TRAKS MAGAZINE 030
Il primo numero del 2020 di TRAKS MAGAZINE ha Jesto in copertina e tantissime interviste e articoli come al solito: Cecilia Stallone, Limbrunire, Matteo Terzi, Paola Massoni, Francesco Anselmo, Nairobi, Elena Sanchi, Awave, Pinguini Tattici Nucleari. Leggilo subito!
Il primo numero del 2020 di TRAKS MAGAZINE ha Jesto in copertina e tantissime interviste e articoli come al solito: Cecilia Stallone, Limbrunire, Matteo Terzi, Paola Massoni, Francesco Anselmo, Nairobi, Elena Sanchi, Awave, Pinguini Tattici Nucleari. Leggilo subito!
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MAGAZINE
Numero 30 - gennaio 2020
JESTO
il bello dell’indi(e)pendenza
CECILIA STALLONE
LIMBRUNIRE
MATTEO TERZI
PAOLA MASSONI
ELENA SANCHI
LEDA
sommario
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Jesto
Cecilia Stallone
Limbrunire
Matteo Terzi
Paola Massoni
Francesco Anselmo
Nairobi
Elena Sanchi
Leda
Awave
Pinguini Tattici Nucleari
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JESTO
il bello dell’indi(e)pendenza
“IndieJesto” è il nuovo disco dell’iperproduttivo cantautore (e sostanzialmente
ex rapper)
La prima è ovvia: perché un disco
“indie” e perché un cambio
(definitivo?) dall’hip hop?
Mi è venuto naturale, in un certo
senso è l’evoluzione di Buongiorno
Italia, almeno dal punto di vista
sonoro. Inizialmente volevo fare
un disco chitarra e voce, poi si è
evoluto nel disco che potete sentire.
Sento la “presenza” di mio
padre nella mia creatività, e ormai
la chitarra sta diventando imprescindibile
nella mia musica. Vado
dove mi porta l’ispirazione. Ho un
rapporto speciale con l’ispirazione,
la personifico, la reputo la mia
miglior amica, vivo per lei e lei
vive in me. Abbiamo un rapporto
di fiducia reciproca e un patto
di sincerità: in fase creativa sono
completamente puro, direi quasi
zen. È il mio subconscio a far
uscire le canzoni, è quasi come se
non le scrivessi io. Anzi, ti dirò,
da qualche tempo non le scrivo le
canzoni, le registro direttamente,
come se esistessero da sempre e
io servissi solo come mezzo per
poterle portare alla luce. Questo
spiega la mia iper-creatività, nel
2019 ho pubblicato 4 progetti!
Dici che il bello dell’indipendenza
assoluta è di poter fare quello
che ti pare, compreso far uscire
un disco a sorpresa sotto Natale.
Detto questo: perché l’hai fatto?
Necessità. Per me far uscire musica
è prima di tutto un bisogno.
Devo far uscire le mie opere per
liberarmene, in un certo senso.
Finché le canzoni che ho registrato
non escono, è come se stessero
bloccate in un limbo da cui aspettano
di uscire, per andare a “vivere”
nel mondo. Quando passa
troppo tempo tra la fine delle registrazioni
e l’uscita di una canzone,
comincio a non stare bene, sento
come se il flusso fosse ostruito.
È come se dovessero respirare, e
l’unico modo è regalarle al mondo.
C’è uno scambio energetico in
questo. Poi la scelta di uscire a Natale
è stata spontanea, quasi irrazionale.
Sentivo di essere pronto a
far uscire questo disco, l’ho deciso
un paio di settimane prima, senza
nessun tipo di strategia. Proprio
per questo modo in cui sono,
l’indipendenza è l’unica modalità
possibile per me. Devo fare come
voglio e quando
voglio, senza stare
appresso a calcoli o
strategie.
“IndieJesto” è, per
tua stessa ammissione,
“il tuo primo
disco
d’amore”. Perché
ora?
Quello che scrivo
rispecchia quello
che vivo, da sempre.
Durante la fase compositiva
di “IndieJesto” il focus della mia
vita è stato il rapporto con il mondo
femminile, visto in una nuova
chiave rispetto al passato. Nei miei
lavori precedenti il tema “amore”
è sempre stato affrontato in modo
negativo, paranoico e tormentato,
perché lo vivevo in quel modo.
Questa volta invece è stata la chiave
positiva. Poi dopo aver affrontato
il sociale, anche se in maniera
ironica, nel disco precedente, avevo
bisogno di scrivere canzoni più
spensierate, ma non per questo
meno profonde. Mi muovo sempre
sulla sottile soglia tra ironia
e malinconia, e anche in questo
disco ho mantenuto questa mia
caratteristica. Penso sia l’eredità di
mio padre, questa poetica sempre
in bilico tra risata e pianto.
Il riferimento alle sonorità “indie”
è evidente. Che cosa ti piace
e che cosa non ti piace di quello
che è definito indie oggi?
Guarda, di base penso che definire
qualcosa “indie” sia di per
sé un controsenso. Chiamare IndieJesto
il disco serve per definire
il genere che sono andato a creare
con il disco. Penso di essere sempre
originale e di non poter essere
catalogato in un filone o in un
singolo genere musicale. Anche
perché nel disco ogni canzone è
diversa dall’altra, non credo che
sia inquadrabile in un solo genere.
Ho sempre detto che il mio genere
musicale si chiamava “è Jesto” e in
questo disco si chiama IndieJesto.
Detto questo, c’è da dire che in un
certo modo intendo indie in un
senso più Uk, ci sono pezzi come
Stupido o Vegani Domani che hanno
influenze Alterantive Rock.
Con il titolo mi riferisco anche al
fatto di essere assolutamente indipendente,
al di fuori del circuito,
di lavorare senza case discografiche
alle spalle, di esser manager di
me stesso. Attualmente questa è la
dimensione con cui mi sento più a
mio agio, e che mi permette di andare
d’accordo con l’ispirazione.
Mi piace l’Indie italiano, mi ha influenzato
nelle sonorità e confrontarmi
con un nuovo stile di scrittura
mi ha stimolato molto, dopo
innumerevoli progetti rap. Mi
piace la freschezza della scrittura e
l’originalità nelle melodie, non mi
piace quando diventa monotono
o già sentito, come se ci fosse una
formula prestabilita.
Quali saranno le tue evoluzioni
future?
Considero l’arte imprevedibile,
deve essere così altrimenti non
pulsa. Come dicevo prima, è l’ispirazione
a guidare tutto. Ho sempre
spiazzato a ogni uscita, non ho
mai fatto un disco uguale all’altro.
Potrei spoilerarti che sono già al
lavoro su nuove cose, ma non lo
farò! Sto anche lavorando al mio
primo fumetto, scritto e disegnato
da me! Si chiama BLCKT! (www.
instagram.com/_blackout_2020) e
il primo volume uscirà nel 2020.
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7
CECILIA STALLONE
Milanese, cantautrice (ma appassionata di hip
hop), ha presentato il nuovo singolo “Mi dispiace”,
realizzato con la collaborazione “storica”
di Vaitea e (nel video) Alice La Scotti
Ci racconti chi è Cecilia Stallone?
Cecilia Stallone è una cantante
cresciuta in un quartiere popolare
della periferia ovest di Milano che
nella vita ha deciso di dedicarsi
alla musica.Una donna appassionata,vivace
e inquieta.
Scrive canzoni e desidera riuscire
ad affermarsi in tal senso. Si sente
vicina alla cultura black perché ha
un linguaggio ruvido e per niente
patinato, proprio come è stata la
sua vita. Cecilia è una persona che
crede che la condivisione sia un
valore fondamentale e la sua personalità
aggregante la caratterizza.
Una donna che ha deciso di vivere
la vita a suo modo,anche a costo
di non essere capita.
Come nasce il tuo nuovo singolo
Mi dispiace?
Mi dispiace nasce in maniera del
tutto spontanea. Ero a casa mia,
canticchiavo il motivetto delle
strofe e ho sentito subito l’esigenza
di trasporla su carta. Successivamente
mi sono recata in studio
e con Stefano Iascone abbiamo
costruito lo scheletro del brano
che si regge sui cori. Stavo vivendo
una situazione sentimentale
un po’ frustrante e sentivo che la
mia pazienza stava per esaurirsi. Il
brano nasce dall’esigenza di chiarire
a me stessa nuovamente chi
sono e a che cosa non voglio rinunciare
per accondiscendere alle
aspettative altrui; spero che ponga
in questione l’ascoltatore proprio
su questi temi. Mi dispiace ha toni
anche ironici ed è soprattutto merito
di Vaitea che ha scritto una
strofa divertente e pungente con
la leggerezza e l’intelligenza che la
contraddistinguono. Volevo una
figura di donna che rappresentasse
decisione con eleganza e ironia:
lei era perfetta. Mi sono permessa
di associare le nostre figure a quelle
di Thelma e Louise,due donne
di spessore, icone del femminismo.
Cinque cose che “ti dispiacciono”,
a tua totale discrezione
Mi dispiace che nel 2019 io debba
ancora scrivere una canzone
in cui rivendico la parità dei sessi.
Mi dispiace per chi si sente minacciato
dalla bravura altrui ed è
eccessivamente competitivo. Mi
dispiace per chi vive una situazione
di emarginazione e non ha
modo di riscattarsi. Mi dispiace
che il momento storico/politico
sia così buio e che la musica lo
rappresenti proponendo musica
usa e getta povera di contenuti.
Mi dispiace che i lavori artistici in
questo paese vengano considerati
di serie B e siano così poco tutelati
e regolamentati.
Nel brano appaiono anche Vaitea
e Alice La Scotti, ma non è una
collaborazione “spot”: come nasce
il vostro legame?
Vaitea, Alice LaScotti e io facciamo
parte del collettivo FlyGirls
Milano nato nel 2010 dalla volontà
di riunire le migliori esponenti
della scena musicale black
milanese in una serata a scopo
benefico. In seguito al successo di
questo primo evento, viene spontaneamente
a crearsi un collettivo
di mc’s , dj’s, cantanti e ballerine e
writers unite dalla voglia di creare
e proporre qualcosa di diverso.
Vi hanno aderito nomi importanti
come La Pina, Mama Marjas e
tanti altri e ci siamo conquistate
la fiducia e la simpatia della scena
proponendo artisti interessanti
e situazioni aggreganti. Questo
sodalizio tra me,Vaitea (Mc e deejay)e
Alice LaScotti (ballerina)
è durevole,siamo tre artiste unite
dalla stima reciproca e dall’amore
per l’hip hop.
Come detto, il video cita “Thelma
e Louise”: che cosa pensi di
poter “rubare” da quel film come
spunto per la tua vita?
Thelma e Louise sono un’icona
dell’emancipazione femminista e
hanno dato voce al sogno di libertà
delle donne, alla possibilità di
correre nel mondo essendo semplicemente
se stesse. Al tempo fu
una pellicola davvero rivoluzionaria
e diventò presto il simbolo
dei diritti delle donne. La mia idea
iniziale per il videoclip era di impersonarle
salendo a bordo di una
decapottabile ma era una trovata
troppo costosa e così abbiamo deciso
di citarle. Spero che non mi
manchi mai il loro coraggio e la
loro ironia nell’affrontare la vita e
la capacità di improvvisare.
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LIMBRUNIRE
Si chiama “Salsedine” il nuovo singolo del cantautore che si è fatto largo
con “La spensieratezza”, con vista sulle canzoni nuove in arrivo
Il tuo esordio con “La spensieratezza”
è stato accolto da giudizi
lusinghieri. Lavori bene con
aspettative aumentate oppure
senti la pressione?
I giudizi lusinghieri m’incoraggiano
e stimolano particolarmente.
Non sento pressione anzi, per me
è un’iniezione di fiducia imprescindibile
l’essere soggetto ad attese,
grazie a loro riesco a non adagiarmi
sugli allori bensì a tenere
alta la soglia di concentrazione e
aver ben a focus il prossimo step.
Un po’ di funk, un po’ di dance,
una citazione di Battisti: come
nasce “Salsedine”?
Salsedine nasce circa un anno fa,
ha passato diversi mesi “‘d’incubazione”,
di esperimenti, di modifiche
armoniche e opere di snellimento
varie. In origine doveva
chiamarsi “Passami Il Bicchiere”
e il testo era totalmente differente,
nel tempo ha lentamente raggiunto
la dimensione attuale. A
livello di produzione vi è sempre
stata già a priori l’idea di creare
un brano che potesse più o meno
omaggiare le sonorità tipiche della
disco dance anni ’70/’80, quindi
con una matrice funk ben definita
dalla groove e dalle chitarre tipiche
alla Neil Rodgers!
Ci racconti anche qualcosa del
video? Compresi i panorami su
cui si muove la ragazza. Che, ci
confermi, non è California dei
Coma_Cose, vero?
Il videoclip è opera di Francesco
Quadrelli, un giovane videomaker
spezzino, molto bravo e in assoluta
rampa di lancio. Ho dato a lui
carta bianca suggerendo solamente
la protagonista che non è “California”
dei Coma Cose bensì Beatrice
Angelini, una mia cara amica
che nel quotidiano sta con grande
devozione e altrettanta capacità
dietro e non davanti all’obiettivo
(Via Lactea). D’indole timida e introversa
ha lottato e non poco con
i suoi demoni per oltrepassare il
confine dell’insicurezza e mettersi
a nudo risultando alla fine perfetta
per il ruolo. Francesco ha utilizzato
nella storyboard il lasso di
tempo che va dal tipico fine serata
al rientro a casa, dalla notte fonda
alle prime luci dell’alba! Gli interni
sono stati girati nella bellissima
abitazione di Beatrice, le scene del
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molo sono state girate al tramonto
nel suggestivo “Golfo dei Poeti” di
Lerici in provincia di La Spezia,
per quanto riguarda il club abbiamo
usufruito dello Swamp Club
(stupendo) di Massa Carrara.
Ti sei già giocato come argomento
la salsedine a dicembre. Di
che cosa parlerai ora che arriva
la bella stagione?
Ahahahaha, ormai non
esistono più le mezze
stagioni (Nonne dixit)
quindi probabilmente
in primavera proporrò
gelo o castagne.
Quando arriverà e
come sarà il nuovo disco?
Hai già qualche
idea?
Spero arrivi presto
perché brani buoni per
un ipotetico album ce
ne sono abbastanza.
Stiamo ancora valutando
le modalità di
uscita, se proseguire
o meno con una serie
cadenzata di singoli
oppure con un ep che
mi affascina particolarmente.
I brani che comunque
in un modo o nell’altro ascolterete
nei prossimi mesi saranno sempre
di matrice electro ma avranno sonorità
differenti, avranno poco o
nulla dei brani precedenti se non
l’attitudine a raccontare qualcosa
di noi, delle nostre idiosincrasie e
incongruenze.
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MATTEO TERZI
Vive in Belgio ma non si è dimenticato le origini italiane: il cantautore
trentaquattrenne ha appena pubblicato il nuovo singolo “Beetween Us”,
con un video aiutato... da un paio di birre
Ci vuoi raccontare la tua storia?
Mi chiamo Matteo Terzi, ho 34
anni e negli ultimi dieci anni ho
girato l’Europa da Helsinki a Napoli
guadagnandomi da vivere
suonando in strada. Ora vivo nella
campagna del Belgio e faccio anche
qualche concerto nei club.
Come nasce “Between Us”?
Between us nasce tra l’Italia e il
Belgio, e l’ho scritta in collaborazione
con Giuliano Vozella (musicista
e produttore, nonché chi-
tarrista del mio progetto) proprio
il giorno dopo aver raggiunto il
secondo posto a The Voice. Volevo
raccontare in quel pezzo che
la vita analogica, insomma la vita
vera, deve essere ben staccata nella
nostra mente dalla vita digitale,
quella che viviamo nei social ogni
giorno.
Il video (e il suo twist end) sono
piuttosto significativi sul culto
dell’apparenza che viaggia sui
social ma non solo. Come ti sei
sentito nel recitare nel clip?
Avevo molta paura che io e Doriana
(l’attrice femminile) non saremmo
risultati naturali, ci siamo
conosciuti proprio il primo giorno
di set e c’era il rischio di non trovarci,
di non sentirci sulla stessa
linea d’onda, cosa che avrebbe
compromesso la naturalezza del
clip di cui avevamo bisogno. Invece
è andata bene, il primo giorno
di shooting Doriana si è presentata
alle 10 di mattina e le ho offerto
un caffé, lei mi ha risposto “un
caffé? no no, abbiamo bisogno di
entrare nella parte in 10 minuti,
ordiniamo 2 birre”, e lì ho capito
che il video sarebbe venuto esattamente
come speravo.
E nella grande linea di demarcazione
fra chi vive per i selfie e chi
detesta il mondo dei social, tu
come ti poni?
Penso semplicemente che i social
sono qualcosa di cui a oggi non
possiamo fare a meno, siamo figli
dei nostri tempi e i nostri tempi
sono sui social. E’ importante
pero’ scegliere sempre il COME
essere sui social, scegliere i nostri
tempi e i nostri contenuti, proteggere
la nostra coerenza e il nostro
modo in cui vogliamo raccontare
la nostra vita.
Quali saranno i tuoi passi futuri?
Un secondo singolo, un ep e un
tour in Belgio, questo è quello che
mi aspetto dal 2020.
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PAOLA MASSONI
“Alkemelia” è il nuovo disco della pianista, compositrice e interprete, impegnata
sulla linea di confine tra musica colta e pop
Ci vuoi raccontare chi è Paola
Massoni?
Non è semplice rispondere in poche
righe. Posso dire cosa faccio e
poi provo a dire chi sento di essere.
Insegno lettere al liceo, canto
e pianoforte presso l’Accademia
Kalliope, svolgo attività concertistica
come soprano spaziando
dall’opera alla musica da film, alla
canzone e mi dedico a spettacoli
teatrali e musicali nel repertorio
composto da me, sia per quanto
riguarda i testi che le musiche. Poi
scrivo: scrivo copioni, poesie, racconti,
storie. Mi sento fondamentalmente
una persona che ama
scoprire, inventare, una fabulatrice,
e per far questo uso la musica
e la letteratura. E poi sono una
mamma e una compagna, una sorella,
una figlia, una nipote, una
cugina, un’amica… che confusione!
Quali le ispirazioni alla base del
tuo nuovo disco, “Alkemelia”?
Alkemelia nasce con l’intento di
unire la musica classica con il pop,
la world music, creando uno stile
misto, indefinibile, all’insegna
del principio della sinestesia; le
sue composizioni, che sono state
scritte per la Trilogia teatrale I
Misteriosi Mondi di Mèlia in cui
varie forme artistiche si uniscono,
si ispirano agli elementi naturali
come l’acqua, il vento, il tempo, la
pioggia, che a loro volta rimandano
a bisogni e valori umani quali
la libertà, l’autonomia di pensiero,
la riflessione sulla precarietà umana,
la ricerca del sé, del divino, il
rispetto, l’amore.
Riesci a far coabitare musica colta
e pop. Dove ti senti più a casa?
Mi sento più a casa nella musica
colta perché quello è l’ambito in
cui ho sempre svolto la mia attività,
ma ascolto molti generi diversi,
insegno canto moderno e questo
mio lavoro documenta anche la
ricerca di una vocalità che sappia
unire modalità diverse pur rimanendo
nel solco di un’emissione
curata.
Come nasce “Io credo in te”, il
tuo singolo e video?
Io credo in te è una canzone scritta
per mio figlio e per estensione
ai figli del nostro universo, che un
genitore sa di mettere al mondo
e di lasciare andare da soli, prima
o poi, se il corso naturale dell’età
non incontra cambiamenti di rotta,
e a cui spera di comunicare un
sano spirito critico, qualche buon
insegnamento che li accompagni
sempre in modo che riconoscano
il bene per sé e per gli altri e che
lo seguano nella loro vita, ripartendo
con l’energia giusta dopo
ogni inevitabile sbaglio che serve
per crescere. Il video rispecchia il
contenuto del testo, trasponendolo
in una chiave fiabesca. La protagonista
entrando nel bosco valica
un confine liquido tra il di qua
e il di là, confine che non esiste
per tutti, non per i bambini, non
per chi non teme di valicarlo. Ci
sono molti personaggi, entità che
popolano la nostra vita, ma non
sempre siamo disposti ad ascoltarli
o a vederli. Ciò che conta di più
è riuscire a comunicare a esprimere
i nostri sentimenti e quando
questo compito si sente essere stato
assolto ce ne possiamo andare,
più liberi, più sereni, come succede
nel video…
Cosa ci possiamo aspettare da te
nel prossimo futuro?
Musicalmente parlando, un brano
piano e voce in fase di definizione
che penso uscirà a marzo sul tema
della violenza femminile; poi un
nuovo album che porti avanti la
ricerca vocale e sonora già iniziata
in Alkemelia, meno maestoso, più
essenziale, con pochi strumenti
in cui il confine tra classico e pop
sia ancora più labile… dal punto
di vista della scrittura letteraria
qualche altro progetto: sto già lavorando
su vari fronti, son in un
momento di incubazione, in attesa
che le idee si facciano più limpide,
insomma sono in fase creativa!
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23
FRANCESCO ANSELMO
“Lo dici veramente” è il nuovo singolo del cantautore, già vincitore della
Targa Tenco. Ma è soltanto una tappa di un percorso molto articolato e
ricco di idee e progetti
Non è passato tantissimo tempo
tra la pubblicazione de “Il gioco
della sorte” e questo nuovo singolo,
“Lo dici veramente”: che
cosa è successo, artisticamente
parlando, tra i due eventi?
Durante questo periodo ho portato
in giro il live de “Il gioco
della sorte” per la maggior parte
dei casi con una band con cui mi
sono divertito tantissimo. Nello
stesso tempo, assieme al collettivo
artistico AdoRiza di cui faccio
parte, abbiamo rimesso in sce-
na lo spettacolo Viaggio in Italia.
Cantando le nostre radici e registrato
l’omonimo disco prodotto
da Piero Fabrizi e vincitore della
Targa Tenco 2019 come “Miglior
album collettivo a progetto”. Nel
contempo poi ho scritto tanto, ho
sperimentato ancora di più e ricercato
in materia di suono. Questa
ricerca e questi “esperimenti”
credo che si possano notare bene
nei suoni di Lo dici veramente.
Come nasce il nuovo singolo?
“Lo dici veramente” nasce dalla
volontà reazionaria nei confronti
di un presente totalmente diverso
da come era stato immaginato
in passato. Questa immagine
nella mia testa risulta avere anche
una tonalità e dei colori. Da qui
la scelta del rosso e del blu, che
rimandano a un intimismo ventricolare
che secondo me descrive
perfettamente questi stati d’animo.
Credo che anche il video, soprattutto
per i panorami che mostra,
meriti qualche approfondimento
Il video regala una fotografia perfetta
della mia idea iniziale. Ho
scelto di girare il videoclip a Polizzi
Generosa, mio paese di origine,
circondandomi di persone
che condividono il mio punto di
vista; la regia infatti è stata curata
da Gandolfo Schimmenti con cui
ho lavorato anche al video di “Tre
punte”. Abbiamo voluto riprendere
scorci di una Sicilia antica, bella
e incontaminata. Tra paesaggi
spettacolari e architetture grandiose
che sembrano restituire la
forza, la caparbietà e l’orgoglio che
occorre per affrontare la vita.
Nella tua carriera hai incrociato
spesso le produzioni teatrali.
Che cosa ti hanno lasciato queste
esperienze e hai in progetto
altre attività in quell’ambito?
Sono sempre stato affascinato
dal teatro e ancor di più dal teatro-canzone.
Ogni produzione
teatrale che ho incrociato mi ha
lasciato qualcosa, dal sentirsi a
proprio agio in scena; al più articolato
sistema di incroci tra interpretazioni
“attoriali” ed esecuzioni
musicali. Ma la cosa che mi
è rimasta di più dalle esperienze
teatrali è la disinvoltura. Mi piacerebbe
molto continuare con esperienze
musicali in teatro.
Che cosa ci possiamo aspettare
da te ora?
Ora porterò live in band questo
nuovo progetto con un concerto
fatto dalle canzoni del mio primo
album ri-arrangiate per l’occasione
e un paio di brani nuovi in totale
anteprima. Nel frattempo sto
ultimando la scrittura di nuove
canzoni per potere registrare il disco.
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NAIROBI
Nata dall’incontro tra Andrea Siddu (Plasma Expander, Vanvera, Trees
of Mint) alla batteria, Giorgio Scarano (Ice Pick Experimental Trio) alla
chitarra e Leonardo Gatto al basso (We were OnOff), la band pubblica un
disco di carattere post rock senza titolo e colpisce nel segno
Partiamo dalle basi: come e perché
nascono i Nairobi?
Andrea: I Nairobi nascono grazie
al Biondo (AKA Andrea Carpenè,
bassista dei Destroy All Gondolas)
che ci ha messo in contatto. Io ero
già da due anni a Venezia e ancora
non avevo trovato una band
in laguna; avevo rifiutato diverse
offerte poco stimolanti e ci avevo
quasi messo una pietra sopra. Leo
e Giorgio in quel periodo, non
trovando batterista, stavano vendendo
la loro strumentazione per
passare a qualcosa di più comodo
di un ampli da 30 chili e ingombrante
come un frigorifero per
darsi alla musica da cameretta. Ci
siamo sentiti al telefono con Leo e
già dalla telefonata è partito qualcosa.
Non abbiamo perso tempo
e siamo andati in sala il giorno
dopo; abbiamo iniziato a jammare
e da lì non ci siamo più fermati.
Su quali
presupposti
è nato
questo disco
senza
titolo, tutto
strumentale
e dai suoni
piuttosto
marmorei?
Leonardo:
Personalmente
non
lo definirei
un disco
marmoreo.
Credo
ci siano di
sicuro delle
parti più
sature ma,
quasi nella
stessa misura,
anche
momenti
più morbidi o addirittura sospesi.
Cronologicamente parlando, fotografa
il periodo nel quale ci siamo
conosciuti e, di conseguenza,
traccia un po’ tutte le sfaccettature
che, più o meno inconsciamente,
abbiamo deciso di sondare in quel
momento preciso.
Giorgio: Le sonorità di questo disco
rappresentano bene i nostri
gusti , ma niente esclude che potrebbero
variare molto nei lavori
futuri.
Qual è il vostro metodo di lavoro?
Più jam o più scrittura prima
di decidere la direzione dei brani?
Giorgio: I brani li strutturiamo in
modi diversi, alcune volte nascono
da parti singole proposte da
uno di noi. Altre invece sono piccoli
estratti di lunghe improvvisazioni
che scegliamo e rielaboriamo,
spesso decontestualizzandole
totalmente dall’idea “originale”.
Tre nomi di artisti italiani contemporanei
che vi piacciono?
Andrea: Mai Mai Mai
Giorgio: Iosonouncane
Leonardo: Blak Saagan
Che cosa ci dobbiamo aspettare
dai Nairobi per il 2020?
Leonardo: Per quest’anno abbiamo
in programma intanto dei live
in Italia per promuovere il disco.
Nel frattempo stiamo lavorando al
nostro secondo lavoro.
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ELENA SANCHI
La cantautrice riminese presenta “Tradire e fare”, il nuovo video, dal taglio
molto cinematografico, tratto dall’ultimo disco “Risveglio”. Le abbiamo
rivolto qualche domanda
Ti abbiamo lasciata sull’onda
lunga di “Risveglio” e ti ritroviamo
ora con un nuovo singolo e
video. Ci racconti in che modo
hai iniziato il 2020?
tando dal Piemonte alla Sardegna,
fino alle Marche e all’Emilia Romagna;
ho toccato una molteplicità
di emozioni e mi sono concessa
finalmente il lusso di essere me
Quando sono partita non sapevo
ancora cosa mi aspettava né dove
mi avrebbe condotta questo secondo
disco! Con il mio Risveglio
Tour ho attraversato l’Italia, canstessa
fino in fondo lasciando andare
la paura.
Il nuovo anno è iniziato quindi seguendo
l’onda di questo percorso
concretizzando il nuovo videoclip
del brano Tradire e fare che traduce
in musica questo sentimento
di abbanDono verso se stessi, ai
propri sentimenti più profondi liberandosi
da giudizi e aspettative
altrui.
“Tradire e fare”: come nasce? Ci
racconti qualcosa sul video?
La tematica del cambiamento
come momento di crescita personale,
di ricerca profonda del
proprio talento, del significato
vero della vita di ognuno di noi,
è presente in diverse mie canzoni
ed è un aspetto che mi attrae e mi
percorre sin da bambina. Tradire
e fare nasce così da questa domanda:
Qual è il motivo del mio
viaggio? Quale è il messaggio che
posso e voglio lasciare al mondo?
La vita a volte ci porta lontano da
ciò che siamo davvero, ci conduce
a fare scelte che nel tempo non
ci appartengono più e non è facile
trovare il coraggio di rimanere fedeli
a ciò che si è diventati senza
32 33
tradire le aspettative degli altri.
Questo brano allora è un invito a
essere felici, a non avere paura di
essere ciò che ci si sente dentro, a
far emergere anche verità scomode
ma che comunque ci liberano e
ci rispecchiano. Nel video riprendo
la concezione pirandelliana secondo
cui l’individuo è nascosto
dietro maschere che la società im-
pone per sentirsi accettato e accolto;
interpreto quindi diverse identità
tutte legate dalla figura della
libellula, simbolo di cambiamento,
trasformazione e fedeltà a ciò che
si è dietro le apparenze.
Mi pare di capire che nella canzone
il “tradimento” non abbia
una valenza negativa, anzi sia
una sorta di forza propulsiva...
Sì esatto! Diciamo che mi piaceva
parlare di fedeltà e ho scelto
di farlo attraverso il tradimento,
perché in fondo sono le due facce
di una stessa medaglia. Deve essere
letto più come un “dire tra”! Il
“tra” è la distanza tra noi e gli altri,
tra ciò che siamo stati e ciò che
siamo, è la misura, il percorso di
trasformazione verso i nostri desideri.
Nella vita ti è capitato più spesso
di tradire o di essere tradita (anche
a livello ideale…)?
Entrambe le cose e nella stessa
misura, credo. La separazione dei
miei genitori da bambina mi ha
forgiato il carattere, quello forse è
stato il primo tradimento che ho
attraversato! Pensavo che fosse
colpa mia, di dover essere brava
altrimenti mi potevano succedere
delle cose brutte. Avevo paura di
disobbedire, non volevo deludere
per paura di sentirmi sbagliata.
Per questo poi mi sono boicottata
tante volte, facendo scelte sbagliate
che mi hanno portata a vivere
una vita che non mi rispecchiava…
e poi “arriva un giorno che la
tua vita sembra viaggiare lontano
chilometri” e trovi il coraggio di
cambiare, di tradire le aspettative
degli altri per essere fedele a ciò
che sei davvero. Ho sempre avuto
un grande sogno nel cuore, la musica,
e penso che lei mi ha salvato
la vita, almeno due volte.
Che cosa c’è nel tuo futuro prossimo?
Tanto lavoro, amo quello che faccio
e trovo tanta passione e soddisfazione
nel farlo! In particolare
sto lavorando a nuovi brani per
un terzo disco, a un nuovo live set
per la primavera prossima dove
mi esibirò con tastierina elettronica,
Loop Station e Groove Box
toccando suoni più elettronici e a
uno spettacolo tutto al femminile
che vedrà la sua prima uscita a teatro
il prossimo 8 marzo.
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LEDA
“Pulviscolo” è il nuovo singolo e video della
rock band che ha di recente pubblicato “Memorie
dal futuro”, un album ricco di sonorità 90s
Mi raccontate come nasce la canzone
“Pulviscolo”?
La canzone nasce da un riff di
chitarra che Enrico aveva iniziato
a suonare durante un’improvvisazione
in sala prove, a cui sia la
batteria di Fabrizio che il basso di
Mirko si sono agganciati in ma-
niera del tutto naturale. È stato
poi il turno della voce, diventata
più concreta quando abbiamo
riadattato una poesia del nostro
amico scrittore Francesco Ferracuti.
In fase di registrazione Serena
ha aggiunto un Rhodes che ha
fatto da collante tra le varie parti.
Così che è nata Pulviscolo, fluida e
istintiva come il resto dell’album.
Il video vela e svela... Mi raccontate
qualcosa del suo concept e
della sua realizzazione?
I ragazzi della Caos Crew hanno
saputo cogliere in pieno lo spirito
del testo. Anche in questo caso
il concept è arrivato in maniera
spontanea. Il tema ruota attorno
all’importanza di saper cogliere gli
attimi di silenzio, apparentemente
vuoti, come preziose occasioni di
concentrazione su noi stessi, sul
nostro io. Il “non fare nulla” non
è sempre tempo perso e dovremmo
tutti integrare momenti come
questi nelle nostre esistenze, spesso
troppo veloci e rumorose. Il
video è stato girato lo scorso settembre
nell’arco di una giornata.
Le competenze dei ragazzi della
Caos unite alla loro umanità hanno
creato un ambiente nel quale ci
siamo trovati subito a nostro agio,
soprattutto durante la parte in cui
suoniamo.
C’è un momento molto forte,
quello della caduta del velo, che
cambia il clip e la canzone. E’
stato difficile da girare oppure è
stato un “buona la prima”?
Abbiamo girato quella scena diverse
volte per trovare il giusto
accordo tra la musica, i passi e il
momento della discesa del telo.
Il regista in quel momento ci ha
diretto dall’alto, mentre reggeva
il telo assieme a un altro ragazzo
della Caos Crew... un video professionale
e artigianale allo stesso
tempo, in cui tutto l’impegno è
sempre accompagnato da grandi
risate.
E’ passato qualche mese dall’uscita
di “Memorie dal futuro”, il
vostro ultimo album. Giudicandolo
in prospettiva, qual è il vostro
giudizio sul disco?
L’album contiene le canzoni che
avremmo voluto ascoltare o comprare
e ci fa piacere che abbia ottenuto
un bel riscontro da parte
della critica. Sicuramente è un album
dove
abbiamo
messo tutta
la nostra
onestà, fregandocene
delle mode
e delle logiche
di
mercato.
Abbiamo
suonato
quello
che siamo
davvero,
sia come
singoli che
come musicisti.
A
distanza
di diversi
mesi dalla
sua uscita ancora ci divertiamo a
suonarlo e ci piace riascoltarlo.
Che cosa ci dobbiamo aspettare
dai Leda da qui in avanti?
Altra musica, in studio, ma soprattutto
dal vivo. Abbiamo tante
idee, nonostante facciamo questo
lavoro da parecchi anni sentiamo
un’urgenza ancora forte e propositiva.
Sappiamo benissimo che
l’Italia non è il posto migliore per
i musicisti, specie in questo periodo,
però abbiamo molta perseveranza,
che ci dà la forza di andare
avanti. Finché avremo delle idee e
qualcosa da comunicare, ci troverete
sempre con gli strumenti in
mano!
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AWAVE
Un singolo, “Walking”, dalla gestazione
lunga, un’ispirazione British, un ep (e forse
non solo) in arrivo: quattro chiacchiere con
il trio (e un po’ di ansia)
Partiamo dalle presentazioni:
chi sono e come nascono gli
Awave?
Gli Awave sono Federico Serio
(voce, chitarra), Federico Luzi
(basso, voce), Stefano Ianni (percussioni,
synth) e nascono da una
lunga amicizia e da svariati esperimenti/progetti
musicali che nel
corso degli anni hanno avuto più
o meno successo e durata,
fino al raggiungimento della attuale
formazione e della attuale
idea di composizione e filosofia di
sperimentazione.
So che il nuovo brano “Walking”
ha avuto una gestazione particolare
e complicata. Ce la volete
raccontare nel dettaglio?
Lunga, più che complicata... e particolare,
perché a differenza di altri
brani (dall’origine quasi acustica
e quasi cantautoriale), Walking
prende forma da un giro di basso
e da una ritmica elettronica cadenzata
che vanno a costituire le
fondamenta della
strofa e che in fase
di registrazione ci
hanno condotto
verso una resa più
acustica e “vera”
dei ritornelli in
modo da avere
maggiore impatto
emotivo e maggiore
dinamica. Questo
è stato possibile
anche grazie
al lavoro di Luigi
Tarquini che ha
curato la produzione
presso Alti
Records.
C’è in arrivo un
ep: ci potete anticipare
qualcosa di
ciò che sarà?
Abbiamo altri due
brani pronti, leggermente diversi
come sonorità rispetto a Walking,
più “up-tempo” ma sempre sulla
falsa riga del British pop o Dark
pop o Alternative rock o che dir si
voglia... e che in linea teorica andranno
a costituire il nostro primo
ep sempre che non ci scappi
prima direttamente un album magari...
Le vostre ispirazioni sono molto
“British”: chi sono i vostri punti
di riferimento?
A partire dai Radiohead fino agli
Editors passando di recente per
i Placebo (anche se non propriamente
British) che ascoltiamo
spesso e volentieri durante il lungo
tragitto tra le montagne che ci
conduce verso la nostra sala prove.
Ma le nostre vere e più profonde
radici sono da ricercarsi nell’
heavy metal e nella dark...
Che cosa vedete nel futuro (a
breve) degli Awave?
Ansia (ahahah) di capire se questo
progetto musicale possa avere
un buon riscontro o meno e da
ciò realizzare piccole aspirazioni
e qualche sogno, da quelli con i
piedi per terra (o underground) a
quelli magari grandi che potrebbero
anche svalicare i confini più
strettamente musicali... A parte
tutto, stiamo lavorando sull’uscita
di un nuovo singolo, e anche questo
avrà a che fare come Walking
con un percorso, ma dall’ oscurità
alla luce...
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PINGUINI
TATTICI
NUCLEARI
“IRENE”
#quellochesentivo
Irene è un singolo del 2017 tratto da
“Gioventù brucata”, album della svolta
per la band bergamasca.
Tutti abbiamo dovuto, almeno una
volta, lasciar andare qualcuno che
avremmo invece voluto tener stretto
al nostro fianco. E lasciar andare,
spesso, significa non solo perdere l’altro,
ma anche una parte di noi stessi.
Così pensi di nasconderlo per far si
che gli altri non lo vedano, di rapirlo
per sottrarlo all’inevitabile separazione.
Irene, questa sera la faccia te la strapperei
via
Così faresti paura al mondo ma resteresti
sempre mia
In questa notte di buio pesto, che forse
era buio pomodoro
Le mie mani Brigate Rosse accarezzano
te che sei Aldo Moro
Tutti abbiamo un sogno, di gloria, di
musica, di passione. Sognare, spesso,
significa dover poi fare i conti con
la realtà, che fa a cazzotti con quello
che vorresti e ti fa ingoiare i NO ricevuti
e aspettati.
E l’hai letto nelle stelle che la musica ci
darà il pane
Il realismo l’avrai lasciato a qualche
mercatino equosolidale
Irene, non ci credere poi tanto allo zodiaco
Che la musica il pane quotidiano lo dà
solo a chi è celiaco
Tutti sappiamo che se una relazione
non decolla non ci sarà miracolo che
potrà darle una spinta. Rendersene
conto, spesso, aiuta ad accettare l’inevitabile,
con ironica intuizione che
non avrebbe mai potuto funzionare.
Il futuro che ti potevo dare l’ho
Barattato per i vinili che ho in soffitta
Te li regalerò quando avrai perso le
speranze
E ti sentirai sconfitta
Il futuro che ti potevo dare
Alla fine è una fregatura meglio
Che ti sposi un ingegnere
Un notaio od un dentista
Oppure, oppure, oppure il tuo analista
Tutti siamo caduti. Da terra, spesso,
tutto sembra più grande di quel che
è in realtà. E ogni volta rimettersi in
piedi sembra così faticoso da far venir
voglia di cambiare prospettiva e
lasciarsi dove le cadute ti hanno collocato
tuo malgrado.
Una luce indagatrice, color della cedrata
Brucia forte in questa stanza e incenerisce
la serata
E mentre dormi un rivolo di saliva ti
scocca dalla bocca
Preciso come un bacio mai dato o un
orologio che rintocca
Irene, i cantautori dicono che l’importante
Non è quante volte cadi, ma se hai il
coraggio di rialzarti
Ma dopo mille cadute roventi
Non ci resta che imparare a vivere
come i serpenti
Tutti abbiamo capito che era giunto il
momento di abbandonare la nave che
stava affondando. E i rapporti umani,
spesso, sanno essere scialuppe di salvataggio
o zavorre di cui liberarsi.
E il futuro che ti potevo dare l’ho
Barattato per i vinili che ho in soffitta
Te li regalerò quando avrai perso le
speranze
E vorrai star solo zitta
Il futuro che ti potevo dare
Alla fine è una fregatura, senti
Corri via da tutto questo
Scappa forte, finché puoi
Ricordami come Neville Paciock
In un mondo di Draco Malfoy
Tutti abbiamo provato almeno una
volta a interpretare il testo di una
canzone di un gruppo indie, con
riferimenti nerd, senza riuscirci.
Quando non si capisce una cosa,
sempre, sarebbe bene non esprimere
la propria opinione in merito.
Irene non fidarti mai
Dei testi delle mie canzoni
Soprattutto di quelle da parafrasare
Che sono le peggiori
….
E fidati del pane fresco
Nelle mattine d’inverno
E del paradiso solo se
Solo se visto dall’inferno
Il futuro che ti potevo dare l’ho
Barattato per i vinili che ho in soffitta
Te li regalerò quando avrai perso le
speranze
E ti sentirai sconfitta
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