del palazzo, troviamo il gran<strong>it</strong>o di Baveno (11b) che già abbiamo visto alla base del monumento aLagrange (1b), alla base della fiancata della chiesa di S. Carlo (4b) e in alcune colonne di via Roma(6b) <strong>da</strong>lle caratteristiche sfumature rosa dovute al prevalere dei feldspati di quel colore (ortoclasio)su quelli bianchi (plagioclasio).Le colonne sono pure cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e <strong>da</strong>llo stesso tipo di roccia, ma si tratta del gran<strong>it</strong>o di Montorfano(11c) che viene cavato in una local<strong>it</strong>à vicina a Baveno. È una pietra nella quale il felpato ortoclasio èbianco anziché rosa. Ma sempre nella stessa regione e precisamente a Mergozzo è presente anche un23
altro gran<strong>it</strong>o, questa volta caratterizzato <strong>da</strong> sfumature verdi, dovute alla presenza di clor<strong>it</strong>e(appartenente alla famiglia dei fillosilicati, insieme alle miche muscov<strong>it</strong>e bianca e biot<strong>it</strong>e nera). Insintesi, nella stessa area geografica, la bassa val Toce (Verbano-Cusio-Ossola), si trovano tre tipidiversi della stessa roccia: gran<strong>it</strong>o rosa di Baveno, gran<strong>it</strong>o bianco di Montorfano e gran<strong>it</strong>o verde diMergozzo, tutte pietre <strong>da</strong> costruzione e ornamentali con caratteri fisici praticamente identici, ma condiverse sfumature di colori, a confermare il fatto che la natura geologica delle Alpi ci permette discegliere tipi e varietà a secon<strong>da</strong> delle esigenze estetiche nell’amb<strong>it</strong>o dell’arch<strong>it</strong>ettura.Dalla <strong>piazza</strong> Carlo Alberto si prosegue lungo via Carlo Alberto per percorrere un solo isolato egiungere quindi all’incrocio con la via Maria V<strong>it</strong>toria. A destra si trova la chiesa di San Filippo Neri(s<strong>it</strong>o 12), l’edificio di culto più grande di Torino (12a), ultima tappa dell’escursione geoc<strong>it</strong>tà (A).San Filippo Neri fu commissionata, nel 1675, <strong>da</strong>llaCongregazione dei Padri dell'Oratorio di San FilippoNeri, su man<strong>da</strong>to del re Carlo Emanuele II, all’arch<strong>it</strong>ettoAntonio BETTINO, ma un rovinoso crollo durantel’assedio francese del 1706, <strong>da</strong>nneggiò l'intero cantiere.Il progetto fu ripreso e affi<strong>da</strong>to, tra il 1715 e il1730, a Filippo JUVARRA. L’ultimo rimaneggiamentodel 1823 ha interessato la facciata, di evidente ispirazioneneoclassica, ad opera dell’arch<strong>it</strong>etto GiuseppeMaria TALUCCHI.In origine la chiesa avrebbe dovuto avere un aspettopiù maestoso, ma il crollo del 1706 fermò il cantiere.Filippo JUVARRA ideò la lunga navata di circa 70 metridi lunghezza con caratteristica volta a botte. Il corpocentrale è largo circa 37 metri e il voltone è scand<strong>it</strong>o<strong>da</strong> sette finestroni semicircolari a forma di conchiglia,tipico motivo ornamentale juvarriano, che si ripetein tutte le decorazioni e le suppellettili della chiesa.Di fronte all’ingresso dellachiesa la pavimentazione è unacciottolato bicolore, in quantorealizzato con ciottoli fluviali(<strong>da</strong>i caratteristici spigoliarroton<strong>da</strong>ti) cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i <strong>da</strong> duemateriali (12b): quello chiaroè quarz<strong>it</strong>e, quello scuro èserpentin<strong>it</strong>e. La quarz<strong>it</strong>e,come già illustrato precedentemente(2f), è una roccia metamorficamolto ricca di quarzoe per tale ragione è, quasisempre, un materiale <strong>da</strong>lla colorazionechiara o molto chiarao addir<strong>it</strong>tura bianca.La serpentin<strong>it</strong>e è facilmente rinvenibile sulle montagne in provincia di Torino (val Susa e valli diLanzo) ed è una roccia metamorfica ultrafemica. Essa deriva <strong>da</strong>l metamorfismo di rocce originariemagmatiche ultrafemiche (peridot<strong>it</strong>i) cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e <strong>da</strong> minerali (olivina, pirosseni, anfiboli,…)appartenenti alle famiglie di silicati caratterizzati <strong>da</strong> una maggiore frequenza di atomi metallici dielementi femici. Il metamorfismo comporta l’idratazione dell’olivina, con conseguente formazione24