Antichi porti del Lazio - Cultura Lazio
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Ponza, località<br />
Punta <strong>del</strong>la<br />
Madonna,<br />
molo Musco.<br />
Accanto:<br />
Ponza, le grotte<br />
di Pilato.<br />
I <strong>porti</strong> di Ponza e Ventotene<br />
L’arcipelago pontino, con le due isole<br />
maggiori di Pontia (Ponza) e Mandataria<br />
(Ventotene), venne, in età augustea, a far<br />
parte <strong>del</strong>la proprietà imperiale. A quest’epoca<br />
si può verosimilmente far risalire l’inizio<br />
<strong>del</strong>lo sfruttamento edilizio intensivo<br />
nel loro territorio, caratterizzato, in particolare,<br />
dalla costruzione di lussuose ville<br />
residenziali, utilizzate come luoghi di esilio<br />
per i membri <strong>del</strong>la famiglia imperiale.<br />
Sempre nell’ambito <strong>del</strong>la pianificazione<br />
urbanistica <strong>del</strong>l’età di Augusto si colloca,<br />
in entrambe le isole, la realizzazione degli<br />
impianti portuali, pur in assenza di precisi<br />
dati storici e archeologici relativi alla<br />
loro data di costruzione.<br />
Il porto romano di Ponza è stato di recente<br />
definitivamente localizzato sul versante<br />
settentrionale <strong>del</strong>l’isola, nel luogo di quello<br />
moderno, confutando l’ipotesi, prevalsa<br />
negli ultimi decenni, <strong>del</strong>l’ubicazione <strong>del</strong>l’approdo<br />
antico in località S. Maria.<br />
L’insenatura, tuttora occupata dall’impianto<br />
portuale risalente alla ristrutturazione<br />
borbonica <strong>del</strong> 1768, è naturalmente<br />
difesa dall’azione dei venti e <strong>del</strong> moto<br />
ondoso, grazie alla presenza <strong>del</strong> piccolo<br />
promontorio di Punta <strong>del</strong>la Madonna e<br />
ulteriormente protetta dal lungo molo,<br />
ora denominato “Mario Musco”, documentato<br />
in questa posizione già nella cartografia<br />
rinascimentale.<br />
In seguito al danneggiamento <strong>del</strong>la banchina<br />
moderna, dovuto agli spostamenti<br />
d’acqua determinati dagli aliscafi di linea<br />
nel corso <strong>del</strong>le manovre di arrivo e partenza,<br />
indagini subacquee hanno appurato<br />
la presenza, al suo interno, di resti <strong>del</strong><br />
molo romano.<br />
Il parziale crollo <strong>del</strong>la fodera di cemento<br />
ha reso, infatti, visibile un tratto <strong>del</strong>la<br />
struttura originaria, conservata sotto il<br />
piano di calpestio <strong>del</strong>l’attuale banchina<br />
fino al livello <strong>del</strong> fondo marino, realizzata<br />
in opera reticolata all’interno <strong>del</strong>la quale<br />
restano le impronte cave, verticali, lasciate<br />
dai montanti in legno <strong>del</strong>la cassaforma<br />
che serviva a contenere la gettata <strong>del</strong> conglomerato<br />
cementizio.<br />
Sono state individuate, eccezionalmente<br />
conservate nel fango <strong>del</strong> fondale, <strong>del</strong>le<br />
tavole in legno di quercia accostate l’una<br />
all’altra, lasciate in opera a lavoro ultimato,<br />
che ci testimoniano l’impiego, per la<br />
costruzione <strong>del</strong> molo, <strong>del</strong> metodo a doppia<br />
paratia, utilizzato per realizzare una<br />
cassaforma “stagna”, entro la quale effettuare<br />
la colata di calcestruzzo, come prescritto<br />
nel trattato di Vitruvio. In documenti<br />
di epoca rinascimentale, la struttura<br />
<strong>del</strong> molo viene rappresentata con una<br />
breve lacuna nel tratto verso terra. Questa<br />
potrebbe essere interpretata come un’interruzione,<br />
prevista in fase di costruzione, per