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Linguaggio e Filosofia in Wittgenstein - Centro Studi e Ricerche Aleph

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hUNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PALERMOFACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIACORSO DI LAUREA IN FILOSOFIALINGUAGGIO E FILOSOFIAIN WITTGENSTEINTesi di laurea di:Salvatore MarcheseRelatore:Ch.mo Prof. Pietro PalumboANNO ACCADEMICO 2010/20111


INDICE1 INTRODUZIONE ............................................................................................................ 42 IL MONDO ...................................................................................................................... 82.1 Elementi e struttura del mondo ................................................................................. 82.2 Proprietà degli oggetti ............................................................................................. 102.3 L’esistenza degli oggetti: un’esigenza di senso ...................................................... 142.4 Indipendenza dei fatti, fondamento delle previsioni e del procedimento <strong>in</strong>duttivo ...... 182.5 Fatti semplici e fatti complessi ............................................................................... 203 “NOI CI FACCIAMO IMMAGINI DEI FATTI” .......................................................... 223.1 L’immag<strong>in</strong>e ............................................................................................................. 223.2 La condivisione della forma logica come condizione di sensatezza delle immag<strong>in</strong>i. .. 253.3 La forma logica non è raffigurabile ........................................................................ 283.4 Verità e determ<strong>in</strong>atezza di senso dell’immag<strong>in</strong>e .................................................... 294 IL LINGUAGGIO .......................................................................................................... 324.1 Immag<strong>in</strong>e logica, pensiero e l<strong>in</strong>guaggio ................................................................. 324.2 La proposizione come immag<strong>in</strong>e logica della realtà ............................................... 344.3 Proposizioni semplici e proposizioni complesse .................................................... 414.3.1 Le costanti logiche ..................................................................................................................... 444.4 Il problema della verità (e della falsità) e del senso (e del non senso) delle proposizioni .. 454.5 Le proposizioni della logica .................................................................................... 485 “CIO’ CHE NON PUO’ ESSERE DETTO” .................................................................. 525.1 Metafisica, Mistico, Scetticismo ............................................................................. 525.2 Impossibilità dell’etica ............................................................................................ 536 LA FILOSOFIA COME CRITICA DEL LINGUAGGIO ............................................. 617 “GETTAR VIA LA SCALA” ........................................................................................ 678 DIECI ANNI DI “SILENZIO”....................................................................................... 702


9 IL RITORNO ALLA FILOSOFIA ................................................................................. 739.1 Insufficienza dell’immag<strong>in</strong>e agost<strong>in</strong>iana del l<strong>in</strong>guaggio e significato come uso.... 739.2 Il l<strong>in</strong>guaggio: un <strong>in</strong>sieme di giochi l<strong>in</strong>guistici ........................................................ 839.3 Molteplicità dei giochi l<strong>in</strong>guistici e somiglianze di famiglia .................................. 849.4 La filosofia nel “secondo” Wittgenste<strong>in</strong> ................................................................. 879.5 <strong>Filosofia</strong>, malattia, psicanalisi................................................................................. 9710 CONCLUSIONI ........................................................................................................... 99Riferimenti Bibliografici ................................................................................................. 1033


1 INTRODUZIONELudwig Wittgenste<strong>in</strong> costituisce uno dei più grandi filosofi delNovecento. Il suo pensiero, <strong>in</strong>fatti, ha <strong>in</strong>fluenzato e cont<strong>in</strong>ua ad<strong>in</strong>fluenzare le ricerche di molti studiosi che cont<strong>in</strong>uano a cimentarsicon le sue opere e ad estrarre da queste seri motivi di riflessione sull<strong>in</strong>guaggio, sulla logica, sul mondo, sulla filosofia, etc.La figura di Wittgenste<strong>in</strong>, tuttavia, pone alcuni problemiquando si tratta di stabilire se la sua riflessione è andata avantisecondo l<strong>in</strong>ee di sviluppo cont<strong>in</strong>uo e coerente o se presenta al suo<strong>in</strong>terno delle “spaccature”. Ma nonostante tutti gli studi criticicondotti sul pensiero di Wittgenste<strong>in</strong>, non si è raggiunta ancoral’unanimità su un tema importante: è giusto parlare di un “primo” e diun “secondo” Wittgenste<strong>in</strong> o no?A tal proposito, molti studiosi considerano le idee presenti nelTractatus, che costituisce l’unica opera che è stata pubblicata mentreWittgenste<strong>in</strong> era ancora <strong>in</strong> vita, <strong>in</strong>conciliabili con quelle contenutenegli scritti successivi. Altri studiosi <strong>in</strong>vece propendono a favore diuna tesi che vede nel percorso <strong>in</strong>tellettuale di Wittgenste<strong>in</strong> unasostanziale unità, nonostante sia stato egli stesso ad avvertire i lettoridei “gravi errori” presenti nella sua prima grande opera.4


In relazione a ciò, verrà mostrato che almeno per quantoriguarda la filosofia, la questione è più semplice perché la concezioneche di essa Wittgenste<strong>in</strong> ha mantenuto lungo tutto il suo percorso diricerca, non ha subito sostanziali modifiche. La filosofia <strong>in</strong>fatti verràsempre <strong>in</strong>terpretata come un’attività da esercitare sul l<strong>in</strong>guaggio conlo scopo di chiarificarlo e di evitare tutti i possibili fra<strong>in</strong>tendimenticausati da un suo scorretto uso, anche se le vie che Wittgenste<strong>in</strong>percorrerà per giungere a questi obiettivi, come vedremo, sarannodiverse.Inoltre, dal momento che le riflessioni sulla filosofia sonosempre consequenziali rispetto ai risultati dell’<strong>in</strong>dag<strong>in</strong>e condotta sullalogica e sul l<strong>in</strong>guaggio, non poteva rimanere escluso da questo lavorouna trattazione, seppur <strong>in</strong>troduttiva e per l<strong>in</strong>ee generali, di questi temiche, <strong>in</strong>sieme alle considerazioni sulla natura e sul f<strong>in</strong>e della filosofia,costituiscono il cuore della riflessione di Wittgenste<strong>in</strong>.Wittgenste<strong>in</strong> rappresenta uno dei filosofi che più mi ha colpito eaffasc<strong>in</strong>ato <strong>in</strong> tutto il mio percorso di studio. La genialità con cui haaffrontato il tema del l<strong>in</strong>guaggio e della filosofia, nonché le soluzioniproposte, anche se non tutte trovano la mia condivisione, specie perquanto concerne la natura e il f<strong>in</strong>e della filosofia, mi hanno <strong>in</strong>dotto a5


scegliere proprio questi due aspetti della sua riflessione comeargomento della mia tesi di laurea.6


Parte prima• Mondo, <strong>L<strong>in</strong>guaggio</strong> e <strong>Filosofia</strong> nelTractatus7


2 IL MONDO2.1 Elementi e struttura del mondoLe prime pag<strong>in</strong>e del Tractatus sono dedicate alla spiegazionedella struttura del mondo. Il mondo, per Wittgenste<strong>in</strong>, è dato da tuttociò che accade. Solo ciò che accade, cioè, per Wittgenste<strong>in</strong>, ha il titoloper essere considerato una realtà mondana, mentre tutto ciò che non ènelle condizioni di accadere non può essere ritenuto tale.Ma <strong>in</strong> che cosa consiste il ciò che accade? Da cos’è costituito?Per Wittgenste<strong>in</strong> il ciò che accade è dato dai fatti, o meglio, dallatotalità dei fatti e non dei s<strong>in</strong>goli oggetti o cose. Egli spiega che unfatto è il sussistere di uno stato di cose, ossia una comb<strong>in</strong>azione oconnessione di oggetti, entità, cose. Ciò vuol dire che la realtà, perWittgenste<strong>in</strong>, non va pensata come una mera catalogazione o sempliceammasso di oggetti, entità, cose, ma da una loro connessione ocomb<strong>in</strong>azione. In altre parole, gli oggetti non esistono maiseparatamente e isolatamente, ma sono sempre comb<strong>in</strong>ati con altrioggetti:“Il mondo è tutto ciò che accade” 1 ;“Il mondo è la totalità dei fatti, non delle cose” 2 ;1 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus e Quaderni1914-1916, tr. it. di A. G. Conte, Ed. E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o 1998, prop. 1.2 Ivi, prop. 1.1.8


“Il mondo è determ<strong>in</strong>ato dai fatti e dall’essere essi tutti i fatti” 3 ;“Il mondo si divide <strong>in</strong> fatti” 4 ;“Ciò che accade, il fatto, è il sussistere di stati di cose” 5 ;“Lo stato di cose è un nesso di oggetti (entità, cose)” 6 .Oltre a quella fattuale dunque non esiste un’altra realtà, <strong>in</strong>quanto essa si risolve completamente negli stati di cose sussistenti, neifatti. Non esistono, vale a dire, fatti sovrasensibili che rimandano aduna realtà sovrasensibile 7 .Con la totalità di ciò che accade, che Wittgenste<strong>in</strong> def<strong>in</strong>isce“fatti positivi”, è determ<strong>in</strong>ata anche la totalità di ciò che non accade,ossia di ciò che Wittgenste<strong>in</strong> def<strong>in</strong>isce“fatti negativi”:“Che la totalità dei fatti determ<strong>in</strong>a ciò che accade, ed anche tuttociò che non accade” 8 ;“Il sussistere e non sussistere di stati di cose è la realtà. (Ilsussistere di stati di cose lo chiamiamo anche un fatto positivo; ilnon sussistere, un fatti negativo.) 9 .Come già rilevato, il Tractatus nelle prime pag<strong>in</strong>e presentaun’ontologia, il che potrebbe fare ritenere che il primo pensiero di3 Ivi, prop. 1.11.4 Ivi, prop. 1.2.5 Ivi, prop. 2.6 Ivi, prop. 2.01.7 Cfr. S. Soleri, Note al Tractatus logico-philosophicus di Wittgenste<strong>in</strong>, Ed. Bibliopolis, Napoli2003, p. 38.8 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.1.12.9 Ivi, prop. 2.06.9


Wittgenste<strong>in</strong> sia stato quello di elaborare un’ontologia su cuiimpiantare e fare derivare le tesi logico-l<strong>in</strong>guistiche presentiall’<strong>in</strong>terno della stessa opera. In realtà le cose stanno proprio alcontrario, <strong>in</strong> quanto l’ontologia che troviamo nel Tractatus è desunta,concepita a partire dai caratteri della logica e del l<strong>in</strong>guaggio 10 . Perquesto motivo, l’ord<strong>in</strong>e con cui Wittgenste<strong>in</strong> affronta le questioni nelTractatus non corrisponde all’ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong> cui esse sono presenti nellasua mente e nei suoi <strong>in</strong>teressi:“Sì, il mio lavoro s’è esteso dai fondamenti della logica all’essenzadel mondo” 11 .Per questo motivo, <strong>in</strong>oltre, le tesi ontologiche presenti nelleprime pag<strong>in</strong>e del Tractatus, vanno sempre valutate come conseguenzadelle tesi logico-l<strong>in</strong>guistiche 12 , le quali verranno affrontate più avanti.2.2 Proprietà degli oggettiCome appena mostrato, il fatto è il sussistere di uno stato dicose, ossia una connessione o comb<strong>in</strong>azione di oggetti, i quali non sidanno mai isolatamente e separatamente, ma sempre comb<strong>in</strong>ati ed <strong>in</strong>relazione tra loro.10 Cfr. D. Marconi, Il Tractatus, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong>, a cura di Diego Marconi, Ed.Laterza, Roma-Bari 1997, p. 18.11 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Quaderni 1914-1916 , <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 225.12 Cfr. S. Soleri, op. cit., p. 37.10


Ora, che gli oggetti si diano sempre <strong>in</strong> relazione con altrioggetti e mai separatamente, è una condizione che Wittgenste<strong>in</strong>presenta non come un’opzione o un’eventualità da cui gli oggetti sipossono sottrarre, ma come una necessità:“E’ essenziale alla cosa il poter essere parte costitutiva d’uno statodi cose” 13 ;“Come non possiamo affatto concepire oggetti spaziali fuori dallospazio, oggetti temporali del tempo, così noi non possiamoconcepire alcun oggetto fuori dalla possibilità del suo nesso conaltri. Se posso concepire l’oggetto nel contesto dello stato di cose,io non posso concepirlo fuori della possibilità di questo contesto” 14 ;“La macchia nel campo visivo può non essere rossa, ma un colorenon può non averlo: Essa ha, per così dire, lo spazio cromatico<strong>in</strong>torno a sé. Il suono deve avere una altezza, l’oggetto del tatto unadurezza, e così via” 15 .Gli oggetti qu<strong>in</strong>di hanno la naturale vocazione a congiungersicon altri oggetti, ma non con tutti perché le loro possibilitàcomb<strong>in</strong>atorie non sono <strong>in</strong>f<strong>in</strong>ite, ma sono determ<strong>in</strong>ate a priori dalleproprietà logiche degli stessi. In altri term<strong>in</strong>i, <strong>in</strong> base alla sue proprietàlogiche o <strong>in</strong>terne, un oggetto potrà connettersi a certi oggetti e non adaltri.13 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.2.011.14 Ivi, prop. 2.0121.15 Ivi, prop. 2.0131.11


Tuttavia, che sussistano certe comb<strong>in</strong>azioni di oggetti e nonaltre, per Wittgenste<strong>in</strong> è un fatto sempre accidentale e non necessario,<strong>in</strong> quanto la logica determ<strong>in</strong>a solo le possibilità comb<strong>in</strong>atorie deglioggetti, ma non quali configurazioni si registreranno concretamente.Riprendendo l’esempio della macchia nel campo visivo, va detto che,siccome non esiste alcuna necessità logica che lega una determ<strong>in</strong>atamacchia ad un determ<strong>in</strong>ato colore, essa può non essere rossa, ma uncolore non può non averlo. Di conseguenza, afferma Wittgenste<strong>in</strong>,essa è <strong>in</strong>dipendente dal rosso, ma non dal colore. A tal propositoPeriss<strong>in</strong>otto chiarisce:“Ad una macchia nel campo visivo, <strong>in</strong>somma, non puòsemplicemente capitare o accadere di avere un colore, come le puòcapitare o accadere di essere rossa piuttosto che gialla; verdepiuttosto che azzurra. In questo senso, essa è <strong>in</strong>dipendente dalrosso (o dal verde o dal qualsiasi altro determ<strong>in</strong>ato colore), ma nonè affatto <strong>in</strong>dipendente dal colore” 16 .Wittgenste<strong>in</strong> dunque rileva una doppia caratteristica didipendenza – <strong>in</strong>dipendenza degli oggetti, i quali, da un lato,possono presentarsi <strong>in</strong> tutte le situazioni che le loro proprietàlogiche gli permettono, dall’altro, devono presentars<strong>in</strong>ecessariamente <strong>in</strong> una qualche modalità:16 L. Periss<strong>in</strong>otto, Wittgenste<strong>in</strong>. Una guida, Ed. Feltr<strong>in</strong>elli, Milano 2008, p. 39.12


“La cosa è <strong>in</strong>dipendente nella misura nella quale essa può ricorrere <strong>in</strong>tutte le situazioni possibili, ma questa forma d’<strong>in</strong>dipendenza è unaforma di connessione con lo stato di cose, una forma di non<strong>in</strong>dipendenza”17 .Le proprietà logiche di un oggetto vengono anche def<strong>in</strong>ite daWittgenste<strong>in</strong> proprietà <strong>in</strong>terne, le quali vanno dist<strong>in</strong>te dalle proprietàesterne. Le proprietà <strong>in</strong>terne si riferiscono alle possibilità comb<strong>in</strong>atoriedegli oggetti, mentre le proprietà esterne rimandano alle effettiverelazioni che gli oggetti <strong>in</strong>trattengono tra loro. Per cui, <strong>in</strong> base alleprime si possono fare affermazioni necessarie e a priori, mentre <strong>in</strong>base alle seconde si possono fare solo affermazioni a posteriori econt<strong>in</strong>genti. In tal senso Soleri spiega:“Si può dire che <strong>in</strong> base alle proprietà <strong>in</strong>terne dell’oggetto posso fare affermazion<strong>in</strong>ecessarie a priori, mentre le proprietà esterne sono cont<strong>in</strong>genti e determ<strong>in</strong>abilisolo a posteriori” 18 .Ora, poiché conoscere un oggetto vuol dire conoscere tutte lepossibilità <strong>in</strong> cui può ricorrere, ne consegue che possiamo dire diconoscere un oggetto solo quando ne conosciamo le proprietà <strong>in</strong>terne:“Per conoscere un oggetto, non mi è necessario conoscere le sueproprietà esterne, - ma le sue proprietà <strong>in</strong>terne io devo conoscerletutte” 19 .17 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.2.0122.18 S. Soleri, op. cit., p. 43.19 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.2.01231.13


Abbiamo parlato, s<strong>in</strong>o ad ora, degli oggetti come di ciò dallecui possibili comb<strong>in</strong>azioni ne conseguono gli stati di cose. Ma comesono gli oggetti presi per se stessi? Sono semplici o complessi?Per Wittgenste<strong>in</strong>, gli oggetti presi per se stessi sono semplici ecostituiscono la sostanza o forma fissa del mondo. Come tali, nonsono divisibili <strong>in</strong> ulteriori parti e sono immutabili:“L’oggetto è semplice” 20 ;“Gli oggetti formano la sostanza. Perciò essi non possono esserecomposti” 21 .Ciò che cambia, <strong>in</strong>vece, sono le loro diverse comb<strong>in</strong>azioni:“L’oggetto è il fisso, il sussistente; la configurazione è il vario,l’<strong>in</strong>costante” 22 .2.3 L’esistenza degli oggetti: un’esigenza di sensoSi è parlato degli oggetti semplici. Ma come si può essere certidella loro esistenza e, per di più, con le caratteristiche sopra descritte?Per Wittgenste<strong>in</strong>, l’esistenza degli oggetti semplici è un fattocerto che si prova <strong>in</strong> virtù dell’esistenza di proposizioni sensate. Inparticolare, per il Wittgenste<strong>in</strong> del Tractatus, una proposizione ha unsenso determ<strong>in</strong>ato e preciso, solo nella misura <strong>in</strong> cui si riferisce a20 Ivi, prop. 2.02.21 Ivi, prop. 2.021122 Ivi, prop. 2.0271.14


qualcosa di determ<strong>in</strong>ato, ovvero ad oggetti. Per questa ragione, se nonesistessero oggetti semplici, non si potrebbe <strong>in</strong> alcun modo disporre diproposizioni sensate, della cui esistenza Wittgenste<strong>in</strong> è conv<strong>in</strong>to:“L’esigenza delle cose semplici è l’esigenza della determ<strong>in</strong>atezzadel senso” 23 ;“E sempre torna ad imporsi <strong>in</strong> noi l’idea che v’è qualcosa disemplice, d’<strong>in</strong>divisibile, un elemento dell’essere, <strong>in</strong> breve una cosa…noi sentiamo che il MONDO deve constare di elementi”. 24A tal proposito, Periss<strong>in</strong>otto chiarisce nel seguente modo:“Se il mondo non avesse una sostanza, se non vi fossero gli oggettisemplici, le nostre proposizioni non avrebbero alcun sensodeterm<strong>in</strong>ato, ossia non vi sarebbero, a rigore, proposizioni. Neconsegue che gli oggetti semplici vi debbono essere, aff<strong>in</strong>ché visiano e poiché vi sono proposizioni” 25 ;Se gli oggetti semplici non esistessero, spiega ulteriormenteWittgenste<strong>in</strong>, il senso di una proposizione verrebbe a dipendere dauna proposizione precedente, questa da un’altra ancora e così via,senza poter giungere mai ad una proposizione capace di renderesensate tutte le altre. Periss<strong>in</strong>otto, <strong>in</strong> tal senso:“Ma se l’aver senso di una proposizione dipendesse dalla verità diun’altra proposizione avremmo perlomeno due conseguenze, a dir23 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Quaderni 1914-16, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 206.24 Ivi., p. 204.25 L. Periss<strong>in</strong>otto, op. cit., p. 40.15


poco, <strong>in</strong>desiderabili. (a) Si produrrebbe una sorta di regressoall’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito: <strong>in</strong>fatti, il senso di una proposizione dipenderebbe dallaverità di un’altra proposizione, il cui senso dipenderebbe, a suavolta, dalla verità di una terza proposizione, e così via, all’<strong>in</strong>f<strong>in</strong>ito,per l’appunto” 26 .Ma è lo stesso Wittgenste<strong>in</strong> ad affermarlo:“Se il mondo non avesse una sostanza, l’avere un proposizionesenso dipenderebbe allora dall’essere un’altra proposizione vera” 27 .Per Wittgenste<strong>in</strong>, le proposizioni hanno un senso compiuto,determ<strong>in</strong>ato, come dimostra il fatto che comprendiamo le situazioniche rappresentano senza bisogno che ci venga spiegato il senso,ovvero senza bisogno di ulteriori proposizioni. L’unica condizioneche egli pone, aff<strong>in</strong>ché si possa comprendere ciò che la proposizionerappresenta, è data dalla conoscenza del significato delle parole <strong>in</strong>essa contenute:“Lo vediamo dal fatto che comprendiamo il senso del segnoproposizionale senza che quel senso ci sia stato spiegato” 28 ;“I significati dei segni semplici (delle parole) devono essercispiegati aff<strong>in</strong>ché noi li comprendiamo. Con le proposizioni,tuttavia, noi ci <strong>in</strong>tendiamo” 29 .26 Ivi, p. 42.27 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.2.0211.28 Ivi, prop. 4.02.29 Ivi, prop. 4.026.16


Il tema della determ<strong>in</strong>atezza del senso delle proposizioni verrà<strong>in</strong> seguito rivisto. Come verrà mostrato <strong>in</strong> seguito, Wittgenste<strong>in</strong>porterà avanti l’idea secondo la quale un’espressione, anche se privadi un senso completamente determ<strong>in</strong>ato, non potrà per ciò dirsi<strong>in</strong>sensata 30 .Ad ogni modo, il discorso sull’esistenza degli oggetti semplicicostituisce uno degli aspetti più problematici dell’impianto teorico diWittgenste<strong>in</strong>, <strong>in</strong> quanto di essi non solo non vengono mai dati esempispecifici, ma addirittura nel Tractatus Wittgenste<strong>in</strong> considera prive disenso tutte quelle proposizioni che <strong>in</strong>tendono esprimersi <strong>in</strong>torno alleproprietà degli oggetti. Ciò, <strong>in</strong>fatti, per Wittgenste<strong>in</strong> significherebbeesprimersi <strong>in</strong>torno sia alle proprietà esterne sia a quelle <strong>in</strong>terne ologiche, il che è impossibile perché le proprietà logiche, <strong>in</strong> quantonecessarie, non possono mai essere oggetto di rappresentazione 31 .Ecco perché, spiega Wittgenste<strong>in</strong>, di un oggetto si può dire solamentecome esso è non che cosa esso è:“Gli oggetti io li posso solo nom<strong>in</strong>are. I segni ne sonorappresentanti. Io posso solo dirne, non dirli. Una proposizionepuò dire solo come una cosa è, non che cosa è” 32 .30 Cfr. D. Marconi, Il ‘Tractatus’, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong>, cit., p. 30.31 Cfr. S. Soleri, op. cit., p. 56.32 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.3.221.17


2.4 Indipendenza dei fatti, fondamento delle previsioni edel procedimento <strong>in</strong>duttivoIl mondo, abbiamo detto all’<strong>in</strong>izio, è dato dai fatti. Ma tra i fattidi cui è costituito il mondo vi è un rapporto di dipendenza, tale chel’uno può dipendere o essere causa dell’altro o, al contrario, essi sonoassolutamente <strong>in</strong>dipendenti l’uno dall’altro?A tal proposito, Wittgenste<strong>in</strong> fa rilevare che mentre gli oggettisono sempre <strong>in</strong>seriti <strong>in</strong> un contesto, ossia comb<strong>in</strong>ati con altri oggetti,gli stati di cose sono assolutamente <strong>in</strong>dipendenti gli uni dagli altri. Diconseguenza, è la più radicale accidentalità e casualità la cifradell’accadere dei fatti nel mondo:“Nello stato di cose gli oggetti sono <strong>in</strong>terconnessi, come le maglied’una catena” 33 ;“Gli stati di cose sono <strong>in</strong>dipendenti l’uno dall’altro” 34 ;“Dal sussistere o non sussistere d’uno stato di cose non puòconcludersi il sussistere o non sussistere d’un altro” 35 .Per fare un esempio noto nella storia della filosofia, dato ilmovimento della palla A non è possibile <strong>in</strong>ferire che il movimentodella palla B è causato dall’urto che questa ha avuto con la palla A, <strong>in</strong>33 Ivi, prop. 2.03.34 Ivi, prop. 2.061.35 Ivi, prop. 2.062.18


quanto il movimento della palla B è un fatto assolutamente<strong>in</strong>dipendente, nuovo rispetto al movimento della palla A.Ma se così stanno le cose, che valore e fondamento hanno tuttele <strong>in</strong>ferenze, le congetture e le previsioni? Ed <strong>in</strong>oltre, che ve n’è delprocedimento <strong>in</strong>duttivo?Queste realtà, per Wittgenste<strong>in</strong>, esistono solo nella nostra menteed il loro fondamento non è ontologico, ma solo ed esclusivamentepsicologico, il che comporta che la realtà rimane sempre caratterizzatadalla più radicale accidentalità e casualità:“Il procedimento dell’<strong>in</strong>duzione consiste nell’assumere la legge piùsemplice che possa essere accordata alle nostre esperienze” 36 ;“Questo procedimento, tuttavia, ha un fondamento non logico, mapsicologico. E’ chiaro che non esiste ragione di credere chedavvero avverrà il caso più semplice” 37 ;“Che il sole domani sorgerà è un’ipotesi; e ciò vuol dire: Noi nonsappiamo se esso sorgerà” 38 ;Una necessità cogente, per la quale qualcosa debba avvenire poichéqualcos’altro è avvenuto non, v’è. V’è solo una necessità logica” 39 .Non solo, ma anche se tutto ciò che si vorrebbe realizzare accadesse, iterm<strong>in</strong>i della questione non si sposterebbero di un centimetro, perché36 Ivi, prop. 6.363.37 Ivi, prop. 6.3631.38 Ivi, prop. 6.36311.39 Ivi, prop. 6.37.19


la realtà cont<strong>in</strong>uerebbe ad essere impregnata dalla più radicaleaccidentalità:“Anche se tutto ciò che desideriamo avvenisse, tuttavia ciò sarebbesolo, per così dire, una grazia del fato, poiché non v’è tra volontà emondo, una connessione logica che garantisca ciò, e la suppostaconnessione fisica non potremmo certo volerla a sua volta” 40 .2.5 Fatti semplici e fatti complessiOrbene, i fatti di cui parla Wittgenste<strong>in</strong> possono essere semplicio complessi. Come ha fatto rilevare Russell, gli oggetti sono semplici(o atomici) quando non sono costituiti da altri fatti, mentre sonocomplessi (o molecolari) quando sono costituiti da due o più fatti:“I fatti il quale i quali non sono composti d’altri fatti sono, daWittgenste<strong>in</strong>, chiamati Sachverhalte, mentre un fatto il quale possaconsistere di due o più fatti è chiamato Tatsache. Ad esempio,«Socrate è saggio» è un Sachverhalt come pure una Tatsache,mentre «Socrate è saggio e Platone è il suo discepolo» è unaTatsache, ma non un Sachverhalt” 41 .L’espressione “Socrate è saggio” è sia una “Sachverhalt” sia“Tatsache” perché, così come ha spiegato lo stesso Russel, <strong>in</strong> realtàessa è costituita da due parti, ossia da Socrate e da saggio:40 Ivi, prop. 6.374.41 B. Russel, Introduzione al Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicuscit., p. 5.20


“Un fatto atomico, pur non contenendo parti che siano dei fatti,tuttavia contiene delle parti. Se possiamo considerare «Socrate èsaggio» un fatto atomico, noi percepiamo che esso contiene icostituenti «Socrate» e «saggio»” 42 .42 Ivi, p. 8.21


3 “NOI CI FACCIAMO IMMAGINI DEI FATTI”3.1 L’immag<strong>in</strong>eUna volta ultimato lo studio condotto sulla struttura della realtà,Wittgenste<strong>in</strong>, nel Tractatus, passa ad analizzare le modalità con cui ilsoggetto se la rappresenta.A tal proposito, Wittgenste<strong>in</strong> ha elaborato la teoria raffigurativadel l<strong>in</strong>guaggio, secondo la quale la rappresentazione della realtà daparte del soggetto avviene per mezzo di immag<strong>in</strong>i:“Noi ci facciamo immag<strong>in</strong>i dei fatti” 43 .Wittgenste<strong>in</strong> ha anche affermato che le proposizioni non sonoaltro che immag<strong>in</strong>i dei fatti, per cui lo studio circa la naturadell’immag<strong>in</strong>e è prelim<strong>in</strong>are alla comprensione delle tesi riguardantila proposizione.Lo studio della natura dell’immag<strong>in</strong>e è anche importanteperché, per Wittgenste<strong>in</strong>, una proposizione può essere vera o falsa,ossia può concordare o no con la realtà rappresentata, solo <strong>in</strong> quantoimmag<strong>in</strong>e di essa:“Solo così la proposizione può essere vera o falsa: essa puòconcordare o discordare con la realtà solo essendo un’immag<strong>in</strong>e diuno stato di cose” 44 ;43 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.2.1.44 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Quaderni 1914-1916, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 137.22


“La proposizione può essere vera o falsa solo <strong>in</strong> quantoimmag<strong>in</strong>e della realtà” 45 .Ma cos’è un’immag<strong>in</strong>e? Ed, <strong>in</strong>oltre, di che tipo di immag<strong>in</strong>e sitratta? In relazione a ciò, Wittgenste<strong>in</strong> spiega che l’immag<strong>in</strong>e è unfatto e che, come tale, è costituita da elementi che non sono disposti acaso, ma secondo un precisa relazione gli uni con gli altri.Tali elementi rimandano ad oggetti precisi nella realtà, <strong>in</strong> modotale che agli elementi dell’immag<strong>in</strong>e corrispondono gli elementi delfatto raffigurato. Aff<strong>in</strong>ché un immag<strong>in</strong>e sia immag<strong>in</strong>e di qualche cosa,<strong>in</strong>oltre, vi deve essere anche una precisa corrispondenza tra il nessoche “tiene” gli elementi costitutivi dell’immag<strong>in</strong>e e quello deglielementi costitutivi del fatto raffigurato. Solo così, spiegaWittgenste<strong>in</strong>, un immag<strong>in</strong>e può essere immag<strong>in</strong>e di qualche cosa:“Agli oggetti corrispondono nell’immag<strong>in</strong>e gli elementidell’immag<strong>in</strong>e” 46 ;“Gli elementi dell’immag<strong>in</strong>e sono rappresentanti deglioggetti nell’immag<strong>in</strong>e” 47 ;“L’immag<strong>in</strong>e consiste nell’essere i suoi elementi <strong>in</strong> unadeterm<strong>in</strong>ata relazione l’uno con l’altro” 48 ;“L’immag<strong>in</strong>e è un fatto” 49 .45 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.06.46 Ivi, prop. 2.13.47 Ivi, prop. 2.131.48 Ivi, prop. 2.14.49 Ivi, prop. 2.141.23


Ogni immag<strong>in</strong>e, <strong>in</strong> altre parole, deve raffigurare oltre che gli oggetti,anche le relazioni sussistenti tra di essi, così come Soleri ha mostratocon un esempio:“Se vogliamo rappresentare su una tela un determ<strong>in</strong>ato soggetto(ad es., una tavola su cui si trovano piatti e bicchieri), dovremofare <strong>in</strong> modo che tra le immag<strong>in</strong>i dip<strong>in</strong>te sussistano le medesimerelazioni sussistenti tra gli oggetti reali (se i bicchieri sono adestra dei piatti, ciò dovrà valere anche per le figure dip<strong>in</strong>te sullatela, etc.)” 50 .Questo discorso ha <strong>in</strong>dotto alcuni studiosi ad affermare che perWittgenste<strong>in</strong> tra immag<strong>in</strong>e e fatto raffigurato vi è un relazioneisomorfica.Non la pensa così Marco Carapezza, il quale, riferendosi alleproposizioni 2.1512, 2.15121 e 4.025 del Tractatus, ha spiegato che larelazione adatta a spiegare il rapporto tra il piano del l<strong>in</strong>guaggio equello del mondo, così come la presenta Wittgenste<strong>in</strong>, è quellaomomorfica 51 .50 S. Soleri, op. cit., p. 71.51 Cfr. M. Carapezza, Segno e simbolo <strong>in</strong> Wittgenste<strong>in</strong>, Ed. Bonanno, Acireale – Roma 2005, pp.23-32.24


3.2 La condivisione della forma logica come condizione disensatezza delle immag<strong>in</strong>i.Ma come può l’immag<strong>in</strong>e raffigurare qualcosa, dal momentoche immag<strong>in</strong>e e fatto raffigurato sono, dal punto di vista qualitativo,due entità diverse?A tal proposito, Wittgenste<strong>in</strong> spiega che un’immag<strong>in</strong>e puòraffigurare qualsiasi altra cosa a patto di condividerne la forma diraffigurazione, mentre, senza questa condivisione, l’immag<strong>in</strong>e nonpotrebbe raffigurare alcunché:“Ciò che l’immag<strong>in</strong>e deve avere <strong>in</strong> comune con la realtà, perpoterla raffigurare – correttamente o falsamente – nel propriomodo, è la forma di raffigurazione propria dell’immag<strong>in</strong>e” 52 ;“L’immag<strong>in</strong>e può raffigurare ogni realtà della quale ha la forma.L’immag<strong>in</strong>e spaziale, tutto lo spaziale; la cromatica, tutto ilcromatico; etc.” 53 ;“La forma di raffigurazione è la possibilità che le cose siano l’unacon l’altra nella stessa relazione che gli elementi dell’immag<strong>in</strong>e” 54 ;“E’ così che l’immag<strong>in</strong>e è connessa con la realtà; giunge ad essa” 55 .Solo grazie alla relazione di raffigurazione dunque l’immag<strong>in</strong>e riescea coord<strong>in</strong>are i suoi elementi a quelli del fatto raffigurato.52 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.2.17.53 Ivi, 2.171.54 Ivi, prop. 2.151.55 Ivi, prop. 2.1511.25


Il processo di coord<strong>in</strong>azione è stato da Wittgenste<strong>in</strong> paragonatoal fenomeno della proiezione <strong>in</strong> geometria, <strong>in</strong> cui un qualsiasi oggetto puòessere riprodotto per mezzo di l<strong>in</strong>ee di proiezione, <strong>in</strong> virtù delle qualiè possibile riconoscere il modello di partenza nonostante le possibilideformazioni subite. A tal riguardo, Marco Carapezza tuttavia haspiegato che non sempre è possibile risalire all’immag<strong>in</strong>e di partenzaperché “più immag<strong>in</strong>i sono compatibili con un unico risultato” 56 .Ad ogni modo, essa può raffigurare qualsiasi altro fatto didiversa natura, <strong>in</strong> virtù della coord<strong>in</strong>azione degli elementidell’immag<strong>in</strong>e a quelli del fatto raffigurato, le quali vengono anchedescritte da Wittgenste<strong>in</strong> come le antenne grazie a cui l’immag<strong>in</strong>e“tocca” la realtà:“La relazione di raffigurazione consta delle coord<strong>in</strong>azioni deglielementi dell’immag<strong>in</strong>e e delle cose” 57 ;“Queste coord<strong>in</strong>azioni sono quasi le antenne degli elementidell’immag<strong>in</strong>e, con le quali l’immag<strong>in</strong>e tocca la realtà” 58 .Il processo di coord<strong>in</strong>azione <strong>in</strong>dicato è una realtà che viene daWittgenste<strong>in</strong> attribuita <strong>in</strong> toto all’immag<strong>in</strong>e, ragion per cui anche larelazione di raffigurazione è una realtà che appartiene ad essa:56 M. Carapezza, op. cit., p. 27.57 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.2.1514.58 Ivi, prop. 2.1515.26


“Secondo questa concezione, dunque, appartiene all’immag<strong>in</strong>eanche quella relazione di raffigurazione che dell’immag<strong>in</strong>e faappunto immag<strong>in</strong>e” 59 .Wittgenste<strong>in</strong> precisa che la forma di raffigurazione non è altroche la forma logica, la quale corrisponde alla forma della realtà. Laforma logica dunque è ciò che l’immag<strong>in</strong>e deve avere <strong>in</strong> comune conil fatto se vuole essere <strong>in</strong> condizione di raffigurarlo, viceversal’immag<strong>in</strong>e non potrebbe raffigurare alcunché:“Ciò che ogni immag<strong>in</strong>e, di qualunque forma essa sia, deve avere<strong>in</strong> comune con la realtà, per poterla raffigurare – correttamente ofalsamente -, è la forma logica, ossia la forma della realtà” 60 .Per questa ragione, le immag<strong>in</strong>i, prima di essere immag<strong>in</strong>ispaziali, cromatiche o altro ancora, sono prima di tutto immag<strong>in</strong>ilogiche, ossia devono avere una struttura aderente alle leggi dellalogica. Al contrario, non tutte le immag<strong>in</strong>i sono anche immag<strong>in</strong>ispaziali, <strong>in</strong> quanto non tutte raffigurano lo spazio:“Ogni immag<strong>in</strong>e è anche un’immag<strong>in</strong>e logica. (Invece, ad esempio,non ogni immag<strong>in</strong>e è un’immag<strong>in</strong>e spaziale.)” 61 .59 Ivi, prop. 2.1513.60 Ivi, prop. 2.18.61 Ivi, prop. 2.182.27


3.3 La forma logica non è raffigurabileL’immag<strong>in</strong>e, come è stato mostrato, può raffigurare la realtàtutta a patto di condividerne la forma logica. Essa tuttavia non puòessere oggetto di raffigurazione da parte dell’immag<strong>in</strong>e stessa, laquale può raffigurare solo situazioni possibili, la cui sensatezzadipende dalla comunanza della forma logica dell’immag<strong>in</strong>e con lasituazione raffigurata. La forma logica di raffigurazione dunque non èun fatto, ma la condizione formale che permette la rappresentazione ela conoscenza del mondo 62 .Per potere raffigurare la propria forma logica, l’immag<strong>in</strong>e, diceWittgenste<strong>in</strong>, dovrebbe cessare di essere immag<strong>in</strong>e di situazionipossibili per diventare raffigurazione di se stessa, dovrebbe guardarsidal di “fuori”, il che è impossibile:“La sua propria forma di raffigurazione, tuttavia, l’immag<strong>in</strong>e nonpuò raffigurarla; essa la esibisce” 63 ;“L’immag<strong>in</strong>e non può, tuttavia, porsi fuori dalla propria forma dirappresentazione” 64 .62 Cfr. S. Soleri, op. cit., p. 72.63 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.2.172.64 Ivi, prop. 2.174.28


3.4 Verità e determ<strong>in</strong>atezza di senso dell’immag<strong>in</strong>eL’immag<strong>in</strong>e rappresenta sempre situazioni possibili e nonattuali e dice quali stati di cose sussisteranno o meno, a seconda cheessa sia vera o falsa.Questo discorso sp<strong>in</strong>ge Wittgenste<strong>in</strong> ad <strong>in</strong>tendere l’immag<strong>in</strong>enon come una semplice copia, ma come un modello della realtà :“L’immag<strong>in</strong>e è un modello della realtà” 65 .Wittgenste<strong>in</strong> <strong>in</strong>tende il concetto di modello così comeimpiegato <strong>in</strong> fisica, ovvero come un costrutto logico utilizzato dalloscienziato per ricondurre una determ<strong>in</strong>ata gamma di fenomeni naturaliad uno schema comune.Grazie ad esso è possibile determ<strong>in</strong>are a priori una serie dipossibili eventi, mentre la fondatezza del modello non è possibiledeterm<strong>in</strong>arla a priori, ma solo dopo il confronto con la realtà, da cuipotrebbe risultare che esso sia <strong>in</strong>adeguato rispetto ai fenomeni presi <strong>in</strong>considerazione e che vada sostituito con un altro modello.Ciò vale anche per l’immag<strong>in</strong>e. Nello specifico, se il fattoraffigurato esiste nelle medesime condizioni descritte dalla relativaimmag<strong>in</strong>e, allora essa sarà vera, altrimenti sarà falsa:65 Ivi, prop. 2.12.29


“L’immag<strong>in</strong>e concorda o non concorda con la realtà; essa è correttao scorretta, vera o falsa” 66 ;“Per riconoscere se l’immag<strong>in</strong>e sia vera o falsa noi dobbiamoconfrontarla con la realtà” 67 ;“Dall’immag<strong>in</strong>e soltanto non può riconoscersi se essa sia vera ofalsa” 68 ;“Un’immag<strong>in</strong>e vera a priori non v’è” 69 .Ciò che <strong>in</strong>vece si può conoscere a priori è quali stati di cosesussisteranno se l’immag<strong>in</strong>e è vera e quali non sussisteranno se èfalsa. Per far ciò, <strong>in</strong> altri term<strong>in</strong>i, non abbiamo bisogno di confrontarel’immag<strong>in</strong>e con la realtà, ma basta la sola analisi di essa. Ciò è resopossibile perché un’importante caratteristica delle immag<strong>in</strong>i è quelladi essere dotate di un senso determ<strong>in</strong>ato, compiuto, <strong>in</strong> virtù delle qualiè possibile comprendere qualsiasi immag<strong>in</strong>e senza bisogno dispiegazioni aggiuntive:“Ciò che l’immag<strong>in</strong>e rappresenta è il proprio senso” 70 .Ogni immag<strong>in</strong>e, qu<strong>in</strong>di, parla da sé, basta solamente fissare alcuneconvenzioni, come ha mostrato Soleri:“…(suonerebbe molto strano se, davanti alla raffigurazione di unalbero <strong>in</strong> un prato, io avessi bisogno, per comprendere il senso di66 Ivi, prop. 2.21.67 Ivi, prop. 2.223.68 Ivi, prop. 2.224.69 Ivi, prop. 2.225.70 Ivi, prop. 2.221.30


ciò che ho davanti gli occhi, che qualcuno mi dicesse: “Questo è unalbero <strong>in</strong> un prato” – ciò si vede nell’immag<strong>in</strong>e stessa)…E’ veroche bisogna stabilire alcune convenzioni per far sì che l’immag<strong>in</strong>esia compresa da tutti: ma una volta accettato che una certa figurabidimensionale denota un oggetto “reale” (tridimensionale), o cheil simbolo “T” significa “torre”, ogni immag<strong>in</strong>e che risulti dallacomposizione di questi elementi “parla da sé” senza bisogno diulteriori <strong>in</strong>terventi esplicativi” 71 .71 S. Soleri, op. cit., p. 80.31


4 IL LINGUAGGIO4.1 Immag<strong>in</strong>e logica, pensiero e l<strong>in</strong>guaggioChiarita la natura e il ruolo dell’immag<strong>in</strong>e, Wittgenste<strong>in</strong>, primadi affrontare il problema del l<strong>in</strong>guaggio, si sofferma sul problema delpensiero e sul rapporto tra esso e il l<strong>in</strong>guaggio.Il pensiero, nel Tractatus, viene descritto come un’immag<strong>in</strong>elogica della realtà: pensare un fatto vuol dire solamente farsiun’immag<strong>in</strong>e di esso.In quanto immag<strong>in</strong>e della realtà, ne consegue che esso puòraffigurare solo situazioni possibili, la cui verità o falsità può essereaccertata solo dopo un confronto con la realtà pensata-raffigurata. Ciòvuol dire che non può esistere un pensiero vero a priori, perché <strong>in</strong> talcaso si dovrebbe poter conoscere la verità o falsità di esso solo dalpensiero stesso:“L’immag<strong>in</strong>e logica dei fatti è il pensiero” 72 ;“«Uno stato di cose è pensabile» vuol dire: Noi possiamo farciun’immag<strong>in</strong>e di esso” 73 ;“Noi potremmo sapere a priori che un pensiero è vero solo se dalpensiero stesso (senza la mediazione d’un term<strong>in</strong>e di confronto) se nepotesse conoscere la verità” 74 .72 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit.,prop. 3.73 Ivi, prop. 3.001.74 Ivi, prop. 3.05.32


Dal momento che il pensiero può raffigurare solo situazionipossibili, ne deriva che “tutto ciò che possiamo pensare (cioèraffigurare) è anche possibile. Ne segue che quanto è <strong>in</strong> disaccordocon le leggi del pensiero (ovvero, con le leggi logiche), è impensabile(qu<strong>in</strong>di irrappresentabile) ed impossibile” 75 .Da ciò scaturisce, <strong>in</strong>oltre, che non si possono avere pensieriillogici, ma solo pensieri veri o falsi. La logica, <strong>in</strong>fatti, perWittgenste<strong>in</strong> è prima di ogni esperienza, e pensiero vi può essere solonel caso <strong>in</strong> cui oper<strong>in</strong>o <strong>in</strong> esso leggi di natura logica:“Il pensiero contiene la possibilità della situazione che esso pensa.Ciò che è pensabile è anche possibile” 76 ;“Noi non possiamo pensare nulla d’illogico, poiché altrimentidovremmo pensare illogicamente” 77 ;“Si diceva una volta: Dio può creare tutto, ma nulla che sia controle leggi logiche. Infatti, d’un mondo illogico noi non potremmodire quale aspetto avrebbe” 78 ;“Che la logica sia a priori consiste nell’impossibilità di pensareillogicamente” 79 .L’altra identificazione che Wittgenste<strong>in</strong> pone è quella trapensiero e l<strong>in</strong>guaggio. In particolare, afferma Wittgenste<strong>in</strong>, il pensiero75 S. Soleri, op. cit., p. 88.76 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.3.02.77 Ivi, prop. 3.03.78 Ivi, prop. 3.031.79 Ivi, prop. 5.4731.33


si esprime sensibilmente nella proposizione e co<strong>in</strong>cide con laproposizione sensata:“Nella proposizione il pensiero s’esprime <strong>in</strong> modo percepibilemediante i sensi” 80 ;“Il segno proposizionale applicato, pensato, è il pensiero” 81 ;“Il pensiero è la proposizione munita di senso” 82 .L’equazione tra pensiero e proposizione sensata suggeriscel’idea secondo la quale tutto il pensabile è anche esprimibile, mentreciò che non può essere pensato non è nemmeno esprimibile per mezzodi una proposizione 83 .4.2 La proposizione come immag<strong>in</strong>e logica della realtàPer quanto riguarda il l<strong>in</strong>guaggio, va detto che esso è costituitodalla totalità delle proposizioni che Wittgenste<strong>in</strong> concepisce comefatti:“La totalità delle proposizioni è il l<strong>in</strong>guaggio” 84 ;“Le proposizioni, che sono simboli aventi riferimento ai fatti, sonofatti esse stesse” 85 .80 Ivi, prop. 3.1.81 Ivi, prop. 3.5.82 Ivi, prop. 4.83 Cfr. S. Soleri, op. cit., pp. 145, 146.84 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.001.85 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Note sulla Logica, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 251.34


Come tali, le proposizioni non si configurano come unmiscuglio di parole messe alla r<strong>in</strong>fusa, ma come una connessione ocomb<strong>in</strong>azione di elementi, o segni semplici:“Il segno proposizionale consiste nell’essere i suoi elementi (leparole) <strong>in</strong> una determ<strong>in</strong>ata relazione l’uno con l’altro” 86 ;“La proposizione non è un miscuglio di parole. – (Come il temamusicale non è un miscuglio di suoni.) La proposizione èarticolata” 87 ;“Questi elementi io li chiamo «segni semplici»; la proposizionecompletamente analizzata” 88 .Per Wittgenste<strong>in</strong>, come abbiamo visto, la proposizione èun’immag<strong>in</strong>e della realtà. Una prova di ciò è data dal fatto che èpossibile comprendere la situazione rappresentata dalla proposizionesenza bisogno di ulteriori spiegazioni <strong>in</strong> aggiunta a quanto giàcontenuto nella proposizione stessa. In altri term<strong>in</strong>i, come leimmag<strong>in</strong>i, le proposizioni sono perfettamente autosufficient<strong>in</strong>ell’esprimere il senso di ciò che rappresentano:“La proposizione è un’immag<strong>in</strong>e della realtà: Infatti, io conosco lasituazione da essa rappresentata se comprendo la proposizione. E la86 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.3.14.87 Ivi, prop. 3.141.88 Ivi, prop. 3.201.35


proposizione io la comprendo senza che mi sia spiegato il senso diessa” 89 ;“La proposizione rappresenta lo stato di cose, direi quasi, di suatesta” 90 .Wittgenste<strong>in</strong> sa bene che a prima vista le proposizionisembrerebbero non avere nulla <strong>in</strong> comune con l’immag<strong>in</strong>e, ma bastaconsiderare quanto appena detto e ciò sarà perfettamente chiaro:“A prima vista, la proposizione – quale, ad esempio, è stampatasulla carta – non sembra essere un’immag<strong>in</strong>e della realtà dellaquale essa tratta. Ma, a prima vista, neppure la notazione musicalesembra essere un’immag<strong>in</strong>e della musica, e neppure la nostranotazione grafica dei suoni (notazione fonetica mediante letteredell’alfabeto) sembra essere un’immag<strong>in</strong>e del nostro l<strong>in</strong>guaggiofonico. Eppure questi l<strong>in</strong>guaggi segnici si dimostrano immag<strong>in</strong>i,anche nel senso consueto del term<strong>in</strong>e, di ciò che rappresentano” 91 .Il perché lo abbiamo già visto.Come l’immag<strong>in</strong>e, anche la proposizione per Wittgenste<strong>in</strong>raffigura possibili stati di cose, <strong>in</strong> quanto i suoi elementi costitutivi, isegni semplici o nomi, stanno per gli oggetti a cui si riferiscono. Inomi, cioè, significano e rappresentano nella proposizione gli oggetti89 Ivi, prop. 4.021.90 L.Wittgenste<strong>in</strong>, Quaderni 1914-1916, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 159.91 L.Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.011.36


per il quale stanno. È proprio dal riferimento dei nomi ad oggettiprecisi che le proposizioni traggono il loro significato:“Il nome significa l’oggetto. L’oggetto è il suo significato. (“A è lostesso segno che “A”) 92 ;“Alla configurazione dei segni semplici nel segno proposizionalecorrisponde la configurazione degli oggetti nella situazione” 93 ;“Il nome è il rappresentante, nella proposizione, dell’oggetto” 94 ;“Un nome sta per una cosa, un altro sta per un’altra cosa ed essisono <strong>in</strong>terconnessi tra lo: Così il tutto presenta – come un plastico –lo stato di cose” 95 .I nomi, <strong>in</strong> quanto elementi semplici, non sono ulteriormentedivisibili <strong>in</strong> altre realtà più semplici poiché costituiscono quei segniprimitivi, orig<strong>in</strong>ari, il cui significato può essere spiegato solomediante chiarificazioni. Ciò vuol dire, spiega Wittgenste<strong>in</strong>, che essipossono essere compresi solo se già si conoscono i significati di talisegni:“I significati dei segni primitivi si possono spiegare mediantechiarificazioni. Le chiarificazioni sono proposizioni checontengono i segni primitivi. Esse dunque possono essere compresesolo se già siano noti i significati di questi segni” 96 .92 Ivi, prop. 3.203.93 Ivi, prop. 3.21.94 Ivi, prop. 3.22.95 Ivi, prop. 4.0311.96 Ivi, prop. 3.263.37


I nomi, conclude Wittgenste<strong>in</strong>, non hanno senso di per sé, masolo nel contesto di una proposizione; la parola “azzurro”, adesempio, non dice nulla <strong>in</strong>torno al mondo, non esprime una possibilesituazione, mentre la proposizione “Questa matt<strong>in</strong>a il cielo è azzurro”esprime una possibilità che può essere confermata o smentitadall’esperienza, ragion per cui si può concludere che essa è unaproposizione sensata. Per esprimere una situazione possibile e avereun senso, dunque i nomi devono far parte di una proposizione:“Solo la proposizione ha senso; solo nel contesto dellaproposizione un nome ha un significato” 97 .La ragione di questa tesi, rileva Wittgenste<strong>in</strong>, sta nell’ideasecondo cui i fatti sono qualcosa di <strong>in</strong>timamente complesso, per cuiessi possono essere raffigurati solamente da segni complessi, articolaticome lo sono le proposizioni, mentre i nomi, <strong>in</strong> quanto segni semplici,hanno solo la facoltà di <strong>in</strong>dicare o denom<strong>in</strong>are i s<strong>in</strong>goli oggetti:“La proposizione non è un miscuglio di parole. – (Come il temamusicale non è un miscuglio di suoni.) La proposizione èarticolata” 98 ;“Solo i fatti possono esprimere un senso; una classe di nomi nonpuò farlo” 99 ;97 Ivi, prop. 3.3.98 Ivi, prop. 3.141.99 Ivi, prop. 3.142.38


“Le situazioni si possono descrivere, non denom<strong>in</strong>are. (I nomisomigliano a punti; le proposizioni, a frecce: Esse hanno unsenso.)” 100 .Per raffigurare la realtà, tuttavia, la proposizione deve avere <strong>in</strong>comune con la realtà raffigurata la forma logica, ovvero il complessodelle sue possibilità comb<strong>in</strong>atorie. Senza questa comunanza, laproposizione non potrebbe raffigurare alcunché. Ma la forma logica,come già abbiamo avuto modo di vedere a proposito dell’immag<strong>in</strong>e,non può essere oggetto di raffigurazione da parte della proposizione,<strong>in</strong> quanto essa può raffigurare legittimamente solo possibili stati dicose, mentre la forma logica costituisce la condizione dirappresentabilità e corrispondenza di essi per mezzo diproposizioni 101 .Per rappresentare la forma logica, la proposizione dovrebbesnaturarsi e situarsi oltre ciò che le regole logiche impongono. In altreparole, essa dovrebbe porsi fuori dal mondo perché, per Wittgenste<strong>in</strong>,i limiti della logica sono anche i limiti del mondo. Ma ciò, per ilfilosofo austriaco è impossibile:“La proposizione può rappresentare la realtà tutta, ma non puòrappresentare ciò che, con la realtà, essa deve avere <strong>in</strong> comune per100 Ivi, prop. 3.144.101 Cfr. S. Soleri, op. cit., p. 183.39


poterla rappresentare – la forma logica. Per poter rappresentare laforma logica, noi dovremmo poter situare noi stessi con laproposizione fuori dalla logica, ossia fuori dal mondo” 102 ;“La proposizione non può rappresentare la forma logica; questa sirispecchia <strong>in</strong> quella. Ciò, che nel l<strong>in</strong>guaggio si rispecchia, ill<strong>in</strong>guaggio non lo può rappresentare. Ciò, che nel l<strong>in</strong>guaggioesprime sé, noi non lo possiamo esprimere mediante il l<strong>in</strong>guaggio.La proposizione mostra la forma logica della realtà. L’esibisce” 103 ;“Ciò che può essere mostrato non può essere detto” 104 ;“La logica pervade il mondo; i limiti del mondo sono anche i limitidi essa” 105 .Con l’impossibilità di dire la forma logica, Wittgenste<strong>in</strong><strong>in</strong>troduce una differenza molto importante, quella tra dicibilità emostrabilità.Egli addirittura arriva a def<strong>in</strong>ire la dist<strong>in</strong>zione tra ciò che puòessere detto e ciò che può essere solo mostrato “la questionecard<strong>in</strong>ale” della filosofia, perché è proprio su queste basi che si giocail futuro della filosofia come forma di sapere fondato e cumulativo:102 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.12.103 Ivi, prop. 4.121.104 Ivi, prop. 4.1212.105 Ivi, prop. 5.61.40


“Questo tocca la questione card<strong>in</strong>ale, che cosa possa essereespresso da una proposizione e che cosa non possa essere espresso,ma solo mostrato” 106 .4.3 Proposizioni semplici e proposizioni complesseWittgenste<strong>in</strong> dist<strong>in</strong>gue due tipi di proposizioni, quelle semplici(atomiche) e quelle complesse (molecolari). Le prime sono ilcorrispettivo dei fatti semplici, mentre le seconde dei fatti complessi.Ad esempio, la proposizione “Marco ha freddo” è unaproposizione semplice, <strong>in</strong> quanto descrive il fatto semplice: “Marcoha freddo”.Per il Wittgenste<strong>in</strong> del Tractatus, le proposizioni elementarisono <strong>in</strong>dipendenti dal punto di vista logico, e non esiste alcunapossibilità che si possano trovare <strong>in</strong> contraddizione tra loro“Da una proposizione elementare non può <strong>in</strong>ferirsene un’altra” 107 ;“Un nesso casuale, che giustifichi una tale conclusione, non v’è” 108 ;“Una segno della proposizione elementare è che nessunaproposizione elementare può essere <strong>in</strong> contraddizione con essa” 109 .106 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Estratti di lettere a B. Russel, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 297.107 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.5.134.108 Ivi, 5.136.109 Ivi, 4.211.41


Le proposizioni complesse, <strong>in</strong>vece, per Wittgenste<strong>in</strong>, sonocostituite da due o più fatti. Ad esempio, la proposizione “Marco hafreddo ed ha la febbre” è una proposizione complessa <strong>in</strong> quantodescrive due fatti: “Marco ha freddo” e “Marco ha la febbre”. Esse sipossono scomporre <strong>in</strong> proposizioni semplici, le quali non si possonodividere <strong>in</strong> altre proposizioni, ragion per cui Wittgenste<strong>in</strong> considera leproposizioni semplici le più piccole unità l<strong>in</strong>guistiche.Per tornare alle proposizioni complesse, di esse Wittgenste<strong>in</strong>spiega che sono funzioni di verità delle proposizioni che lecompongono:“La proposizione è una funzione di verità delle proposizionielementari” 110 .Descrivere le proposizioni <strong>in</strong> questo modo, significa dire chel’effettiva verità o falsità delle proposizioni dipende dalla verità ofalsità delle proposizioni che le compongono 111 . Ad esempio, laproposizione “Luca ha l’<strong>in</strong>fluenza e Marco ha la febbre” è compostada due proposizioni semplici che descrivono rispettivamente lo statodi cose “Luca ha freddo” e lo stato di cose “Marco ha la febbre”.Questa proposizione è vera se sono vere entrambe le proposizionisemplici che la compongono, ovvero se sussiste sia lo stato di cose110 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop. 5.111 Cfr. D. Marconi, Il “Tractatus”, <strong>in</strong> Guida a Wittgenste<strong>in</strong>, cit., p. 35.42


“Luca ha freddo” sia lo stato di cose “Marco ha la febbre”, mentre èfalsa per tutti gli altri casi (è falsa sia se è vera la proposizione Lucaha freddo, ma è falsa la proposizione Marco ha la febbre, sia se è veroche Luca ha l’<strong>in</strong>fluenza, ma non è vero che Marco ha la febbre, sia,<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, se non è vero che Luca ha l’<strong>in</strong>fluenza e non è vero che Marcoha la febbre). La proposizione “Marco è a casa o al bar”, <strong>in</strong>vece, èvera sia se sono vere entrambe le proposizioni elementari che lacompongono sia se è vera solo una delle due proposizioni, ossia seMarco è realmente a casa o al bar, mentre è falsa se sono falseentrambe, ossia se Marco non è né a casa né al bar.Dall’analisi di questi due esempi di proposizioni si puòconstatare che la verità o falsità delle proposizioni complesse dipendee varia <strong>in</strong> funzione della verità o falsità delle proposizione sempliciche le compongono.Inoltre, poiché la possibilità di una proposizione complessa diessere vera o falsa dipende dalla possibilità di essere vera o falsa delleproposizioni semplici che la compongono, ne consegue che leproposizioni semplici costituiscono, spiega Wittgenste<strong>in</strong>, lecondizioni di verità o falsità delle proposizioni complesse:43


“La possibilità di verità delle proposizioni elementari sono lecondizioni della verità e falsità delle proposizioni” 112 .4.3.1 Le costanti logicheLa “e” della proposizione “Luca ha l’<strong>in</strong>fluenza e Marco ha lafebbre”, e la “o” di “Marco è a casa o al bar”, costituiscono, <strong>in</strong>siemead altre espressioni come ad esempio “non”, “se…allora”, se e solose”, quelle che già Russel e Frege <strong>in</strong>dicavano con l’espressione“costanti logiche”.A differenza di quanto ritenevano questi, per Wittgenste<strong>in</strong>,poiché non esistono oggetti logici, le costanti logiche non significanoalcunché:“Il mio pensiero fondamentale è che le «costanti logiche» non sianorappresentanti; che la logica dei fatti deve non possa avererappresentanti” 113 ;“Oggetti logici non vi sono” 114 .Quelle che Russell e Frege chiamano costanti logiche, qu<strong>in</strong>di,per Wittgenste<strong>in</strong> hanno il solo ruolo di mostrare “<strong>in</strong> quale modo lepossibilità di verità delle proposizioni elementari condizionano le112 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.41.113 Ivi, prop. 4.0312.114 Ivi, prop. 4.441.44


possibilità di verità delle proposizioni complesse. Questo esaurisce illoro ruolo” 115 .4.4 Il problema della verità (e della falsità) e del senso (edel non senso) delle proposizioniLe proposizioni, per Wittgenste<strong>in</strong>, possono essere vere o false.Ma cos’è che le rende tali?Per Wittgenste<strong>in</strong>, sono i fatti raffigurati a determ<strong>in</strong>are la veritào la falsità delle proposizioni. In particolare, se il fatto esiste nellestesse condizioni descritte dalla proposizione, allora la proposizione èvera, <strong>in</strong> caso contrario è falsa:“La proposizione più semplice, la proposizione elementare,asserisce il sussistere d’uno stato di cose” 116 ;“Se la proposizione elementare è vera, lo stato di cose sussiste; sela proposizione elementare è falsa, lo stato di cose non sussiste” 117 .Per cui, la proposizione “Giorgio gioca <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o” è vera solo sesussiste lo stato di cose descritto dalla proposizione <strong>in</strong> questione, ossiase Giorgio sta giocando realmente <strong>in</strong> giard<strong>in</strong>o, mentre è falsa se,diversamente da ciò che la proposizione dice, Giorgio è tranquillo acasa a riposare.115 L. Periss<strong>in</strong>otto, op. cit., p. 52.116 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.21.117 Ivi, prop. 4.25.45


Questo ragionamento <strong>in</strong>duce Wittgenste<strong>in</strong> a concludere cheun’importante caratteristica delle proposizioni è che nessuna di essepuò essere considerata vera o falsa a priori, <strong>in</strong> quanto per appurare ciòè necessario confrontarla con la realtà.Invece, dalla sola analisi di una proposizione è possibilescoprire cosa accadrà o non accadrà, ovvero, quali stati di cosesussisteranno o non sussisteranno qualora essa sia vera o falsa, anchese non sarà mai possibile sapere se i fatti raffigurati dalla proposizioneesistano realmente oppure no. Ad esempio, se consideriamo laproposizione “Paolo è caduto e si è rotto un braccio”, si puòconstatare che da nessuna analisi, per quanto accurata e approfondita,si potrà scoprire se di fatto essa sia vera o falsa. Ma nel momentostesso <strong>in</strong> cui la proposizione viene compresa, verrà anche <strong>in</strong>teso qualefatto sussisterà o meno, senza il bisogno di recarsi a casa di Paolo:“Comprendere una proposizione è sapere che cosa accade se essa èvera” 118 ;“Ciò che conosciamo quando comprendiamo una proposizione èquesto: noi conosciamo che accade se essa è vera, e che accade seessa è falsa. Ma non conosciamo necessariamente se essa poi è verao falsa” 119 .118 Ivi, prop. 4.024.119 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Note sulla Logica, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., pp. 245-246.46


Per Wittgenste<strong>in</strong>, il poter essere vera o falsa corrisponde alsenso di una proposizione, ossia, essa ha senso solo se esprime unpossibile stato di cose. Di conseguenza, la proposizione “Paolo ècaduto e si è rotto un braccio” può essere considerata un esempio diproposizione sensata, <strong>in</strong> quanto esprime una situazione possibile che,come tale, può essere confrontata con la realtà. Ecco le parole diWittgenste<strong>in</strong>:“Ogni proposizione è essenzialmente vera-falsa. Pertanto unaproposizione ha due poli (corrispondenti al caso della sua verità eal caso della sua falsità). Chiamiamo questo il senso di unaproposizione” 120 .Per cui, tutte le proposizioni che non sono nelle condizioni dipoter essere vere o false, come ad esempio quelle della filosofiatradizionale, non saranno che proposizioni prive di senso.Senso ed effettiva verità di una proposizione sono due questioniche Wittgenste<strong>in</strong> sc<strong>in</strong>de, <strong>in</strong> quanto risulta possibile comprenderne ilsenso anche senza sapere se di fatto essa è vera o falsa.Per attribuire sensatezza ad una proposizione, basta soloriconoscere che essa rappresenti un possibile stato di cose.120 Ivi, p. 24647


4.5 Le proposizioni della logicaNel paragrafo precedente è stato mostrato da cosa dipende laverità o falsità delle proposizioni. In realtà, quanto detto va riferitosolo ad un certo tipo di proposizioni: quelle delle scienze.Oltre a queste, afferma Wittgenste<strong>in</strong>, esiste anche un’altragamma di proposizioni che hanno la particolarità di essere semprevere o sempre false, quali che siano le possibilità di verità dei lorocostituenti, nonché di poterne determ<strong>in</strong>are la verità o falsità a priori.Si tratta delle tautologie e delle contraddizioni:“Tra i possibili gruppi di condizioni di verità vi sono due casiestremi. Nel primo caso, la proposizione è vera per tutte lepossibilità di verità delle proposizioni elementari. Noi diciamo chele condizioni di verità sono tautologiche. Nel secondo caso, laproposizione è falsa per tutte le possibilità di verità: Le condizionidi verità sono contraddittorie.Nel primo caso noi chiamiamo la proposizione una tautologia; nelsecondo caso, una contraddizione” 121 .Ad esempio, la proposizione “Paolo ride o non ride” è una tautologiaperché è vera sia che Paolo rida sia che Paolo non rida, mentre laproposizione “Paolo ride e non ride” è una contraddizione, perché èfalsa sia che Paolo rida sia che Paolo non rida.121 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.46.48


La conseguenza di quanto detto è che sia le tautologie che lecontraddizioni non possono essere considerate immag<strong>in</strong>i della realtà,perché le immag<strong>in</strong>i, come abbiamo visto, raffigurano sempresituazioni possibili, mentre le tautologie e le contraddizionirispettivamente le ammettono e le negano tutte:“Tautologia e contraddizione non sono immag<strong>in</strong>i della realtà. Essenon rappresentano alcuna possibile situazione. Infatti, quellaammette ogni possibile situazione; questa, nessuna” 122 .Per il fatto di non poter essere considerate immag<strong>in</strong>i dellarealtà, tautologie e contraddizioni sono anche da considerare prive disenso. Come già rilevato, secondo Wittgenste<strong>in</strong>, avere senso per unaproposizione significa sapere con certezza cosa accadrà o non accadrànel caso <strong>in</strong> cui essa sia vera o falsa, mentre nel caso delle tautologie edelle contraddizioni non è possibile sapere nulla:“Tautologia e contraddizione sono prive di senso… (Ad esempio,io non so nulla sul tempo se so che o piove o non piove)” 123 .Wittgenste<strong>in</strong> identifica le proposizioni della logica, o veritàlogiche, con le tautologie perché solo di queste è possibiledeterm<strong>in</strong>arne la verità a priori, ovvero senza la necessità di doverle122 Ivi, prop. 4.462.123 Ivi, prop. 4.461.49


apportare alla realtà. Esse possono essere riconosciute vere dal solosimbolo:“Le proposizioni della logica sono tautologie” 124 ;“E’ il carattere particolare delle proposizioni logiche la possibilitàdi riconoscerle vere dal solo simbolo…” 125 .Oltre a ciò, le tautologie soddisfano altre due importanticaratteristiche che le proposizioni della logica devono possederenecessariamente, come il carattere puramente formale, ossia privo diqualsiasi contenuto materiale e il non essere né confermabili néconfutabili dall’esperienza:“Teorie, che facciano apparire munita di contenuto unaproposizione della logica, sono sempre false” 126 ;“…le proposizioni logiche non possono essere confermatedall’esperienza, così come dall’esperienza non possono essere<strong>in</strong>firmate” 127 .Come già detto, le proposizioni della logica, <strong>in</strong> quanto nonpossono essere immag<strong>in</strong>i della realtà, sono da considerare prive disenso. Ciò non vuol dire che esse siano da considerare completamente<strong>in</strong>sensate, giacché appartengono al simbolismo e mostrano le proprietà124 Ivi, prop. 6.1.125 Ivi, prop. 6.113.126 Ivi, prop. 6.111.127 Ivi, prop. 6.1222.50


logiche o formali del l<strong>in</strong>guaggio e del mondo, anche se di esso nonconsentono di scoprire nulla:“Che le proposizioni della logica siano tautologie mostra le proprietàformali – logiche – del l<strong>in</strong>guaggio, del mondo” 128 .Def<strong>in</strong>ire quelle che sono le caratteristiche delle proposizionilogiche equivale a def<strong>in</strong>ire quelle della logica stessa. In l<strong>in</strong>ea generale,essa, spiega Wittgenste<strong>in</strong>, non può <strong>in</strong> alcun modo essere considerata unadottr<strong>in</strong>a, una forma di sapere, una scienza, giacché del mondo non dice enon fa scoprire nulla, ma un’immag<strong>in</strong>e speculare del mondo, nel sensoche mostra le proprietà formali del l<strong>in</strong>guaggio e del mondo stesso:“Le proposizioni della logica non dicono dunque nulla” 129 ;“Le proposizioni della logica descrivono l’armatura del mondo, o,piuttosto, la rappresentano” 130 ;“La logica è non una dottr<strong>in</strong>a, ma un’immag<strong>in</strong>e speculare del mondo.La logica è trascendentale” 131 .Dal momento che le proposizioni della logica, ovvero letautologie, non possono essere false, <strong>in</strong> quanto non è possibile che datiempirici contrast<strong>in</strong>o con quanto espresso da esse, ne consegue che <strong>in</strong>logica non può verificarsi alcuna sorpresa:“Ecco perché <strong>in</strong> logica non possono mai esservi sorprese” 132 .128 Ivi, prop. 6.12.129 Ivi, prop. 6.11.130 Ivi, prop. 6.124.131 Ivi, prop. 6.13.132 Ivi, prop. 6.1251.51


5 “CIO’ CHE NON PUO’ ESSERE DETTO”5.1 Metafisica, Mistico, ScetticismoLa teoria raffigurativa del l<strong>in</strong>guaggio comporta l’impossibilitàper la metafisica di costituirsi come forma di sapere sensato. La naturadel l<strong>in</strong>guaggio, <strong>in</strong>fatti, fa sì che si possono considerare sensate solo leproposizioni della scienze naturali, giacché esprimono situazionipossibili che, come tali, possono essere vere o false.Di conseguenza, la metafisica, con la sua pretesa di cogliere ilmondo come totalità, di parlare di realtà non sensibili, è dest<strong>in</strong>ata alfallimento e all’<strong>in</strong>sensatezza, perché del mondo si può dire solamenteche esso è e non com’è. Il come del mondo, dice Wittgenste<strong>in</strong>,rappresenta quel mistico, quell’<strong>in</strong>effabile, che può essere solomostrato, ma non detto. Esso sfugge ad ogni possibilità dirappresentazione da parte del nostro l<strong>in</strong>guaggio, ragion per cui essodeve sfuggire anche alla tentazione di produrre proposizioni da partedel soggetto, perché esse sarebbero solo proposizioni <strong>in</strong>sensate:“Non come il mondo è, è il Mistico, ma che esso è”. 133Di idee diverse riguardo all’<strong>in</strong>terpretazione della metafisica èstato Popper, per il quale, come vedremo nelle parti dedicate alleconclusioni, la metafisica, anche se non può essere considerata una133 Ivi, prop. 6.44.52


scienza, non per questo va considerata priva di senso. Oltre ad avere ilcarattere della sensatezza, <strong>in</strong>oltre, per Popper, la metafisica sidimostra essere utile per la ricerca scientifica.Ad ogni modo, per Wittgenste<strong>in</strong> rimane il fatto che lametafisica, <strong>in</strong> quanto non esprime fatti possibili, sia <strong>in</strong>sensata e che<strong>in</strong>sensato è anche lo scetticismo riferito ai temi metafisici.L’atteggiamento del revocare tutto <strong>in</strong> dubbio può sussistere sololaddove vi è la possibilità di porre delle domande e di avere dellerisposte, ma ciò, spiega Wittgenste<strong>in</strong>, è il campo esclusivo dellescienze naturali. Allo scetticismo “metafisico”, qu<strong>in</strong>di, tocca la stessasorte della metafisica:“Lo scetticismo è non <strong>in</strong>confutabile, ma apertamente <strong>in</strong>sensato, sevuol mettere <strong>in</strong> dubbio ove non si può domandare. Che dubbio puòsussistere solo ove sussista una domanda; domanda, solo ovesussista una risposta; risposta, solo ove qualcosa possa esseredetto” 134 .5.2 Impossibilità dell’eticaL’analisi del l<strong>in</strong>guaggio s<strong>in</strong> qui condotta, comporta ilconf<strong>in</strong>amento nel terreno dell’<strong>in</strong>dicibile di importanti argomenti su134 Ivi, prop. 6.51.53


cui la filosofia si è sempre confrontata, come ad esempio le questionietiche.Abbiamo visto, <strong>in</strong>fatti, che per Wittgenste<strong>in</strong> il mondo ècaratterizzato dalla più radicale accidentalità, <strong>in</strong> quanto gli stati dicose, i fatti, sono assolutamente <strong>in</strong>dipendenti gli uni dagli altri. Ciòvuol dire che hanno tutti il medesimo valore e che non esistono fattipiù importanti degli altri, fatti buoni o fatti cattivi, ma solo fatti 135 .Lo stesso discorso può essere fatto a proposito delleproposizioni, <strong>in</strong> quanto esse hanno l’esclusivo compito di raffigurare ifatti, il che comporta che le proposizioni non hanno alcuna possibilitàdi afferrare il senso del mondo e della vita. Il senso del mondo, diceWittgenste<strong>in</strong>, se esiste, deve essere necessariamente fuori dal mondo,<strong>in</strong> quanto <strong>in</strong> esso è data solo ed esclusivamente la pura accidentalità.La conseguenza di queste considerazioni è che non possonoassolutamente esistere proposizioni etiche: l’etica è impossibile daformulare. Essa dice Wittgenste<strong>in</strong>, è “trascendentale”:“Tutte le proposizioni sono di pari valore” 136 ;“Il senso del mondo dev’essere fuori di esso. Nel mondo tutto ècome è, e tutto avviene come avviene; non v’è <strong>in</strong> esso alcun valore– né, se vi fosse, avrebbe un valore. Se un valore che abbia valore135 Cfr. S. Soleri, op. cit., p. 395.136 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.6.4.54


v’è, esso dev’essere fuori d’ogni avvenire ed essere-così. Infatti,ogni avvenire ed essere-così è accidentale. Ciò che li rende nonaccidental<strong>in</strong>on può essere nel mondo, ché altrimenti sarebbe, a suavolta, accidentale. Dev’essere fuori dal mondo” 137 ;“Né, qu<strong>in</strong>di, vi possono essere proposizioni dell’etica. Leproposizioni non possono esprimere nulla di ciò che è più alto” 138 ;“E’ chiaro che l’etica non può formularsi. L’etica ètrascendentale” 139 .Ma se è vero che l’etica non è formulabile, è altrettanto veroche capita di esprimere giudizi di valore su uno o un altro fatto o, più<strong>in</strong> generale, di porre <strong>in</strong>terrogativi circa una possibile presenza delbene o del male nel mondo. Com’è possibile ciò?A tal proposito, Wittgenste<strong>in</strong> spiega che tutto ciò entra nelmondo con il soggetto. Il soggetto, <strong>in</strong>fatti, è il portatore della volontànel mondo e, di conseguenza, anche del valore e dell’etica.Il soggetto, però, non è un fatto, ma un limite del mondo, il checomporta che di bene e di male si può parlare, ma solo a proposito delsoggetto e non del mondo che, <strong>in</strong>vece, considerato <strong>in</strong> se stesso non èné buono né cattivo:“Il mondo è allora, <strong>in</strong> sé, né buono né cattivo” 140 ;137 Ivi, prop. 6.41.138 Ivi, prop. 6.42.139 Ivi, prop. 6.421.140 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Quaderni 1914-1916, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 224.55


“Bene e male non <strong>in</strong>terviene che attraverso il soggetto. Ed ilsoggetto non appartiene al mondo, ma è un limite delmondo” 141 ;“…ad essere buono o cattivo è il soggetto che vuole” 142 .Le conclusioni per l’etica sono sempre le stesse. La volontà,<strong>in</strong>vero, non può <strong>in</strong> alcun modo alterare i fatti perché non c’è nessunaconnessione necessaria che lega volontà e mondo, ma solo i limiti delmondo, il quale è <strong>in</strong>dipendente dalla volontà. Per cui, anche seaccadesse tutto ciò che vorremmo si realizzasse, ciò si verificherebbe,dice Wittgenste<strong>in</strong>, per sola ed esclusiva casualità:“Il mondo è <strong>in</strong>dipendente dalla mia volontà. Anche se tutto ciò chenoi desideriamo avvenisse, tuttavia, ciò sarebbe solo, per così dire,una grazia del fato, poiché non v’è, tra volontà e mondo, unaconnessione logica che garantisca ciò, e la supposta connessionefisica non potremmo certo volerla a sua volta. Se il volere buono ocattivo ha effetto sul mondo, lo ha solo sui limiti del mondo, nonsui fatti, su ciò che non può essere raffigurato dal l<strong>in</strong>guaggio masolo mostrato nel l<strong>in</strong>guaggio” 143 .Questo discorso comporta che tutte le questioni etiche sonodest<strong>in</strong>ate a rimanere <strong>in</strong>solute, <strong>in</strong>sensate. Ad esempio, non si puòparlare sensatamente né di Dio né dell’esistenza di valori assoluti e141 Ivi, p. 224.142 Ivi, p. 224.143 Ivi, p. 217.56


necessari, <strong>in</strong> quanto Dio e i valori non si danno nel mondo come fatti.Parlare di queste cose dunque vuol dire solo proferire non sensi.Credere <strong>in</strong> Dio vuol dire credere che la vita abbia un senso, ma<strong>in</strong> un mondo dove vige la casualità e dove ciò che può essereraffigurato sono solamente i fatti, l’esistenza di un Dio non puòassolutamente essere esperita:“Credere <strong>in</strong> un Dio vuol dire comprendere la questione del sensodella vita” 144 ;“Dio non rivela sé nel mondo” 145 .Questa <strong>in</strong>terpretazione del l<strong>in</strong>guaggio e del mondo fa sì cheanche le scienze naturali si ritrovano del tutto impotenti di fronte a taliquestioni. Queste si possono occupare legittimamente solo dei fatti delmondo e, per questa ragione, non potranno mai giungere a soluzioniriguardo ad una materia che trascende il mondo dei fatti com’è l’etica.Dice Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>in</strong>oltre, che “…pers<strong>in</strong>o nell’ipotesi che tutte lepossibili domande scientifiche abbiano avuto una risposta, i nostriproblemi vitali non sono ancora neppure sfiorati” 146 .Abbiamo parlato di questioni etiche. In realtà, quelle etiche nonpossono essere considerate nemmeno <strong>in</strong> questo modo. Questioni,144 Ivi, p. 218.145 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.6.432.146 Ivi, prop. 6.52.57


domande e problemi vi possono essere, come già mostrato a propositodello scetticismo, solo laddove vi è la possibilità di giungere a dellerisposte, qu<strong>in</strong>di, a delle soluzioni, come avviene nel campo dellescienze naturali.Per quanto detto s<strong>in</strong> qui, risulta chiaro che per Wittgenste<strong>in</strong>l’etica non può <strong>in</strong> alcun modo essere considerata una dottr<strong>in</strong>a, uncorpus di conoscenza acquisibili e tramandabili. Come <strong>in</strong>terpretare,qu<strong>in</strong>di, l’etica?Essa va <strong>in</strong>tesa solo come una <strong>in</strong>cl<strong>in</strong>azione, una tendenzanaturale dell’animo umano che sp<strong>in</strong>ge l’uomo oltre i limiti posti dall<strong>in</strong>guaggio. Si tratta, tuttavia, di una tendenza che Wittgenste<strong>in</strong> nondenigra, ma rispetta perché mostra una caratteristica fondamentaledell’animo umano:“La mia tendenza e, io ritengo, la tendenza di tutti coloro che hannomai cercato di scrivere o di parlare di etica o di religione, è stata diavventarsi contro i limiti del l<strong>in</strong>guaggio. Quest’avventarsi contro lepareti della nostra gabbia è perfettamente, assolutamente disperato.L’etica, <strong>in</strong> quanto sorge dal desiderio di dire qualcosa sulsignificato ultimo della vita, il bene assoluto, l’assoluto valore, nonpuò essere una scienza. Ciò che dice, non aggiunge nulla, <strong>in</strong> nessunsenso, alla nostra conoscenza. Ma è un documento di una tendenzanell’animo umano che io personalmente non posso non rispettare58


profondamente e che non vorrei davvero mai, a costo della vita,porre <strong>in</strong> ridicolo” 147 .“L’uomo ha l’impulso ad avventarsi contro i limiti del l<strong>in</strong>guaggio.(…). Quest’avventarsi contro i limiti del l<strong>in</strong>guaggio è l’etica” 148 .Ma l’impossibilità di elaborare dottr<strong>in</strong>e etiche non preclude lavia per la felicità. L’uomo, spiega Wittgenste<strong>in</strong>, può essere felice apatto di r<strong>in</strong>unciare a porre e a porsi tutti quegli <strong>in</strong>terrogativi dest<strong>in</strong>ati arimanere nel dubbio e ad accettare la realtà qual è. Solo così saràpossibile raggiungere la felicità, perché solo per questa via è possibilevivere una vita retta e <strong>in</strong> “armonia col mondo”:“Per vivere felice devo essere <strong>in</strong> armonia con il mondo. E questovuol dire «essere felice» 149 .Lo stesso problema della morte è <strong>in</strong> realtà, per Wittgenste<strong>in</strong>, unfalso problema perché la morte non è un fatto del mondo e non è unevento della vita:“La morte non è evento della vita. La morte non si vive” 150 .L’unica cosa da fare, qu<strong>in</strong>di, è non farsi <strong>in</strong>timorire da falsepaure, cessare di porsi domande sul “poi” e vivere nel presente. Solo147 L.Wittgenste<strong>in</strong>, Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenzareligiosa, a cura di Michele Ranchetti, Ed. Adelphi, Milano 1967, pp. 18, 19.148 Ivi, pp. 23,24.149 L.Wittgenste<strong>in</strong>, Quaderni 1914-1916, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 219.150 L.Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.6.4311.59


<strong>in</strong> questo modo la vita cesserà di rappresentare un problema, ma potràessere vissuta con gioia e si potrà raggiungere la felicità:“Solo chi vive non nel tempo, ma nel presente, è felice. Per la vitanel presente non v’è morte” 151 .151 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Quaderni 1914-1916, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 219.60


6 LA FILOSOFIA COME CRITICA DEL LINGUAGGIOL’analisi condotta sulla natura del l<strong>in</strong>guaggio ha mostrato che leproposizioni sono essenzialmente raffigurazioni di possibili stati dicose e che <strong>in</strong> ciò risiede il loro senso. Una proposizione, cioè, èsensata solo nella misura <strong>in</strong> cui può essere vera o falsa; ma per poteressere vera o falsa, deve essere raffigurazione di possibili stati di cose.Ciò vuol dire che tutte le proposizioni che non raffigurano nulla sonoproposizioni <strong>in</strong>sensate, <strong>in</strong> quanto questo genere di proposizionimancano della possibilità del confronto con la realtà.Per questo motivo, Wittgenste<strong>in</strong> riconosce sensatezza solo alleproposizioni delle scienze naturali perché sono le uniche <strong>in</strong> grado diesprimere possibili stati di cose. Rispetto a queste, <strong>in</strong>oltre,Wittgenste<strong>in</strong> dice anche che esse co<strong>in</strong>cidono con l’ambito delleproposizioni vere:“La proposizione rappresenta il sussistere e non sussistere deglistati di cose” 152 ;“La totalità delle proposizioni vere è la scienza naturale tutta (o latotalità delle scienze naturali) 153 .In modo completamente diverso stanno le cose per quantoriguarda la filosofia, la quale non dà immag<strong>in</strong>i della realtà, “non è una152 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.1.153 Ivi, prop. 4.111.61


delle scienza naturali” 154 , ma è un g<strong>in</strong>epraio di proposizioni senzasenso. In particolare, ciò di cui la filosofia si è sempre occupata, comeDio, l’anima, i valori, etc., non si danno nel mondo come fatti, ragionper cui essi sfuggono alla presa raffigurativa del l<strong>in</strong>guaggio e, perquesta ragione, le proposizioni che tentano di entrare <strong>in</strong> questi territorisono condannate all’<strong>in</strong>sensatezza.Le proposizioni della filosofia tradizionale, per Wittgenste<strong>in</strong>,non hanno nemmeno lo statuto per essere considerate false, ma soloper essere considerate proposizioni <strong>in</strong>sensate:“Le proposizioni e le domande che si sono scritte su cosefilosofiche sono per la maggior parte non false, ma <strong>in</strong>sensate.Perciò a domande di questa specie noi non possiamo affattorispondere, ma possiamo solo constatare la loro <strong>in</strong>sensatezza” 155 .Wittgenste<strong>in</strong> è conv<strong>in</strong>to che i problemi elaborati nell’ambitodella filosofia tradizionale si fondano su un fra<strong>in</strong>tendimento dellalogica del l<strong>in</strong>guaggio:“Il libro tratta i problemi filosofici e mostra - credo - che laformulazione di questi problemi si fonda sul fra<strong>in</strong>tendimento dellalogica del nostro l<strong>in</strong>guaggio” 156 .154 Ivi, prop. 4.111.155 Ivi, prop. 4.003.156 Ivi, p. 24.62


In particolare, nel l<strong>in</strong>guaggio ord<strong>in</strong>ario è facile confondere il segno,ovvero il term<strong>in</strong>e considerato nella sua materialità, e il simbolo, cheWittgenste<strong>in</strong> <strong>in</strong>tende come il segno accompagnato dal suo impiegologico-s<strong>in</strong>tattico. Wittgenste<strong>in</strong> mostra che vi sono segni che possonoappartenere a diversi simboli. E’ il caso, ad esempio, della parola “è”,la quale può essere usata sia come copula sia come segnod’eguaglianza sia come segno d’identità sia come segno d’esistenza:“Il segno è ciò che nel simbolo è percepibile mediante i sensi” 157 ;“Per riconoscere il simbolo nel segno se ne deve considerare l’usomunito di senso” 158 ;“Nel l<strong>in</strong>guaggio comune avviene molto di frequente che la stessaparola designi <strong>in</strong> modo differente – dunque appartenga a simbolidifferenti -, o che due parole, che designano <strong>in</strong> modo differente,esteriormente siano applicate nella proposizione allo stesso modo.Così la parola «è» appare quale copula, quale segno d’eguaglianzae quale espressione dell’esistenza” 159 .Per ovviare a questo tipo di fra<strong>in</strong>tendimenti occorrerebbeelaborare un l<strong>in</strong>guaggio diverso, un l<strong>in</strong>guaggio <strong>in</strong> cui i segni nonsiano mai applicati per simboli differenti, ed <strong>in</strong> cui non accada cheuno stesso segno abbia simboli diversi. In tal senso, Wittgenste<strong>in</strong> hariconosciuto sia a Frege che a Russell il merito di avere elaborato un157 Ivi, 3.32.158 Ivi, 3.326.159 Ivi, 3.323.63


simbolismo, l’ideografia, <strong>in</strong> grado di limitare le confusioni prodottedalle l<strong>in</strong>gue tradizionali, anche se non è tale da prevenire ed escluderetutti i possibili errori:“Per evitare questi errori dobbiamo impiegare un l<strong>in</strong>guaggiosegnico, il quale li escluda non impiegando, <strong>in</strong> simboli differenti, lostesso segno, e non impiegando, apparentemente nello stesso modo,segni designano <strong>in</strong> modo differente. Un l<strong>in</strong>guaggio segnico,dunque, il quale si conformi alla grammatica logica – alla s<strong>in</strong>tassilogica -. (Un l<strong>in</strong>guaggio così è l’ideografia di Frege e di Russell,che tuttavia ancora non esclude tutti gli errori)” 160Al f<strong>in</strong>e di evitare ogni possibile fra<strong>in</strong>tendimento, occorrerebbeun l<strong>in</strong>guaggio <strong>in</strong> cui i segni non siano né superiori né <strong>in</strong>feriori aisimboli, perché nel primo caso avremmo più parole per <strong>in</strong>dicare lostesso simbolo, mentre nel secondo avremmo parole con più funzionisimboliche 161 .Sopra abbiamo parlato di problemi filosofici, ma, <strong>in</strong> realtà,anche per questi vale lo stesso discorso già fatto per l’etica. Nonpossono esistere problemi filosofici perché problemi si danno sololaddove è possibile prevedere soluzioni, risposte al problema; ovveronel campo delle scienze.160 Ivi, 3.325.161 Cfr. S. Soleri, op. cit., p. 116.64


La filosofia, di conseguenza, non può essere considerata unadottr<strong>in</strong>a, un corpus di conoscenza stabilmente fondate, e se vuoleavere un ruolo fecondo deve costituirsi come qualcosa di diversorispetto al passato. Per la precisione, la filosofia deve costituirsi comeattività critica del l<strong>in</strong>guaggio, il cui obiettivo deve essere ilraggiungimento della chiarificazione e della delimitazione di quantopuò essere detto e pensato, ovvero di ciò che co<strong>in</strong>cide con l’ambitodelle scienze naturali:“Tutta la filosofia e «critica del l<strong>in</strong>guaggio»” 162 ;“La filosofia è non una dottr<strong>in</strong>a, ma un’attività…La filosofia devechiarire e delimitare nettamente i pensieri che altrimenti sarebberotorbidi e <strong>in</strong>dist<strong>in</strong>ti” 163 ;“La filosofia delimita il campo disputabile della scienzanaturale” 164 .Si tratta, una volta chiarito il funzionamento e le condizionialle quali il l<strong>in</strong>guaggio deve sottostare per essere dotato di senso, ditracciare nel l<strong>in</strong>guaggio un limite oltre il quale vi saranno soloproposizioni <strong>in</strong>sensate. Tale delimitazione deve essere effettuatadall’<strong>in</strong>terno del l<strong>in</strong>guaggio sensato e senza mai oltrepassare tale162 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., prop.4.0031.163 Ivi, prop. 4.112.164 Ivi, prop. 4.113.65


limite; <strong>in</strong> caso contrario, si dovrebbe poter pensare e direl’impensabile e l’<strong>in</strong>dicibile, il che è assurdo.Il risultato dell’attività filosofica, <strong>in</strong> virtù del nuovo significatoche Wittgenste<strong>in</strong> attribuisce alla filosofia, non sono più proposizionifilosofiche nel senso tradizionale, <strong>in</strong> quanto non vi sono contenutifilosofici da proporre, ma è “il chiarificarsi di proposizioni” 165 .Inoltre, il metodo corretto del filosofare sarà quello di mostrarea colui che si lancia <strong>in</strong> affermazioni metafisiche che non sta dandosenso alle proposizioni, <strong>in</strong> quanto sta usando il l<strong>in</strong>guaggio <strong>in</strong> modoassolutamente illegittimo:“Il metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente questo:Nulla dire se non ciò che può dirsi; dunque, proposizioni dellascienza naturale – dunque, qualcosa che con la filosofia non hanulla a che fare -, e poi, ogni volta che un altro voglia dire qualcosadi metafisico, mostrargli che, a certi segni nelle sue proposizioni,egli non ha dato significato alcuno” 166 .165 Ivi, prop. 4.112.166 Ivi, prop. 6.53.66


7 “GETTAR VIA LA SCALA”“Le mie proposizioni illum<strong>in</strong>ano così: Colui che mi comprende,<strong>in</strong>f<strong>in</strong>e le riconosce <strong>in</strong>sensate, se è asceso per esse – su esse – oltreesse. (Egli deve, per così dire, gettar via scala dopo essere ascesosu essa.) Egli deve trascendere queste proposizioni; è allora cheegli vede rettamente il mondo” 167 .Dopo aver spiegato la struttura del mondo, del l<strong>in</strong>guaggio, cosapuò essere detto e cosa può essere solo mostrato, Wittgenste<strong>in</strong> <strong>in</strong>vita aconsiderare le sue stesse proposizioni <strong>in</strong>sensate e, una volta comprese,a gettarle via, così come si getta via la scala una volta che si èraggiunto un determ<strong>in</strong>ato punto e non serve più.Ciò nonostante, Wittgenste<strong>in</strong> spiega che se ci comportiamo neiconfronti di esse come lui stesso suggerisce saremo <strong>in</strong> grado di<strong>in</strong>terpretare il mondo nel modo corretto.L’<strong>in</strong>sensatezza delle proposizioni espresse nel Tractatus deriva,<strong>in</strong> primo luogo, dalla tesi secondo la quale le proprietà formali dell<strong>in</strong>guaggio possono essere solo mostrate e non possono essere oggettodi rappresentazione mediante una proposizione-immag<strong>in</strong>e, come,<strong>in</strong>vece, egli ha fatto a proposito del l<strong>in</strong>guaggio.167 Ivi, prop. 6.54.67


Ma come può una proposizione <strong>in</strong>sensata guidarci <strong>in</strong> una<strong>in</strong>terpretazione retta del mondo? Si tratta di un aspetto dellariflessione di Wittgenste<strong>in</strong> molto dibattuto dagli studiosi. Alcuni,vedono l’impossibilità di sfuggire al paradosso, perché seconsideriamo le proposizioni del Tractatus <strong>in</strong>sensate, esse devonoavere un senso perché è proprio grazie ad esse che possiamodist<strong>in</strong>guere ciò che ha senso da ciò che non lo ha; mentre se lericonosciamo sensate, dobbiamo <strong>in</strong>tenderle come <strong>in</strong>sensate, vistoquello che <strong>in</strong>segnano 168 . Altri studiosi, riconoscono alle proposizionidel Tractatus le stesse caratteristiche delle proposizioni della logica,considerandole, da un lato, prive di senso <strong>in</strong> quanto del mondo non cidicono niente, ma, dall’altro, non del tutto <strong>in</strong>sensate, perché hanno lafunzione di impedire di cadere nei non sensi tipici della metafisica 169 .Ad ogni modo, le proposizioni del Tractatus, <strong>in</strong> quantotrascendono i limiti che lo stesso Wittgenste<strong>in</strong> pone al l<strong>in</strong>guaggio,devono essere considerate proposizioni <strong>in</strong>sensate, così come lo sonole proposizioni della filosofia e della metafisica tradizionale.A differenza di queste, tuttavia, esse dovrebbero impedire lacostruzione di nuove teorie metafisiche e, di conseguenza, che il168 Cfr. S. Soleri, op. cit., p. 412.169 Cfr. H.O. Mounce, Introduzione al “Tractatus” di Wittgenste<strong>in</strong>, Ed. Marietti, Genova 2000, p.118.68


l<strong>in</strong>guaggio cont<strong>in</strong>ui a cadere nell’<strong>in</strong>sensatezza. Ed è proprio <strong>in</strong> ciò,come ha rilevato Gargani, che per Wittgenste<strong>in</strong> dovrebbe risiedere ladiversità delle proposizioni del Tractatus da quelle della metafisicatradizionale:“Le proposizioni del Tractatus, <strong>in</strong>fatti, trascendono i limiti dell<strong>in</strong>guaggio significante e pertanto cadono nel non senso, ma essehanno il sorprendente dest<strong>in</strong>o – che le dovrebbe dist<strong>in</strong>guere daicosiddetti non-sensi della filosofia tradizionale – di trascendere iconf<strong>in</strong>i del discorso significante, del l<strong>in</strong>guaggio positivo dellescienze naturali, non per costruire nella regione del non-senso unanuova fortezza metafisica, ma per esercitare una vigorosaproibizione ad entrarvi” 170 .Come possano proposizioni <strong>in</strong>sensate essere capaci di guidarci,di non farci entrare “nella regione del non-senso”, tuttavia, cont<strong>in</strong>ua acostituire un punto problematico della riflessione del filosofoaustriaco.170 A. G. Gargani, Introduzione a Wittgenste<strong>in</strong>, Ed. Laterza, Roma - Bari 2005, p. 42.69


8 DIECI ANNI DI “SILENZIO”“…la verità dei pensieri qui comunicati mi sembra <strong>in</strong>tangibile edirreversibile. Io ritengo, dunque, d’avere def<strong>in</strong>itivamente risoltonell’essenziale i problemi” 171 .Con queste parole Wittgenste<strong>in</strong> ha chiuso la prefazione delTractatus logico-philosophicus. In virtù di questa conv<strong>in</strong>zione,Wittgenste<strong>in</strong> ha deciso di rimanere per un periodo, dal 1918 al 1928,lontano da qualsiasi lavoro filosofico ed impegnato <strong>in</strong> attività di varianatura. Infatti, dal 1920 al 1926, troviamo Wittgenste<strong>in</strong> impegnato nellavoro di <strong>in</strong>segnante di scuola elementare. Ma rassegnate le dimissionida questo genere d’impiego, Wittgenste<strong>in</strong> ha svolto, per un breveperiodo di tempo, l’attività di aiuto giard<strong>in</strong>iere nel convento diHutteldorf. Dalla f<strong>in</strong>e del 1926 alla f<strong>in</strong>e del 1928, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e, troviamoWittgenste<strong>in</strong> impegnato nella progettazione, prima, e nella direzionedei lavori, dopo, della casa di sua sorella Margarete.Ciò non vuol dire che Wittgenste<strong>in</strong> <strong>in</strong> questo decennio siarimasto completamente estraneo ad occasioni di riflessioni filosofiche.Frequenti, <strong>in</strong>fatti, sono stati gli <strong>in</strong>contri con il logico ed economistaFrank P. Ramsey che nel 1923 e nel 1924 si era recato <strong>in</strong> Austria per<strong>in</strong>contrarsi con Wittgenste<strong>in</strong>. Nel 1925, <strong>in</strong>vece, fu Wittgenste<strong>in</strong> stesso171 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus cit., p. 24.70


a recarsi <strong>in</strong> Inghilterra per <strong>in</strong>contrare Ramsey, a cui Wittgenste<strong>in</strong> haattribuito il merito di averlo portato ad <strong>in</strong>dividuare quelli che eglistesso ha def<strong>in</strong>ito nella Prefazione delle <strong>Ricerche</strong> Filosofiche i “gravierrori” contenuti nel Tractatus. Nel 1927 vanno registrati gli <strong>in</strong>contriavuti con alcuni tra i più autorevoli esponenti del Circolo di Vienna(costituitosi nel 1929), come Schlick, Waismann, Carnap e Feigl. Atal proposito, comunque, va detto che Wittgenste<strong>in</strong> non fece mai partedel suddetto Circolo e che le sedute con questi studiosi, qu<strong>in</strong>di, nonco<strong>in</strong>cidevano con le sedute del Circolo stesso. Nel marzo del 1928,<strong>in</strong>oltre, Wittgenste<strong>in</strong> ha partecipato ad una conferenza tenutasi aVienna dal matematico L. E. J. Brouwer, la quale ebbe una notevoleimportanza perché ha contribuito al ritorno di Wittgenste<strong>in</strong> allafilosofia.L’assenza di lavori filosofici, ma, nello stesso tempo, lafrequenza di occasioni <strong>in</strong> cui discutere di filosofia, qu<strong>in</strong>di, va forse<strong>in</strong>terpretata come un atto di coerenza con le conclusioni delTractatus 172 .172 Cfr. L. Periss<strong>in</strong>otto, op. cit., p. 64.71


Parte seconda• Dopo il Tractatus72


9 IL RITORNO ALLA FILOSOFIA9.1 Insufficienza dell’immag<strong>in</strong>e agost<strong>in</strong>iana del l<strong>in</strong>guaggioe significato come usoNella prefazione delle <strong>Ricerche</strong> Filosofiche Wittgenste<strong>in</strong> haspiegato di avere commesso nel Tractatus “gravi errori”:“Riprendendo ad occuparmi di nuovo di filosofia, sedici anni fa,dovetti <strong>in</strong>fatti riconoscere i gravi errori che avevo commesso <strong>in</strong>quel primo libro” 173 .Ma quali sono gli errori di cui parla Wittgenste<strong>in</strong>? Di sicuroWittgenste<strong>in</strong> considerava erronea la teoria del l<strong>in</strong>guaggio contenutanel Tractatus, secondo la quale l’unica funzione del l<strong>in</strong>guaggio, siricorda, era quella di denom<strong>in</strong>are oggetti.Negli scritti successivi, <strong>in</strong>fatti, Wittgenste<strong>in</strong> spiega che questanon costituiva l’unica forma possibile del l<strong>in</strong>guaggio e neppure quellafondamentale. Per mostrarci la nuova prospettiva, Wittgenste<strong>in</strong> nelle<strong>Ricerche</strong> filosofiche, che costituisce l’opera <strong>in</strong> cui egli espone lanuova idea del l<strong>in</strong>guaggio <strong>in</strong> una forma più compiuta, parte da unacitazione di Sant’Agost<strong>in</strong>o, la cui tesi l<strong>in</strong>guistica è quella di avereimparato a parlare osservando il comportamento degli adulti, i qualiquando nom<strong>in</strong>avano un oggetto e proferivano una determ<strong>in</strong>ata voce173 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, a cura di M. Tr<strong>in</strong>chero, Ed. E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o 1999, p. 4.73


compivano un gesto verso di esso. Tale comportamento l’ha <strong>in</strong>dotto apensare che la cosa si chiamava con il nome proferito ed <strong>in</strong>dicato.Inoltre, udite le stesse parole ricorrere <strong>in</strong> diverse proposizioni, egli si èreso conto che a determ<strong>in</strong>ati oggetti corrispondevano determ<strong>in</strong>atisegni, per cui una volta imparato a parlare, egli ha ritenuto di essere <strong>in</strong>grado di esprimere la sua volontà. 174Alla base di questa immag<strong>in</strong>e del l<strong>in</strong>guaggio, rilevaWittgenste<strong>in</strong>, sta l’idea secondo cui le parole che usiamo nell<strong>in</strong>guaggio sono nomi che si riferiscono ad oggetti e che leproposizioni non sono altro che connessioni di tali nomi. Legata aquesta idea, <strong>in</strong>oltre, vi è l’altra idea, quella per cui una parola è dotatadi un preciso significato che le deriva dal riferirsi ad un determ<strong>in</strong>atooggetto; <strong>in</strong> caso contrario, ossia, se alla parola non è associato alcunoggetto, quella parola è da considerare priva di significato.Entro questo quadro, l’atto fondamentale del l<strong>in</strong>guaggio è datodall’atto del nom<strong>in</strong>are, mentre i processi di apprendimento e dispiegazione del significato delle parole sono consegnatirispettivamente all’<strong>in</strong>segnamento ostensivo e alle def<strong>in</strong>izioniostensive.174 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, cit., § 1.74


Ora, Wittgenste<strong>in</strong> mostra di avere molte perplessità neiconfronti di questa immag<strong>in</strong>e del l<strong>in</strong>guaggio, il che non vuol dire chesia sbagliata, ma solo che non è l’unica forma possibile che ill<strong>in</strong>guaggio può assumere. In particolare, l’immag<strong>in</strong>e del l<strong>in</strong>guaggiofornita da Agost<strong>in</strong>o funziona solo se ristretta entro un determ<strong>in</strong>atoimpiego del l<strong>in</strong>guaggio, di cui lo stesso Wittgenste<strong>in</strong> fornisce unesempio:“Immag<strong>in</strong>iamo un l<strong>in</strong>guaggio per il quale valga la descrizionedataci da Agost<strong>in</strong>o: Questo l<strong>in</strong>guaggio deve servire allacomunicazione tra un muratore, A, e un suo aiutante, B. A esegueuna costruzione <strong>in</strong> muratura; ci sono mattoni, pilastri, lastre e travi.B deve porgere ad a le pietre da costruzione, e precisamentenell’ord<strong>in</strong>e <strong>in</strong> cui A ne ha bisogno. A questo scopo i due si servonodi un l<strong>in</strong>guaggio consistente delle parole: «mattone», «pilastro»,«lastra», «trave». A grida queste parole; - B gli porge il pezzo cheha imparato a portargli quanto sente questo grido. – Consideraquesto come un l<strong>in</strong>guaggio primitivo completo” 175 .R<strong>in</strong>chiuso entro questo preciso impiego, il modello agost<strong>in</strong>iano dell<strong>in</strong>guaggio funziona, ma, per Wittgenste<strong>in</strong>, il punto è che questa non èl’unica possibilità comunicativa che il l<strong>in</strong>guaggio offre. Si consideriun ulteriore esempio di vita quotidiana:175 Ivi, § 2.75


“Mando uno a fare la spesa. Gli do un bigliett<strong>in</strong>o su cui stanno isegni: «c<strong>in</strong>que mele rosse». Quello porta il bigliett<strong>in</strong>o alfruttivendolo; questi apre il cassetto su cui c’è il segno «mele»;qu<strong>in</strong>di cerca <strong>in</strong> una tabella la parola «rosso» e trova, <strong>in</strong>corrispondenza ad essa, un campione di colore; poi recita lasuccessione di numeri card<strong>in</strong>ali – supponiamo che li sappia amemoria – f<strong>in</strong>o alla parola «c<strong>in</strong>que» e ad ogni numero tira fuori dalcassetto una mela che ha il colore del campione. – Cosìpressappoco così, si opera con le parole. – «Ma come fa a saperedove e come cercare la parola ‘rosso’, e cosa deve fare con laparola ‘c<strong>in</strong>que’?» - Bene, suppongo che agisca nel modo che hodescritto. A un certo punto le spiegazioni hanno term<strong>in</strong>e. - Macos’è il significato della parola «c<strong>in</strong>que»? – Qui non si facevaparola di un tale significato; ma solo del modo <strong>in</strong> cui si usa laparola «c<strong>in</strong>que» 176 .Se l’immag<strong>in</strong>e del l<strong>in</strong>guaggio proposta da Agost<strong>in</strong>o fossel’unica possibile, le parole “c<strong>in</strong>que”, “mele”, “rosse”, dovrebberoricondurre il fruttivendolo ad una def<strong>in</strong>izione ostensiva <strong>in</strong> grado dimostrare che c<strong>in</strong>que è il nome di un numero, che mele è il nome di unfrutto e che rosso è il nome di un colore.Ed, <strong>in</strong>vece, Wittgenste<strong>in</strong> rileva il comportamento diverso delfruttivendolo allorché legge ognuna di quelle parole; <strong>in</strong>fatti, quando176 Ivi, § 1.76


legge la parola mele, apre il cassetto su cui c’è scritto quel segno,quando legge la parola rosse, va a cercare <strong>in</strong> una tabella la parolarosso, trovando <strong>in</strong> corrispondenza ad essa un campione di colori,mentre quando legge la parola c<strong>in</strong>que, recita la successione dei numericard<strong>in</strong>ali s<strong>in</strong>o a c<strong>in</strong>que, e ad ognuno di essi tirerà fuori una melacorrispondente al colore rosso.La diversità delle reazioni del fruttivendolo è la prova, perWittgenste<strong>in</strong>, che le parole non si usano tutte allo stesso modo, mache si prestano a diversi impieghi ed hanno diverse funzioni. Leparole, dice Wittgenste<strong>in</strong>, possono essere paragonate agli strumentiche conserviamo nella cassetta degli attrezzi, ognuno dei quali assolvead una differente funzioni. Alcuni strumenti, <strong>in</strong>fatti, servono peravvitare, altri per <strong>in</strong>collare, altri per limare. Allo stesso modo, leparole servono per nom<strong>in</strong>are cose, per descrivere stati d’animo, per<strong>in</strong>dicare luoghi, e così via:“Pensa agli strumenti che si trovano <strong>in</strong> una cassetta di utensili: c’èun martello, una tenaglia, una sega, un cacciavite, un metro, unpentol<strong>in</strong>o per la colla, la colla, chiodi, viti. – Quante differenti sonole funzioni di questi oggetti, tanto differenti sono le funzioni delleparole. (E ci sono somiglianze qua e là) Naturalmente, quello che ciconfonde è l’uniformità nel modo di presentarsi delle parole che civengono dette, io che troviamo scritte e stampate. Infatti il loro77


impiego non ci sta davanti <strong>in</strong> modo altrettanto evidente.Specialmente quando facciamo filosofia” 177 .La similitud<strong>in</strong>e mostra anche che la diversità dei possibiliimpieghi delle parole è celata dietro l’uniformità del modo dipresentarsi delle parole, ma tale supposta uniformità svanisce proprioquando ci immettiamo nel terreno effettivo dell’impiego delle parole,<strong>in</strong> virtù del quale scopriamo che le parole si prestano a diversefunzioni, proprio come diverse sono le funzioni delle leve dellalocomotiva, sebbene abbiano tutte la stessa impugnatura:“Come quando guardiamo nella cab<strong>in</strong>a di una locomotiva: ci sonoimpugnature che hanno tutte, più o meno, lo stesso aspetto (Ciò ècomprensibile, dato che tutte debbono venire afferrate con lamano). Ma una è l’impugnatura di una manovella che può venirspostata <strong>in</strong> modo cont<strong>in</strong>uo (regola l’apertura di una valvola);un’altra è l’impugnatura di un <strong>in</strong>terruttore che ammette solo dueposizioni utili: su e giù; una terza fa parte della leva del freno: piùforte si tira più energicamente si frena. Una quarta è l’impugnaturadi una pompa: funziona solo f<strong>in</strong> quando la muoviamo <strong>in</strong> qua e <strong>in</strong>là” 178 .L’idea che le parole non servano solo per denom<strong>in</strong>are oggetti èstata espressa molto bene anche <strong>in</strong> un’altra opera di Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>in</strong>177 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, cit., § 11.178 Ivi, § 12.78


cui questi <strong>in</strong>vita a considerare il caso di alcune esclamazioni, le qual<strong>in</strong>on denom<strong>in</strong>ano alcunché:«Denom<strong>in</strong>iamo le cose, e così possiamo parlarne. Riferirci ad essenel discorso». – Come se nell’atto con l’atto del denom<strong>in</strong>are fossegià dato ciò che faremo <strong>in</strong> seguito. Come se ci fosse una sola cosache si chiama: «parlare delle cose». Invece, con le nostreproposizioni, facciamo le cose più diverse. Si pensi soltanto alleesclamazioni. Con le loro funzioni diversissime.Acqua!Via!Ahi!Aiuto!Bello!No!Adesso sei ancora disposto a chiamare queste parole«denom<strong>in</strong>azione di oggetti»? 179 .Nell’immag<strong>in</strong>e agost<strong>in</strong>iana del l<strong>in</strong>guaggio, un ruolofondamentale ai f<strong>in</strong>i della comprensione del significato di una parolaera assegnato alle def<strong>in</strong>izioni ostensive, ossia a quel dire e mostrare<strong>in</strong>sieme, che permettono a chi ascolta di legare un determ<strong>in</strong>ato suonovocale ad una cosa. Un esempio di def<strong>in</strong>izione ostensiva può essere la179 Ivi, § 27.79


proposizione “Questa è una macch<strong>in</strong>a”, e nel frattempo che dico ciò<strong>in</strong>dico con un gesto la macch<strong>in</strong>a stessa.In realtà, per Wittgenste<strong>in</strong>, le def<strong>in</strong>izioni ostensive nonpossiedono tutta questa capacità di far comprendere il senso di unaparola, ma possono essere fra<strong>in</strong>tese se non è già chiara la funzione cheessa svolge nel l<strong>in</strong>guaggio. Dice <strong>in</strong>fatti Wittgenste<strong>in</strong>:“Spieghiamo allora la parola «tovo» <strong>in</strong>dicando una matita edicendo: «Questo è tovo»… Ora, la def<strong>in</strong>izione ostensiva: «Questoè tovo» può <strong>in</strong>terpretarsi <strong>in</strong> molti modi. Ecco alcune di tali<strong>in</strong>terpretazioni (…):«Questo è un lapis»,«Questo è rotondo»,«Questo è legno»,«Questo è uno»,«Questo è duro», etc. etc. 180 ;“Si potrebbe dunque dire: La def<strong>in</strong>izione ostensiva spiega l’uso – ilsignificato – della parola, quando sia già chiaro quale funzione laparola debba svolgere, <strong>in</strong> generale, nel l<strong>in</strong>guaggio. Così, ladef<strong>in</strong>izione ostensiva: «Questo si chiama ‘seppia’» aiuterà acomprendere la parola se so già che mi si vuol def<strong>in</strong>ire il nome diun colore” 181 .180 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Libro blu, <strong>in</strong> Libro blu e Libro marrone, a cura di Amedeo G. Conte, Ed.E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o 2000, p. 6.181 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, cit., § 30.80


La diversità delle possibili <strong>in</strong>terpretazioni a cui danno luogo ledef<strong>in</strong>izioni ostensive, mostra che queste quasi mai possono da solespiegare il significato di una parola, ma che vi deve essere qualcosaprima che deve essere già chiara perché si possano <strong>in</strong>tendere <strong>in</strong> modocorretto le espressioni l<strong>in</strong>guistiche, e questo qualcosa è dato dallafunzione che attribuiamo alla parola, dall’uso che ne facciamo:“Per una grande classe di casi – anche se non per tutti i casi – <strong>in</strong> cu<strong>in</strong>e serviamo, la parola «significato» si può def<strong>in</strong>ire così: Ilsignificato di una parola è il suo uso nel l<strong>in</strong>guaggio” 182 .Il passaggio dalla teoria raffigurativa del l<strong>in</strong>guaggio, ad un’ideasecondo la quale raffigurare fatti è solo uno dei possibili impieghi dell<strong>in</strong>guaggio e che il significato di una parola risiede nel suo uso, peralcuni <strong>in</strong>terpreti di Wittgenste<strong>in</strong> non costituisce una prova dellapresenza nel suo pensiero di due fasi, perché già nel Tractatus, perWittgenste<strong>in</strong>, “il significato di una parola si manifesta nel suo uso” 183 .Per altri <strong>in</strong>terpreti, <strong>in</strong>vece, come ad esempio per Voltol<strong>in</strong>i, l’idea dil<strong>in</strong>guaggio che troviamo nelle <strong>Ricerche</strong> filosofiche non è conciliabilecon le posizioni del Tractatus:“Così…l’idea di pubblicare una sorta di <strong>in</strong>tegrazione del Tractatussi trasformò <strong>in</strong> un progetto completamente diverso, ossia <strong>in</strong> quello182 Ivi, § 42.183 D. Marconi, Transizione, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong>, cit., p.101.81


di licenziare un’opera <strong>in</strong> cui alla prospettiva logicizzante delTractatus, tesa a fornire ‘dall’alto’ una teoria generale sullecondizioni di possibilità del l<strong>in</strong>guaggio e delle significazione, sisostituisse un punto di vista antropologico, rivolto ‘dal basso’ suglistessi temi e frutto di un’analisi dettagliata del funzionamento dell<strong>in</strong>guaggio nelle condizioni di utilizzazione da parte di soggetti<strong>in</strong>seriti entro comunità l<strong>in</strong>guistiche” 184 .In effetti, come si è mostrato, Wittgenste<strong>in</strong> passa da una da unateoria secondo la quale gli enunciati l<strong>in</strong>guistici sono raffigurazioni difatti possibili e che <strong>in</strong> ciò risiede il loro senso, ad un’idea secondo laquale questa è solo una delle possibilità di considerare ilfunzionamento del l<strong>in</strong>guaggio. Ed <strong>in</strong>oltre, da una visione <strong>in</strong> cui unaproposizione ha senso solo se si riferisce ad oggetti determ<strong>in</strong>ati, adun’idea secondo la quale il significato dei “fatti l<strong>in</strong>guistici” risiede acome di fatto vengono usati nel l<strong>in</strong>guaggio.E’ questa è una tesi che dice qualcosa di nuovo rispetto a quantocontenuto nel Tractatus logico-philosophicus.184 A. Voltol<strong>in</strong>i, Guida alla lettura delle <strong>Ricerche</strong> filosofiche di Wittgenste<strong>in</strong>, Ed. Laterza, Roma –Bari 1998, p. 4.82


9.2 Il l<strong>in</strong>guaggio: un <strong>in</strong>sieme di giochi l<strong>in</strong>guisticiDetto questo, il l<strong>in</strong>guaggio, dice Wittgenste<strong>in</strong>, considerato nelsuo complesso può essere visto come un <strong>in</strong>sieme di giochi l<strong>in</strong>guistici.Con questa espressione, Wittgenste<strong>in</strong> vuole mettere <strong>in</strong> evidenza l’ideasecondo cui il l<strong>in</strong>guaggio fa parte di un’attività o forma di vita:“Inoltre chiamerò «giuoco l<strong>in</strong>guistico» anche tutto l’<strong>in</strong>siemecostituito dal l<strong>in</strong>guaggio e dalle attività di cui è <strong>in</strong>tessuto” 185 ;“Qui la parola giuoco l<strong>in</strong>guistico è dest<strong>in</strong>ata a mettere <strong>in</strong> evidenzail fatto che il parlare un l<strong>in</strong>guaggio fa parte di un’attività, o di unaforma di vita” 186 .Ora, così come ogni gioco si “gioca” secondo delle regole, allostesso modo il l<strong>in</strong>guaggio è sottoposto a determ<strong>in</strong>ate regolegrammaticali che ne discipl<strong>in</strong>ano l’utilizzo. Va precisato, però, che leregole di utilizzo del l<strong>in</strong>guaggio non vanno <strong>in</strong>terpretate <strong>in</strong> sensorestrittivo e rigoroso, ossia come qualcosa di fisso o già dato una voltae per tutte. Per Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>in</strong>fatti, il l<strong>in</strong>guaggio non solo non vieneusato secondo regole rigorose, ma queste molto spesso non possononemmeno essere <strong>in</strong>dicate. Ciò, spiega Wittgenste<strong>in</strong>, non è dovuto alfatto che le regole di utilizzo del l<strong>in</strong>guaggio non sono state ancorascoperte, ma alla loro <strong>in</strong>esistenza:185 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, cit., § 7.186 Ivi, § 23.83


“…<strong>in</strong> generale, noi non usiamo il l<strong>in</strong>guaggio secondo regolerigorose – né, d’altronde, esso ci è stato <strong>in</strong>segnato secondo regolerigorose…Non solo noi non pensiamo alle regole d’uso(def<strong>in</strong>izioni, etc.) mentre usiamo il l<strong>in</strong>guaggio, ma <strong>in</strong> molti casi nonsappiamo neppure <strong>in</strong>dicarle quando ce lo chiedono…e questo nonperché sia a noi ignota la loro def<strong>in</strong>izione reale, ma perché una lorodef<strong>in</strong>izione reale non esiste. Supporre che una def<strong>in</strong>izione realedebba esservi, sarebbe come supporre che i bamb<strong>in</strong>i, ogni volta chegiocano a palla, gioch<strong>in</strong>o un gioco secondo regole rigorose ” 187 .Che le cose stiano <strong>in</strong> questi term<strong>in</strong>i, Wittgenste<strong>in</strong> lo dimostraprendendo come esempio il gioco del tennis, il quale pur nonprevedendo alcuna regola rigorosa che impone di lanciare la palla aduna determ<strong>in</strong>ata altezza, è un gioco a tutti gli effetti:“…ma non esiste neppure nessuna regola che fissi, per esempio,quanto <strong>in</strong> alto o con quale forza si possa lanciare la palla da tennis,e tuttavia il tennis è un giuoco e ha anche regole” 188 .9.3 Molteplicità dei giochi l<strong>in</strong>guistici e somiglianze difamigliaPer Wittgenste<strong>in</strong> esistono una molteplicità di giochi l<strong>in</strong>guisticiche, per di più, non può essere def<strong>in</strong>ita una volta e per tutte perché di187 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Libro blu, <strong>in</strong> Libro blu e libro marrone, cit., p. 37.188 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, cit., § 68.84


cont<strong>in</strong>uo nuovi giochi l<strong>in</strong>guistici nascono, mentre altri cadono <strong>in</strong>disuso:“Ma quanti tipi di proposizioni ci sono? Per esempio: asserzione,domanda e ord<strong>in</strong>e? – Di tali tipi ne esistono <strong>in</strong>numerevoli:<strong>in</strong>numerevoli tipi differenti d’impiego di tutto ciò che chiamiamo«segni», «parole», «proposizioni». E questa molteplicità non èqualcosa di fisso, di dato una volta e per tutte; ma nuovi tipi dil<strong>in</strong>guaggio, nuovi giochi l<strong>in</strong>guistici, come potremmo dire, sorgonoe altri <strong>in</strong>vecchiano e vengono dimenticati 189 ”.A questo punto, ci si potrebbe chiedere se il filosofo austriacoconcepisse l’esistenza di un’essenza comune a tutti i giochi l<strong>in</strong>guistici,<strong>in</strong> virtù della quale qualificarli e concepirli come tali. La risposta ènegativa, <strong>in</strong> quanto, per Wittgenste<strong>in</strong>, tra di essi vi è solo un rapportodi parentela, grazie alla quale possono essere considerati l<strong>in</strong>guaggi oparti di essi. Proprio come accade per altri tipi giochi:“Invece di mostrare quello che è comune a tutto ciò chiamiamol<strong>in</strong>guaggio, io dico che questi fenomeni non hanno affatto <strong>in</strong>comune qualcosa, <strong>in</strong> base al quale impieghiamo per tutti la stessaparola, - ma che sono imparentati l’uno con l’altro <strong>in</strong> molto modidifferenti. E grazie a questa parentela, o a queste parentele, lichiamiamo tutti «l<strong>in</strong>guaggi» 190 ;189 Ivi, § 23.190 Ivi, § 65.85


“Considera, ad esempio, i processi che chiamiamo .Intendo i giuochi da scacchiera, giuochi di carte, giuochi di palla,gare sportive e via discorrendo. Che cosa è comune a tutti questigiuochi? – Non dire: «Deve esserci qualcosa di comune a tutti,altrimenti non si chiamerebbero ‘giuochi’» - ma guarda se ci siaqualcosa di comune a tutti. – Infatti, se li osservi, non vedraicertamente qualche cosa che sia comune a tutti, ma vedraisomiglianze, parentele, e anzi ne vedrai tutta una serie…E ilrisultato di questo esame suona: Vediamo una rete complicata disomiglianze che si sovrappongono e si <strong>in</strong>crociano a vicenda.Somiglianze <strong>in</strong> grande e piccolo” 191 .Queste somiglianze vengono def<strong>in</strong>ite da Wittgenste<strong>in</strong>somiglianze di famiglia, perché la cosa che accade tra i membri di unastessa famiglia, i quali riportano caratteristiche somatiche e caratterialisimili, accade anche per ciò che riguarda i vari giochi, compresi quellil<strong>in</strong>guistici:“Non posso caratterizzare queste somiglianze meglio conl’espressione «somiglianze di famiglia»; <strong>in</strong>fatti le varie somiglianzeche sussistono tra i membri di una famiglia si sovrappongono es’<strong>in</strong>crociano nello stesso modo: corporatura, tratti del volto, coloredegli occhi, modo di camm<strong>in</strong>are, temperamento, ecc. ecc. – E dirò igiuochi formano una famiglia” 192 .191 Ivi, § 66.192 Ivi, § 67.86


Il concetto di gioco, qu<strong>in</strong>di, <strong>in</strong> Wittgenste<strong>in</strong> è un concettoaperto, privo di limiti, che non si lascia def<strong>in</strong>ire 193 . Per questa ragione,se si vuole spiegare che cos’è un gioco, si devono solo fornire esempi,proprio la stessa cosa che si deve fare per spiegare cos’è il l<strong>in</strong>guaggioo una proposizione:“Come faremo allora a spiegare a qualcuno che cos’è un giuoco? Iocredo che gli descriveremo alcuni giuochi, e poi potremmoaggiungere : «queste, e simili cose, si chiamano giuochi»” 194 ;“Se ci viene chiesto che cos’è una proposizione – sia che dobbiamorispondere a un altro, sia che dobbiamo rispondere a noi stessi -daremo esempi…<strong>in</strong> questomodo abbiamo un concetto diproposizione” 195 .9.4 La filosofia nel “secondo” Wittgenste<strong>in</strong>Tra le tesi contenute nel Tractatus logico-philosophicus equelle contenute nelle opere successive, come abbiamo visto, esistonoalcune importanti differenze che hanno <strong>in</strong>dotto molti studiosi a parlaredell’esistenza di un “primo” e un “secondo” Wittgenste<strong>in</strong>.In realtà, se ciò è vero, lo è solo per ciò che riguarda lariflessione sul l<strong>in</strong>guaggio, mentre per quanto concerne la filosofia193 Cfr. A. Voltol<strong>in</strong>i, op. cit., p. 39.194 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, cit., § 69.195 Ivi, § 132.87


Wittgenste<strong>in</strong> ha mantenuto, nella sostanza, la stessa concezione siaper quanto riguarda l’<strong>in</strong>terpretazione della filosofia tradizionale e deiproblemi che essa ha posto nel corso del tempo sia per quantoriguarda la natura e il compito assegnato alla nuova filosofia.La filosofia, <strong>in</strong>fatti, anche negli scritti successivi al Tractatus èstata considerata da Wittgenste<strong>in</strong> non una dottr<strong>in</strong>a, non una scienza,ma un’attività da esercitare sul l<strong>in</strong>guaggio con l’obiettivo dichiarificarlo e di evitare tutti i possibili fra<strong>in</strong>tendimenti causati da unuso scorretto di esso.Sulle modalità di raggiungimento di questo obiettivo, tuttavia,si possono registrare delle importanti differenze tra il Wittgenste<strong>in</strong> delTractatus e quello delle opere successive. Nel Tractatus, <strong>in</strong>fatti, lachiarezza era una condizione che si poteva raggiungere mediante ladelimitazione del dicibile e mediante la sostituzione del l<strong>in</strong>guaggioquotidiano con un l<strong>in</strong>guaggio ideale, perfetto, al f<strong>in</strong>e di prevenire ilsorgere di proposizioni prive di senso. Nelle opere successive alTractatus, <strong>in</strong>vece, Wittgenste<strong>in</strong> non solo ha abbandonato, ma haanche criticato ogni tentativo che andasse <strong>in</strong> questa direzione:“Che strano se la logica si dovesse occupare di un l<strong>in</strong>guaggio«ideale» e non del nostro! Cosa dovrebbe esprimere <strong>in</strong>fatti quell<strong>in</strong>guaggio ideale? Di certo quello che ora esprimiamo nel nostro88


l<strong>in</strong>guaggio abituale; ma allora la logica non può che occuparsi diquesto” 196 ;“Credo che abbiamo essenzialmente un solo l<strong>in</strong>guaggio, ill<strong>in</strong>guaggio comune. Non abbiamo bisogno di <strong>in</strong>ventarne uno nuovoo di costruire una simbolica: il l<strong>in</strong>guaggio quotidiano è già ill<strong>in</strong>guaggio, a condizione che sia liberato dalle ambiguità checontiene” 197 .In Grammatica filosofica, <strong>in</strong>oltre, Wittgenste<strong>in</strong> spiega che “…ilcompito della filosofia non è quello di costruire un l<strong>in</strong>guaggio nuovo,ideale, ma quello di chiarire l’uso l<strong>in</strong>guistico del nostro l<strong>in</strong>guaggio –del l<strong>in</strong>guaggio esistente. Il suo scopo è elim<strong>in</strong>are particolarifra<strong>in</strong>tendimenti; non, ad esempio, quello di creare dal nulla unacomprensione autentica.” 198 .A tal f<strong>in</strong>e, la prima cosa che la filosofia deve fare, perWittgenste<strong>in</strong>, è abbandonare la tentazione di formulare teorie o di darespiegazioni def<strong>in</strong>itive, di volere a tutti i costi assomigliare allascienza, ma deve configurarsi come un’attività avente una valenzasolo ed esclusivamente descrittiva il cui scopo dovrà essere quello di196 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Osservazioni filosofiche, a cura di M. Rosso, Tor<strong>in</strong>o 1976, p. 5.197 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Ludwig Wittgenste<strong>in</strong> e il Circolo di Vienna, a cura di F. Waismann, La NuovaItalia, Firenze 1975, p. 34.198 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Grammatica filosofica, tr. it. di M. Tr<strong>in</strong>chero, La Nuova Italia, Firenze 1990,p.80.89


offrire una rappresentazione perspicua “dei fatti l<strong>in</strong>guistici” 199 , ossiadella grammatica degli usi dei term<strong>in</strong>i:“Ogni spiegazione deve essere messa al bando, e soltanto ladescrizione deve prendere il suo posto” 200 ;“Una delle fonti pr<strong>in</strong>cipali della nostra <strong>in</strong>comprensione è il fattoche non vediamo chiaramente l’uso delle nostre parole. – La nostragrammatica manca di perspicuità” 201 ;“I filosofi hanno sempre davanti agli occhi il metodo della scienza,ed hanno l’irresistibile tentazione di porre domande, e di risponderealle domande, nello stesso modo <strong>in</strong> cui lo fa la scienza. Questatendenza è la reale fonte della metafisica, e porta il filosofonell’oscurità completa. Ma il nostro compito non può mai esserequello di ridurre qualcosa a qualcosa, o di spiegare qualcosa. Lafilosofia è, <strong>in</strong> realtà, ‘puramente descrittiva’ 202 .La mancanza di perspicuità è da attribuire, come abbiamo visto,al l<strong>in</strong>guaggio stesso, <strong>in</strong> quanto <strong>in</strong> esso term<strong>in</strong>i che hanno un diversosignificato si presentano allo stesso modo, ed alla grammaticasuperficiale del l<strong>in</strong>guaggio stesso che tende ad occultare l’impiegocorretto dei term<strong>in</strong>i 203 . A tal proposito, va rilevato che Wittgenste<strong>in</strong>,come nel Tractatus, anche nelle <strong>Ricerche</strong> (e <strong>in</strong> tutte le altre opere)199 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Filosofia</strong>, tr. it. di M. Andronico, Donzelli, Roma 1996, p.77.200 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, cit., § 109.201 Ivi, § 122.202 L. Wittgenste<strong>in</strong>, Libro blu, <strong>in</strong> Libro blu e Libro marrone, cit., p. 28.203 D. Marconi, Transizione, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong>, cit., p. 93.90


dist<strong>in</strong>gue una grammatica superficiale che occulta l’impiego correttodelle varie espressioni l<strong>in</strong>guistiche e che, tra l’altro, s’imprime <strong>in</strong> noicon maggiore facilità, ed una grammatica profonda, che è più difficileda r<strong>in</strong>venire, ma che svela e conduce sulla giusta strada dellacomprensione l<strong>in</strong>guistica:“Nell’uso di una parola si potrebbe dist<strong>in</strong>guere una grammaticasuperficiale da una grammatica profonda. Ciò che s’imprimeimmediatamente a noi, dell’uso di una parola, è il suo modod’impiego nella costruzione della proposizione, la parte del suo uso– si potrebbe dire – che possiamo cogliere con l’orecchio. – E oraconfronta la grammatica profonda della parola «<strong>in</strong>tendere» conquello, poniamo, che la sua grammatica superficiale ci lascerebbe<strong>in</strong>dov<strong>in</strong>are. Nessuna meraviglia se troviamo difficile orientarci” 204 .I problemi filosofici, per Wittgenste<strong>in</strong>, sono causati propriodalla grammatica superficiale del l<strong>in</strong>guaggio che è <strong>in</strong>gannevolerispetto agli usi effettivi delle espressioni l<strong>in</strong>guistiche. In pratica, ilfilosofo, a causa della “uniformità del modo di presentarsi delleparole”, f<strong>in</strong>isce con usarle <strong>in</strong> modo sbagliato, <strong>in</strong> un modo che non èquello “comune” e corretto, ma <strong>in</strong> quello scorretto della metafisica:204 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> Filosofiche, cit., § 664.91


“Nelle teorie e nelle dispute filosofiche troviamo le parole, di cu<strong>in</strong>on conosciamo molto bene i significati nella vita quotidiana,impiegate <strong>in</strong> un senso ultrafisico” 205 .“Quando i filosofi impiegano una parola e si <strong>in</strong>terrogano sul suosignificato, bisogna sempre domandarsi: ma questa parola èeffettivamente usata così nel l<strong>in</strong>guaggio che l’ha prodotta // per cuiè prodotta //? Per lo più si troverà che non è così, e che la parolaviene impiegata contro la sua normale // contrariamente alla suanormale // grammatica. (“Sapere”, “essere”, “cosa”.)” 206 .Questo modo di procedere rende la filosofia tradizionale, perWittgenste<strong>in</strong>, simile agli scarabocchi che fanno i bamb<strong>in</strong>i quandoscrivono su pezzi di carta, e i filosofi ai loro stessi autori:“I filosofi sono spesso come bamb<strong>in</strong>i piccoli, che primascarabocchiano con la loro matita dei segni qualsiasi su di un fogliodi carta, e poi // dopo // chiedono agli adulti “che cos’è?” 207 .Se è dall’uso metafisico che nascono i non sensi della filosofia,allora occorre riportare il l<strong>in</strong>guaggio al suo uso corretto, ossia daquello metafisico a quello quotidiano:“Quando i filosofi usano una parola - «sapere», «essere»,«oggetto», «io», «proposizione», «nome» - e tentano di coglierel’essenza della cosa, ci si deve sempre chiedere: Questa parolaviene mai effettivamente usata così nel l<strong>in</strong>guaggio, nel quale ha la205 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Filosofia</strong>, cit., p. 71206 Ivi, pp. 71, 73.207 Ivi, p. 73.92


sua patria? – Noi riportiamo le parole, dal loro impiego metafisico,<strong>in</strong>dietro al loro impiego quotidiano” 208 .A tal proposito, Wittgenste<strong>in</strong> paragona il l<strong>in</strong>guaggio ad unamosca caduta all’<strong>in</strong>terno di una bottiglia, ovvero nella trappolametafisica, ed assegna all’attività filosofica il compito di <strong>in</strong>segnare all<strong>in</strong>guaggio ad uscire da tale trappola mediante il ritorno al l<strong>in</strong>guaggiocomune.“Qual è il tuo scopo <strong>in</strong> filosofia? – Indicare alla mosca la via diuscita dalla trappola” 209 .Il compito della chiarificazione l<strong>in</strong>guistica è un compito <strong>in</strong>f<strong>in</strong>itoe non raggiungibile una volta e per tutte sia perché la grammaticasuperficiale del l<strong>in</strong>guaggio è sempre operante e pronta a fare caderenell’errore sia perché il nostro l<strong>in</strong>guaggio si presta ai fra<strong>in</strong>tendimentitipici della metafisica:“Il l<strong>in</strong>guaggio ha pronte per tutti le stesse trappole: la straord<strong>in</strong>ariarete di strade sbagliate ben tenute // praticabili //. Così vediamo unapersona dopo l’altra percorrere le stesse strade e già sappiamo doveuno girerà, dove proseguirà dritto senza notare la deviazione, ecc.,ecc.. Dunque, io dovrei mettere dei cartelli là dove di diramano lefalse strade, che aiut<strong>in</strong>o a passare sui punti pericolosi” 210 .208 Ludwig Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> filosofiche, cit., § 116.209 Ivi, § 309.210 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Filosofia</strong>, cit., pp.55, 57.93


“F<strong>in</strong>ché ci sarà un verbo ‘essere’ che sembra funzionare come‘mangiare’ e ‘bere’, f<strong>in</strong>ché ci saranno aggettivi come ‘identico’,‘vero’, ‘falso’, ‘possibile’, f<strong>in</strong>ché si parlerà dello scorrere del tempoe dell’estensione dello spazio, e così via, f<strong>in</strong>o ad allora gli<strong>in</strong>capperanno sempre nelle stesse misteriose difficoltà, e sifisseranno su ciò che nessuna spiegazione sembra poterrimuovere” 211 .Il f<strong>in</strong>e dell’attività filosofica, abbiamo detto sopra, è quello digiungere ad una rappresentazione chiara dei vari usi dei term<strong>in</strong>i dell<strong>in</strong>guaggio, perché <strong>in</strong> tal modo si potrà rilevare il funzionamento dell<strong>in</strong>guaggio. Ciò è possibile “presentando esempi di uso dell<strong>in</strong>guaggio, <strong>in</strong> maniera ord<strong>in</strong>ata, <strong>in</strong> modo tale che chiunque veda dasé come funzionano certe espressioni nel l<strong>in</strong>guaggio, e come il lorouso filosofico costituisca una distorsione dell’uso ord<strong>in</strong>ario edelle” 212 .Se verrà imboccata questa strada, oltre a conoscere il realefunzionamento del l<strong>in</strong>guaggio, si otterrà l’ulteriore vantaggio di poteresmettere di fare filosofia <strong>in</strong> qualsiasi momento. Infatti, una ricercafilosofica orientata alla ricerca di essenze non potrà cessare almenof<strong>in</strong> quando non avrà ritenuto di averla trovata, mentre se la filosofiaviene <strong>in</strong>tesa come suggerisce Wittgenste<strong>in</strong>, si può smettere di211 Ivi, p. 57.212 D. Marconi, Transizione, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong>, cit., p. 92.94


praticarla <strong>in</strong> qualsiasi momento, perché a tale tipo di lavoro non c’èf<strong>in</strong>e:“La vera scoperta è quella che mi rende capace di smettere difilosofare quando voglio…Invece, adesso, si <strong>in</strong>dica un metodomediante esempi, e la serie di questi esempi la si può <strong>in</strong>terrompere// può essere <strong>in</strong>terrotta //” 213 ;“Ma allora con il nostro lavoro non arriviamo mai alla f<strong>in</strong>e!Naturalmente // certo che // no, perché non ha f<strong>in</strong>e” 214 .Il lavoro f<strong>in</strong>alizzato alla rappresentazione perspicua degli usil<strong>in</strong>guistici comporterà, per Wittgenste<strong>in</strong>, anche la dissoluzione deiproblemi filosofici tradizionali, <strong>in</strong> quanto diventerà manifesto, comegià visto, che essi nascono solo da un uso distorto del l<strong>in</strong>guaggio:“I problemi vengono dissolti nel vero senso della parola – comeuna zolletta di zucchero nell’acqua” 215 .Da quanto detto s<strong>in</strong>o a qui, risulta chiaro che la filosofia, perWittgenste<strong>in</strong>, non può <strong>in</strong> alcun modo né fondare né <strong>in</strong>taccare ill<strong>in</strong>guaggio, ma può solo descriverne i diversi usi:“La filosofia non può <strong>in</strong> nessun modo <strong>in</strong>taccare l’uso effettivo dell<strong>in</strong>guaggio; può, <strong>in</strong> def<strong>in</strong>itiva, soltanto descriverlo. Non puònemmeno fondarlo. Lascia tutto com’è” 216 .213 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Filosofia</strong>, cit., p. 75.214 Ivi, p. 77.215 Ivi, p. 49.216 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> Filosofiche, cit., § 124.95


Per queste stesse ragioni, <strong>in</strong> filosofia non vi possono esserescoperte. Anzi, l’unica cosa che la filosofia può scoprire sono i nonsensidi cui la filosofia è tutta piena, i quali dimostrano quanto <strong>in</strong>utileè tentare di superare i limiti del l<strong>in</strong>guaggio:“I risultati della filosofia sono la scoperta di un qualche schiettonon-senso e di bernoccoli che l’<strong>in</strong>telletto si è fatto cozzando controi limiti del l<strong>in</strong>guaggio. Essi, i bernoccoli, ci fanno comprendere ilvalore di quella scoperta” 217 .Interpretando la filosofia <strong>in</strong> questo modo, è stato rilevato daalcuni <strong>in</strong>terpreti, Wittgenste<strong>in</strong> sarebbe uscito da una contraddizionepresente nella sua riflessione. Nel Tractatus, ricordiamo, Wittgenste<strong>in</strong>aveva affermato che la filosofia non può “partorire” teorie o dottr<strong>in</strong>e eche la verità era una possibilità a cui potevano ambire solo leproposizioni della scienza, salvo cadere nella contraddizione di fornireuna vera e propria teoria del l<strong>in</strong>guaggio e del mondo. Conl’assegnazione di un ruolo solo ed esclusivamente descrittivo, <strong>in</strong>vece,Wittgenste<strong>in</strong> questa volta si sarebbe mantenuto fedele ad un’idea cheha conservato lungo tutto il suo filosofare, ovvero che la filosofiadovesse essere solo un’attività 218 .217 Ivi, § 119.218 Cfr. D. Marconi, Transizione, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong>, cit., p. 92.96


9.5 <strong>Filosofia</strong>, malattia, psicanalisiLe considerazioni svolte s<strong>in</strong> qui, hanno sp<strong>in</strong>to Wittgenste<strong>in</strong> adattribuire alla filosofia un ruolo terapeutico, quello di curare ill<strong>in</strong>guaggio. Wittgenste<strong>in</strong> stesso ha suggerito di considerare i problemifilosofici posti dalla filosofia tradizionale come malattie, mentre haassegnato alla nuova filosofia il compito di condurre il “paziente” allaguarigione:“Il filosofo tratta una questione; come una malattia” 219 ;“Non c’è un metodo della filosofia, ma ci sono metodi; per cosìdire, differenti terapie” 220 .A tal proposito, Wittgenste<strong>in</strong> stesso paragona la filosofia allapsicoanalisi. Entrambi, <strong>in</strong>fatti, aspirano a “trovare la parolaliberatrice, cioè la parola che ci consente <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e di concepire ciò chef<strong>in</strong>o ad ora ha gravato, <strong>in</strong>afferrabile sulla nostra coscienza” 221 . Inentrambe, <strong>in</strong>oltre, l’accettazione di un errore da parte del soggettoavviene solo se egli giunge a “viverlo” come tale:“Il fatto è che possiamo conv<strong>in</strong>cere l’altro di un errore solo se egliriconosce che questa è davvero l’espressione del suo modo disentire. //….solo se egli riconosce questa espressione (per davvero)come la giusta espressione del suo modo di sentire.// In effetti, è219 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Ricerche</strong> Filosofiche, cit., § 255.220 Ivi, § 133.221 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Filosofia</strong>, cit., pp. 11, 13.97


l’espressione giusta solo se egli la riconosce come tale(Psicoanalisi.)” 222 .E’ stato mostrato, <strong>in</strong>oltre, che <strong>in</strong> filosofia, così come nella praticadella psicoanalisi, si tratta, per Wittgenste<strong>in</strong>, di “trasformare il nonsenso latente <strong>in</strong> non senso palese” 223 . Come per la psicoanalisi, <strong>in</strong>f<strong>in</strong>e,anche per la filosofia si tratta di distruggere idoli e non crearne altri:“(Tutto ciò che la filosofia può fare è distruggere idoli. E questosignifica non crearne nuovi – ad esempio, “assenza di unidolo”.)” 224Queste sono solo alcune delle analogie che Wittgenste<strong>in</strong> ponetra la filosofia e la psicoanalisi, le quali mostrano quanto Wittgenste<strong>in</strong>fosse <strong>in</strong>teressato al lavoro che stava portando avanti Freud, puressendone, comunque, molto critico 225 .222 Ivi, p. 13,15.223 A. Kenny, Wittgenste<strong>in</strong> sulla natura della <strong>Filosofia</strong>, <strong>in</strong> AA.VV., Capire Wittgenste<strong>in</strong>, a cura diM. Andronico, D. Marconi, C. Penco, Ed. Marietti 1820, Genova – Milano 2010, p. 221.224 L. Wittgenste<strong>in</strong>, <strong>Filosofia</strong>, cit., p. 25.225 Ivi, p. 210.98


10 CONCLUSIONIIl lavoro s<strong>in</strong> qui condotto, ha mostrato che per quanto riguardala filosofia, Wittgenste<strong>in</strong>, nella sostanza, ha mantenuto la stessaconcezione. Attività, non dottr<strong>in</strong>a, non teoria, la filosofia può serviresolo a chiarificare il l<strong>in</strong>guaggio, al f<strong>in</strong>e di prevenire confusioni efra<strong>in</strong>tendimenti l<strong>in</strong>guistici.Si è visto che le vie per giungere alla chiarezza sono statediverse, ma che tale diversità non è tale da <strong>in</strong>taccare l’idea che dellafilosofia Wittgenste<strong>in</strong> ha conservato lungo tutta la sua riflessione.Per questa ragione, risulterebbe troppo semplicistica una letturache dist<strong>in</strong>gua <strong>in</strong> modo netto due fasi nella riflessione di Wittgenste<strong>in</strong>,perché per quanto riguarda la filosofia, ma non solo 226 , il suoragionamento parrebbe mantenere una sostanziale unità.Se si considerano le forti accuse rivolte alla filosofiatradizionale sembrerebbe ovvio, scontato, dire che Wittgenste<strong>in</strong> ha“rotto” con la tradizione filosofica occidentale, <strong>in</strong> quanto portatore diuna filosofia elaborata secondo pr<strong>in</strong>cipi alternativi rispetto a questa.Di stare proponendo una nuova idea di filosofia, una filosofiadiversa da quella che produceva “crampi” all’<strong>in</strong>telletto, Wittgenste<strong>in</strong>era fortemente conv<strong>in</strong>to.226 Cfr. D. Marconi, Transizione, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong>, cit., pp. 99-101.99


Ma è sufficiente l’accusa di <strong>in</strong>sensatezza rivolta alla metafisica,avere paragonato questa a degli scarabocchi, avere affermato che nonci sono essenze da ricercare, essersi scagliato contro le provedell’esistenza di Dio e dell’immortalità dell’anima ed avere conf<strong>in</strong>ato,nell’<strong>in</strong>dicibile tutta la materia dell’etica; basta, cioè, rigettare, perchéritenute prive di senso, tutte le questioni poste dalla filosofia classicaper dire che Wittgenste<strong>in</strong> è uscito fuori dalla filosofia?Secondo alcuni <strong>in</strong>terpreti no. Ad esempio, A. Kenny ha spiegatoche per alcuni aspetti, la riflessione di Wittgenste<strong>in</strong> presenta moltitratti <strong>in</strong> comune con la tanto “disprezzata” filosofia tradizionale e che,addirittura, per ciò che concerne la natura della filosofia, Wittgenste<strong>in</strong>avrebbe la stessa concezione di Cartesio.“…non penso che significhi che <strong>in</strong> alcun modo che il suo pensierorompe con la grande tradizione filosofica occidentale quanto eglisembra talvolta aver creduto” 227 ;“…riguardo alla natura della filosofia, Cartesio e Wittgenste<strong>in</strong> sonofondamentalmente concordi” 228 .Nemmeno l’essersi opposto alla metafisica, alle prove cheriguardano l’esistenza di Dio, l’immortalità dell’anima ed ad altri temiclassici della filosofia tradizionale, dunque, per Kenny basterebbero a227 A. Kenny, Wittgenste<strong>in</strong> sulla natura della filosofia, <strong>in</strong> AA.VV., Capire Wittgenste<strong>in</strong>, cit., p.227.228 Ivi, p. 228.100


conv<strong>in</strong>cere che Wittgenste<strong>in</strong> sia portatore di una filosofia che non hanulla a che vedere con quella passata, perché altri filosofi illustri e“tradizionali”, già prima di lui, si sono dist<strong>in</strong>ti per azioni di questotipo senza per questo essere visti come esempi di rottura rispetto alpassato 229 .Va però considerata l’accusa di autocontraddizione pragmaticao performativa rivolta da Apel a Wittgenste<strong>in</strong> per la sua<strong>in</strong>terpretazione della metafisica, nonché per tutte le asserzioni che siriferiscono al funzionamento del l<strong>in</strong>guaggio, le quali non rispettano leregole da lui stesso stabilite.In realtà, proprio l’accusa di <strong>in</strong>sensatezza rivolta alla metafisicae, più <strong>in</strong> generale, l’avere negato una portata conoscitiva ad unafilosofia ridotta a semplice attività di chiarificazione, lascia ampieperplessità.Circa lo statuto della metafisica, per esempio, una posizione piùplausibile è forse quella proposta da Popper, per il quale la metafisica,non essendo “falsificabile”, non può sicuramente ambire ad essereconsiderata una scienza, ma ciò non è una ragione sufficiente perdef<strong>in</strong>irla <strong>in</strong>sensata. La metafisica, per Popper, è sensata comedimostra sia il fatto che comprendiamo quello che dice sia che è229 Cfr. A. Kenny, Wittgenste<strong>in</strong> sulla natura della filosofia, <strong>in</strong> AA.VV., Capire Wittgenste<strong>in</strong>, cit.,p. 227.101


discutibile sul piano logico ed argomentativo, anche se, <strong>in</strong> molti casi,mancano gli strumenti atti a controllarne le tesi.Inoltre, Popper ha anche fatto notare l’importante ruolo che lametafisica esercita sulla scienza. Sul piano concettuale, <strong>in</strong>fatti, senzavisioni metafisiche, come ad esempio l’idea che l’universo sia un tuttoord<strong>in</strong>ato, la ricerca scientifica perderebbe alcune chiavi euristiche. Dalpunto di vista storico, <strong>in</strong>oltre, è possibile rilevare che teorie, come adesempio quella dell’atomismo, che <strong>in</strong>izialmente riguardavano solo lametafisica, ad un certo momento sono diventate vere e proprie teoriescientifiche. Sarebbe, perciò, troppo riduttivo considerare le teoriemetafisiche solo come frutto di stati soggettivi o, peggio ancora,emotivi.Le suddette considerazioni effettivamente costituiscono unalimitazione della figura di Wittgenste<strong>in</strong> come pensatore, il che,comunque, non toglie che Wittgenste<strong>in</strong> occupi sia per la sua genialitàsia per la forte <strong>in</strong>fluenza che il suo pensiero ha esercitato sia per ilfasc<strong>in</strong>o che le sue opere suscitano, un posto di primaria importanzanella storia della filosofia.102


Riferimenti BibliograficiOpere di Wittgenste<strong>in</strong>Estratti da lettere di L. Wittgenste<strong>in</strong> a B. Russel, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus eQuaderni 1914-1916, tr. it. di A. G. Conte, Tor<strong>in</strong>o, 1998, pp. 283-299.<strong>Filosofia</strong>, tr. it. di M. Andronico, Donzelli, Roma, 1996.Grammatica filosofica, tr. it. di M. Tr<strong>in</strong>chero, La Nuova Italia, Firenze, 1990.Lezioni e conversazioni sull’etica, l’estetica, la psicologia e la credenza religiosa,a cura di Michele Ranchetti, Adelphi, Milano, 1967.Libro blu, <strong>in</strong> Libro blu e Libro Marrone, ed. it. a cura di A. G. Conte, E<strong>in</strong>audi,Tor<strong>in</strong>o, 2000.Ludwig Wittgenste<strong>in</strong> e il Circolo di Vienna, a cura di F. Waismann, La NuovaItalia, Firenze 1975.Note sulla logica, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916, cit.,pp. 243-263.Osservazioni filosofiche, a cura di Mar<strong>in</strong>o Rosso, Tor<strong>in</strong>o, 1976.Quaderni 1914-1916, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus e Quaderni 1914-1916,cit., pp. 127-239.<strong>Ricerche</strong> filosofiche, a cura di M. Tr<strong>in</strong>chero, E<strong>in</strong>audi, Tor<strong>in</strong>o, 1999.Tractatus logico-philosophicus, <strong>in</strong> Tractatus logico-philosophicus e Quaderni1914-1916, cit., pp. 25-109.103


Opere di altri autoriAA.VV.Capire Wittgenste<strong>in</strong> (a cura di M. Andronico, D. Marconi, Carlo Penco), Marietti1820, Genova - Milano, 2010.AA.VV.Guida a Wittgenste<strong>in</strong>. Il «Tractatus», dal «Tractatus» alle «<strong>Ricerche</strong>»,Matematica, Regole e l<strong>in</strong>guaggio privato, Psicologia, Certezza, Forme di vita (acura di Diego Marconi), Laterza, Roma – Bari, 1997.Carapezza M.Segno e simbolo <strong>in</strong> Wittgenste<strong>in</strong>, Bonanno, Acireale – Roma, 2006.Gargani A. G.Introduzione a Wittgenste<strong>in</strong>, Laterza, Roma - Bari, 2005.Kenny A.Wittgenste<strong>in</strong> sulla natura della filosofia, <strong>in</strong> Capire Wittgenste<strong>in</strong> cit., pp. 209-228.Marconi D.Il “Tractatus”, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong> cit., pp. 15-58.Transizione, <strong>in</strong> AA.VV., Guida a Wittgenste<strong>in</strong> cit., pp. 59-101.Mounce H. O.Introduzione al “Tractatus” di Wittgenste<strong>in</strong>, tr. it. Di M. Andronico, Marietti1820, Genova, 2000.Soleri S.Note al Tractatus logico-philosophicus di Wittgenste<strong>in</strong>, Bibliopolis, Napoli, 2003.104


Voltol<strong>in</strong>i A.Guida alla lettura delle <strong>Ricerche</strong> filosofiche di Wittgenste<strong>in</strong>, Laterza, Roma –Bari, 1998.105

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