BIOCHIMICA della creatività DROGA ARTE 26
La creatività artistica è una delle più alte manifestazioni delle capacità cognitive dell’uomo, ma la relazione tra questa e l’assunzione di sostanze stupefacenti, in grado di modificare lo stato di coscienza e percezione della realtà, è un tema assolutamente delicato e ancora dibattuto. Gia nel 500 a.C., l’uso di funghi allucinogeni da parte di artisti dell’epoca era considerato un mezzo per ricevere un’ispirazione divina. In tempi più vicini, i poeti romantici di inizio Ottocento raccontano di esperienze introspettive sotto l’influenza di sostanze allucinogene, mentre negli anni ’60 e ’70 il binomio arte-droga arriva alla sua massima espressione. A livello scientifico, l’uso di droghe, in particolari modo l’LSD, produce il “rafforzamento” dei tratti preesistenti della nostra personalità e delle nostre capacità estetiche. Ciò, però, non si collega automaticamente ad un aumento e miglioramento della produttività artistica. Infatti se questi farmaci psichedelici vengo assunti da soggetti dotati di preesistenti doti artistiche, il loro stato di percezione alterata della realtà genera un’inusuale esperienza introspettiva, cosa che su soggetti comuni non è automaticamente connessa. Come provano le ricerche condotte negli ultimi decenni, ad essere messa in dubbio è la capacità di determinati composti psicoattivi di aumentare automaticamente, direttamente e in maniere aspecifica la creatività artistica in qualsiasi soggetto. Tuttavia, in coloro che già possiedono una predisposizione alla creatività, la combinazione tra le esperienze sensoriali psicoattive e il preesistente substrato cognitivo-emotivo è in grado di generare un’arte, che occasionalmente e non invariabilmente, può essere di maggiore valore estetico-artistico. Tornando invece alla considerazione del binomio droga-creatività, senza però cadere necessariamente nel mito dell’artista maledetto e della bohémienne di fine ‘800, l’assunzione di LSD o simili sostanze risulta essere prerogativa per il potenziamento delle capacità percettive del soggetto, amplificando le sensazioni, permettendo di compiere esperienze interiori più profonde e acquisendo conoscenze, che seppur innaturali, confluiscono nella produzione artistica di ogni tipo, dall’arte visiva, alla musica, alla letteratura. Negli anni ’50 del secolo scorso, tra gli artisti della beat-generation si diffonde l’idea che l’assunzione di sostanze allucinogene permettesse esperienze di coscienza vicine al buddismo zen. Nel decennio successivo, la cultura della droga ha spopolato tra gli esponenti dell’Espressionismo astratto Americano, tra i seguaci della filosofia hippy dei figli dei fiori, tra gli aderenti all’Arte Psichedelica, tra l’entourage della Factory di Andy Warhol dove moriranno per droga grandi personalità quali uno dei più grandi esponenti del graffitismo americano, Jean Michel Basquiat, e il poeta e curatore artistico del MOMA, Frank O’Hara. In tutti questi casi, si può rilevare come le droga, nel campo dell’arte, analogamente ad alcune forme di malattia mentale, permetta attraverso l’allentamento dei cosiddetti freni inibitori della nostra persona, di attuare legami e correlazioni tra idee anche lontane tra loro, rafforzare quindi la capacità creativa ed immaginifica del soggetto, creando il cosiddetto pensiero “allusivo” e alimentando la capacità di unire in un unico concetto contenuti distanti per qualsiasi altro individuo e superando in questo modo le contraddizioni rilevabili dal pensiero razionale. Proprio a proposito di contraddizioni, è interessante come l’arte e la creatività, che di base implicherebbero un certo grado di lucidità dell’io, diventino puro istinto dionisiaco nel momento in cui l’artista assume stupefacenti. Seppur moltissimi hanno visto o vedono nell’uso di sostanze allucinogene una sorta di potenziamento dell’attività percettiva, qualcosa per forzare l’accesso alla vita emotiva più profonda o creare una nuova strutturazione del rapporto dell’io col reale e l’immaginifico, è altrettanto vero che l’attività artistica richiede un “momento di formalizzazione” che liberi l’artista dalla confusione per basarsi sulle proprie capacità costruttive. Nonostante molti movimenti artistici, soprattutto quelli d’avanguardia del Novecento, abbiano prediletto tematiche quali l’inconscio, il sogno, la soggettività, questo non giustifica automaticamente una regressione del grado di lucidità con il quale l’artista deve esprimersi. Se questo è sommerso nell’allucinazione dovuta a droghe non riuscirà a produrre granché. Se l’assunzione di psicofarmaci può essere considerata un fenomeno passivo, l’atto creativo è concepito, invece, come esperienza attiva: l’interazione di questi due realtà, quella dell’arte e quella della droga, hanno dunque influenza reciproca. 27