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TRAKS MAGAZINE #14

C'è Monica P e il suo nuovo video "Tutto il resto rende più denaro" in copertina del nuovo numero di TRAKS MAGAZINE, il numero #14, che vede interviste anche con PSLab, The Road Connection, Katia Pesti, Massimiliano Cusumano, Ginez e il bulbo della ventola, Alcesti, In3pido. Nutrita anche la sezione recensioni, questo numero con Calcutta, Funnets, Mac and the Bee, Praino, De Grinpipol.

C'è Monica P e il suo nuovo video "Tutto il resto rende più denaro" in copertina del nuovo numero di TRAKS MAGAZINE, il numero #14, che vede interviste anche con PSLab, The Road Connection, Katia Pesti, Massimiliano Cusumano, Ginez e il bulbo della ventola, Alcesti, In3pido. Nutrita anche la sezione recensioni, questo numero con Calcutta, Funnets, Mac and the Bee, Praino, De Grinpipol.

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Monica P<br />

PSLab<br />

The Road Connection<br />

Katia Pesti<br />

Massimiliano Cusumano<br />

No. 14 - GIUGNO 2018<br />

www.musictraks.com


4<br />

Monica P<br />

indice<br />

Audio Hi Tech<br />

33<br />

8<br />

PSLab<br />

Video<br />

34<br />

12<br />

14<br />

16<br />

18<br />

19<br />

20<br />

21<br />

22<br />

26<br />

28<br />

30<br />

32<br />

The Road Connection<br />

Katia Pesti<br />

Massimiliano<br />

Cusumano<br />

Funnets<br />

Mac and the Bee<br />

Praino<br />

De Grinpipol<br />

Calcutta<br />

Ginez e il bulbo della<br />

ventola<br />

Alcesti<br />

In3pido<br />

Tour<br />

<strong>TRAKS</strong> <strong>MAGAZINE</strong><br />

www.musictraks.com<br />

info@musictraks.com


intervista<br />

Monica P<br />

Il mondo è<br />

capovolto e ho<br />

dovuto adeguarmi<br />

Rosso che non vedi è il terzo album<br />

di Monica P, cantautrice nata<br />

a Torino ma con un background<br />

che passa per la West Coast e l’Inghilterra.<br />

Nelle dieci tracce del disco,<br />

prodotto da Antonio Gramentieri,<br />

si incontrano sensazioni di<br />

vario tipo ma soprattutto un lavoro<br />

coerente e maturo.<br />

Ti sei messa a testa in giù nella<br />

copertina di “Rosso che non<br />

vedi”: che cosa hai visto, da<br />

questo mondo al contrario? E<br />

già che ci siamo, qual è il “Rosso<br />

che non vedi”?<br />

In realtà è il mondo che è capovolto,<br />

quindi per guardarlo ho dovuto<br />

adeguarmi ;) Il rosso che alcuni<br />

fingono di non vedere comunque<br />

si vede benissimo anche da dritti:<br />

corruzione, falsità, superficialità,<br />

ma anche amore, passione, paure,<br />

emozioni che riconoscere comporterebbe<br />

una certa scomodità e<br />

il guardarsi dentro a fondo mettendosi<br />

in discussione. Cose che si<br />

può quindi scegliere se guardare o<br />

ignorare.<br />

Hai fatto scelte più “mature”<br />

per le sonorità di questo disco:<br />

pianificato a tavolino o risultato<br />

di scelte spontanee?<br />

Attraversando i miei tre dischi mi<br />

sono sempre permessa il lusso di<br />

essere me stessa, mai nessun tavolino,<br />

al massimo un divanetto ;)<br />

Ogni album racconta inevitabilmente<br />

di me e del mio mondo, di<br />

quello che vedono i miei occhi e<br />

“Tutto il resto rende più denaro” - Monica P


intervista<br />

che sentono le mie viscere. In questo<br />

ultimo disco ho usato semplicemente<br />

una chiave diversa, più diretta<br />

e meno ermetica, a volte ironica<br />

o sarcastica, per descrivere la realtà.<br />

Le sonorità si adeguano al modo in<br />

cui voglio comunicare quello che<br />

ho da dire e all’atmosfera che voglio<br />

creare nei brani, e ovviamente<br />

al mio gusto personale.<br />

Il mondo che esce dalle canzoni<br />

di questo disco può sembrare<br />

tra la decadenza e il disastro.<br />

Hai davvero una visione così<br />

pessimista?<br />

Ti invito a riascoltare le canzoni<br />

leggendole con il tono con cui<br />

le ho scritte io: ti accorgerai che<br />

questo non è affatto un disco pessimista,<br />

anzi, molto realista, in cui<br />

descrivo la confusione e l’assurdità<br />

della società in cui siamo tutti<br />

immersi oggi. La mia intenzione è<br />

piuttosto polemica e provocatoria,<br />

sfocio addirittura nel tragicomico<br />

in Tuttofare. Anzi, a dirtela tutta, a<br />

me non viene in mente un modo<br />

altrettanto leggero per descrivere la<br />

tragicità e la confusione di un mondo<br />

così delirante, in cui - a cominciare<br />

dai vertici - si continua a “fare<br />

apparire solo quello che conviene”,<br />

a “brindare e bere mentre il mondo<br />

crolla a pezzi”, a “restare zitti o<br />

urlare come pazzi” (citaz. Devo essere<br />

così). In alcuni brani c’è persino<br />

un’apertura sognante e di speranza,<br />

un invito alla riflessione personale<br />

che conduce all’idea positiva di una<br />

soluzione, una parentesi di tranquillità<br />

e genuinità in mezzo a tutto<br />

questo casino. Tutto questo per<br />

dirti che sono un’ottimista ;) Adesso<br />

però una domanda te la faccio<br />

io: la situazione sociale e politica a<br />

te sembra così rosea?<br />

Qui le domande le faccio io! Per<br />

esempio: come nasce “Rivoluzione”?<br />

Rivoluzione nasce di<br />

getto, come molte delle<br />

mie canzoni; è la descrizione<br />

autobiografica di un modo di<br />

essere, ma è anche un urlo disperato<br />

che vorrebbe risvegliare un’umanità<br />

che si è assopita tra i selfie e gli<br />

inceneritori.<br />

Nel tuo nuovo video, “Tutto il<br />

resto rende più denaro” ci sono<br />

tanti simboli e tante allusioni figlie<br />

dell’attualità. Basta nascondere<br />

il viso per proteggerci dalla<br />

realtà?<br />

No, anzi. Quella di “Tutto il resto<br />

rende più denaro” è una realtà che<br />

dobbiamo guardare chiaramente in<br />

faccia, una realtà di cui siamo perfettamente<br />

consapevoli, fatta di falsità<br />

e corruzione, delle cose inutili e<br />

dell’apparire. Una superficie scivolosa<br />

ma ben definita, fatta di ruoli e<br />

maschere che non tutti vorremmo<br />

indossare, ma di cui ognuno di noi<br />

infine diventa parte, poiché l’alternativa<br />

sarebbe vivere su un altro<br />

pianeta.<br />

6 7


intervista<br />

PSLab<br />

PSLab, ovvero un nuovo concept<br />

di studio di registrazione: a Curno<br />

(Bergamo) è nata un’attività a<br />

tutto tondo che si svincola dall’offerta<br />

basica dello studio “vecchia<br />

maniera”. PSLab integra una rete<br />

di servizi coordinati al progetto<br />

musicale del cliente: immagine,<br />

social-networking, brand apparel,<br />

live show. Jacopo Tonon e Jacopo<br />

D’Armento, i due ideatori di PSlab,<br />

ci parlano di come possono aiutare<br />

i giovani artisti a dar vita alla propria<br />

carriera. Come nasce e come<br />

si sviluppa PSlab?<br />

Lo studio nasce sulle spalle di “PaperShapes”<br />

un duo di producer<br />

e tecnici del suono, che militano<br />

nell’ambiente da quattro anni. Ormai<br />

convinti e motivati a voler<br />

qualcosa di più, abbiamo sentito<br />

l’esigenza di creare un luogo dove<br />

convogliare gli stimoli e la realtà<br />

della scena musicale di Bergamo ai<br />

fini di nutrire i progetti artistici con<br />

cui veniamo a contatto. PSlab è un<br />

luogo dove musicisti, illustratori,<br />

video-maker, o più semplicemente<br />

artisti, possono condividere la propria<br />

passione e lavoro, partecipando<br />

ai progetti artistici in collaborazione<br />

con PSlab. Vediamo questa<br />

realtà come una svolta e un punto<br />

di partenza per quegli artisti della<br />

bergamasca (e, ci si augura, non<br />

solo) che non hanno ancora avuto<br />

modo, o possibilità, di introdursi a<br />

pieno in questo mondo.<br />

Qual è la vostra proposta per i<br />

giovani artisti?<br />

PSlab si definisce “smart studio”:<br />

integriamo una rete di servizi coordinati<br />

al progetto musicale del<br />

cliente. Immagine, social-networking,<br />

brand apparel, live show sono<br />

ormai ingredienti imprescindibili<br />

nel cocktail del successo. Forniamo<br />

ai giovani artisti tutti gli strumenti<br />

per muoversi nel panorama musicale,<br />

con il vantaggio<br />

di affidarsi a un’unica<br />

consulenza che abbatte<br />

l’ostacolo delle tariffe,<br />

che da sempre taglia fuori i giovani<br />

dalle dinamiche degli studi di registrazione<br />

e tutti i servizi correlati<br />

prima citati.<br />

Non vi limitate a offrire semplicemente<br />

un supporto “musicale”<br />

con uno studio di registrazione<br />

ma offrite un’assistenza a<br />

360 gradi: come si articola?<br />

La nostra filosofia ci ha permesso<br />

di collezionare un discreto numero<br />

di stakeholders e collaborazioni.<br />

Virtù alla base della nostra offerta,<br />

8<br />

9


intervista<br />

infatti, è il networking con le realtà<br />

che operano nell’ecosistema musicale:<br />

giovani professionisti esterni<br />

allo studio, tra i quali videomaker,<br />

musicisti, art director ed operatori<br />

del live entertainment. Ormai un<br />

prodotto musicale, senza una giusta<br />

correlazione di video, brand<br />

identity, socialmedia strategy e PR<br />

activities non riesce ad affermarsi<br />

e risulterà non all’altezza del<br />

mercato. La nostra esperienza, e il<br />

nostro percorso di studi, ci abilità<br />

a guidare l’artista a trattare tutti<br />

questi aspetti, portandolo ad affacciarsi<br />

alle etichette discografiche,<br />

che ormai richiedono<br />

artisti con un<br />

background solido<br />

e definito. Dallo<br />

studio della produzione<br />

allo stile del<br />

cantato, dalla promozione<br />

alla linea<br />

editoriale da seguire,<br />

PSlab sarà sempre<br />

attento a cucire<br />

il vestito perfetto<br />

per il giovane artista che si affida<br />

alla sua esperienza.<br />

Avete nuovi progetti in previsione?<br />

Ce ne potete parlare?<br />

Ovviamente le idee per il futuro<br />

sono moltissime. Quelle più vicine<br />

e in via di concretizzazione sono<br />

lo sviluppo di una linea di abbigliamento<br />

in collaborazione con<br />

giovani visual artists di Bergamo,<br />

con l’obiettivo di creare un forte<br />

legame identitario tra lo studio, il<br />

sound di PSlab e di conseguenza<br />

tutti i suoi artisti. In secondo luogo<br />

stiamo lavorando alla creazione di<br />

un format LIVE, che prenderà vita<br />

sotto forma di piccole LIVE-VE-<br />

NUES, con 20/30 spettatori direttamente<br />

sulla terrazza dello studio<br />

(con vista città alta), dove gli artisti<br />

di PSlab possano cimentarsi a proporre<br />

dal vivo la propria musica.<br />

Se doveste dare un consiglio a<br />

un artista che inizia il proprio<br />

percorso, quale sarebbe?<br />

Il consiglio è quello di non pensare<br />

a quello che sarà il risultato del<br />

proprio operato come artista; bensì<br />

di concentrarsi a creare<br />

una identità basata<br />

su qualcosa di vero: un<br />

disagio, un messaggio, un<br />

ideale. Questo deve esse- re<br />

il punto di partenza. Deve essere<br />

qualcosa di profondamente personale.<br />

Siamo abituati a pensare più al<br />

risultato del successo che sul motivo<br />

di quest’ultimo. Se il messaggio<br />

c’è PSlab aiuta l’artista a renderlo<br />

appetibile e visibile.<br />

10<br />

11


intervista<br />

The Road Connection<br />

Si chiama Zero il nuovo disco di<br />

The Road Connection, quintetto<br />

romano che pesca volentieri<br />

dal rock e dal blues per le proprie<br />

composizioni.<br />

“Zero” è presentato come in<br />

perfetta continuità con il vostro<br />

disco di due anni fa, “Movin’”.<br />

Ma che cosa è cambiato nella<br />

band in questi due anni?<br />

Be’ sicuramente siamo maturati<br />

musicalmente. c’è una maggiore<br />

sintonia tra noi, dopo tanta musica<br />

e tanti concerti insieme. Ci conosciamo<br />

molto meglio e siamo in<br />

grado di portare ognuno il proprio<br />

gusto musicale in ogni canzone che<br />

scriviamo. Abbiamo suonato, abbiamo<br />

litigato, ci siamo supportati<br />

a vicenda, insomma siamo diventati<br />

come una famiglia, con tutti i pro e<br />

i contro che questo comporta.<br />

Qual è il vostro metodo di composizione?<br />

Come nascono le vostre<br />

canzoni?<br />

La maggior parte dei brani di Zero è<br />

nata dalla chitarra acustica del<br />

nostro cantante Lorenzo, il quale si<br />

è presentato in sala prove con le<br />

canzoni molto scarne, poco più che<br />

tracce di voce e chitarra, poi ognuno<br />

di noi ha contribuito a sviluppare<br />

le idee di base fino ad arrivare a<br />

quello che potete sentire oggi<br />

nell’album. Altre volte siamo partiti<br />

da riff di chitarra di Emiliano,<br />

diciamo che non c’è un “metodo<br />

standard”.<br />

Come nasce “Fallin’” e che significato<br />

ha per voi?<br />

Fallin’ è una canzone particolare,<br />

ogni volta che la suoniamo, che sia<br />

a un concerto o soltanto alle prove,<br />

si crea un’atmosfera particolare,<br />

magica. Se vogliamo è come se si<br />

creasse un piccolo mondo in cui<br />

ognuno di noi si lascia cullare dalla<br />

musica. È una di quelle canzoni<br />

che, mentre le stai scrivendo, non<br />

sai bene dove andrai a parare, ma<br />

mentre vai avanti tutti<br />

i pezzi si incastrano<br />

perfettamente. È una<br />

canzone dedicata a tutti i<br />

musicisti che stanno<br />

cercando la propria “voce”, la<br />

propria “strada”, forse per questo<br />

si crea<br />

qualcosa di speciale quando la<br />

suoniamo, è dedicata anche a noi.<br />

Benché sia evidente il vostro<br />

gusto per la musica anglosassone,<br />

c’è qualcosa che vi piace<br />

particolarmente della musica<br />

italiana di oggi?<br />

Nella musica italiana di oggi ci<br />

piace molto il fermento che c’è<br />

nella scena indipendente, ci sono<br />

molte cose interessanti da sentire.<br />

12<br />

13


intervista<br />

Katia Pesti<br />

Se il titolo è sintomatico del significato<br />

del disco, qual è l’abisso<br />

dal quale sei risalita?<br />

E’ incredibile come una sola parola<br />

possa alimentare tanta curiosità! Sì<br />

certo Abyss è il titolo, rappresentato<br />

anche simbolicamente nella sua<br />

forma grafica; uno spunto extra<br />

musicale che è servito a dare un<br />

titolo questo progetto. Abyss è partito<br />

dall’idea di riprodurre al pianoforte<br />

suoni primordiali arcaici e<br />

contemporanei al tempo stesso.<br />

Mi sembra palese la volontà di<br />

comporre un disco di pianoforte<br />

ma non soltanto di pianoforte...<br />

Il pianoforte è il mio strumento.<br />

Ho iniziato a suonarlo per gioco<br />

da bambina per proseguire poi in<br />

Conservatorio; ho seguito quindi<br />

un percorso di studi accademici,<br />

per poi distaccarmene. Finiti gli<br />

studi accademici infatti ho continuato<br />

in una direzione del tutto<br />

personale, istintiva e libera, ma<br />

sempre rigorosa, di quel rigore che<br />

ho appreso studiando la musica dei<br />

grandi compositori della musica<br />

classica e non solo. Il felice imprinting<br />

ricevuto da piccola credo abbia<br />

influito sul mio rapporto con la<br />

musica e il pianoforte. Da grande,<br />

il gioco si è trasformato in ricerca e<br />

sperimentazione e non ho mai perso<br />

quel punto di vista legato al gioco.<br />

Compongo il più delle volte direttamente<br />

al pianoforte, trovando<br />

in esso il rispecchiamento del mio<br />

pensiero, che sviluppo seguendo<br />

una fantasticheria iniziale. In alcuni<br />

casi faccio risuonare le corde del<br />

pianoforte insieme ad altri oggetti<br />

poggiati sopra.... piccole cose che<br />

vado via via cercando nelle mie cosiddette<br />

“camminate musicali”.<br />

I titoli delle composizioni lasciano<br />

trasparire una certa materialità:<br />

da dove nasce questa<br />

“voglia di materia”?<br />

Credo di averti risposto parlandoti<br />

delle mie camminate e quindi della<br />

mia abitudine di cercare oggetti<br />

che inserisco nelle corde. Questi<br />

oggetti infondo perdono la loro<br />

funzione originale e diventano materia<br />

sonora e vibrante. Siamo fat-<br />

ti di impronte, ossa,<br />

sangue... forse anche di<br />

stelle e pietre lunari... in<br />

un continuo rapporto sinestetico,<br />

empatico, risonante.<br />

Come nascono le collaborazioni<br />

con Gabin Dabirè ed Elaine Trigiani?<br />

Parlando di camminate musicali...<br />

diciamo che ho avuto la fortuna di<br />

incontrare Gabin Dabiré ed Elaine<br />

Trigiani. La voce di Elaine possiede<br />

un’inflessione che corrisponde<br />

al suono che avevo in testa quando<br />

ho scritto il testo di Rolling. Gabin<br />

Dabirè l’ho conosciuto grazie ad<br />

Aldo Coppola. Una felice collaborazione<br />

con un grande artista;<br />

voce e pianoforte sintetizzati in un<br />

unico timbro. Nei brani interpretati<br />

da Dabirè è evidente il legame<br />

timbrico che si è creato. La formula<br />

di questo legame è nella sintesi tra<br />

la voce africana di Gabin e la voce<br />

del mio pianoforte. Questa nuova<br />

formula ha dato il “La” per avviare<br />

una collaborazione più ampia con<br />

un primo concerto a Roma.<br />

14 15


intervista<br />

Massimiliano<br />

Cusumano<br />

Massimiliano Cusumano pubblica<br />

The Island Tales, dieci composizioni<br />

per lo più strumentali influenzate<br />

dai climi mediterranei.<br />

Il disco nasce da idee di mescolanza,<br />

soprattutto collocate in<br />

quella terra d’incontri che è la<br />

Sicilia. Quali le ispirazioni originarie<br />

del disco?<br />

Come affermi tu correttamente la<br />

Sicilia è una terra d’incontri. Questa<br />

particolare dimensione, che è<br />

sia geografica che culturale, rende<br />

la mescolanza e la fusione di idee<br />

e sentimenti molto agevole a chi le<br />

porge l’orecchio. Le melodie presenti<br />

in questo lavoro tentano di<br />

evocare queste culture che hanno<br />

arricchito la storia della mia terra<br />

C’è un’aria molto morbida in<br />

quasi tutte le composizioni del<br />

disco. Dove hai elaborato nelle<br />

varie fasi del disco e quanto sei<br />

stato influenzato dall’ambiente?<br />

Quasi tutte le composizioni nascono<br />

in momenti particolari. Penso<br />

che il denominatore comune a tutte<br />

sia il momento in cui mi allontano<br />

da me stesso, quando la mia attenzione<br />

si rivolge ad altro, al paesaggio,<br />

ai colori e ai sapori del luogo<br />

in cui vivo. Immagino delle storie<br />

cercando di commentare con la<br />

musica le diverse sensazioni che ne<br />

ricevo. Mi capita spesso di definire<br />

le idee durante la permanenza in<br />

magici come Marettimo, un’isola<br />

che riesce a rigenerarmi, a farmi<br />

apprezzare il senso della bellezza, a<br />

riportare il tutto ad uno stadio primordiale<br />

non viziato da una quotidianità<br />

scettica e indifferente.<br />

Come nasce “Afrika”?<br />

La composizione di Afrika si distingue<br />

un po’ da quella di tutti gli<br />

altri brani, questo è evidente vista<br />

la presenza del canto. Durante la<br />

sua composizione ero alla ricerca<br />

di suoni che non riuscivo a trovare.<br />

Qualcosa mi riportava alle voci del<br />

mercato ma non erano esattamente<br />

quelle. Poi l’incontro con Doudou-<br />

Diouf: entrando in studio è stato<br />

chiaro e naturale. Si è annullata<br />

qualsiasi differenza culturale e geografica<br />

e insieme abbiamo riporta-<br />

to a casa quelle voci e<br />

quelle melodie che faticavano<br />

a trovare posto.<br />

Puoi raccontare della<br />

“squadra” che ti ha accompagnato<br />

per il disco? Saranno con<br />

te anche dal vivo?<br />

All’inizio l’idea di “Island Tales”<br />

non era proprio del tutto definita.<br />

Era stata pensata come qualcosa<br />

che sarebbe rimasto per pochi intimi.<br />

Quando proposi al mio vecchio<br />

amico sassofonista - Raffaele Barranca<br />

- la pre-produzione di alcuni<br />

brani ero un po’ imbarazzato, entrambi<br />

avevamo fatto cose molto<br />

diverse da quelle che stavamo per<br />

fare. In realtà da lì a poco ci siamo<br />

ritrovati più uniti che mai insieme a<br />

Davide Femminino (contrabasso)<br />

e Iano (batteria). Insieme abbiamo<br />

pensato che Island Tales non poteva<br />

concludersi con le ultime note<br />

registrate in sala. In quel momento<br />

ci siamo resi conto che era nato<br />

The Island Tales Group, in quanto<br />

tutti avevano raccontato qualcosa<br />

in questo lavoro.<br />

16<br />

17


ecensioni<br />

Funnets<br />

Wanji significa “uno” nella lingua<br />

dei Sioux Lakota ed è questo il titolo<br />

scelto dai Funnets per il loro<br />

nuovo disco. L’album, il secondo<br />

della band, si bagna in acque rockfunk<br />

e affronta la sfida del concept<br />

album. Shamans Song apre il disco<br />

su sensazioni tribali che si mescolano<br />

però con idee rock robuste<br />

e dirette. Apertura di basso slappato<br />

e parossismo sonoro improvviso<br />

in F.O.W., calata in atmosfere<br />

hardcore, anche se con cambi di<br />

rotta improvvisi. Doubtful Waves<br />

assomiglia a una ballad, che tuttavia<br />

avanza per ondate successive e<br />

affronta cambi di ritmo e momenti<br />

differenti, affrescandosi come brano<br />

di una certa profondità. Rumori<br />

e sforzi caratterizzano un intermezzo<br />

teatrale e recitato a due voci,<br />

Shiny Monkey. Arriva Green Pig,<br />

ricca di effetti e di echi e nostalgica<br />

degli anni Novanta. Anche in questo<br />

caso, comunque, non mancano<br />

doppi fondi nella struttura della<br />

canzone. Si torna a un funk/hardcore<br />

con Capital Affair, cesellata<br />

in modo da seguire umori diversi<br />

e altalene sonore. Più diretta Shamarro,<br />

anch’essa in territorio funkrock.<br />

Byzantine, come promette<br />

il titolo, si diffonde in percorsi che<br />

prevedono svolte improvvise, sorprese,<br />

assoli di chitarra, influenze<br />

progressive e molto altro. Chiusura<br />

ancora in tema funky con Ornitophobia,<br />

finale particolarmente<br />

scatenato di un disco che certo non<br />

si tira indietro quando c’è da picchiare<br />

forte. I Funnets pubblicano<br />

un disco a molti strati, con tendenze<br />

barocche ma anche con grandissima<br />

energia, notevole abilità e una<br />

certa ispirazione, che risulta efficace<br />

e molto fantasioso.<br />

Mac and the Bee<br />

Mac and the Bee pubblicano il<br />

nuovo disco One of the Two, con<br />

otto brani tra electro e rock. Nati<br />

nel 2012 con l’obiettivo di dar vita<br />

a un progetto di elettronica pura,<br />

hanno affrontato molte evoluzioni.<br />

Si parte da un’ambigua Feel You,<br />

carica di suoni taglienti e portata a<br />

una certa acidità. Più diretta, anche<br />

se con ritmi irregolari, Unleashed,<br />

che dopo un avvio elettrico e fluido<br />

si infila in un tunnel quasi edm.<br />

Tutt’altri toni quelli di Asleep, più<br />

vicino al synth pop antico e moderno.<br />

Le cose si fanno dispari e<br />

oscure con Be like them, che ha<br />

tratti new wave e synth pop. In apparenza<br />

più tranquilla, Body Parts<br />

fa perno sui movimenti della sezione<br />

ritmica e del basso in particolare.<br />

Something new fa registrare<br />

una progressione iniziale importante<br />

prima che qualche ripensamento<br />

consenta alla voce di entrare. I<br />

wish sceglie di nuovo atmosfere<br />

ambigue e compromettenti, facendo<br />

crescere un sound ribollente un<br />

poco alla volta. Si chiude con una<br />

Noisy movimentata e acidula. Il<br />

disco di Mac and the Bee porta alla<br />

luce composizioni fresche e originali,<br />

con una buona cura del sound.<br />

18 19


ecensioni<br />

Praino<br />

In passato ha collaborato con Santino<br />

Cardamone e Il parto delle<br />

nuvole pesanti: Praino arriva al<br />

suo esordio discografico. Il disco<br />

di Praino è una collezione di (sette)<br />

brani di cantautorato fantasioso<br />

e spesso spumeggiante. Si parte<br />

con una sciolta Agnello, racconto<br />

da domenica mattina che mescola<br />

dub, itpop e perfino un po’ di sensi<br />

psichedelici. Il finale è invece tirato<br />

ed elettrico, facendo presumere che<br />

la mescolanza non spaventerà Praino<br />

nemmeno nel resto dell’album.<br />

Spleen invece è elettrica fin dall’inizio<br />

ma riesce a crescere lo stesso.<br />

Torna il reggae con Disagio<br />

Monolocale, che riempie le linee<br />

con versi fitti. Radical chic sviluppa<br />

dinamiche più malinconiche<br />

ma anche ironiche, a dimostrare<br />

come certe categorie di persone<br />

non cambino a dispetto del procedere<br />

delle generazioni. Più sciolti<br />

gli atteggiamenti di Faccio fatica,<br />

che pure accoglie istanze melodiche<br />

e malinconiche quasi sottopelle,<br />

soprattutto in forma di archi.<br />

Martedì alle tre (dormi piccola<br />

universitaria) parte con citazioni<br />

in tralice (per esempio Ciuri Ciuri),<br />

per un intermezzo strumentale<br />

più che altro mattutino. Si chiude<br />

su note amare con Do disdetta,<br />

ricca di particolari alimentari e quotidiani,<br />

tutti letti con la lente della<br />

nostalgia, con un po’ di rabbia<br />

scaricata in modo elettrico. Storie<br />

familiari e di oggi popolano i racconti,<br />

scritti da vicino, di Praino,<br />

che spesso si dimostra affabulatore<br />

senza perdere in sincerità e senza<br />

debordare da canzoni solide.<br />

De Grinpipol<br />

Dopo 5 anni di silenzio De Grinpipol<br />

riappaiono sulla scena<br />

musicale con un nuovo album:<br />

Elephants. Il disco si apre con<br />

un’introduzione all’insegna di un<br />

folk “rumoroso”, appoggiato sul<br />

chiacchiericcio casuale: ecco Palo-matic.<br />

Con Divine i discorsi si<br />

fanno più induriti, il brano si immerge<br />

in sonorità stoner, anche se<br />

sono palesi profilazioni psichedeliche.Con<br />

M_F si cambia decennio:<br />

le evoluzioni garrule del pezzo<br />

portano in territorio più vicino a<br />

quello<br />

cantato<br />

dai Pulp<br />

dei 90s. A<br />

Wonder is About to<br />

Start vede la chitarra<br />

pronta a prendersi la<br />

scena nella seconda<br />

parte. Movimenti ritmici<br />

continui e libertà<br />

di svisata nella molto<br />

rumorosa e seguente<br />

Place to Forget. Scelta<br />

dell’italiano per il testo<br />

di Quello che importa,<br />

ma non più di tanto, con chitarra<br />

acida e atteggiamento new wave.<br />

Molto più urlata e sanguigna Something<br />

High, Something Low,<br />

un pezzo di power pop stavolta<br />

elettrico e senza sovrastrutture. La<br />

breve Hooray, con un drumming<br />

molto sonoro, riporta il discorso su<br />

atmosfere più allegre. Si chiude con<br />

Sunrise, ancora con chitarra protagonista,<br />

finale fluido per un album<br />

potente. Ottimo lavoro per De<br />

Grinpipol, con un disco in grado di<br />

trovare il bandolo della matassa.<br />

20 21


ecensione<br />

Calcutta<br />

Tutti parlano di Calcutta. C’è una<br />

specie di curiosità morbosa verso<br />

questo ragazzo di Latina, la necessità<br />

di avere per forza un’opinione<br />

sulle nuove canzoni, sul tour più<br />

surreale di sempre (sono previste<br />

due date, una allo Stadio di Latina<br />

e una all’Arena di Verona), sul<br />

nonsense applicato con dedizione<br />

ragionata. Eppure. Da Mainstream<br />

a Evergreen il passaggio è come<br />

una gita in montagna, quando cammini<br />

per tanto tempo su una strada<br />

sterrata e all’improvviso riprende<br />

l’asfalto. Si fa fatica lì per lì ad abituare<br />

le gambe al sentiero di tipo<br />

diverso, poi si prosegue e diventa la<br />

nuova normalità. Mentre con Mainstream<br />

si aprivano le porte a quello<br />

che ancora non aveva un genere di<br />

riferimento e degli artisti da poter<br />

collocare a fianco di Calcutta, ora<br />

le fila dell’indie, se ancora così possiamo<br />

definirlo, sono ben tornite,<br />

quasi più affollate di quelle più tradizionali<br />

e rassicuranti, e le mezze<br />

frasi mescolate a melodie in cui la<br />

presa di posizione non è sempre<br />

scontata non spaventano più, si<br />

lasciano semplicemente ascoltare.<br />

Inutile la critica, inutili gli schieramenti:<br />

Evergreen è un lavoro ben<br />

pensato, ben scritto e ben riuscito,<br />

e se non piace si può solo dar la<br />

colpa, se di colpa si può parlare, al<br />

proprio gusto. Come da che mondo<br />

è mondo è giusto che sia.<br />

Calcutta traccia per traccia<br />

Non è vero che mai ti mancherà il mio<br />

sguardo da lontano e le luci di città<br />

Briciole è una traccia quasi interamente<br />

piano e voce, un’intro rispettosa<br />

e rispettabile come ogni<br />

prima traccia dovrebbe essere. Il<br />

rischio di fidarsi di parole d’amore<br />

da prendere con coscienziosa cattiva<br />

fede.<br />

Poi da me non vieni mai / che poi da te<br />

non è Versailles<br />

Scelta per lanciare il disco, Paracetamolo<br />

è la canzone che definirei<br />

“paracula”, se paracula fosse un<br />

termine da poter usare in una recensione.<br />

La frase di apertura che<br />

somma i principi attivi delle compresse<br />

di Tachipirina ha fatto il<br />

giro dei meme in minor tempo di<br />

quelli che sono stati inventati per il<br />

caso Mattarella/Savona, e l’obiettivo<br />

è stato raggiunto.<br />

Un singolo orecchiabile,<br />

scemo il giusto,<br />

ma non così scemo come<br />

vuol sembrare. Anche qui si parla<br />

di amore, di che altro vuoi parlare.<br />

Battiti che si sommano al contenuto<br />

delle pastiglie.<br />

Mi sono innamorato / mi ero addormentato<br />

di te<br />

Vecchia conoscenza, Pesto da<br />

qualche mese suona ormai nelle<br />

playlist di Spotify. Il buio col pesto<br />

è diventato lo slogan anche di una<br />

famosa compagnia di energia elettrica,<br />

per dire la portata mediatica<br />

di Edoardo. Forse la traccia più simile<br />

a quanto offriva Mainstream,<br />

romantica e straziante, con il pathos<br />

che aumenta grazie all’interpretazione<br />

sempre accorata che lo<br />

caratterizza.<br />

Fammi vedere i calci sui denti che non mi<br />

riesci più a dare<br />

Kiwi è la prima delle tracce in sordina<br />

che da sole valgono l’intero<br />

album. Musicalmente piena, ritmicamente<br />

coinvolgente, con un testo<br />

che a ogni ascolto assume un colo-<br />

22 23


ecensione<br />

re in più, un significato in più. E lo<br />

slogan che potrebbe serenamente<br />

campeggiare su ogni balcone: oh<br />

mondo cane, tu fatti gli affari tuoi<br />

che esplode nel ritornello come<br />

urlo liberatorio. Funziona, con o<br />

senza cuscino davanti alla faccia.<br />

La cosa più bella che hai è la tua saliva<br />

/ che risbatte forte come il mare i miei<br />

pensieri a riva<br />

In ogni disco<br />

che si rispetti ci<br />

deve essere una<br />

traccia da usare<br />

per rimorchiare.<br />

Saliva è utile<br />

allo scopo,<br />

parla di nei, di<br />

baci, del potere<br />

benefico delle<br />

persone che ci<br />

piacciono e che<br />

ci fanno stare<br />

bene. Anche<br />

qui momenti<br />

in cui il testo fa<br />

aggrottare un<br />

po’ la fronte,<br />

ma poi chi se<br />

ne frega, si continua<br />

a cantare, a perdersi, con la<br />

chitarra e il fuoco in spiaggia…<br />

Dateo, l’intermezzo, morbido, leggermente<br />

distorto. E poi si continua.<br />

E non lasciarti a casa mai a<br />

consumare le unghie. Altra piccola<br />

perla, Hubner, un inno al volemose<br />

bbene, nonostante il mondo sia un<br />

posto difficile da vivere. Si suona<br />

poco, ma si parla di Fondi, paese in<br />

provincia di Latina poco conosciuto<br />

ai foresti, della sua stazione, dei<br />

pensieri che scattano quando sei in<br />

viaggio, magari fermo proprio in<br />

una stazione conosciuta da pochi.<br />

Un mare pieno di tracine in cui stare<br />

vicini è la sola possibilità di rimanere<br />

a galla.<br />

Sto perdendo il tempo / e penso che mi va<br />

A vincere il premio miglior singolo<br />

che forse non sarà mai singolo, e<br />

sarebbe anche giusto così, è Nuda<br />

Nudissima, senza ombra di dubbio.<br />

Sinuosamente si insinua nelle<br />

curve di un corpo nudo, con una<br />

chitarra elettrica accennata a far respirare<br />

un’atmosfera diversa rispetto<br />

a quella a cui finora siamo stati<br />

abituati. Ritornello martellante, e<br />

non solo per la cassa.<br />

Antenne che guardano il cielo / E il cielo<br />

che guarda le antenne<br />

Sulla stessa scia prosegue Rai, in<br />

un tuffo nel passato che sembra<br />

quasi riportare ai televisori a tubo<br />

catodico. Un Corso Sempione che<br />

ospita gli studi, i viali alberati, la<br />

sensazione di sentirsi una star.<br />

Musicalmente complessa,<br />

sicuramente<br />

meno immediata.<br />

Servirebbe un secondo più<br />

all’anno / Per fare un respiro profondo,<br />

per rilassare le spalle<br />

Compito di chiudere il disco è affidato<br />

a Orgasmo, anch’essa vecchia<br />

conoscenza degli affezionati, già<br />

uscita come singolo. Che racchiude<br />

nei suoi 3:18 l’essenza di Calcutta.<br />

Il pensiero confuso, lo sfogo liberatorio,<br />

lo slogan che acchiappa,<br />

la riflessione che chiude il cerchio.<br />

Senza un genere, senza una definizione.<br />

Che tanto tutte le strade mi<br />

portano alle tue mutande. È finito<br />

il disco. Non era il primo ascolto,<br />

lo confesso. E non sarà neanche<br />

l’ultimo. Perché Calcutta in qualche<br />

modo sa cosa fare e come farlo, si<br />

fa scattare foto improbabili dalla<br />

mamma con la solita faccia qualsiasi,<br />

e invece è riuscito in un’impresa<br />

che sembra essere talmente avanti<br />

da non essere nemmeno ancora<br />

chiara a molti. E questo, bisogna<br />

ammetterlo, si chiama talento.<br />

Chiara Orsetti<br />

24<br />

25


intervista<br />

Ginez e il bulbo<br />

della ventola<br />

Qual’è la storia della band?<br />

La storia della nostra band, credo<br />

che sia un po’ la storia di tutte le<br />

band, rispondendo io, come Ginez<br />

a questa domanda, posso raccontarne<br />

il mio pezzetto. Un giorno<br />

finii in ospedale, terapia intensiva,<br />

quando uscii cominciai a scrivere<br />

delle canzoni. Decisi di farlo perché<br />

penso che fosse quello che da<br />

sempre stimolava la mia esistenza,<br />

ma visto che ho avuto sempre una<br />

vita piuttosto piena, non avevo mai<br />

dedicato tempo a questo desiderio<br />

latente. Forse l’avvicinarsi al fatto<br />

che la vita poteva andarsene, mi ha<br />

spinto a farlo. Da quel momento,<br />

la canzone, che prima per me fu<br />

terapia come ascoltatore, divenne<br />

terapia come compositore. Da lì in<br />

poi, il fatto di avere una band al<br />

mio fianco, che potesse comprendere<br />

e apprezzare tutte le stronzate<br />

che stavo scrivendo, fu necessario<br />

e con Dani, Roby e Fabio, ho trovato<br />

le persone perfette per poter<br />

cominciare il nostro “bulbico viaggio”.<br />

Con quali premesse nascono<br />

sensazioni e idee di “canzoni,<br />

bottiglie e altre battaglie”?<br />

“canzoni bottiglie e altre battaglie”, nasce<br />

fondamentalmente come una<br />

raccolta, non solo di canzoni scritte<br />

e suonate, ma come il luogo<br />

dove depositare un convulso bagaglio<br />

esistenziale, dove mettere<br />

insieme tanti tasselli che compongono<br />

vite e emozioni, che sono trasmesse<br />

nelle storie che queste canzoni<br />

narrano.<br />

Nel disco si respira un’atmosfera<br />

di rimpianto, salsedine, taverne,<br />

cuori infranti e alcool. Tutta<br />

vita vera o c’è del romanzato?<br />

Penso che questa domanda, dovrebbe<br />

essere fatta a chi ci conosce<br />

veramente, o comunque a chi ha<br />

condiviso insieme a me, alcune stagioni<br />

della vita. Credo che le canzoni<br />

non descrivano sempre la verità,<br />

ma credo che sempre la verità<br />

sia scritta in una canzone, chi ascolta<br />

lo sa, non si può mascherare. Il<br />

rimpianto ci accompagna e ci accomuna,<br />

la salsedine l’abbiamo addosso,<br />

siamo nati e cresciuti davan-<br />

ti al mare, le taverne<br />

ci hanno dissetato di<br />

sogni, i cuori infranti ci<br />

hanno reso forti e l’alcool ci<br />

ha conservato vivi fino a oggi.<br />

Che cosa si deve aspettare chi vi<br />

viene a vedere dal vivo?<br />

Chi ci viene ad ascoltare dal vivo<br />

non si deve aspettare nulla, può<br />

scegliere se sedersi ad un tavolo o<br />

davanti al bancone, oppure stare in<br />

piedi, non importa, la cosa importante<br />

e che non gli manchi da bere<br />

e che si lasci andare, tutto il resto<br />

proviamo a farlo noi.<br />

Avete nuovi progetti in cantiere?<br />

Il disco è uscito da un anno, ma è<br />

secondo noi un lavoro che deve essere<br />

ascoltato, e lo stiamo promuovendo<br />

più adesso di quando è uscito.<br />

Sinceramente, ora, quello che ci<br />

interessa di più, è occuparci interamente<br />

ai live, quindi il tempo che<br />

abbiamo a disposizione cerchiamo<br />

di dedicarlo ai concerti. Evidentemente<br />

stiamo già lavorando a pezzi<br />

nuovi. Dico evidentemente perché<br />

alcuni brani nuovi, stiamo già suonandoli<br />

dal vivo.<br />

26<br />

27


intervista<br />

Alcesti<br />

Monumenti è l’ep d’esordio degli<br />

Alcesti, edito da Dischi Soviet Studio:<br />

Marco Ferrante, Mattia Quaglia<br />

e Stefano Cocco riescono a<br />

creare atmosfere ricche di influenze<br />

tipiche del post-rock e del trip-hop.<br />

Dopo un primo demo, “Monumenti”<br />

è il vostro primo ep ufficiale:<br />

sotto quali premesse nasce<br />

e come lo avete realizzato?<br />

Questo ep è nato dalla nostra voglia<br />

di dirigerci verso sonorità e<br />

soluzioni un po’ più pop, senza<br />

però perdere quella che era stata<br />

la nostra ricerca sonora che avevamo<br />

sviluppato fino a quel momento.<br />

Alcune delle idee dei nuovi<br />

pezzi erano già nate a inizio 2017,<br />

ma le abbiamo sviluppate poi nei<br />

mesi seguenti insieme a Martino<br />

dei Non Voglio Che Clara che si è<br />

occupato della produzione e registrazione<br />

del disco. Molto è venuto<br />

fuori in studio. È sicuramente un<br />

disco di transizione, un’esperienza<br />

fondamentale per mettere a fuoco<br />

il nostro sound che ci ha aperto la<br />

strada verso nuove idee e un nuovo<br />

modo di comporre.<br />

Mi sembra che i suoni del disco<br />

siano sì pop, ma anche frutto di<br />

una stratificazione di tanti elementi<br />

sonori diversi: qual è il<br />

vostro modo di comporre?<br />

Solitamente Stefano arriva in sala<br />

con un’idea di base, che sia un giro<br />

di chitarra o una melodia, e poi la<br />

si sviluppa tutti assieme. La differenza<br />

rispetto a come lavoravamo<br />

prima di avventurarci nella produzione<br />

dell’ep è che ora non siamo<br />

così rigidi sulla struttura del pezzo.<br />

Lasciamo che sia lo studio di registrazione<br />

e il lavoro in team che<br />

stiamo proseguendo con Martino a<br />

definire il pezzo e plasmarlo nella<br />

sua versione definitiva.<br />

Che tipo di contributo ha dato al<br />

disco Martino Cuman?<br />

Come avrai sicuramente già capito,<br />

è stato molto importante. Oltre<br />

all’aiuto dal punto di vista delle<br />

scelte sonore e delle liriche, è stato<br />

un vero e proprio mental coach. Ci<br />

ha messo alla prova con noi stessi,<br />

ci ha fatto tirare fuori idee che<br />

magari da soli non avremmo avuto<br />

e soprattutto ci ha<br />

dato una direzione<br />

chiara da seguire.<br />

E’ approfondito anche<br />

il lavoro sui testi. Come nascono<br />

le ispirazioni che hanno portato<br />

a “Talamo”?<br />

Talamo, come molti dei nostri testi,<br />

parla della difficoltà di comunicare.<br />

Nasce immaginandosi un dialogo<br />

tra due persone, in cui una delle<br />

due vorrebbe andare più a fondo<br />

e conoscere l’altra ma non ce la fa.<br />

Tutta la similitudine “spaziale” che<br />

percorre il testo rappresenta questo,<br />

la distanza che a volte sembra<br />

incolmabile ma che molto spesso<br />

è frutto solo dei nostri limiti, un<br />

viaggio nell’immaginazione<br />

28 29


intervista<br />

In3pido<br />

Qual è la storia degli In3pido?<br />

Esperienze musicali diverse e un<br />

incontro artistico casuale, danno<br />

vita al progetto IN3PIDO, definito<br />

scherzosamente dai protagonisti un<br />

“toy-rock senza pretese”. Massimo<br />

e Giancarlo che suonavano assieme<br />

in un precedente gruppo incontrano<br />

Cristiano e Christian nel corso<br />

di una jam session in occasione di<br />

una festa di laurea. Max alla voce<br />

e tastiere, Gianka alla chitarra, Cristiano<br />

alla batteria e Chris al basso<br />

iniziano nel 2015 il loro percorso<br />

musicale assieme, suonando un po’<br />

ovunque in provincia di Vicenza e<br />

nel Veneto, (loro terra natale), eseguendo<br />

cover di brani più o meno<br />

conosciuti. Dopo un breve “rodaggio”<br />

fu subito chiara la direzione da<br />

prendere: proporre musica inedita<br />

frutto della fusione delle quattro<br />

diverse anime artistiche dei componenti<br />

della band. La ricerca di<br />

qualcosa di nuovo e il vissuto dei<br />

quattro musicisti hanno portato,<br />

nell’arco di pochi mesi, alla realizzazione<br />

del primo album degli In-<br />

3pido: Brexit.<br />

Perché “Toy Rock”?<br />

Racconta Chris (bassista) sorridendo:<br />

“Questa definizione è stata il<br />

frutto di una divertente discussione<br />

tra noi; dopo una sessione di prove,<br />

con la complicità di qualche birra,<br />

si diceva che la nostra è una mu-<br />

sica che “non se la tira” e con cui<br />

semplicemente ci divertiamo emozionandoci,<br />

così mi è uscita questa<br />

espressione e, tra le risate di tutti,<br />

abbiamo deciso di etichettare la nostra<br />

musica e il nostro progetto in<br />

questo modo.”<br />

Parliamo di Brexit: cosa vi ha<br />

spinto a scrivere la canzone e<br />

perché avete preso spunto proprio<br />

dall’uscita della Gran Bretagna<br />

dall’Unione Europea?<br />

È successo all’improvviso senza<br />

pensare a quello che stavamo facendo:<br />

in una sessione di prove<br />

Christian con la chitarra acustica<br />

parte con un nuovo Riff. Giancarlo<br />

subito lo segue e con la chitarra<br />

elettrica e “incattivisce” il riff. Erano<br />

passati pochi giorni dal referendum<br />

in Gran Bretagna sulla Brexit<br />

e ascoltando questa nuova musica<br />

di getto mi sono uscite queste parole:<br />

“Uk’s out of Europe”.Da lí<br />

è partita la batteria con un ritmo<br />

serrato.... a un certo punto sembrava<br />

stessimo suonando seguendo<br />

uno spartito, mancava solo di completare<br />

il testo. Il titolo era chiaro:<br />

“Brexit” e il giorno<br />

successivo pensando<br />

alle sensazioni e allo<br />

stupore causati da questo<br />

evento storico ho completato<br />

il testo.<br />

C’è un altro brano che fa perno<br />

sulle notizie di oggi (o di ieri),<br />

cioè Schiaparelli: come nasce?<br />

Schiaparelli è nata da un riferimento<br />

di attualità che ronzava nella<br />

testa di Massimo. Era fine ottobre<br />

del 2016 e su tutte le testate giornalistiche,<br />

radio e TV c’era un gran<br />

fermento per questo evento epocale<br />

che stava per avvenire: l’atterraggio<br />

su Marte, per la prima volta<br />

nella storia, di una sonda spaziale<br />

progettata e costruita in Europa.<br />

Racconta Massimo: “ La delusione<br />

che seguì al fallimento della missione<br />

è rimasta dentro di me anche se<br />

io, con quella missione nulla c’entravo”.<br />

Tutta la canzone è partita<br />

da un riff di Giancarlo (il chitarrista<br />

n.d.r.) da cui il cantante ha preso<br />

ispirazione per creare di getto l’incipit:<br />

“come sia stato non so, uno<br />

schianto su Marte tuonò”.<br />

30 31


live<br />

audio hi tech<br />

Tutti dj<br />

Tour in Italy<br />

(a prezzi decenti)<br />

E’ iniziata la grande stagione dei<br />

festival: ovunque nella Penisola si<br />

tengono eventi ed eventoni ripieni<br />

di ospiti interessanti. Si può partire<br />

dal Lumen Festival di Vicenza,<br />

dal 20 al 24 giugno, con Coma_<br />

Cose, Amari, Ghemon e Joan Thiele.<br />

Dal 7 luglio all’11 agosto 2018<br />

a Locorotondo torna il Locus<br />

Festival, con Ghemon, Baustelle,<br />

Diodato e molti altri. C’è il Gravity<br />

Pop Festival a Olgiate Olona (Varese),<br />

dall’11 al 14 luglio, con Achille<br />

Lauro, Annalisa, Joan Thiele, Junior<br />

Cally, Le Mandorle. Il 14 e 15<br />

luglio ad Alba (Cuneo) c’è Tanaro<br />

Libera Tutti, con Bianco, Selton,<br />

La Notte, Liede. Appuntamento<br />

poi a Genova con il Goa Boa, che<br />

quest’anno parte il 13 luglio, e che<br />

allinea MYSS KETA, Pinguini Tattici<br />

Nucleari, Caparezza, Negrita<br />

Coez, Motta, ComaCose, I Ministri,<br />

Mudimbi, Frah Quintale.<br />

Qualità “DJ” ma prezzi abbordabili?<br />

Non sempre possibile. Ma è<br />

l’obiettivo che Pioneer si è posta<br />

con le HDJ-S7, che a 199 euro<br />

propongono una serie di caratteristiche<br />

non comunissime. Grazie al<br />

driver ad alta definizione da 40mm,<br />

producono lo stesso suono ad<br />

alta risoluzione da 5kHz a 40kHz<br />

del modello di punta over-ear<br />

HDJ-X10. Ideali per il monitoring<br />

nel DJing, queste cuffie consentono<br />

una maggiore separazione di<br />

toni bassi ricchi e frequenze medio-alte<br />

chiare. Il modello HDJ-S7<br />

è stato progettato sulla base degli<br />

input di dj internazionali di tutto<br />

rispetto. Perciò è flessibile e vanta<br />

cuffie on-ear, archetto regolabile e<br />

meccanismo girevole, fissabile a 45<br />

gradi, per indossarle in tutta comodità<br />

e per durare a lungo.<br />

32<br />

33


video<br />

The Strikes, “Be More”<br />

Matteo Fiorino, “Canzone senza cuore”<br />

Moscow Club, “Blu”<br />

Elton Novara, “Papango”<br />

34<br />

35


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