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Teorie di sociologia della scienza nel XX secolo Silvia Marcuz

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<strong>scienza</strong> vista come istituzione che si autoregolamenta, garantendo la sua buona attività attraverso una "struttura<br />

normativa". Essa è fondata su quattro "imperativi istituzionali":<br />

♦ universalismo: i risultati scientifici vengono giu<strong>di</strong>cati in<strong>di</strong>pendentemente dalle caratteristiche (classe sociale,<br />

razza, religione…) inerenti al soggetto che li ha formulati;<br />

♦ comunitarismo: risultati e scoperte non sono proprietà del singolo ricercatore, ma patrimonio <strong>della</strong> comunità<br />

scientifica e <strong>della</strong> società <strong>nel</strong> suo complesso;<br />

♦ <strong>di</strong>sinteresse: il singolo ricercatore persegue come obiettivo primario il progresso <strong>della</strong> conoscenza, ottenendo<br />

in<strong>di</strong>rettamente il riconoscimento in<strong>di</strong>viduale;<br />

♦ scetticismo: ogni ricercatore deve essere pronto a valutare in modo critico qualunque risultato, sospendendo il<br />

giu<strong>di</strong>zio definitivo fino all'ottenimento delle necessarie conferme.<br />

Queste fondamentali norme sono relative all'istituzione "<strong>scienza</strong>" e non ai singoli in<strong>di</strong>vidui "scienziati", che anzi molte<br />

volte si comportano seguendo le corrispondenti "contronorme": particolarismo, in<strong>di</strong>vidualismo, interesse e dogmatismo<br />

organizzato, con le inerenti conseguenze positive e negative. Una rappresentazione <strong>della</strong> <strong>scienza</strong> <strong>di</strong> questo tipo,<br />

attraverso i quattro imperativi, è stata accusata <strong>di</strong> essere una raffigurazione non inerente alla realtà <strong>della</strong> <strong>scienza</strong>; essa<br />

non descriverebbe, in altre parole il modo d'essere <strong>della</strong> <strong>scienza</strong>, quanto il suo "dover essere".<br />

Successivamente alcuni sociologi tentano un'interpretazione sociale <strong>della</strong> teoria delle rivoluzioni scientifiche <strong>di</strong> Kuhn,<br />

cercando <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare tra un para<strong>di</strong>gma e la sua applicazione una sorta corridoio sociale costituito da fattori<br />

"micropolitici" o interni al gruppo <strong>di</strong> specialisti (reputazione carriera, tempo <strong>di</strong> lavoro…) e "macropilitici" (influenza<br />

sul gruppo del contesto sociale e culturale esterno). Tuttavia, anche questo approccio appare agli occhi <strong>di</strong> molti limitato,<br />

poiché si ferma all'analisi delle <strong>di</strong>namiche interne alla comunità <strong>di</strong> specialisti.<br />

Uno degli ispiratori dello stesso Kuhn, il me<strong>di</strong>co polacco Lundwik Fleck, invece esprime un punto <strong>di</strong> vista che<br />

coinvolge in modo più ampio gli scienziati. Nel 1935 egli pubblica un saggio dal titolo "Genesi e sviluppo <strong>di</strong> un fatto<br />

scientifico" dove analizza l'evoluzione del concetto <strong>di</strong> sifilide sino a <strong>di</strong>mostrare che "ogni lavoro scientifico è in grande<br />

misura lavoro collettivo" ed acquista significato solo all'interno <strong>di</strong> uno "stile <strong>di</strong> pensiero". Fleck evidenzia che questi<br />

"stili <strong>di</strong> pensiero" sono con<strong>di</strong>visi da un "collettivo <strong>di</strong> pensiero". Uno stesso tema richiama l'attenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

collettivi specialisti e non, che interagiscono tra loro e si scambiano informazioni sui loro <strong>di</strong>versi "stili <strong>di</strong> pensiero". Lo<br />

scienziato è parte contemporaneamente <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi collettivi <strong>di</strong> pensiero: quello degli scienziati, quello culturale, quello<br />

<strong>della</strong> classe sociale, quello religioso o quello del partito, e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>viene il punto centrale <strong>di</strong> questo scambio. Va<br />

sottolineato come in questa concezione la conoscenza abbia carattere collettivo: "Il conoscere è l'attività dell'uomo<br />

sottoposta al massimo con<strong>di</strong>zionamento sociale e la conoscenza è la struttura sociale per eccellenza" 2 , infatti "senza la<br />

con<strong>di</strong>zionatezza sociale non è possibile nessuna conoscenza e […] il termine conoscere acquista significato solo se è<br />

connesso con un collettivo <strong>di</strong> pensiero" 3 .<br />

La scuola <strong>di</strong> E<strong>di</strong>mburgo ed il programma forte<br />

In contrapposizione alla <strong>sociologia</strong> istituzionale <strong>nel</strong> 1966 nasce con David Edge la "scuola <strong>di</strong> E<strong>di</strong>mburgo" dove<br />

lavorano tra gli altri Barry Barnes, David Bloor, Donald Mackenzie, Steven Shapin e Andrew Pickering. L'obiettivo <strong>di</strong><br />

2 Fleck 1935, trad. it. 1983, 101<br />

3 Ibidem, p. 103<br />

5<br />

<strong>Silvia</strong> <strong>Marcuz</strong>

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