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TRAKS MAGAZINE #19

Nuovo numero per TRAKS MAGAZINE: in copertina Johnny Casini, poi spazio per MAC, Progetto Panico, Francesco Mascio, Umberto Ti., Frances P, Mico Argirò, Canecapovolto, Fab, Zuin, Elena Sanchi e molti altri

Nuovo numero per TRAKS MAGAZINE: in copertina Johnny Casini, poi spazio per MAC, Progetto Panico, Francesco Mascio, Umberto Ti., Frances P, Mico Argirò, Canecapovolto, Fab, Zuin, Elena Sanchi e molti altri

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<strong>MAGAZINE</strong><br />

Numero 19 - novembre 2018<br />

JOHNNY CASINI<br />

senza filtri<br />

MAC<br />

PROGETTO PANICO<br />

FRANCESCO MASCIO<br />

UMBERTO TI.


sommario<br />

4<br />

8<br />

12<br />

16<br />

18<br />

20<br />

22<br />

24<br />

28<br />

32<br />

36<br />

40<br />

Johnny Casini<br />

MAC<br />

Progetto Panico<br />

Francesco Mascio<br />

Umberto Ti.<br />

Frances P<br />

Mico Argirò<br />

Canecapovolto<br />

Fab<br />

Zuin<br />

Elena Sanchi<br />

Quellochesentivo<br />

Questa non è una testata giornalistica poiché viene aggiornata<br />

senza alcuna periodicità. Non può pertanto<br />

considerarsi un prodotto editoriale ai sensi della legge<br />

n. 62/2001. Qualora l’uso di un’immagine violasse<br />

diritti d’autore, lo si comunichi a info@musictraks.com<br />

e provvederemo alla rimozione immediata<br />

<strong>TRAKS</strong> <strong>MAGAZINE</strong><br />

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info@musictraks.com


JOHNNY CASINI<br />

senza filtri<br />

Da Correggio alla California, passando per Londra: “Port<br />

Louis” è il primo ep del musicista emiliano, prodotto da un nome<br />

incredibile come Phil Manzanera e con musicisti internazionali<br />

di grandissimo livello<br />

La prima domanda è d’obbligo:<br />

come succede a un cantante di<br />

Correggio di trovarsi a incidere<br />

un ep prodotto da Manzanera<br />

e accanto a tutti i musicisti che<br />

hanno suonato con te?<br />

È successo che suonando a un<br />

mio concerto circa quattro anni<br />

fa nelle zone della Bassa reggiana<br />

ho avuto la fortuna di incontrare<br />

il mio odierno Manager Claude<br />

Ismael (Youssou N’Dour, Kool &<br />

the Gang, Rita Marley, Barry White,<br />

Frank Zappa, The Cure...). Tra<br />

di noi è nato un bellissimo rapporto<br />

professionale che si è trasformato<br />

poi anche in uno di amicizia.<br />

Attraverso la sua esperienza,<br />

le sue conoscenze e il suo alto<br />

livello professionale nel mondo<br />

del music business è successo che<br />

mi sono ritrovato catapultato nel<br />

mezzo di Londra nello studio di<br />

Phil Manzanera ad incidere “Port<br />

Louis”.<br />

Come nascono le canzoni del<br />

disco? Realizzate ad hoc oppure<br />

412<br />

5


arrivate lungo un percorso lungo?<br />

Le canzoni del disco nascono da<br />

un’elaborazione di un lungo periodo<br />

in cui ho maturato e trascritto<br />

in musica e parole esperienze personali<br />

vissute direttamente.<br />

Il tuo disco “pesca” da sonorità<br />

molto tradizionali del rock.<br />

Quali sono i tuoi ascolti abituali?<br />

Che cosa ti piace della musica<br />

del 2018?<br />

Premetto che amo tutta la musica<br />

in generale e mi incuriosiscono<br />

tutte le nuove tendenze musicali.<br />

Sono un fan del britpop e dell’indie<br />

anglosassone dalle origini a<br />

oggi. Dai Beatles passando per<br />

tutti i decenni successivi per arrivare<br />

a band più moderne come<br />

Arctic Monkeys o Kasabian. Ho<br />

un certo trasporto anche per il<br />

southern rock e del folk americano.<br />

Seguo anche musica di cantautori<br />

Italiani. Nella musica uscita<br />

del 2018 mi piace l’ultimo lavoro<br />

degli Arctic Monkeys, Black Rebel<br />

Motorcycle Club, George Ezra,<br />

Franz Ferdinand, Interpol, The<br />

Vaccines, Cesare Cremonini, Calcutta<br />

e Subsonica.<br />

Vorrei saper come nasce “Dark<br />

Sunglasses”, quasi una sorta di<br />

manifesto di vita…<br />

È vero. Sono contento che sia passato<br />

il mio messaggio. Dark Sunglasses<br />

è un brano pieno di metafore.<br />

Gli occhiali sono come un<br />

filtro da mettere sugli occhi ogni<br />

volta che non vogliamo vedere la<br />

verità. La collina dove piangere le<br />

proprie lacrime di tristezza rappresentano<br />

i vari cambiamenti di<br />

vita. Ho scritto questo brano per<br />

dare una speranza e la forza di poter<br />

togliere gli occhiali un giorno,<br />

di poter vivere senza filtri e di poter<br />

accettare che la vita in sé è un<br />

insieme di grandi cambiamenti.<br />

Questo ep è già una prova piuttosto<br />

concreta del tuo inizio di<br />

carriera. Hai già chiari quali potranno<br />

essere i tuoi passi successivi?<br />

Attraverso la musica il mio obiettivo<br />

è trasmettere i miei sentimenti<br />

e le mie emozioni al pubblico.<br />

Proprio per questo motivo nel<br />

mio prossimo futuro la mia aspirazione<br />

è quella di poter fare tantissimi<br />

concerti e di continuare a<br />

comporre musica.<br />

6<br />

7


MAC<br />

una mina vagante<br />

Un esordio che mescola poesia, sentimenti crudi, problemi di comunicazione:<br />

“Un pianeta su nove”, prodotto da Luca Spaggiari, mette sul<br />

piatto tutta la verità, a volte oscura, di Mario Alessandro Camellini<br />

Scrivi canzoni da quando avevi<br />

15 anni ma prima di arrivare<br />

all’esordio sei passato attraverso<br />

due romanzi pubblicati e svariate<br />

tappe intermedie. Puoi spiegare<br />

il tuo percorso?<br />

La domanda mi pare ad ampio<br />

spettro, ad amplissimo spettro. Mi<br />

spiego. In virtù di una mia deformazione<br />

legata ad aspetti psicologici<br />

ed emotivi sono impossibilitato<br />

a scindere il mio percorso<br />

di vita con quello artistico. I miei<br />

slanci creativi nascono da flussi<br />

che hanno contraddistinto e che<br />

tuttora dipingono il mio vissuto.<br />

Certe dinamiche così intrinseche<br />

fra di loro, come la mia vita<br />

artistica e quella come da essere<br />

umano, non si possono separare.<br />

Detto questo, cercherò di essere<br />

sintetico ma efficace, riservato ma<br />

esaustivo, di conseguenza dovrò<br />

essere fedele alla premessa banale<br />

che ho fatto poc’anzi; raccontarvi<br />

un po’ dei cazzi miei. Figlio di un<br />

ricchissimo poveraccio, la persona<br />

citata non è morta, vive, eccome<br />

se vive. Come è giusto che sia.<br />

Se fosse scomparsa non avrebbe<br />

senso sparare (in senso metaforico!)<br />

a un morto. Ma non voglio<br />

perdere il fragile filo del discorso<br />

che ho imbastito. Cresciuto nel<br />

lusso, in una dimensione che non<br />

può non alienarti, perché sei un<br />

alieno se tuo padre compare su<br />

Forbes sulle loro classifiche della<br />

vergogna. Non conoscevo il reale.<br />

Il vero stato delle cose e del mondo.<br />

Devo ammettere che di tanto<br />

in tanto, quando stavo diventando<br />

un ragazzino, ci sono state certe<br />

contingenze che mi hanno fatto<br />

assaggiare cose che valicano<br />

il confine con il reale. Cose che<br />

attaccano e divorano chiunque,<br />

senza alcuna discriminazione nella<br />

loro scelta; dislessia, obesità,<br />

8<br />

9


insonnia. Alla soglia dei dodici<br />

anni mi sono avvicinato alla musica,<br />

per l’esattezza al pianoforte.<br />

Ho iniziato a studiare in una<br />

realtà la cui natura accademica<br />

e competitiva mi mise in grossa<br />

difficoltà. Guerra in casa, grosse<br />

difficoltà fuori casa. A quindici<br />

anni iniziai a scrivere canzoni, in<br />

realtà cominciai a comporre linee<br />

di pianoforte. La dislessia mi stava<br />

abbandonando, ma avevo ancora<br />

difficoltà a scrivere, perfino<br />

dei testi. A sedici anni vi fu una<br />

svolta, oserei dire un miracolo;<br />

dal giorno alla notte acquistai una<br />

fluidità nello scrivere che solo<br />

qualche mese prima nemmeno<br />

nei sogni l’avrei sfiorata. Per essere<br />

chiaro, alle scuole medie non arrivavo<br />

mai alla sufficienza quando<br />

si trattava del classico tema d’italiano.<br />

E poi mi rivoltavo rabbioso<br />

quando sentivo parlare di tutor o<br />

logopedisti. Senza alcuna ragione<br />

scientifica, da dislessico grave,<br />

incapace di mettere insieme due<br />

concetti in una frase, diventai assai<br />

fluido e proficuo nella scrittura.<br />

Scrivevo canzoni e poesie.<br />

Solo a diciannove anni arrivai a<br />

conoscere la libertà che ti penetra<br />

nelle viscere quando ti dedichi a<br />

un romanzo. Ma facciamo un passo<br />

indietro! La dislessia miracolosamente<br />

mi lasciò libero,<br />

ma passai dalla padella alla<br />

brace. Divenni abulico, persi<br />

sessanta chili in nove mesi. E<br />

poi le prime droghe. E poi la<br />

depressione. E senza accorgermi<br />

divenni una mina vagante.<br />

E sopratutto un uomo. La<br />

musica, le canzoni non hanno<br />

assolutamente, per quanto mi<br />

riguarda, una funzione terapeutica.<br />

Non sublimo il dolore<br />

attraverso la musica. Faccio<br />

musica che prende vita dal dolore.<br />

Scrivo canzoni perché, oltre alla<br />

scrittura, non so fare null’altro; e<br />

in virtù del fatto che non faccio<br />

fatica a tirare fuori canzoni, io<br />

amo le cose facili e non potrei non<br />

godere di questo privilegio che<br />

coccola da un lato il mio ozio, e<br />

dall’altro il mio ego.<br />

In copertina ci sei tu allo specchio<br />

e molte canzoni sembrano<br />

scavare nella tua carne viva. Non<br />

hai nessuna remora nel presentare<br />

te stesso in modo così sincero<br />

e senza filtri?<br />

In virtù di come ho risposto alla<br />

prima domanda vi sembra che<br />

abbia remore a darmi voce con<br />

questa crudezza e questa attitudine<br />

truce che avete colto nelle mie<br />

canzoni? Sono stato un grande<br />

bugiardo, un grande manipolatore,<br />

poi ho deciso di smettere,<br />

perché la menzogna è una droga,<br />

ti ripaga istantaneamente, dopodiché<br />

ti si ritorce contro con un’ira<br />

mortale.<br />

Come nasce “Livore” e perché<br />

hai scelto una canzone così dura<br />

e disperata come biglietto da visita<br />

del disco?<br />

Livore nasce in dieci minuti,<br />

dopo una bottiglia di vino bevuta<br />

a stomaco vuoto. Naturalmente<br />

parlo del testo e della<br />

sequenza di accordi. Poi gli arrangiamenti<br />

sono stati curati da<br />

Luca Spaggiari, il mio produttore.<br />

E Nicola Manzan (Bologna<br />

Violenta) con i suoi violini l’ha<br />

valorizzata al meglio. Per quanto<br />

riguarda la scelta di fare uscire<br />

come primo singolo dell’album<br />

Livore non è stata frutto di una<br />

mia decisione<br />

Che cosa ha offerto il produttore<br />

Luca Spaggiari al tuo disco?<br />

Luca si è occupato della produzione<br />

artistica. Si è dedicato alla<br />

maggior parte degli arrangiamenti<br />

e ha suonato lui stesso le<br />

chitarre, i bassi e i sinth. Parlo<br />

delle registrazioni del disco ovviamente.<br />

E non nascondo che<br />

senza Luca con assoluta e granitica<br />

certezza non sarei qui a rispondere<br />

alle vostre domande.<br />

Tre nomi di cantautori contemporanei<br />

che ti piacciono?<br />

Andrea Appino (da solista), Brunori<br />

ed Emidio Clementi.<br />

10<br />

11


PROGETTO PANICO<br />

“Universo n. 6” è il nuovo lavoro, a distanza di due anni da “Cattivi tutti<br />

quanti”, con un ritorno al suono e all’attitudine delle origini<br />

Due anni dall’ultimo disco: visti<br />

i ritmi della discografia indipendente<br />

è un tempo abbastanza<br />

ridotto. C’è stato qualcosa che vi<br />

ha spinto ad accelerare oppure è<br />

filato tutto liscio durante le lavorazioni<br />

di “Universo n.6”?<br />

In verità a noi è sembrato un tempo<br />

lunghissimo. Il disco era praticamente<br />

pronto appena è uscito<br />

Cattivi tutti quanti in formato<br />

acustico. Abbiamo spedito i pezzi<br />

ad Alessandro Fiori e son volati<br />

via due anni, divisi in tre giorni di<br />

prese in studio, qualche mese di<br />

missaggio e il resto tra meditazione<br />

e cazzeggio.<br />

A proposito: siete stati affiancati<br />

da Alessandro Fiori in questo<br />

nuovo disco: che cosa ha regala-<br />

12 13


to al suono dell’album e comunque<br />

al progetto?<br />

Alessandro ha donato al disco il<br />

suo tocco fiabesco e fuori dal tempo.<br />

Una persona di un umanità<br />

ed empatia fuori dal comune. Dal<br />

lato tecnico ha aggiunto archi,<br />

pianoforte, synth e tutto quello<br />

che gli capitava sotto mano nel<br />

suo studio Rudere, una fucina di<br />

creatività e accuratezza tecnica.<br />

Ma la cosa più interessante che<br />

ha lavorato molto di sottrazione,<br />

alleggerendo dove c’era bisogno<br />

senza snaturare il nostro suono.<br />

Il disco ha scarsissimo rispetto<br />

per le distinzioni fra i generi, per<br />

non dire nessuno. Vorrei sapere<br />

qual è il vostro processo di lavorazione<br />

visto che nel disco una<br />

canzone punk si trova accanto a<br />

una melodica, per poi passare a<br />

una quasi psichedelica e via discorrendo…<br />

Lo facciamo per destabilizzare i<br />

critici musicali ehehe. A parte gli<br />

scherzi, da sempre abbiamo cercato<br />

di giocare con i generi. Abbiamo<br />

gusti molto diversi e cerchiamo<br />

di “vestire” un brano che si<br />

porta in studio, come sembra renda<br />

meglio, o perché semplicemente<br />

quel giorno eravamo più incazzati<br />

di altri. In verità il lavoro su<br />

Universo n. 6 è stato quello dove<br />

si è cercato di essere più aderenti<br />

all’idea uscita dal provino acustico.<br />

Poi, va be’, ogni tanto ci facciamo<br />

prendere la mano.<br />

Mi sembra che il brano “Spettacolare”<br />

abbia una genesi che merita<br />

di essere raccontata…<br />

Spettacolare è nata in un attimo,<br />

distrattamente. Ricordo soltanto<br />

che mi sono detto, non ho quasi<br />

mai scritto un verso che non contenga<br />

una nota d’ombra, di livore.<br />

Ed è arrivata la prima ballata romantica<br />

del progetto, solare, diretta<br />

e senza bava alla bocca... A riascoltarla<br />

ora, mi sembra più punk<br />

di quelle incazzate.<br />

Avete sviluppato una notevole<br />

esperienza dal vivo, anche viste<br />

le band che avete affiancato. Avete<br />

in mente qualcosa di particolare<br />

per il tour di promozione<br />

del disco?<br />

Il set sarà simile ai tour precedenti,<br />

forse con più spazio a parti di<br />

relativa calma. Per il resto la solita<br />

e sana violenza.<br />

14


FRANCESCO<br />

MASCIO<br />

“Wu Way” è il nuovo disco del chitarrista<br />

nato a Cassino, largamente<br />

avviato sulle strade d’Oriente<br />

Da quali ispirazioni nasce il<br />

nuovo disco?<br />

Per quanto riguarda il sound, Wu<br />

Way è ispirato per lo più alla musica<br />

tradizionale cinese; mentre<br />

da un punto di vista concettuale si<br />

tratta di un disco permeato dalle<br />

filosofie orientali come il<br />

buddismo, il taoismo e lo<br />

zen.<br />

Hai costruito le sonorità<br />

del disco utilizzando<br />

molti strumenti singolari<br />

e non utilizzati spesso.<br />

Quali erano i tuoi intenti<br />

nel disegnare le sonorità<br />

del disco?<br />

Avevo in mente un disco<br />

in cui la chitarra fosse al<br />

centro dell’ascolto, ma al<br />

tempo stesso volevo creare,<br />

grazie ai vari strumenti<br />

utilizzati, delle precise atmosfere<br />

sonore che fungessero<br />

da cornice alla<br />

voce della chitarra e da<br />

collegamento ai brani per<br />

dare maggiore coerenza al<br />

concept dell’album.<br />

Vorrei sapere come nasce<br />

“Tiziano Terzani” e che tipo di<br />

influenza ha esercitato su di te la<br />

figura dello scrittore e giornalista<br />

così legato all’Oriente.<br />

In seguito alla lettura di un libro<br />

di questo straordinario personaggio,<br />

ho provato una forte emozione<br />

che, dopo aver preso la chitarra,<br />

quasi senza rendermi conto,<br />

si è lentamente trasformata nella<br />

ballad contenuta nel disco.<br />

Tiziano Terzani mi ha sicuramente<br />

ispirato sia come uomo che<br />

come artista per il suo grande coraggio<br />

verso la ricerca della verità.<br />

Ci sono alcuni ospiti di prestigio<br />

sul tuo disco: come nasce la collaborazione<br />

con loro?<br />

La collaborazione con il disco da<br />

parte di Susanna Stivali, Gabriele<br />

Coen e Sanjay Kansa Banik, nasce<br />

dal fatto che in passato avevo<br />

già avuto il piacere di suonare con<br />

loro, scoprendone la grande sensibilità<br />

artistica; in oltre per alcuni<br />

brani, avevo bisogno di precise<br />

sonorità che erano affini alle loro<br />

caratteristiche stilistiche, così non<br />

ho potuto fare ameno di coinvolgerli<br />

in “Wu Way”.<br />

16<br />

17


UMBERTO TI.<br />

Si chiama “Alaska” nuovo lavoro del cantautore dopo “Cielo incerto”,<br />

prodotto anche in questo caso da Giuliano Dottori<br />

“Alaska” è il tuo secondo lavoro.<br />

Che tipo di approccio hai adottato<br />

e quanto è stato diverso lavorarci<br />

rispetto al tuo esordio?<br />

L’approccio che ho adottato con il<br />

mio nuovo album Alaska è stato<br />

lavorare per immagini, avevo in<br />

mente un’atmosfera “americana”,<br />

motel desolati, piscine abbandonate,<br />

laghi, t-shirt scolorite.<br />

Rispetto al mio primo ep, Alaska<br />

è un album quindi sono nove canzoni,<br />

ci abbiamo lavorato molto<br />

inserendo parti di pianoforte,<br />

Mauro Sansone ha suonato una<br />

batteria compressa, diretta. Alexya<br />

Salari ha fatto i cori su alcuni pezzi.<br />

Insomma ci sono molti più elementi<br />

rispetto al primo disco.<br />

Il disco suona molto rock. E’ sta-<br />

ta una scelta programmatica o ti<br />

sei accorto in corso d’opera che<br />

funzionava meglio così?<br />

Ho deciso sin dall’inizio che volevo<br />

un suono graffiante quindi<br />

abbiamo usato chitarre aggressive,<br />

ma anche qualcosa di noise, voci<br />

doppiate e distorte che dovevano<br />

ben rappresentare l’immaginario<br />

che volevo descrivere.<br />

Come nasce “Principianti”?<br />

Il brano Principianti nasce dal primo<br />

verso che ho scritto che poi ha<br />

dato il via a tutte le altre canzoni<br />

“ In questa storia come due Principianti<br />

ci guardiamo negli occhi<br />

per non sentirci così distanti...” La<br />

canzone sottolinea come in amore<br />

forse, siamo un po’ tutti dei<br />

Principianti. L’atmosfera è molto<br />

veloce, volutamente agitata.Per il<br />

suono mi sono ispirato ad alcune<br />

cose anni Novanta.<br />

Hai “confermato” la produzione<br />

di Giuliano Dottori: che tipo di<br />

dinamica avete sviluppato e che<br />

cosa ha regalato a questo disco?<br />

Con Giuliano Dottori oltre che<br />

una collaborazione professionale<br />

ormai è nata un’amicizia, viaggiamo<br />

sulla stessa lunghezza d’onda<br />

musicale, che ritengo una cosa<br />

molto importante tra produttore<br />

e musicista ,con i suoi arrangiamenti<br />

è riuscito ancora una volta<br />

a tirare fuori l’anima che cercavo<br />

dalle mie canzoni. Giuliano ha<br />

regalato a questo disco l’eleganza<br />

che desideravo.<br />

18<br />

19


FRANCES P<br />

Classe 2000, un esordio in un coro di voci bianche a soli 4 anni ma anche<br />

un’anima R&B molto profonda: con “No regrets like mama” Francesca<br />

Piras mette in mostra voce, anima e determinazione<br />

Sei giovanissima eppure l’impronta<br />

del tuo cantato è piuttosto<br />

“classica”, almeno quanto a<br />

radici. Da che tipo di ascolti arrivi?<br />

Ascolto un po’ di tutto, dal rock al<br />

soul, dal pop all’hip hop, indie: vario<br />

molto. Mi piacciono parecchio<br />

gli Arctic Monkeys, Radiohead,<br />

Bruno Mars, Paolo Nutini, Stevie<br />

Wonder, Laurin Hill, Ed Sheeran,<br />

giusto per citarne qualcuno.<br />

Hai scelto di registrare interamente<br />

in acustico, con pochissime<br />

sovraincisioni: da dove nasce<br />

questa scelta di presentarti “senza<br />

rete”?<br />

Ho deciso di mantenere tutto in<br />

acustico per far sentire la semplicità<br />

con cui sono nati i brani in<br />

camera mia: ho ritenuto che presentarli<br />

così avrebbe mostrato la<br />

semplicità che mi rappresenta.<br />

Inoltre ho preferito fare tutto da<br />

sola per sentire tutto mio, interamente<br />

realizzato da me; forse per<br />

orgoglio, ma sicuramente per motivarmi.<br />

Come nasce “No regrets like<br />

mama” che hai scelto come singolo<br />

di presentazione?<br />

“No regrets like mama” parla di<br />

mia madre, dei suoi sacrifici e della<br />

sua grande etica nel lavoro. È<br />

sempre stata il mio mentore, mi ha<br />

insegnato tanto, soprattutto a lavorare<br />

sodo e seguire i miei sogni.<br />

Dopo il primo ascolto del brano<br />

Scream di Paolo Nutini mi sono<br />

sentita completamente rapita dal<br />

sound, e aggiungendo un pizzico<br />

di Stevie Wonder ho scritto e<br />

composto il brano in pochissimo<br />

tempo. “Nessun rimpianto come<br />

mamma” perché, nonostante tutte<br />

le cose a cui mia madre ha dovuto<br />

rinunciare, è sempre andata avanti<br />

senza rimorsi, rimboccandosi<br />

le maniche e dando tutto, anche<br />

ciò che non aveva per la famiglia;<br />

e per questo, io le sarò sempre riconoscente.<br />

Con questo brano ho<br />

voluto dire “grazie” a mia madre,<br />

dimostrandole tutta l’ammirazione<br />

che provo nei suoi confronti.<br />

Ovviamente ora sei concentrata<br />

sul tuo nuovo ep. Ma se dovessi<br />

pronosticare (o sognare) almeno<br />

il prossimo pezzo della tua carriera,<br />

quale sarebbe il tuo sogno?<br />

Sto già lavorando a nuovi progetti;<br />

mi sto cimentando a scrivere in<br />

italiano e per ora sono abbastanza<br />

soddisfatta di ciò che sta uscendo<br />

fuori. Sicuramente ho in mente di<br />

realizzare cose un po’ più articolate<br />

strumentalmente, con l’aggiunta<br />

di più musicisti!<br />

20<br />

21


MICO ARGIRO’<br />

Con un rimando diretto a Fabrizio De André, il cantautore lancia “Un altro<br />

giugno 73”, singolo “stand-alone” dalla storia molto significativa<br />

Ho letto che questa canzone è<br />

nata in modo diverso dalle altre<br />

tue: puoi raccontarne la genesi?<br />

Questa canzone è nata come uno<br />

di quei tanti fogli vuoti sui quali<br />

appunti una strofa e non sai andare<br />

avanti, quelli che scrivono mi<br />

capiranno meglio… la strofa parlava<br />

di questo istante di bellezza<br />

e del mio non volere, con questa<br />

ragazza, Un altro Giugno ’73 (che<br />

è un pezzo di De André che parla<br />

di due che si lasciano). Poi, un<br />

annetto dopo, ho scritto un’altra<br />

strofa, nel frattempo erano cambiate<br />

cose, luoghi… e quando,<br />

dopo anni, la storia era finita ho<br />

capito che su quel foglio mancava<br />

proprio la strofa di chiusura.<br />

Io, in genere, scrivo le canzoni<br />

abbastanza di getto, poi le rivedo<br />

per lunghi periodi, ma la fase<br />

di scrittura vera e propria dura<br />

poco, questa è diversa perché è un<br />

sincero “in progress”; l’ho scritta<br />

mentre le cose nascevano, mentre<br />

cambiavano e quando erano finite.<br />

Ci puoi raccontare del video?<br />

Il video, regia di Ciro Rusciano,<br />

sviluppa una mia idea abbastanza<br />

simbolica dove la fase bella del<br />

rapporto vede due bambini in<br />

scena, la fase più matura vede il<br />

bambino diventare adulto e la fase<br />

finale si tinge di assenza e sospensione.<br />

Il luogo anche è un simbolo:<br />

una stazione dei treni abbandonata,<br />

che si ricollega a Saltare,<br />

canzone del mio precedente album.<br />

È stato bello girare questo<br />

video con dei ragazzini (Emilio e<br />

Cristina Marrocco), tra l’altro bravissimi,<br />

e, come sempre, farlo in<br />

terra cilentana.<br />

Il tuo ultimo lavoro Vorrei che<br />

morissi d’arte ha qualche mese…<br />

Stai già lavorando a un disco<br />

nuovo?<br />

Sto lavorando a tante cose nuove,<br />

molto varie e diverse, ma non ho<br />

in progetto un album nell’immediato.<br />

Ci tenevo a far uscire questa<br />

canzone da sola, perché racconta<br />

una storia personale e perché ha<br />

una funzione catartica per me e la<br />

mia vita, che in questi anni ne ha<br />

viste tante.<br />

Nel 2017 hai composto le musiche<br />

per lo spettacolo su Peppino<br />

Impastato: che tipo di esperienza<br />

è stata? Pensi che ne rifarai di<br />

simili in futuro?<br />

Da tanto tempo ormai mi occupo<br />

di musiche per il teatro e ho<br />

avuto il piacere di partecipare a<br />

spettacoli molto diversi ai quali<br />

ho dovuto adattare la mia musica<br />

e le mie sperimentazioni.<br />

“Io non mi rassegno – Un storia<br />

d’amore” è un’esperienza molto<br />

bella, che ha avuto già un grande<br />

riscontro e che continuerà a<br />

fare la sua strada nei prossimi<br />

tempi; nasce dalla penna e dalla<br />

capacità attoriale di Salvatore<br />

Riggi, attore siciliano dell’Accademia<br />

Internazionale di teatro<br />

di Roma, e racconta di una<br />

figura importante della nostra<br />

contemporaneità. Io ho composto<br />

una serie di musiche che ben<br />

si adattavano al testo e sottolineavano<br />

l’idea centrale di una<br />

Bellezza che può salvare dalla<br />

rassegnazione. Con me c’erano<br />

due grandi musicisti, Letizia<br />

Bavoso al flauto e Giampietro<br />

Marra alle percussioni (che fanno<br />

parte anche della squadra di<br />

Un altro Giugno 73) e con i quali<br />

abbiamo diviso bei momenti<br />

su e giù per l’Italia.<br />

22 23


CANECAPOVOLTO<br />

Con un’attività pluriennale alle spalle nel campo della musica sperimentale,<br />

Canecapovolto presenta il nuovo album “Normale”. Gli abbiamo rivolto<br />

qualche domanda<br />

Puoi raccontare la tua storia fin<br />

qui?<br />

canecapovolto nasce nel 1992 dedicandosi<br />

al video e alle arti visive.<br />

Qualche anno più tardi scrivemmo<br />

e realizzammo un primo<br />

Radiodramma (che fu acquistato<br />

da Radio Rai) un film senza immagini,<br />

in poche parole. Inizia un<br />

periodo di ricerca attraverso la<br />

produzione di questi lavori (sia in<br />

lingua italiana che in inglese) con<br />

la premessa che suoni, rumori,<br />

musiche e parole riuscissero a ge-<br />

nerare immagini negli ascoltatori.<br />

Iniziammo anche a fare “field recordings”<br />

con l’obiettivo di realizzare<br />

composizioni “musicali”<br />

e anche di costituire un archivio<br />

suddiviso tematicamente (che a<br />

tutt’oggi conta quasi 3000 suoni).<br />

Quando ho iniziato a suonare mi<br />

è sembrato naturale utilizzare registrazioni<br />

microfoniche all’interno<br />

delle composizioni e cercare<br />

relazioni con la musica. Ultimamente<br />

mi sono dedicato alle tastiere<br />

modificate con la tecnica<br />

del circuit-bending e alle prospettive<br />

musicali possibili. Ho subito<br />

amato questa pratica perché i cortocircuiti<br />

che si vengono a creare<br />

azionando manopole e interruttori<br />

rendono queste vecchie tastiere<br />

Casio degli anni ‘80 incontrollabili<br />

e sfuggenti e perché questa non-estetica<br />

espressiva mi consente di<br />

tenermi lontano dalla retorica e<br />

dall’ambiguità delle musiche sperimentali<br />

basate sul noise.<br />

Hai raccolto questo materiale<br />

durante molti anni di lavoro.<br />

Come sei arrivato a sentire che<br />

era giunta la conclusione per il<br />

tuo lavoro di ricerca ed elaborazione?<br />

Normale racchiude vari cicli di<br />

esperienze dal circuit-bending<br />

alle composizioni realizzate con il<br />

cut-up, ai primi esperimenti con<br />

le drummachine etc. Ci sono ad<br />

esempio 2 brani realizzati collegando<br />

un sequencer analogico<br />

al pianoforte virtuale di Garage<br />

Band; in pratica la struttura armonica/melodica<br />

viene creata al volo<br />

azionando decine di interruttori<br />

e potenziometri e non suonando<br />

una tastiera. Ho scoperto per<br />

caso che si poteva fare e devo dire<br />

che errori e limiti delle cosiddette<br />

“macchine” sono spesso molto<br />

istruttivi. Tutto ciò viene chiamato<br />

“inconscio tecnologico” ma stiamo<br />

notando che le tecnologie più<br />

recenti non concedono tutto questo<br />

spazio alla mente di musicisti<br />

e autori in genere…<br />

“Normale” è composto di molti<br />

brani con una spiccata estetica<br />

glitch e con una “passione” per<br />

le voci interrotte: che cosa volevi<br />

trasmettere con questo tipo di<br />

composizioni?<br />

Non sono un appassionato del glitch<br />

ma mi interessa molto la strut-<br />

24<br />

25


tura della musica minimalista, in<br />

cui vengono progettate variazioni<br />

in riferimento alle ripetizioni. Alcuni<br />

brani di Normale sono basati<br />

più precisamente sul cut-up<br />

inventato da William Burroughs<br />

(vedi per esempio il cortometraggio<br />

The Cut ups del 1966 dove<br />

questo metodo viene applicato sia<br />

al montaggio visivo che a quello<br />

sonoro). Mi piace che le parole<br />

possano essere utilizzate come<br />

suoni e strutture, al di là della loro<br />

intellegibilità e comprensione.<br />

Per il progetto parallelo The Ox<br />

sto utilizzando spesso anche voci<br />

narranti inglesi generate da un<br />

software ‘text-to-speech’.<br />

Lavori spesso in duo: che dinamiche<br />

si formano all’interno della<br />

collaborazione con altri per<br />

una ricerca sonora che talvolta,<br />

almeno da fuori, può sembrare<br />

un po’ “autistica”?<br />

Lavoro in duo con il progetto<br />

Kinothon (un set di improvvi-<br />

sazione visuale e sonora), poi ci<br />

sono Istituto No (con un chitarrista),<br />

Siddhi/cc (con un amico,<br />

musica elettroacustica) e Pragma<br />

(con una cantante e studiosa della<br />

voce, stavolta utilizzo un violoncello,<br />

microfoni a contatto e altri<br />

strumenti a corda). Viene sperimentata<br />

ogni volta soprattutto la<br />

relazione e l’interplay con un’altra<br />

persona e questa è una grandissima<br />

opportunità in un periodo<br />

contraddistinto dalla difficoltà di<br />

“ascolto” dell’altro da noi. Con The<br />

Ox, infine, sto scoprendo quanto<br />

spazio può esserci tra la cosiddetta<br />

intelligent dance music e la musica<br />

“sperimentale”; Il cd è appena<br />

uscito, autoprodotto, e si chiama<br />

infatti “Dance that noise”.<br />

Sono curioso di sapere com’è la<br />

resa dal vivo della tua musica:<br />

che cosa si può aspettare chi viene<br />

a vederti dal vivo?<br />

Bella domanda. In genere gli spettatori<br />

di musiche estreme o di ricerca<br />

attendono di essere annichiliti<br />

da muri di suono o addirittura<br />

un’esperienza punitiva! E del resto<br />

sappiamo che alcuni musicisti non<br />

sono molto interessati al pubblico.<br />

Per me è diverso, gli ascoltatori di<br />

fatto completano l’opera sonora e<br />

sperimentare secondo me implica<br />

sempre la ricerca di una relazione<br />

(magari controversa) con chi ci<br />

ascolta e ci vede… Dal vivo suono<br />

di solito tastiere modificate e batterie<br />

elettroniche proprio perché<br />

trovo divertente fare coesistere un<br />

sistema imprevedibile con uno assolutamente<br />

prevedibile. E’ tutto!<br />

canecapovolto@gmail.com<br />

www.scuolafuorinorma.it<br />

https://canecapovolto.bandcamp.<br />

com/<br />

https://vimeo.com/canecapovolto<br />

26<br />

27


FAB<br />

Un disco “americano” ma anche cpm un’anima romantica tutta italiana<br />

che dà forma a pensieri intimi e introspettivi, racchiusi in otto brani inediti:<br />

ecco “Maps for Moon Lovers<br />

Che cosa è cambiato dal tuo<br />

esordio e che panorami nuovi<br />

hanno fatto da sfondo a queste<br />

tue “mappe per amanti della<br />

Luna”?<br />

Bless è stato un luogo perfetto<br />

per mettermi alla prova, un’ottima<br />

“palestra” per sondare la mia<br />

capacità di scrivere canzoni. E di<br />

farlo per la prima volta in qualità<br />

di cantautore. Ho ricevuto ottimi<br />

riscontri e bellissime soddisfazioni,<br />

un incentivo a scrivere da subito<br />

nuovi brani. Maps for Moon<br />

lovers è nato già ai tempi dei primi<br />

live di Bless e alcuni testi, come<br />

per esempio The lazy one, li ho<br />

composti durante il primo tour.<br />

In quel frangente ho avvertito la<br />

necessità di rinvenire nuovi suoni,<br />

l’esigenza di dirigermi verso altri<br />

territori ed esplorarli senza timore.<br />

È stata una ricerca molto lunga,<br />

durata circa un anno e mezzo.<br />

Non ho avuto alcuna fretta. Ho<br />

ascoltato tanta musica nuova (abitudine<br />

che in realtà ho da sempre)<br />

tentando di individuare le<br />

sonorità più adatte per un nuovo<br />

disco. Quanto ai testi mi sono<br />

spinto in una direzione differente<br />

e ho costruito otto storie per otto<br />

protagonisti differenti, scenari totalmente<br />

diversi rispetto a Bless,<br />

che da questo punto di vista può<br />

considerarsi un album più intimo<br />

e autobiografico. I panorami di<br />

Maps for Moon lovers nascono da<br />

un’operazione “descrittiva”, il tentativo<br />

di raccontare le singole vite<br />

di personaggi moderni illuminati<br />

dal chiarore della luna.<br />

Benché buona parte del tuo disco<br />

suoni “analogico”, a volte<br />

perfino “old style”, tutto è partito<br />

dal loop sintetico di “Shoreditch<br />

girl”, a quanto ho letto…<br />

Assolutamente sì! Un loop venuto<br />

fuori quasi per caso con il microkorg,<br />

una nenia creata in studio<br />

da Alex Tolomeo (suo il piano<br />

e le parti elettroniche del disco).<br />

Quel suono, quel carillon dal sapore<br />

anni 80, un po’ “Gameboy”,<br />

mi ha affascinato molto e mi ha<br />

convinto a coniugare suoni elettronici<br />

con chitarre brit. Ed ecco<br />

questi pad ampi, rotondi, estremamente<br />

riverberati, suoni che non è<br />

stato facile costruire ma che, una<br />

volta “messi al guinzaglio”, hanno<br />

segnato la svolta. Con il “tappeto<br />

sonoro” giusto è stato agevole disegnare<br />

le melodie che mi giravano<br />

in testa da mesi, sostenute da<br />

un hammond piuttosto che da un<br />

piano Rhodes, suoni decisamente<br />

vintage che a mio avviso si sposano<br />

alla perfezione con un synth. E<br />

questa la strada da battere, anche<br />

per il futuro. È una sintesi che mi<br />

affascina enormemente.<br />

Come nasce How High the Moon<br />

e perché l’hai scelta come singolo?<br />

Nasce dall’idea di affrontare il<br />

tema dell’amore da un punto di<br />

vista differente. L’amore sa essere<br />

fatto anche di urla e bugie, così<br />

come alle volte può risultare talmente<br />

ingombrante da risultare<br />

ingestibile e pericoloso. Il video è<br />

28<br />

29


stato costruito tentando di rendere<br />

in maniera “teatrale” questo<br />

concetto. Il finale è volutamente<br />

brutale ed estremo, ma in alcuni<br />

casi diventa necessario. Il manichino<br />

è un elemento forte, altamente<br />

simbolico, la sua accecante<br />

immobilità sussurra mille parole<br />

a proposito di amori finiti o maleodoranti.<br />

È un brano nato da una<br />

profonda osservazione della realtà<br />

che mi circonda. Mille storie<br />

ascoltate in questi anni a proposito<br />

di amori ingovernabili mi hanno<br />

suggerito una scrittura del genere.<br />

Le sonorità sono molto brit,<br />

il ritornello è diretto, immediato e<br />

senza fronzoli. Ho compreso subito<br />

che aveva tutte le carte in regola<br />

per essere il primo singolo. Una<br />

volta girato il video, poi, non ho<br />

avuto alcun dubbio. La veste perfetta<br />

per una storia d’amore che<br />

sembra quasi un noir.<br />

Quanto c’è di autobiografico nelle<br />

storie che racconti?<br />

C’è sempre qualcosa di noi nelle<br />

canzoni che scriviamo. Inutile negarlo.<br />

In questo disco, però, come<br />

accennato prima, ho adottato un<br />

approccio diverso, più distaccato e<br />

neutrale. Un racconto più freddo<br />

e asettico, meno coinvolto rispetto<br />

a Bless. I personaggi che animano<br />

i brani cantano le loro storie, i<br />

loro frammenti di vita e lo fanno<br />

a modo loro. Incespicano nei guai,<br />

nelle disattenzioni, nelle immoralità<br />

tipiche di questi tempi e trovano<br />

riparo nella luce della luna.<br />

Una luce bislacca ma accondiscendente,<br />

che comprende e giustifica,<br />

condiziona e accudisce. La<br />

luna è il conforto più grande per<br />

un sognatore incallito. E alla fine<br />

si può dire che si tratta di una raccolta<br />

di racconti musicata, né più<br />

né meno.<br />

Tre nomi che ti piacciono della<br />

musica italiana di oggi, a prescindere<br />

dal genere?<br />

Dario<br />

Brunori su<br />

tutti. Non<br />

perché sia<br />

mia conterraneo<br />

ma semplicemente<br />

perché<br />

è stato in<br />

grado di<br />

creare un<br />

linguaggio comunicativo tutto<br />

suo. Operazione assolutamente<br />

complicata di questi tempi, sopratutto<br />

se si scrive in lingua italiana.<br />

Nel panorama dell’attuale cantautorato<br />

italiano lo considero una<br />

spanna sopra gli altri. Un altro<br />

progetto che ho sempre ritenuto<br />

molto interessante è Le luci della<br />

centrale elettrica. Anche in questo<br />

caso c’è uno spessore compositivo<br />

e comunicativo assolutamente degno<br />

di nota. Infine, considerando<br />

che i miei testi parlano lingua inglese,<br />

non posso non citare gli A<br />

Toys Orchestra, una band coraggiosa<br />

e geniale che a mio avviso<br />

meriterebbe palcoscenici europei<br />

di assoluto rispetto.<br />

30<br />

31


ZUIN<br />

Preceduto dal singolo “Bianco”, “Per tutti questi anni” è il nuovo disco del<br />

cantautore, che si è già fatto vedere sul palco del Concertone del Primo Maggio<br />

a Roma<br />

“Per tutti questi anni” è il tuo<br />

esordio su lp: come l’hai vissuto<br />

e approcciato?<br />

L’ho vissuto come tutto in maniera<br />

molto istintiva e naturale, ho<br />

scritto e lavorato ad arrangiamento<br />

e registrazioni parallelamente<br />

all’attività live, i tempi si sono certamente<br />

prolungati ma sono mol-


to contento del risultato finale.<br />

Hai raccontato di questo disco<br />

come del “più personale che potessi<br />

scrivere”: ti è costato molto<br />

aprirti così?<br />

Sinceramente sì, ho sempre celato<br />

le cose fin troppo dietro ai miei testi,<br />

probabilmente in alcuni punti<br />

l’ho fatto anche in questo disco<br />

ma penso di avere fatto un passo<br />

avanti riguardo alla mia apertura<br />

nei confronti di un ascoltatore.<br />

Non è così semplice mettersi completamente<br />

a nudo perché rendi<br />

pubblico il tuo vissuto, le tue paure<br />

e le tue debolezze ma è anche<br />

un bel modo per esorcizzare e trovare<br />

supporto.<br />

Mi incuriosisce<br />

la copertina<br />

del disco,<br />

che mi sembra<br />

piuttosto<br />

ricca di simboli:<br />

com’è<br />

nato il concept?<br />

Il concept è<br />

nato da un<br />

idea dello studio<br />

che ha curato<br />

le grafiche<br />

The Mine<br />

di Milano di<br />

Francesca Panigutto e dal suo<br />

team di creativi. Ho raccontato<br />

a loro cosa c’era nel mio disco,<br />

nei testi, nelle musiche, le immagini<br />

che si portava dietro e<br />

ne è uscita una grande mano<br />

aperta che contiene i ricordi di<br />

una vita.<br />

Hai già vissuto un’esperienza<br />

che non tutti possono vantare<br />

come il Primo Maggio a Roma:<br />

puoi raccontare com’è andata?<br />

E’ stata l’esperienza più bella<br />

della mia vita e la ricordo an-<br />

cora oggi con grande emozione,<br />

è stato un periodo della mia vita<br />

ricco di novità perché pochi giorni<br />

prima ho scoperto che sarei<br />

diventato papà e un giorno lo racconterò<br />

a mia figlia e questo mi<br />

rende felice, a prescindere da tutto.<br />

Come nasce “Bianco” e perché<br />

l’hai scelta come singolo ma anche<br />

come chiusura del disco?<br />

Bianco nasce nella cameretta dove<br />

solitamente scrivo le canzoni, era<br />

una sera d’inverno, poco prima<br />

di Natale. Il Natale mi trasmette<br />

sempre un po’ di nostalgia, forse<br />

perché da parecchi anni lo vivo<br />

diviso tra due famiglie, sono uno<br />

dei tanti figli di genitori divorziati.<br />

Ho sentito la necessità di essere<br />

accompagnato da una voce femminile,<br />

forse la sorella che non<br />

ho mai avuto e la voce di Daniela<br />

D’Angelo mi sembrava perfetta.<br />

L’ho scelta come singolo perché è<br />

esattamente quel periodo dell’anno<br />

dove riaffiora quella nostalgia<br />

e ho scelto di inserirla alla fine del<br />

disco perché in fondo è un cerchio<br />

che si chiude.<br />

34 35


ELENA SANCHI<br />

“Risveglio”, a quasi tre anni di distanza da “Cuore Migrante”, è il nuovo<br />

album della cantautrice romagnola. Anticipato dal singolo e videoclip<br />

“Rimini”, il disco contiene nove canzoni intense e ricche di poesia<br />

“Se in passato la musica è stata<br />

un’urgenza, una necessità anche<br />

egocentrica di esprimere un mio<br />

dolore, di trovare una collocazione<br />

nel mondo, oggi, invece, è<br />

qualcosa di meno personale, di<br />

meno tenuto per me”: mi spieghi<br />

meglio questa affermazione, che<br />

ho copiaincollato dalla tua pagina<br />

Facebook?<br />

Ho sempre avuto la musica in testa,<br />

sin da bambina. E’ stata una<br />

sorella nei momenti difficili, un’amica<br />

sincera alla quale sfogare la<br />

mia rabbia, la solitudine, la timidezza<br />

e la mia felicità. La musica<br />

non mi ha mai lasciata sola, nemmeno<br />

quando ho cercato di negarla<br />

e di allontanarla per sempre,<br />

il più lontano possibile. Per dieci<br />

anni ho smesso di cantare ma lei<br />

mi perseguitava, come un’ossessione!<br />

Il canto in particolare è un<br />

canale attraverso il quale esplorare,<br />

esprimere e conoscere le emozioni<br />

più forti, è uno strumento<br />

di profonda crescita. Da questa<br />

relazione intima e molto personale,<br />

sono riuscita poi con gli anni<br />

a farne uno strumento di relazione<br />

per parlare al cuore delle altre<br />

persone: ho imparato a mettere da<br />

parte la paura (più che altro quella<br />

di vincere) e a lasciarmi andarmi<br />

all’incontro con il mondo esterno<br />

percependo un forte bisogno di<br />

condivisione e liberazione.<br />

Tre anni dopo Cuore migrante<br />

eccoti con un disco nuovo. E’<br />

stato più semplice o più difficile<br />

questa volta? Come sono andate<br />

le lavorazioni?<br />

Tre anni dopo Cuore migrante torno<br />

con un disco che vuole raccontare<br />

tutta questa trasformazione.<br />

Non so se sia stato più semplice o<br />

difficile però è stato sicuramente<br />

molto diverso. Il primo lavoro è<br />

stato il frutto di brani scritti durante<br />

un periodo lungo sei anni,<br />

da esperienze di viaggi in Africa.<br />

Prima di concretizzare il disco, ho<br />

suonato le sue canzoni in diversi<br />

live, quindi la sua realizzazione è<br />

stata l’affermazione di un percorso<br />

già in parte vissuto. Le canzoni<br />

di questo nuovo progetto invece<br />

sono nate in studio e sono state<br />

scritte nell’ultimo anno. E’ un<br />

disco di forte rottura, di cambiamento,<br />

non soltanto da un punto<br />

36 37


di vista descrittivo ma musicale.<br />

Ho sentito la necessità di ricominciare,<br />

di ripartire da un’altra<br />

me, più consapevole e meno dipendente<br />

da antichi legami. Da<br />

qui il bisogno di sperimentare<br />

nuove collaborazioni che hanno<br />

saputo interpretare questo nuovo<br />

bisogno. Diego Brancaccio e Davide<br />

“Red” Battistelli, che insieme<br />

a me hanno curato gli arrangiamenti,<br />

sono stati due compagni di<br />

viaggio fondamentali. Uno degli<br />

aspetti più importanti delle lavorazioni<br />

è stata la campagna #incadutalibera<br />

su Musicraiser perché<br />

mi ha permesso di stringere un<br />

legame ancora più forte con il mio<br />

pubblico.<br />

Perché hai chiamato il tuo disco<br />

Risveglio? E risveglio da cosa?<br />

Il nuovo disco si chiama Risveglio<br />

e vuole comunicare, oltre alla mia<br />

urgenza di cambiamento, il bisogno<br />

di rinascita proprio anche<br />

della nostra società. Viviamo in<br />

un mondo molto complesso, super<br />

strutturato e, come individui,<br />

abbiamo perso molta fiducia nelle<br />

istituzioni e negli esseri umani in<br />

generale, siano essi i nostri vicini<br />

di casa di sempre o persone venute<br />

da un altro paese. Molti uomini<br />

hanno paura e questo secondo disco<br />

vuole parlare ai loro cuori, ai<br />

loro occhi, per far sì che domani<br />

sia davvero più luminoso e coraggioso.<br />

Dal punto di vista sonoro mi<br />

sembra che tu abbia cercato di<br />

variare il percorso il più possibile.<br />

Vorrei sapere se questo era il<br />

tuo intento e quali dischi ascoltavi<br />

di più durante la scrittura<br />

dei brani.<br />

Si esattamente, ma non ho seguito<br />

una moda piuttosto che un’altra<br />

ma soltanto un’urgenza creativa.<br />

Le mie canzoni nascono al pianoforte<br />

e questa volta ho voluto<br />

mantenere questa essenza, verità.<br />

Ho ascoltato in particolare Niccolò<br />

Fabi, Cristina Donà, Yael<br />

Naim e un ritorno ai The Doors.<br />

Come nasce Rimini e perché l’hai<br />

scelta come singolo di presentazione?<br />

Rimini è il mio ritorno a casa, alla<br />

mia città natale per rinascere nuovamente<br />

dopo aver viaggiato lontano<br />

e dopo essermi persa per la<br />

paura di non essere accettata. Ho<br />

voluto presentare questo nuovo<br />

lavoro proprio ripartendo da qui,<br />

perché in fondo si parte sempre<br />

per ritornare, cambiati, diversi<br />

però più autentici a ciò che sentiamo<br />

di appartenere.<br />

38 39


SAMUELE BERSANI<br />

“EN E XANAX”<br />

#quellochesentivo<br />

Il video di “En e Xanax” di Samuele Bersani esce il 10 settembre 2013, facendo<br />

da apripista all’album “Nuvola numero nove”. Diretto da Nicolò<br />

Massazza il clip, oltre al cantautore, vede la partecipazuone anche dei giovani<br />

attori Camilla Semino Favro e Alessandro Sperduti, nonché della fidanzata<br />

di Bersani, Desirée<br />

Trovare la pace. Quella pace che<br />

solo la comunione di due principi<br />

attivi può nascere, mescolati insieme<br />

e bevuti senza timore, aspettando<br />

che l’effetto attenui le paure<br />

e zittisca le attese.<br />

En e Xanax si tranquillizzavano<br />

Con le loro lingue al gusto di<br />

Medicina amara e chiodi di garofano<br />

La combinazione sa creare la magia,<br />

aggiungere quello che manca<br />

e limare il superfluo, rendendo<br />

mostri spaventosi piccoli scarabocchi,<br />

comprensibili, affrontabili.<br />

Se non ti spaventerai con le mie<br />

paure<br />

Un giorno che mi dirai le tue troveremo<br />

il modo di rimuoverle<br />

In due si può lottare come dei giganti<br />

contro ogni dolore<br />

E su di me puoi contare per una<br />

rivoluzione<br />

L’energia creata da due cuori. Che<br />

siano mescolati e affannati, sovrapposti<br />

e sereni, separati e<br />

indocili, sanno muovere mondi<br />

interi, inarrestabili, come il loro<br />

movimento vuole.<br />

En e Xanax quando litigavano<br />

avrebbero potuto fermare anche il<br />

traffico di New York<br />

Uccidersi al telefono<br />

Lei si calmava e lui la ritrovava<br />

nuda sulla sedia<br />

E poi sovrapponevano il battito<br />

cardiaco<br />

E se due principi attivi e due cuori<br />

sanno uccidere i mostri, anche<br />

le anime possono trovare rifugio,<br />

possono essere libere di essere,<br />

con i pigiami di flanella e il fumo<br />

intorno, tra il sonno e la veglia,<br />

tra l’amare e il volersi, tra l’odore<br />

di pioggia e l’essenza di te.<br />

Tu hai l’anima che io vorrei avere<br />

En e Xanax si anestetizzavano con<br />

le loro lingue al gusto di menta e<br />

marijuana<br />

E poi si addormentavano<br />

Chiara Orsetti<br />

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