generica lesione del dirittoall’autodeterminazione consumeristica ed il disagio conseguente alla scoperta di essere stato indotto a tenere unacondotta pericolosa possa dare luogo a un pregiudizio non pecuniario risarcibile, purché sufficientemente individuato invia presuntiva)».Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)13 di 29

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