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Locus Solus

Nella villa di uno stravagante inventore, Martial Canterel, un gruppo di curiosi visitatori passa in rassegna un parco popolato da incredibili invenzioni: macchine celibi, piante sconosciute ai botanici, popoli non registrati negli atlanti, animali che non discendono da quelli scampati al diluvio, sostanze non classificate nei manuali di chimica. Locus Solus è un testo incredibile, un romanzo unico nella storia della letteratura universale, i cui protagonisti sono il linguaggio stesso e delle mitologie private che rappresentano, allo stesso tempo, un·retaggio per tutti noi.

Nella villa di uno stravagante inventore, Martial Canterel, un gruppo di curiosi visitatori passa in rassegna un parco popolato da incredibili invenzioni: macchine celibi, piante sconosciute ai botanici, popoli non registrati negli atlanti, animali che non discendono da quelli scampati al diluvio, sostanze non classificate nei manuali di chimica. Locus Solus è un testo incredibile, un romanzo unico nella storia della letteratura universale, i cui protagonisti sono il linguaggio stesso e delle mitologie private che rappresentano, allo stesso tempo, un·retaggio per tutti noi.

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<strong>Locus</strong> <strong>Solus</strong><br />

ricevuti non lontano dalla villa, all’aperto, sotto alberi antichi la<br />

cui ombra avvolgeva una comoda attrezzatura che comprendeva<br />

varie poltrone di vimini.<br />

Dopo l’arrivo dell’ultimo dei convocati il maestro si avviò,<br />

guidando il nostro gruppo che docilmente l’accompagnava. Alto,<br />

castano, dalla fisionomia aperta, dai lineamenti regolari, Canterel,<br />

con i suoi baffetti sottili e gli occhi vivaci in cui splendeva<br />

una meravigliosa intelligenza, a malapena palesava i suoi quarantaquattr’anni.<br />

La sua voce calda e persuasiva dava un grande fascino<br />

a un’elocuzione avvincente che, per seduzione e chiarezza,<br />

faceva di lui un campione della parola.<br />

Camminavamo da poco lungo un ripido viale in salita.<br />

A mezza costa vedemmo, sul ciglio della strada, ritta in una<br />

nicchia di pietra di una certa profondità, una statua stranamente<br />

antica, formata – sembrava – di terra nerastra, secca e solidificata,<br />

che rappresentava, non senza grazia, un sorridente bambino<br />

nudo. Le braccia erano tese in avanti in un gesto d’offerta, mentre<br />

le mani s’aprivano verso il soffitto della nicchia. Una piantina<br />

morta, vetusta all’estremo, si levava nel centro del palmo destro,<br />

dove un tempo aveva messo radici.<br />

Canterel, che distrattamente continuava per la sua strada, dovette<br />

rispondere alle nostre unanimi domande.<br />

«È il Federale dal seme santo che Ibn Batuta vide nel centro di<br />

Timbuctù », disse indicando la statua, di cui poi ci rivelò le origini.<br />

―<br />

Il maestro aveva conosciuto intimamente il famoso viaggiatore<br />

Echenoz, che durante una spedizione in Africa, ai tempi della<br />

sua prima gioventù, era andato fino a Timbuctù.<br />

Avendo, prima della partenza, assimilato la bibliografia completa<br />

sulle regioni che lo attraevano, Echenoz aveva più volte letto<br />

una certa relazione del teologo arabo Ibn Batuta, considerato il<br />

più grande esploratore del secolo dopo Marco Polo.<br />

Solo alla fine della sua vita, ricca di memorabili scoperte<br />

geografiche, quando avrebbe a buon diritto potuto assaporare

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