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& LA VITA VISTA DA QUI Che strano mondo è l’aeroporto se lo guardi dritto ti sembra storto e per trovarne il giusto verso bisogna entrarci con lo sguardo perso. Chi ci lavora vive controcorrente a tutto il resto dell’altra gente. Di quella gente che incontra oramai da anni, della quale esaudisce richieste e comprende gli affanni. “Preferisce corridoio o finestrino?” E se non è inserito il pasto vegano… allora diventa tutto un grande casino! “Signori, rispettate la fila per cortesia” E così termina il turno ma in orario non si va mai via. E poi la pioggia, la nebbia, e la neve, e niente è più come si deve. Si lavora ad oltranza, ed è quasi festa, quando torna la quiete dopo della tempesta! Gli scenari, al di là di ciò che si pensa, sono uguali in tutti gli aeroporti, che siano Linate, Fiumicino o qui a Malpensa. Alla fine, chi ha scelto questo pazzo mondo è perché lo ama, anche se gli fa tirare il collo, e allora tutti al gate… inizia l’imbarco dell’ennesimo decollo!!! Alessia Pavoni 12
A PARTIRE DA QUESTO NUMERO NASCE UNA NUOVA RUBRICA: MOVIES <strong>ON</strong> <strong>AIR</strong>!!! OGGI ABBIAMO SCELTO NOI PER VOI, MA DALLA PROSSIMA USCITA AVRETE LA POS- SIBILITA’ DI SEGNALARCI LE VOSTRE PREFERENZE, NOI SCEGLIEREMO UN FILM TRA LE VOSTRE PROPOSTE, LO GUARDEREMO E LO COMMENTEREMO PER VOI... IN QUESTO NUMERO: “CORPO E ANIMA” Regia e sceneggiatura: Ildikò Enyedi. Cast: Géza Morcsányi, Alexandra Borbély, Zoltán Schneider, Ervin Nagy, Tamás Jordán Fotografia: Máté Herbai. Montaggio: Károly Szalai. Durata: 116′ Orso d’oro a Berlino 2017. l film è la storia di un incontro, della costruzione di un amore. Lui è il direttore finanziario di un mattatoio ungherese, uomo di mezza età con un braccio paralizzato, che vive suo malgrado una quotidianità ripetitiva. Lei invece è una giovane dottoressa addetta al controllo qualità, neo assunta, graziosa ma dimessa, con una memoria sbalorditiva, probabilmente con una leggera forma di autismo, ossessiva nella precisione dei comportamenti. Di entrambi si intuisce appena la vita trascorsa, sembrano isolati dalla vita sociale, evitano ogni contatto vivo e vitale, lei anche i raggi del sole. Cenano soli: lui a volte in squallidi fast food, lei a casa, dove pulisce immediatamente ogni briciola che cade sul tavolo. Si cercano e si guardano senza toccarsi, la macchina da presa li inquadra dietro a porte, finestre, vetri. A far da cornice, l’edificio del macello dei bovini: interni freddi e bianchi, particolari crudi e violenti, il rosso del sangue delle carcasse sezionate, corpi che hanno smesso di vivere. Freddo e asettico anche lo spazio mensa, dove i protagonisti si incontrano la prima volta e poi ancora, quando si riconoscono simili e tentano, lui per primo, goffi tentativi di relazione. Ma Endre e Mària si incontrano ogni notte anche nei sogni che fanno, l’uno all’insaputa dell’altra. Fino allo 13 stratagemma che li metterà a conoscenza del sogno condiviso, luogo dove affiorano le emozioni più nascoste delle loro anime. Il luogo dei sogni, quello dove ci si prepara a ciò che accadrà, è un bosco innevato dove due cervi, maschio e femmina, corrono liberi. Nel silenzio ovattato, nel candore della neve, i due animali si cercano e si fuggono, si rincorrono e si sfiorano. Anche la luce, magica e filtrata dagli alberi, sembra abbracciarli, mentre col muso il cervo spinge dolcemente la femmina verso i licheni più freschi. Un contatto delicato, dolcissimo, da dove nasce il desiderio dell’incontro con l’altro anche nella realtà, il desiderio di lasciare le abitudini, le difese e rischiare anche la sofferenza del rifiuto. Come in una fiaba l’incantesimo deve essere rotto, il mostro (della solitudine e della paura di entrare in contatto con l’altro) dev’essere ucciso, la foresta di rovi dev’essere attraversata per poter risvegliare con un bacio la principessa che dorme, per poter risvegliare la propria sensualità, il desiderio di accogliere ed essere accolti. Dolorosamente, come gli eroi di una fiaba, anche Andre e Mària riescono a trasformare le chiusure, i sentimenti d’impotenza e i forti contrasti in apertura, forza e unione. E così lentamente li seguiamo mentre si avvicinano, impacciati e vigili, fragili e determinati, con il rosso del sangue che, questa volta, è quello di un corpo dove il cuore ricomincia a battere. E la macchina da presa, sempre così vicina ai particolari, anche ai loro volti nell’amplesso, ci guida emozionati verso un orizzonte più ampio, lo spazio dell’accoglienza. Di sé e dell’altro.
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