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’ Giacomo Pedrinazzi, detto Pedro, è il deus ex machina di Case Nuove. Lavora a Malpensa per Sea, presso Sala Amica, da diversi anni. Non appena lo incontriamo ci colpiscono i suoi occhi vivi ed entusiasti, che fanno da contraltare a quello che ci circonda: case abbattute, edifici che rimangono in piedi malvolentieri ed abitazioni che invece, con orgoglio, rivendicano la loro bellezza, la loro diversità. Proprio come fa lui, raccontandoci la sua scelta di vita. Pedro, a differenza di molti, ha resistito al richiamo della fuga, vive a Case Nuove per sua precisa volontà ed ogni giorno ha un unico pensiero: portare al centro del dibattito politico le circa 250 persone che hanno scelto di rimanere a vivere in questo Paese. La sua famiglia ha avuto in gestione il Ristorante “La Quercia” per 50 anni (dal 1963 al 2013): il locale era ed è sempre stato un punto di riferimento per tutti. Dopodiché - lasciata la conduzione ad altri soggetti e ritiratisi in pensione - anche i genitori di Pedro hanno deciso di continuare a vivere a Case Nuove. “E’ difficile convincere i figli della scelta nobile di rimanere. Città più grandi sono per loro maggiormente attrattive anche se, paradossalmente, oggi abbiamo maggiori infrastrutture, servizi di collegamento e mezzi pubblici rispetto a quando ancora non si parlava di bandi da parte della Regione Lombardia”. 4
Dopo la delocalizzazione che cosa si “offre” a chi invece è rimasto? “Abbiamo chiesto all’Amministrazione comunale di Somma Lombardo di proporre a Sea (la società che gestisce gli Aeroporti milanesi di Malpensa e Linate) di spostare il Cral dal Terminal 2 di Malpensa proprio qui a Case Nuove. Ci sarebbe maggiore spazio a disposizione per i lavoratori aeroportuali e si potrebbero attrarre altre attività economiche e ricreative aumentando i luoghi di incontro a disposizione degli abitanti del Paese”. L’errore più evidente, commesso nel corso degli anni da parte delle Istituzioni, è stato quello di pensare che, con la logica dei bandi e dei parametri di indennizzo, Case Nuove venisse completamente delocalizzata. Così non è stato, e per chi ha deciso di rimanere resistere è un dovere. Pedro fa parte della Segreteria del Comitato di Quartiere di Case Nuove: ciò che più colpisce di lui è la sua volontà di essere proattivo, fautore del proprio destino e di non rassegnarsi all’immobilismo che 5 potrebbe prevaricare, anche sugli animi più ottimisti e intraprendenti come il suo. “Qui non è solo deserto: abbiamo uno Studio medico molto frequentato, il Circolo Cooperativo che quest’anno compie 100 anni, la Parrocchia, un campo da Calcio e uno di Basket. Dove c’era il vecchio asilo ci sarà la nuova Sala Civica e il nuovo Studio medico. Abbiamo gestito l’emergenza profughi in maniera ottimale pur trovandoci in un Piccolo Paese, abbiamo una scuola secondaria superiore molto frequentata. Case Nuove vive e deve continuare a vivere”. Celentano cantava: “Là dove c’era l’erba ora c’è... una città” Qui invece le ruspe hanno demolito tanto, lasciando l’erba. C’è davvero tanta tanta terra ma, accanto ad essa, il manto stradale è rovinato dalle operazioni dei mezzi meccanici. L’asfalto danneggiato, tuttavia, non sarà per il momento riparato: oltre il danno la beffa. Chiacchierando passeggiamo in uno scenario surreale, chi lavora a Case Nuove quasi non si “cura” degli abitanti di questo Paese. Enormi Tir di una Società vengono selvaggiamente parcheggiati su entrambe le carreggiate impedendo il passaggio alle altre auto, quasi pensassero che questo è un Paese fantasma e che qui, dunque, nessuno rivendicherà mai nulla. Un abitante ci racconta come recent e m e n t e u n au t o ar t i c o l a - to, nonostante il divieto di accesso su quella via per i mezzi di trasporto pesanti, abbia danneggiato irrimediabilmente il cancello della sua graziosa villetta. Un Paese spettrale per molti, eppure Case Nuove vive negli occhi di chi è rimasto, di chi non si rassegna a vivere in un Non-Paese dal destino incatenato al “traffico” di Malpensa, così come grida Pedro a gran voce, ogni maledetto giorno. “Sto insegnando ai miei figli l’importanza dei rapporti umani, quelli che sono andati persi nelle grandi città”. A Case Nuove ci si conosce tutti, ci si parla, ci si racconta. Oggi qui, più che altrove, gli anziani sono l’ultimo avamposto dei ricordi della Case Nuove che fu, quella prima di Malpensa, delle rotte, della delocalizzazione. “Vorrei che tra anziani e giovani ci fosse una sorta di filo diretto basato sulla condivisione delle esperienze vissute, con noi della generazione di mezzo ad essere testimoni di questo ideale passaggio di consegne tra il Paese che è stato - ma che non tornerà più - e quello che potrà diventare”. E’ così che la Case Nuove demolita lotta per risorgere, come l’Araba Fenice, solo grazie alle proprie forze. Ha la fortuna di essere sostenuta dalla passione di persone piene di coraggio, come Pedro ed i suoi figli, che hanno deciso di rimanere qui e di viverla appieno. Per noi loro hanno già vinto. Ma ora è tempo che le Istituzioni si diano una mossa: dopo aver delocalizzato serve ricostruire questo Paese, e occorre farlo attorno a tutti gli abitanti che orgogliosamente rivendicano la scelta di rimanere. E di viverci. Serenamente. Norman Di Lieto
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