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TraKs Interview 004

Arriva il nuovo numero di TRAKS INTERVIEW, con in copertina i Modena City Ramblers e all'interno interviste esclusive con Ottodix, Droning Maud, VonDatty, Thomas Dylan e un servizio sul progetto TEN!

Arriva il nuovo numero di TRAKS INTERVIEW, con in copertina i Modena City Ramblers e all'interno interviste esclusive con Ottodix, Droning Maud, VonDatty, Thomas Dylan e un servizio sul progetto TEN!

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prima di iniziare a scrivere.<br />

“Chimera” parlava di utopie ed era<br />

un disco “politico”, da un certo punto<br />

di vista. Invece qui hai deciso di occuparti<br />

di aspetti galattici oppure microscopici,<br />

sostanzialmente “saltando” le<br />

miserie umane o quasi. Puoi spiegare<br />

perché?<br />

Come dicevo, in realtà le salto solo in<br />

apparenza, andando ad analizzare nei<br />

disegni più grandi e più piccoli di noi,<br />

tutto quello che può spiegare<br />

il nostro agire e gli errori in<br />

loop di cui la storia umana<br />

è piena. Nell’album ci sono<br />

canzoni come “Elettricità”<br />

che parlano chiaramente<br />

della tensione sociale e<br />

dell’odio latente, Ne “la<br />

Risonanza”, la fisica<br />

quantistica tenta simbolicamente<br />

di spiegare perché i collettivi<br />

di animali o di materia simile, in<br />

natura, lavorino al meglio in gruppo,<br />

mentre l’uomo no (perché ha inventato<br />

l’economia e la competizione tra individui).<br />

Anche “Planisfera”, ragionando<br />

sulla rotondità del pianeta, suggerisce<br />

che i punti di vista sono tutti equivalenti,<br />

sopra una palla e che difendere<br />

un passato che non c’è più è assurdo,<br />

perché in natura tutto è in divenire,<br />

tutto ruota e gira. “Zodiacantus” è un<br />

attacco alla superstizione umana. Insomma,<br />

l’uomo è costantemente sotto<br />

il vetrino dell’analisi del microscopio<br />

scientifico, o del telescopio astronomico.<br />

“Chimera” era un disco demolitore<br />

di utopie fallite del XX secolo. Questo<br />

è un album propositivo, che invita a<br />

puntare verso tecnologia pulita, ambiente,<br />

cultura e scienza come nuova<br />

utopia per superare questo lungo momento<br />

di apocalisse collettiva generalizzata.<br />

E’ un album che sembra freddo<br />

solo in apparenza, ma è molto più<br />

profondamente umano: sposta la sfera<br />

di indagine emotiva dal solito amore-morte-sociale<br />

delle canzoni,<br />

alla bellezza, la paura e lo<br />

spleen verso l’infinito e l’ignoto<br />

della natura.<br />

Il disco mi sembra, dal punto<br />

di vista dei suoni, più<br />

compatto e omogeneo dei<br />

precedenti. Quanto ha influito<br />

anche l’apporto di Flavio Ferri<br />

nel discorso?<br />

Il disco è più compatto e scorrevole<br />

innanzitutto perché era impossibile,<br />

vista la complessità delle tematiche<br />

trattate nei testi, creare anche un linguaggio<br />

sonoro articolato. Ho preferito<br />

l’approccio psichedelico elettronico o<br />

ambient pop, per dare un ingrediente<br />

più spirituale e meditativo, anche<br />

se detta così sembra un album new<br />

age, invece si parla di sfumature. E’<br />

un album molto Ottodix. Volevo un<br />

sound vicino all’elettronica ’90, anche<br />

a tratti trip hop (Il mondo delle cose),<br />

ma anche con ingredienti dall’elettronica<br />

di ricerca come quella di Alva<br />

Noto (CERN), che dessero un taglio più<br />

astratto, da laboratorio, o lisergico al<br />

sound. Ho accettato l’invito di Flavio<br />

a condividere la produzione con gioia,<br />

dopo anni di collaborazioni a distanza<br />

e concerti aperti ai DeltaV da Ottodix<br />

(1999-2003). Era la persona adatta a<br />

valorizzare esattamente quegli aspetti.<br />

Il sound DeltaV per me è sempre stato<br />

un riferimento e guarda caso è servito<br />

per migliorare dei provini problematici<br />

come in CERN, brano dalla struttura<br />

complessa elettro-sinfonica, di cui vado<br />

molto fiero, o per far rinascere un brano<br />

come Planisfera, che non mi convinceva,<br />

facendolo diventare una delle colonne<br />

portanti dell’album. Ne “Il mondo<br />

delle cose”, poi, la sua “scuola di Bristol”<br />

è uscita tutta, mettendo una firma<br />

importante. E poi abbiamo discusso,<br />

anche scontrandoci, a casa sua a Barcellona,<br />

ogni singola nota e ogni dettaglio<br />

in un confronto umano molto sano<br />

e genuino. Devo ringraziare Flavio sia<br />

per quello che ha fatto in più che per<br />

avere rispettato i miei complessi provini,<br />

portati in fase già molto avanzata di<br />

finitura. E’ un disco in cui mi riconosco<br />

molto e questo mi da sicurezza nel volere<br />

in futuro ritentare la carta della co<br />

produzione. Sono un autarchico, era la<br />

prima volta per me. E’ comunque un album<br />

nato e pensato tra Barcellona, l’Italia,<br />

Pechino e Berlino, le cui voci sono<br />

state limate in California. Insomma,<br />

un album “planisferico” davvero, nato<br />

da più punti di vista. E bello da cantare<br />

10 11

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