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syndicom rivista N. 4 - Ridateci il nostro tempo!

Il periodico syndicom offre informazioni dal sindacato e dalla politica: la nostra rivista fa luce sui retroscena, mette ordine e offre spazio anche per la cultura e l’intrattenimento. La rivista cura il dialogo sui social media e informa riguardo ai più importanti eventi, servizi e offerte di formazione del sindacato e di organizzazioni vicine.

Il periodico syndicom offre informazioni dal sindacato e dalla politica: la nostra rivista fa luce sui retroscena, mette ordine e offre spazio anche per la cultura e l’intrattenimento. La rivista cura il dialogo sui social media e informa riguardo ai più importanti eventi, servizi e offerte di formazione del sindacato e di organizzazioni vicine.

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<strong>syndicom</strong><br />

N. 4 Marzo–Apr<strong>il</strong>e 2018<br />

<strong>rivista</strong><br />

<strong>Ridateci</strong><br />

<strong>il</strong> <strong>nostro</strong><br />

<strong>tempo</strong>!


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Sommario<br />

4 Team vincenti<br />

5 Brevi ma ut<strong>il</strong>i<br />

6 Dalla parte degli altri<br />

7 L’ospite<br />

8 Dossier: <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>tempo</strong><br />

16 Dalle professioni<br />

21 La verità su AutoPostale<br />

22 Politica<br />

25 Diritto e diritti<br />

26 Idee<br />

27 M<strong>il</strong>le parole<br />

28 Eventi<br />

30 Un lavoro, una vita<br />

31 Cruciverba<br />

32 Inter-attivi<br />

Care lettrici, cari lettori,<br />

la nostra società si trova di fronte a grandi sfide:<br />

<strong>il</strong> lavoro sta cambiando, lasciando i luoghi<br />

tradizionali in cui siamo abituati a svolgerlo, e<br />

con ciò <strong>il</strong> confine tra lavoro e <strong>tempo</strong> libero diventa<br />

sempre più lab<strong>il</strong>e. Un sim<strong>il</strong>e «sconfinamento»<br />

del <strong>tempo</strong> di lavoro intacca le basi su<br />

cui poggiano le nostre forme di vita e la sicurezza<br />

sociale. Finora la giornata lavorativa era<br />

limitata e <strong>il</strong> resto del <strong>tempo</strong> apparteneva a noi.<br />

La chiamavamo autonomia <strong>tempo</strong>rale. Ed è<br />

stata la più grande conquista di lunghe lotte<br />

sindacali: <strong>il</strong> diritto umano al <strong>tempo</strong> libero.<br />

Il contratto di lavoro si basava sul principio che i<br />

lavoratori mettessero a disposizione dell’imprenditore<br />

la propria forza lavoro per una determinata<br />

durata a un prezzo (salario) fisso. Oggi,<br />

invece, i datori di lavoro flessib<strong>il</strong>izzano sempre<br />

di più <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> orario e la trasformazione digitale<br />

accelera questo processo. Il nuovo imperativo<br />

si chiama flessib<strong>il</strong>ità. Alcuni pensano che<br />

questo rappresenti un’opportunità per impostare<br />

autonomamente <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> di lavoro.<br />

In verità è un procedimento fortemente un<strong>il</strong>aterale:<br />

<strong>il</strong> datore di lavoro determina <strong>il</strong> volume<br />

lavorativo e di conseguenza la durata del <strong>nostro</strong><br />

lavoro. Quest’ultima si allunga, la nostra vita<br />

lavorativa e privata non risultano più in equ<strong>il</strong>ibrio<br />

e perdiamo la nostra sovranità sul <strong>tempo</strong>.<br />

Stiamo rischiando di ricadere in tempi bui.<br />

Noi sindacati questo grosso passo indietro lo<br />

possiamo impedire solo se uniamo le lotte per<br />

ottenere la padronanza del <strong>tempo</strong>: sia sui posti<br />

di lavoro che nella società tutta. Vi invito a leggere<br />

<strong>il</strong> <strong>nostro</strong> dossier. Buona lettura!<br />

4<br />

8<br />

21<br />

Giorgio Pardini


4<br />

Team vincenti<br />

Ecco i nostri migliori reclutatori<br />

Senol K<strong>il</strong>ic (37)<br />

Abita a Bassersdorf (ZH) e dal 2009<br />

lavora alla Posta nel recapito delle<br />

lettere. Prima ha lavorato dieci anni a<br />

Berlino per la Posta tedesca. Lì è stato<br />

attivo nel sindacato ver.di, e con <strong>il</strong> suo<br />

trasferimento in Svizzera è diventato<br />

socio di <strong>syndicom</strong>.<br />

Rémy Ségur (26)<br />

Di Gerlafingen (SO), in origine falegname,<br />

dal 2013 lavora come Customer<br />

Service Desk Steering alla Swisscom a<br />

Ittigen (BE). Inoltre pratica la terapia<br />

acquatica. È iscritto a <strong>syndicom</strong> dal<br />

2016.<br />

Cornelia Ziehler (44)<br />

Di Bonisw<strong>il</strong> (AG), ha fatto la formazione<br />

come impiegata di commercio.<br />

Attiva da 20 anni alla Sunrise in varie<br />

funzioni. Attualmente lavora nel<br />

reparto dei clienti commerciali.<br />

Iscritta a <strong>syndicom</strong> dal 2004. Siede nel<br />

comitato centrale e nel comitato<br />

settoriale Telecom/IT.<br />

Testo: Nina Rudnicki<br />

Foto: Yoshiko Kusano<br />

Ora i colleghi ci fermano<br />

spontaneamente<br />

«Nel reclutare nuovi membri possiamo<br />

solo guadagnarci. Quando<br />

rivolgiamo la parola a qualcuno,<br />

quasi sempre la prima reazione è<br />

negativa. Ma possediamo ottimi<br />

argomenti e strategie per risvegliare<br />

l’interesse dei futuri colleghi e<br />

colleghe. Alcuni tra noi avvicinano le<br />

persone con un piccolo regalo, che<br />

può essere una penna <strong>syndicom</strong>.<br />

Nelle grandi aziende le pause rappresentano<br />

un luogo e un momento<br />

ideali. La gente sa che noi siamo<br />

iscritti a <strong>syndicom</strong>. Siamo impegnati<br />

nella rappresentanza del personale<br />

delle nostre aziende oppure come delegati<br />

dei giovani. In questo senso<br />

siamo fac<strong>il</strong>mente riconoscib<strong>il</strong>i.<br />

Questo aspetto è importante: se ci<br />

sono problemi o se sono a rischio dei<br />

posti di lavoro, i colleghi vengono a<br />

cercarci di loro spontanea volontà.<br />

A volte diciamo che non esiste<br />

assicurazione migliore o più economica<br />

per un lavoratore che quella di<br />

essere iscritto a un sindacato. Il<br />

<strong>nostro</strong> obiettivo è trasmettere questo<br />

messaggio. Inoltre dobbiamo far<br />

capire che più iscritti ha un sindacato<br />

più obiettivi potrà raggiungere.<br />

Allo stesso modo, è più fac<strong>il</strong>e reclutare<br />

nuovi membri una volta che <strong>il</strong><br />

sindacato è riuscito a rafforzare i<br />

diritti dei lavoratori. Se per esempio<br />

abbiamo negoziato con successo un<br />

nuovo contratto collettivo, ciò<br />

porterà nuove iscrizioni.<br />

Siamo reclutatori per convinzione.<br />

E ci onora <strong>il</strong> fatto di venire premiati<br />

come migliori reclutatori in<br />

occasione di eventi regionali. Dobbiamo<br />

osservare da vicino cosa<br />

succede nelle grandi aziende. Complessivamente<br />

godiamo di buone<br />

condizioni di lavoro, ma non possiamo<br />

essere sicuri che rimarrà così per<br />

sempre. Il mercato del lavoro è<br />

cambiato molto negli ultimi anni.<br />

E da <strong>tempo</strong> non è più così ovvio che<br />

uno mantenga <strong>il</strong> proprio posto di<br />

lavoro – nemmeno se si lavora per la<br />

stessa impresa da molti anni. Una<br />

delle sfide più grandi è far iscrivere i<br />

giovani. Cambiano lavoro con estrema<br />

fac<strong>il</strong>ità se non è più di loro<br />

gradimento. Invece più s’invecchia<br />

più diventa importante la sicurezza.<br />

Un’azienda non regala nulla,<br />

tutto va contrattato. Ma sottolineiamo<br />

sempre che le aziende e <strong>il</strong> sindacato<br />

non sono nemici. Ci vediamo<br />

inseriti piuttosto in una partnership<br />

sociale dove si dà e si riceve».


Brevi ma ut<strong>il</strong>i<br />

Un CCL per i corrieri di NoTime \ USS, Paul Rechsteiner lascia \<br />

Un altro mondo al FSM \ Colonie dei sindacati al via \ Contatti<br />

5<br />

Un CCL per i corrieri di NoTime<br />

La Posta ha r<strong>il</strong>evato la maggioranza<br />

dell’azienda NoTime. Con questa mossa<br />

<strong>il</strong> gruppo si assume anche la corresponsab<strong>il</strong>ità<br />

di regolamentare questo ramo<br />

della logistica. <strong>syndicom</strong> chiede<br />

pertanto <strong>il</strong> rapido avvio dei negoziati<br />

relativi al CCL. Attualmente <strong>syndicom</strong> e<br />

l’associazione dei datori di lavoro<br />

SwissMessengerLogistics (SML) sono<br />

impegnati in negoziati che hanno per<br />

oggetto un CCL per ciclocorrieri e altre<br />

tipologie di addetti ai servizi di recapito.<br />

NoTime si è finora rifiutata di intraprendere<br />

trattative in merito al CCL, né ha<br />

aderito a SML. L’acquisto da parte della<br />

Posta deve ora innescare un cambio di<br />

mentalità. Il principale ambito di attività<br />

di NoTime sono i servizi «same day<br />

delivery». Questo significa per la Posta<br />

avventurarsi in un territorio nuovissimo.<br />

Ma <strong>syndicom</strong> intende assicurarsi che<br />

nessun incarico di PostLogistics sia<br />

esternalizzato a NoTime. Non è infatti<br />

ammissib<strong>il</strong>e che la Posta metta in<br />

concorrenza la sua stessa casa madre<br />

con aziende non sottoposte al CCL.<br />

L’acquisizione rappresenta per la Posta<br />

anche un ulteriore passo avanti<br />

nell’ambito della digitalizzazione. Il<br />

modello tecnologico delle piattaforme<br />

non deve accompagnarsi a condizioni di<br />

lavoro precarie. Con l’acquisizione di<br />

NoTime la Posta deve dimostrare che <strong>il</strong><br />

fattore chiave della digitalizzazione è<br />

l’innovazione, non lo sfruttamento.<br />

USS, Paul Rechsteiner lascia<br />

Dopo vent’anni alla testa dell’Unione<br />

Sindacale Svizzera (USS), Paul Rechsteiner<br />

lascerà la presidenza a fine<br />

novembre. Il suo successore sarà scelto<br />

dai delegati del congresso che si terrà<br />

dal 30 novembre al 1° dicembre.<br />

smantellamento del sistema pensionistico<br />

e per la cooperazione tra le<br />

federazioni dell’USS.<br />

Un altro mondo al FSM<br />

Nei giorni scorsi si è tenuto a Salvador<br />

de Bahia <strong>il</strong> Forum sociale mondiale<br />

(FSM), al quale ha partecipato una delegazione<br />

elvetica, con alcuni giornalisti<br />

membri di <strong>syndicom</strong>. Unica dal Ticino,<br />

Prisc<strong>il</strong>la De Lima, responsab<strong>il</strong>e della<br />

comunicazione dell’ONG Comundo.<br />

«La società civ<strong>il</strong>e è una forza politica<br />

importante – spiega Prisc<strong>il</strong>la De Lima –<br />

che però non ha così tante occasioni di<br />

incontro e scambio, rispetto ad esempio<br />

al mondo economico. Il FSM risponde<br />

soprattutto a questo bisogno, fornendo<br />

un’occasione per mostrare tutto<br />

quanto si sta facendo, da parte di moltissime<br />

persone e in moltissimi Paesi,<br />

affinché questa aspirazione verso un<br />

altro mondo si concretizzi».<br />

Colonie dei sindacati al via<br />

Sono aperte le iscrizioni alle colonie<br />

dei sindacati, un momento di aggregazione<br />

e di crescita, una vera e propria<br />

microsocietà a contatto con la natura.<br />

Ecco i turni dell’estate 2018. Per la<br />

colonia montana a Rodi, ragazzi/e da<br />

6 (2012) a 12 anni (2006), 1. Turno:<br />

venerdì 29 giugno – venerdì 13 luglio<br />

2. Turno: domenica 15 luglio – domenica<br />

29 luglio. Rette: sindacalizzati<br />

340.– / non sindacalizzati 440.–<br />

Per <strong>il</strong> campo per adolescenti a Rodi, per<br />

ragazzi/e da 13 (2005) a 15 anni (2003)<br />

1. Turno: venerdì 29 giugno – venerdì<br />

13 luglio, 2. Turno: 15 luglio – 29 luglio<br />

Rette: sindacalizzati 440.– / non<br />

sindacalizzati 540.–. Per informazioni e<br />

iscrizioni: info@coloniedeisindacati.ch,<br />

tel. 091 826 35 77. Iscrizioni al sito<br />

www.coloniedeisindacati.ch<br />

Agenda<br />

Apr<strong>il</strong>e<br />

24<br />

Assemblea ordinaria pensionati<br />

sezione Ticino e Moesano<br />

Rivera, Centro Diurno Monteceneri,<br />

ore 15.00, segue incontro con Paolo<br />

Bernasconi, avvocato. Partecipazione<br />

aperta anche ai fam<strong>il</strong>iari.<br />

28<br />

Communico Media<br />

Balle spaziali. Manuale di autodifesa<br />

dalle fake news. Con Massimo Polidoro,<br />

Carlo S<strong>il</strong>ini, Isabella Visetti. Lugano<br />

Trevano, Aula Magna SUPSI, ore 16.00.<br />

Maggio<br />

1<br />

Festa dei lavoratori<br />

Locarno<br />

3<br />

Giornata mondiale<br />

della libertà di stampa<br />

Incontro con l’attivista turca Id<strong>il</strong> Eser,<br />

in collaborazione con Amnesty International<br />

Svizzera, Lugano, ore 19.00<br />

8<br />

Servizio pubblico: dallo smantellamento<br />

alla resistenza<br />

Incontro formativo USS con interventi<br />

di Graziano Pestoni, presidente USS­TI,<br />

e Marco Forte, segretario regionale<br />

<strong>syndicom</strong> Ticino e Moesano<br />

Bellinzona, Casa del Popolo, ore 20.00.<br />

Come presidente USS, Rechsteiner ha<br />

operato per la protezione dei salari<br />

attraverso le misure di accompagnamento<br />

della libera circolazione delle<br />

persone. Si è inoltre battuto per<br />

l’innalzamento dei salari, contro lo<br />

Contatti<br />

Segretariato <strong>syndicom</strong> Ticino e<br />

Moesano, e­ma<strong>il</strong>: ticino@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

via Genzana 2, 6900 Massagno. Orari:<br />

lu e gio 8.00­12.00; ma­me­ve<br />

13.30­17.30. Tel. 058 817 19 61<br />

Fax 058 817 19 66<br />

Gruppo Pensionati Ticino e Moesano<br />

http://ig.<strong>syndicom</strong>.ch/it/pensionati/<br />

gruppo­regionale.<br />

e­ma<strong>il</strong>: ernesto.fenner@bluewin.ch<br />

Giugno<br />

9<br />

Continuazione del Congresso <strong>syndicom</strong><br />

Berna, Kursaal, ore 9.15<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/agenda


6 Dalla parte<br />

Dal 2007 Martin Camenisch è responsab<strong>il</strong>e del partenariato<br />

degli altri<br />

sociale alla Posta. Ha lavorato anche a Swisscom, PostMa<strong>il</strong>,<br />

Presto e nel management di immob<strong>il</strong>i. Ha studiato Scienze<br />

politiche e letterarie all’Università di Berna e ha l’attestato<br />

federale di specialista in assicurazioni sociali.<br />

1<br />

State ipotizzando d’introdurre<br />

modelli di orario con tempi ridotti?<br />

No. Attualmente i modelli con un<br />

orario di lavoro settimanale ridotto o<br />

altro non rappresentano un argomento<br />

concreto. Tuttavia facciamo le<br />

nostre riflessioni al riguardo, anche<br />

perché vogliamo osservare attentamente<br />

possib<strong>il</strong>i sv<strong>il</strong>uppi. Chiaro che<br />

per ogni CCL si pone la questione<br />

dell’orario settimanale, ma spesso<br />

siamo condizionati da situazioni<br />

specifiche al settore e da riflessioni<br />

economiche. Domanda interessante,<br />

soprattutto se un giorno invece di<br />

trattative salariali condurremo delle<br />

trattative sul <strong>tempo</strong>.<br />

2<br />

Come garantisce che la flessib<strong>il</strong>izzazione<br />

torni ut<strong>il</strong>e anche ai lavoratori?<br />

È un aspetto che bisogna garantire<br />

insieme all’interno del partenariato<br />

sociale. La pressione verso la flessib<strong>il</strong>izzazione<br />

aumenta sempre di più e a<br />

volte effettivamente mancano delle<br />

idee su come gestire <strong>il</strong> volume<br />

lavorativo che varia fortemente. Trovo<br />

poco efficaci sia le proposte estreme<br />

di favorire <strong>il</strong> lavoro su chiamata sia<br />

quelle che promuovono soltanto la<br />

pianificazione a lungo termine e<br />

turni fissi di servizio.<br />

3<br />

Come si conc<strong>il</strong>ia con i suoi dipendenti<br />

in caso di conflitto?<br />

La base di ogni soluzione è comunicare<br />

l’uno con l’altro ed eventualmente<br />

ricreare la base di fiducia persa.<br />

Finora in questo modo ho sempre<br />

ottenuto buoni risultati. È vero però<br />

che un dialogo costruttivo dipende<br />

anche dalla mia controparte.<br />

4<br />

I sindacati offrono una mano nell’organizzazione<br />

del <strong>tempo</strong> di lavoro?<br />

Se mi posso esprimere rivolgendovi<br />

un invito: penso di sì, giusto?<br />

Testo: Sina Bühler<br />

Foto: La Posta<br />

5<br />

Lei promuove l’impegno sindacale<br />

nell’azienda?<br />

L’argomento mi appassiona già per<br />

interesse personale. E da quel che so,<br />

le Sue colleghe e i Suoi colleghi sono<br />

molto bravi. Finora ho sempre avuto<br />

<strong>il</strong> priv<strong>il</strong>egio di incontrare partner<br />

costruttivi e dunque vivo <strong>il</strong> partenariato<br />

sociale come un arricchimento.<br />

È chiaro che non siamo sempre dello<br />

stesso avviso, ma questo fa parte del<br />

gioco – con ciò parliamo gli uni con<br />

gli altri alla ricerca di soluzioni.<br />

6<br />

Cos’è che la disturba dei sindacati?<br />

Non sarò mai soddisfatto di un<br />

risultato negoziale che sia un<strong>il</strong>aterale<br />

e che favorisca solo un determinato<br />

gruppo: così infatti abbandoniamo<br />

una parte dell’organico. Questo non è<br />

giusto – e per fortuna capita molto<br />

raramente. Ciò che mi creerebbe<br />

problemi è se singoli esponenti<br />

monopolizzassero <strong>il</strong> dibattito<br />

sindacale per imporre gli interessi<br />

propri o quelli di una determinata<br />

clientela. Questo secondo me non<br />

tornerebbe ut<strong>il</strong>e a nessuno, anzi.


L’ospite<br />

La mia gavetta giornalistica è coincisa<br />

con una scoperta: apprendere che <strong>il</strong> <strong>tempo</strong><br />

poteva essere <strong>il</strong> mio peggior nemico. Me n’ero<br />

accorta già durante l’università, quando per<br />

laurearmi nei 5 anni previsti mi sono sottoposta<br />

a sforzi erculei. Poi, la testa dura che ho ha deciso<br />

di non accontentarsi di un lavoro fisso. Sentivo<br />

di avere una certa dote di penna, volevo vivere<br />

di scrittura. Lo stage in un quotidiano italiano<br />

è calato come una mannaia sui miei sogni. Orari<br />

sballati, articoli da “cucinare” in mezz’ora, titoli<br />

da trovare in fretta e che fossero convincenti,<br />

br<strong>il</strong>lanti, tosti. Pensavo di mollare, i ritmi mi<br />

sembravano esagerati, ma ci si è messo <strong>il</strong> destino:<br />

senza cercarlo mi sono ritrovata a lavorare in<br />

un quotidiano nella sezione di cronaca locale.<br />

Non è stata la migliore esperienza della mia vita.<br />

Le questioni del piccolo territorio facevano soffrire<br />

l’umanista che è in me, non riuscivo a trovare<br />

punti di interesse in un contesto che giudicavo<br />

asfittico. Terminati i due anni, la luce in<br />

fondo al tunnel: farò la freelance, ma certo! Sceglierò<br />

i temi che più mi aggradano portandoli<br />

avanti con i miei tempi. Povera <strong>il</strong>lusa. Non che <strong>il</strong><br />

ragionamento fosse del tutto sbagliato. Scrivendo<br />

da indipendente puoi decidere, soprattutto<br />

quando sei tu a proporre alle redazioni cosa e<br />

come, quanto <strong>tempo</strong> investire su un determinato<br />

argomento. Prendiamo le recensioni dei libri.<br />

Il Super-io che non riesco mai a sconfiggere fino<br />

in fondo pretende da me che, prima di mettere<br />

mano alla stesura del testo, io abbia letto tutto <strong>il</strong><br />

libro. Peccato che la recensione di un libro anche<br />

corposo venga retribuita dai 100 ai 300 franchi,<br />

cifre irrisorie rispetto al <strong>tempo</strong> investito nella<br />

lettura. Il freelance che non voglia patire la fame,<br />

quindi, impara a essere un equ<strong>il</strong>ibrista: inserisco<br />

in agenda alcuni lavori ben retribuiti e mi lascio<br />

un po’ di <strong>tempo</strong> per le cose che mi stanno a cuore,<br />

che mi fanno crescere ma che vengono pagate<br />

poco. Ovvero: la cultura. Che, tirando le somme,<br />

è ritenuta una specie di “otium”, quando non<br />

proprio una perdita di <strong>tempo</strong>.<br />

Il <strong>tempo</strong> non è<br />

<strong>il</strong> solo nemico<br />

Terminati gli studi in Lettere moderne<br />

nel 2007, Laura Di Corcia ha iniziato a<br />

frequentare <strong>il</strong> mondo del giornalismo.<br />

Dopo un paio di esperienze all’estero<br />

(a Berlino e a Los Angeles) è ritornata<br />

nella Svizzera italiana dove collabora<br />

con diverse testate in qualità di<br />

giornalista culturale, occupandosi<br />

soprattutto di letteratura, teatro e<br />

servizi di approfondimento per <strong>il</strong><br />

«Corriere del Ticino», <strong>il</strong> settimanale<br />

«Azione», «Ticino Sette» e la radio della<br />

Svizzera italiana. Ha conseguito <strong>il</strong><br />

diploma di giornalista presso i Corsi di<br />

giornalismo della Svizzera italiana con<br />

un lavoro di approfondimento sul tema<br />

della giustizia a due velocità. Autrice di<br />

poesie, nel 2015 ha pubblicato <strong>il</strong> suo<br />

primo libro in versi, “Epica dello spreco”,<br />

presso la casa editrice Dot.com Press e<br />

quest’anno uscirà la seconda raccolta,<br />

vincitrice del Premio Rimini della critica.<br />

7


Durata del lavoro: la grande lotta per l’autonomia <strong>tempo</strong>rale<br />

Il sindacato e i ladri di <strong>tempo</strong><br />

Come <strong>il</strong> carico di lavoro nell’era digitale regola la nostra agenda<br />

Grafico: i primi 150 anni fino alla giornata lavorativa di otto ore<br />

Dossier 9<br />

<strong>Ridateci</strong><br />

<strong>il</strong> <strong>nostro</strong><br />

<strong>tempo</strong>


10 Dossier<br />

Ladri di <strong>tempo</strong> vs autonomia <strong>tempo</strong>rale:<br />

la battaglia fra durata di lavoro e civ<strong>il</strong>tà<br />

I sindacati hanno dovuto combattere tante<br />

battaglie per ottenere orari di lavoro più corti.<br />

Il <strong>tempo</strong> libero è la loro più grande conquista.<br />

Invece ora dovremmo tornare a lavorare di più.<br />

Molto di più.<br />

Testo: Oliver Fahrni<br />

Foto: Thierry Porchet<br />

Lavorare ancora solo sei ore al giorno guadagnando bene?<br />

Analizziamo un attimo questa allettante prospettiva.<br />

Il modello in effetti risale a cinquecento anni fa. Nel<br />

1518 lo statista e umanista britannico Tommaso Moro nel<br />

suo scritto «Utopia» concepì una società che distribuisce<br />

regolarmente fra tutti gli individui <strong>il</strong> lavoro da fare. In un<br />

modello così rimane parecchio <strong>tempo</strong> libero per i piaceri<br />

e per l’affinamento dell’intelletto.<br />

Moro ha ideato la sua repubblica ideale ai tempi del<br />

primo capitalismo, che contava tanti lavoratori a giornata,<br />

lavoratrici a domic<strong>il</strong>io e lavoratori agricoli. All’epoca si lavorava<br />

16 ore al giorno, 6 giorni e mezzo ogni settimana<br />

dell’anno. Dunque non meraviglia che «Utopia» nel corso<br />

dei secoli sia diventato un bestseller.<br />

500 anni dopo si sperimenta qua e là la giornata delle<br />

6 ore, quasi sempre sotto le grida lamentose dei datori di<br />

lavoro e loro economisti che evocano <strong>il</strong> declino economico.<br />

Ma gli esperimenti delle sei ore, come si fanno per<br />

esempio a Göteborg, in Svezia, dimostrano che <strong>il</strong> lavoro<br />

viene fatto, l’economia non crolla, si riducono radicalmente<br />

le assenze per malattia o esaurimento e migliora <strong>il</strong><br />

clima lavorativo. Sì, perché le persone vivono meglio. E si<br />

creano nuovi impieghi. Questi obiettivi sono almeno altrettanto<br />

rispettab<strong>il</strong>i dei profitti delle multinazionali.<br />

Perché dunque non lavorare ancora di meno? Nella<br />

«Città del sole» (1623) dell’esponente del primo socialismo<br />

Campanella le persone si guadagnano da vivere con<br />

quattro ore di lavoro. Moro e Campanella poggiavano le<br />

loro idee su una lunga tradizione: in tutte le società sognate<br />

dai tempi della Bibbia la riduzione dell’orario di lavoro<br />

ha sempre ricoperto un ruolo centrale. Ciò non può essere<br />

un caso. È evidente quindi che lavorare di meno è da sempre<br />

un sogno universale dell’umanità.<br />

E i sogni non sono ancora finiti. Nel 1973, nel romanzo<br />

di Michael Ende «Momo», un bambino va a riprendere <strong>il</strong><br />

«<strong>tempo</strong>» che era stato rubato dai «ladri di <strong>tempo</strong>». Il racconto<br />

prosegue prospettando un mondo dove «ognuno<br />

può riprendersi per ogni cosa tutto <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> di cui ha bisogno<br />

e che vuole dal momento che adesso ce n’è di nuovo a<br />

sufficienza».<br />

Autonomia <strong>tempo</strong>rale vs <strong>tempo</strong> rubato<br />

In tutti questi progetti si tratta di liberare l’uomo dall’obbligo<br />

di dover prestare una quantità eccessiva di lavoro.<br />

Questa pressione deriva da una minaccia economica: chi<br />

si sottrae a questo regime lavorativo rischia di cadere in<br />

povertà. O quanto meno in un sistema economico e sociale<br />

che si basa su questa costrizione.<br />

Ma ciò che stimola le persone da sempre è <strong>il</strong> desiderio<br />

di non passare tutto <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> della vita a occuparsi della<br />

sola sopravvivenza. Dunque avere più <strong>tempo</strong> libero per<br />

cose più importanti del lavoro, come i figli, gli amici, lo<br />

sport, l’esplorazione del mondo, le conoscenze, o per l’affinamento<br />

artistico e spirituale. Non importa per cosa.<br />

Noi la chiamiamo autonomia <strong>tempo</strong>rale. La padronanza<br />

del proprio <strong>tempo</strong> è un indice di misurazione della libertà,<br />

presupposto per ogni autodeterminazione. Marx parlava<br />

del «<strong>tempo</strong> come spazio per lo sv<strong>il</strong>uppo umano».<br />

Il <strong>tempo</strong> libero dunque è un diritto. Ma solo pochi, che<br />

godono di condizioni particolarmente favorevoli, ce la<br />

fanno a gestire la propria autonomia lavorativa. La maggior<br />

parte di noi purtroppo vive l’esperienza che nemmeno<br />

<strong>il</strong> «<strong>tempo</strong> libero» è davvero libero. Infatti l’economia ci<br />

lega ben oltre <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> orario di lavoro. Quello che facciamo<br />

nel <strong>nostro</strong> quotidiano al di fuori del lavoro sottostà<br />

sempre di più a modelli di consumo non da noi determinati.<br />

Nei tempi digitali ancor di più. «Noi siamo la tua vita,<br />

la tua intera vita», afferma Google nelle sue pubblicazioni.<br />

Senza che nessuno ce lo chieda ci accolliamo sempre più<br />

lavori che prima venivano svolti nell’azienda o da un ente<br />

amministrativo, fino al design della merce, alla pianificazione<br />

strategica dei sistemi di trasporto e al training di<br />

macchine automatiche di comunicazione (Bots), dunque<br />

dell’intelligenza artificiale che le azienda impiegano.<br />

Il <strong>tempo</strong> libero non è un lusso individuale bensì un<br />

progetto collettivo<br />

Di questi compiti non sapevamo nulla e non ci hanno<br />

chiesto di firmare nessun contratto. Quello che invece conosciamo<br />

molto bene è la perenne mancanza di <strong>tempo</strong>.<br />

Essa è la condizione che domina la società moderna. Negli<br />

Anni Novanta i sociologi hanno coniato <strong>il</strong> termine «benessere<br />

<strong>tempo</strong>rale», per descrivere orari di lavoro ridotti. Ma<br />

oggi la frase più frequente è «non ho <strong>tempo</strong>».<br />

Se stessimo dietro ai datori di lavoro, questa frase diventerebbe<br />

<strong>il</strong> mantra del <strong>nostro</strong> secolo. Nella battaglia per<br />

<strong>il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>tempo</strong> essi ultimamente hanno aperto un grosso<br />

fronte: vogliono sconfinare <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>tempo</strong> di lavoro. 150<br />

anni è durata la tendenza verso orari di lavoro ridotti e più<br />

ferie. Per farla breve: abbiamo raggiunto la settimana del-<br />

Siamo qui<br />

soltanto per<br />

lavorare<br />

oppure siamo<br />

davvero<br />

evoluti?


11<br />

le 40 ore. Teoricamente. Di fatto <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> di lavoro effettivamente<br />

prestato sta aumentando. Adesso l’Unione delle<br />

arti e mestieri chiede la settimana di 50 ore come norma<br />

legale. Il liberalismo vuole smantellare la misurazione e <strong>il</strong><br />

controllo dell’orario di lavoro. Imprenditori digitali attaccano<br />

i contratti collettivi e le norme protettive del diritto<br />

del lavoro. E continuano ad esternalizzare sempre più lavoro<br />

verso piattaforme, crowdworking e telelavoro.<br />

Se i datori di lavoro vinceranno questa battaglia sarebbe<br />

una rottura storica. E forse soltanto a quel punto ci renderemo<br />

conto che l’autonomia <strong>tempo</strong>rale non è un lusso<br />

individuale bensì un progetto collettivo.<br />

Nelle discussioni attuali, come per esempio <strong>il</strong> tentativo<br />

dei datori di lavoro di estendere <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> di lavoro, con<br />

più ore settimanali, più lavoro di sabato, domenica e di<br />

notte, spesso viene dimenticata una connessione elementare:<br />

l’autonomia <strong>tempo</strong>rale è un presupposto per avere la<br />

pace sociale, <strong>il</strong> progresso e la scienza.<br />

La domanda cruciale è: lavoriamo solo (per la paga e la<br />

sopravvivenza) oppure siamo una società civ<strong>il</strong>izzata? Nella<br />

storia ogni civ<strong>il</strong>tà si è sempre preoccupata di avere, una<br />

volta risolto <strong>il</strong> problema economico di base (produzione<br />

sufficiente), abbastanza agio e <strong>tempo</strong> per tutte quelle cose<br />

di cui una società ha realmente bisogno dopo che ha mangiato<br />

e si è procurata un tetto sopra la testa.<br />

La vera storia dei sindacati<br />

Quasi dappertutto essere padroni del proprio <strong>tempo</strong> libero<br />

era prerogativa di una minoranza che non era esposta<br />

alle necessità economiche. Ed è qui che comincia la vera<br />

storia del movimento dei lavoratori e dei sindacati: una<br />

battaglia per una doppia emancipazione dell’essere umano.<br />

Liberazione dalla povertà e dai bisogni economici. E<br />

con ciò anche liberazione da un regime che ci sottrae <strong>il</strong><br />

<strong>nostro</strong> <strong>tempo</strong>.<br />

Ci sono voluti centinaia di scioperi e molte agitazioni<br />

nelle fabbriche per trasformare la settimana lavorativa dei<br />

sei giorni e mezzo in quella dei 5. Lo sciopero generale del<br />

1918 ha rivendicato la giornata lavorativa di otto ore. Il risultato<br />

fu, attorno al 1930, la settimana di 48 ore in quasi<br />

tutte le aziende. Un enorme progresso rispetto agli orari<br />

di lavoro infiniti (anche per i bambini) dell’Ottocento,<br />

dove questi erano stati solo leggermente contenuti dalle<br />

leggi sulle fabbriche a Glarona e a Zurigo. Il <strong>nostro</strong> grafico<br />

alla pagina 15 <strong>il</strong>lustra l’evoluzione cronologica del <strong>tempo</strong><br />

di lavoro in Svizzera.<br />

In genere, la riduzione dell’orario di lavoro è stata <strong>il</strong><br />

risultato di un gioco di alternanza tra legge e contratti collettivi<br />

di lavoro, ma c’è da dire che ad oggi la legge è molto<br />

indietro rispetto ai CCL (vedi pagina 14). In genere i datori<br />

di lavoro si sono ribellati contro orari di lavoro ridotti o<br />

più ferie. Diversamente che per <strong>il</strong> salario, che in alcuni<br />

anni è stato aumentato quasi senza obiezioni, ogni minuto<br />

di <strong>tempo</strong> libero in più è stato strappato con forza ai proprietari<br />

dell’industria.<br />

Il motivo di questo risiede meno nelle cifre economiche<br />

oggettive che non nel rapporto di base tra lavoro e capitale:<br />

i datori di lavoro insistono a voler disporre del <strong>nostro</strong><br />

<strong>tempo</strong> di vita. Nella durata del lavoro si riflette<br />

esattamente <strong>il</strong> momentaneo rapporto di forza tra noi e i<br />

datori di lavoro. Nella riduzione del <strong>tempo</strong> di lavoro i sindacati<br />

usano un forte argomento economico: la produttività<br />

in crescita. Infatti se i lavoratori in meno <strong>tempo</strong> creano<br />

più prodotti o servizi, allora è più che giusto ottenere<br />

giornate di lavoro più corte o più ferie. Una lunga serie di<br />

dati economici lo dimostra: l’accorciamento degli orari di<br />

lavoro ha sempre condotto a una maggiore produttività.<br />

Il timore di un’ulteriore intensificazione del lavoro<br />

Che la produttività sia in aumento o no, dal 2002 gli elettori<br />

hanno bocciato la settimana delle 36 ore, <strong>il</strong> prepensionamento<br />

flessib<strong>il</strong>e e l’iniziativa che chiedeva sei settimane<br />

di ferie, e a volte con quote altissime di No. Ma cosa<br />

succede agli svizzeri, si è chiesta la stampa estera. Il presidente<br />

dell’USS Paul Rechsteiner in un’intervista di otto<br />

anni fa ha affermato: «Per ora l’agenda non prevede nessuna<br />

riduzione del <strong>tempo</strong> di lavoro».<br />

Evidentemente la questione della durata del lavoro<br />

non è così semplice. Già <strong>il</strong> termine richiede una prima precisazione:<br />

qui si parla della durata del lavoro salariato,<br />

cioè del <strong>tempo</strong> che lavoriamo in cambio di uno stipendio.<br />

Il resto è considerato <strong>tempo</strong> libero. Ma l’apparenza ingan-


na. Affinché una società funzioni, serve molto più lavoro.<br />

Per esempio nell’educazione e nell’assistenza (faccende<br />

domestiche, cure ecc.). Su 7,3 m<strong>il</strong>iardi di ore lavorate pagate<br />

in Svizzera ce ne sono altre 8,3 m<strong>il</strong>iardi non retribuite<br />

che si dividono in maniera non paritaria fra i sessi: infatti<br />

sono le donne a prestare la maggior parte di questo lavoro<br />

non pagato.<br />

Ma c’è un doppio nesso in relazione alla necessità di ridurre<br />

<strong>il</strong> <strong>tempo</strong> di lavoro: da una parte potrebbe essere uno stimolo<br />

per distribuire in maniera più equa <strong>il</strong> lavoro non retribuito<br />

fra i due sessi. Dall’altra parte però ci sono anche<br />

lavoratori a <strong>tempo</strong> pieno, soprattutto uomini, che vorrebbero<br />

lavorare di meno, come emerge da diversi sondaggi.<br />

Ma dal lavoro salariato, totalmente sopravvalutato nella<br />

società, essi traggono legittimazione e identità. Il lavoro<br />

salariato ha due facce. Talvolta viene vissuto come un obbligo,<br />

forse anche violento, ma dall’altra anche come luogo<br />

dove ci si realizza.<br />

Tuttavia con una sofferenza sempre maggiore a causa<br />

delle mutate condizioni. Negli ultimi anni i duri metodi<br />

manageriali hanno estremamente intensificato <strong>il</strong> lavoro,<br />

in tutti i settori. Il ritmo si è accelerato, <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> effettivo<br />

di lavoro è stato esteso, <strong>il</strong> controllo inasprito. Lo stress e la<br />

fatica fisica sono stati accompagnati dalla perdita di tante<br />

piccole forme di autodeterminazione delle tradizionali<br />

forme lavorative.<br />

Il carico di lavoro<br />

Sempre più flessib<strong>il</strong>izzato dal 1980 (vedi pagina 14), <strong>il</strong> confine<br />

tra <strong>tempo</strong> di lavoro e <strong>tempo</strong> libero diventa sempre più<br />

lab<strong>il</strong>e. I datori di lavoro pensano che la rivoluzione digitale<br />

permetta loro di distruggere <strong>il</strong> progresso sociale raggiunto<br />

in 150 anni. Marc Rezzonico descrive (pagina 13)<br />

come vengono aboliti i contratti di lavoro garantiti a favore<br />

del telelavoro e delle piattaforme e come diventi sempre<br />

più diffic<strong>il</strong>e delimitare la durata del lavoro. Nel capitalismo<br />

classico valeva: lo stipendio retribuisce una determinata<br />

durata del lavoro. Nell’era digitale, l’incarico da svolgere<br />

diventa la misura. Ma siccome <strong>il</strong> rapporto di forza di<br />

Poter disporre del<br />

<strong>nostro</strong> <strong>tempo</strong> senza<br />

coercizione economica<br />

è la misura<br />

della nostra libertà<br />

un’economia delle piattaforme protende molto a favore<br />

del committente, l’orario di lavoro misurato dal carico di<br />

lavoro aumenterà in modo velocissimo.<br />

Queste sono le nuove sfide che si pone <strong>il</strong> sindacato:<br />

guadagnare per i lavoratori una maggiore autonomia <strong>tempo</strong>rale.<br />

Nei contratti collettivi di lavoro vanno fissate delle riduzioni<br />

del <strong>tempo</strong> di lavoro. Già solo per creare nuovi impieghi<br />

(come è riuscita la Francia con la settimana delle 35<br />

ore). Obiettivo: distribuire meglio <strong>il</strong> lavoro salariato in<br />

calo dell’economia 4.0. E questo deve avvenire senza abbassamenti<br />

di stipendio. Ecco perché è importante includere<br />

in un contratto di lavoro universale <strong>il</strong> più gran numero<br />

possib<strong>il</strong>e di forme lavorative. La parte più diffic<strong>il</strong>e:<br />

<strong>syndicom</strong> deve rendere misurab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> carico di lavoro per<br />

metterlo in rapporto con <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> per effettuarlo. E tutto<br />

considerato, alla fin della fiera Tommaso Moro in confronto<br />

aveva molte meno difficoltà.<br />

https://<strong>syndicom</strong>.ch/it/tematiche/dossier/digitalizzazionedel-posto-di-lavoro/salute/


Dossier<br />

L’orario di lavoro è morto.<br />

Lunga vita al carico di lavoro!<br />

13<br />

Con le nuove tecnologie, <strong>il</strong> lavoro insegue i<br />

lavoratori anche al di fuori dei classici luoghi<br />

e orari di lavoro. Come regolare, come<br />

riconoscere, come contab<strong>il</strong>izzare <strong>il</strong> lavoro del<br />

terzo m<strong>il</strong>lennio, in piena rivoluzione digitale?<br />

È necessario un cambio di paradigma.<br />

Testo: Marc Rezzonico<br />

Con l’avvento della digitalizzazione parecchie nozioni e<br />

norme relative al mondo del lavoro diventano piuttosto<br />

vaghe e tendono a confondersi. Per un numero sempre<br />

crescente di dipendenti, <strong>il</strong> “luogo di lavoro” non è più così<br />

chiaramente definito e osc<strong>il</strong>la da qualche parte tra casa e<br />

ufficio. Il “contratto di lavoro” non contiene più le abituali<br />

condizioni e garanzie.<br />

Ma soprattutto, <strong>il</strong> parametro “orario di lavoro”, così fondamentale<br />

affinché ognuno possa definire, nel limite del<br />

possib<strong>il</strong>e, la sua “work-life balance” sembra aver improvvisamente<br />

inghiottito <strong>il</strong> suo “alter ego”, ovvero <strong>il</strong> “<strong>tempo</strong><br />

libero”, per occupare pienamente i giorni di attività degli<br />

attivi (compresi i fine settimana e le vacanze).<br />

Fusione tra vita privata e professionale invece di equ<strong>il</strong>ibrio:<br />

confusione totale!<br />

Se non si separano più la vita privata e quella professionale,<br />

ma si confondono e mixano insieme (blending), come<br />

possono lo Stato o i sindacati elaborare dei modelli di lavoro<br />

per l’economia digitale continuando a includere <strong>il</strong><br />

parametro “orario di lavoro”? Le cose si complicano…<br />

Cosa fare?<br />

Per trovare delle basi concettuali ed elaborare nuove leggi<br />

sul lavoro, alcuni paesi europei hanno attivato gruppi di<br />

riflessione (come <strong>il</strong> WRR nei Paesi Bassi), dei think tank<br />

dell’industria 4.0 (Germania), dei piani d’azione (come<br />

Digital Belgium), dei piani strategici digitali (Regno Unito)<br />

o ancora dei rapporti sulla trasformazione digitale<br />

(come <strong>il</strong> rapporto Mettling in Francia). La Danimarca ha<br />

persino appena nominato <strong>il</strong> primo “ambasciatore tech” al<br />

mondo inventando al con<strong>tempo</strong> la #techplomacy!<br />

Ma i risultati di questi lavori si fanno aspettare. L’unica<br />

certezza, già che ci siamo, è che essi non proverranno dalla<br />

Svizzera, visto che <strong>il</strong> Consiglio federale ha approvato nel<br />

2017 un rapporto sulla situazione della quarta rivoluzione<br />

industriale mantenendo la sua posizione del… 2016. Ovvero:<br />

la Confederazione non interverrà direttamente o finanziariamente<br />

o creando un servizio amministrativo ad<br />

hoc nel processo di digitalizzazione dell’economia.<br />

Sappiamo in che direzione guardare?<br />

La fusione tra sfera privata e professionale, blending o<br />

blurring in inglese, non è altro che <strong>il</strong> modello di lavoro che<br />

ha fatto l’orgoglio di Google e di altre società nella S<strong>il</strong>icon<br />

Valley. È un dare per avere: <strong>il</strong> datore di lavoro può esigere<br />

una maggiore flessib<strong>il</strong>ità dal suo staff grazie alle libertà<br />

che concede loro.<br />

Questa libertà è un’<strong>il</strong>lusione, come mostra <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> dossier.<br />

In realtà, l’abolizione della distinzione tra <strong>tempo</strong> di<br />

lavoro e <strong>tempo</strong> libero modifica ulteriormente i rapporti di<br />

forza a favore dei padroni.<br />

Essendo <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> di lavoro non più determinante, è naturale<br />

che al centro della questione si collochi <strong>il</strong> “carico di<br />

lavoro”. Ma come si misura <strong>il</strong> carico di lavoro?<br />

Secondo l’ANACT (Agenzia nazionale francese per <strong>il</strong> miglioramento<br />

delle condizioni di lavoro), <strong>il</strong> carico di lavoro<br />

può esser misurato con un modello tridimensionale: <strong>il</strong><br />

prescritto (quantitativo e qualitativo), <strong>il</strong> reale (tutto ciò<br />

che effettivamente implementano gli individui e i collettivi)<br />

e <strong>il</strong> soggettivo (la valutazione che i dipendenti fanno del<br />

proprio carico di lavoro).<br />

Questo modello non è che una proposta, ma mostra chiaramente<br />

che <strong>il</strong> problema del “<strong>tempo</strong> di lavoro”, nell’economia<br />

digitale, dev’essere ripensato completamente.<br />

Se i sindacati vogliono plasmare <strong>il</strong> lavoro nell’industria<br />

4.0, nella rivoluzione numerica, devono incorporare <strong>il</strong> parametro<br />

del “carico di lavoro” nelle loro considerazioni e<br />

strategie, anche se continuano a battersi per un “<strong>tempo</strong> di<br />

lavoro” minore o più adeguato.<br />

https://www.anact.fr/10-questions-sur-la-charge-de-trava<strong>il</strong>


14<br />

Dossier<br />

Sgobbare fino a crollare.<br />

La flessib<strong>il</strong>izzazione è una truffa.<br />

Mentre si sperimentano con successo forme<br />

di orario lavorativo ridotto, i datori di lavoro<br />

attaccano <strong>il</strong> modello sociale. Pretendono<br />

gli straordinari e <strong>il</strong> dissolvimento del confine<br />

fra lavoro e <strong>tempo</strong> libero. Gratis.<br />

Testo: Oliver Fahrni<br />

Cosa mai si può avere contro la flessib<strong>il</strong>izzazione? Il termine<br />

stesso suggerisce una certa libertà. È piacevole poter<br />

accumulare ore di straordinario a marzo per poi poter<br />

prendere qualche giornata libera a maggio e domani mattina<br />

mi presento al lavoro più tardi perché voglio parlare<br />

con la maestra di mia figlia.<br />

Non bisogna essere ingenui. Nella maggior parte delle<br />

aziende quando si parla di flessib<strong>il</strong>ità, le nostre necessità<br />

non hanno alcuna importanza. La flessib<strong>il</strong>ità serve principalmente<br />

all’impresa per adeguare <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> lavoro a una<br />

gestione aziendale interna possib<strong>il</strong>mente redditizia (per<br />

esempio adattandolo alla situazione degli ordini) per ridurre,<br />

fra le altre incombenze, i costi salariali e per incrementare<br />

celatamente l’orario di lavoro.<br />

L’entità del <strong>nostro</strong> orario e <strong>il</strong> ritmo in cui viene svolto<br />

<strong>il</strong> <strong>nostro</strong> lavoro (turni, ecc.) sottostanno al rapporto di forza<br />

fra lavoro e capitale. Alla fine è sempre la ditta a decidere<br />

quando dovrò lavorare, quando dovrò fare straordinari<br />

e se a maggio davvero potrò recuperare <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> investito<br />

in precedenza. La flessib<strong>il</strong>izzazione del lavoro è <strong>il</strong> nuovo<br />

grande gioco che appassiona i datori di lavoro. In sostanza,<br />

si cerca di commercializzare <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> lavoro con meno<br />

regole possib<strong>il</strong>i (che ci tutelano). Per realizzare questa visione,<br />

gli economisti hanno inventato dozzine di formule<br />

differenti. L’orario di lavoro flessib<strong>il</strong>e con ore di base fisse<br />

è una delle forme più moderate. Con <strong>il</strong> sistema di banca<br />

delle ore (per esempio con previsione e organizzazione annuale)<br />

si lavora solo se la ditta ha bisogno di noi. Con questa<br />

pratica, in teoria <strong>il</strong>legale, veniamo caricati di una parte<br />

del rischio d’impresa. L’orario di lavoro basato sul raggiungimento<br />

del risultato più che sulla presenza e sulle<br />

effettive ore prestate è spesso una forma di truffa, «di fatto<br />

un prolungamento degli orari di lavoro senza alcuna compensazione<br />

<strong>tempo</strong>rale o economica», afferma Christa<br />

Herrmann, ricercatrice sui temi del lavoro. Con l’orario di<br />

lavoro flessib<strong>il</strong>e, le maggiorazioni salariali decadono.<br />

Questo tipo di orario viene spesso combinato con la creazione<br />

di veri e propri blocchi di produzione, come per<br />

esempio nelle forme lavorative affini al toyotismo. Se alle<br />

imprese questi modelli di flessib<strong>il</strong>izzazione interna non<br />

bastano, fanno ricorso al lavoro a chiamata o all’outsourcing,<br />

l’esternalizzazione che oggi è una forma d<strong>il</strong>agante di<br />

flessib<strong>il</strong>izzazione. Oggi, in quasi tutte le imprese svizzere<br />

si implementa una combinazione fra diverse forme di outsourcing,<br />

input di lavoro flessib<strong>il</strong>e e ritmo di lavoro elevato.<br />

È <strong>il</strong> risultato della riorganizzazione neoliberale iniziata<br />

in Svizzera negli Anni Ottanta. I neoliberali mirano a distruggere<br />

la protezione normativa e sindacale del lavoro.<br />

Il loro sogno è crescita e profitto senza lavoro. Un’<strong>il</strong>lusione,<br />

dato che solamente <strong>il</strong> lavoro reale crea valore. Da allora<br />

i proprietari d’impresa non spartiscono più i profitti<br />

produttivi, una distribuzione che un <strong>tempo</strong> rappresentava<br />

la base del partenariato sociale. Conseguenza: i salari ristagnano,<br />

i costi salariali diminuiscono costantemente in<br />

tutti i settori e le discrepanze salariali e patrimoniali aumentano<br />

a dismisura. Perciò i contratti collettivi di lavoro<br />

sono così importanti. Con <strong>il</strong> dettagliato mercanteggiare<br />

delle forme di organizzazione <strong>tempo</strong>rale, delle pause,<br />

dell’organizzazione dei turni, delle eccezioni e degli adeguamenti<br />

dei tempi lavorativi ecc., si assicura che noi possiamo<br />

pianificare in maniera affidab<strong>il</strong>e <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> orario<br />

lavorativo e <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> <strong>tempo</strong> libero.<br />

La legge sul lavoro svizzera è inadeguata, perché è talmente<br />

indulgente da permettere quasi tutto ciò che possa<br />

rallegrare gli azionari. Ciononostante, i datori di lavoro<br />

oggi tentano di neutralizzare anche le rimanenti tutele. La<br />

loro agenda presenta tre punti fondamentali: l’incremento<br />

dell’orario di lavoro, l’abolizione del controllo degli<br />

orari lavorativi e l’indebolimento dei contratti di lavoro.<br />

Lo scopo strategico principale è di fatto l’eliminazione<br />

della separazione fra orario lavorativo e <strong>tempo</strong> libero, ampliando<br />

così <strong>il</strong> potere dispositivo sui lavoratori. Secondo<br />

gli scopi imprenditoriali, la legge dovrebbe essere modificata<br />

in modo da poter obbligare i lavoratori a un maggior<br />

carico di lavoro senza compenso. L’obiettivo ultimo è l’esternalizzazione<br />

del lavoro attraverso nuove forme di lavoro<br />

da casa (crowdworking, ecc.) senza rispettare le norme<br />

sull’orario di lavoro. Ai sindacati spetterà un duro lavoro.<br />

Il loro scopo dovrà essere quello di ridurre sensib<strong>il</strong>mente<br />

l’orario di lavoro normale per meglio distribuire su tutti <strong>il</strong><br />

lavoro digitalizzato.<br />

Legge sul lavoro: https://www.seco.admin.ch/seco/it/home/Arbeit/<br />

Arbeitsbedingungen/Arbeitsgesetz-und-Verordnungen.html<br />

Fotoreportage<br />

L’immagine sul frontespizio, le foto dalla pagina 8 a 14 e<br />

la piccola immagine nell’Indice sono state scattate dal<br />

fotografo vodese Thierry Porchet, che ha ideato una messa<br />

in scena molto impegnativa: ha invitato <strong>il</strong> plur<strong>il</strong>avoratore<br />

Bernard Fière, che nella sua vita ha anche già fatto <strong>il</strong><br />

sommozzatore industriale, ad immergersi in una vasca dei<br />

bagni termali di Yverdon-les-Bains la mattina presto.<br />

Per Porchet, rinomato maestro nel suo ramo nella Svizzera<br />

francese, <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> è una materia in movimento, come l’aria o<br />

l’acqua. Nelle sue immagini si fondono <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> di lavoro e <strong>il</strong><br />

<strong>tempo</strong> libero.<br />

Ringraziamo Laure Favre, responsab<strong>il</strong>e marketing dei bagni di<br />

Yverdon, per la collaborazione.<br />

Per vedere i lavori di Thierry Porchet: image21.ch


Il <strong>tempo</strong> libero dal lavoro salariato è un diritto. Tempo per la famiglia, per la<br />

cultura, per <strong>il</strong> dolce far niente, per la vita e gli impegni sociali.<br />

Questo <strong>tempo</strong> libero è stato ottenuto attraverso numerose battaglie ed è la<br />

nostra conquista più importante.<br />

15<br />

La lotta per <strong>il</strong> <strong>tempo</strong> libero<br />

1864:<br />

12 ore<br />

Legge sul<br />

lavoro, Glarona<br />

1871:<br />

10,5 ore<br />

Industria<br />

meccanica<br />

1917:<br />

sett. da 59 ore<br />

Legge federale<br />

1920:<br />

sett. da 48 ore<br />

In diverse<br />

categorie<br />

1815:<br />

12–14 ore<br />

Zurigo lavoro<br />

minor<strong>il</strong>e<br />

1848:<br />

15 ore<br />

Glarona<br />

1870:<br />

10 ore<br />

Tipografi,<br />

orologiai<br />

1877:<br />

11 ore<br />

Legge<br />

federale<br />

1899:<br />

10 ore<br />

Rivendicazione<br />

del 1° maggio<br />

1909:<br />

8 ore<br />

Tipografi<br />

1918:<br />

sett. da 48 ore<br />

Rivendicazione<br />

sciopero nazionale<br />

1830: 1900 2010<br />

1930:<br />

sett. da 48 ore<br />

Diventa comune<br />

1958:<br />

sett. da<br />

46 ore<br />

CCL FLMO<br />

4500 ore all’anno 2700 1931<br />

1959:<br />

44 ore<br />

Iniziativa USS<br />

Legge: 46–50 ore<br />

1963:<br />

sett. da 44 ore<br />

CCL industria<br />

meccanica<br />

1971:<br />

44 ore e oltre<br />

Il 50 % lavora<br />

di più<br />

1971:<br />

sett. da 40 ore<br />

Iniziativa POCH,<br />

bocciata nel 1976<br />

1983:<br />

sett. da 40 ore<br />

Iniziativa USS<br />

1979:<br />

sett. da 40 ore<br />

Contratto<br />

tipografi<br />

1988:<br />

sett. da 40 ore<br />

CCL MEM<br />

2010:<br />

sett. da 41,6 ore<br />

Orario di lavoro reale<br />

Fonte: Dizionario storico della Svizzera<br />

Il <strong>tempo</strong> lavorato è quella parte del <strong>nostro</strong> <strong>tempo</strong> vitale che mettiamo a disposizione di un imprenditore<br />

in cambio di uno stipendio. Non lo facciamo volontariamente. Con <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> lavoro stipendiato ci paghiamo<br />

da vivere e tutto ciò ad esso correlato, come la previdenza per la vecchiaia o la formazione dei nostri<br />

figli. Nella durata del lavoro si mostra, senza veli, <strong>il</strong> rapporto di forza tra lavoro e capitale. Dall’Ottocento i<br />

lavoratori sono riusciti a conquistare <strong>il</strong> dimezzamento del <strong>tempo</strong> lavorato. Da 15 ore giornaliere a 8 ore al<br />

giorno. Dalla settimana di 6 giorni e mezzo ai 5 giorni attuali. Dal nulla a 5 settimane di ferie.<br />

© Infografica: Tom Hübscher e Lars Weiss, tnt-graphics<br />

Ecco quante ore lavoriamo la settimana<br />

Occupazione a <strong>tempo</strong> pieno<br />

Francia<br />

Finlandia<br />

Italia<br />

Svezia<br />

Spagna<br />

Germania<br />

Svizzera<br />

Gran Bretagna<br />

Grecia<br />

Fonte: Cifre Eurostat, UST per <strong>il</strong> 2016<br />

* Eurostat<br />

37,6<br />

37,9<br />

38,2<br />

38,7<br />

39,1<br />

40,3<br />

UST 41,2 42,8*<br />

42,8<br />

30 32 34 36 38 40 42 44<br />

44,6<br />

In Svizzera si lavora più lungo che altrove, molto oltre le<br />

40 ore a settimana per un lavoro a <strong>tempo</strong> pieno. Più che in<br />

Germania per esempio, e addirittura una mezza giornata in<br />

più che in Francia. Ma non è finita qui: la tendenza attuale<br />

sta infatti andando verso un prolungamento degli orari di<br />

lavoro. Nel 2017 <strong>il</strong> numero delle ore effettivamente prestate è<br />

salito di nuovo per la prima volta in tanti anni.<br />

Ecco quanto si lavora all’anno<br />

Numero di ore di lavoro in media per persona occupata<br />

Germania<br />

Francia<br />

Svizzera<br />

Spagna<br />

Giappone<br />

Italia<br />

USA<br />

Russia<br />

Grecia<br />

Fonte: OCSE, 2014 (cifre del 2012)<br />

1393<br />

1479<br />

1619<br />

1666<br />

1745<br />

1752<br />

1790<br />

1982<br />

0 500 1000 1500 2000<br />

2034<br />

Il numero delle ore annuali lavorate varia fortemente da<br />

Paese a Paese. Questo non dipende solo dai giorni di ferie.<br />

Le notevoli differenze evidenziano anche la distribuzione<br />

estremamente ingiusta del lavoro salariato. Se i laboriosi<br />

tedeschi e svizzeri hanno meno ore, questo riflette anche la<br />

crescita degli impieghi a <strong>tempo</strong> parziale che spesso sono<br />

una sottoccupazione non voluta, soprattutto per le donne.


16<br />

Dalle<br />

professioni<br />

La Svizzera non è<br />

un caso speciale.<br />

Svegliamoci!<br />

In Svizzera si vive bene. Quasi sempre<br />

e quasi tutti. Con stupore osserviamo<br />

come tre quarti degli italiani vogliono<br />

trasformare <strong>il</strong> proprio paese in Trumpistan,<br />

nonostante <strong>il</strong> governo di sinistra<br />

abbia riportato un po’ di crescita.<br />

Con orrore vediamo come in Germania<br />

cresce la povertà dei salariati – e<br />

con essa la AfD. Perplessi guardiamo<br />

la velocità con la quale <strong>il</strong> presidente<br />

francese smantella le 35 ore, <strong>il</strong> servizio<br />

pubblico e la sicurezza sociale. Si è rimessa<br />

in moto la macchina neoliberale.<br />

E la Svizzera è salva? Le apparenze<br />

ingannano. I liberali sfruttano lo scandalo<br />

di AutoPostale per incentivare<br />

una nuova onda di privatizzazioni.<br />

L’Unione svizzera delle arti e mestieri<br />

vuole farci lavorare 50 ore a settimana,<br />

Avenir Suisse vuole far fuori i CCL e<br />

l’AVS. Alle FFS, Posta, Swisscom e SSR<br />

sono in corso massicci programmi di<br />

risparmio.<br />

Ma c’è un’altra cosa che ci accomuna<br />

all’Italia, alla Germania e alla Francia:<br />

sia là che qua i sindacati sono diventati<br />

la maggior forza per difendere<br />

<strong>il</strong> progresso sociale.<br />

Fine dell’id<strong>il</strong>lio: <strong>il</strong> PRL e l’UDC approfittano dello scandalo di AutoPostale per sferrare un nuovo<br />

attacco al servizio pubblico. (© La Posta)<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/divisioni/logistica<br />

Basta con <strong>il</strong> dumping<br />

salariale: l’Unione<br />

sindacale di Berna ci<br />

indica la strada<br />

Il dumping salariale è <strong>il</strong>legale e perverso<br />

per tre motivi: primo perché i salari<br />

bassi spingono i lavoratori in miseria,<br />

due perché all’economia viene sottratto<br />

potere d’acquisto e tre perché le assicurazioni<br />

sociali perdono i contributi.<br />

E infine perché <strong>il</strong> dumping salariale<br />

crea terreno fert<strong>il</strong>e a xenofobi e UDC<br />

per rovesciare i nostri rapporti istituzionalizzati<br />

con i vicini europei.<br />

Le aziende organizzano questa frode<br />

salariale attraverso le catene dei subappalti.<br />

Un mandato viene affidato<br />

ad una ditta la quale lo riaffida a terzi.<br />

Queste catene possono variare in lunghezza.<br />

Ad ogni passaggio viene prelevato<br />

un po’ di profitto e fatta pressione<br />

sul prezzo. Alla fine di questa catena<br />

quello che rimane sono salari da fame.<br />

Anche le aziende pubbliche si servono<br />

di queste pratiche. L’Unione sindacale<br />

del canton Berna ora vuole impedirlo<br />

per mezzo di un’iniziativa popolare.<br />

Per tutti gli incarichi che in futuro<br />

verranno concessi nell’ambito degli<br />

acquisti pubblici l’azienda appaltatrice<br />

deve eseguire essa stessa l’incarico.<br />

A stipendi CCL.<br />

Quest’iniziativa è semplice, efficace,<br />

giusta. Imitate, gente, imitate!<br />

www.fairerwettbewerb.ch


«La cancellazione a Swisscom di quasi 1400 impieghi<br />

in due anni è da imputare al Consiglio federale» Giorgio Pardini<br />

17<br />

Impieghi distrutti per i bonus<br />

e <strong>il</strong> ricco dividendo dello Stato<br />

Nel 2018 Swisscom deve risparmiare 100 m<strong>il</strong>ioni di franchi,<br />

700 impieghi andranno in fumo, nonostante gli ut<strong>il</strong>i m<strong>il</strong>iardari.<br />

Lo esige l’azionista di maggioranza, lo Stato, che vuol spremere<br />

la propria azienda. Un’idea davvero bizzarra di servizio pubblico.<br />

Cresce <strong>il</strong> malcontento. Volano parole<br />

pesanti. Ribolle la resistenza. Lo scorso<br />

quattro apr<strong>il</strong>e, quando all’assemblea<br />

generale s’incontreranno gli<br />

azionisti del gruppo Swisscom, la direzione,<br />

ma soprattutto l’azionista maggioritario,<br />

ovvero lo Stato, dovrà arrivare<br />

ben armato. Diversi azionisti<br />

infatti non accettano più che Swisscom<br />

nel 2018 attui un programma di<br />

risparmio ancor più severo, sacrificando<br />

altri 700 impieghi. E questo con un<br />

risultato aziendale di 4,3 m<strong>il</strong>iardi e un<br />

guadagno netto di 1,57 m<strong>il</strong>iardi di<br />

franchi. Già nel 2017 <strong>il</strong> gigante ICT ha<br />

cancellato 684 posti di lavoro. Giorgio<br />

Pardini, che dirige <strong>il</strong> settore ICT a <strong>syndicom</strong>,<br />

parla di «una strategia basata<br />

sul rendimento a danno del personale».<br />

Per gli anni dal 2018 al 2020 Swisscom<br />

ha portato l’obiettivo di risparmio<br />

da 60 a 100 m<strong>il</strong>ioni di franchi.<br />

All’anno… Senza una reale necessità,<br />

qui si sta distruggendo del lavoro e <strong>il</strong><br />

grande know-how dei dipendenti. Il<br />

gruppo sta bene, l’indebitamento è<br />

modesto, la sostanza è enorme, e Swisscom<br />

nel 2017 è riuscita a investire<br />

quasi 2.400 m<strong>il</strong>ioni in nuove infrastrutture.<br />

Procede a ritmo serrato la<br />

diffusione della fibra ottica e viene<br />

messa in produzione la 5G. Gli organi<br />

<strong>syndicom</strong> esige di ridurre la pressione nei<br />

confronti del personale di Swisscom. (© Swisscom)<br />

specialistici ICT definiscono la rete<br />

«eccezionale» nel confronto internazionale.<br />

Addirittura la cassa pensione<br />

registra un 5% di rendimento.<br />

Swisscom è talmente in salute che periodicamente<br />

risveglia voglie di privatizzazione:<br />

l’ultima risale al 2016. Che<br />

nella strategia del risparmio l’obiettivo<br />

sia quello di aumentare le rendite lo<br />

dimostra <strong>il</strong> rapporto tra due parametri:<br />

in presenza di margini in calo, di<br />

un mercato molto competitivo e di un<br />

giro d’affari stab<strong>il</strong>e (11,7 m<strong>il</strong>iardi),<br />

Swisscom è quasi riuscita a mantenere<br />

<strong>il</strong> suo ut<strong>il</strong>e netto. E continua a pagare<br />

lo stesso dividendo. Ed è proprio qui<br />

che subentra la critica del sindacato.<br />

Pardini considera <strong>il</strong> Consiglio federale<br />

primo responsab<strong>il</strong>e di questa continua<br />

distruzione di posti di lavoro. La<br />

Confederazione detiene <strong>il</strong> 51%delle<br />

azioni. Questo significa che nel 2017<br />

sono stati pagati 600 m<strong>il</strong>ioni di dividendi.<br />

Swisscom è una vacca grassa<br />

che <strong>il</strong> Consiglio federale vuole continuare<br />

a mungere. Esso nel mansionario<br />

ha imposto al gruppo un mantenimento<br />

di questi numeri, se non un<br />

loro aumento. Anno dopo anno, gli<br />

obiettivi non fanno altro che essere alzati.<br />

E <strong>il</strong> Parlamento approva s<strong>il</strong>ente. Il<br />

fatto che un’azienda di servizio pubblico<br />

licenzi dei dipendenti o non li<br />

sostituisca, per mantenere alti i profitti,<br />

secondo Pardini «va al di là di ogni<br />

ragionevolezza». Ed è chiaro che non<br />

ha voluto usare altri termini.<br />

«Qui, come alla Posta o alle FFS, si<br />

pone un problema politico di fondo: <strong>il</strong><br />

primo dovere di un’azienda pubblica<br />

non può essere quello di fare più soldi<br />

possib<strong>il</strong>i. Al centro ci deve essere <strong>il</strong> servizio<br />

da rendere alla collettività». Concretamente:<br />

ampliamento dell’infrastruttura,<br />

prezzi ragionevoli, una<br />

strategia sulla digitalizzazione a lungo<br />

termine. E internamente, commenta<br />

Pardini, «serve un’ampia offensiva di<br />

perfezionamento». Oggi <strong>il</strong> sindacato è<br />

soddisfatto di essere riuscito a ottenere<br />

un miglioramento del piano sociale<br />

2013. I tagli all’organico riguardano<br />

soprattutto gente esperta. Pardini:<br />

«Insieme alla pressione crescente, dovuta<br />

ai nuovi sistemi manageriali, si è<br />

messa in moto una spirale verso <strong>il</strong> basso.<br />

Urge un allentamento di questa<br />

pressione al risparmio!».<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/divisioni/telecom/swisscom<br />

Il <strong>nostro</strong> <strong>tempo</strong><br />

vale di più<br />

La Svezia sta sperimentando la giornata<br />

lavorativa di 6 ore a salario pieno<br />

con risultati soddisfacenti. La produttività<br />

non è scesa – anzi, la riduzione<br />

dell’orario di lavoro favorisce la prestazione<br />

lavorativa e le persone sono<br />

più in salute, più motivate e si registrano<br />

meno giorni di assenze e malattia.<br />

I datori di lavoro devono sì assumere<br />

più personale, con <strong>il</strong> relativo costo, in<br />

cambio però sale la produttività e<br />

scendono le spese per le indennità di<br />

disoccupazione, per i sussidi sociali e<br />

la malattia. E rimane più spazio per <strong>il</strong><br />

<strong>tempo</strong> libero e gli obblighi d’assistenza<br />

fam<strong>il</strong>iare.<br />

Elinor Odeberg, del sindacato svedese<br />

Kommunal, al congresso delle donne<br />

USS di gennaio ha tuttavia ribadito che<br />

la riduzione dell’orario di lavoro o <strong>il</strong> lavoro<br />

part-time forzato non possono essere<br />

le uniche risposte all’abdicazione<br />

degli uomini nelle faccende domestiche.<br />

Delle ricerche hanno dimostrato<br />

che <strong>il</strong> radicamento dei ruoli tradizionali<br />

fa sì che anche con un reddito<br />

sim<strong>il</strong>e siano sempre le donne ad assumersi<br />

<strong>il</strong> lavoro d’assistenza non retribuito,<br />

accettando anche di lavorare a<br />

<strong>tempo</strong> parziale. Il congresso delle<br />

donne USS, al quale hanno partecipato<br />

20 donne iscritte a <strong>syndicom</strong>, ha<br />

approvato una risoluzione che chiede<br />

«al massimo 35 ore per un impiego a<br />

<strong>tempo</strong> pieno invece della trappola del<br />

<strong>tempo</strong> parziale».<br />

Patrizia Mordini è responsab<strong>il</strong>e per le pari<br />

opportunità e membro del Comitato Direttivo


18<br />

Dalle<br />

professioni<br />

«Perché all’improvviso <strong>il</strong> modello Ats non va più bene?»<br />

Sciopero Ats: « Non siamo qui<br />

per generare profitti!»<br />

Mentre stiamo scrivendo questo articolo, lo sciopero della<br />

redazione Ats è «sospeso». Ora vi spieghiamo perché l’Agenzia<br />

telegrafica svizzera è così importante per i media, la democrazia<br />

e la popolazione di questo paese.<br />

L’inizio di questa tragedia risale a<br />

mesi fa. Anzi, è iniziata anche prima,<br />

quando le case editrici hanno deciso<br />

che in futuro avrebbero fatto grandi<br />

affari con la loro Agenzia di stampa<br />

svizzera Ats.<br />

Adesso la malagestione dei proprietari<br />

sta mettendo a rischio l’esistenza<br />

dell’ultima e più longeva agenzia<br />

di stampa. Vogliono distruggere 36<br />

impieghi su 150 a <strong>tempo</strong> pieno. Un<br />

quarto della redazione. E così l’agenzia<br />

non potrà più svolgere le sue funzioni.<br />

Chi garantirà ai media svizzeri <strong>il</strong><br />

servizio informativo universale con<br />

notizie dall’interno e dal mondo, inerenti<br />

a politica, economia, sport e cultura?<br />

Insieme ai giornalisti licenziati<br />

se ne vanno tanto sapere, know-how<br />

ed esperienza.<br />

In cima alla lista nera sono stati<br />

messi soprattutto i più anziani, che<br />

guadagnano di più dei freschi laureati.<br />

I proprietari non hanno previsto dei<br />

prepensionamenti decenti. D’altronde<br />

per anni è stata pagata l’assicurazione<br />

contro la disoccupazione, ha<br />

commentato in maniera arrogante <strong>il</strong><br />

Ceo dell’Ats Markus Schwab in un’intervista.<br />

Adesso ai licenziati ci devono<br />

pensare l’ufficio regionale di collocamento<br />

e i contribuenti. Alcuni dei<br />

giornalisti finiranno anche all’ufficio<br />

dell’assistenza sociale.<br />

La spina dorsale della libera<br />

informazione<br />

L’Agenzia telegrafica svizzera è nata<br />

quasi 125 anni fa, <strong>il</strong> 1° gennaio 1895,<br />

come reazione alle posizioni dominanti<br />

sul mercato svizzero delle agenzie<br />

di stampa estere. Essa appartiene a<br />

diverse aziende mediatiche. I maggiori<br />

azionisti sono Tamedia, <strong>il</strong> gruppo<br />

NZZ, la SSR e l’associazione degli editori<br />

romandi «Médias Suisses». I proprietari<br />

più grandi dell’Ats sono anche<br />

i suoi più importantii clienti – ed è qui<br />

che casca l’asino.<br />

Fino a poco <strong>tempo</strong> fa l’Ats era finanziariamente<br />

in salute. Con l’arrivo<br />

dei giornali gratuiti e dei media online<br />

aveva acquisito nuovi clienti. Non doveva<br />

pagare nessuna rendita. Così stava<br />

scritto nelle sue linee guida. Perché<br />

l’Ats era un servizio comune che garantiva<br />

un flusso d’informazione indipendente.<br />

Una forma di servizio pubblico<br />

di cruciale importanza per la<br />

formazione dell’opinione pubblica in<br />

una democrazia. Siccome l’Ats non<br />

doveva versare dividendi, durante vari<br />

decenni è riuscita ad accumulare venti<br />

m<strong>il</strong>ioni di franchi di riserve.<br />

230m<strong>il</strong>a comunicati l’anno<br />

L’importanza di questo servizio informativo<br />

è cresciuta insieme al calo della<br />

stampa di qualità. Dove gli editori<br />

rimpiccioliscono, accorpano e riducono<br />

all’osso le loro redazioni, è chiaro<br />

che diminuiscono le prestazioni dei<br />

relativi giornali. I buchi vengono colmati<br />

con materiale d’agenzia. L’Ats divulga<br />

230m<strong>il</strong>a comunicati all’anno,<br />

L’importanza del<br />

servizio informativo<br />

è cresciuta<br />

insieme al calo<br />

della stampa di qualità<br />

prodotti con accurate ricerche, plurigarantiti<br />

e ove possib<strong>il</strong>e neutrali.<br />

In questo modo formano <strong>il</strong> servizio<br />

universale della Svizzera con notizie<br />

e approfondimenti. Circa <strong>il</strong> 30 per<br />

cento della corrispondenza nei quotidiani<br />

si basa su testi dell’Ats integrati<br />

o leggermente ritoccati. Nei giornali<br />

gratuiti come «Le Matin» e «20 minutes»,<br />

appartenenti a Tamedia, nella<br />

Svizzera francese rappresentano addirittura<br />

<strong>il</strong> 50 per cento degli articoli.<br />

Online viene caricato tanto materiale<br />

Ats tale quale. Tranne la sigla dell’autore<br />

(Ats) che spesso viene «dimenticata».<br />

Gli editori continuano a risparmiare.<br />

Ma perché all’improvviso <strong>il</strong><br />

modello Ats non va più bene? Appunto<br />

perché le case editrici sono allo stesso<br />

<strong>tempo</strong> sue proprietarie e clienti.<br />

In qualità di proprietari da anni conoscono<br />

soltanto un’unica strategia<br />

per i loro mezzi di informazione: licenziare<br />

giornalisti, ridurre i compensi<br />

dei fotografi, accorpare giornali e ut<strong>il</strong>izzare<br />

gli articoli due, tre, quattro o se<br />

possib<strong>il</strong>e dieci volte senza passare alla<br />

cassa. Loro lo chiamano «content management».<br />

E in qualità di clienti<br />

dell’Ats fanno la stessissima cosa: rifiutano<br />

di pagare le nuove tariffe.<br />

Grandi canti bulgari<br />

Senza sconti fonderebbero una nuova<br />

agenzia meno cara, la «Bulgaria». Ecco<br />

le minacce soprattutto dei media NZZ<br />

e AZ-Medien. L’idea era di esternalizzare<br />

<strong>il</strong> lavoro a «ex profughi che hanno<br />

vissuto abbastanza a lungo in Germania<br />

per sapere la lingua e che ora sono<br />

tornati a casa loro nell’Europa<br />

dell’Est», queste le voci alla correzione<br />

di bozze del gruppo NZZ che già pratica<br />

questo modo di lavorare.<br />

Ma di quest’agenzia concorrenziale<br />

probab<strong>il</strong>mente non se ne farà più<br />

nulla. Il 30 ottobre 2017 è stata annunciata<br />

la fusione con l’agenzia fotografica<br />

Keystone – in con<strong>tempo</strong>ranea con<br />

le dimissioni del redattore capo dell’Ats<br />

Bernard Maissen.<br />

Il Ceo, Markus Schwab, all’improvviso<br />

ha cominciato a parlare di 1,8 m<strong>il</strong>ioni<br />

di franchi di deficit, accumulatisi<br />

a causa degli sconti concessi ai clienti<br />

l’anno passato. E ha messo in guardia


«L’Ats è in debito soltanto con i suoi azionisti» Markus Schwab<br />

19<br />

Chi ruba <strong>il</strong> <strong>nostro</strong><br />

<strong>tempo</strong>?<br />

Una lista in tre punti<br />

I padroni ci sottraggono <strong>il</strong> lavoro<br />

Nel settore dei media ricchi imprenditori<br />

licenziano in massa o chiudono<br />

intere aziende: <strong>il</strong> consiglio d’amministrazione<br />

dell’ats vuole mandare a<br />

casa un quarto della redazione, e la<br />

casa editrice Ringier per fine anno<br />

farà sparire dalla faccia della terra la<br />

sua tipografia di Adligensw<strong>il</strong>.<br />

Il conflitto sul lavoro richiede molto<br />

impegno<br />

Di questo ne sanno qualcosa le colleghe<br />

e i colleghi impegnati nella redazione<br />

ats. Da oltre due mesi si stanno<br />

infatti difendendo dalle decisioni<br />

devastanti dei vertici aziendali e <strong>il</strong><br />

30 gennaio sono entrati in sciopero.<br />

Dopo quattro giorni sono riusciti a costringere<br />

<strong>il</strong> consiglio d’amministrazione<br />

a raggiungere <strong>il</strong> tavolo delle trattative.<br />

Da allora lo sciopero è stato<br />

solamente sospeso; questo conflitto<br />

non è però ancora concluso.<br />

Il giornalismo ha i suoi tempi<br />

L’informazione richiede <strong>tempo</strong>. Non<br />

fa eccezione la nuova <strong>rivista</strong> online Republik.<br />

I preziosi articoli preziosi e i<br />

gli approfondimenti ci <strong>il</strong>luminano e ci<br />

forniscono materiale su cui riflettere.<br />

Ma solo in collaborazione con <strong>il</strong> servizio<br />

universale mediatico dell’ats, che<br />

fornisce agli altri media notizie attendib<strong>il</strong>i,<br />

verificate e a tutto campo da<br />

ogni parte del paese, i giornali, i media<br />

online, i canali radio tv possono adempiere<br />

al loro mandato informativo.<br />

Stephanie Vonarburg è vicepresidente di <strong>syndicom</strong><br />

e responsab<strong>il</strong>e settore Stampa e media elettronici<br />

che nei prossimi due anni andava risparmiato<br />

un quarto degli impieghi.<br />

Poi le cose sono precipitate: a dicembre<br />

è stato reso noto che dalla «nuova»<br />

Ats ci si aspettava che versasse dei dividendi<br />

agli azionisti. Schwab: «L’Ats è<br />

in debito soltanto con i suoi azionisti».<br />

Un cambio di paradigma: finora si<br />

era sempre concepita l’agenzia di<br />

stampa come un’azienda non orientata<br />

al profitto. Anziché presentare apertamente<br />

la vera struttura dei costi,<br />

come chiesto dai dipendenti l’8 dicembre<br />

in una risoluzione, Schwab a<br />

gennaio ha fatto spedire le lettere di<br />

licenziamento.<br />

L’Ats è una sorta<br />

di servizio pubblico,<br />

essenziale per la<br />

nostra democrazia<br />

E allora i diretti interessati sono<br />

passati all’azione. Durante diverse assemblee<br />

di redazione <strong>il</strong> personale si è<br />

organizzato, ha formulato richieste<br />

alla direzione e ha reso pubblici questi<br />

modi di fare e queste pratiche. Ma la<br />

direzione e <strong>il</strong> consiglio d’amministrazione<br />

hanno negato loro un colloquio.<br />

Peggio ancora: per finire di spremere<br />

ben bene <strong>il</strong> limone, le grandi<br />

case mediatiche (Tamedia e NZZ) hanno<br />

preteso l’esborso delle riserve di<br />

ut<strong>il</strong>i prima della fusione con Keystone.<br />

Sciopero con grande risonanza<br />

Il 23 gennaio i membri della redazione<br />

hanno attuato un’astensione d’avvertimento<br />

di tre ore e <strong>il</strong> 30 gennaio sono<br />

entrati ufficialmente in sciopero. È<br />

giunto e sta tuttora arrivando un grande<br />

sostegno dalle altre redazioni e dalla<br />

politica.<br />

Solo i responsab<strong>il</strong>i hanno fatto<br />

orecchie da mercante. Solo dopo quattro<br />

giorni di sciopero con l’appoggio<br />

dei sindacati a Berna, Zurigo e Losanna<br />

<strong>il</strong> consiglio d’amministrazione si è<br />

finalmente scomodato e ha raggiunto<br />

<strong>il</strong> tavolo delle trattative.<br />

Editori verso una strada senza uscita<br />

Dal 2 febbraio lo sciopero è sospeso,<br />

ma non terminato. I giornalisti e le<br />

giornaliste dell’Ats continuano a ricevere<br />

tanta solidarietà e continuano ad<br />

esprimere la propria opinione. Hanno<br />

scritto lettere aperte ai membri del<br />

consiglio di amministrazione, hanno<br />

provato a negoziare condizioni migliori<br />

e <strong>il</strong> 5 marzo hanno presenziato all’ora<br />

delle domande al Parlamento per<br />

convincere i politici sul loro impegno<br />

a favore del mantenimento dell’Ats.<br />

Più va avanti <strong>il</strong> conflitto, più concreti<br />

diventano i piani di distruzione dei<br />

proprietari dell’Ats. Mentre infatti i dipendenti<br />

si preoccupano davvero per<br />

<strong>il</strong> futuro della loro agenzia e cercano di<br />

studiare un miglior piano sociale per i<br />

colleghi licenziati, <strong>il</strong> consiglio di amministrazione<br />

e la direzione si ritirano<br />

nuovamente nei loro fortini.<br />

È arrivata l’ora di liberare l’Ats da questa<br />

catena dell’orientamento al profitto.<br />

Una minuscola quota del canone di<br />

circa 2 m<strong>il</strong>ioni di franchi permetterebbe<br />

a breve termine una piccola pausa<br />

per continuare a garantire <strong>il</strong> servizio<br />

base dell’Ats nelle tre lingue. <strong>syndicom</strong><br />

invita la politica a porre le relative<br />

basi prima che sia troppo tardi. (Nina<br />

Scheu).<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/divisioni/stampa


20<br />

Dalle<br />

professioni<br />

«Oggi assistiamo a un ritorno al passato del lavoro a cottimo:<br />

l’uberizzazione ne è un esempio» Matteo Antonini<br />

Pianificazione<br />

del <strong>tempo</strong> di lavoro,<br />

lanciato un sondaggio<br />

C’era una volta <strong>il</strong> Medioevo, durante <strong>il</strong><br />

quale come valore non si riconosceva<br />

<strong>il</strong> <strong>tempo</strong>, ma l’atto, <strong>il</strong> prodotto o l’oggetto<br />

(lavoro a cottimo). Poi con le conquiste<br />

sociali <strong>il</strong> lavoro a cottimo è stato<br />

via via sostituito dal <strong>tempo</strong> di lavoro<br />

che è assurto in seguito a valore-norma.<br />

Se <strong>il</strong> lavoro a cottimo non è mai<br />

sparito dal codice delle obbligazioni,<br />

oggi assistiamo pure a un clamoroso<br />

ritorno al passato e l’uberizzazione del<br />

mondo del lavoro ne è un esempio.<br />

Quello che risulta ancora più preoccupante<br />

è per contro la pressione messa<br />

su questo valore-norma tramite la produttività:<br />

l’aumento delle malattie<br />

professionali riconosciute ne sono<br />

una diretta conseguenza. A questa<br />

problematica si aggiungono le nuove<br />

forme di lavoro imposte quali <strong>il</strong> lavoro<br />

interinale o la sottoccupazione. La<br />

pianificazione “à la minute” del <strong>tempo</strong><br />

di lavoro fa emergere in differenti<br />

settori delle nuove problematiche<br />

quali <strong>il</strong> precariato economico o la diffic<strong>il</strong>e<br />

conc<strong>il</strong>iazione tra vita professionale<br />

e privata. Come organizzazione,<br />

abbiamo la responsab<strong>il</strong>ità di affrontare<br />

queste sfide. In questo senso e per<br />

la prima volta, un sondaggio è stato<br />

lanciato fra <strong>il</strong> personale della distribuzione<br />

per meglio comprendere le dimensioni<br />

del fenomeno e permetterci<br />

di svolgere un’analisi più approfondita<br />

per poi definire le rivendicazioni<br />

atte a migliorare la situazione.<br />

Matteo Antonini è membro del Comitato Direttivo<br />

e responsab<strong>il</strong>e del Settore Logistica<br />

Successo dei negoziati<br />

salariali nel settore<br />

delle telecomunicazioni<br />

I sindacati rivendicano aumenti dell’1,5%,<br />

<strong>syndicom</strong> ha ottenuto l’1,1% nel settore ITC.<br />

La congiuntura è in rialzo. Le finanze pubbliche stanno<br />

meglio di quanto previsto dai governi. Si sta di nuovo parlando<br />

di rincaro, i premi per le casse malattia esplodono.<br />

In questo contesto, i sindacati dell’USS rivendicano aumenti<br />

generali fino all’1,5% nonché pagamenti una tantum.<br />

Nel settore delle telecomunicazioni, o ICT, <strong>syndicom</strong><br />

ha svolto bene la sua missione, negoziando e ottenendo<br />

aumenti medi pari all’1,1%.<br />

In dettaglio: con Swisscom <strong>syndicom</strong> ha concordato per<br />

<strong>il</strong> 2018 un aumento salariale dell’1,1% per i dipendenti assoggettati<br />

al CCL. Questo aumento dipende dalle loro prestazioni<br />

e dalla collocazione del loro stipendio nella fascia<br />

salariale, con un aumento salariale minimo dello 0,5%<br />

all’anno per la maggiorparte dei lavoratori.<br />

A Cablex <strong>il</strong> risultato negoziale prevede un aumento della<br />

massa salariale dell’1,1% nel 2018. Il salario in base agli<br />

obiettivi (raggiunti) dei dipendenti di Cablex viene aumentato<br />

di 960 franchi/anno. Questo corrisponde a un aumento<br />

salariale mens<strong>il</strong>e fino a 80 franchi a partire dal 1° apr<strong>il</strong>e<br />

2018. Il restante aumento salariale verrà versato nell’apr<strong>il</strong>e<br />

2019 con la partecipazione al risultato aziendale.<br />

Quanto a UPC, che sta attraversando un momento diffic<strong>il</strong>e,<br />

<strong>syndicom</strong> si è limitato ad approvare un congelamento<br />

dei salari a condizioni che UPC si dichiari disposta a rinunciare<br />

a dei tagli all’organico.<br />

In compenso, Sunrise e <strong>syndicom</strong> hanno concordato un<br />

aumento dell’1% dei salari, e questo dopo aver anche concluso<br />

un nuovo CCL 2018-2021.<br />

Trasparenza salariale,<br />

cerchiamo la... tassa<br />

Il Consiglio degli Stati, fortezza del masch<strong>il</strong>ismo, ha deciso<br />

a inizio mese di rispedire in commissione un progetto che<br />

mira a imporre alle imprese la trasparenza salariale. L’obiettivo<br />

del progetto era combattere le persistenti ineguaglianze<br />

salariali tra gli uomini e le donne. Disparità che<br />

sussistono nonostante <strong>il</strong> diritto a un pari salario sia ancorato<br />

nella Costituzione da ben 37 anni e la legge sulla parità<br />

in vigore da 22.<br />

L’8 marzo, per la Festa mondiale dei diritti delle donne,<br />

da noi c’era dunque ben poco da festeggiare. In compenso<br />

lo stesso giorno <strong>il</strong> governo francese ha annunciato di voler<br />

ridurre lo scarto salariale del 9% esistente tra uomini e donne<br />

per un lavoro di pari valore. E questo grazie a un semplice...<br />

software che sarà distribuito alle aziende per scoprire<br />

le differenze salariali non giustificate.<br />

Le imprese avranno tre anni per eliminare questi scarti<br />

salariali altrimenti dal 2022 rischiano una multa che può<br />

arrivare fino all’1% della massa salariale.<br />

Non sarebbe una soluzione anche per la Svizzera? La<br />

sanzione finanziaria non è certo una novità in Svizzera,<br />

basti pensare alla tassa sul CO 2<br />

(chi inquina paga) o a quella<br />

sulle sigarette, a quella sull’esenzione dal servizio m<strong>il</strong>itare<br />

o a quella per<br />

i vig<strong>il</strong>i del fuoco, e<br />

così via. Il problema<br />

di fondo non<br />

verrebbe risolto,<br />

ma l’applicazione<br />

almeno sarebbe<br />

uguale per<br />

tutti...<br />

Alla manifestazione<br />

dell’8 marzo a Berna.<br />

(© <strong>syndicom</strong>)<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/divisioni/telecom<br />

https://ig.<strong>syndicom</strong>.ch/it/donne


«Vogliamo una Posta al servizio di tutti o una grande azienda<br />

che deve riempire le casse federali?»<br />

21<br />

«Adesso deve<br />

uscire tutta<br />

la verità sulla<br />

Posta!»<br />

Il presidente di <strong>syndicom</strong><br />

Daniel Münger parla dello<br />

scandalo AutoPostale, degli<br />

enormi profitti e dell’ipocrisia<br />

del Parlamento.<br />

La polizia federale indaga e i politici<br />

chiedono le dimissioni dell’amministratrice<br />

delegata delle Poste Susanne<br />

Ruoff. <strong>syndicom</strong> invece non lo fa.<br />

Daniel Münger, per caso avete le mani<br />

legate a causa del partenariato sociale?<br />

Ma che sciocchezza! Attualmente* la<br />

Signora Ruoff semplicemente non<br />

rappresenta per noi <strong>il</strong> problema più<br />

urgente. Il dibattito sulla sua persona<br />

è solo un tentativo per distrarre da<br />

argomenti molto più importanti per <strong>il</strong><br />

futuro della Posta e del servizio pubblico.<br />

Ma ora deve uscire la verità, tutta<br />

la verità, su AutoPostale e la Posta.<br />

Completamente. Non si può truffare<br />

l’amministrazione pubblica. Ottenere<br />

delle sovvenzioni con l’inganno è<br />

inammissib<strong>il</strong>e.<br />

Evidentemente AutoPostale SA ha<br />

agito come fanno di norma i complessi<br />

aziendali: ha nascosto degli ut<strong>il</strong>i<br />

con dei trucchi contab<strong>il</strong>i…<br />

Ecco, ora ci avviciniamo già di più al<br />

nocciolo del problema. A quanto sappiamo<br />

finora, ad AutoPostale nessuno<br />

si è arricchito personalmente. Sembra<br />

che questi trucchetti siano stati applicati<br />

per far ottenere dei vantaggi all’azienda.<br />

Ma questo fa emergere una<br />

contraddizione fondamentale. Da una<br />

parte ci si aspetta che la Posta fornisca<br />

ampie prestazioni pubbliche fino<br />

all’ultimo angolo del <strong>nostro</strong> paese.<br />

Questo è giusto, perché è importantissimo<br />

per i clienti, la Svizzera e la sua<br />

coesione. Dall’altra parte si chiede al<br />

gruppo postale di versare grossi profitti<br />

all’azionista, dunque allo Stato. Ora,<br />

è ragionevole pretendere che anche un<br />

servizio pubblico funzioni in maniera<br />

economicamente efficiente. Ma davvero<br />

per riempire le casse statali deve<br />

comportarsi come una multinazionale<br />

che smantella i servizi, preme sui<br />

salari, peggiora le condizioni di lavoro,<br />

trucca le cifre ed esternalizza interi<br />

rami aziendali, per sottrarli al CCL?<br />

Sinceramente non mi pare sia la strada<br />

maestra.<br />

Il capo dell’Ufficio federale dei<br />

trasporti afferma di essere «scioccato<br />

da questa mentalità errata rivolta al<br />

profitto» presente ad AutoPostale.<br />

Però lo stesso signore vuole sottrarre<br />

alla tutela salariale svizzera i conducenti<br />

di passaggio per poter abbassare<br />

gli stipendi. Lui è come quei parlamentari<br />

che adesso fanno finta di essere<br />

sorpresi mentre invece erano ben presenti<br />

quando hanno approvato le direttive<br />

riguardo agli ut<strong>il</strong>i da produrre.<br />

Sembra quasi che lei voglia difendere<br />

<strong>il</strong> management della Posta...<br />

No no, anzi. Noi lottiamo contro lo<br />

smantellamento degli uffici postali e i<br />

licenziamenti. Abbiamo sempre criticato<br />

<strong>il</strong> peggioramento delle condizioni<br />

di lavoro, le esternalizzazioni e molto<br />

altro. E comunque i nostri iscritti ne<br />

avrebbero ancora di cose da dire su<br />

come viene condotta AutoPostale.<br />

E sugli stipendi esorbitanti della<br />

Signora Ruoff e dei vertici della Posta<br />

e dei bonus sempre più alti...<br />

Infatti. Un Management di questo tipo<br />

all’interno della Posta è <strong>il</strong> risultato<br />

della stessa logica: è assurdo e fatale<br />

per la Svizzera gestire un servizio pubblico<br />

così importante puntando alla<br />

massimizzazione del profitto come un<br />

gruppo industriale. Ma qui la responsab<strong>il</strong>ità<br />

è del proprietario, e dunque<br />

dello Stato.<br />

Questi trucchi contab<strong>il</strong>i li ha fatti<br />

solo AutoPostale? Lei oggi crede<br />

ancora alle cifre sulla presunta<br />

mancanza di remuneratività degli<br />

uffici postali?<br />

Diciamo così: da quando la Posta ha<br />

rinnovato le basi dei suoi calcoli riguardanti<br />

gli uffici postali, questi ultimi<br />

risultano meno produttivi di prima.<br />

E qui <strong>il</strong> sospetto ti viene. A noi oggi serve<br />

una trasparenza sui costi. Una verità<br />

sui costi sia per gli uffici postali che<br />

per AutoPostale: noi vogliamo sapere<br />

quanto costa realmente un ch<strong>il</strong>ometro<br />

percorso da un postale. E che spese reali<br />

risultano dagli uffici postali.<br />

Ma così non rischia di fornire<br />

argomenti ai fautori di una privatizzazione?<br />

Ci sarà sempre un’impresa<br />

privata che poi dirà: noi queste<br />

prestazioni le forniamo ad un prezzo<br />

inferiore.<br />

Sì certo, a salari da dumping, con lunghi<br />

orari di lavoro pericolosi e con<br />

sempre meno sicurezza per i conducenti<br />

e i passeggeri. Guardi cosa succede<br />

se si applica questa logica. Talvolta<br />

si assiste a condizioni da Far West. Bisogna<br />

sapere cosa si vuole. Vogliamo<br />

una Posta che sia al servizio della comunità,<br />

che fornisca in maniera eccellente<br />

questo paese, oppure vogliamo<br />

un m<strong>il</strong>iardo di ut<strong>il</strong>i? Vogliamo una<br />

buona rete di trasporto pubblico, una<br />

deviazione del traffico da privato a<br />

pubblico e condizioni di lavoro corrette?<br />

Oppure vogliamo <strong>il</strong> dumping salariale,<br />

gente disoccupata e paesaggi distrutti?<br />

La civ<strong>il</strong>izzazione a costo zero<br />

non esiste. È arrivata l’ora di darci una<br />

risposta chiara e di studiare e applicare<br />

una strategia globale.<br />

Una strategia per Autopostale?<br />

Per AutoPostale, ma anche un concetto<br />

per la rete degli uffici postali e una<br />

strategia per l’intera Posta. È un’azienda<br />

fantastica, con dipendenti che si<br />

danno un sacco da fare, affidab<strong>il</strong>i e<br />

puntuali. Deve finire lo sfruttamento<br />

selvaggio di questo <strong>nostro</strong> fiore all’occhiello.<br />

Basta con la r<strong>il</strong>evazione del<br />

<strong>tempo</strong> nella distribuzione dei pacchi,<br />

la cancellazione delle pause e i prolungamenti<br />

sottobanco degli orari, basta<br />

con la pressione <strong>tempo</strong>rale, con la frustrazione<br />

e l’avarizia negli stipendi. E<br />

che fine ha fatto una strategia credib<strong>il</strong>e<br />

sulla digitalizzazione? A volte immagino<br />

la Posta del futuro. Una Posta<br />

che offre un enorme programma di<br />

formazione anziché peggiorare le condizioni<br />

di lavoro. Una Posta moderna,<br />

tutta concentrata sui servizi e sulla<br />

collettività da servire. Questo sì che sarebbe<br />

un vero asso nella manica per la<br />

Svizzera.<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/divisioni/servizi-postali-efinanziari


22 Politica<br />

Servizio pubblico, tra<br />

liberismo e resistenza<br />

Nell’ultimo secolo, <strong>il</strong> servizio<br />

pubblico ha costituito la<br />

spina dorsale della Svizzera.<br />

Ferrovie, strade, Posta,<br />

telecomunicazioni, ma anche<br />

informazione (e in futuro<br />

istruzione, accesso alla rete,<br />

acqua) sono essenziali per la<br />

coesione nazionale di un<br />

Paese complesso come <strong>il</strong><br />

<strong>nostro</strong>. Ecco perché bisogna<br />

opporsi allo smantellamento<br />

sistematico del servizio<br />

pubblico postale, come<br />

spiega Graziano Pestoni nel<br />

suo ultimo libro, “La privatizzazione<br />

della Posta svizzera.<br />

Origine, ragioni, conseguenze”.<br />

In queste pagine ospitiamo<br />

la prefazione di Daniel<br />

Münger e un estratto del<br />

volume, edito da <strong>syndicom</strong> e<br />

dalla Fondazione Pellegrini-<br />

Canevascini.<br />

Testo: Redazione<br />

Foto: Florian Aicher<br />

Il servizio pubblico è una forma di<br />

proprietà collettiva. Come una volta<br />

le terre comuni, le common land. Il<br />

servizio pubblico e le prime assicurazioni<br />

sociali sono stati inventati<br />

originariamente dai pensatori<br />

dell’<strong>il</strong>luminismo borghese. Essi<br />

avevano capito che la democrazia<br />

può funzionare soltanto se tutte le<br />

persone di una società godono di<br />

una sicurezza elementare e dell’accesso<br />

ai servizi pubblici. La percentuale<br />

più ricca della Svizzera non ha<br />

bisogno di scuole, ospedali pubblici,<br />

di nessuna rete ben servita di<br />

trasporto pubblico e di nessun<br />

ufficio postale nelle vicinanze.<br />

Queste cose, i ricchi se le organizzano<br />

privatamente. La stragrande<br />

maggioranza degli svizzeri, però,<br />

per la propria esistenza dipende<br />

dall’AVS, dall’AD e dall’assicurazione<br />

malattia, come pure da un<br />

servizio pubblico ampio ed efficiente.<br />

I sindacati e la socialdemocrazia<br />

hanno lottato a favore di conquiste<br />

come l’AVS, che era già una rivendicazione<br />

ai tempi dello sciopero<br />

generale del 1918. I servizi pubblici<br />

e la sicurezza sociale non sono delle<br />

fissazioni socialiste: sono proprietà<br />

collettiva di tutti noi, i commons,<br />

come si dice oggi. Sono la base su<br />

cui poggia <strong>il</strong> <strong>nostro</strong> modello di<br />

I servizi pubblici e<br />

la sicurezza sociale<br />

sono proprietà<br />

collettiva: appartengono<br />

a tutti noi<br />

società, così come la pace sociale<br />

nel <strong>nostro</strong> paese. E questa base viene<br />

sistematicamente smantellata da<br />

anni, come descrive dettagliatamente<br />

<strong>il</strong> libro di Graziano Pestoni “La<br />

privatizzazione della Posta svizzera.<br />

Origine, ragioni, conseguenze”.<br />

Gli effetti della privatizzazione<br />

Fino a metà degli Anni Novanta –<br />

scrive Pestoni – le grandi aziende<br />

pubbliche come le ex regie federali<br />

svizzere (Posta, telecomunicazioni,<br />

ferrovie) costituivano dei p<strong>il</strong>astri<br />

della comunità nazionale. Esse<br />

offrivano, con l’attività svolta dai<br />

Cantoni e dai Comuni, posti di<br />

lavoro qualificati, garanzie nell’erogazione<br />

di servizi, sicurezza sociale,<br />

parità di trattamento, equità. Il loro<br />

obiettivo consisteva nel fornire un<br />

bene o un servizio, l’acqua potab<strong>il</strong>e,<br />

la formazione, un servizio postale o<br />

amministrativo, un trasporto<br />

pubblico. L’aspetto finanziario era<br />

evidentemente considerato, ma non<br />

era prevalente. Il servizio pubblico<br />

era sottoposto al controllo democratico.<br />

Non solo la responsab<strong>il</strong>ità<br />

strategica di un servizio pubblico<br />

era di competenza di un organo<br />

legislativo (Camere federali, Gran<br />

Consiglio o Consiglio comunale),<br />

ma la responsab<strong>il</strong>ità operativa<br />

spettava al rispettivo esecutivo. In<br />

qualsiasi momento era possib<strong>il</strong>e un<br />

intervento per correggere quanto si<br />

stava facendo. Il cittadino aveva<br />

pure la facoltà di partecipare alle<br />

decisioni che lo riguardavano,<br />

attraverso i suoi rappresentanti<br />

oppure con <strong>il</strong> ricorso a referendum<br />

abrogativi. Le società anonime,


Se non vogliamo che la digitalizzazione diventi un potente strumento di discriminazione e si crei<br />

un esercito di moderni lavoratori schiavi a domic<strong>il</strong>io, allora <strong>il</strong> servizio pubblico deve essere<br />

fortemente rafforzato con <strong>il</strong> sostegno dei CCL e delle leggi a tutela del lavoro, per impedire che le<br />

nuove forme lavorative portino a un regresso sociale e alla disumanizzazione della società.<br />

23<br />

diventate poi di moda, sfuggono<br />

invece a questo controllo, perché i<br />

consigli di amministrazione dispongono<br />

di competenze esclusive. La<br />

privatizzazione e la liberalizzazione<br />

hanno trasformato <strong>il</strong> servizio e le<br />

condizioni di lavoro in merci.<br />

Tornare alle vecchie regole<br />

Ci vorrebbe un cambiamento<br />

generale, ossia ristab<strong>il</strong>ire un vero<br />

servizio pubblico. Ciò significa<br />

ripristinare le “vecchie” ma efficaci<br />

regie federali. L’obiettivo della<br />

Posta svizzera non dovrebbe più<br />

consistere nel realizzare i migliori<br />

risultati finanziari, bensì nel<br />

soddisfare gli interessi dell’utenza.<br />

Andrebbero pertanto ripristinati i<br />

servizi soppressi in questi anni, sia<br />

nei centri urbani, sia nelle zone<br />

periferiche. La Posta dovrebbe<br />

ridiventare un servizio di prossimità.<br />

In questa logica, le nuove<br />

tecnologie non vanno combattute,<br />

ma esse dovrebbero arricchire<br />

l’offerta di servizi, invece di sostituirli<br />

senza considerare le loro<br />

conseguenze negative.<br />

Per una digitalizzazione sociale<br />

La digitalizzazione – scrive Daniel<br />

Münger nella prefazione al volume<br />

– ci mostra quanto sia necessaria<br />

una proprietà collettiva ben diffusa.<br />

Senza servizio pubblico non c’è<br />

futuro per una digitalizzazione<br />

sociale e avanzata. Comincia tutto<br />

con le reti. Solo una vera fornitura<br />

cap<strong>il</strong>lare, neutrale e priva di discriminazioni,<br />

delle tecnologie più<br />

moderne garantisce l’accesso di<br />

tutti alle nuove forme di comunicazione<br />

e di lavoro. Gli offerenti<br />

privati, e questo è stato provato<br />

centinaia di volte, non sono in grado<br />

e non vogliono garantire questa<br />

offerta.<br />

Le scelte che<br />

faremo oggi<br />

decideranno <strong>il</strong> tipo<br />

di società e<br />

<strong>il</strong> mondo che verrà<br />

L’obiettivo della<br />

Posta non dovrebbe<br />

essere quello di<br />

realizzare i migliori<br />

risultati finanziari,<br />

ma di soddisfare i<br />

bisogni dell’utenza<br />

Accesso e potere di accesso<br />

Nel concetto di trasformazione<br />

digitale, la parola chiave è “accesso”.<br />

Solo un accesso libero e a buon<br />

mercato, a reti, servizi e offerte mantiene<br />

la possib<strong>il</strong>ità dell’avvento di<br />

una buona digitalizzazione. Pensiamo<br />

ai Big Data. Le applicazioni Big<br />

Data sono uno strumento di base<br />

dell’era digitale. Se sono a disposizione<br />

soltanto di quelle aziende che<br />

possono permettersene <strong>il</strong> costo, la<br />

polarizzazione o centralizzazione<br />

del potere economico accelererà.<br />

Qui ci rendiamo conto che <strong>il</strong> servizio<br />

pubblico va ampliato e trasformato<br />

in un vero servizio digitale pubblico.<br />

Lo Stato deve mettere a disposizione<br />

tutti questi strumenti.<br />

Si tratta sempre di accesso e di<br />

potere di disporre. Accesso ai propri<br />

dati e al loro controllo. Accesso a<br />

tutti i servizi, senza che offerenti<br />

privati ne approfittino per riempirsi<br />

le tasche. Accesso a offerte di<br />

formazione, all’informazione e a<br />

molte altre cose. Se non vogliamo<br />

che la digitalizzazione diventi un<br />

potente strumento di discriminazione<br />

e si crei un esercito di moderni<br />

lavoratori schiavi a domic<strong>il</strong>io, allora<br />

<strong>il</strong> servizio pubblico deve essere<br />

fortemente rafforzato con <strong>il</strong> sostegno<br />

dei CCL e delle leggi a tutela del<br />

lavoro, per impedire che le nuove<br />

forme lavorative portino a un<br />

regresso sociale catastrofico e alla<br />

disumanizzazione della società.<br />

Tre scenari per <strong>il</strong> futuro<br />

In conclusione, Graziano Pestoni<br />

individua tre scenari possib<strong>il</strong>i. Il<br />

primo (status quo) è quello “nero”,<br />

ovvero la scelta neoliberale. La legge<br />

sulla Posta e la politica dei dirigenti<br />

non verrebbero modificate. Ciò<br />

significherebbe nuove chiusure di<br />

uffici postali, <strong>il</strong> peggioramento<br />

ulteriore del servizio di distribuzione,<br />

l’aumento dei prezzi, la vendita<br />

ai privati di azioni di Postfinance, <strong>il</strong><br />

peggioramento delle condizioni di<br />

lavoro. E ciò costituirebbe la fine<br />

della Posta svizzera.<br />

Il secondo scenario (resistenza) è<br />

quello in atto in questo periodo.<br />

Mentre continua <strong>il</strong> processo di<br />

distruzione, la differenza è dovuta<br />

agli altri attori: popolazione,<br />

comuni, cantoni, sindacati, forze<br />

progressiste. Queste attività di<br />

resistenza riescono a modificare<br />

alcune decisioni, a evitare alcuni<br />

peggioramenti, a ritardarne altri. In<br />

altre parole, a limitare i danni. Ma è<br />

poco probab<strong>il</strong>e che siano sufficienti<br />

per mantenere o ripristinare un vero<br />

servizio pubblico.<br />

L’ultimo scenario (status quo ante)<br />

pone la questione fondamentale del<br />

ritorno della Posta nell’ambito del<br />

servizio pubblico, affinché possa<br />

garantire universalità, accessib<strong>il</strong>ità,<br />

continuità, efficacia, redditività<br />

sociale, statuto dei lavoratori,<br />

confidenzialità.<br />

Che fare?<br />

La soluzione proposta da Pestoni<br />

sembra forse utopistica ai tempi<br />

della liberalizzazione, ma le utopie<br />

servono a indicare la strada da<br />

percorrere, come ricorda un famoso<br />

aforisma. Il libro si chiude infatti<br />

con una citazione del sociologo e<br />

f<strong>il</strong>osofo Zygmunt Bauman, recentemente<br />

scomparso: “Il futuro sarà ciò<br />

che faremo”. Tutto dipende da noi,<br />

ribadisce Pestoni. Ripristinare <strong>il</strong> servizio<br />

pubblico, non solo quello<br />

postale, significa priv<strong>il</strong>egiare gli<br />

interessi della collettività, i diritti<br />

dei cittadini e la qualità di vita della<br />

popolazione rispetto alle logiche di<br />

mercato. È un’opera titanica.<br />

Sarebbe tuttavia errato pensare che<br />

ciò sia impossib<strong>il</strong>e. In altri Paesi, le<br />

proteste della popolazione hanno<br />

già costretto governi e parlamenti a<br />

riappropriarsi di servizi pubblici privatizzati<br />

in precedenza. In Svizzera<br />

queste forze sono ancora deboli,<br />

frag<strong>il</strong>i, ma la loro crescita sembra<br />

inarrestab<strong>il</strong>e. Ad ogni modo, le<br />

scelte che faremo, a partire da oggi,<br />

decideranno che tipo di società e di<br />

mondo ci sarà.<br />

A pag. 26 recensione del libro (10.- CHF per<br />

soci <strong>syndicom</strong>, ma<strong>il</strong>: ticino@<strong>syndicom</strong>.ch)


24 Dopo <strong>il</strong> Sì alla missione pubblica dei media:<br />

ecco come continua la lotta a favore<br />

della pluralità della stampa<br />

Perché la democrazia ha bisogno<br />

di media indipendenti<br />

Già quattro mesi prima della votazione, voi, cari delegati al congresso<br />

di <strong>syndicom</strong>, vi siete battuti con unghie e denti contro<br />

la pericolosa iniziativa No-B<strong>il</strong>lag per un forte servizio pubblico<br />

mediatico. Molti soci <strong>syndicom</strong> si sono impegnati nella campagna<br />

di votazione insieme ad altri attori della società civ<strong>il</strong>e, e <strong>il</strong><br />

4 marzo vi ha dato ragione. E per questo vi ringraziamo di<br />

cuore!<br />

Le vittorie comuni vanno festeggiate. Il 4 marzo gli svizzeri e<br />

le svizzere hanno detto no alla minestra informativa unitaria di<br />

destra e no al commercio a suon di Megahertz.<br />

Adesso continuiamo serrati la battaglia in tutte le cerchie<br />

progressiste per <strong>il</strong> rafforzamento del servizio pubblico nei<br />

media ma anche per un nuovo sostegno alla stampa. Eh sì,<br />

perché già la domenica delle votazioni i nemici della SSR hanno<br />

sferrato nuovi attacchi alla radiotelevisione pubblica. Ma noi<br />

rigetteremo anche questi. Davvero incredib<strong>il</strong>e che i vertici della<br />

SSR abbiano annunciato, con una obbedienza a dir poco solerte,<br />

nuove misure di risparmio con tanto di licenziamenti. Il personale<br />

si merita di più!<br />

Bisogna finalmente e urgentemente rafforzare <strong>il</strong> pluralismo<br />

nei giornali, nella stampa online e nelle radio/tv: con l’accorpamento<br />

delle redazioni e i continui tagli all’organico Tamedia,<br />

NZZ, AZ Medien o Somedia stanno affossando la pluralità della<br />

stampa. Google, Facebook & Co. come anche le piattaforme<br />

pubblicitarie online dei grandi editori succhiano soldi dal mercato<br />

pubblicitario dei media e generano ut<strong>il</strong>i per i grossi colossi<br />

e i loro proprietari. Questo denaro va investito di nuovo in un<br />

miglior giornalismo e nel personale!<br />

Il diritto a una buona informazione è un diritto fondamentale<br />

che può essere garantito soltanto da un forte servizio pubblico<br />

nei media. La qualità e la pluralità hanno bisogno di solide<br />

fondamenta economiche. Per questo la tassazione degli ut<strong>il</strong>i di<br />

Google, Facebook & Co. come anche le imposte sugli introiti<br />

pubblicitari vanno messe nell’agenda politica.<br />

Non possiamo perdere nemmeno un minuto in più nel caso<br />

dell’Agenzia telegrafica svizzera (Ats): con lo smantellamento<br />

di un quarto della redazione, gli editori stanno minando le basi<br />

di una società ben informata. Essi falliscono nel loro mandato<br />

di servizio pubblico, dunque deve intervenire la politica. Già una<br />

piccola percentuale sul canone investita a favore dell’Ats, come<br />

proposto dal Consiglio federale, aiuterebbe l’agenzia a continuare<br />

ad esercitare <strong>il</strong> suo ruolo. Ciò servirebbe a incentivare i<br />

media senza spendere troppo, in quanto la sopravvivenza di<br />

molti mezzi di comunicazione più piccoli dipende proprio dai<br />

comunicati dell’Ats.<br />

Stephanie Vonarburg e Roland Kreuzer


Diritto e diritti<br />

25<br />

Risponde <strong>il</strong> servizio giuridico<br />

Chiedo dei consigli sul piano giuridico per quanto riguarda la<br />

compensazione dei giorni festivi che cadono in un giorno<br />

non lavorato e <strong>il</strong> computo dei giorni di vacanza nel quadro di<br />

un contratto part-time. Da poco lavoro infatti al 60%, ossia<br />

tre giorni fissi a settimana: 8 ore <strong>il</strong> lunedì, <strong>il</strong> martedì e <strong>il</strong><br />

giovedì. Ma sono appena venuto a sapere che <strong>il</strong> prossimo<br />

giorno festivo, vale a dire <strong>il</strong> Venerdì Santo, non sarà compensato<br />

perché quel giorno della settimana non lavoro.<br />

Trovo che ciò sia ingiusto e non comprendo questo modo di<br />

fare. È legale?<br />

Inoltre, desidererei avere maggiori ragguagli per le vacanze.<br />

Saranno calcolate in funzione del mio part-time?<br />

Infine, <strong>il</strong> mio datore di lavoro insiste sul fatto che, se devo<br />

effettuare una visita medica, lo debba fare un giorno in cui<br />

non lavoro. È normale?<br />

Grazie di <strong>il</strong>lustrarmi i miei diritti e cordiali saluti.<br />

Esistono due metodi per <strong>il</strong> calcolo<br />

delle ore in un contratto part-time. Se<br />

<strong>il</strong> lavoro viene effettuato durante<br />

giorni fissi, quando un giorno festivo<br />

cade in un giorno in cui si sarebbe<br />

normalmente lavorato, si tiene conto<br />

del numero di ore generalmente rese.<br />

Invece, se <strong>il</strong> festivo cade in un giorno<br />

non si sarebbe lavorato, non ha luogo<br />

alcuna compensazione. Ciò non è<br />

considerato una disparità di trattamento<br />

dalla giurisprudenza rispetto<br />

alle persone che lavorano al 100%,<br />

poiché la situazione si equ<strong>il</strong>ibra nel<br />

corso dell’anno: infatti, tutti i giorni<br />

festivi non cadono nello stesso giorno<br />

della settimana. Nel secondo caso, le<br />

ore settimanali vengono suddivise<br />

per <strong>il</strong> numero di giorni di lavoro, e da<br />

ciò si ottiene un totale quotidiano<br />

identico (al 60%, devi dunque<br />

effettuare 4h50/giorno). Perciò, in<br />

presenza di un festivo, è questo totale<br />

a essere determinante (dal momento<br />

che tu lavori 8 ore <strong>il</strong> lunedì, solamente<br />

4h50 saranno prese in considerazione<br />

a Pasqua ad es.). Anche in<br />

questo caso, non si ritiene che<br />

sussista una disparità di trattamento,<br />

poiché la situazione si equ<strong>il</strong>ibra<br />

sull’anno. Il tuo datore di lavoro<br />

applica <strong>il</strong> primo metodo e non agisce<br />

quindi in modo <strong>il</strong>legale.<br />

Il fatto che una persona lavori<br />

part-time o a <strong>tempo</strong> pieno non<br />

modifica <strong>il</strong> suo diritto alle vacanze.<br />

Non è che lavorando al 60% potrai<br />

godere solo di 12 giorni di vacanza<br />

sulle quattro settimane annuali<br />

previste. Hai dunque pieno diritto a<br />

20 giorni effettivi di vacanza all’anno.<br />

Il dipendente ha un dovere di<br />

d<strong>il</strong>igenza e di fedeltà verso <strong>il</strong> suo<br />

datore di lavoro ai sensi dell’art. 321a<br />

CO. Ciò implica, tra l’altro, che egli/<br />

ella limiti <strong>il</strong> più possib<strong>il</strong>e le sue<br />

assenze. Ma se un datore di lavoro<br />

esige dal suo personale part-time che<br />

quest’ultimo non effettui visite<br />

mediche durante l’orario di lavoro, va<br />

oltre i suoi diritti. Infatti, si può<br />

ritenere che sussista una disparità di<br />

trattamento rispetto ai dipendenti a<br />

<strong>tempo</strong> pieno.<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/diritto/dirittoediritti


26 Rubriche<br />

Idee<br />

Il tuo biglietto da visita<br />

Alcuni corsi Helias si rivolgono a<br />

specialisti del settore, come i grafici<br />

e i comunicatori visivi. Altri, invece,<br />

sono indirizzati a un pubblico più<br />

ampio. Come “L’offerta è <strong>il</strong> tuo biglietto<br />

da visita” (in giugno a Bellinzona),<br />

che è stato concepito per gli<br />

indipendenti di tutte le professioni,<br />

in un’epoca in cui <strong>il</strong> lavoro freelance<br />

si sta diffondendo sempre di più. “Il<br />

ruolo più importante in un’offerta –<br />

spiega <strong>il</strong> docente Stefano Gazzaniga<br />

– lo gioca <strong>il</strong> rapporto qualità-prezzo,<br />

che è spesso determinante per <strong>il</strong> suo<br />

successo. Tuttavia è possib<strong>il</strong>e migliorare<br />

considerevolmente la propria<br />

posizione indipendentemente<br />

da esso, prestando attenzione nel<br />

seguire i consigli riguardo ai contenuti,<br />

alla strutturazione e alla formulazione<br />

dell’offerta, che verranno<br />

discussi durante <strong>il</strong> corso. Un’offerta<br />

precisa e ben strutturata evidenzia<br />

un approccio professionale al lavoro,<br />

aumentando la possib<strong>il</strong>ità che <strong>il</strong><br />

cliente scelga di affidarsi a una persona<br />

piuttosto che a un’altra”. Il<br />

corso sarà orientato alla pratica, fornendo<br />

spunti di discussione e i partecipanti<br />

saranno chiamati a portare<br />

le proprie esperienze professionali.<br />

Il corso è rivolto a indipendenti,<br />

rappresentanti ma anche ai collaboratori<br />

attivi nella vendita interna<br />

di tutta la comunicazione. Nei due<br />

incontri previsti, ogni partecipante<br />

porterà alcune proprie offerte, che<br />

verranno discusse e analizzate e verranno<br />

elaborati consigli in modo da<br />

presentare non solo un’offerta, bensì<br />

voi stessi, la vostra attività e soprattutto<br />

la vostra professionalità.<br />

Il docente, Stefano Gazzaniga vicedirettore<br />

di viscom Svizzera, responsab<strong>il</strong>e<br />

dei settori innovazione, management<br />

e ambiente, si occupa<br />

della formazione in Ticino.<br />

(Giovanni Valerio)<br />

La lista dei corsi Helias e i formulari di<br />

iscrizione si trovano al sito helias.ch<br />

© F<strong>il</strong>mcoopi<br />

Molestie sessuali, zona grigia<br />

Nina non vuole dipendere da nessuno.<br />

Ha una bambina frutto di una<br />

relazione di pochi mesi, terminata<br />

prima che scoprisse di essere incinta,<br />

e un compagno presente ma un<br />

po’ immaturo. Il curriculum perfetto<br />

per cercare lavoro presso la prestigiosa<br />

clinica per anziani “Baratta”<br />

gestita da religiosi: sì, perché oltre<br />

la cortina del perbenismo, l’Istituto<br />

conserva un turpe segreto. Al direttore<br />

piace andare a letto con le sue<br />

dipendenti, soprattutto se sono carine<br />

e sole come Nina (interpretata da<br />

un’intensa Cristiana Capotondi), la<br />

quale una sera viene convocata nel<br />

suo ufficio e subisce insistenti avance<br />

sessuali. Questa, in breve, la trama<br />

di “Nome di donna”, <strong>il</strong> nuovo<br />

f<strong>il</strong>m di Marco Tullio Giordana, che è<br />

riuscito ad affrontare un tema attualissimo,<br />

quello delle molestie sul<br />

luogo di lavoro. Il direttore non stupra,<br />

non obbliga le dipendenti ad un<br />

rapporto sessuale al di là della loro<br />

volontà, semplicemente propone e<br />

assegna promozioni in base alla<br />

maggiore o minore disponib<strong>il</strong>ità<br />

delle sottoposte. “Nome di donna”<br />

indaga su una zona grigia attorno<br />

alla quale occorre ancora riflettere,<br />

su una realtà che si tende ancora ad<br />

accettare passivamente come “normale”,<br />

e che invece è <strong>il</strong>legale. La prepotenza<br />

può essere morbida come <strong>il</strong><br />

velluto, affettata, e in questo caso lo<br />

è. Ma Nina ha lo sguardo fiero e anche<br />

se ha paura, anche se non ce la<br />

fa ad affrontare da sola le alleanze<br />

masch<strong>il</strong>i del direttore sostenute da<br />

quelle femmin<strong>il</strong>i, contatta un sindacato<br />

e inizia a lottare come una leonessa.<br />

Porterà <strong>il</strong> direttore e i suoi<br />

amici in Tribunale. Magistrale la regia<br />

di Marco Tullio Giordana, che affida<br />

molto agli sguardi e ai s<strong>il</strong>enzi,<br />

riuscendo a lavorare la paura come<br />

se fosse plast<strong>il</strong>ina. La frase da incollare<br />

di fronte al letto? “Vincerai tu.<br />

E sai perché? Perché hai ragione”.<br />

(Laura Di Corcia)<br />

”Nome di donna”, di Marco Tullio Giordana,<br />

nelle sale della Svizzera italiana<br />

Una Posta da rinazionalizzare<br />

“Fu l’inizio di un cambiamento nefasto,<br />

l’inizio della fine di un’azienda<br />

attenta allo sv<strong>il</strong>uppo economico<br />

e sociale, alla riduzione delle disuguaglianze,<br />

nonché al trattamento<br />

equo degli abitanti del <strong>nostro</strong> paese,<br />

indipendentemente dal luogo di domic<strong>il</strong>io”.<br />

L’inizio citato da Graziano<br />

Pestoni nel suo brioso libro sulla<br />

privatizzazione della Posta è <strong>il</strong> 1997.<br />

In quell’anno la Posta svizzera cessò<br />

di essere un servizio pubblico e divenne<br />

un’azienda come le altre. Fu<br />

l’inizio della fine. Pestoni spiega<br />

come si è arrivati a questa scelta e<br />

quali sono state le conseguenze. I<br />

settori redditizi, come le telecomunicazioni<br />

o la consegna dei pacchi<br />

nelle zone urbane, furono privatizzati<br />

o liberalizzati. Mentre i servizi<br />

deficitari, come la consegna nelle<br />

zone periferiche, furono lasciate<br />

alla Posta alla quale, però, fu imposto<br />

di realizzare ut<strong>il</strong>i. Una scelta presa<br />

in maniera autonoma dai nostri<br />

rappresentanti politici impregnati<br />

(e inf<strong>il</strong>trati) dal dogma neo-liberale.<br />

Il libro spiega come si è arrivati a<br />

questa situazione che, nel corso degli<br />

anni, ha poi trasformato la nostra<br />

Posta nell’antipatica società<br />

anonima che conosciamo oggi. Perché<br />

quelle scelte politiche hanno<br />

avuto un impatto sul servizio pubblico<br />

e sulle condizioni di lavoro.<br />

Oggi la Posta è quell’azienda che per<br />

adempiere al suo mandato di fare<br />

ut<strong>il</strong>i ha truccato i conti a danno della<br />

stessa collettività che ne detiene<br />

pur sempre la proprietà (vedi scandalo<br />

CarPostal). Il libro di Graziano<br />

Pestoni arriva così al momento giusto.<br />

Al momento in cui occorre riflettere<br />

su un cambio di rotta. Un<br />

cambiamento che, seguendo l’autore,<br />

possiamo riassumere con una<br />

parola: ri-nazionalizzazione.<br />

(Federico Franchini)<br />

Graziano Pestoni, La privatizzazione della<br />

Posta svizzera, 15.- CHF (10.- soci <strong>syndicom</strong>)


1000 parole<br />

La matita di Ruedi Widmer<br />

27


28 Eventi Quando ci vuole... i sindacati si muovono. Come nel caso degli azionisti che<br />

vogliono cancellare l’Agenzia telegrafica svizzera (Ats), dei nemici della libertà di<br />

parola che vogliono staccare la spina alla radiotelevisione pubblica o come<br />

quando le donne vengono discriminate con salari incostituzionali.<br />

1<br />

2<br />

3<br />

4


Foto 1–4: Diverse azioni dell’organico Ats nella sua lotta contro i licenziamenti in massa, a favore di negoziati e di un ampio servizio universale<br />

informativo basato su ricerche accurate (vedi pagina 18 di questa <strong>rivista</strong>)<br />

Foto 5–7: «Azione contro lo spegnimento delle luci» <strong>il</strong> 30 gennaio davanti a Palazzo federale. La campagna contro No B<strong>il</strong>lag e <strong>il</strong> brodo informativo<br />

unitario ha avuto successo: <strong>il</strong> 4 marzo <strong>il</strong> popolo ha bocciato l’iniziativa con un secco No. (© Florian Aicher)<br />

Foto 8–10: Giornata mondiale delle donne l’8 marzo a Berna: la parità salariale, ancora lungi dall’essere realizzata, è stata l’argomento centrale,<br />

ma si è manifestato anche contro le molestie sessuali, contro <strong>il</strong> ripresentarsi di rivendicazioni sessiste di potere e generalmente a favore<br />

delle pari opportunità.<br />

29<br />

6<br />

5<br />

7<br />

8<br />

9 10


30<br />

Un lavoro,<br />

una vita<br />

Il sindacato: una grande famiglia<br />

Nata nel 1976 e cresciuta a Roveredo,<br />

nella Valle Mesolcina, Marzia oggi vive<br />

in Val Calanca con <strong>il</strong> suo compagno<br />

Davide. Dopo la Scuola Cantonale di<br />

Amministrazione di Bellinzona, ha<br />

iniziato la sua carriera alle Poste<br />

entrando all’ufficio rimpiazzi presso la<br />

Società Buralisti Postali Svizzeri SBP.<br />

Il suo lavoro consisteva nel sostituire <strong>il</strong><br />

personale, assente per ferie o malattia,<br />

dei vari uffici postali. Nel 2002 è<br />

passata all’ufficio postale di Claro,<br />

2900 abitanti, dove lavora tutt’oggi<br />

come consulente clienti allo sportello.<br />

L’ufficio figura sulla “black list” della<br />

Posta e rischia la chiusura. Questo ha<br />

spinto Marzia a entrare nel Gruppo<br />

d’azione Rete Postale, che lotta a<br />

favore del mantenimento del servizio<br />

postale universale.<br />

Testo: Barbara Iori<br />

Foto: Arno Derigo e Dan<strong>il</strong>a Santoro<br />

I miei valori guida:<br />

trasparenza<br />

e solidarietà<br />

Mi ritengo un po’ una doppia figlia<br />

d’arte: già mia mamma lavorava alle<br />

Poste ed è tuttora iscritta al sindacato.<br />

Mio nonno, Luigi Bologna, detto<br />

<strong>il</strong> “Ciri”, contadino di giorno e<br />

operaio alla Monteforno di notte,<br />

odiava le ingiustizie e difendeva<br />

sempre i più deboli: fu co-fondatore<br />

del Partito Socialista di Roveredo ed<br />

era aff<strong>il</strong>iato alla FLMO (Federazione<br />

dei lavoratori metallurgici e orologiai).<br />

È da lui che ho ereditato questo<br />

spirito di solidarietà.<br />

Quando entrai in Posta arrivò<br />

subito la cedola del sindacato da<br />

pagare. All’epoca tutti erano iscritti<br />

al sindacato, era del tutto normale<br />

farne parte. Dunque m’iscrissi al<br />

Sindacato della Comunicazione,<br />

l’odierno <strong>syndicom</strong>. All’ufficio<br />

rimpiazzi ho dovuto assumere varie<br />

mansioni: ho sostituito responsab<strong>il</strong>i<br />

di ufficio, colleghi allo sportello e a<br />

volte anche personale di recapito.<br />

Il vero incontro col sindacato l’ho<br />

avuto nel 2015 quando ho conosciuto<br />

Marco Forte, segretario regionale<br />

<strong>syndicom</strong>, a cui ho chiesto aiuto visto<br />

che sono entrata nel piano sociale in<br />

seguito a delle misure di riorganizzazione.<br />

Quello che mi è mancato alla<br />

Posta durante la riorganizzazione è<br />

<strong>il</strong> rispetto dei valori che mi stanno<br />

molto a cuore come la trasparenza.<br />

E questo in un momento diffic<strong>il</strong>e,<br />

perché stava morendo mia nonna<br />

che con mia mamma mi ha cresciuto.<br />

Mi sentivo debole. <strong>syndicom</strong> mi<br />

ha sostenuta senza giudicarmi, in<br />

maniera incondizionata. Il sindacato<br />

è questo: non ti senti mai sola. La<br />

passione per <strong>il</strong> mio lavoro mi ha<br />

spinto a entrare nel Gruppo d’azione<br />

di Rete Postale all’inizio del 2017 per<br />

contrastare la nuova ondata di<br />

chiusura di uffici postali. Qui ci<br />

ritroviamo tra vari colleghi della<br />

Posta, da tutte le parti del Ticino, e<br />

decidiamo insieme come affrontare i<br />

problemi, come agire, scambiandoci<br />

le nostre esperienze. Siamo tutti<br />

iscritti al sindacato e teniamo tutti in<br />

particolar modo alla nostra azienda.<br />

Stress lavorativo? Certo, a volte<br />

abbiamo più lavoro, ma ci aiutiamo<br />

tra di noi. Siamo una bella squadra.<br />

Ma so bene che non in tutti gli uffici<br />

postali regna l’armonia di Claro. Il<br />

vero stress si chiama incertezza sul<br />

futuro, paura di perdere <strong>il</strong> posto di<br />

lavoro. In questi momenti si è molto<br />

più vulnerab<strong>il</strong>i. E di questo la Posta<br />

dovrebbe avere maggiore riguardo.<br />

Ecco perché <strong>il</strong> 6 maggio dell’anno<br />

scorso ho partecipato, con mia<br />

mamma, alla manifestazione di<br />

Bellinzona in difesa del servizio<br />

postale. E non siamo mancate<br />

nemmeno a quella contro l’iniziativa<br />

No B<strong>il</strong>lag lo scorso 27 gennaio per<br />

manifestare tutti insieme e dire ad<br />

alta voce: giù le mani dal servizio<br />

pubblico!<br />

Più siamo, più verremo ascoltati,<br />

perché l’unione fa la forza!<br />

<strong>syndicom</strong>.ch/it/divisioni/<br />

servizi-postali-e-finanziari/


Impressum<br />

Redazione: Marie Chevalley, Oliver Fahrni, Sylvie<br />

Fischer, Marc Rezzonico, Giovanni Valerio<br />

Tel. 058 817 18 18, redazione@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

Traduzioni: Barbara Iori, Alleva-Translations<br />

Illustrazioni: Katja Leudolph<br />

Foto senza copyright: © zVg<br />

Layout e correzione: Stämpfli SA, Berna<br />

Stampa: Stämpfli SA, Berna, Wölflistrasse 1, 3001 Berna<br />

Notifica cambi di indirizzo: <strong>syndicom</strong>, Adressverwaltung,<br />

Monbijoustrasse 33, CP, 3001 Berna<br />

Tel. 058 817 18 18, Fax 058 817 18 17<br />

Inserzioni: priska.zuercher@<strong>syndicom</strong>.ch<br />

Abbonamenti: info@<strong>syndicom</strong>.com<br />

Gratis per i soci. Per gli altri: Fr. 50.– (estero: 70.–)<br />

Editore: <strong>syndicom</strong> – sindacato dei media<br />

e della comunicazione, Monbijoustrasse 33,<br />

CP, 3001 Berna<br />

La <strong>rivista</strong> <strong>syndicom</strong> esce sei volte l’anno.<br />

Il prossimo numero uscirà <strong>il</strong> 25 maggio 2018<br />

Chiusura redazionale: 18 apr<strong>il</strong>e 2018<br />

31<br />

Il cruciverba di <strong>syndicom</strong><br />

In palio un buono Coop da 40 franchi. La<br />

soluzione sarà pubblicata sul prossimo<br />

numero insieme al nome del vincitore.<br />

Non è previsto alcuno scambio di<br />

corrispondenza sul concorso. Sono<br />

escluse le vie legali. Inviare la soluzione<br />

entro <strong>il</strong> 18 apr<strong>il</strong>e a <strong>syndicom</strong>, via<br />

Genzana 2, 6900 Lugano.<br />

La soluzione del cruciverba dello scorso<br />

numero è RETE. Il vincitore è Pierino<br />

Bernasconi di Coldrerio, a cui va <strong>il</strong><br />

premio di una borsa frigo offerta da CPT.<br />

Congratulazioni!<br />

Pubblicità<br />

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SCONTO: - 4,5 cts /litro di benzina SP e Diesell<br />

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Spese mens<strong>il</strong>i di fatturazione CHF 2.50 offerte<br />

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cts al litro<br />

+41 (0)58 817 18 18 - ma<strong>il</strong>@<strong>syndicom</strong>.ch


32 Inter-attivi<br />

<strong>syndicom</strong> social<br />

Telefonia mob<strong>il</strong>e 27.02.2018<br />

La prossima generazione della comunicazione<br />

mob<strong>il</strong>e sbarcherà in Svizzera nel 2018.<br />

Swisscom lancerà infatti, in partenariato<br />

con l’EPFL di Losanna, la 5G, che potrà essere<br />

fino a 100 volte più rapida della 4G attuale.<br />

Unico problema, gli smartphone che dispongono<br />

di questa tecnologia arriveranno solo<br />

nel 2019.<br />

LINKEDIN 20.02.2018<br />

Il prof<strong>il</strong>o LinkedIn di <strong>syndicom</strong> è<br />

stato aggiornato! Non esitate a<br />

seguirci. Vi troverete delle news,<br />

degli articoli, approfondimenti e le<br />

nostre offerte di lavoro. È anche <strong>il</strong><br />

luogo ideale per allacciare contatti<br />

professionali e conoscere i nostri<br />

collaboratori e le nostre collaboratrici.<br />

Giornata mondiale 28.02.2018<br />

Lo sapevate? Il 28 febbraio ha avuto luogo l’ottava<br />

giornata mondiale senza Facebook. I due m<strong>il</strong>iardi di<br />

ut<strong>il</strong>izzatori sono stati invitati a disconnettersi per 24 ore.<br />

@Majina 02.03.2018<br />

Qualsiasi mucca che si trovi in una stalla svizzera è<br />

meglio rappresentata nel #parlCH che le donne che<br />

lavorano e che da 37 anni attendono <strong>il</strong> loro diritto<br />

costituzionale alla parità salariale! :-(<br />

@<strong>syndicom</strong>_it 02.03.2018<br />

<strong>syndicom</strong> participerà al Forum Sociale<br />

Mondiale in Bras<strong>il</strong>e, dove presenterà <strong>il</strong><br />

suo «Manifesto Lavoro 4.0 – <strong>il</strong> mondo del<br />

lavoro numerico» #social #FSM2018<br />

e-cologia 2018<br />

Il costo ecologico dell’invio di un ma<strong>il</strong> è di<br />

19 grammi di CO2 (= 5 grammi di petrolio =<br />

24 Wh = 1 lampadina accesa per un’ora).<br />

Per un’impresa come <strong>syndicom</strong>, ciò<br />

significa ca. 6 tonnellate di CO2 all’anno.<br />

Pensateci prima di mandare un ma<strong>il</strong> (e di<br />

stamparlo).<br />

@SergioFerrari 23.02.2018<br />

Il personale dell’ATS vuole negoziare, ma la Direzione ha<br />

rotto le trattative. La redazione desidera ora avviare una<br />

procedura di mediazione @<strong>syndicom</strong>_fr<br />

@SVonarburg 04.03.2018<br />

@mediaforti_it 04.03.2018<br />

Il #Noanob<strong>il</strong>lag rappresenta un impegno forte in favore del<br />

giornalismo e dei media. È giunta l’ora di una riforma della<br />

politica dei media. #mediaforti<br />

SSR ha prolungato <strong>il</strong> suo contratto<br />

con l’ ATS alle condizioni attuali alla<br />

fine del 2019. Gli alttri grandi clienti<br />

dell’agenzia devono ora cessare la<br />

loro distruttrice pressione sui prezzi<br />

e ingaggiarsi con l’ATS. Anche dopo<br />

<strong>il</strong> 2019! @inside_sda<br />

FACEBOOK (1) Gennaio 2018<br />

In gennaio Facebook ha modificato l’algoritmo del f<strong>il</strong>o<br />

d’attualità. I post degli amici e della famiglia hanno ora la<br />

priorità su quelli delle imprese, delle marche e dei media.<br />

Dunque, per non perdere nessun post di <strong>syndicom</strong>,<br />

abbonatevi alla pagina!<br />

FACEBOOK (2) Marzo 2018<br />

«Per migliorare l’esperienza dei suoi<br />

ut<strong>il</strong>izzatori» Facebook ha iniziato a<br />

proporre, tramite una notificazione, di<br />

attivare <strong>il</strong> riconoscimento facciale.<br />

Potete bloccare questa funzionalità<br />

andando in «Impostazioni -> Riconoscimento<br />

facciale».

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