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Guarda l'intero numero di Oltre (20 MB) - Comunità Piergiorgio

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sul mercato, senza <strong>di</strong>menticare naturalmente checi sono anche vague nuove da tenere in osservazionee con cui bisogna misurarsi nell’ottica <strong>di</strong> unafatica della <strong>di</strong>vulgazione e dell’aggiornamento.”Un <strong>di</strong>segno davvero molto ampio che non e-sclude nulla e che <strong>di</strong>mostra come classico econtemporaneo possano convivere perfettamente.Professore, quanto lavoro c’è <strong>di</strong>etrol’allestimento <strong>di</strong> una stagione teatrale comequesta e quali tempistiche richiede generalmentelo stesso?“Pensi soltanto che io sto già lavorando per la stagione<strong>20</strong>09/<strong>20</strong>10 e questo perché il teatro, così comela musica, non si può certo programmare da ungiorno all’altro. Non è assolutamente possibile nonprovvedere con prudente tempistica ad assicurarsicerte firme. Lo scorso 30 giugno avevo già firmato icontratti delle compagnie. Ci vuole quin<strong>di</strong> almenoun anno per preparare una stagione intera. Perl’ottobre del <strong>20</strong>09 ho già in mente lo spettacolo <strong>di</strong>livello internazionale che intendo portare a U<strong>di</strong>nein un rapporto <strong>di</strong> collaborazione con un grande teatrostabile italiano.”Lei ha alle spalle una lunga e brillante carriera,tra l’altro assolutamente trasversale.Non si è fatto mancare davvero nulla. Dal teatroalla televisione; dalla ra<strong>di</strong>o all’e<strong>di</strong>toria,senza trascurare la docenza universitaria, epotrei andare avanti ancora… Qual è tuttavia,tra quelli che ho citato, il mezzo <strong>di</strong> comunicazionecon cui lei sente maggiori affinità?“In teatro io mi sento decisamente a casa. Potreistarci in pantofole o con gli stivali e comunque sapreisempre misurare il passo, in qualsiasi mansione.Sono anche capace <strong>di</strong> fare il macchinista, sebbeneio sia alquanto arrugginito nell’esperienza e comunquerimasto alle tecnologie <strong>di</strong> 30 anni fa. Ilteatro è senza dubbio un lavoro <strong>di</strong> équipe ma lepersonalità in<strong>di</strong>viduali che ne fanno parte devonoassolutamente primeggiare perché se la squadralivella, non si combina proprio nulla. Il team deveessere sempre costituito da in<strong>di</strong>vidualità <strong>di</strong> valore.Noi, in questo momento, siamo sotto organico inteatro poiché abbiamo meno persone <strong>di</strong> quante nonne servirebbero ma siccome i tempi sono quelli chesono cerchiamo <strong>di</strong> farcela ugualmente sobbarcandoci<strong>di</strong> molto lavoro.”Lei è stato più volte definito “Il Professore”della televisione italiana facendo della parola,o meglio del corretto uso della parola, unimperativo categorico e si è servito molto spesso<strong>di</strong> programmi televisivi per sottolinearequesto. Penso ad alcuni format tra cui“Abbiccì-L'ha detto la TV”, una ricerca sullostato dellaLingua italianaai nostrigiorni,realizzatacon la collaborazionedel linguistaLuca Serianni…Si, è vero.Beh, se pensoalla nostralingua al giornod’oggi posso soltanto <strong>di</strong>re che la stessa vive unmomentaccio, un pessimo momento davvero. E’ massacrata,trascurata, vilipesa, insultata e umiliata.Farebbero bene a decidere <strong>di</strong> non parlarla più e alasciarla in pace cosi gli stu<strong>di</strong>osi e gli appassionaticome me sarebbero liberi <strong>di</strong> utilizzarla tra <strong>di</strong> loro,come dei congiurati o meglio ancora, come dei catacombalicongiurati. Questa è la verità, eppure moltiridono quando faccio queste affermazioni. Invece èproprio così. Recentemente ho scritto un pezzo per ilVenerdì <strong>di</strong> Repubblica. Poco tempo fa la ra<strong>di</strong>o, i giornalie persino i vescovi hanno usato l’espressione ilfine vita per parlare della morte. Ma come, <strong>di</strong>co io. Ilfine vita? E io che mi sono scandalizzato ho addebitatosubito al giornalista questa stupidaggine, questosolecismo. Poi però ho ascoltato anche l’intervistafatta al vescovo il quale ha riba<strong>di</strong>to ulteriormentel’espressione il fine vita. Si rende conto??? Ildramma <strong>di</strong> tutto questo poi è che ci sono anche personaggiillustri che compiono simili errori; penso peresempio ai politici che continuano a <strong>di</strong>re io credo cheè meglio. Ma come io credo che è meglio. E’ il verboputan<strong>di</strong>. La politica è l’arte del dubbio e quin<strong>di</strong> perchémi <strong>di</strong>ci io credo che è vero?? Ma allora sei proprioun imbecille ed io non ti voto.”Inizio ad averne un’idea senza dubbio piùchiara ed aggiungo che i mezzi <strong>di</strong> comunicazione,senza nulla togliere alla famiglia in primise poi alle istituzioni scolastiche, hanno ancoraoggi una grande responsabilità per ciòche concerne non solo la <strong>di</strong>vulgazione <strong>di</strong> informazionie contenuti in genere ma anche perquanto riguarda l’utilizzo corretto del linguaggiostesso. Ritiene che i mass me<strong>di</strong>a siano effettivamenteconsapevoli <strong>di</strong> avere un grande potereanche in tal senso?“E’ chiaro che il mezzo è il messaggio. Mettiamolasul <strong>di</strong>fficile. E’ evidente che l’enfatizzazione pulviscolaredel semantema è un problema semiotico;cioè, se lei amplifica un solecismo, ossia un erroregrammaticale con la televisione, è ovvio che questofinirà per affermarsi come legittimo. Una volta inve-

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