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II “LA PUBBLICITA' INGANNEVOLE” - Università Telematica Pegaso

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“LA PUBBLICITA’ INGANNEVOLE”PROF.SSA FRANCESCA MITE


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleIndice1 PROBLEMI DI QUALIFICAZIONE GENERALE DELLA “PUBBLICITÀ INGANNEVOLE” ALLALUCE DEI PIÙ RECENTI INTERVENTI DOTTRINARI E GIURISPRUDENZIALI. ------------------------------- 32 LA FATTISPECIE ILLECITA DELLA PUBBLICITÀ INGANNEVOLE SOTTO IL PROFILO DEGLIELEMENTI COSTITUTIVI: L’IDONEITÀ AD INDURRE IN ERRORE. --------------------------------------------- 153 QUALIFICAZIONE E VALUTAZIONE DELLA CD. “INGANNEVOLEZZA” ------------------------------- 214 L’ALTRO ELEMENTO COSTITUIVO DELLA PUBBLICITÀ INGANNEVOLE: IL PREGIUDIZIODEL COMPORTAMENTO ECONOMICO DEL CONSUMATORE O IN ALTERNATIVA LA LESIONE DELCONCORRENTE -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 27BIBLIOGRAFIA --------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- 29Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)2 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevole1 Problemi di qualificazione generale della“pubblicità ingannevole” alla luce dei più recentiinterventi dottrinari e giurisprudenziali.Per poter correttamente discorrere di pubblicità ingannevole, è doveroso compierepreliminarmente alcune precisazioni di carattere terminologico posto che nell’ambito del settorepubblicitario, nella prassi, vengono spesso utilizzate come sinonimi le nozioni di comunicazionecommerciale e di pubblicità, attesa la difficoltà di tracciare una linea di demarcazione netta tra ledue espressioni.Da un’analisi dei riferimenti normativi emerge che in realtà le due espressioni si pongono,nell’ordinamento italiano, in un rapporto di genus a species.Il Codice di Autodisciplina pubblicitaria definisce, nelle norme preliminari e generali lacomunicazione commerciale come «la pubblicità e ogni altra forma di comunicazione, ancheistituzionale, diretta a promuovere la vendita di beni o servizi quali che siano le modalità utilizzate,nonché le forme di comunicazione disciplinate dal titolo VI. Non comprende le politichecommerciali e le tecniche di marketing in sé considerate».Il Legislatore nel Decreto Legislativo n. 145 del 21 settembre 2007 definisce lapubblicità come «qualsiasi forma di messaggio che è diffuso, in qualsiasi modo, nell’esercizio diun’attività commerciale, industriale, artigianale o professionale allo scopo di promuovere iltrasferimento di beni mobili o immobili, la prestazione di opere o di servizi oppure la costituzione oil trasferimento di diritti ed obblighi su di essi».Come è stato evidenziato sapientemente in dottrina, dalla lettura dei su richiamati riferimentinormativi deve ritenersi che «con la locuzione “comunicazione commerciale”debba intendersiqualsivoglia forma di divulgazione di informazioni a scopo promozionale, cioè destinata, in mododiretto o indiretto, a promuovere beni, servizi o l’immagine di una persona fisica o giuridica. Ciòche caratterizza, invece, la pubblicità nel novero delle comunicazioni commerciali è lo scopo che èspecificamente quello di “promuovere la vendita di beni mobili o immobili, la costituzione o iltrasferimento di diritti ed obblighi su di essi oppure la prestazione di opere o di servizi”» 11 Così S. Sica e V. Zeno Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, <strong>II</strong> Edizione, Cedam2012, pg. 222.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)3 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleTuttavia il consumatore che intende agire ex art. 2043 cod. civ. (al fine cioè di ottenere ilrisarcimento del danno derivante da fatto illecito) non assolve al proprio onus probandi dimostrandoil solo carattere ingannevole del messaggio, essendo tenuto a provare l’esistenza del danno, il nessodi causalità tra pubblicità e danno nonché il dolo o la colpa di chi ha diffuso la pubblicità. La colpa,come detto, può essere ravvisata nella prevedibilità che dalla diffusione di tale messaggio sarebberoderivate le conseguenze dannose concretamente verificatesi 18 .In definitiva, il danno non può essere considerato in re ipsa, ma necessita di una specificadimostrazione con riferimento al caso concreto.E allora, il danno da fumo patrimoniale o non patrimoniale ex art. 2043 c.c. deve essereprovato in giudizio e non può ritenersi coincidente con il solo fatto dannoso; ciò, considerando cheil fatto rappresenta l’evento produttivo di un danno, laddove quest’ultimo costituisce laconseguenza del fatto dannoso. Il consumatore-fumatore che richieda il risarcimento deve, pertanto,provare – oltre agli altri elementi che integrano la fattispecie – l’esistenza e l’entità del danno,attraverso il ricorso ad accertamenti medico legali se si verte in tema di danno alla salute.A ben vedere, infatti, laddove i giudici si abbandonassero ad una facile automatismo tra fattodannoso e danno risarcibile nel valutare l’accoglimento della domanda di risarcimento avanzata dal18Cass. Civ, Sez. Unite, 15/01/2009, n. 794, in Foro It., 2009, 3, 1, 717; nella specie la Corte ha ritenuto che«L’apposizione, sulla confezione di un prodotto, di un messaggio pubblicitario considerato ingannevole (nella specie ilsegno descrittivo ‘‘Light’’ sul pacchetto di sigarette), può essere considerata come fatto produttivo di danno ingiusto,obbligando colui che l’ha commesso al risarcimento del danno, indipendentemente dall’esistenza di una specificadisposizione o di un provvedimento che vieti l’espressione impiegata. Nondimeno, il consumatore che lamenti di aversubito un danno per effetto di una pubblicità ingannevole ed agisca, ex art. 2043 c.c., per il relativo risarcimento, nonassolve al suo onere probatorio dimostrando la sola ingannevolezza del messaggio, ma è tenuto a provare l’esistenza deldanno, il nesso di causalità tra pubblicità e danno, nonché (almeno) la colpa di chi ha diffuso la pubblicità,concretandosi essa nella prevedibilità che dalla diffusione di un determinato messaggio sarebbero derivate lemenzionate conseguenze dannose (nella specie, la Cassazione, a fronte dell’omessa motivazione da parte della sentenzaimpugnata in punto prova del danno non patrimoniale, ha rinviato ad altro giudice di pace, tuttavia ritenendo, anche allaluce dei diritti fondamentali del consumatore di cui all’art. 2 c. cons., che una generica lesione del dirittoall’autodeterminazione consumeristica ed il disagio conseguente alla scoperta di essere stato indotto a tenere unacondotta pericolosa possa dare luogo a un pregiudizio non pecuniario risarcibile, purché sufficientemente individuato invia presuntiva)».Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)13 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleconsumatore tratto in inganno da una pubblicità ingannevole, integrerebbero una violazione deiprincipi codicistici in materia di onere della prova ex art. 2697 c.c. 19Se da un lato è acclarata l’integrazione della fattispecie illecita di pubblicità ingannevole inriferimento alle sigarette “light”, è pur vero, tuttavia, che si tratta di una difficile incombenzaprobatoria per il consumatore. Se al fumatore- consumatore che sostiene di aver fumato un maggiornumero di sigarette “ligh”, sull’erroneo convincimento che si trattasse di sigarette meno dannoseper la salute, così vedendosi violato il proprio diritto all’autodeterminazione, è imposto di provarela condotta colposa o dolosa del soggetto agente, il danno ingiusto e il nesso di causalità, è di tuttaevidenza che lo si va a gravare di un onere piuttosto complesso. Il nesso causale, infatti, di pende dafattori intrinseci ed estrinseci.In conclusione, le considerazioni sopra esposte circa il risarcimento del danno da pubblicitàingannevole in materia di danno da fumo, evidenziano quanto si imponga una più scrupolosaregolamentazione da parte del Legislatore, tanto più nei rapporti tra consumatore e pubblicitàingannevole, ove a rilevare non solo interessi economici contrastanti, ma anche la salute e lasicurezza dei consumatori i quali in assenza di precise notizie e informazioni sul prodotto,potrebbero essere indotti a tralasciare le regole di diligenza, prudenza e vigilanza.19 Per una più precisa analisi della responsabilità civile con le relative problematiche inerenti agli elementi costitutividell’illecito ed alle questioni probatorie legate al danno in materia di pubblicità ingannevole, si rinvia a D.D’Alessandro, Pubblicità ingannevole: illecito civile e questioni probatorie, 2010, in www.altalex.com.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)14 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevole2 La fattispecie illecita della pubblicitàingannevole sotto il profilo degli elementicostitutivi: l’idoneità ad indurre in errore.Posto che, come sopra detto, uno degli elementi che valgono ad integrare l’illecito –pubblicità ingannevole, è costituito dalla potenzialità del messaggio pubblicitario ad indurre inerrore il destinatario o i soggetti che in qualunque modo, compresa la sua presentazione, essoraggiunge, si impone all’interprete anche un’indagine circa i criteri in base ai quali valutare se unmessaggio pubblicitario rientri o meno nella fattispecie dell’illecito che si sta esaminando.Ovvero, come gli organismi deputati al controllo del settore dell’informazione e dellacomunicazione, in particolare per quel che a noi qui interessa l’Agcm e i giudici amministrativi 20 ,dovranno decidere se una condotta integri o meno l’illecito de qua?In base a cosa si può ritenere sussistente l’elemento costitutivo della idoneità a produrre l’effettoingannevole nei confronti dei destinatari del messaggio pubblicitario? Come, cioè, si individuanoconcretamente le condotte censurabili in ragione della loro idoneità a produrre l’effetto ingannevolenei fruitori della comunicazione?La risposta a tali domande impone innanzitutto un tentativo volto a qualificare la nozione diingannevolezza. Ed allora, l’attenzione non può non spostarsi sulle posizioni assunte dallagiurisprudenza,posto che il D. lg. n. 145/2007, indica solo gli elementi da considerare ai fini di unavalutazione della ingannevolezza della pubblicità.E così, dal quadro normativo riveste carattere di "ingannevolezza" la pubblicità che inqualunque modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore lepersone alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, a causa del suo carattere, possa pregiudicareil loro comportamento economico, ovvero che, per questo motivo, leda o possa ledere unconcorrente.In particolare, come già precisato, il pregiudizio economico consiste nella possibile influenza delmessaggio sulle scelte economiche del consumatore, non richiedendosi un danno concretamente20 Competente a giudicare i ricorsi presentati dalle aziende sanzionate dall’Agcm, è la prima sezione del Tar Lazio;competente a decidere in merito ai ricorsi nei confronti delle sentenze del Tar in materia di pratiche commercialiscorrette, è la sesta sezione del Consiglio di Stato.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)15 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleuna pratica commerciale non solo quando si caratterizzi per assenza di veridicità, ma anche quando,nella sua presentazione globale, tenuto conto della pluralità di elementi indicati dalla disposizionede qua, comprensivi del costo e della modalità in cui questo è calcolato, sia atta ad indurre ilconsumatore ad assumere una decisone di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.Conformemente all’orientamento giurisprudenziale nazionale, si ritiene interessantesegnalare una recente pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea che ha consideratoingannevole la pratica commerciale consistente nel menzionare in un contratto di credito, un tassoannuo effettivo globale inferiore a quello reale qualora essa induca o sia idonea ad indurre ile di pubblicità che siano ispirate a parametri di completezza, chiarezza ed univocità, così da consentire decisioniconsapevoli sugli oneri da sostenere per l’acquisto del prodotto o la fruizione del servizio», in Massima redazionale,2011. Nello stesso senso più recentemente Cons. Stato Sez. VI, 17/02/2012, n. 853, in Massima redazionale, 201224 D. lgs. 6 settembre 2005, n. 206, pubblicato nella Gazz. Uff 8 ottobre 2005, n. 235, S.O. Codice del consumo, anorma dell’articolo 7 della legge 29 luglio 2003, n. 229. «Art. 21. Azioni ingannevoli1. E’ considerata ingannevole una pratica commerciale che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure difatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore ilconsumatore medio riguardo ad uno o più dei seguenti elementi e, in ogni caso, lo induce o è idonea a indurlo adassumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:a) l’esistenza o la natura del prodotto;b) le caratteristiche principali del prodotto, quali la sua disponibilità, i vantaggi, i rischi, l’esecuzione, la composizione,gli accessori, l’assistenza post-vendita al consumatore e il trattamento dei reclami, il metodo e la data di fabbricazione odella prestazione, la consegna, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’origine geografica ocommerciale o i risultati che si possono attendere dal suo uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove econtrolli effettuati sul prodotto;c) la portata degli impegni del professionista, i motivi della pratica commerciale e la natura del processo di vendita,qualsiasi dichiarazione o simbolo relativi alla sponsorizzazione o all’approvazione dirette o indirette del professionista odel prodotto;d) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo;e) la necessità di una manutenzione, ricambio, sostituzione o riparazione;f) la natura, le qualifiche e i diritti del professionista o del suo agente, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, lostatus, il riconoscimento, l’affiliazione o i collegamenti e i diritti di proprietà industriale, commerciale o intellettuale o ipremi e i riconoscimenti;g) i diritti del consumatore, incluso il diritto di sostituzione o di rimborso ai sensi dell’articolo 130 del presenteCodice».Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)17 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleconsumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbealtrimenti preso 25 .Il contenuto del messaggio pubblicitario, dunque, deve essere completo dovendo sempreprevalere l’interesse generale ad assicurare una piena e completa informazione ai consumatori 26 ; edinfatti, già secondo l’orientamento dell’Autorità 27 anche anteriore all’intervento legislativo del2007, il decreto legislativo n. 74 del 1992 28 imponeva lo specifico dovere di assolvere adun’informazione non solo tendenzialmente completa, ma anche chiara e univoca, inidonea, ancheper le modalità di presentazione, a determinare una induzione in errore.Da qui potrebbe concludersi nel senso che l’obbligo che il codice del consumo prevede per ilprofessionista, potrebbe verosimilmente collocarsi in via analogica anche in capo all’operatorepubblicitario: come sul professionista grava l’obbligo di mettere a disposizione del consumatoretutte le informazioni idonee a renderlo edotto delle caratteristiche principali del prodotto e delrelativo corrispettivo, ma anche di osservare modalità di presentazione e di pubblicità che sianoispirate a parametri di completezza, chiarezza ed univocità, così da consentire decisioni consapevolisugli oneri da sostenere per l’acquisto del prodotto o la fruizione del servizio, al medesimo obbligopotrebbe ragionevolmente ritenersi sottoposto l’operatore pubblicitario nei confronti deidestinatari del suo messaggio.Sul profilo strettamente qualificatorio circa la situazione giuridica soggettiva propriadell’operatore pubblicitario che si prepara a diffondere un messaggio pubblicitario, se esista cioèuno specifico obbligo informativo, avente ad oggetto una informazione piena e completa, non c’èunanimità di vedute. Trattasi di un aspetto decisivo, questo, soprattutto per i delicati risvolti intermini di responsabilità, nell’ipotesi di una sua eventuale violazione.Ebbene, da un’analisi delle pronunce giurisprudenziali che si sono espresse al riguardo, emerge chei giudici (sia di legittimità che di merito) siano orientati a prediligere una qualificazione di onerepiuttosto che di vero e proprio obbligo (diversamente da quanto prevede il codice del Consumo peril professionista). E così, se il messaggio pubblicitario è ingannevole non soltanto quando induce il25 Corte Giustizia Unione Europea Sez. I, 15/03/2012, n. 453, in Massima redazionale, 2012.26 Cons. Stato Sez. VI (Ord.), 12/03/2003, n. 915, Rass. Dir. Farm., 2003, 731.27 Agcm, 30/05/2002, n. 10802, Massima redazionale, 2002.28 D. Lgs, 25 gennaio 1992, n. 74 recante “Attuazione della direttiva 84/450/CEE, come modificata dalla direttiva97/55/CE in materia di pubblicità ingannevole e comparativa”, pubblicato nella Gazz. Uff. 13 febbraio 1992, n. 36, S.O.abrogato dall’art. 146, D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)18 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleconsumatore all’acquisto della merce pubblicizzata, ma anche, più in generale, allorché questi, pereffetto di un falso convincimento, sia disposto all’acquisto e, dunque, a relazionarsi con ilprofessionista, l’operatore commerciale ha dunque un preciso onere di completezza e chiarezzanella redazione della propria comunicazione d’impresa 29 .Già precedentemente e relativamente al settore dell’energia, in cui sempre più stannoproliferando le offerte pubblicitarie degli operatori riguardanti profili tariffari molto articolati e incui il prezzo finale del servizio è composto da una serie di voci (di difficile comprensionesegnatamente per un consumatore medio), per i giudici la completezza delle informazioni è comeun onere minimo dell’operatore pubblicitario, al fine di far percepire all’utente l’effettivaconvenienza dell’offerta.Più precisamente il Tar ha statuito che le caratteristiche essenziali dell’offerta devono risultarechiaramente percepibili sin dalla prima pagina del sito web, o comunque, sin dal primo livello dinavigazione 30 .E quindi, acclarato che non è dato riscontrare alcuna fonte normativa da cui possa desumersila titolarità di un vero e proprio obbligo in capo all’operatore pubblicitario 31 e che solo seguendol’interpretazione giurisprudenziale si è individuata una situazione giuridica soggettiva di onere diinformazione, è doveroso spostare ora il profilo di indagine su altro aspetto, quello relativo alcontenuto per così dire “negativo” del messaggio pubblicitario: ai fini della integrazione dell’illecitoche qui ci interessa, cioè, rileva l’omissione di informazioni? Ovvero, l’omissione informativaassume rilevanza ai fini del giudizio sulla ingannevolezza del messaggio? Può valere ad integrareuna ipotesi di pubblicità illecita, rectius ingannevole?Seguendo l’orientamento dottrinario e giurisprudenziale l’omissione informativa èrilevante solo laddove sia idonea ad indurre in errore il destinatario del messaggio riguardo allecaratteristiche essenziali del prodotto o del servizio di volta in volta pubblicizzato 32 .E così, sempre pronunciandosi in materia di pubblicità ingannevole, si è detto da parte deigiudici di merito che anche una semplice omissione di informazioni può integrare una reclamecensurabile, se da essa derivi un pericolo di induzione in errore, a sua volta suscettibile di29 T.A.R. Lazio Roma Sez. I, 13/02/2012, n. 1405, in Massima redazionale, 201230 T.A.R. Lazio Roma Sez. I, 08/09/2009, n. 8394, in Massima redazionale, 2009.31 Tale specifico obbligo sussiste solo per determinate tipologie di prodotti reclamizzati.32 Come ad esempio il prezzo, l’eventuale gratuità di determinate prestazione, l’offerta di particolari condizionicontrattuali o di specifiche garanzieAttenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)19 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevolepregiudicare il comportamento economico dei destinatari della pubblicità o di ledere unconcorrente; in mancanza di tali estremi il silenzio del messaggio non ha un valore patologico, masolo neutro 33 .Più precisamente è stata giudicata ingannevole una pratica commerciale che nellafattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limitidel mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui in tale contesto ilconsumatore medio necessiterebbe per prendere una decisione consapevole di natura commercialee, pertanto, induce (o è idonea ad indurre), il medesimo consumatore medio ad assumere unadecisione di natura commerciale che altrimenti non avrebbe preso (Conferma della sentenza del TarLazio - Roma, sez. I, n. 5625/2009) 34 .Appunto per questo, se l’omissione informativa rileva al fine di qualificare comeingannevole una data pubblicità; ne deriva che anche il controllo affidato all’Autorità si estendead ogni forma di pubblicità e quindi anche quella posta in essere mediante l’omissione di elementiinformativi idonei a porre il consumatore nella condizione essenziale per potersi liberamentedeterminare nel proprio comportamento economico 35 .33 Tar Lazio Roma Sez. I, 01/09/2004, n. 8238, in Massima redazionale, 2004.34 Cons. Stato Sez. VI, 21/09/2011, n. 5303, Massima redazionale, 2011; T.A.R. Lazio Roma Sez. I, 24/04/2009, n.4138, in Dir. Industriale, 2009, 4, 372, che ha evidenziato come «in applicazione di questo principio il Garante haritenuto colpevole e addebitabile all’operatore professionale l’omessa indicazione della composizione della microfibracon la quale è realizzato il prodotto».35 T.A.R. Lazio Roma Sez. I Sent., 15/05/2007, n. 4391, in Massima redazionale, 2007.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)20 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevole3 Qualificazione e valutazione della cd.“ingannevolezza”Alla luce delle posizioni dottrinarie e giurisprudenziali sopra esposte circa il primo deglielementi costitutivi della fattispecie di illecito della pubblicità ingannevole, ovvero l’idoneità adindurre in errore, attenta dottrina 36 che ha significativamente condotto questa lezione, haevidenziato, con assoluta condivisione da parte di chi scrive, il profilo relazionale della nozione diingannevolezza dovendo essere valutata di volta in volta alla stregua della capacità decodificativadel destinatario del messaggio pubblicitario.Da qui, quando si andrà a valutare la potenzialità del messaggio ad indurre in errore, non sipotrà prescindere dallo specifico livello di maturità dei consumatori cui il messaggio è destinato.Tanto più sarà elevata la capacità del destinatario del messaggio pubblicitario di decodificare un“potenziale messaggio ingannevole”, tanto più sarà difficile che la fattispecie illecita si integri.Ma esiste un sistema di gradazione che possa orientare l’operatore pubblicitario e che tengaconto dei molteplici livelli di maturità decodificativa a cui il suo messaggio si rivolge? È ovvioche non tutti coloro ai quali il messaggio è rivolto necessiteranno delle medesime informazioni aifini della sua comprensione.Pertanto, di cosa deve tener conto l’operatore pubblicitario per non integrare l’elementocostitutivo della pubblicità ingannevole che rientra nella più generale ingannevolezza, ovvero laidoneità ad indurre in errore?Ebbene, anche rispetto a tale profilo di indagine, in assenza di precise indicazioni da partedel Legislatore, è doveroso indagare sulle posizioni assunte dalla giurisprudenza. Ed allora, dopouna serie di oscillazioni interpretative circa il parametro di valutazione da utilizzare in concreto,tanto i giudici, quanto gli organi di garanzia, sembrano oramai tendenzialmente ritenere che lacapacità del destinatario del messaggio in relazione alla quale valutare la ingannevolezza, sia quelladel consumatore medio.Ma come si individua il modello di consumatore medio di riferimento, in base a qualicriteri? E su quale fascia della collettività, dunque, appuntare la tutela?36 S. Sica e V. Zeno Zencovich, ibidem, pg. 238.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)21 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleEbbene, certamente occorre tener conto innanzitutto dei fattori culturali, sociali edeconomici e, quindi e più precisamente, occorre tener conto del contesto economico e di mercatoall’interno del quale opera il consumatore 37 .Pertanto, il consumatore medio è individuato dalla giurisprudenza nel consumatore népienamente informato e avveduto, né completamente disinformato e sprovveduto; esso èravvisabile, cioè, in un modello che non coincide con un “tipo” riconducibile ad un consumatoreche abbia particolare dimestichezza e frequentazione di siti internet, che consentano al medesimo diorientarsi, con avveduta dimestichezza e con sicura pratica, tra link e rinvii da una ad altra sezionedel sito web 38 . Il consumatore medio, in definitiva, è quello non esperto dello specifico settore dimercato cui il messaggio pubblicitario si riferisce. Si tratta, peraltro, di un modello di consumatoreproprio anche della giurisprudenza della Corte di Giustizia che lo individua nel consumatorenormalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto 39 .37 Tar Lazio, 9 aprile 2009, n. 3722 in Massima redazionale, 2009. Più precisamente i giudici amministrativi hannoaffermato che: «Ai fini dell’illiceità di un comportamento, ai sensi del Codice del Consumo, non è necessariodimostrare che esso abbia avuto una concreta attuazione pregiudizievole per i consumatori, essendo sufficiente una suapotenziale lesività tale da ascriverlo nell’ambito dell’illecito di mero pericolo. Il dato statistico, relativo al numero deicasi in cui la condotta ha concretamente prodotto effetti, assume rilievo esclusivamente quale elemento aggravante dellacondotta. Per quel che attiene all’individuazione del livello di conoscenza del “consumatore medio”, particolare rilievova riservato, oltre ai fattori di ordine sociale, culturale ed economico, anche alle caratteristiche dei beni e dei serviziofferti, coniugate con le peculiarità del settore merceologico di riferimento. In particolare, nei settori caratterizzati da unparticolare gap informativo tra professionista e consumatore, è da escludere che tale asimmetria informativa possaessere colmata ricorrendo alle normali conoscenze del consumatore, dovendosi invece pretendere che un siffatto oneregravi esclusivamente in capo al professionista, quale aspetto del più ampio e generale onere di diligenza».38 Tar Lazio Roma Sez. I, 16/06/2011, n. 5390 in Massima redazionale, 2011.39 Da ultimo Corte giustizia comunità Europee Sez. IV Sent., 10/09/2009, n. 446/07 in Dir. Comunitario on line, 2009Foro It., 2010, 2, 4, 71:«Gli articoli 3, n. l, e 13, n. 3, del Regolamento n. 2081/92, come modificato dal Regolamento n.2796/2000, in combinato disposto con l'articolo 2 della Direttiva n. 2000/13/CE del 20 marzo 2000, relativa alravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l'etichettatura e la presentazione dei prodottialimentari, nonché la relativa pubblicità, devono essere interpretati nel senso che la denominazione di un prodottoalimentare contenente riferimenti geografici, che non è registrata come denominazione di origine protetta o indicazionegeografica protetta, può essere legittimamente utilizzata a condizione che l'etichettatura del prodotto così denominatonon induca in errore il consumatore medio normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto. Per valutarese ciò si verifichi, i giudici nazionali possono prendere in considerazione la durata dell'uso della denominazione.L'eventuale buona fede del produttore o rivenditore non è invece rilevante a tale proposito». Ma anche Trib. I GradoComunita' Europee Sez. I, 12/11/2008, n. 7/04 in Giur. It., 2009, 6, 1425: «Ai fini della valutazione globale del rischioAttenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)22 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleÈ una scelta, questa, che, ad avviso di attenta dottrina 40 , consente di contemperare leesigenze di tutela del consumatore e quelle di tutela della libertà di iniziativa economica della qualela pubblicità è, appunto, espressione.Tuttavia, è da dire che l’opzione per tale modello non esclude che la medesima tutela sia apprestataanche ai consumatori più sprovveduti o non particolarmente vigili, come quando, ad esempio, larepressione della pubblicità ingannevole sia funzionale alla protezione di un diverso e più rilevantebene giuridico rispetto a quello della libera concorrenza 41 . Significativo al riguardo è il caso relativoalla già affrontata questione delle sigarette “light”.Più precisamente, si ritiene rientrino fra i diritti dei consumatori ●una adeguatainformazione ed ●una corretta pubblicità, nonché il ●rispetto di principi di correttezza,trasparenza 42 ed equità nelle pratiche commerciali e nei rapporti contrattuali; in conformità a dettidi confusione si deve ritenere che il consumatore medio sia normalmente informato e ragionevolmente attento eavveduto, tenendo conto del fatto che il livello di attenzione del consumatore può variare in funzione della categoria diprodotti o di servizi di cui trattasi e che egli solo raramente ha la possibilità di procedere a un confronto diretto dei varimarchi, ma deve fare affidamento sull'immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria ». In origine, Sent.6.7.1995 in causa C-. 470/1993, Mars., in Raccolta, 1995, 1923.40 E. Minervini e L. Rossi Carleo Le pratiche commerciali sleali, Direttiva comunitaria e ordinamento italianoi, inQuaderni di giurisprudenza commerciale.41 Ed infatti anche in dottrina è stato evidenziato da P. Stanzione e G. Sciancalepore, in Commentario al Codice delconsumo, inquadramento sistematico, Ipsoa, 2006, come tale scelta interpretativa non abbia impedito all’Autorità diutilizzare metri di misura più “severi”. A ben vedere, infatti, in numerose decisioni aventi ad oggetto pubblicità diprodotti o servizi destinati a soggetti portatori di particolari patologie o particolari problemi fisici o rispetto ai quali siasensibilmente pronunciata la asimmetria informativa tra il destinatario del messaggio e l’operatore, l’Autorità ha sceltodi fare riferimento anche al metro di misura del “consumatore più sprovveduto”. In tal senso la giurisprudenza di meritoha precisato che «In tema di pubblicità ingannevole, ai fini del giudizio di ingannevolezza può assumere rilevanzaanche la circostanza che il messaggio oggetto di scrutinio sia rivolto ad una platea di destinatari in generale competentie non sprovveduti, quali gli imprenditori, a meno che il messaggio stesso non appaia diretto a trarre vantaggio da unapossibile disattenzione del lettore».42 Quello della trasparenza rappresenta un principio cardine nel sistema della tutela dei consumatori e dei concorrenti daeventuali forme di pubblicità illecita. Nel momento in cui si prevede che i messaggi pubblicitari siano riconoscibilicome tali e distinti da qualsiasi altra forma di comunicazione pubblicitaria occulta, in modo tale da consentire alconsumatore di ben rendersi conto della finalità pubblicitaria del messaggio e quindi adeguatamente ponderare il livellodi attenzione da prestare, è ovvio che gli si fornisce una importante garanzia. Il rispetto di tale principio, infatti,consente al destinatario del messaggio di attivare i comuni meccanismi di autodifesa che normalmente dovrebberoaccompagnare la decodifica della pubblicità commerciale.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)23 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleprincipi è ravvisabile pubblicità ingannevole in un’offerta, che non fornisca ai potenziali utentiinformazioni corrette, secondo standards di diligenza tali, da consentire al consumatore di orientarsiconsapevolmente in un mercato concorrenziale 43 .E allora, qualificata la nozione di ingannevolezza, proviamo ad indagare alla luce di qualialtri minimi criteri oggettivi essa va valutata. In base a cosa, cioè, l’interprete valuta se unafattispecie concreta di comunicazione commerciale sia o meno ingannevole e, dunque, sia o non siail suo contenuto potenzialmente decettivo?Ebbene, secondo il dato normativo 44 (e codicistico, proprio del Codice di AutodisciplinaPubblicitaria), per giudicare, rectius valutare, se la pubblicità sia ingannevole o meno occorreconsiderare tutti gli elementi, distinguendo in particolare:a) le caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, l’esecuzione, lacomposizione, il metodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi,la quantità, la descrizione, l’origine geografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenerecon il loro uso, o i risultati e le caratteristiche fondamentali di prove o controlli effettuati sui beni osui servizi (ad esempio false offerte di lavoro, fittizi inviti a feste o raduni);b) il prezzo o il modo in cui questo è calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i servizi sonoforniti (ad esempio prezzi di tariffe telefoniche, di carburanti, servizi internet, servizi telefonici apagamento);43 Cons. Stato Sez. VI, 19/01/2012, n. 209 (Conferma della sentenza del T.a.r. Lazio - Roma, sez. I, n. 5386/2011).Massima redazionale, 2012; si veda anche Cons. Stato Sez. VI, 21/09/2011, n. 5306, in Massima redazionale, 2011 aproposito degli «(….) accresciuti oneri di diligenza e di informazione a protezione di chi opera al contrario (ilconsumatore) al di fuori dell’esercizio della sua attività professionale (ed è per tal ragione in posizione di tendenzialedebolezza contrattuale)».44 D. Lgs 02/08/2007 n. 145 art. 3. Elementi di valutazione. 1. Per determinare se la pubblicità è ingannevole se nedevono considerare tutti gli elementi, con riguardo in particolare ai suoi riferimenti:a) alle caratteristiche dei beni o dei servizi, quali la loro disponibilità, la natura, l’esecuzione, la composizione, ilmetodo e la data di fabbricazione o della prestazione, l’idoneità allo scopo, gli usi, la quantità, la descrizione, l’originegeografica o commerciale, o i risultati che si possono ottenere con il loro uso, o i risultati e le caratteristichefondamentali di prove o controlli effettuati sui beni o sui servizi;b) al prezzo o al modo in cui questo è calcolato ed alle condizioni alle quali i beni o i servizi sono forniti;c) alla categoria, alle qualifiche e ai diritti dell’operatore pubblicitario, quali l’identità, il patrimonio, le capacità, i dirittidi proprietà intellettuale e industriale, ogni altro diritto su beni immateriali relativi all’impresa ed i premi oriconoscimenti.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)24 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevolec) la categoria, le qualifiche e i diritti dell’operatore pubblicitario, quali l’identità, il patrimonio, lecapacità, i diritti di proprietà intellettuale e industriale, ogni altro diritto su beni immateriali relativiall’impresa ed i premi o riconoscimenti (ad esempio falsa esistenza di certificazioni di qualità,mendaci affermazioni di primato).Al riguardo è opportuno fornire alcune fra le posizioni più interessanti assunte dallagiurisprudenza rispetto a ciascuno di questi elementi.E così, in relazione agli elementi di cui alla lettera a) è interessante accennare ad unapronuncia già richiamata sopra che ha tenuto conto di tali elementi e che, tra le altre cose, haaffermato la possibilità di chiedere l’accertamento della responsabilità del produttore per avercommercializzato, attraverso pratiche commerciali scorrette ed ingannevoli, un prodotto privo dellequalità funzionali necessarie a soddisfare i bisogni dell’acquirente e quindi inidoneo ad assolvere lafunzione economico sociale che gli è propria 45 .Sempre per quel che concerne tali elementi, si pensi a quelle forme di pubblicità ingannevole inragione della falsità degli effetti promessi in relazione all’uso del prodotto; anche per questa ipotesisi segnala una recente pronuncia che ha ritenuto doversi annullare, in applicazione dell’art. 1439c.c., il contratto avente ad oggetto un trattamento estetico pubblicizzato attraverso un messaggiopubblicitario giudicato ingannevole dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato erivelatosi inidoneo al raggiungimento dei risultati promessi 46 .Per quanto riguarda, poi, gli elementi di cui al punto b) dell’art. 3 d.Lgs. 145/07 sono stategiudicate ingannevoli, a titolo meramente esemplificativo, quelle pubblicità aventi ad oggetto i45 Trib. Milano, 13/03/2012 Sito Il caso.it, 2012.46 Trib. Modena Sez. <strong>II</strong>, 06/03/2012, in Resp. civ., 2012, 7, 554. In particolare, il Garante ha affermato che "Talimessaggi pubblicitari per l’assolutezza delle affermazioni riportate circa la definitività incondizionata dei risultaticonseguibili attraverso entrambi i metodi di depilazione laser pubblicizzati, debbono considerarsi ingannevoli. Inoltre,tali affermazioni, riguardando una caratteristica fondamentale e distintiva dei servizi pubblicizzati, attengono a profiliche nella decodifica dei messaggi assumono un ruolo determinante per il consumatore e, a causa della loroingannevolezza, sono suscettibili di pregiudicare il comportamento economico dei destinatari, inducendoli a scegliere diseguire, rispetto ad altri sistemi di depilazione, i metodi pubblicizzati sulla falsa convinzione di poter risolveredefinitivamente il problema dei peli superflui, indipendentemente da circostanze del tutto soggettive e variabili". Ciò èd’altronde conforme a consolidata giurisprudenza in tema di messaggi pubblicitari che promettono una epilazioneradicale e definitiva (Giurì cod. aut. pubb.ria, 9/12/2003, n. 189, in: Rass. dir. farmaceutico 2005, 107; T.A.R. Lazio, I,8/6/2005, n. 8113, in: Rass. dir. farmaceutico 2006, 6, 1340; T.A.R. Lazio, I, 8/10/2005, n. 8113, in: Foro amm. TAR2005, 10, 3172; Garante concorr. mercato, 6/612007, n. 16910, in: Rass. dir. farmaceutico 2007, 3, 789).Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)25 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleprezzi delle tariffe telefoniche, dei carburanti, delle tariffe aeree, dei servizi internet, dei "numeriverdi" e dei servizi telefonici a pagamento.A sortire un effetto decettivo sulla scelta del consumatore ben potrebbero essere anche lesole modalità di presentazione del prezzo, basti pensare ad un prezzo base a cui vanno aggiuntiulteriori costi e oneri, di modo che il prezzo finale ed effettivo sia di tutt’altro che chiara eimmediata percezione, imponendo un macchinoso calcolo al consumatore ovvero non agevolando lapercezione delle relative informazioni.E così si è consolidato l’indirizzo interpretativo in base al quale perchè l’informazionecommerciale resa al pubblico possa essere definita chiara e precisa, occorre che l’indicazione delcosto del prodotto o del servizio, includa ogni onere economico che vada gravare sul consumatore,il cui ammontare deve essere determinabile ex ante o presentare tutte le componenti che concorronoal computo del prezzo finale.Pertanto, si è ritenuto che la scelta di enfatizzare un prezzo base che non corrisponde al prezzofinale ed effettivo può indurre in errore il consumatore quando non si accompagni a modalità dipresentazione del messaggio complessivo che consentano una precisa e immediata percezione delprezzo finale ed effettivo rendendo, così, ingannevole il messaggio pubblicitario 47 .Infine, relativamente agli elementi di cui alla lett. c) dell’art. 3 d.Lgs. 145/07 che prevede qualepotenziale indice di valutazione sulla ingannevolezza del messaggio, l’inganno relativo allecaratteristiche dello stesso operatore pubblicitario, si evidenzia una interessante decisionedell’Agcm che nel prendere posizione rispetto ad attestazioni concernenti i sistemi di prevenzione econtrollo sulla filiera produttiva poste in essere da un operatore pubblicitario che reclamizzanotaluni prodotti a base di carne bovina destinati all’alimentazione infantile, le ha ritenute non forieredi inganno, ove suffragate da documentazione probatoria attestante i sistemi di prevenzione econtrollo poste in essere dall’ operatore pubblicitario; ritenendo, invece, ingannevoli quelleaffermazioni contenute nel medesimo messaggio volte ad assicurare la totale assenza di rischio diinfezione da Bse nelle carni provenienti dagli allevamenti, posto che la categoricità di tali assuntinon trova alcun conforto nel settore in esame 48 .47 Cons. Stato, 27/07/2010, n. 4894, Foro It., 2010, 10, 3, 481.48 Autorità Garante per la concorrenza, 01/08/2001, n. 9852, in Giust. Civ., 2002, I, 253.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)26 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevole4 L’altro elemento costituivo della pubblicitàingannevole: il pregiudizio del comportamentoeconomico del consumatore o in alternativa lalesione del concorrenteCome si ricorderà, ad integrare la fattispecie di illecito in esame, oltre all’idoneità ad indurre inerrore i destinatari del messaggio pubblicitario, con i compiuti rilievi sull’ingannevolezza, èl’idoneità lesiva del messaggio stesso qualificata in termini di potenzialità a pregiudicarne ilcomportamento economico (o, in alternativa a ledere un concorrente).Nella valutazione dell’Agcm come anche in quella della dottrina che si è vista nel corso del primoparagrafo, una volta accertata la recettività del messaggio, il pregiudizio economico nei confrontidei concorrenti è considerato in re ipsa, atteso che questi ultimi non potrebbero non risentire dellosviamento della clientela (così integrandosi la lesione del concorrente) e che, in ragione delmessaggio, abbia orientato le proprie scelte verso i prodotti del concorrente.Il che significa che anche in assenza del concreto pregiudizio al comportamento economico delconsumatore, un messaggio pubblicitario ben potrebbe essere dichiarato ingannevole qualora, acausa della sua attitudine decettiva, fosse in grado di cagionare una lesione, attuale o potenziale,ad un concorrente, ben potendo questo presupposto della fattispecie finire con il coincidere, inconcreto, con la pratica anticoncorrenziale dello sviamento della clientela, consistentenell’errore in cui potrebbero potenzialmente incorrere i fruitori del messaggio all’atto diconcretizzare le proprie scelte di mercato a causa dell’ingannevolezza del messaggio.Va precisato, comunque, che la lesione del concorrente di cui alla pubblicità ingannevole, nonpresuppone necessariamente che il soggetto danneggiato sia un diretto competitor di quello che haimmesso il messaggio decettivo nel segmento di mercato interessato ma è sufficiente che unqualsiasi operatore economico abbia subìto conseguenze pregiudizievoli a causa della attitudinemenzognera della comunicazione promozionale 49 .49 G. Rossi, La pubblicità dannosa. Concorrenza sleale, “diritto a non essere ingannati”, diritti della personalità,Milano, 2000.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)27 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevolePertanto, giustamente è stata evidenziata da attenta dottrina la anomala coincidenza della lesioneattuale o potenziale ad un concorrente, con la pratica anticoncorrenziale dello sviamento dellaclientela 50 ,Ma come si accerta il pregiudizio del comportamento economico? Come si accerta, cioè, se undeterminato messaggio pubblicitario abbia in qualche modo alterato la scelta del destinatario? C’èpregiudizio economico, cioè, solo laddove ci sia la prova del danno patrimoniale concretamentesubìto?Seguendo la più recente interpretazione giurisprudenziale 51 , ai fini dell’integrazione della fattispeciedi pubblicità ingannevole, se si facesse coincidere la nozione di pregiudizio del comportamentoeconomico del consumatore con quella di danno economico (implicante una diminuzionepatrimoniale) si compirebbe una ricostruzione piuttosto riduttiva. Più correttamente, infatti, comegià osservato, essa va intesa nel senso di influenza sul comportamento economico del consumatorenel quadro della tutela della relativa libertà di scelta. In caso contrario, infatti, l’inesistenza dipregiudizio economico reale impedirebbe di considerare "sanzionabili" messaggi anche del tuttodisancorati rispetto al dato reale.In definitiva c’è potenziale pregiudizio del comportamento economico dei destinatari delmessaggio pubblicitario laddove questo si riveli anche solo potenzialmente idoneo a ledere lalibertà di autodeterminazione del consumatore, indipendentemente dal fatto che abbia oacquistato il prodotto e, quindi, indipendentemente dal fatto che il suo patrimonio abbia subito omeno una modificazione.50 In tal senso S. Sica e V. Zeno Zencovich, ibidem, pg. 247, per i quali: «Nella prassi, tuttavia, vi è poco spazio perimmaginare un’autonomia di quest’ultima ipotesi, visto che la medesima pubblicità, qualora sia idonea ad indurre inerrore i propri destinatari, non può che finire, al contempo, per pregiudicarne il comportamento economico – vistaanche l’interpretazione che riceve tale ultimo requisito – e, dunque, per ledere anche il concorrente in relazione allosviamento della clientela».51 Cons. Stato Sez. VI, 04/08/2009, n. 4901, (Riforma della sentenza del T.A.R. Lazio n. 3538/2004), in Massimaredazionale, 2009. Nello stesso senso anche T.A.R. Lazio Sez. I, 14/05/2008, n. 4107, in Massima redazionale, 2008.Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)28 di 29


Università <strong>Telematica</strong> <strong>Pegaso</strong>La pubblicità ingannevoleBibliografia F. Besemer e E. Apa, Pubblicità ingannevole: quadro normativo e ultime decisionidell’Antitrust su pratiche commerciali scorrette in www.key4biz.it. D. D’Alessandro, Pubblicità ingannevole: illecito civile e questioni probatorie, 2010, inwww.altalex.com. E. Minervini e L. Rossi Carleo Le pratiche commerciali sleali, Direttiva comunitaria eordinamento italianoi, in Quaderni di giurisprudenza commerciale. E. Poddighe,Il difficile connubio tra danno da fumo e responsabilità civile all’interno e oltrei confini nazionali, in La nuova giurisprudenza civile commentata n. 3/2012 2012 - Parteseconda, 20122012 - Parte seconda, 2012. G. Rossi, La pubblicità dannosa. Concorrenza sleale, “diritto a non essere ingannati”, dirittidella personalità, Milano, 2000. Concorrenza e mercato, Rassegna degli orientamenti dell’Autorità Garante, 15/2007. S. Sica e V. Zeno Zencovich, Manuale di diritto dell’informazione e della comunicazione, <strong>II</strong>Edizione, Cedam 2012. P. Stanzione e G. Sciancalepore, in Commentario al Codice del consumo, inquadramentosistematico, Ipsoa, 2006Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamentevietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore(L. 22.04.1941/n. 633)29 di 29

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