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Magazine Calcioinrosa_Settembre 2020

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MENSILE DI INFORMAZIONE SUL CALCIO FEMMINILE

ANNO 4 - NUMERO 10 - SETTEMBRE 2020

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ESSERE

SE STESSI

LUCIA GHIDETTI E IL SUO “COMING OUT”

«PER ME È LA NORMALITÀ: FIERA DI USCIRE ALLO SCOPERTO

E NON NASCONDERMI»


ANNO 4

NUMERO 10

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L’EDITORIALE DEL DIRETTORE

La prima pausa del campionato di Serie

A femminile ci restituisce un quadro

che, seppure passate sole tre giornate,

mostra qualche conferma ma soprattutto diverse

sorprese. Sia positive che negative. Iniziamo dalle

conferme: Juventus, Milan e Fiorentina sono le

squadre che ancora una volta si contenderanno

Scudetto e qualificazione alla Champions League.

E l’impressione, per quanto riguarda la lotta

per lo scettro di regina della Serie A, è che questa

volta potrà essere finalmente combattuta fino

alla fine. La Juventus è chiaramente la squadra

da battere: è quella con più esperienza e affiatamento

tra le giocatrici, con un blocco di Azzurre

granitico e che gioca insieme ormai da tanto

tempo, oltre ad una allenatrice, Rita Guarino, solida

e dal grande carattere. C’è da dire che però in

queste prime uscite non ha entusiasmato, anzi:

vittoria per 4-3 nel finale contro l’Empoli (per

il quale due parole le spenderemo più avanti) e

successo “solo” per 2-0 contro un San Marino

che nelle precedenti due partite aveva incassato

ben 15 gol. Gli infortuni di Gama e Cernoia,

due pilastri di difesa e centrocampo sicuramente

non aiuteranno le campionesse d’Italia in carica

a mantenere lo Scudetto sulle loro maglie, ma in

queste tre stagioni siamo stati abituati a vedere

che le bianconere riescono a trarre il meglio nei

momenti di difficoltà. A inseguire, come detto,

Milan e Fiorentina: ancora una volta il grosso

problema delle rossonere è la profondità della

rosa che in caso di infortuni eccellenti potrebbe

non essere adeguata; dall’altro lato le Viola devono

sicuramente fare il salto di qualità perché la

scorsa stagione hanno deluso nonostante il secondo

posto conquistato perché la lotta Scudetto

FLAVIO

GRISOLI

direttore@calcioinrosa.it

CALCIOINROSA.IT

Testata giornalistica

registrata presso

il Tribunale di Arezzo

n.5/2018

EDITORE E FONDATORE

Asd Calcioinrosa.it

Artemio Scardicchio

DIRETTORE RESPONSABILE

Flavio Grisoli

IN REDAZIONE

Paolo Alferi

Alessandro Colli

Lisa Grelloni

Isabella Lamberti

Salvatore Suriano

Mariano Ventrella

GRAFICA E IMPAGINAZIONE

Calcioinrosa.it

CREATIVITÀ LOGO

Rocco Lotito

roccolotito@gmail.com

QUESTO MESE

LUCIA

GHIDETTI

4-5

CHIARA

ORLANDO

6-7

LISA

DE VANNA

8-9


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si è chiusa ben prima del lockdown. La sorpresa negativa è

la Roma: ancora una volta le giallorosse pagano un’indole

troppo poco aggressiva e sono già lontane dalle tre di testa.

Inevitabile che ci si cominci a fare domande sul tecnico

Bavagnoli, alla sua terza stagione nella Capitale e sempre

con squadre sulla carta competitive con grossi investimenti

da parte della dirigenza. Le sorprese positive invece sono

l’Empoli, che sta proseguendo in un meritorio percorso

di crescita tecnica con una squadra giovane, spregiudicata

e costruita in maniera intelligente; e il Sassuolo, che ha

probabilmente il miglior tecnico a disposizione (Piovani)

e che se non dovesse far fronte ancora una volta a infortuni

pesanti (gli ultimi in ordine di tempo Parisi e Ferrato),

potrebbe davvero fare un pensierino a qualche posizione

più su in classifica. Male l’Inter, che dopo una stagione di

ambientamento ci si aspettava competitiva e che invece ha

racimolato solo tre punti; male il Napoli che a dispetto delle

dichiarazioni roboanti di inizio stagione del suo presidente

si ritroverà a dover lottare fino alla fine per la salvezza, così

come Bari, Verona e San Marino: queste quattro alla fine si

giocheranno la permanenza in Serie A. Forse è presto per

tirare la prima riga e fare dei bilanci, ma c’è anche da considerare

il fatto che questo è un campionato corto (22 partite)

e che distacchi accumulati già nelle prime giornate possono

essere fatidici e irrecuperabili.


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Il coraggio e l’orgoglio di Lucia

Ghidetti. portiere dell’Aurora, fa “coming out” e dichiara la sua omosessualità

“Per me questa è la normalità. Non bisogna nascondersi”

MARIANO

VENTRELLA

In un mondo che fatica ad accettare

le diversità, vogliamo raccontare

la storia di coraggio ma

soprattutto di normalità di un portiere

che ha fatto “coming out” nel

mondo del calcio femminile, non

nascondendo il suo orientamento

sessuale.

A tu per tu con Lucia Ghidetti,

classe 1994, estremo difensore

dell’Aurora, squadra militante nel

campionato di Eccellenza, con un

passato al Ravenna e al San Marino

Academy, dottoressa in scienze

criminologiche per l’investigazione

e la sicurezza con tesi di laurea in

psicologia sociale e della devianza,

attenente la condizione dei lavoratori

LGBT (sigla utilizzata come

termine collettivo per riferirsi a

persone Lesbiche, Gay, Bisessuali

e Transgender).

Ciao Lucia, quando hai scoperto

di essere lesbica?

«Sin da piccola, inconsciamente,

potevo averlo sempre saputo di

esserlo ma per via della rigidità e la

chiusura del movimento Comunione

e Liberazione della Chiesa alla

quale appartenevo, non ero ancora

pronta per manifestare il mio

orientamento sessuale; la svolta

è arrivata ai 19 anni, quando ho

iniziato ad essere più indipendente,

iniziando a frequentare l’Università,

lontano dalla mia famiglia, trovando


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il coraggio di fare coming out prima

agli amici più stretti ed a seguire ai

miei genitori».

La presenza del fenomeno nel

calcio femminile

«Nel mondo del calcio femminile

non ho mai riscontrato alcun problema

a dichiarare e rendere visibile

la circostanza di essere lesbica,

la ritengo normale come situazione,

atteso per esperienza che

almeno tre quarti delle calciatrici lo

sono, anche se molte tendono a

nasconderlo. Ho iniziato la carriera

agonistica tardi, a 19 anni, perché

la mia famiglia non era particolarmente

propensa a farmi praticare

uno sport, etichettato come maschile;

in considerazione di queste

premesse, pur avendo avuto la

possibilità di iniziare la carriera a

Cesenatico ho dovuto rimandare

l’approccio con il terreno di gioco

alla maggiore età, riuscendo poi

a disputare una discreta carriera,

facendo esperienza tra l’altro a

San Zaccaria, Bologna, Ravenna

e San Marino, prima di approdare

al’Aurora».

Cosa rappresenta per te essere

lesbica?

«Essere lesbica e dichiararlo

pubblicamente per me rappresenta

la normalità, non mi sento affatto

una donna forte; l’unico coraggio

che mi sento di avere è quello di

essere me stessa, fiera di uscire

allo scoperto senza nascondermi;

faccio parte integrante del movimento

Lgbt e sono fiera di lottare a

viso scoperto ed a testa alta per la

difesa e la tutela dei nostri diritti. Lo

stereotipo della donna che gioca a

pallone associata al fatto di essere

lesbica è un concetto da superare;

lo sono in molte ma non è automatico,

vuoi perché ci sono numerose

eterosessuali, vuoi perché ci sono

lesbiche anche nel mondo del

basket e della pallavolo con un numero

sempre più crescente di atlete

di tale orientamento sessuale,

direttamente proporzionale al livello

di gioco, in quanto più si sale di categoria

e di valore e più aumentano

le presenze delle lesbiche».

Il concetto di omosessualità, differenze

tra femminile e maschile

«Nel femminile il concetto di

omosessualità è più sdoganato

e decisamente più accettato, in

quanto tra donne c’è più solidarietà

e tolleranza rispetto allo stesso

fenomeno vissuto in ambito maschile

dove si fa fatica ad accettare

che una persona sia gay, in quanto

viene sminuito il concetto stesso

di uomo che per tradizione deve

essere forte e virile; tra noi donne

non ci si insulta, si reagisce al

fenomeno in maniera più solidale,

a differenza del genere maschile

dove è alquanto diffuso offendere

l’omosessuale con frasi sessiste ed

omofobe».


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“Il calcio il mio primo pensiero”

Intervista al tecnico del Tavagnacco Chiara Orlando, impegnata in Serie B

“Qui si lavora bene e c’è grande impegno da parte di tutte le ragazze”

LISA

GRELLONI

Ha lasciato il calcio giocato

da giovanissima

per dei problemi fisici,

ha iniziato così la sua carriera

da allenatrice. Il calcio? Il suo

primo pensiero: intervista speciale

alla mister Chiara Orlando.

Buongiorno mister, com’è

nata la tua passione per il

mondo del calcio? E perchè la

scelta di allenare?

«La passione per il calcio è nata

fin da piccolina quando giocavo

coi miei amici in giardino a soli

5 anni. In famiglia mio nonno

Nevio mi ha sempre seguita,

era un calciatore professionista.

Ho scelto di allenare anche qui

molto giovane (ho iniziato a collaborare

nella squadra della mia

città, Monfalcone, ad appena 15

anni) perchè mi è sempre piaciuto

imparare e far apprendere.

Il calcio è sempre stato il mio

primo pensiero. Inoltre avendo

dovuto smettere di giocare ad

appena 23 anni per problemi

alla caviglia ho intrapreso questa

strada».

Lo scorso anno sei subentrata

in prima squadra dopo l’esonero

di Lugnan, te l’aspettavi?

Quanto ti ha insegnato l’esperienza

in Primavera?

«Diciamo che un cambio era

nell’aria visti i risultati ottenuti.

L’esperienza in Primavera mi ha

dato tanto e mi ha fatto crescere

soprattutto nella gestione dello

spogliatoio».


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Siete una giovane squadra

ricca di italiane, che cosa ti ha

colpita delle ragazze? Chi è la

leader del gruppo?

«Mi ha colpito molto la voglia di

fare, di apprendere e l’impegno

da parte di tutte. Si lavora bene.

Sicuramente è importante lavorare

con la rosa dall’inizio in

modo da poter trasmettere i propri

principi di gioco attraverso i

metodi di lavoro preferiti».

Siete una giovane squadra

ricca di italiane, che cosa ti ha

colpita delle ragazze? Chi è la

leader del gruppo?

C’è un bel clima, la squadra è

giovane ma anche lo staff lo è

quindi c’è stata subito sinergia.

Ci sono diverse leader nel gruppo

e secondo me altre verranno

fuori durante la stagione».Il

vostro punto di forza?

«Il punto di forza dev’essere

proprio la gioventù che porta

sfrontatezza e poi sicuramente il

gruppo».


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De Vanna dice basta

L’attaccante ex Fiorentina sente di aver dato tutto e pensa al ritiro

«Ma non sono sicura: una parte di me sente che vuole ancora giocare»

MIRIANA

CECCHI

Intervista all’ormai ex Fiorentina,

leggenda australiana classe 1984,

vincitrice di quattro campionati di

W-League e miglior realizzatrice di tutti

i tempi della nazionale australiana (47

reti in più di 150 presenze), che con le

“Matildas” ha guadagnato un oro e tre

argenti in Coppa delle nazioni asiatiche

femminili.

Sei nata e cresciuta in Australia

dove gli sport più popolari sono

ben diversi dal “nostro” calcio.

Come e perché hai deciso di intraprendere

questo percorso?

«La passione è nata grazie ai miei

genitori, da mio padre italiano e da mia

madre portoghese, entrambi amanti

del calcio. Inoltre, ho vissuto in un quartiere

dove tutti giocavano a pallone,

compreso mio fratello; tutto questo insieme

mi ha portato a scegliere questa

strada».

Cosa ricordi con più piacere della

tua esperienza con le “Matildas” e

cosa significa andare a segno in

una competizione di livello mondiale?

«Ricordo sicuramente il Campionato

Mondiale del 2007, quando con le Matildas

siamo arrivate per la prima volta

fino ai quarti di finale: quel momento

della mia carriera è stato speciale.

Amo andare a segno ma ciò che mi

piace ancora di più è vincere. Segnare

un gol significa che sto facendo il mio

lavoro; vincere, invece, è uno sforzo di

squadra».

Quali valori ti ha trasmesso la tua

esperienza a Firenze?

«Adoro la passione che le giocatrici

italiane ci mettono e giocare per la

Fiorentina mi ha insegnato ad amare

sempre di più il gioco. A Firenze ho

trovato delle compagne di squadra

davvero accoglienti ed il prezioso supporto

dei proprietari del club».

Il tuo esordio in Serie A con la Fiorentina

di mister Cincotta è arrivato

subito nella prima giornata, nel

derby contro la Florentia, dove hai

segnato e fissato il risultato dell’incontro

sul 4-2. Cosa ricordi di quel

giorno?

«La mia prima vera partita con la Fiorentina

è stata contro l’Arsenal, un duro

inizio per l’avvio della stagione in viola

ma mi è piaciuto molto poter giocare al

Franchi. La mia prima partita in campionato,

nel derby contro la Florentia,

è stato il mio primo vero assaggio del

calcio italiano. Ricordo tutto sia dal

punto di vista fisico che emozionale,

ero felice di aver segnato il mio primo

gol e lo sono stata ancora di più per

aver avuto la meglio nel derby».

Hai qualche rimpianto di questa

stagione che si è conclusa molto

presto a causa di forze maggiori?

«Sono rimasta un po’ dispiaciuta

perché sentivo che finalmente avevamo

trovato un certo ritmo e, prima

che arrivasse il COVID, il nostro gioco

era diventato veramente funzionale e

creativo».

Tu hai esperienze a livello australiano,

europeo ed americano. Quali

differenze hai riscontrato nel calcio

femminile italiano, che si sta appre-


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stando a diventare professionistico?

«L’Italia sta crescendo molto ed in

pochi anni se ne vedranno i risultati. La

tanta passione, come lo è il cuore della

vita italiana del resto, è un elemento

che lo contraddistingue già molto dalle

altre realtà. Penso che con l’arrivo del

professionismo, che andrà ad unirsi

alla passione e all’emozione tipiche

italiane, si svilupperà una grande squadra

competitiva anche a livello mondiale.

Non so perché ci abbiano messo

così tanto a prendere questa decisione

ma ci sarà modo per apprendere dagli

errori e dai successi delle altre nazioni

che sono più avanti in questo. Vedrete

sicuramente molti più nomi importanti

che vorranno venire a giocare qui e

che alzeranno l’asticella».

Nella tua esperienza in NWSL (campionato

americano) con lo Sky Blue

sei andata a segno contro il Boston

Breakers con una rovesciata magnifica

diventata poi virale a livello

mondiale. Com’è nato quel gol?

«La rovesciata è stata qualcosa di

veramente speciale e non penso che

farò ancora una cosa del genere in

tutta la mia vita. Il mio unico pensiero in

quel momento è stato: “Fallo!” e mai mi

sarei aspettata un risvolto del genere».

In che modo hai visto cambiare il

calcio femminile in tutti questi anni

di esperienza?

«Tantissimo! Il gioco adesso è molto

più fisico, tecnico e c’è un maggior investimento

di denaro, ciò significa che

finalmente le giocatrici possono vivere

di questo».

Quale consiglio ti sentiresti di dare

alle giovani ragazze che si vogliono

approcciare a questa realtà?

«Seguite il vostro cuore e focalizzatevi

sui vostri sogni».

Dove ti porterà il futuro? Ti piacerebbe

rimanere a giocare in Italia o

preferiresti portare la tua esperienza

altrove?

«In questo momento non sono sicura

di ciò che voglio fare: una parte di me

sente di aver finito con il calcio ma

l’altra ha ancora il desiderio di continuare

a giocare. Adesso penso solo a

godermi i momenti a casa con la mia

famiglia».


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