LeStrade n.1562 novembre 2020

leStrade
LS
Aeroporti Autostrade Ferrovie
N. 1562/ 11 NOVEMBRE 2020
Aeroporti Autostrade Ferrovie
Casa Editrice la fiaccola srl
GALLERIE
Gli avanzamenti
dei trafori alpini
ROAD SAFETY
Come proteggere
gli ostacoli fissi

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ITALIANO
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2
Sommario
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N. 1562 Novembre 2020 anno CXXII
3 LS
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RUBRICHE
L’OPINIONE
5 Opere UE, libera circolazione per i materiali da scavo
di Manuela Rocca
L’OPINIONE LEGALE
6 Nulla la clausola del disciplinare se chiede SOA
dell’impresa ausiliata
di Claudio Guccione, Maria Rita Silvestri
SICUREZZA DELLE INFRASTRUTTURE
8 La memoria dell’ultimo diaframma del traforo più lungo
del mondo
di Pasquale Cialdini
OSSERVATORIO ANAS
12 Road safety, dimezzare gli incidenti grazie a investimenti e
comportamenti
di Mario Avagliano
NEWS
14 Attualità
16 Prodotti
20 Convegni
21 Agenda 2020-2021. Convegni, Corsi, Eventi
INFRASTRUTTURE&MOBILITÀ
Infrastrutture
24 La gestione dell’innovazione
di Fabrizio Apostolo
Autostrade
28 Prendersi cura delle opere d’arte
di Giovanni Di Michele
Strade
34 La road safety che funziona
di Fabrizio Apostolo
39 Dagli attenuatori alle barriere-varco
di Stefano Chiara
MATERIALI&TECNOLOGIE
Materiali
74 Lunga vita alla sicurezza
di Emilia Longoni
78 Nuova strada circolare
di Fabrizio Apostolo
82 Istruzione vs distruzione. Una luce in fondo al tunnel
a cura di leStrade in collaborazione con l’Istituto Italiano
per il Calcestruzzo
Focus: Pensavano fosse amore, invece era un calesse.
È ora di formare gli autisti delle betoniere
di Silvio Cocco
Tecnologie&Sistemi
85 Allestimenti rapidi e sicuri
a cura della redazione
86 Da strade ferrate a ciclovie d’acciaio
di Stefano Chiara
88 Virtuale e digitale per migliorare le reti
di Giovanni Di Michele
92 L’eco-efficienza di legno e acciaio
di Giulio Toffolo
& GALLERIE
GALLERIE
OPERE IN SOTTERRANEO
MACCHINE&ATTREZZATURE
Macchine
100 Professionisti lungo i binari
di Matthieu Colombo
In collaborazione con Costruzioni
102 Da un garage al mondo
a cura della redazione
44 Galleria sperimentale nella laguna veneta
di Alessandro Focaracci, Paolo Pujia, Corrado Mattozzi
50 Francia, scavi e opere all’aperto
di Sara Settembrino
54 Italia, focus sulle nicchie
di Piergiuseppe Gilli, Pietro Elia, Cristina La Rosa,
Alessandro Ferrando
58 Tutti i particolari del congelamento
di Alessandro Marottoli, Vittorio Manassero,
Roberta Marrazzo, Antonio Celot, Simone Centis,
Andrea Fossati, Armando Vanin, Andrea Pettinaroli
66 Grande opera in Alto Adige
di Stefano Chiara
72 Scacco alle polveri
di Mauro Armelloni
PAGINE ASSOCIATIVE
106 AIIT Assemblea nazionale e nuovi organi direttivi
a cura della Segreteria AIIT
107 AIPSS Call for Papers
di Carlo Polidori
108 AISES Un’imperiosa necessità
di Pierluigi Masin
109 ANIE ASSIFER La sfida della sostenibilità
di Viviana Solari
110 SIIV Monopattini e dispositivi di micromobilità
di Cristina Tozzo
111 TTS ITALIA Il progetto PriMaas
di Laura Franchi
Anas SpA
Ente nazionale
per le strade
Associazione Italiana
Società Concessione
Autostrade e Trafori
Associazione
del Genio Civile
Associazione Italiana
per l’Ingegneria Traffico
e dei Trasporti
Associazione Mondiale
della Strada
Associazione Italiana
dei Professionisti
per la Sicurezza Stradale
Associazione Italiana
Segnaletica e Sicurezza
Associazione Laboratori
di Ingegneria e Geotecnica
Associazione
Industrie
Ferroviarie
Associazione Italiana
Segnaletica Stradale
European Union
Road Federation
Formazione Addestramento
Scienza Tecnologia Ingegneria
Gallerie e Infrastrutture
Federazione delle Associazioni
della filiera del cemento,
del calcestruzzo e dei materiali
di base per le costruzioni nonché
delle applicazioni e delle
tecnologie ad esse connesse
Federazione Industrie
Prodotti Impianti Servizi
ed Opere Specialistiche
per le Costruzioni
International Road
Federation
Associazione delle
organizzazioni di ingegneria,
di architettura e di consulenza
tecnico-economica
Società Italiana Geologia
Ambientale
Società Italiana Infrastrutture
Viarie
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Presidente onorario SITEB
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Metalliche dell’Involucro e dei
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4
5 LS
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di protezione degli ostacoli fissi completamente in
acciaio testata a 130 km orari e con veicoli da 2 tonnellate,
caratterizzata da una struttura compatta e
dimensioni contenute. Leonidas, che viene posizionato
sulla strada già assemblato, è accompagnato
da una numerosa famiglia di dispositivi innovativi di
road safety comprendente, tra gli altri, Geronimo (sistemi
di monitoraggio), Ermes (terminali), Taurus (attenuatori
da cantiere), Andromeda (smart barrier e
bordo ponte) e Stargate (varchi di emergenza).
© SMA Road Safety
Autostrada del Brennero SpA
autobrennero.it 22
Car Segnaletica Stradale Srl
carsrl.com 1
Cipa SpA
cipaspa.it 57
Iterchimica Srl
iterchimica.it
I Cop., 33
IV Cop.
Merlo SpA
merlo.com
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Prealux Srl
prealux.it 7
Prometeoengineering.it Srl
prometeoengineering.it 65
Raet Srl
raetsrl.it 17.
Tekna Chem SpA
teknachem.it
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Valli Zabban SpA
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Vita International Srl
vitainternational.it 91
Aziende citate
A58-Teem 14
AstepON 19
Autostrada del Brennero S.p.A 28
Bentley System 88
Bobcat 16
Cims 86
Cortensafe 86
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Desami 19
Doosan 100
DSI Underground 68
Epiroc 66-68
Fincantieri NexTech 15
Galleria di base del Brennero 58
Istituto Italiano per Il Calcestruzzo 82
Italferr 88
JCB 102
Laterlite 18
Pinsuisse Engineering 56-58
Prealux 85
Prometeo Engineering 44
Raet 72
RoadLink 19
Rocksoil 55
Sma 34-39
Strabag 66
Telt 50-54
Valli Zabban 78-79
VDP S.r.L 55
Vita International 92
Webuild S.p.A 58
Zippole 18
l reimpiego dei materiali di scavo derivanti dai lavori in sotterraneo nei grandi progetti ferroviari alpini è allo stesso tempo una sfida
tecnica e una grande opportunità sul piano economico e ambientale per l’intero territorio. Per questo, per la realizzazione della
sezione transfrontaliera del nuovo collegamento ferroviario Torino-Lione, TELT ha definito una strategia sostenibile di gestione
dei materiali di scavo derivanti dai lavori del tunnel di base: oltre la metà dei materiali estratti saranno destinati a un riutilizzo
nell’ambito del progetto. La parte eccedente sarà invece collocata nei siti di deposito previsti a tale scopo, per i quali è stata operata
una selezione finalizzata al recupero di quelli compromessi.
Ma la quota di riutilizzo potrebbe aumentare se fosse consentita una valorizzazione della roccia scavata in chiave binazionale, puntando
sull’economia circolare dei materiali di scavo. Con questo spirito Regione Piemonte, Auvergne Rhône-Alpes e TELT hanno
risposto alla Consultazione pubblica della Commissione ENVE del Comitato europeo delle Regioni sul New Circular Economy Action
Plan su cui sta lavorando l’Europa, proponendo di uscire dalle logiche nazionali per considerare il perimetro delle aree di la-
Ivoro delle grandi opere transnazionali come un unico cantiere europeo e poter così incentivare il riutilizzo del materiale estratto dove serve, indipendentemente
dalla nazionalità dello scavo. Il tema è entrato tra i punti adottati il 14 ottobre scorso dalla sessione plenaria del Comitato nell’opinione,
il cui documento programmatico è stato inviato alla UE per il percorso legislativo sul nuovo piano di economia circolare.
Ad oggi TELT stima il volume totale dei materiali derivanti dagli scavi del tunnel di base in circa 37 milioni di tonnellate, di cui 30 milioni lato Francia e circa
7 milioni lato Italia. Quasi il 60% di questi materiali saranno trasformati e riutilizzati per le necessità interne al progetto, coprendo la maggior parte del
fabbisogno di inerti per calcestruzzo e rilevati. Come anticipato, la valorizzazione potrebbe essere ottimizzata se TELT avesse la possibilità di progettare
la valorizzazione dei materiali all’intero di un Piano di utilizzo unico, binazionale. Secondo le analisi eseguite infatti, in Italia si estrarrà una quantità
maggiore al fabbisogno di materiale che, per le sue caratteristiche meccaniche, è particolarmente adatto a essere utilizzato nei calcestruzzi e nei conci
di rivestimento della galleria di base, mentre tra la roccia scavata nel tratto francese prevale la tipologia più adatta per l’impiego nei rilevati ferroviari.
Opere UE, libera circolazione
per i materiali da scavo
In questo quadro, con una visione comune, un’ulteriore frazione di materiale potrebbe essere valorizzata all’interno dello stesso progetto: in particolare,
secondo le stime, in Francia servirà quasi un milione di tonnellate di granulati per calcestruzzi, parte dei quali potrebbe essere coperto
da quello che gli scavi italiani produrranno in eccedenza, mentre in Italia si registra un deficit di poco più di un milione di tonnellate di materiale
per rilevati, che potrebbe invece arrivare dallo scavo francese, anziché dall’esterno.
Le soluzioni possibili per ottimizzare e valorizzare i materiali sono oggetto di studio da parte di TELT fin dalla fase progettuale, per questo all’interno
della società è attivo un Gruppo di lavoro pluridisciplinare che si avvale anche delle competenze di esperti esterni, oltre che di istituti di ricerca
e università in Francia e Italia. Con loro il promotore sta mettendo a punto soluzioni innovative, con ricorso anche a nuove tecnologie che
possano supportare tutta la filiera del controllo della qualità dei materiali di scavo. Un Gruppo di lavoro è operativo anche all’interno della Conferenza
intergovernativa della Torino Lione (CIG), per verificare la fattibilità di istituire una gestione binazionale dei materiali, da un punto di vista
regolamentare e tecnico-operativo. In questo contesto la richiesta all’UE si colloca in piena continuità con lo
spirito comune alle due Regioni e a TELT di aumentare la quota di riciclo dei materiali. Sull’esempio di quanto
già attuato con la normativa antimafia, primo caso in Europa di applicazione di un regolamento binazionale
per la lotta alle infiltrazioni mafiose negli appalti, gli Stati potrebbero così sviluppare un dispositivo
di valorizzazione dei materiali senza confini. Si tratterebbe di un inedito nella realizzazione delle
gallerie ferroviarie con un grande valore anche ambientale: più è alta la percentuale di riciclo della
roccia, meno si attinge alle risorse naturali cavando nuovi materiali, con un risparmio anche sui chilometri
percorsi dai mezzi di trasporto dalle cave di estrazione esterne, che spesso non si trovano vicine
ai siti di lavoro, fino ai cantieri.
Il cuore del documento inviato all’Europa lancia la sfida “di inserire un capitolo specifico per le grandi
opere nel prossimo piano di economia circolare che prefiguri una digitalizzazione del tracciamento
dei documenti di trasporto, una politica fiscale a sostegno del riutilizzo dei materiali secondari e
soprattutto regolamenti ad hoc che consentano di uscire dalle logiche nazionali di cantieri chiusi
per creare cantieri europei ad alta valorizzazione economica delle risorse e a zero rifiuti”.
Manuela Rocca
Direttore Sviluppo
Sostenibile e Sicurezza
TELT
Tunnel Euralpin
Lyon Turin
L’Opinione
In questo numero
11/2020 leStrade
11/2020

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7 LS
Normativa e Infrastrutture
Nulla la clausola del disciplinare
se chiede SOA dell’impresa ausiliata
Avvalimento e lex specialis: la sentenza del Consiglio di Stato n. 22 del 16 ottobre 2020
Claudio Guccione
Avvocato
Fondatore di P&I - Studio Legale Guccione
& Associati
Maria Rita Silvestri
Avvocato
P&I Studio Legale Guccione & Associati
L’avvocato Claudio Guccione, fondatore di P&I - Studio Legale Guccione
& Associati, è Professore a contratto di Diritto delle Opere Pubbliche
all’Università La Sapienza di Roma (claudio.guccione@peilex.com).
Oggetto della presente disamina è la sentenza
resa dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di
Stato del 16 ottobre 2020, n. 22 in materia di
nullità delle clausole della lex specialis di gara con riferimento
all’istituto dell’avvalimento. Questi, più in dettaglio,
i fatti. Oggetto di scrutinio da parte del Consiglio
di Stato è un appalto di lavori di importo superiore
a euro 150.000, in relazione al quale la lex specialis
di gara aveva richiesto il possesso di un’adeguata attestazione
SOA, “in corso di validità”, per la categoria
OG6 in classifica II bis e OS classifica II. Delle 130
offerte tempestivamente pervenute alla stazione appaltante,
tre venivano escluse per non aver presentato
una propria attestazione SOA, il cui possesso in
capo all’ausiliata/concorrente era previsto nel disciplinare
di gara proprio per quelle imprese che facevano
ricorso all’istituto dell’avvalimento. Uno dei concorrenti
esclusi ha interposto ricorso giurisdizionale,
contestando la disposizione del bando di gara in quanto,
con l’avvalimento dell’attestazione SOA, l’operatore
intende proprio sopperire alla mancanza delle qualificazioni
professionali e tecniche ad eseguire il lavoro,
mentre deve essere in possesso solamente dei requisiti
soggettivi che sono costituiti dall’idoneità professionale
e da tutti gli altri di cui all’articolo 80 del d.lgs. n.
50/2016. Inoltre, riteneva il concorrente escluso, che
dovesse essere consentito alle imprese, sprovviste dei
requisiti tecnici e, nel caso di specie, dell’attestazione
SOA, di poter partecipare alla gara attraverso il ricorso
all’istituto dell’avvalimento, pena l’impossibilità,
per le piccole e medie imprese, di partecipare e quindi
di concorrere per acquisire appalti di lavori pubblici.
La quinta sezione del Consiglio di Stato investita della
controversia ha ritenuto opportuno rimettere all’Adunanza
Plenaria la questione relativa alla validità della
clausola di un disciplinare di gara, come quello relativo
alla procedura di evidenza pubblica in esame, che richieda,
a pena di esclusione, l’attestazione SOA dell’impresa
ausiliata. La sezione rimettente, infatti, aveva rilevato
un contrasto giurisprudenziale, peraltro interno
alla stessa sezione, che poteva essere composto solo
mediante il pronunciamento da parte dell’Adunanza Plenaria.
Difatti, secondo un primo indirizzo, la clausola
della legge di gara che condiziona il ricorso all’avvalimento
della SOA al possesso di un’attestazione SOA
in proprio da parte dall’impresa ausiliata, rappresenti
il potere riconosciuto all’amministrazione di escludere
il ricorso all’avvalimento. Dall’altro lato, un secondo
orientamento ritiene che la clausola della legge di
gara che condiziona il ricorso all’avvalimento della SOA
al possesso di un’attestazione SOA in proprio da parte
dall’impresa ausiliata costituisca un limite “ulteriore”
all’avvalimento, che si pone al di fuori delle linee conduttrici
previste dall’articolo 89 del d.lgs. n. 50/2016.
Ed è proprio dall’articolo 89 che l’Adunanza Plenaria
muove, per addivenire ad una soluzione della questione
quanto più aderente possibile al dettame normativo.
Il richiamato articolo 89 del d.lgs. n.50/2016, come
è noto, prevede, in via generale, la possibilità per gli
operatori economici di ricorrere all’istituto dell’avvalimento
per i requisiti economico, finanziari e operativi
di terzi senza limiti, se non quelli espressamente previsti
dalla stessa disposizione normativa. Successivamente,
i Giudici richiamano l’articolo 83, comma 8 del
medesimo decreto legislativo, in forza del quale è consentito
alle stazioni appaltanti di indicare nella legge di
gara condizioni di partecipazione ulteriori, intese come
livelli minimi di capacità che l’operatore economico deve
dimostrare di possedere ai fini della partecipazione alla
procedura di gara. Da queste due norme, afferma la
sentenza qui in rassegna, si deve necessariamente trarre
un principio, peraltro pacificamente sancito anche
dall’ordinamento comunitario, in forza del quale la stazione
appaltante può limitare la facoltà del concorrente
a far ricorso all’avvalimento ma solo nell’ambito del
perimetro dei divieti stabiliti dalle norme: in caso contrario,
si contravverrebbe sia alla ratio stessa sottesa
all’istituto dell’avvalimento - che è quella di consentire
la più ampia partecipazione possibile alle procedure di
evidenza pubblica, come correttamente evidenziato anche
dalla Ad. Plen. n. 23/2016 – sia alla tassatività delle
preclusioni stabilite, in via generale, dal Codice degli
appalti. Quanto ai limiti dell’uso del contratto di avvalimento,
i Giudici evidenziano, sulla falsariga di quanto
stabilito già nella precedente Ad. Plen. n. 13/2020,
come lo scopo che l’impresa deve perseguire mediante
tale contratto debba essere necessariamente individuato
nell’integrazione di una organizzazione aziendale
che, tuttavia, deve comunque esistere e deve operare
effettivamente in quel determinato settore oggetto
dell’appalto. Ne consegue che l’avvalimento non può
consentire ad una impresa di partecipare ad una procedura
di gara quale mera “segreteria di coordinamento
delle attività altrui”, perché in tal caso ci si troverebbe
di fronte ad un fenomeno distorsivo della concorrenza
che i Giudici chiamano, molto esplicitamente, “avvalificio”.
In un quadro normativo così descritto, conclude
la Ad. Plen. qui in commento, l’obbligo, imposto all’ausiliata
dal disciplinare di gara, espressamente e a pena
di esclusione, di produrre la propria attestazione SOA,
si pone in contrasto con gli articoli 84 e 89 del d.lgs. n.
50 /2016, che non escludono la possibilità dell’avvalimento
dell’attestazione SOA né, tantomeno, subordinano
tale possibilità alla condizione di depositare in sede
di gara l’attestazione SOA dell’impresa ausiliata in proprio:
una siffatta previsione si tradurrebbe, in altri termini,
“in un vero e proprio divieto di applicare l’istituto
dell’avvalimento mediante la previsione di un adempimento
apparentemente formale che, in modo surretti-
zio ma certamente a pena di esclusione per il concorrente,
ne comprime l’operatività senza alcuna idonea
copertura normativa”. Chiarita, dunque, l’illegittimità
di una clausola della lex specialis di gara di siffatto tenore,
i Giudici approfondiscono ulteriormente il tema,
chiedendosi se tale disposizione sia annullabile o nulla.
La pronuncia in esame muove dal considerare come
tutto l’impianto dei vizi dell’atto amministrativo sia, in
generale, fondato sull’istituto dell’annullabilità e che la
nozione di nullità abbia trovato spazio, nell’ordinamento
pubblico, solo di recente, mediante le modifiche apportate
nel 2005 alla l. n. 241/1990, laddove, all’articolo
21 septies, il Legislatore ha espressamente dettato
una disciplina specifica per gli atti amministrativi nulli,
individuando ipotesi tipiche di nullità, specularmente a
quanto fa il codice del processo all’articolo 31. In ogni
caso, evidenziano i Giudici dell’Alto Consesso, la nullità
considerata dall’ordinamento amministrativo conserva
comunque tratti peculiari propri, che la distinguono
dalla nullità intesa in senso civilistico. In questo senso
depone, ad esempio, il breve termine decadenziale di
180 giorni previsto dall’articolo 41, co. 2 del codice del
processo amministrativo per la proposizione della relativa
azione e ciò in quanto il Legislatore ha inteso privilegiare
la certezza e la stabilità dei rapporti tra privato
e pubblica amministrazione.
tenza in commento torna sul tema principale sottoposto
all’attenzione del Consiglio di Stato, ovvero, come detto
più volte, la validità di una clausola della lex specialis
di gara che richieda, a pena di esclusione, l’attestazione
SOA dell’impresa ausiliata. Acclarato che una clausola
del bando come quella qui in esame sia da considerarsi
affetta da nullità e che detta nullità non si estende
all’intero provvedimento che resta valido ed efficace per
la parte non interessata, appunto, da nullità, i Giudici si
interrogano quindi sui rimedi giudiziali che l’ordinamento
accorda all’operatore economico per ovviare ad una
situazione che si presenta, di per sé, patologica. Sotto
la vigenza del d.lgs. n. 163/2006, la clausola escludente
veniva considerata nulla ai sensi dell’articolo 1419, comma
2, cod. civ., con la conseguenza che, come rilevato
anche dalla Ad. Plen. n. 9/2014, “la nullità di tali clausole
incide sul regime dei termini di impugnazione […],
atteso che la domanda di nullità si propone nel termine
di decadenza di centottanta giorni e la nullità può sempre
essere eccepita dalla parte resistente ovvero rilevata
dal giudice d’ufficio’, e che la clausola escludente nulla è
‘priva di efficacia e dunque disapplicabile da parte della
stessa stazione appaltante ovvero da parte del giudice”.
I principi stabiliti nel 2014 trovano oggi conferma
nell’articolo 83, comma 9 del d.lgs. n. 50/2016, ma
i Giudici con la sentenza in commento spingono oltre
la loro analisi ermeneutica e chiariscono che, essendo
dette clausole inidonee a produrre effetti, esse non trovano
comunque spazio di operatività nell’ordinamento
e ciò indipendentemente dalla intervenuta oppugnabilità
delle stesse. Ne consegue, pertanto, secondo la
La questione specifica
Dopo il breve excursus appena richiamato in tema di nullità
in senso civilistico ed in senso amministrativistico -
che meriterebbe esso solo una trattazione a sé - la senprospettazione
fornita dall’Adunanza Plenaria in esame,
che non vi è alcun onere, per gli operatori economici,
di impugnarne l’atto di gara contenente la clausola
nulla nel relativo termine decadenziale di 180 giorni:
detta clausola, in altri termini, “si deve intendere come
non apposta a tutti gli effetti di legge”.
Purtuttavia, prosegue la sentenza n. 22/2020 qui in esame,
non viene meno, per il concorrente, l’onere di gravame
con riguardo agli atti e provvedimenti amministrativi
successivi che siano espressione della clausola nulla contenuta
nell’atto precedente. In conclusione, l’Adunanza
Plenaria enuncia dunque i seguenti princìpi di diritto:
a) la clausola del disciplinare di gara che subordini
l’avvalimento dell’attestazione SOA alla produzione, in
sede di gara, dell’attestazione SOA anche della stessa
impresa ausiliata si pone in contrasto con gli articoli
84 e 89, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 ed è pertanto
nulla ai sensi dell’articolo 83, comma 8, ultimo periodo,
del medesimo decreto legislativo;
b) la nullità della clausola ai sensi dell’articolo 83, comma
8, del d. lgs. n. 50/2016, configura un’ipotesi di nullità
parziale limitata alla clausola, da considerare non
apposta, che non si estende all’intero provvedimento,
il quale conserva natura autoritativa;
c) i provvedimenti successivi adottati dall’amministrazione,
che facciano applicazione o comunque si fondino
sulla clausola nulla, compresi il provvedimento di
esclusione dalla gara o la sua aggiudicazione, vanno
impugnati nell’ordinario termine di decadenza, anche
per far valere l’illegittimità derivante dall’applicazione
della clausola nulla. nn
L’Opinione legale
L’Opinione legale
12/2015 11/2020 leStrade

8
9 LS
Sicurezza delle Infrastrutture
La memoria dell’ultimo diaframma
del traforo più lungo del mondo
Esattamente 150 anni fa terminava lo scavo del tunnel ferroviario del Frejus: un esempio epocale
di tecnica, tecnologia e politica infrastrutturale che dovrebbe, ancora oggi, fare scuola.
Parte da questo articolo, dedicato all’emozionante incontro tra ingegneri e maestranze sotto
la montagna nei giorni e nelle notti del Natale 1870, una serie di focus tesi ad approfondire
questa grande lezione di “genio italico”
Pasquale Cialdini già Direttore Generale MIT
Proprio nei giorni in cui esce questo numero di
leStrade ricorre il 150° anniversario del completamento
dello scavo del traforo ferroviario
del Frejus, che con i suoi 12.233,55 m nel 1870
era il traforo ferroviario più lungo del mondo 1 . I lavori
erano iniziati tredici anni prima, nel settembre
1857, quando ancora la Savoia apparteneva al Regno
di Sardegna e sarebbero dovuti durare 25 anni,
ma terminarono con oltre dieci anni di anticipo, grazie
all’utilizzo della perforatrice ideata da Germano
Sommeiller. Un’opera straordinaria da molti considerata
la più importante dell’800. Dieci anni fa leStrade
ha pubblicato in quattro puntate la “Storia del traforo
ferroviario del Frejus”, che l’Autore aveva inserito
nelle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità 2 . E infatti
nei tredici anni della costruzione del traforo (tra il
1857 e il 1870) si sono svolti gli eroici e vittoriosi avvenimenti
che hanno consentito all’Italia di passare
da semplice “espressione geografica”, come l’aveva
definita il Metternich nel Congresso di Vienna, a Stato
libero e indipendente con Roma capitale. Quest’anno,
abbiamo pensato di richiamare alla memoria questa
“impresa gigantesca”, come la definì Cavour quando,
nel giugno del 1857, chiese al Parlamento piemontese
di approvare la legge di finanziamento. Innanzitutto
con l’articolo che state leggendo, ma anche, nel
corso del 2021 (150° anno dall’apertura dell’opera)
con una serie di focus specifici. L’obiettivo: raccontare
il passato gettando un ponte fatto di buone pratiche
con il presente, grazie a una serie di insegnamenti,
tecnici, economici ma anche politico-sociali,
ancora validissimi, nel campo della realizzazione di
opere pubbliche (crediamo, d’accordo con la direzione
editoriale della testata, che ce ne sia davvero bisogno).
I due fattori da sottolineare maggiormente:
il ruolo di guida, anche intellettuale, delle Istituzioni
e la fatica materiale degli uomini, che per anni hanno
operato in condizioni estreme. Infine la storia del
Frejus, non va dimenticato, è anche un “pezzo” della
storia del Ministero dei lavori pubblici: una storia nobile,
da rivalutare con orgoglio. Questa nuova attività
di divulgazione è partita, infatti, dalla lettura delle
relazioni della direzione tecnica contenute nei vari
numeri del “Giornale del Genio Civile” e degli altri testi,
custoditi nella Biblioteca “Umberto e Bruno Bucci”
3 del Ministero dei Lavori Pubblici, che descrivono
1. Operati al lavoro sotto il Moncenisio
la progettazione e la realizzazione dell’opera, e provocano,
ancor oggi, forti emozioni che vorremmo far
rivivere anche ai lettori.
Nel cuore della storia
Iniziamo dalla fine, ovvero dall’abbattimento dell’ultimo
diaframma, tappa tecnica fondamentale che avrebbe
spianato la strada verso il primo viaggio inaugurale,
2. Il
“Giornale
del Genio
Civile”
3. Sezioni di scavo
4. Disegni della perforatrice di Sommellier pubblicati dal “Giornale del Genio Civile”
che sarebbe avvenuto il 17 settembre 1871. Tra le testimonianza
più affascinanti e commoventi di questa epocale
opera, a parte le note rintracciabili sulle pubblicazioni
dell’epoca, vi è quella che le Società operaie vollero lasciare
a perpetua memoria a piazza Statuto a Torino: il monumento
al Genio Alato. Ci ritorneremo alla fine di questo
primo articolo. Per rivivere le emozioni dello storico evento
riportiamo una sintesi della cronaca tratta dai Rapporti
della Direzione dei lavori pubblicata sul “Giornale del Genio
Civile, anno VIII, n.11 e n.12, 1870”.
[...] Fin dal 9 novembre 1870 le maestranze avvertivano
rumori sempre più definiti provenienti dall’altro imbocco
ogni volta che esplodevano le mine. Dal 26 novembre si
avvertivano, sempre più distintamente, anche i rumori
delle perforatrici. Il 15 dicembre, dai calcoli della direzione
lavori emergeva che rimanevano solo 40 m di scavo. I
due ingegneri della direzione dei lavori nei due imbocchi,
E. Coppello (lato nord) e B. Borelli (lato sud), si tenevano
in contatto telegrafico. Alle 22 del 22 dicembre Coppello
telegrafa a Borelli: “Allo scoppio vostre mine, abbiamo visto
la roccia vibrare. Ci sembra che la distanza sia minore
di quanto risulta dai calcoli, che indicano che mancano
5,50 m. Comunque è necessario che, quando esplodono
le mine da una parte, anche gli uomini che stanno dall’altra
parte si allontanino dal fronte”. Alle ore 16 del 23 dicembre,
sempre Coppello telegrafa: “Noi faremo sparo
mine alle ore 17,30 precise. Prima proveremo a battere
con la mazza nove colpi, distinti in tre gruppi di tre. Se
sentite, rispondete stesso mezzo subito dopo”. Alle ore
3,45 del 25 dicembre, ancora Coppello telegrafa: “Indizi
prossimo incontro sempre più evidenti i nostri scalpelli
oscillano quando si sentono i colpi delle vostre perforatrici.
La perforazione sarà completata fra circa un’ora.
Dopo aspetteremo i vostri colpi sonda. Poi organizzeremo
lo sparo in contemporanea”. Alle ore 16 del 25 dicembre
la sonda forava il diaframma che ormai era solo di 1,5 m.
La notizia via telegrafo arrivò subito anche a Torino 4 . Poco
dopo le 17 del 25 dicembre, Sommeiller e una quarantina
di persone partivano in treno da Torino diretti a Bardonecchia,
dove arrivarono all’una (di notte) del 26. Il termometro
segnava otto gradi sotto zero. All’ingresso del tunnel
abbandonarono i cappotti e le pellicce e indossarono
1. La lunghezza del Frejus superava di oltre 8.300 m il traforo dei Giovi
(3.890 m) che era stato inaugurato nel 1853 dopo oltre sette anni di lavori.
2. Vedi leStrade 10/2010, 11/2010, 12/2010 e 1-2/2011.
3. Umberto e Bruno Bucci, rispettivamente padre e figlio, erano
dipendenti del Ministero dei Lavori Pubblici il primo con la qualifica
di “ragioniere capo” e il secondo con quella di “disegnatore”. Furono
arrestati dalla Gestapo perché, durante un’ispezione, vennero trovati in
casa loro dei volantini antinazisti. Furono trucidati insieme ad altre 333
persone a Roma nelle Fosse Ardeatine il 24 marzo 1944.
4. Questo è il testo del messaggio che l’ing. Grattoni inviò la mattina
del 25 dicembre 1870 al suo collega ing. Sommeiller:“All’ ing. SOM-
MEILLER - TORINO. In questo momento ore 4,25 la sonda passa attraverso
l’ultimo diaframma di 4 metri esattamente nel mezzo. Ci parliamo
da una parte all’altra. il primo grido ripetuto fu viva l’Italia. Venite domani.
FIRMATO GRATTONI”.
Sicurezza delle Infrastrutture
L’ing. Pasquale Cialdini è stato a capo dell’Ispettorato Generale per la
Circolazione e la Sicurezza Stradale e Direttore Generale della Direzione
per la Vigilanza e la Sicurezza nelle Infrastrutture presso il Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti. È socio onorario AIIT e Segretario
dell’Associazione del Genio Civile.
Sicurezza delle Infrastrutture
11/2020 leStrade
5. La perforatrice custodita nel compartimento FS a Torino Porta Nuova
5. Enea Bignami (Bologna, 1819-Firenze, 1896), esperto di economia, di
relazioni commerciali e di ferrovie, partecipò alle guerre d’Indipendenza,
nella prima fu decorato con medaglia d’argento e nella terza, con il grado
di capitano di stato maggiore, accompagnò a Vienna il gen. L.F. Menabrea
alle trattative di pace. Consigliere di amministrazione delle Ferrovie dell’Alta
Italia e giornalista, scriveva per il “Corriere dell’Emilia”. Fu anche autore
di diversi libri, tra cui: “Cenisio e Frejus” pubblicato nel 1871 e da lui stesso
tradotto in francese con il titolo “La percée des Alpes”, Paris, 1872.
11/2020

10
11 LS
le giacche da minatore. Enea Bignami 5 era con loro e così
descrive l’evento: “Giunti nella galleria di piccola sezione,
di due metri di larghezza, procedemmo con l’aiuto delle
lucerne dei minatori fino alla parete che ancora tramezzava
il sotterraneo. Giunti al fondo della grotta ci trovammo
di fronte alla parete di un metro e mezzo di spessore,
forata dalla sonda . Da questo pertugio si parlava con
quelli venuti da Modane, gli italiani stringevano la mano
ai francesi attraverso il buco lasciato dalla sonda. I pertugi
per le mine, pronti da entrambi i lati, furono riempiti
con le mine. Noi retrocedemmo a cinquecento metri di distanza
(così fecero anche dall’atra parte). Erano le 5,20
del mattino del 26 dicembre quando ad un tratto scoppiarono
le mine. Una violenta corrente ci avvolse di fumo
denso. Per un buon quarto d’ora si rimase al buio. Nessuno
parlava, ma tutti tossivano. Un leggero soffio d’aria
fresca investì i presenti; era il segnale che ‘finalmente la
breccia è aperta!’. Tutti si misero a correre, ad urtarsi e a
pigiarsi per passare dall’altra parte. Bisognava abbassare
il capo per non dare di cozzo contro la roccia e passare
uno alla vota dal magico foro; primo ad attraversare fu
Grattoni. Quelli che venivano da Bardonecchia andavano
verso Modane e da Modane si veniva di qua, era una doppia
corrente. Quanti amplessi! Quante strette di mano! Il
primo grido fu ‘Viva l’Italia! Viva Vittorio Emanuele!’…. E
fu subito festa. Un pranzo è stato preparato in una sala
addobbata per l’occasione con una perforatrice sotto un
ritratto di Vittorio Emanuele”.
Gli abbracci tra le due squadre di minatori attraverso
la breccia aperta il giorno di Natale del 1870, i reciproci
inni nazionali e omaggi che si sprecheranno da quel momento
fino all’inaugurazione dell’opera - che avvenne
il mese di settembre 1871, non rispecchiavano il clima
politico tesissimo tra Italia e Francia in quel periodo 6 .
Echi di grande tecnica
Dal punto di vista tecnico, molte sono le cose che colpiscono
e che verranno illustrate nei prossimi numeri,
“da cui trarre forte argomento di conforto e di orgoglio”,
come scrisse Michele Treves nel 1864 dopo una
sua visita ai lavori 7 . Qui ne accenniamo due. I tempi di
realizzazione: in 13 anni sono stati scavati 12.233,55
m, con una media di oltre 940 m all’anno, ovvero 470
m da ciascun fornice. Ma se guardiamo solo gli ulti-
L’epopea del Frejus: le fonti
Per i lettori che desiderano approfondire, si riportano i nomi delle “testate”
e i riferimenti delle riviste citate in un volumetto che l’Autore di questa rubrica
ha pubblicato sul sito del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nel
2011: “Frejus - Storia del primo traforo delle Alpi e degli uomini che lo realizzarono
1871-2011” dedicato ai colleghi in occasione del suo collocamento
a riposo nel 2011. La pubblicazione è ancora oggi consultabile sul sito del
MIT: http://www.mit.gov.it/mit/mop_all.php?p_id=11149
• “Monitore delle strade ferrate e degli interessi materiali”, Torino, anno IV,
n.1 del 4 gennaio 1871;
• “Illustrazione Popolare”, Milano, vol. III, n.20, dell’8 gennaio 1871;
• “Harper’s New Monthly Magazine”, New York”, vol. XLIII, n. CCLIV, luglio 1871;
• “Scientific American”, New York, vol. XXV, n.10 del 2 /9/1871, n.12 del 16/9/1871
e n.14 del 30/9/1871; vol. XXVI, n.5 del 27 gen. 1872 e n.11 del 9/3/1871;
5
Germano
Sommellier
6
mi otto anni, in cui è stata utilizzata la perforatrice di
Sommeiller, vediamo che l’avanzamento annuo è stato
ancora più rapido, 725,66 m (lato sud) e 529,04 (lato
nord); misure che ancora oggi sono considerate indice
di “buon” avanzamento nello scavo “tradizionale”, ovvero,
senza l’uso della “talpa”. Il secondo stupefacente
fatto tecnico è anche il modestissimo “scarto di allineamento”
registrato tra gli assi dei due tronchi perforati:
40 cm in direzione e 60 cm in altezza, frutto sia dell’ottima
precisione nelle misurazioni effettuate, sia della
corretta esecuzione degli scavi dei due fornici, lunghi:
7.080 m (lato sud) e 5.153 m (lato nord); scarto che,
anche nelle perforazioni che si compiono oggi, con i più
moderni strumenti e mezzi disponibili, può essere considerato
“eccezionale”.
Immediato fu l’eco dell’avvenimento in tutto il mondo.
Si riportano i titoli di due testate, una italiana e l’altra
americana, che si ritengono più significativi: sulla
“Gazzetta Piemontese”, Torino del 30 dicembre 1870:
“Una splendida vittoria dell’intelligenza umana sulle
cieche forze della natura”; sullo “Scientific American 8 ”
New York, vol. XXIV, n. 2 del 7 gennaio 1871: “A que-
• “Gazzetta del Popolo italiano”, Torino, anno XXIV, n.253 dell’11 sett. 1871,
n.255 del 13 sett. 1871, n. 260 del 17 sett. 1871 e n.263 del 20 sett. 1871;
• “Gazzetta Piemontese”, Torino, 16 sett.1871;
• “L’Illustration Journal Universel, Paris, anno XXXIX, vol. LVIII, n.1490 del
16 sett. 1871, n.1491 del 23 sett. 1871 e n.1492 del 30 sett. 1871;
• “Engineering, an illustrated weekly journal”, W.H.Maw and J.Dredge,
London, del 15, 22 e 29 sett. 1871;
• “Le Monde illustré”, Paris, anno XV, n.754 e n.755 del 23 e del 30 settembre
1871;
Severino
Grattoni
• “Illustrazione Popolare”, Milano, vol. IV, n.42, 1° ott. 1871;
• “L’Emporio pittoresco”, Milano, vol. XV, n.371 del 1° ott. 1871;
• “Illustration Européenne”, Bruxelles, anno I, n. 48 del 14 ott. 1871;
• “Harper’s Weekly”, New York, 21 ott. 1871.
7
Sebastiano
Grandis
5. I progettisti
del Frejus eroi
dell’ingegneria
6. “La Gazzetta
del Popolo”,
Torino, 17
settembre 1871
7. “L’llustration
Européenne”,
Bruxelles, 4
ottobre 1871
9. I due copresidenti del Comitato Tecnico
italo-francese Denis Fougeà e Pasquale
Cialdini durante un sopralluogo nel traforo
alla mezzeria tra Italia e Francia
sta impresa da 13 anni si guarda come ad uno dei
massimi eventi dell’ingegneria moderna. Il tunnel del
Moncenisio, con le sue otto miglia di lunghezza è la più
grande opera mai intrapresa, e il successo e la rapidità
con cui è stata terminata rappresenta un trionfo
dell’ingegneria che non ha paragoni”. In generale, dai
numerosissimi articoli dedicati all’opera sono emerse
evidenti le grandi capacità morali e intellettuali dei tre
ingegneri progettisti (Sommeiller, Grandis e Grattoni)
e dei tre direttori dei lavori (Borrelli, Coppello e Massa),
tutti appartenenti al “Reale Corpo del Genio Civile”.
Proprio su leStrade abbiamo già descritto il sentimento
di “orgoglio” provato dall’Autore nel leggere
le gesta compiute dai protagonisti 9 . Ci auguriamo che
analogo “orgoglio” possano provare, attraverso queste
poche pagine, tutti i lettori, come cittadini italiani
e, quindi in qualche modo anche loro eredi degli illustri
protagonisti di questa storia.
10
10. Monumento al Genio Alato (e particolari)
in piazza Statuto a Torino
Monumento all’impresa
Le celebrazioni e i riconoscimenti per la storica impresa
continuarono anche dopo il solenne viaggio inaugurale
della ferrovia e culminarono il 26 ottobre 1879 con
l’inaugurazione del monumento a ricordo della “Splendida
vittoria del ‘Genio alato’, ovvero dell’intelligenza
umana sulle cieche forze della natura”. Gli storici e
gli esperti hanno considerato il Traforo del Frejus, alla
pari con il Canale di Suez 10 , come le due più importanti
e ingegnose opere infrastrutturali dell’800. È difficile
attribuire il primato a una delle due, lasciamole
a “pari merito”, anche si deve riconoscere che la perforazione
del Frejus fu molto più pesante e pericolosa
per coloro che vi hanno lavorato, chiusi all’interno di
una montagna, con un’unica uscita posta sempre più
lontano man mano che si avanzava.
Ed è quindi particolarmente significativo che l’idea di
erigere un monumento, a ricordo dell’immenso lavoro
per l’opera titanica, venne proprio alle Società Operaie
di Torino che lo dedicarono ai progettisti e alla direzione
dei lavori. Da qui, un’altra importante riflessione: il
rispetto e la fiducia che operai, dirigenza tecnica e istituzioni
nutrivano reciprocamente furono senza dubbio
determinanti per il successo dell’opera. Si riprende la
descrizione dell’avvenimento, come è stato descritto su
questa rivista 11 : le Società Operaie aprirono una sottoscrizione
e costituirono un Comitato promotore e mandarono
una circolare in tutt’Italia: “L’opera portentosa
del Traforo delle Alpi stabilisce per noi italiani, in chi l’ha
compiuta, una gloria patria, ed è per così dire al tempo
stesso, l’apoteosi del lavoro, quindi è a voi specialmente
fratelli operai che il Comitato composto di tutti
figli del lavoro rivolge la sua parola onde concorriate col
vostro obolo...”. Il Comitato si rivolse anche al Comune
di Torino che deliberò immediatamente di appoggiare
l’iniziativa 12 . Il monumento fu inaugurato il 26 ottobre
1879 alla presenza del Re Umberto I, ma non erano
presenti i tre grandi ingegneri 13 cui il monumento era
dedicato. I quotidiani dell’epoca scrissero: “Torino torna
ad essere capitale per un giorno”.
Ci furono molti discorsi, ma il più sincero e spontaneo
fu quello del tipografo Ubaldo Cassone a nome delle
Società Operaie: “Salve o Maestà! L’operaio italiano
per mia bocca vi ringrazia per aver voluto presiedere
questa festa che io dirò del lavoro e del sapere. [...]
Sotto gli auspici del vostro grande genitore si compì
l’unione di due grandi popoli con il traforo del monte
Frejus e l’operaio che sa apprezzare l’opera dei grandi
ingegni volle che fosse innalzato un monumento a
coloro che collo studio fecero sì che il pensiero del Pa-
6. La Francia tra il 1° settembre 1870 ed 28 gennaio 1871 ha vissuto uno dei
periodi più tristi della sua storia: la sconfitta di Sedan, e il successivo assedio
di Parigi per opera dell’esercito prussiano, il crollo dell’impero di Napoleone
III e la proclamazione della Terza Repubblica.
7. Treves M. “Sulla perforazione meccanica delle gallerie ferroviarie ed in particolare
sul gigantesco traforo delle Alpi Cozie detto del Moncenisio. Saggio
storico descrittivo”, Tipografia del Commercio, Venezia 1864
8. Il Titolo completo del settimanale americano: “Scientific American, a weekly
Journal of pratical information, art, science, mechanics, chemistry and
manufactures”
9. Da leStrade 10/2010, pag. 22: “…la lettura delle imprese e delle grandi
capacità morali ed intellettive di questi colleghi più anziani mi hanno fatto
tornare l’orgoglio di aver lavorato nel settore pubblico e di aver fatto parte
del “Corpo degli ingegneri del Genio civile” del Ministero dei Lavori Pubblici
e di aver fatto parte del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Orgoglio
che ho provato anche quando più volte sono entrato nella galleria in qualità
di Co-Presidente della Commissione italofrancese che (nel 2001-2008) ha
dre della Patria, dei Cavour e dei Paleocapa fosse una
realtà. In oggi vediamo realizzato il nostro voto, cioè
che un degno monumento segna al forestiero che volere
è potere e che un popolo quando è retto a principio
di sana libertà compie delle opere titaniche come
quella del traforo del Frejus. A voi nato in questa terra
sarà pur lieto questo giorno che l’operaio italiano,
auspici il vostro augusto genitore, Voi e il municipio
torinese, corona il genio e la scienza”. nn
esaminato i progetti e seguito i lavori di adeguamento della sagoma e della
sicurezza nel traforo ferroviario del Frejus, o in qualità di Co-Presidente del
Comitato tecnico-sicurezza del Nuovo Collegamento Ferroviario Torino-Lione”.
(Quest’ultimo incarico ricoperto per dodici anni dal 2001 fino all’approvazione
del progetto definitivo nel 2013).
10. Il progetto del Canale è stato redatto dall’ingegnere italiano Negrelli nel
1854 e i lavori iniziarono il 25 aprile 1859 e terminarono nel 1867, mentre l’inaugurazione
fu effettuata il 17 novembre 1869.
11. leStrade 10/2010, pag, 22.
12. Aderì anche un gruppo di sottoscrittori, “una Società di distinte persone”,
che però contribuì con solo 16.000 lire, meno degli operai che raccolsero
20.000 lire. Il monumento finirà per costare 78.000 lire.
13. Germano Sommeiller era morto l’11 luglio 1871, e Severino Grattoni il
1°aprile 1876, solo Sebastiano Grandis era ancora vivo, non partecipò e si
scusò con una lettera: “Questa inaugurazione mi esporrebbe a forti emozioni,
che mi sono severamente vietate”.
Sicurezza delle Infrastrutture
Sicurezza delle Infrastrutture
11/2020 leStrade
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LS
Road safety, dimezzare gli incidenti
grazie a investimenti e comportamenti
Webinar Anas nel ricordo delle vittime: presentata la campagna #GUIDAeBASTA
Mario Avagliano
Responsabile Relazioni Esterne
Anas SpA (Gruppo FS Italiane)
Ridurre gli incidenti stradali del 50%
entro il 2030. È questo l’impegno che
ha messo in campo Anas (Gruppo FS
Italiane) in occasione della Giornata mondiale
in Ricordo delle Vittime della Strada. Il
tema è stato al centro del webinar “Sicurezza
stradale: Obiettivo zero vittime” organizzato
in collaborazione con PIARC Italia. All’incontro,
aperto dal Sottosegretario del Ministero
delle Infrastrutture e dei Trasporti, Roberto
Traversi. “In questi mesi - ha dichiarato Traversi
- abbiamo lavorato per definire i primi
passi per la realizzazione del Piano Nazionale
per la Sicurezza Stradale 2030 che guiderà
gli interventi del ministero con l’obiettivo
di dimezzare in dieci anni la mortalità
per incidente stradale. Già dalle linee guida,
però, l’approccio è quello di rendere la strada
‘ambiente sicuro’ tanto per le caratteristiche
di progettazione e manutenzione quan-
© Anas SpA
to per le abitudini di chi la frequenta. Per la
prima volta, poi, vogliamo che l’attenzione
si sposti anche alle misure del post incidente,
all’assistenza ai soggetti deboli coinvolti
e alle strutture riabilitative del territorio. In
questo modo, davvero, potremo avvicinarci
a quell’obiettivo ‘zero vittime’ che per tutti
resta l’aspirazione massima”. “Anas, insieme
al Gruppo FS Italiane - ha dichiarato
Simonini -, è impegnata nell’obiettivo di ri-
1. Un frame dello spot “Vite parallele” presentato nel corso del webinar sulla sicurezza stradale
durre gli incidenti stradali sulla propria rete
del 50% entro il 2030. Per raggiungerlo abbiamo
predisposto un piano d’azione strategico
a breve termine che al primo posto vede
destinare sempre più risorse alla manutenzione
programmata per sviluppare sulle nostre
arterie misure di sicurezza passiva come
barriere di protezione ad alta efficienza progettate
da Anas, nuova pavimentazione e segnaletica,
illuminazione di strade e gallerie
per migliorare la visibilità. Nel medio periodo,
lo sviluppo della Smart Road Anas porterà
un innalzamento degli standard di guida.
La nostra Smart Road è infatti orientata
al miglioramento della sicurezza stradale e a
rendere più efficienti i flussi di traffico. Un altro
importante fronte sul quale Anas è impegnata
è la necessaria diffusione della cultura
della sicurezza, tramite campagne di sensibilizzazione”.
Il Contratto di Programma Anas
2016-2020 rimodulato è passato da 23,4 miliardi
a un totale di 29,9 miliardi di investimenti.
In cifre: 15,9 miliardi (+44% rispetto a
prima), pari al 53% del Piano, vanno a manutenzione
programmata, adeguamento e messa
in sicurezza della rete. Invece 14 miliardi, pari
al 47%, sono destinati a nuove opere e completamenti
itinerari. Per quanto riguarda la sensibilizzazione,
Anas, in collaborazione con MIT e
Polizia di Stato, si è fatta promotrice di campagne
di informazione incentrate sul messaggio
“Quando guidi #GUIDAeBASTA”.
Nel corso del webinar è stato presentato il
nuovo spot “Vite parallele”, che ponte l’accento
proprio sull’importanza del comportamento
alla guida che deve avvenire senza
distrazioni. È stata inoltre lanciata la app
Valentina-Guida e basta, in memoria di Valentina
Cucchi, una giovane torinese che ha
tragicamente perso la vita dopo essere stata
investita da un guidatore distratto mentre
attraversava la strada. L’app è un’applicazione
che segnala agli utenti la presenza
di incroci e attraversamenti pedonali pericolosi
nelle vicinanze e neutralizza tutte le distrazioni
provenienti dallo smartphone durante
il viaggio. nn
Manutenzioni in Umbria, focus su un buon esempio
del Piano Nazionale Anas dedicato al #rientrostrade
Anas (Gruppo FS Italiane) ha investito in Umbria oltre 20 milioni di euro
per lavori di manutenzione sulle strade ex regionali e provinciali, acquisite
a ottobre del 2018 per un’estensione complessiva di 243 km. In particolare,
Anas ha ultimato interventi di risanamento del piano viabile per
un valore complessivo di 10,4 milioni di euro e lavori di rifacimento della
segnaletica per 3,1 milioni di euro. Sono in corso di esecuzione lavori
di pavimentazione ulteriori 6,3 milioni di euro. Per il 2021, nell’ambito
del piano di manutenzione Anas, sono già previsti e finanziati altri interventi
sulle stesse direttrici stradali del valore complessivo di 21,5 milioni
di euro. Il passaggio di competenza dagli Enti locali ad Anas aveva riguardato
nel 2018 circa 3.500 km di strade sull’intero territorio nazionale
(https://www.stradeanas.it/it/le-strade/rientro-strade).
Nel dettaglio, nell’eugubino-gualdese sono interessate la SS452 “della
Contessa” per 9,5 km da Gubbio al confine marchigiano, la SS3 “Flaminia”
nel tratto di 21,3 km tra Fossato di Vico e il confine marchigiano e la
SS361 “Septempedana” per 10,5 km da Nocera Umbra all’innesto della
SS3. Sulla Contessa Anas ha risanato la pavimentazione stradale, ripristinato
la segnaletica orizzontale, sostituito tutta la segnaletica verticale
e bonificato le piazzole di sosta. Sulla Flaminia è stato eseguito il rifacimento
della pavimentazione per 1,2 milioni di euro, mentre ulteriori analoghi
interventi di pari importo sono in corso. Anche sulla Septempedana
sono stati ultimati interventi di pavimentazione per 1,2 milioni. A Perugia
è interessata la SS728 “di Pantano”, costituita dalle ex strade provinciali
169, 170 e 172 da Pierantonio a Mantignana per complessivi 20,6 km. Qui
è stato realizzato un intervento di sostituzione integrale della segnaletica
verticale mentre sono stati avviati interventi di risanamento della pavimentazione
per 2,2 milioni di euro. Nell’area di Spoleto e Norcia sono
3
© Anas SpA
2. SS452 della Contessa
interessate la SS320 “di Cascia” per 12,2 km da Cascia all’innesto sulla
SS685, la SS418 “Spoletina” per 16,6 km tra Acquasparta e San Giovanni
di Baiano e la SS471 “di Leonessa” per 15,7 km dal confine con la provincia
di Rieti all’innesto della SS320 (Cascia). Su queste arterie sono stati
ultimati interventi di risanamento del piano viabile per circa 20 km di tracciato,
con un investimento di oltre 4 milioni di euro. Inoltre sulla Spoletina
sono in corso altri interventi di pavimentazione per 1,4 milioni di euro.
Tra Orvieto e il Trasimeno sono interessate la SS71 “Umbro Casentinese
Romagnola” per 96 km e la SS74 “Maremmana” per 10,5 km dal confine
con la provincia di Viterbo all’innesto della ex SS71. Sulla “Umbro
Casentinese Romagnola” è stato
eseguito il risanamento profondo
del piano viabile in vari tratti
per oltre 9 km e l’integrazione
della segnaletica orizzontale
e verticale, per un importo di circa
1,35 milioni di euro. Sulla Maremmana
è stata risanata la pavimentazione
per quasi l’intero
tracciato oltre al ripristino e integrazione
della segnaletica, per
un importo di 1,2 milioni di euro.
In provincia di Terni è interessata
anche la SS209 “Valnerina” per
29,2 km da Terni a Sant’Anatolia
di Narco (PG), dove sono stati
ultimati lavori di risanamento del
piano viabile per circa 15 km, sostituzione
e integrazione di tutta
la segnaletica verticale e manutenzione
delle opere idrauliche e
delle pendici, per un importo di 2
milioni di euro.
3. Il piano nazionale
“Rientro Strade”: i km di strade
ex statali e provinciali trasferite
alla gestione di Anas
Strutture Territoriali
Osservatorio ANAS
11/2020 leStrade
11/2020

14
15LS
News
Notiziario chiuso il 20 novembre 2020
Attualità
Led antinebbia
possono contare anche su 2.000 ai viaggiatori di farsi meno
in tangenziale
led squarcia-nebbia. La
attanagliare dal timore, spesso
in funzione 24 ore su 24 dei
Come tutti gli utenti delle
Autostrade lombarde ormai
proiettate verso il grande freddo,
pure i clienti di A58-TEEM (33 km
raccordati con A1 Milano-Napoli,
A35-BreBeMi e A4 Torino-Trieste)
dovranno rispettare l’obbligo di
Direttissima gestita da
Tangenziale Esterna SpA è
dotata, infatti, dell’esclusivo
sistema di segnalamento,
peraltro attivato dalla Società a
ottobre, in cui gli utenti
ripongono la fiducia in condizioni
giustificato, di provocare sinistri o
di rimanervi coinvolti. Nel corso
dei prossimi giorni, che, dopo il
generale rialzo dei gradi
centigradi coinciso con l’Estate di
San Martino, si annunciano
all’insegna di alte concentrazioni
catene a bordo o pneumatici
invernali montati. Il divieto di
non dotazione dei dispositivi
antisdrucciolo oppure d’uso delle
gomme estive, che va inquadrato
sia nell’ottica delle ordinanze
emanate dagli Enti Pubblici locali
sia con il grandangolo delle
prescrizioni contenute nel Codice
della Strada, ha contribuito a
ridurre, anno dopo anno, i troppi
sinistri causati dal maltempo. In
materia di serenità alla guida nei
mesi di temperature rigide, gli
automobilisti, gli
autotrasportatori e i motociclisti
che scelgono la Melegnano-
Agrate per i loro spostamenti
di scarsa visibilità. Azionato dai
52 sensori dislocati lungo l’intera
tratta, l’impianto di illuminazione
aggiuntivo fende banchi e muri di
nebbia, rende più nitide le
carreggiate e gli svincoli anche in
caso di precipitazioni e consente
di umidità, i clienti della
Concessionaria avranno modo,
quindi, di constatare l’efficacia
degli innovativi impianti
realizzati grazie ai 2,5 milioni di
euro investiti e appena
potenziati. Lo scopo della messa
2.000 led (uno ogni 30 metri dei
tracciati in direzione sud e nord),
posizionati, a un’altezza di 90 cm
dal piano di scorrimento, sullo
spartitraffico tra i due sensi di
marcia, è quello di delineare una
scia iridescente in grado di
favorire l’orientamento di tutti
coloro che si trovano al volante.
Questa scia salva-vita, che, in
corrispondenza delle uscite,
viene raddoppiata da una linea di
luci ubicata sui guard-rail di
destra, è sempre percepibile e,
rispetto a quella generata dai
catadiottri montati sui newjersey
centrali, risulta più facile
da individuare e da non perdere
per gli automobilisti, gli
autotrasportatori e i motociclisti
in transito. Il modulo di
segnalamento è
automaticamente messo in
funzione dai sensori che,
monitorati dalla Centrale
Operativa allestita presso il
Casello di Pozzuolo, assicurano il
controllo della situazione
atmosferica ogni 500 m di A58-
TEEM in maniera tale da
prevenire eventuali imprecisioni
dei bollettini meteo consultati dal
personale di servizio. C’è da
rimarcare, infine, che quando su
A58-TEEM scende la pioggia sale
il gradimento degli utenti per
l’asfalto drenante steso lungo
tutti i 33 km dell’Autostrada
taglia-file.
TANGENZIALE.ESTERNA.IT
Arriva dal MIT
il Decreto Olimpiadi
La Ministra delle Infrastrutture e
dei Trasporti Paola De Micheli ha
firmato il decreto che finanzia
con un miliardo di euro le opere
infrastrutturali per le Olimpiadi
di Milano-Cortina del 2026. Si
tratta di opere stradali e
ferroviarie finanziate nella Legge
di Bilancio 2020 che
consentiranno di migliorare
l’accessibilità, i collegamenti e la
dotazione infrastrutturale dei
territori della Regione
Lombardia, della Regione
Veneto, delle Province
Autonome di Trento e di Bolzano
interessate dall’evento sportivo.
Monitoraggio
high-tech
Fincantieri NexTech (già Insis
SpA), controllata di Fincantieri e
solution provider nei settori
dell’informatica e
dell’elettronica, ha firmato con
Autostrade Tech, società del
Gruppo Autostrade per l’Italia
(ASPI), e IBM, un accordo
pluriennale per l’attivazione, la
“Con il Decreto Olimpiadi faremo
compiere un salto di qualità
infrastrutturale - spiega la
Ministra De Micheli - a una delle
aree più sviluppate del Paese
con una ricaduta importante per
la qualità della vita delle
persone e anche un
miglioramento competitivo per
le imprese. Le opere finanziate
servono a potenziare
commercializzazione e la
manutenzione congiunta di un
sistema di nuova generazione
per il monitoraggio e la
sicurezza delle infrastrutture
autostradali, che entrerà in
esercizio sulla rete ASPI alla fine
di novembre. L’iniziativa si
inserisce nell’ambito delle
attività di ASPI, che ha da
tempo dato avvio a un progetto
l’accessibilità e i collegamenti in
vista del grande appuntamento
internazionale, ma sono state
concepite per mantenere la loro
utilità nel tempo, anche dopo il
2026, e verranno realizzate nel
segno della piena sostenibilità
ambientale” . Il provvedimento
è il frutto di un percorso di
confronto avviato nei mesi
passati con le Regioni e gli enti
locali per individuare gli
interventi essenziali da
realizzare per garantire la
sostenibilità delle Olimpiadi
invernali Milano-Cortina 2026,
finalizzato alla sorveglianza di
ponti, viadotti, cavalcavia e
gallerie della propria rete.
Fincantieri NexTech, che
annovera competenze in aree
come l’optronica, le
telecomunicazioni, l’information
technology e la cybersecurity, è
stata dunque individuata come
partner tecnologico di
riferimento per la realizzazione,
disponendo per ciascuno di essi
il relativo finanziamento.
Attraverso il Decreto vengono
stanziate le risorse destinate
alle singole opere: nel
complesso 473 milioni di euro
per quelle nella Regione
Lombardia, 325 milioni nella
Regione Veneto, 82 milioni nella
Provincia Autonoma di Bolzano e
120 milioni in quella di Trento:
tutti cantieri dovranno
concludersi entro l’avvio delle
Olimpiadi.
MIT.GOV.ORG
MILANOCORTINA2026.ORG
la messa in esercizio e la
manutenzione dell’infrastruttura
tecnologica, nonché dei servizi
accessori. Tale piattaforma,
basata sull’intelligenza artificiale
di IBM, si avvarrà dell’uso di
droni, IoT (Internet of Things) e
modellazione digitale 3D, per
consentire la sorveglianza e il
monitoraggio di oltre 4.500
opere presenti sulla rete
autostradale,
aumentando fortemente
l’efficienza e la
trasparenza dei processi.
Le intese prevedono
inoltre che il sistema sia
messo a disposizione
anche delle altre
concessionarie
autostradali a livello
europeo e
internazionale.
FINCANTIERI.COM
AUTOSTRADE.IT
News Attualità
11/2020 leStrade
11/2020

16
Nuova generazione
di miniescavatori
Bobcat ha lanciato la nuova
generazione di miniescavatori
Stage V da 5-6 tonnellate serie R2
- i nuovi modelli E50z, E55z ed
E60. Le macchine della serie R2
offrono numerose opzioni e
funzionalità avanzate tra cui il
premiato sistema esclusivo Bobcat
A-SAC (Advanced Selectable
Auxiliary Control, comando
ausiliario avanzato selezionabile),
e l'innovativa tecnologia ATTS per
il tensionamento automatico dei
cingoli. Le consegne dei primi
miniescavatori della serie R2
inizieranno all'inizio del 2021.
Robert Husar, Product Line
Director per i miniescavatori
Bobcat nella regione EMEA, ha
affermato: "Siamo lieti di
annunciare i nuovi miniescavatori
serie R2 Bobcat da 5-6 tonnellate,
progettati tenendo conto del
feedback dei nostri clienti in ogni
News
Prodotti
fase del processo. Lo straordinario
stile di queste nuove macchine è
indicativo del loro design robusto
e dinamico e delle ottime finiture.
Tutti i modelli offrono un
eccellente mix di prestazioni
elevate, stabilità straordinaria e
controllo fluido delle funzioni di
lavoro ai vertici della categoria".
Sui modelli E50z ed E55z,
l'esclusivo profilo girosagoma ZHS
(Zero House Swing) di Bobcat
fornisce un livello di protezione
più elevato rispetto alla
configurazione standard con
profilo girosagoma ZTS (Zero Tail
Swing) e consente la massima
tranquillità quando la macchina
lavora in prossimità di muri. Con il
profilo ZHS, la rotazione della
torretta dei modelli E50z ed E55z
rimane completamente circoscritta
nei limiti della larghezza dei
cingoli. Niente sporge, né il
cilindro di brandeggio del braccio
(profilo inclinato), né gli angoli
anteriori, né le maniglie, né le
luci, né persino la porta, sia
aperta che chiusa. Il nuovo
modello ZHS E50z è una
macchina robusta e facile da
utilizzare, ottimizzata per le
esigenze specifiche dell'industria
del noleggio, con caratteristiche
pensate per il comfort
dell'operatore e funzionalità anche
per i proprietari-operatori più
esigenti. Grazie al peso
aumentato e ottimizzato che
massimizza la stabilità di questa
macchina, Bobcat è stato in grado
di aggiungere un bilanciere lungo
di serie. L'E55z è un modello con
prestazioni eccellenti, ed è la
macchina Bobcat più grande e
più potente con profilo ZHS. Il
nuovo modello E60 è l'ammiraglia
della serie R2 sotto tutti gli
aspetti: un modello con rotazione
tradizionale dotato di motore più
potente, una cabina più ampia e
nuove caratteristiche esclusive.
Con solo 280 mm di sporgenza
posteriore, la macchina può
essere utilizzata in spazi angusti.
Ciò la rende uno strumento ideale
per applicazioni altamente
impegnative in cui le prestazioni
sono essenziali. Sui miniescavatori
della serie R2 sono montati i nuovi
motori diesel a coppia elevata
Bobcat D18 (E50z/E55z) e D24
(E60) Stage V, progettati
appositamente per le macchine
compatte Bobcat e basati su un
design collaudato utilizzato in
migliaia di macchine Bobcat in
tutto il mondo. I nuovi motori
migliorano le prestazioni globali
della macchina e sono conformi
con le più severe normative sulle
emissioni Stage V. Il filtro
antiparticolato diesel permette di
utilizzare i nuovi miniescavatori in
zone con emissioni
regolamentate, come i centri
urbani.
BOBCAT.EU
Telescopici
da Gran Premio
Il Gran Premio di Monza è
tradizionamente una tappa
storica nel campionato di
Formula 1, basti pensare che
quest’anno, domenica 6
settembre, si è corsa
l’edizione numero 91. Oltre
alle Ferrari, c’è un altro
marchio italiano che è
presente ormai da molti anni
in prossimità del circuito,
tanto da diventare quasi “di
casa”. Stiamo parlando di
Merlo e dei suoi sollevatori
telescopici. Sono infatti
ormai 25 anni che Merlo
fornisce le sue macchine per
le operazioni di soccorso e
rimozione delle vetture
danneggiate.
Era il 1985 quando i
telescopici della casa
piemontese fecero la loro
prima apparizione e da
allora sono divenuti uno
strumento imprescindibile
per gli operatori di Monza,
perché grazie alle
dimensioni compatte e alle
loro tecnologie esclusive
permettono di entrare
rapidamente in
azione e rimuovere i
pericoli nel più breve
tempo possibile. Il
primo fine settimana
di dello scorso
settembre l'evento è
andato purtroppo in
scena a porte chiuse per via
della pandemia di Covid-19,
ma il Gruppo Merlo è stato
presente con ben 17
telescopici impegnati come
sempre a garantire la
sicurezza con tempestività e
precisione.
Le prestazioni esclusive
garantite dai sollevatori
Merlo li ha portati negli
anni a essere adottati
anche in altri circuiti in giro
per il mondo, in Francia,
in Canada, in Belgio e
perfino a Dubai. Il legame
tra Merlo e il mondo dei
circuiti che è diventato
talmente forte che spesso i
telescopici Merlo vengono
associati alle gare di
Formula 1 e anche chi non
conosce per nulla il mondo
dei sollevatori si ricorda di
aver visto in azione le
“macchine verdi”.
Sono poi molti - notano con
soddisfazione dall'azienda -
che azzardano un paragone
molto lusinghiero, definendo
Merlo come “la Ferrari dei
telescopici”.
MERLO.COM
News Prodotti
11/2020 leStrade

18
19LS
Rilevato
alleggerito
La progettazione di nuovi rilevati
ferroviari insistenti su terreni
caratterizzati da scadenti
proprietà meccaniche è in
genere difficoltosa, e non di
rado è fonte di cedimenti. È
questa la situazione affrontata
nella realizzazione di un nuovo
rilevato nell’ambito dei lavori
relativi all’Accordo di Programma
Quadro per la velocizzazione
della linea ferroviaria Adriatica
in corrispondenza del nodo di
Pescara Porta Nuova, che ha
trovato una efficace soluzione
nell’utilizzo dell’argilla espansa
Leca. Il lavoro commissionato da
RFI è stato eseguito dall’impresa
D’Adiutorio Appalti e Costruzioni
Srl con sede a Montorio al
Vomano (TE). La progettazione
geotecnica dell’intervento
relativo al nuovo rilevato
ferroviario ha in questo caso
dovuto tenere conto di una serie
di difficoltà dovute in parte alla
particolare natura geologica del
sottosuolo, costituito da limi
compressibili e sabbie limose in
spessori prossimi ai 43 m, in
parte alla necessità di
minimizzarne l’influenza sulla
stabilità del rilevato esistente e
in parte alla presenza di edifici
limitrofi, con fuori piombo delle
murature verticali superiori ai 20
cm e quadri fessurativi
riconducibili a cedimenti
differenziali delle fondazioni. Tra
le diverse soluzioni tecniche
valutate, la più idonea è
risultata essere un rilevato
alleggerito realizzato con argilla
espansa e con le fondazioni
parzialmente compensate
(sempre con argilla espansa),
soluzione che avrebbe
consentito di minimizzare
l’impatto del nuovo rilevato sui
terreni di fondazione e sulle
strutture preesistenti circostanti.
Per la realizzazione è stata
selezionata LecaPiù 8-20 di
Laterlite. LecaPiù è la speciale
argilla espansa a basso
coefficiente di imbibizione che,
grazie alla sua struttura cellulare
racchiusa in una scorza
clinkerizzata, ottimizza il
rapporto tra peso e resistenza
ed è quindi efficacemente
utilizzabile per la realizzazione
di rilevati alleggeriti. LecaPiù
non si degrada nel tempo,
resiste bene ad acidi e basi, non
soffre il gelo e non trattiene
l’umidità, potendo in questo
modo garantire la stabilità della
massa del rilevato nel tempo.
LATERLITE.IT
Un alleato
per i ponti
Arriva dal Belgio una novità di
prodotto, nel settore della
sicurezza viaria, di sicuro
interesse per gestori e imprese
stradali impegnati nella grande
sfida del rinforzo di opere d’arte
come i ponti e i viadotti anche
attraverso soluzioni “smart”. Si
chiama DOLRE ed è una barriera
sviluppato dalla società
Desami guidata da David
De Saedeleer, tra i relatori
del convegno “Una nuova
visione per la sicurezza
stradale” di Pereto (AQ)
dello scorso settembre
organizzato da Vita
International insieme, tra
gli altri, ad astepON e
Roadlink, e moderato da
leStrade. Proprio Vita
International e Roadlink sono i
referenti tecnici e commerciali
per l’Italia di questa innovazione
international. L’acronimo - che
sta per Dispositifs pour Ouvrage
d’art avec Limiteur et
Répartiteur d’Efforts (Device for
civil engineering structures with
limiter and efforts
dispatcher/Dispositivo per
strutture con limitatore e
distributore degli sforzi) - ci
porta a svelare una barriera di
sicurezza, disponibile in diverse
classi di contenimento, dai
numerosi punti di valore:
composta da pali, lamiere e tubi
“leggeri”, DOLRE, grazie alla sua
struttura e ai suoi componenti,
si dimostra da un lato un
affidabile distributore di sforzi
su ampia distanza, dall’altro
scongiura danni importanti negli
ancoraggi in caso di impatto,
grazie all’innovativa
connessione alle piastre. Testato
in conformità alla norma EN
1317, DOLRE è così un alleato
prezioso sia nella riduzione degli
sforzi trasmessi alla strutturaponte
(anche di oltre il
50% rispetto a una
soluzione convenzionale),
sia nella gestione della
manutenzione. DOLRE può
essere posizionato su
molteplici supporti o
dotato di parapetti e altri
rivestimenti, dimostrando
anche una notevole
versatilità. Un ampio set di
transizioni gli consente inoltre di
essere collegabile a diversi
dispositivi già su strada.
DESAMI.BE
ROADLINK.IT
ASTEPON.IT
News Prodotti
L’innovazione
dei pali cedevoli
Salvare vite umane, sulla
strada, grazie a un corpus di
norme (esistenti da anni) e a
soluzioni tecnologiche in linea
con la cornice regolamentare,
comunitaria e italiana. Stiamo
parlando dei pali a
sicurezza passiva
ZIPpole, dispositivi
marcati CE, nonché
testati e approvati
in conformità alle
norme comunitarie
UNI EN 40, UNI EN
12899 e soprattutto
UNI EN 12767, la
disposizione dal titolo dal titolo
“Sicurezza passiva di strutture
di sostegno per attrezzature
stradali-Requisiti, classificazioni
e metodi di prova” che ha
introdotto il concetto di
“cedevolezza” in riferimento, per
l’appunto, ai pali. ZIPpole è
una soluzione sviluppata
dall’azienda belga Safety
Product e nota e già apprezzata
anche in Italia. Il sistema base è
caratterizzato da una struttura
in acciaio di forma poligonale
che, in caso di urto, si
appiattisce grazie alla rottura
dei rivetti che la
compongono, cedendo su se
stessa, ovvero senza spezzarsi.
Il palo, così, se colpito si
appiattisce, rallentando
gradualmente il veicolo e
assorbendo l’energia cinetica
prodotta dall’impatto. I pali
ZIPpole possono essere
impiegati in ogni tipo di strada,
nonché in qualsiasi condizione
del terreno. Inoltre, si piegano
sempre qualunque sia la
direzione dell’impatto e sono
anche resistenti a elevati carichi
di vento. L’acciaio che li
compone, infine, può essere
riciclato, un punto di valore
green che si somma anche al
fatto che il sistema necessita di
minori quantità di materiale
rispetto alle soluzioni tradizionali
e la sua produzione comporta,
anche per l’assenza di saldature,
un basso consumo di energia ed
emissioni ridotte in termini di
CO2. Infine, le destinazioni
d’impiego, che si sono già
tradotte in numerosi casiscuola:
segnaletica verticale,
semaforica, illuminazione,
sostegno delle telecamere di
sorveglianza, ma anche
installazioni di cartellonistica
pubblicitaria.
ZIPPOLE.COM
Tommaso da piccolo non voleva studiare, ma aveva
tanta voglia di imparare, da giovane non sapeva nuotare,
ma l’acqua è stata l’elemento che lo ha portato
in alto sotto il profilo sportivo. Tommy che ancora
non vede ma guarda lontano… una vita piena di contraddizioni?
No! Un’esperienza segnata giorno dopo
giorno, goccia dopo goccia dall’acqua della vita che,
bella o no, va accettata comunque, questo è il significato
di “combatterò per sempre” perché con il coraggio
di vivere che lo contraddistingue lui sarà sempre…
Super Tommy!!!
Casa Editrice la fiaccola srl
LIBRI
Della stessa collana
Autori
Tommaso Di Pilato
Ivan Borserini
Samuel Patellaro
Lingua Italiano
Editore
Casa Editrice la fiaccola srl
Pubblicazione
maggio 2019
Pagine 160
ISBN 978-88-97212-072
Contatti
segreteria@fiaccola.it
sevuoivoli@gmail.com
Prezzo
15,00€
Combatterò
per sempre
News Prodotti
11/2020 leStrade
Tommaso Di Pilato
Ivan Borserini
Samuel Patellaro

20
21LS
Genova capitale
di cultura “smart”
Versione rinnovata e
completamente digitale per la
sesta edizione della Genova
Smart Week che si è svolta nel
capoluogo ligure dal 23 al 28
novembre. La manifestazione,
promossa dall’Associazione
Genova Smart City e dal
Comune di Genova con il
supporto organizzativo di
Clickutility Team, si è
confermata l’appuntamento di
riferimento territoriale e
nazionale per parlare di città
vivibili, innovazione e resilienza.
Sono state presentate le best
practice di aziende e istituzioni
e analizzati i modelli di sviluppo
della città smart a dimensione
umana, coinvolgendo
professionisti e operatori del
settore. Una settimana di
appuntamenti in live streaming
News
Convegni
interattivo per confrontarsi su
politiche, tecnologie e
infrastrutture per la
rigenerazione e lo sviluppo della
Città, filo conduttore delle
sessioni congressuali e dei
webinar. Tante le tematiche
dibattute: soluzioni e
infrastrutture digitali per la città
intelligente; politiche e
interventi per la rinascita
urbana; economia circolare;
rigenerazione dell’ambiente
costruito; smart mobility e
micromobilità; monitoraggio e
controllo ambientale del
territorio; tecnologie per la blue
economy. Anche quest’anno, in
occasione della Genova Smart
Week, si è svolta l’8a edizione di
Move.App Expo, il più
importante evento in Italia
dedicato all’innovazione
tecnologica nel trasporto
pubblico su ferro e su gomma e
alle politiche per la mobilità di
persone e merci. Organizzato
da Columbia Group in
collaborazione con AMT Genova,
si è rivolto agli esperti del
settore ed è stata un’occasione
per discutere di funzione
strategica dei trasporti pubblici,
innovazione tecnologica,
infrastrutture e logistica.
GENOVASMARTWEEK.IT
2020 | 2021
Convegni, Corsi, Eventi
NOVEMBRE
Digital infrastructure to
cater for more data
flows
Webinar
24 Novembre 2020
INTERTRAFFIC.COM
DICEMBRE
Outstanding
Underground
Construction
Evento virtuale
3-4 Dicembre 2020
ITA-AITES.ORG
Actions for Core
Network Corridor
Digitalization
4 Dicembre 2020
Webinar
ITS-PLATFORM.EU
Perspectives and
contribution of road
operators for facilitating
automated driving
11 Dicembre 2020
Webinar
ITS-PLATFORM.EU
MARZO
Samoter
3-7 Marzo 2021
Verona
SAMOTER.IT
Asphaltica
3-7 Marzo 2021
Verona
ASPHALTICA.IT
Intertraffic Amsterdam
23-26 Marzo 2021
Amsterdam (Paesi Bassi)
INTERTRAFFIC.COM
APRILE
Intermat
19-24 Aprile 2021
Parigi (Francia)
INTERMAT.FR
GIUGNO
E&E Congress 2021
16-18 Giugno 2021
Madrid (Spagna)
EECONGRESS2021.ORG
SETTEMBRE
Geofluid 2021
15-18 Settembre 2021
Piacenza
GEOFLUID.IT
Agenda
Due webinar
ITS Platform
In arrivo due nuovi webinar
della serie organizzata
dall'European ITS Platform. Il
primo è in programma il 4
dicembre e ha come titolo
“Actions for Core Network
Corridor Digitalization”. Il
secondo l'11 novembre, dal
titolo “Perspectives and
contribution of road operators
for facilitating automated
driving”. Un resoconto del
primo webinar della serie su
digitalizzazione e innovazione
nella mobilità e nei trasporti lo
potete trovare in questo stesso
numero di leStrade, nella
sezione Infrastrutture&Mobilità.
Naturalmente daremo al
lettore notizia anche degli
sviluppi dei due ulteriori
appuntamenti online.
infrastrutture e logistica.
ITS-PLATFORM.EU
News Convegni
11/2020 leStrade
11/2020

www.autobrennero.it
LS
INFRASTRUTTURE
&MOBILITÀ
INFRASTRUTTURE
n La gestione dell’innovazione
Lunghi viaggi
senza emissioni?
In A22 l’elettrico
è veloce e gratuito
AUTOSTRADE
n Prendersi cura delle opere d’arte
STRADE
n La road safety che funziona
n Dagli attenuatori alle barriere-varco
Grazie alla rete di punti
di ricarica già istallata, in A22
puoi viaggiare green senza pensieri.
Dal momento che l’impegno
per l’ambiente va premiato,
il “pieno” te lo regaliamo noi.
La sostenibilità come meta

24
25 LS
European ITS Platform
La gestione
dell’innovazione
Fabrizio Apostolo
COME LE AUTHORITY STRADALI EUROPEE POSSONO CONTRIBUIRE
AL RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI COMUNITARI DELLA SOSTENIBILITÀ
E DELL’APPRODO ALL’ERA DIGITALE? PER ESEMPIO PROPRIO LAVORANDO
INTENSAMENTE, ARMONICAMENTE E SAGGIAMENTE SULLA DIFFUSIONE,
NELLE PROPRIE RETI, DEI SISTEMI INTELLIGENTI DI TRASPORTO. SE NE
È PARLATO NEL CORSO DI UN WEBINAR EU EIP, CON ASECAP E CEDR,
A CUI LESTRADE HA PARTECIPATO.
1
© www.smartcitiesworld.net/
1. Digitalizzazione e trasporti:
se n’è occupato il primo di
una serie di nuovi webinar EU
EIP, l’European ITS Platform
2. I relatori del seminario
del 3 novembre scorso
3. Data strategy: una priorità
per l’Europa
2
Buoni esempi di impiego nel campo della digitalizzazione
dei trasporti. Quelli che stanno per essere tradotti
in un “manuale d’uso” molto atteso nel settore,
anche perché significativamente animato da un lato da
spirito pratico, dall’altro da comunanza di finalità a livello
europeo. Proprio l’ITS Handbook for Road Operator, anzi,
meglio, il suo iter di elaborazione, è stato il punto di partenza
di un interessante webinar organizzato all’European ITS
Platform lo scorso 3 novembre, il primo di una serie (per
ulteriori info: its-platform.eu). Quello di arrivo: una riflessione
a tutto campo su una serie di obiettivi strategici a cui
la comunità tecnica e istituzionale può e deve mirare (anche
e soprattutto attraverso l’uso intelligente e mirato della
tecnologia) dal miglioramento degli standard ambientali
alla riduzione dell’incidentalità su strada.
La cornice è quella della “missione verde” dell’Unione Europea
(Green Deal), con in testa la Commissione e gli Stati Membri,
e della sua contestuale accelerazione sul digitale (Europe
Fit for the Digital Age), due grandi “password” che diventano
leve di primo livello anche e soprattutto in tempi di pandemia.
3
Gli interpreti del web-meeting, tutti di primo piano: Roberto
Arditi, direttore scientifico di SINA e moderatore dell’evento;
Edoardo Felici, DG MOVE Unit B. 4; Orestis Giamarelos,
BASt (Federal Highway Research Institute); Tobias Reiff, anch’egli
BASt (Federal Highway Research Institute) nonché coordinatore
del progetto “Handbook”; Malika Seddi, segretario
generale e CEO dell’ASECAP, l’associazione europea delle
concessionarie autostradali a pedaggio - asecap.com; Serge
Van Dam, advisor del Rijkswaterstaat (Ministero delle infrastrutture
e gestione delle acque dei Paesi Bassi) panelist
anche in rappresentanza del CEDR, la conferenza dei direttori
europei di strade (cedr.eu). Un panel ristretto, come si
può notare, ma altamente rappresentativo sia dell’impegno
qualitativo che sugli ITS stanno profondendo - e non da oggi
- primarie organizzazioni stradali europee, sia delle “quantità”
degli attori in campo e sul pezzo, a loro volta responsabili
del coordinamento di altri attori, di altre filiere collegate,
come ha sottolineato opportunamente, tra gli altri, proprio
Malika Seddi, che ha dato voce alle concessionarie autostradali
in quanto luoghi naturali di networking e connettività, in
questo caso sempre più pivot di nuova mobilità, basti pensare
al coinvolgimento nella partita Smart Road di operatori
di settori quali l’automotive, le telecomunicazioni o l’energia.
Patto “green&digital”
Ma gli opeatori stradali d’Europa, puntando su digitalizzazione
e gestione del traffico, quale contributo possono offrire al
Green Deal continentale? È questa la prima domanda rivolta
preliminarmente dagli organizzatori all’intera platea degli
iscritti al webinar le cui risposte sono state sintetizzate da
Orestis Giamarelos. Gli operatori - è una delle risposte possibile
- possono contribuirvi attraverso il miglioramento dei
propri servizi, che avranno come effetto proprio un aumento
della sostenibilità ambientale, target raggiunto anche lavorando,
naturalmente, sulla gestione della fluidità del traffico
e della sicurezza stradale (più sicurezza uguale dunque an-
Infrastrutture
Infrastrutture
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4 5
4, 5. Rappresentazioni delle parole chiave ricavate dalle risposte
ai quesiti su trasporti, Green Deal e strategia digitale UE
che meno congestioni, e viceversa). Gli operatori, poi, possono
aumentare i livelli di comunicabilità della strada, proprio
attraverso gli ITS, nonché rivelarsi attori protagonisti nell’attivare
iniziative di lavoro comune con altri figure strategiche
quali le istituzioni, le associazioni o gli studiosi di economia
circolare, materia da applicare anche e soprattutto al mondo
dei trasporti. Le strade e i dati, quindi, hanno caratteristiche
comuni: sono spazi aperti, spazi di libertà da regolare e
gestire al meglio. Entrambi gli ambiti devono diventare sempre
di più teatro di collaborazione, di cooperazione. Le strade,
inoltre, proprio grazie alla digitalizzazione possono giocare
un ruolo decisivo anche nel rafforzamento dei link con
altri modi di trasporti, come nei casi-scuola degli accessi ai
grandi conglomerati urbani, dove l’intemodalità gestita dalla
tecnologia diventa un fattore determinante. Anche naturalmente
in chiave green.
Ma che cosa occorre ancora per integrare le azioni degli operatori
stradali nella strategia digitale europea? Una seconda
domanda, questa, che ha portato al dibattito nuovi spunti e
messo l’accento su una serie ben definita di parole chiave:
tra cui cooperazione, sviluppo e armonizzazione (sotto l’ombrello
della Direttiva ITS).
“Quella che stiamo affrontando tutti insieme è anche e soprattutto
una grande sfida di carattere sociale - ha commentato
Roberto Arditi -, che parte dai dati, dalla loro quantità
e qualità (ne ha partlato a lungo Edoardo Felici, ndr) e passa
attraverso una metodologia che deve fondarsi sulla cooperazione
per coltivare la sostenibilità e lo sviluppo. Si tratta
di una sfida storica, da cui trae origine e linfa proprio l’espe-
6. ITS Handbook for Road Operator: obiettivi e risultati
7. Lo stato di fatto nel processo di realizzazione del “manuale”
8. ITS e C-ITS: funzionalità dai centri di controllo del traffico
all’utente della strada
6
7
8
9. Roberto Arditi (SINA/
European ITS Platform)
10. Malika Seddi (ASECAP)
11. Serge Van Dam
(Rijkswaterstaat)
9
10
11
rienza della European ITS Platform, un ‘luogo’ nato per valorizzare
processi fondati sulla collaborazione ad ampio raggio
e funzionali a creare progresso condiviso”.
Tobias Reiff, da parte sua, ha fornito all’audience una prima
“fotografia” del “Reference Handbook for harmonized ITS
Core Service Deployment in Europe”, delineando la cornice
in cui si sono mossi gli esperti riuniti nella Platform europea,
i quali hanno compiuto un encomiabile sforzo di raccolta dati,
progettazione (per esempio per distinti servizi come infomobility,
traffic management e logistica) ed eleborazione funzionale.
Un esempio su tutti: il filo utile che può e deve collegare
ITS e C-ITS, ovvero gli Intelligent Transport System cooperativi,
incentrati sul dialogo tra infrastrutture, veicoli e utenti
in movimento lungo le tratte stradali. L’esito finale: ben 100
best practice raccolte e aggiornate, che diventeranno il cuore
pulsante di un progetto che vedrà la luce definitiva, concluse
tutte le opportune revisioni, nel 2021.
Leader nella gestione
Dopo la presentazione, il dibattito con ASECAP e CEDR nel
ruolo di protagonisti. Dibattito volto anche a dare risposta,
tra le altre cose, a due domande specifiche. Uno: pensate
che le vostre organizzazioni potranno trarre benefici
dall’Handbook? E se sì, in che misura? ASECAP e CEDR
stanno pianificando azioni che possano contribuire alla diffusione
della conoscenza delle best practice raccolte dagli
esperti della Platform? Due: quali sono le sfide che la digitalizzazione
si troverà ad affrontare nei prossimi anni? Quali
sfide specifiche attendono i gestori nel contesto di transizione
tra un traffico che impiega gli attuali sistemi ADAS e
veicoli a maggior grado di automazione? Sul primo aspetto,
gli interlocutori hanno manifestato il loro impegno a proseguire
i lavoro di networking e divulgazione sui temi tecnologici
che già svolgono tradizionalmente, se non a intensificarlo.
Malika Seddi, per esempio, ha ricordato sia il lungo
lavoro svolto dal sistema delle concessionarie autostradali
sugli ITS, sia i legami in essere non solo con CEDR, ma anche
a livello internazionale con IBTTA, PIARC e IRF (“Sono
molti i gruppi a cui partecipiamo in cui possiamo scambiarci
esperienze”). Van Dam, da parte sua, ha sottolineato ancora
una volta l’imporanza del filo conduttore della sicurezza
stradale, elemento forte accomunante e anche un “indubbio
successo”, come ha ricordato Arditi, per l’Europa delle
infrastrutture e dei trasporti, “che può consolidarsi e toccare
nuovi traguardi proprio grazie alla digitalizzazione”. Un
aspetto ribadito da tutti i protagonisti è stato quindi quello
della “leadership attraverso la cooperazione”: siamo e
dobbiamo essere leader - è stata opinione unanime dei panelist
- non da soli, ma insieme a tutti gli attori coinvolti in
questa partita, pubblici così come privati. Seddi, in particolare,
al fattore “road safety” - altra espressione chiave praticamente
da sempre in ambito ASECAP - ha aggiunto una
considerazione sul ruolo che potrà avere la digitalizzazione
nell’aumentare la sicurezza della circolazione nei cantieri:
“Anche in questo campo come in quello della viabilità dobbiamo
incoraggiare l’innovazione, dobbiamo intensificare i
test, tutte attività in cui la condivisione è cruciale: è in questi
percorsi che dobbiamo essere leader”.
Sulla domanda numero due, quindi, sempre Seddi ha richiamato
l’importanza del “preparare adeguatamente l’infrastruttura”,
un percorso più che avviato in ragione della massiccia
introduzione sulle nostre strade di telecamere, sensori, dispositivi
di comunicazione tra reti e veicoli: “Dobbiamo insistere
su aspetti quali l’intelligenza artificiale e la gestione, la
cura per il dato. Dando funzionalità a un serbatoio di informazioni
che possono diventare davvero utili e preziose per
esempio in attività quali la gestione dei soccorsi a seguito di
un’incidente”. Van Dam, da parte sua, ha sottolineato il fatto
che “le competenze tecnologiche diffuse oggi sono decisamente
avanzate e che l’acceleratore va impresso sui fattori
dello scambio, della cooperazione e dell’armonizzazione,
nonché della funzionalità”.
Altri propositi condivisi e sintetizzati da Felici: “Occorre essere
certi che il livello di sviluppo tecnologico sia armonizzato
e non si lasci indietro nessuno. L’Europa su questi aspetti
può fare come sempre da garante”. Innovazione con l’anima,
dunque, e con il giusto spirito di squadra e il grado di coraggio
che ci vuole per portarci davvero a muoverci dentro
un futuro migliore. nn
Infrastrutture
Infrastrutture
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Manutenzioni Straordinarie
Prendersi cura
delle opere d’arte
Giovanni Di Michele
2
Autostrade
AUTOSTRADA DEL BRENNERO HA APPROVATO UN IMPORTANTE
PIANO DI INTERVENTI CHE PORTERANNO
ALLA RIQUALIFICAZIONE DI CORDOLI E SOLETTE DEI
VIADOTTI PONTICOLO, A CIRCA 1.200 METRI DI ALTITUDINE.
UN’ATTIVITÀ EMBLEMATICA DI UN MERITORIO APPROCCIO
ALLA MANUTENZIONE CHE DA TEMPO PUNTA SU INVESTIMENTI
E POTENZIAMENTO DELLA STRUTTURA TECNICA INTERNA.
CON BENEFICI IN TERMINI DI EFFICIENZA E SICUREZZA
DELLE STRUTTURE.
1. Viadotto Ponticolo:
obiettivo risanamento
1
2. Localizzazione
delle opere d’arte
3, 4. Particolari delle
strutture in calcestruzzo
La manutenzione delle infrastrutture - con particolare
riferimento alle opere d’arte complesse quali gallerie o
viadotti, in funzione dell’aumento di vita utile e performance
delle medesime e naturalmente della sicurezza della
circolazione - è una tradizione in casa Autostrada del Brennero,
una concessionaria da sempre leader di buona tecnica
e ottime pratiche non solo costruttive, ma anche, per l’appunto,
manutentive. Lo scorso settembre, a questo proposito,
è arrivata la notizia dell’approvazione, da parte del CdA
di Autostrada del Brennero, di un importante intervento di
risanamento del valori pari a circa 24 milioni di euro che riguarderà
la “parte alta” dell’A22, in prossimità del passo del
Brennero. La società presieduta da Hartmann Reichhalter e
guidata dall’Amministratore Delegato Diego Cattoni e dal Direttore
Tecnico Generale Carlo Costa ha dato il disco verde
all’intervento di riqualificazione profonda dei viadotti Ponticolo
1 e dei semiviadotti Ponticolo 1-2 e 3 a pochi chilometri
dal confine con l’Austria. Opere d’arte realizzate a 1.200 m
di altitudine, in un contesto naturale dunque piuttosto arduo
per strutture e materiali. “Per questo motivo - spiega proprio
Costa - le nostre opere d’arte sono costantemente sottoposte
a ispezioni visive, analisi chimiche e meccaniche, volte a valutarne
lo stato di conservazione e a pianificare i programmi
manutentivi. Nello specifico, questo intervento mira a ripristinare
e rinforzare i cordoli e le solette degli impalcati. Nonostante
le ovvie difficoltà, salvo che durante la posa della
pavimentazione, abbiamo programmato i lavori in modo
che sia sempre garantita la fruibilità di due corsie per ciascun
senso di marcia”.
L’approccio A22
Prima di entrare nel vivo della descrizione tecnica di problematiche
riscontrate e soluzioni messe in campo nella manutenzione
straordinaria dei viadotti citati soffermiamoci ancora
sulle strategie di manutenzione di A22, senz’altro un punto
di riferimento tecnico, nazionale e internazionale, in questa
materia, facendoci aiutare da alcune considerazioni espresse
proprio dall’ingegner Costa nel corso di un workshop tenutosi
esattamente un anno fa (dunque ancora un era pre-Covid
19) alla Sapienza Università di Roma. Lo scenario, centrale
come sanno bene i lettori di leStrade, è quello della vetustà
delle reti infrastrutturali europee e dei conseguenti e impellenti
bisogni di manutenzione. Una rete - ha rilevato Costa -
composta da circa 47mila opere d’arte in Italia, Paese orograficamente
sui generis, di 34.800 in Germania e di 21.500
in Francia. Il rapporto costi di manutenzioni annui/valore del
4
3
Si ringrazia per il supporto fornito
nella redazione di questo articolo
Carlo Costa Direttore Tecnico
Generale, Diego Cattoni, Amministratore
Delegato, e Hartmann
Reichhalter, Presidente di Autostrada
del Brennero SpA.
Autostrade
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patrimonio infrastrutturale è dello 0,5% in Italia così come in
Francia, mentre è dell’1% in Germania: “Si tenga presente
che se in Italia il 22% delle opere d’arte manifestano degrado,
questa percentuale è del 26% in Norvegia, del 30% nel
Regno Unito, del 37% in Germania e del 39% in Francia”. In
sintesi: le nazioni che si sono sviluppate prima delle altre accusano
problemi analoghi nel gestire un’infrastruttura giocoforza
datata “e che è costituita da opere d’arte che al momento
della costruzione si ritenevano ‘eterne’, ma che tali
non si sono dimostrate, a causa del concorso dell’iterazione
fisica e dell’iterazione chimica. Da un lato gli urti dei veicoli,
la fatica, lo scalzamento delle pile, le azioni sismiche, i movimenti
franosi, i trasporti eccezionali, dall’altro la corrosione,
la penetrazione di anidride carbonica, degli ioni di cloro
e dell’attacco solfatico hanno danneggiato progressivamente
le opere d’arte”.
L’autostrada del Brennero (145 sovrappassi, 30 gallerie e 144
tra ponti e viadotti), completata nel 1974, non fa eccezione
dal punto di vista delle problematiche da affrontare e risolvere.
Come? “Autostrada del Brennero SpA - ha evidenziato
Costa - ha risposto a questa domanda scegliendo di gestire
internamente il processo e integrare la sicurezza in ogni singola
fase con la fusione delle diverse professionalità e competenze,
rendendo l’intero sistema inclusivo e unico”. In altre
parole, la Direzione Tecnica Generale di A22 segue direttamente
la progettazione, le ispezioni, la sicurezza, la direzione
dei lavori, l’esercizio autostradale e le manutenzioni. Gestisce
ogni singola fase del processo riuscendo così a mettere
a fattor comune l’intero capitale di conoscenze: “Conosciamo
direttamente la storia di ogni singolo giunto”.
La valutazione dello stato di conservazione delle opere in
A22 prevede prove distruttive (compressione e trazione),
ma anche prove tecnologicamente più avanzate di natura
non distruttiva: meccaniche (sclerometro, pull out, pull off,
Windsor), elettromagnetiche (radiografia, termografia, radar),
chimiche (carbonatazione, analisi ione-cloro), microsismiche
(soniche, ultra-sismiche), dinamiche (risonanza flessionale,
torsionale) e, ovviamente, il monitoraggio continuo.
In quest’ultima categoria, rientra il sistema di monitoraggio
BRIMOS®, “che definisce il livello di rischio attraverso l’investigazione
delle frequenze proprie e l’analisi dei modi di
vibrazione, oltre a misurare lo smorzamento longitudinale e
determinare la rigidezza dinamica della struttura”, e l’analisi
della precompressione esterna attuata attraverso celle di
carico per il monitoraggio continuo della trazione impressa
ai cavi. Quanto alle tipologie di interventi manutentivi, “vanno
dal rinforzo della soletta alla sostituzione degli appoggi,
dalla sostituzione, o eliminazione, dei giunti, al collegamento
trasversale degli impalcati, dall’idrodemolizione e rifacimento
dei cordoli, alla precompressione esterna e iniezione
di cavi, dal rinforzo con tecnologia beton-plaquè, alla protezione
catodica delle armature fino a nuovi sistemi di captazione
e smaltimento acque”.
Dalle ispezioni
alla manutenzione
“Tutto questo - ha aggiunto il DTG di Autostrada del Brennero
SpA - ha un costo: in A22 abbiamo speso mediamente
48 milioni l’anno dal 2009 per lavori di manutenzione, 68
ne spenderemo nel 2020. Ma si tratta davvero di un costo in
più? Dipende dai punti di vista. Il mancato rispetto del piano
delle manutenzioni determina un incremento del degrado
sulle strutture, quindi una maggiore complessità degli interventi
di riparazione e ripristino, che si traduce in un aumento
dei costi per la gestione dei ritardi dovuti al traffico. Si stima
che, con un taglio del 25% del budget per le manutenzioni di
ponti e viadotti, il costo dei ritardi subiti dagli utenti di qui al
2040 dei Paesi BRIME (Bridge Management in Europe) sarà
di cinque volte maggiore rispetto a una manutenzione efficiente”.
Un tassello fondamentale del sistema sono, ovviamente,
le ispezioni delle opere d’arte, da quelle visive ricorrenti
sul piano viabile, a quelle dettagliate che prevedono
prove non distruttive, a quelle approfondite, che richiedono
prove in situ e in laboratorio. “Le ispezioni - ha ricordato Costa
- per essere fatte a regola d’arte devono prevedere delle
attività propedeutiche fondamentali: l’esame dei disegni
di contabilità finale dei lavori, lo studio della relazione di calcolo
del progetto, la totale comprensione dello schema statico,
l’eventuale esecuzione di una nuova analisi strutturale.
Il nostro Servizio Ispezioni è composto da 15 tecnici specializzati
della Direzione Tecnica Generale”.
Ponticolo: le criticità
La nostra rivista, negli anni scorsi, ha avuto modo di raccontare
in più circostanze (a partire dalla grande manutenzione
del Viadotto Colle Isarco del 2014-2015) questo approccio,
non solo condivisibile ma sempre più necessario. Ed è
in questo solco che intendiamo dare spazio anche all’importante
tappa manutentiva citata in precedenza, in procinto di
concretizzarsi. Inizieremo, in questo primo passaggio, dalle
problematiche riscontrate, per descrivere in un secondo le
soluzioni che verranno adotattate, in entrambi i casi avendo
come “mappa” una relazione prediposta dalla Direzione Tecnica
Generale di A22.
Ispezioni visive, nonché analisi chimiche e meccaniche hanno
in primo luogo evidenziato il deterioramento dei cavi di precompressione
delle travi di bordo e l’ammaloramento corticale
del calcestruzzo di solette e cordoli laterali e centrali del
viadotto Ponticolo 1 (lunghezza 736,70 m, 20 campate) e dei
6 7
6, 7. Le indagini: dai rilievi
al progetto di riqualificazine
8
9
8. Ponticolo 1: sezione
del manufatto
9. Il progetto del risanamento:
i pulvini
Cordoli laterali
A seguito di rimozione delle barriere di sicurezza, sono previsti
l’asporto delle piastre P.I.C. di protezione dei cordoli latesemiviadotti
Ponticolo 1-2 (lunghezza 179,50 m, 7 campate)
e 3 (lunghezza 217,40 m e 12 campate), opere d’arte collocate
a circa 1.200 m sul livello del mare tra il km 6+012 e
il km 7+495, ovvero tra Vipiteno e il Brennero. La scelta del
sistema più appropriato per la riparazione delle strutture di
calcestruzzo deteriorate è il risultato di un processo che ha
tenuto conto della norma UNI EN 1504, riguardante le procedure
per la riparazione e la manutenzione di strutture in
calcestruzzo, nonché delle nuove Norme Tecniche per le Costruzioni
(NTC 2018), così riassumibile:
• Valutazione delle condizioni delle strutture;
• Identificazione di difetti e cause del deterioramento;
• Decisione degli obiettivi di protezione e riparazione;
• Scelta dei principi di protezione e riparazione;
• Definizione delle proprietà di prodotti e sistemi;
• Specifica dei requisiti di manutenzione in seguito a protezione
e riparazione.
Entrando maggiormente nel dettaglio della “fotografia” degli
ammaloramenti, possiamo aggiungere che in corrispondenza
dei cordoli laterali la superficie laterale è interessata localmente
dalla rottura del calcestruzzo di ricoprimento delle
armature, che affiorano ossidate, presumibilmente a causa
dell’acqua d’infiltrazione dal piano viabile. Per la stessa ragione,
anche le teste dei pulvini e di alcune travi presentano
fessurazioni localizzate con delaminazioni del calcestruzzo
associate a fenomeni di corrosione alveolare delle barre d’armatura
ed esplosione del copriferro (spalling). Anche all’intradosso
delle solette - rilevano i tecnici di A22 - sono presenti
zone caratterizzate da episodi di corrosione delle barre
di armatura lenta inferiori. In alcuni tratti, asportato il calcestruzzo
superficiale, le barre si presentano di sezione ridotta
rispetto a quella originaria.
I difetti del calcestruzzo possono essere di natura chimica riconducibili
a reazioni alcali-aggregato, ad attività biologiche
o alla presenza di agenti aggressivi quali solfati, acqua dolce
o sali; di natura fisica quando le cause principali risiedono
in cicli gelo/disgelo e in fenomeni termici, di cristallizzazione
dei sali, ritiro, erosione o usura; quindi di tipo meccanico,
individuabili in impatti, sovraccarichi, eventuali movimenti
della struttura, quali assestamenti, esplosioni o vibrazioni.
In ordine ai difetti di natura chimica, si distinguono aggressione
da anidride carbonica, da solfati e da cloruri. Per una
valutazione sullo stato delle opere, Autostrada del Brennero
ha eseguito rilievi e prove sperimentali, analisi che hanno
riguardato principalmente le travi longitudinali e le solette.
Nel corso del 2019, in particolare, è stata condotta una campagna
d’ispezioni sulle solette, mediante carotaggi passanti.
Gli esiti hanno evidenziato un elevato contenuto di ioni cloro,
con concentrazioni fino a 1.250 mg/kg cls, tali da far dedurre
una probabilità di corrosione delle armature metalliche.
Il rischio di corrosione delle armature è, infatti, ritenuto
basso per concentrazioni di ioni cloro inferiori a 500 mg/kg
cls, alto per valori maggiori di 1.250 mg/kg cls. Le ispezioni
e le analisi condotte sui manufatti hanno dunque evidenziato
un degrado marcato di alcune parti delle strutture, principalmente
imputabile all’azione dell’acqua e dei sali disgelanti
in essa contenuti.
Ponticolo: l’intervento
L’intervento proposto e approvato dalla concessionaria ha
puntato, peranto, a ripristinare e rinforzare i cordoli e le solette
degli impalcati del viadotto Ponticolo 1 e dei semiviadotti
Ponticolo 1-2 e 3, in modo da assicurare alle opere una
più efficiente protezione dall’acqua, mediante la realizzazione
di una nuova impermeabilizzazione con poliurea per i cordoli
e con malta polimerica per le solette. Contestualmente,
saranno risanati travi, pulvini e spalle ammalorate. Le fasi di
lavoro possono essere riassunte come segue:
• Idrodemolizione, ricostruzione, riconfigurazione e impermeabilizzazione
dei cordoli laterali;
• Demolizione, ricostruzione, rinforzo e impermeabilizzazione
delle solette;
• Risanamento dei pulvini e delle spalle;
• Cementazione e risanamento dei cavi di precompressione
delle travi;
• Idrodemolizione, ricostruzione, riconfigurazione e impermeabilizzazione
dei cordoli centrali.
Ma entriamo maggiormente nel dettaglio.
Autostrade
Autostrade
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rali e la successiva demolizione a “filo” soletta. Dopo la posa
dei connettori e della nuova armatura, i nuovi cordoli saranno
casserati e gettati con calcestruzzo reoplastico XF4. Le attuali
velette in c.a. all’intradosso saranno quindi demolite e sostituite
con lamiere in acciaio INOX AISI 316L. Sulle superfici
verticali interne e superiori dei cordoli è prevista l’applicazione
di un rivestimento protettivo e impermeabilizzante in poliurea
a spruzzo, preceduta da idonea sabbiatura delle superfici.
10
STARGATE
VARCO DI EMERGENZA INTEGRATO
Solette
Sono previste l’idrodemolizione superficiale dell’intradosso
delle solette e la successiva sistemazione dei ferri di armatura
ammalorati, la posa dell’armatura integrativa con connettori
e la chiusura con pannelli di lamiera grecata zincata collaborante,
con funzione di cassero a perdere per il getto con
calcestruzzo reoplastico SCC. Si procederà quindi all’idrodemolizione
dell’estradosso delle solette per uno spessore di 6
cm e alla sistemazione dei ferri di armatura ammalorati, con
la posa di armatura integrativa e connettori per il getto con
calcestruzzo reoplastico a ritiro compensato XF4 di ricostruzione.
La demolizione e la ricostruzione delle solette saranno
eseguite in due fasi distinte (marcia ed emergenza prima,
sorpasso successivamente) per garantire la fruibilità di
2 corsie di transito per ciascuna direzione di marcia in configurazione
3+1. Sull’intera superficie superiore delle solette
è prevista l’applicazione di un rivestimento protettivo e impermeabilizzante
costituito da malta polimerica a basso modulo
elastico, con spessore di 10 mm. L’applicazione di tale
rivestimento sarà preceduta da un trattamento idrofobizzante
dello strato esterno del calcestruzzo mediante l’impregnazione
dello strato corticale di conglomerato con derivati silanici.
Infine sarà posata la nuova pavimentazione
Pulvini e spalle
Si prevedono l’idrodemolizione superficiale delle superfici orizzontali
dei pulvini, la ricostruzione con getto di calcestruzzo
reoplastico a ritiro compensato SCC, la posa di una lamiera
di protezione (gocciolatoio) in acciaio INOX AISI 316L. La superficie
orizzontale del getto sarà ravvivata con getti ad alta
pressione di sabbia silicea e impermeabilizzata mediante rivestimento
strutturale in malta polimerica a basso modulo
elastico da 10 mm. Le superfici verticali saranno interessate
da idrodemolizione, rinforzo tramite la posa di connettori
e rete elettrosaldata e ricoprimento tramite malta tixotropica
bicomponente additivata con polimeri. La protezione delle
superfici sarà eseguita tramite rivestimento elastoplastico
a basso spessore.
Cavi di precompressione e travi
Sarà eseguito il consolidamento dei cavi di precompressione
delle travi con iniezione di resina epossidica, in corrispondenza
delle superfici laterale e inferiore delle stesse. Si provvederà
ad allontanare l’acqua eventualmente presente, anche
mediante l’esecuzione di fori integrativi, si disporranno i tubetti
valvola per la successiva esecuzione di una depressione
delle guaine e per l’iniezione di resina epossidica, con sigillatura
finale con stucco epossidico dell’interspazio tra i tubetti e
i fori e approntamento di stazioni per iniezioni. Le travi saran-
11
no ripristinate con l’intervento di idrodemolizione della parte
inferiore del martello e la posa di intonaco dello spessore di
2 cm. Le travi di bordo e quelle in prossimità del giunto centrale
saranno oggetto di rivestimento elastoplastico a basso
spessore, mentre le altre saranno trattate con strato protettivo
rigido monocomponente a base di resina metacrilica.
Cordoli centrali
È previsto l’asporto delle piastre P.I.C. di protezione del cordolo
centrale e la demolizione corticale.
Dopo la posa dei connettori, della nuova armatura e delle
due lamiere verticali sul varco centrale in acciaio INOX AISI
316L, il nuovo cordolo sarà casserato e gettato con calcestruzzo
reoplastico XF4. Sulla superficie esposta del cordolo
sarà applicato un rivestimento protettivo e impermeabilizzante
costituito da poliurea a spruzzo. L’applicazione sarà
preceduta da idonea sabbiatura della superficie. Sarà rimossa
la barriera di sicurezza, da sostituirsi con nuovi elementi
di protezione, previo carotaggio dei montanti esistenti e inghisaggio
di quelli nuovi.
Modalità esecutive
Infine, un cenno più che opportuno alle modalità esecutive e
alle interferenze con la viabilità. È prevista l’installazione di
ponteggi sospesi ancorati alla struttura per le lavorazioni da
eseguire all’intradosso delle opere; per gli interventi all’estradosso
sarà invece necessario chiudere parte delle carreggiate
interessate dall’intervento. Ad eccezione delle fasi di cantierizzazione
e di pavimentazione, durante cui si chiuderà una
carreggiata, per tutte le altre fasi sarà garantita la fruibilità
di due corsie per senso di marcia. Il tempo utile per l’ultimazione
dei lavori – come da cronoprogramma di progetto di
Autostrada del Brennero - è stato stabilito in 814 giorni, naturali
e consecutivi. nn
10. Ancora un’immagine
del viadotto Ponticolo 1
11. Uno dei semiviadotti
Unico testato come varco secondo Norma EN 1317-4
Testato con connessione a Barriera ANAS NDBA
Certificato CE
Larghezza operativa (W) minima della categoria
Apertura cancello in 30 secondi
Sistema Smart integrato D.M. Smart Road
Fornito in moduli preassemblati
Installazione in tempi record
INSTALLAZIONE
RAPIDA E INTUITIVA
GUARDA IL VIDEO
Autostrade
11/2020 leStrade
www.smaroadsafety.com

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35 LS
Cover Story/1
La road safety
1
1. Vista aerea di un
attenuatore SMA, modello
Leonidas, installato in
prossimità di un’uscita dell’A3
Napoli-Pompei-Salerno,
ente gestore Autostrade
Meridionali
2. La copertina del libro di
Roberto Impero, CEO di SMA
Road Safety
3, 4. Ostacoli fissi: elementi
stradali da proteggere per
proteggere
5. Dalle criticità in essere alla
gestione delle medesime in
una serie di web-video sotto
forma di corso di formazione
a disposizione della comunità
tecnica: vi si può accedere
dal sito leonidas-cc.com
viamente “singolare”, che disegnasse un ponte tra tutti gli
aspetti della questione e che legasse insieme, in un certo
senso, le prospettive dei diversi attori: normatori, gestori,
progettisti, imprese di installazione e automobilisti. La metafora
del “ponte” ci sembra in questo caso calzante e può
essere estesa a tutti i macrocontesti preposti al governo
della road safety, come ci insegna proprio su queste pagine
Luciana Iorio, presidente del WP1 Unece detto altrimenti
Global Forum for Road Traffic Safety: è l’impegno di tutti
che porta a creare ponti - e con essi trasferimenti di sapere
- tra regolatori globali, istituzioni continentali e nazionali,
PA e gestori, giù giù (o su su, dipende dai punti di vista)
fino ai cittadini al volante. Roberto Impero, di questo non
possiamo dubitarne, ha fatto la sua parte, raccontando un
mondo, il suo e insieme il nostro mondo, mettendo insieme
regole, tecnica e divulgazione “pop”. Nel senso che la sicurezza
stradale deve assolutamente diventare popolare, ovvero
urgenza prioritaria condivisa nello spazio (ci si deve
pensare in ogni momento della giornata) e nel tempo (bisogna
farlo dappertutto).
Costosa insicurezza
E nella doppia veste di “specialisti” della materia, quali siamo
negli anni diventati proprio grazie al trasferimento di sapere
da centinaia di tecnici del settore, e insieme comuni cit-
3
tadini/automobilisti, ovvero quello che siamo dai tempi del
foglio rosa, ci siamo fatti guidare dalla “mappa Impero” con
l’intento di dispiegarla sul nostro tavolo da lavoro e di farne
una sintesi selettiva, a disposizione del lettore. Non chiamatela
recensione, ma viaggio, percorso, strada...in questo
caso dentro un libro che parla di strade e lo fa puntualmente
ma anche colloquialmente, calibrando numeri e parole,
notizie e commenti. A proposito di numeri, i punti di partenza
sono quelli dell’incidentalità: circa 175.000 incidenti
stradali in Italia ogni anno, 480 al giorno, di cui oltre 3mila
mortali (Istat 2017). Nel dettaglio stiamo parlando di 600
pedoni, 735 motociclisti, 1.464 automobilisti, 92 ciclomotoristi
e 254 ciclisti, deceduti in buona parte dei casi a causa
delle alte velocità. Altri numeri di non peso secondario
sono poi quelli degli incidenti contro ostacoli fissi nelle aree
urbane: 2.550 (sempre nel 2017) con 95 vittime. Se l’Istat
(2013) calcola che il costo sociale medio di un decesso per
incidente stradale è stimabile intorno ai 1.503.990,00 euro,
l’intero costo determinato da questa specifica tipologia di
tragici eventi, tre anni or sono, ammontava a circa 142,5
milioni di euro di risorse pubbliche. Senza contare, naturalmente,
i danni non ripagabili che ogni perdita porta con sé.
Tutto questo, nota Impero, sarebbe “risparmiato” proteggendo
adeguatamente gli ostacoli che ci circondano mentre
siamo, ogni giorno, alla guida.
4
Strade
che funziona
Fabrizio Apostolo
ANDARE OLTRE LA NORMA PER SALVARE LE VITE, CON GLI SFORZI DI TUTTI
GLI ATTORI IN CAMPO, DAI GESTORI AGLI UTENTI, PASSANDO PER PROGETTISTI,
INSTALLATORI, PRODUTTORI E NORMATORI. MOLTI NE PARLANO, ALTRI
CI LAVORANO INTENSAMENTE. ALTRI ANCORA FANNO ENTRAMBE LE COSE. COME
ROBERTO IMPERO, CEO DI SMA, CHE HA FIRMATO UN “VOLUME-MAPPA-GUIDA”
SULLA MATERIA RICCO DI SPUNTI TUTTI DA CONDIVIDERE.
2
5
Parafrasando Woody Allen: tutto quello che avresti
voluto (e dovuto!) sapere sulla sicurezza stradale, e
nessuno ha mai osato dirti. In una volta sola. È questo
un sottotitolo ideale che ci sentiamo di aggiungere al lavoro
firmato da un manager della Road Safety come Roberto
Impero, avvocato “prestato” all’ingegneria, nel senso più
globale del termine, e CEO di SMA, produttore - da Marcianise,
Caserta - di soluzioni di protezione puntuale (attenuatori,
terminali) e continua (barriere, varchi) delle nostre strade.
Il titolo del suo libro, perché di questo stiamo parlando, è
decisamente ambizioso: “Come ti salvo la vita”. Ma allo stesso
tempo necessario. Perché entra nel vivo, programmati-
camente, di una materia delicatissima e complicatissima,
seppure caratterizzata da dati chiari (e per
questo drammatici) e bisogni precisi. Il libro di Impero
è un po’ pamphlet all’americana, nel senso proattivo
che diamo al termine (negli USA si lavora così,
non “la si manda a dire" e ci si impegna come ossessi
per fornire all’interlocutore tutte ma proprio tutte
le informazioni a disposizione su una materia, credendo
fortemente nel team building, nella coesione
di squadra...), e un po’ mappa, un po’ guida divulgativa
sul tema “strade sicure". Ed è quello che ci voleva.
Ovvero ci voleva una voce chiara e netta, seppure ov-
Strade

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37 LS
Cultura stradale
Veicoli, infrastrutture, comportamento, velocità. Sono i
quattro canonici fattori che determinano la sicurezza o l’insicurezza
stradale, come ci insegnano gli esperti. Nel primo
caso passi importanti sono stati fatti, per esempio, con l’evoluzione
dei cosiddetti sistemi di sicurezza attiva, nel secondo
si lavora notoriamente a macchia di leopardo, per una
serie di infinite ragioni parte delle quali abbiamo più volte
documentato anche su questa rivista. Certi sistemi stradali
investono in sicurezza (e non solo) molto più di altri, e questo
senza esprimere giudizi di merito, perché la situazione
va letta in modo non parziale, ma globale, ovvero tenendo
conto di tutti i fattori in gioco. Il comportamento, da parte
sua, è una piaga nota, ma anche non risolvibile a breve termine:
bisognerebbe fare sì che l’educazione stradale fosse
la prima materia di studio del Paese fin dagli asili nido. E
bisognerebbe permearla non ti technicalities, ma di cultura,
perché la strada è da sempre metafora di civiltà, comunità,
rispetto e le regole della medesima sono tra le poche
che abbiano un senso profondo e una dimensione davvero
internazionale. Nel breve si può agire solo sul traffic calming,
intensificandone gli impieghi, nonché sull’enforcement.
Sui vincoli, insomma, e insieme sulle informazioni in
chiave Smart Road. E insieme sul dispiegamento di soluzioni
tecniche che siano qualitativamente ineccepibli e funzionali.
E ceramente testate. La velocità, nel “quartetto”, è la
dimensione più sfuggente, perché l’errore - purtroppo e disgraziatamente
- ci può sempre scappare. Ecco dunque entrare
in gioco la cosiddetta sicurezza passiva, ovvero quella
materia che non previene (come l’attiva), ma protegge.
E che salva le vite.
Obiettivo zero vittime
Funziona come nelle case, quando ci sono in giro bimbi piccoli.
Gli angoli vanno protetti, le prese della corrente sigillate.
L’urto forse ci sarà ugualmente, ma sarà attutito, limitato,
attenuato. Gli ostacoli, insomma, vanno protetti, perché
l’automobilista è imprevedibile come un bimbo, non possiamo
farci niente, tutto può succedergli e l’istante-no sempre
può accadere. Cambia solo la frequenza, ma non la sostanza.
Tradotto: al bimbo può capitare più volte al giorno,
all’automobilista magari solo una volta nella vita, ma quella
sola volta il danno può essere incalcolabile, e quindi va
evitato (Vision Zero, si dice all’ONU e in molti Paesi sensibilissimi
a questa materia).
Ecco perché gli ostacoli, e ce ne sono a bizzeffe, vanno protetti,
ci ricorda giustamente Impero. Cuspidi spartitraffico, nicchie
di galleria, alberature, pali, piloni, stazioni di pedaggio,
stazioni di servizio, e chi ne ha più ne metta... Ecco allora,
scrive Impero rifacendosi agli incredibili dati di costo sociale
sovraesposti, che “dispositivi come attenuatori e terminali
non sono un costo, bensì un investimento, dato che riducono
notevolmente i costi derivanti da un eventuale incidente
stradale mortale, che spettano agli enti gestori della strada.
Attenuatori e terminali sono, in pratica, un’assicurazione”.
Gli ostacoli non protetti sono dappertutto. Nel tragitto casa-lavoro
di chi vi scrive, da un comune dell’hinterland milanese
alla zona Navigli, ve ne sono un’enormità. Dal palo
6
7
ligneo dell’elettricità che ostruisce la visuale appena dopo
una rotatoria da cui, in senso opposto, arrivano autobetoniere
da una cava, fino all’albero solitario che sta proprio lì a
destra, sulla curva che immette a una strada vicinale a doppio
senso alternato e poi a un’altra lungo il Naviglio Pavese,
proprio a ostruire la visuale di chi guida e a rappresentare
un chiaro ostacolo in caso di criticità. Per non parlare di svariati
esempi di ostacoli urbani che si incontrano via via che
ci si muove verso il centro. Delle situazioni note della viabilità
extraurbana, regno delle famigerate cuspidi e dei “cilindroni”
gialli che non proteggono, ci parla già a lungo Impero.
Noi possiamo aggiungere qualcosa sulle aree di cantiere
nelle grandi viabilità, difficilmente protette da dispositivi testati
(in sintesi: è il regno di coni e Defleco!). “La non protezione
degli ostacoli - chiosa Impero - è sotto gli occhi di tutti,
così come lo è più in generale lo stato di non efficienza in
cui versano le nostre infrastrutture. Siamo nel pieno di una
sfida epocale, che per essere vinta ha bisogno dell’apporto
di tutti gli attori in campo. Produttori dei dispositivi - di tutti
i dispositivi - gestori stradali, progettisti, installatori e automobilisti
devono assolutamente unire le forze!”. Lo possono
6. Attenuatori d’urto
redirettivi Leonidas
su un ponte (in questo
caso piuttosto noto,
è il nuovo Ponte San Giorgio
di Genova)...
7. ...e in galleria
8. Dall’album di SMA:
il segretario del PIARC Italia
Domenico Crocco premia
Pasquale Impero, presidente
di Industry AMS e padre
di Roberto, nel corso
del Road Safety Technopark
tenuto presso la sede
dell’azienda a Marcianise,
Caserta, nel settembre 2017
9. Roberto Impero con
il responsabile Marketing
di SMA Stefano Caterino
al World Road Congress 2019
di Abu Dhabi, EAU
fare, per esempio, insensificando la quantità e la qualità dei
sistemi di sicurezza, attiva e passiva. La prima, come già ricordato,
è quella che previene, la seconda è quella che limita
e attenua, verbo, quest’ultimo, che poi ha la stessa radice
semantica di “attenuatore”, il dispositivo di protezione
dei punti singolari che, in caso di impatto, consente al veicolo
di decelerare in maniera graduale e controllata. “Ma l’attenuatore
- aggiunge l’autore - ha anche un’altra funzione
che pochi conoscono: la sua forma fa sì che dopo l’impatto
a veicolo fermo vi siano le condizioni ottimali per permettere
l’apertura delle portiere a eventuali soccorritori”.
Regolamentazione
Problemi e soluzioni, dunque, la cui “qualità”, nei contesti
culturali e civili avanzati, viene garantita dalla formulazione
e dall’attuazione di adeguate norme. È così, per molti versi,
anche per quanto riguarda il contesto italiano della sicurezza
stradale, integrato in quello europeo, come sanno bene
gli addetti ai lavori. E come sa e descrive in un capitolo ad
hoc l’autore (che come detto è anche avvocato) di “Come ti
salvo la vita”. “In Italia dal 1992 - scrive Impero - sono stati
emanati ben 25 provvedimenti sui sistemi di ritenuta stradale:
14 circolari, 11 DM e una linea guida per la sicurezza”.
Un noto punto di partenza è il DM 18/2/1992 n°223, quindi
quasi un ventennio più tardi ecco l’alba della Marcatura CE
con il DM 28/6/2011, “marcatura che deve essere rilasciata
da un organismo notificato, oltre che accompagnata dalla
dichiarazione CE di conformità rilasciata dal fabbricante o
produttore”. E la protezione dei punti singolari? Le norme le
prevedono impiegando, per l’appunto, gli attenuatori. Tutto
bene, dunque. Ma con qualche perplessità. Il DM 2367 del
21 giugno 2004 del MIT, per esempio, permette che la classe
di velocità di un attenuatore sia inferiore a quella limite della
strada in cui è installato: “Per strade con limite maggiore
di 130 km/h - nota Impero - la norma impone l’installazione
di attenuatori almeno di classe 100, per quelle con limite tra
90 km/h e 130 km/h almeno di classe 80...”. Su quel che significa
ci ritorneremo tra non molto. Ma la norma, accanto a
8 9
© leStrade
questa regola non certamente funzionale (se percorro una
strada vorrei sapere di essere protetto relativamente al limite
di percorrenza, non sempre un po’ di meno...) introduce
un’eccezione: “Ove necessario, il progettista potrà utilizzare
dispositivi della classe superiore a quella minima indicata”.
Esiste, dunque, una procedura per i casi speciali, che dalle
nostre parti possono essere considerati...tutti. In conclusione,
si conferma il fatto che una sana alleanza tra i diversi attori
in campo può davvero far muovere al sistema significativi
passi avanti, che devono andare nella direzione della sicurezza
non solo normata, ma concretamente effettiva.
Andare oltre la norma
A seguire, una dettagliata panoramica sulle normative europee
(ovvero la EN 1317) e anche americane (MASH), con
una serie di confronti di indubbia utilità, nonché sui crash
test, un “universo” decisamente noto ai lettori di leStrade,
con una chiosa sulle certificazioni Euro NCAP, che si occupano
si sicurezza attiva e passiva dei veicoli con criteri di valutazione
più severi di quanto imposto dalle normative classiche,
con particolare riferimento ai danni agli occupanti
dei veicoli. Una sintesi possibile: gli strumenti normativi ci
sono, ma sono sempre confrontabili, migliorabili, sintetizzabili
in progetti che tengano conto di nuove opzioni, che puntino
dritto alla massima qualità. Che, vadano, in pratica “oltre
la norma”, proprio come fanno i severi test Euro NCAP.
Sempre nella sfera dello sforzo di chiarezza normativa rientra
poi il grande tema della responsabilità, più volte trattato
anche su questa stessa rivista per esempio attraverso gli
approfondimenti a firma del professor Balduino Simone (ma
non solo). Ci troviamo sul terreno del Codice della Strada e
della sua evoluzione, nonché della Legge 41/2016 che ha introdotto
il reato di omicidio stradale. Responsabilità degli automobilisti,
innanzitutto, ma in determinati contesti anche
responsabilità dei gestori (“custodi del bene”) o degli installatori,
oppure degli stessi produttori: “C’è il dovere dell’utente
- sintetizza Impero - a guidare con prodenza, ma esiste
anche il dovere del gestore della strada a garantire la massi-
Strade
Strade
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11/2020

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LS
10
10. Attenuatori “PRR”
(Prestazioni, Robustezza,
Ripetitività) in Italia
(all’ingresso di un tunnel
realizzato a Milano in
occasione dell’Expo 2015)...
11. ...e all’estero, a difesa
degli utenti all’imbocco del
celebre Eurasia Tunnel di
Istanbul, in Turchia
Cover Story/2
Strade
ma sicurezza”. Infine, un elenco delle criticità ancora sul tavolo:
“La EN 1317 [...].non guarda per esempio [come fanno
i test Euro NCAP, ndr] alle conseguenze dell’impatto sulle
persone, ma si limita ad analizzare la reazione delle barriere
all’impatto con i veicoli e all’effetto sulla loro decelerazione,
mentre il DM 28/6/2011 lascia aperta la possibilità di installare
attenuatori d’urto di classe inferiore ai limiti di velocità
presenti nella stessa strada”. Su quest’ultimo punto ci siamo
già soffermati, ma vale la pena ritornarci insieme a Roberto
Impero: “La possibilità di installare un attenuatore di classe
80 su una strada con limite di velocità di 120 km/h, comporta
che in caso di urto frontale a 120 km/h un veicolo di 1300
kg ha ancora, dopo aver deformato completamente l’attenuatore,
una velocità residua di circa 89 km/h. È evidente
che un essere umano che si schianta a 89 km/h contro un
muro non ha alcuna possibilità di salvarsi...”. L’installazione
nello stesso punto di un attenuatore di classe 110, al posto
di quello di classe 80, comporterebbe invece che la velocità
residua del veicolo impattante sia di soli 21 km/h. Con effetti
del tutto diversi. Anche se “il risultato eccellente - conclude
Impero - verrebbe ottenuto se in autostrada si installassero
dispositivi in grado di assorbire un urto a 130 km/h (velocità
residua 0 km/h)”.
Focus attenuatori
Dopo la normativa, i suoi pregi e i suoi difetti, ecco infine le
soluzioni tecniche. Quelle essenzialmente di casa SMA, di
cui ci occuperemo con maggior dettaglio nell’articolo che segue,
dal momento che in questo primo affresco la nostra intenzione
non è quella di parlare di uno o più prodotti, ma di
fissare i capisaldi generali di uno scenario, in parte già noto
al lettore specializzato, naturalmente, ma sempre più che
utile da riproporre soprattutto se “organizzato” e articolato
come nel volume oggetto del nostro viaggio. Parlando di
soluzioni tecniche, ovvero gli attenuatori, Impero individua
tre fattori distintivi: le Prestazioni, la Robustezza e la Ripetitività.
Le prime emergono da tutti i possibili test imposti
dalla norma e non solo, vedi il caso della certificazione Euro
11
NCAP. La seconda è “la capacità di un prodotto di mantenere
le prestazioni nominali a prescindere dalle perturbazioni
e cioè dagli effetti di variabili influenti, ma non controllabili”
(Genichi Taguchi). “Le prestazioni di un prodotto in
fase di test, seppure rispondenti ai criteri fissati dalla norma
- spiega Impero - talvolta non garantiscono la piena affidabilità,
specialmente in situazioni di urto non normato,
che si verificano piuttosto di frequente”. La ripetitività è infine
la ripetizione del comportamento/funzionamento di un
prodotto. Caratteristica che si riscontra soltanto a seguito
dell’uso, che nel caso degli attenuatori si chiama impatto.
Se, dopo che questo è avvenuto, essi salvano la vita, allora
ci siamo. Funzionano. Oltre a quanto provato in “laboratorio”
e ben oltre la norma. La road safety che funziona, insomma.
È questo l’obiettivo, a cui tendere con il massimo
sforzo di tutti gli attori già citati in precedenza, a cui ne vogliamo
aggiungere uno: noi stessi, in rappresentanza di tutti
i professionisti della divulgazione e della comunicazione. nn
© J. Michalak
Dagli attenuatori
alle barriere-varco
VIAGGIO TRA LE SOLUZIONI FRUTTO DELLA RICERCA SMA ROAD SAFETY,
LABORATORIO DEL MADE IN ITALY DELLA QUALITÀ STRADALE. DOPO
ATTENUATORI E TERMINALI, ECCO LE NOVITÀ ANDROMEDA, LA BARRIERA
INTELLIGENTE, ILLUMINANTE E MODULARE E I VARCHI DI EMERGENZA
STARGATE, TESTATI (ANCHE CON LE NDBA ANAS) E APRIBILI IN 30 SECONDI. PER
LA SERIE: LA FACTORY DEI PRODOTTI DAI NOMI EPICI NON SMETTE DI STUPIRE.
Sicurezza e tecnologia. Totalmente made in Italy. È
il senso del lavoro di SMA Road Safety, azienda con
sede a Marcianise, Caserta, nata (e oggi cresciuta e
diventata grande) da un ramo di Industry AMS, nome noto
nell’automazione. La conosciamo dal 2014, tempi di Intertraffic
Amsterdam, dove portò un attenuatore dalle performance
tali da stupire la platea internazionale. Era stato prodotto
l’anno prima nel 2013, interamente in acciaio, la prima
installazione fu in galleria, un ambiente sensibile dunque,
da proteggere secondo standard non proprio convenzionali.
Fu l’inizio della storia di una gamma che oggi porta il nome
di Leonidas, l’eroe delle Termopili, colui il quale si mise alla
testa di un manipolo composto da 300 spartani più altri greci
per fermare il mastodontico esercito di Serse, imperatore
persiano. La sua struttura di base è in acciaio elettrosaldato
e comprende una lamiera e una monorotaia di guida che
permette lo scorrimento delle traverse, collegate ai pannelli
di ritegno delle celle esagonali di assorbimento. Il bumper
(pannello frontale) è il collegamento rigido delle lamiere in
acciaio a tripla onda che, dopo l’urto, scivolano grazie a un
sistema di scorrimento. I pannelli intermedi schiacciano le
celle “a nido d’ape” (è questa l’innovazione nell’innovazione)
in modo graduale, dissipando l’energia cinetica d’impatto
e, come è già accaduto, salvando la vita.
Sicurezza e tecnologia. Quella che è fulcro del progetto Leonidas
- 5 stelle Euro NCAP - ma anche quella alla base
del primo dispositivo SMA contraddistinto, come spiega a
leStrade Stefano Caterino, responsabile Marketing dell’azienda,
da un “nome epico”, che sa scuotere l’immaginario:
Geronimo.
Innovazione Geronimo
Si tratta di un sistema di monitoraggio - fissato alle spalle
dell’ostacolo da monitorare e connesso al medesimo attraverso
un congegno piezo-elettrico - in grado di registrare
un video e allertare le forze di primo soccorso e la Polizia
Stradale nel momento stesso dell’impatto di un veicolo contro
un ostacolo fisso: “È il capo indiano che dalla montagna
vede lontano e può trasmettere la memoria dell’accaduto”.
Visto anche questo da chi vi scrive a Intertraffic Amsterdam
e apprezzato, per la sua originalità e per la sua funzionalità,
da molte amministrazioni di gestione stradale. Anche in ragione
del fatto che si tratta di un dispositivo ad alta tecnologia
ma di semplice utilizzo, nonché autonomo per quanto
riguarda la fornitura elettrica (via pannello fotovoltaico).
Riassumiamone l’attività: un sensore posizionato dietro il
dispositivo rileva il segnale e lo rinvia all’unità di controllo,
mentre un modem integrato invia gli alert in tempo reale al
Stefano Chiara
1. Varco d’emergenza
di SMA Road Safety Stargate
installato a Baronissi,
A2 Autostrada
del Mediterraneo, rete Anas
1
Strade
11/2020 leStrade
11/2020

40
2 Leonidas
3
gestore. Una videocamera attiva H24, inoltre, registra e immagazzina
il video dell’evento. Tutti i dati relativi alla dinamica,
infine, con relativa analisi, sono disponibili in un apposito
database.
Tralasciando poi in questa sede il potente Hercules, attenuatore
d’urto sviluppato per il mercato americano e testato
secondo la normativa USA MASH, possiamo aggiungere
che la gamma SMA comprende anche numerosi terminali di
barriera, il cui più famoso è Ermes, il dio greco protettore dei
viaggiatori. Il terminale è un prodotto di sicurezza passiva
estremamente importante e non semplice da progettare in
quanto deve “connettersi” funzionalmente alla barriera che
va a proteggere. Ed è pertanto emblematico dell’attenzione
in casa SMA ad aspetti quali lo studio delle transizioni,
che i tecnici di Marcianise “coltivano” collaborando strettamente
con i propri clienti. Alle parole chiave della sicurezza
e della tecnologia non possiamo dunque che aggiungerne
altre: ricerca, sviluppo ma anche trasferimento di
sapere e formazione continua, sia sulla parte normativa sia
Geronimo
Ermes
Tra le numerose innovazioni SMA Road Safety, vogliamo mettere l’accento
anche su Taurus, il terminale che va a soddisfare tutte le esigenze nella protezione
dei cantieri. Si tratta dunque di una soluzione temporanea, ma con affidabilità
da dispositivo fisso, dal momento che è testato secondo la norma
EN1317, parti 4 e 7 come terminale, ma anche parte 3 come attenuatore, di
cui può dunque fare le veci. Nasce per risolvere una serie di problematiche tipiche
delle aree di cantiere, dove non è possibile fissare al suolo i dispositivi e
Andromeda
sulle caratteristiche di posizionamento e di installazione.
Un approccio, questo, che recentemente ha dato origine a
due nuovi prodotti del laboratorio SMA, su cui intendiamo
concentrarci, passando dall’epica western e dalla mitologia
greca a un immaginario non solo sempre più globale, ma addirittura
stellare. Ecco dunque Andromeda, la barriera intelligente
(e illuminabile) che può anche fungere da varco (la
Leggero e performante: ecco Taurus, il terminale da cantiere
4a 4b 4c
2. Leonidas, l’attenuatore
d’urto redirettivo della casa
di Marcianise, con il sistema
di monitoraggio Geronimo
3. Dalla mitologia al West
allo spazio: i “mondi”
che hanno ispirato
la denominazione
dei prodotti SMA
4. Focus su Taurus, il
terminale mobile da cantiere:
un’applicazione in Norvegia
(4a), il dispositivo incidentato
in u ncanitre milanese (4b)
e in un cantiere notturno (4c)
gli spazi sono contratti. Le risposte di Taurus su questi aspetti: una base in acciaio
che non deve essere fissata al suolo (inoltre il terminale può essere connesso
a ogni altro elemento con transizioni anche eseguibili ad hoc) e le dimensioni
decisamente ridotte (L 3500 mm, W 290 mm, H 620 mm per la classe
80 km/h). Ma Taurus si dimostra una garanzia anche e soprattutto sul piano
della sicurezza, essendo redirettivo (l’esperienza insegna che in questi casi gli
impatti più dannosi sono quelli laterali), plus per cui si rimanda agli ottimi risultati
ottenuti in campo prove. Taurus, infine, è leggero e può essere facilmente
movimentato per nuovi impieghi.
5. Terminale di barriera Ermes
6. L’universo di Andromeda:
il design
7. Barriera testata: prova
TB81 su modello H4
8. H2: prova TB11 su cordolo
in rilevato
9. Condizioni di nebbia reali
e sistema a Led testato con
nebbia simulata
10. Una delle diverse opzioni
di fornitura di Andromeda
6
costellazione da cui prende il nome, tra l’altro, a sua volta lo
assume da una figura mitologica, la ninfa più bella delle Nereidi)
ed ecco Stargate, il “cancello delle stelle”, il varco di
emergenza rapidissimo e, come Andromeda, testato anche
in combinazione con le nuove barriere in New Jersey dell’Anas
(un modulo di 41 m del dispositivo è stato già installato
proprio su un’importante arteria Anas, la A2 Autostrada del
Mediterraneo, in prossimità di Baronissi, Salerno). Vediamo
meglio di che cosa si tratta.
5
41
LS
Novità Andromeda
Una nuova barriera di sicurezza che nasce in pieno spirito
dell’era “Smart Road”, il grande laboratorio che sta portando
sulle nostre strade soluzioni tecniche “multitasking”,
ovvero in grado garantire la sicurezza passiva, ma anche
quella attiva, per esempio attraverso l’illuminazione o
l’infomobilità. Andromeda, inoltre, è testata e accompagnata
in cantiere in moduli preassemblati, una peculiarità,
come vedremo, che le consente anche di funzionare
da varco. Triplo lavoro, dunque, anzi quadruplo, e svolto
al meglio: proteggere, illuminare, segnalare, consentire il
passaggio. Utilizzabile, in virtù della sua larghezza ridotta,
sia come bordo laterale che come spartitraffico, Andromeda
è disponibile in due differenti modelli per le classi
di contenimento H2 e H4 ed è stata certificata secondo la
norma EN 1317 (crash test al CSI di Bollate, Milano, nella
primavera 2019). La H2, spiegano da SMA, è disponibile
sia per installazione su rilevato mediante pali interrati
sia come bordo ponte mediante ancoranti chimici su cordolo
in cemento, mentre l’H4 ha effettuato per il momento
solo i test come bordo ponte. L’attuale larghezza operativa
del modello H2 è W1 (600 mm per un ingombro di
170 mm), mentre per il modello H4 è stato ottenuto un risultato
di W2 (larghezza operativa di 800 mm per un ingombro
di 180 mm). “Andromeda - notano da SMA - è la
prima barriera longitudinale fornita già assemblata in moduli
di 6 o 12 m che richiedono il solo ancoraggio al suolo,
un beneficio che consente di snellire notevolmente le procedure
e le tempistiche di installazione”.
Andromeda H2, inoltre, ha una lunghezza minima di installazione
di 48 m, l’H4 di 60 m, “una lunghezza ridotta che
garantisce prestazioni secondo norma anche in caso di impiego
della barriera in tratti di strada ridotti (per esempio a
protezione delle stazioni di servizio) dove la lunghezza del
7 8
9 10
Strade
Strade
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segmento stradale tra l’ingresso e l’uscita è inferiore agli 80
m”. Altri punti di valore: la sostituzione rapida in caso di impatto
e il già citato impiego anche come chiusura varchi. “In
caso d’impatto contro il dispositivo, il modulo danneggiato
può essere velocemente svitato e rimosso da due operatori
in un tempo massimo di 7 minuti (modulo di H4). Allo stesso
tempo, il processo di smontaggio rapido favorisce l’apertura
di un varco per consentire il transito dei veicoli sull’altra
corsia attraverso la rimozione di uno o più moduli. Pertanto,
la barriera risulta ideale come sistema spartitraffico, dal
momento che accelera i processi di scorrimento del traffico
in caso di incidente”.
Proprio la modularità alla base della possibilità di “apertura”
di Andromeda ha fatto sì che questa soluzione, nella classe
di contenimento H2 le cui caratteristiche principali abbiamo
esposto in precedenza, venga proposta e favorevolmente
accolta anche come vero e proprio varco amovibile.
Il punto nodale sono proprio i moduli (leggeri) pre-assemblati
da 6 m, che consentono un’installazione rapida del varco
(meno di 4 ore) e una sua apertura in meno di 5 minuti.
11
LS
GALLERIE&OPERE
IN SOTTERRANEO
Smart barrier
Ma Andromeda è anche e soprattutto una “smart barrier”.
Fornita con un sistema cablato e lampade crepuscolari per
migliorare la visibilità durante la notte, è provvista di Led
fendinebbia che favoriscono una guida sicura anche in condizioni
meteo avverse. In più, conformemente alle normative
“Smart Road” attuali, SMA ha sviluppato e applicato
alla barriera un sistema che consente lo scambio di informazioni
tra conducente del veicolo e gestore. Andromeda
è così in grado di “catturare” un evento (incidente, variazione
di temperatura che può determinare la formazione
di ghiaccio su strada, code in formazione…) attraverso una
serie di sensori e di inviare un alert in tempo reale a veicoli
- attraverso lampade intermittenti - ed enti preposti alla
gestione mediante un portale dedicato che consente di individuare
il luogo esatto dell’evento per favorire l’intervento
rapido dei soccorsi. Andromeda, infine, si dimostra un
alleato prezioso dell’utente della strada anche in condizioni
ordinarie di viaggio, per esempio di notte, quando attiva
il suo sistema di illuminazione crepuscolare che sfrutta
lampade incastonate sui pali (brevetto Industry AMS).
Grazie ai già citati Led fendinebbia posizionati anch’essi sui
pali, la barriera assiste inoltre i conducenti migliorando la
visibilità fino a 50 metri anche in caso di nebbia o foschia
(altro bretetto Industry AMS).
Eccellenza Stargate
Ultimo ma non ultimo, ecco Stargate, il varco di emergenza
testato secondo la norma EN 1317, parte 4, anche nella
sua parte scorrevole e apribile a tempo di record (6 m
in 30 secondi) per favorire il passaggio dei mezzi di scoccorso
o di primo intervento. “Stargate - rilevano da SMA
- conserva molte delle caratteristiche di Andromeda, aggiungendovi
però alcune peculiarità. Il crash test per la
certificazione, per esempio, è stato effettuato sul cancello
di emergenza che viene fornito non ancorato al suolo. Il
cancello scorrevole viene aperto per fornire uno spazio di
13
transito della larghezza di 6 m nel tempo di soli 30 secondi
con l’impiego di 2 operatori senza attrezzi per lo smontaggio
(una volta estratti gli elementi di bloccaggio il modulo
scorre agilmente fino ad agganciarsi al modulo di supporto)
favorendo così il transito agevole di ambulanze o vigili
del fuoco”. Stargate, come abbiamo anticipato, oltre che
nella parte del cancello, è stato anche testato con connessione
diretta alla barriera NDBA in calcestruzzo di Anas: in
questo caso la connessione, opportunamente sviluppata
e fornita da SMA, consente un perfetto adattamento alla
barriera cementizia e garantisce “rischio zero” in caso di
impatto. Stargate è fornito in moduli di 18 m complessivi,
2 più il cancello su ruote. I 3 moduli nella loro interezza
si aprono in circa 5 minuti. A Baronissi, lungo la A2 Autostrada
del Mediterraneo, Stargate è già su strada, anzi in
autostrada. A fare il suo dovere di dispositivo testato di sicurezza
passiva, in caso malaugurato di impatto veicolare,
ma anche di “gate” da aprire in caso di necessità. Una
“doppia protezione” che rappresenta l’ultima frontiera di
una ricerca stradale fondata sul concetto di qualità Made
in Italy e continuamente in evoluzione. nn
11. Stargate: prova TB51 con
connessione alla barriera
cementizia NDBA di Anas
12. Schema di funzionamento
del varco
13. Installazione sull’A2
Video: Stargate
L’installazione
Video: Stargate
sull’autostrada A2
12
IN QUESTO NUMERO
n Galleria sperimentale
nella laguna veneta
n Francia, scavi e opere all’aperto
n Italia, focus sulle nicchie
n Tutti i particolari del congelamento
n Grande opera in Alto Adige
n Scacco alle polveri
Strade
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Tunnel Innovativi
Galleria sperimentale
nella laguna veneta
PRESENTIAMO IL RESOCONTO INGEGNERISTICO DI UN’INFRASTRUTTURA
SOTTERRANEA INEDITA DELLA NUOVA VARIANTE DI CAMPALTO ALLA SS 14: UNA
GALLERIA NATURALE IN SABBIE FINI REALIZZATA SOTTO FALDA E IN PRESENZA
DI TRAFFICO. PER RIUSCIRE NELL’IMPRESA, LA PROGETTAZIONE HA MESSO IN
CAMPO UNA SERIE DI METODOLOGIE INNOVATIVE CHE ANDIAMO A DETTAGLIARE
IN QUESTO CONTRIBUTO ESCLUSIVO.
La statale “SS 14-Triestina”, si configura come una strada
di collegamento tra i più importanti centri della provincia
di Venezia, caratterizzata da importanti volumi di
traffico, sia di lunga percorrenza sia locali, in relazione ai quali
le caratteristiche attuali del tracciato e della sede stradale non
appaiono più sufficienti. La variante di Campalto alla SS 14 è
territorialmente individuabile quale un passante Est-Ovest al
centro abitato di Campalto, dello sviluppo di circa 2 km, destinato
a intercettare il traffico di attraversamento avente origine
e destinazione al di fuori delle pertinenze urbane, evitando
ripercussioni sulla viabilità locale e consentirà di allontanare il
traffico di attraversamento dalla viabilità di quartiere e locale
e di collegare il centro di Venezia con l’area aeroportuale.
Inquadramento generale
L’opera è costata 46 milioni di euro come investimento complessivo
ed è stata realizzata in quattro anni, tra il 2016 e il
2020, e consentirà di ridurre l’impatto del traffico automobilistico
su Campalto, fluidificando la viabilità, i collegamenti con
l’aeroporto e con gli snodi commerciali e produttivi della zona.
La realizzazione del bypass ha comportato anche il completamento
dell’asse principale della variante con nuove rotatorie
e i collegamenti stradali con la viabilità locale. L’infrastruttura
inoltre è caratterizzata da una galleria naturale in ambito
urbano sperimentale nelle modalità realizzative e tecnologicamente
innovative, utilizzata come sottoattraversamento a
servizio della quale sono state predisposte anche le rampe di
Alessandro Focaracci
Amministratore
e Direttore Tecnico
Prometeoengineering.it Srl
Paolo Pujia
Direttore Tecnico
e Procuratore
Intercantieri Vittadello SpA
Corrado Mattozzi
Project engineer
Prometeoengineering.it Srl
3a. Rappresentazione 3D delo
sottoattraversamento
approccio alla galleria naturale, lato est ed ovest, per una lunghezza
complessiva di circa 840 m. Il sottosuolo del settore
della pianura veneta all’interno del quale ricadono le opere, è
costituito da terreni appartenenti al bacino sedimentario pleistocenico-olocenico
veneto, di scarso addensamento e consistenza.
Essi rientrano nel gruppo delle terre a granulometria
fine, comprendendo termini che vanno dal basso verso l’alto,
dalle argille, con varia incidenza di frazione limosa e sabbiosa,
ai limi, alle sabbie fini, alle terre organiche tipiche della laguna
veneta. Nello specifico il progetto si innesta nel seguente
contesto stratigrafico particolarmente difficoltoso sia dal punto
di vista geologico che idrogeologico: al di sotto del piano
campagna è presente uno strato di spessore variabile da 1 a
3a
3 m rappresentato da terreni di copertura e di natura limosa;
a seguire si rileva la presenza di uno strato di spessore 7÷10
m di terreni di natura prevalentemente incoerente costituiti
da sabbie a granulometria variabile da fine a media con l’aumentare
della profondità. Quindi al di sotto del banco di materiale
sabbioso e sino alla profondità di 33÷33,5 m dal p.c.
si incontrano terreni di natura prevalentemente coesiva mediamente
consistenti costituiti da argille limose e sabbiose.
All’interno di questo strato sono presenti frequenti intercalazioni
di limo sabbioso e sabbie fini limose con spessore variabile
da 0,5 m a 2 m circa e grado di addensamento medio.
L’area in oggetto inoltre e caratterizzata da un sistema multifalde:
il modello idrogeologico generale elaborato considera
una prima falda superficiale nei terreni di riporto e nel primo
orizzonte deposizionale sabbioso-limoso più superficiale che
non sempre è stato rilevato con continuità. Successivamente
è stata individuata la prima falda che alloggia all’interno
delle sabbie fini che rappresenta il primo vero e proprio orizzonte
incoerente dotato di una certa continuità spaziale. Più
in profondità si trova la seconda falda in corrispondenza delle
alternanze di orizzonti sabbie fini e limi e limi sabbiosi e argillosi
sede di un acquifero confinato dotato di spessori e continuità
spaziale di una certa rilevanza.
Caratteristiche dell’opera
Il tracciato è costruito interamente in nuova sede con una sezione
stradale di categoria “C1-extraurbana secondaria” ed
è dotato di una piattaforma larga circa 10,50 m; l’asse incontra
la viabilità comunale di via Gobbi la cui interferenza
Gallerie
1
3b
1. La galleria naturale
completa di impianti
Tracciato della variante
di Campalto
3b. Rappresentazione 3D delle coronelle
esterne e delle centine
Gallerie
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47 LS
è stata risolta, attraverso la realizzazione di una galleria naturale
della lunghezza di circa 25 m costruita, adottando per
la prima volta in Italia il metodo del Pipe Arch, integrata da
due tratti in artificiale di lunghezza complessiva di 49 metri
e dalle relative rampe di accesso, di lunghezza pari a 430 e
410 m, rispettivamente. La realizzazione della galleria naturale
ha rappresentato, sotto il profilo tecnico, il momento più
impegnativo e delicato dell’intera opera e costituisce l’infrastruttura
principale del nuovo tracciato in variante. La sezione
della galleria, che si trova a circa metà della Variante, ha
una superficie media di scavo di 145 m quadrati e una altezza
di 10,25 m con una copertura minima in asse a Via Gobbi
pari a 2,5 m.
Tutta l’impostazione progettuale del progetto esecutivo e del
progetto esecutivo di dettaglio è stata caratterizzata dall’attraversamento
di Via Gobbi e dalla necessità di assicurare
l’apertura al traffico veicolare della medesima strada durante
tutta la realizzazione dell’opera. In considerazione di
ciò si è adottata la soluzione progettuale migliorativa rispetto
alle originarie previsioni del progetto definitivo; soluzione
mediante la quale l’attraversamento in ambito urbano di
via Gobbi è stato realizzato attraverso la realizzazione di una
galleria naturale con caratteristiche uniche e speciali eseguita
applicando tecnologie innovative e sperimentali, che hanno
consentito di non modificare la circolazione esistente della
strada sovrastante.
Il sistema di consolidamenti scelto per la galleria naturale è
quello di un doppio arco a 360° di micropali sub-orizzontali,
ancorati all’interno di una struttura rigida come quella di una
dima in c.a., in modo tale da isolare completamente lo scavo
della galleria naturale e limitare le subsidenza all’intorno ed
in superficie all’ordine di qualche millimetro.
La metodologia realizzativa, in quanto sperimentale, ha richiesto
una prima fase di taratura preventiva all’inizio dei lavori
e di definizione dei parametri tecnologici che sarebbero
stati impiegati nelle attività di iniezione e jetting; taratura
messa a punto mediante la realizzazione di campi prova che
hanno mostrato e confermato la piena rispondenza alle prescrizioni
progettuali. Successivamente in corso d’opera, secondo
il metodo osservazionale, strumento fondamentale
nella realizzazione delle opere in sotterraneo, è stata approntata
una seconda fase di tarature e di aggiornamenti alle fasi
esecutive, dovendosi l’opera adattare alle reali condizioni che
si andavano ad incontrare durante lo scavo. Alcune condizioni
al contorno infatti, rispetto alla fase di progettazione esecutiva
e di taratura con i campi prova, sono mutate in termini
di circolazione idrica sotterranea e moti di filtrazione nel corso
dei lavori, mutamenti che a sua volta hanno determinato
una variazione delle caratteristiche dell’ammasso che doveva
a questo punto essere riqualificato. Inoltre la marcata
interazione con le attività antropiche e la particolarità delle
condizioni geologiche, idrogeologiche con la costante presenza
di falda a quota interferente con le lavorazioni all’interno
di uno strato di sabbia finissima, hanno suggerito di incrementare
le importanti opere di impermeabilizzazione e consolidamento
a protezione degli scavi e di conseguenza delle
preesistenze al fine di evitare indesiderati effetti di consolidamento
ed in generale instabilità. In particolare per quanto
riguarda il tratto in galleria naturale il progetto esecutivo ha
previsto un cilindro impermeabile all’interno del quale scavare
la futura galleria al fine di evitare filtrazioni con trasporto
di materiale solido e conseguenti instabilità. Questi interventi
fondamentali per la buona riuscita dell’infrastruttura sono
sostanzialmente di due tipi: jet grouting ed iniezioni attraverso
canne a manchettes.
Realizzazione galleria naturale
Metodologia dell’arco di tubi a 360°
Per la realizzazione del “Pipe Arch” è stato scelto di utilizzare
la tecnologia di perforazione innovativa di derivazione
scandinava con l’ausilio di tubi in acciaio muniti di gargami.
Tale tecnica di perforazione guidata orizzontale prevede l’utilizzo
di aria, ma la particolare conformazione dell’utensi-
4
5
4. Realizzazione dell’arco
di tubi
5. Iniezioni ad alta pressione
mediante l’utilizzo
di preventer per contrastare
la pressione delle acque
ipogee
6. Realizzazione
dei pozzi ellittici
7. Particolare pozzo
lato Mestre
8. Particolare pozzo
lato Tessera
le permette di ottenere una pressione molto bassa rispetto
alla tradizionale perforazione fondo foro e pari a 0.3 bar, tale
da arrecare un disturbo trascurabile al terreno circostante,
esigenza fondamentale nella realizzazione di questa specifica
opera che deve evitare di danneggiare le preesistenze.
Collegato a questa lavorazione è stato introdotto l’utilizzo di
tubi in acciaio f 406 mm spessore 8 mm dotati di gargami in
modo che essi siano collegati tra di loro strutturalmente. Essi
vengono trascinati dall’utensile di perforazione con la finalità
di abbattere i cedimenti ed avere un arco immediatamente
attivo e successivamente semplicemente cementati a bassa
pressione (fig 3b e 4). La struttura realizzata con l’arco di
tubi è da considerarsi, infatti, non un preconsolidamento ma
un presostegno costituito da una doppia corona di micropa-
6
7
8
li di cui una costituita da tubi in acciaio, capace di garantire
la canalizzazione delle tensioni al contorno del cavo e quindi
di creare artificialmente l’effetto arco che il terreno non è
in grado di crearsi naturalmente; l’altra interna ai tubi metallici,
è costituita da micropali in calcestruzzo sub-orizzontali
e compenetrati rinforzati tramite armature in VTR, allo
scopo di permettere durante la futura fase di avanzamento,
piccoli aggiustamenti delle geometria del contorno di scavo,
ma soprattutto di fornire un guscio di ripartizione alle azioni
esterne agenti sulla prima corona. La struttura longitudinale
è stata inoltre coadiuvata da elementi trasversali chiusi
in a.r. costituiti da centine HEB220 passo 0.5 m a formare
complessivamente un graticcio resistente ed in grado di contrastare
gli effetti dei cedimenti in superficie.
La tecnica sperimentale del “Pipe Arch”, rinunciando al contributo
statico del fronte (anche se nel caso specifico del sottopasso
di via Gobbi è stato consolidato mediante iniezioni
da fori attrezzati con tubi a manchettes e jet grouting suborizzontale)
ed operando un contenimento continuo del terreno
al contorno del cavo, permette di minimizzare e spesso
annullare le deformazioni che s’innescano nell’ammasso
prima dell’arrivo del fronte stesso, riducendo sensibilmente
le spinte che si generano sul rivestimento, e permette, in
definitiva, di conservare quasi inalterati gli equilibri preesistenti
allo scavo della cavità. Attraverso la tecnologia innovativa
introdotta si vuole appunto raggiungere lo scopo di
una struttura chiusa, immediatamente attiva grazie al collegamento
dei tubi con i gargami e strutturalmente capace di
incassare le forze di scavo. I gargami permettono una maggiore
tenuta all’acqua tra tubo e tubo, mentre la maggiore
inerzia e resistenza meccanica dei tubi f 406 mm e spessore
8 mm necessaria all’inserimento del tubo si traduce in
un maggiore contrasto ai cedimenti durante le fasi di scavo
della galleria naturale. All’interno delle due corone esterne
luna in micropali in acciaio e l’altra in micropali in calcestruzzo
armato sono stati realizzati importanti interventi di
consolidamento ed impermeabilizzazione in quanto la galleria
naturale attraversa uno strato di sabbie finissime che
sovrastano uno strato di argille e limi con alternanza di sottili
lenti di sabbia che ha determinato un fronte di scavo misto
dal punto di vista geo-litologico. Tale sistema ha previsto
la realizzazione di colonne sub orizzontali di jet grouting
da 600 mm monofluido alternate ad iniezioni ad alta pressione
di malte cementizie e chimiche. I consolidamenti e le
impermeabilizzazioni sono state eseguite contemporaneamente
alle fasi di ribasso all’interno dei pozzi ellittici, quindi
il fronte di attacco della galleria una volta arrivati a quota
progetto all’interno del pozzo era completo degli interventi
di progetto. In fase esecutiva approfondimenti geofisici hanno
rilevato condizioni di filtrazione mutate rispetto alle ipotesi
progettuali ed in accordo alla metodologia sperimentale è
stato di conseguenza aggiornata la geometria e distribuzione
dei consolidamenti e delle impermeabilizzazioni.
Approccio e attacco mediante pozzi ellittici
Per la realizzazione del sottopasso in presenza del traffico
veicolare ed in particolare per l’attacco della galleria naturale,
si è scelta la soluzione che ha previsto la costruzione
Gallerie
Gallerie
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di due pozzi realizzati mediante l’impiego di pali f 800 mm
come sostegno del terreno a cui sono seguiti gli scavi di ribassi
e rivestimento a conci per sottomurazione. Le operazioni
di ribasso del piano di scavo dei pozzi sono accompagnate
dalla progressiva esecuzione degli interventi al fronte
(micropali, infilaggi, jet grouting ed iniezioni) per il consolidamento
del volume di terreno entro cui si colloca la galleria
naturale. Dove i pali di sostegno laterali interferiscono con
la galleria naturale l’armatura era parzialmente realizzata in
VTR. La funzione dell’armatura in VTR è, ovviamente, quella
di consentire l’infilaggio agevole delle strutture (pali in acciaio)
che costituiscono la struttura esterna dell’arco di tubi.
Consolidamento e impermeabilizzazione
Il contesto urbano e fortemente antropizzato delle opere da
realizzare e la costante presenza di falda praticamente a piano
campagna, hanno suggerito la realizzazione di opere di impermeabilizzazione
a protezione degli scavi e di conseguenza
delle preesistenze in quanto solo mantenendo pressoché
invariato il livello di falda superficiale sarebbe stato possibili
evitare fenomeni di consolidamento degli edifici. In particolare
a partire dalle paratie frontali di attacco lato Mestre e lato
Tessera, per una distanza dipendente dalla profondità di scavo,
è presente un tampone di fondo realizzato in Jet grouting
bifluido f 1500 mm maglia 1200 x 1200 mm per contrastare
le sotto spinte dall’acqua e garantire la stabilità del fondo
scavo nelle fasi di ribasso. Anche nella zona dei pozzi ellittici
è stato previsto un tampone di fondo alla profondità di 26
m e di altezza pari a 5 m mentre in maniera circonferenziale
agli stessi, al fine di migliorare le caratteristiche meccaniche
del terreno spingente e garantire la tenuta idraulica, a partire
dal piano campagna, tutto il volume di terreno a tergo dei pali
è stato oggetto di un trattamento con colonne di jet grouting
monofluido f 800 mm interasse 1200 mm. Durante le fasi di
ribasso all’interno dei pozzi si sono verificate dalle pareti laterali
percolazioni di acqua che sono state singolarmente occluse
attraverso iniezioni cementizie da canne a manchettes
dall’alto a partire dal piano campagna. Le percolazioni sono
fisiologiche in quanto dipendono da molteplici fattori operativi
come verticalità dei pali e delle colonne di jet-grouting,
presenza di vie preferenziali preesistenti, tipologia, composizione
addensamento del terreno ecc. Tutte queste caratteristiche
concorrono alla formazione di possibili fessure tra palo
e palo che è possibile verificare solo ed esclusivamente nella
successiva fase di ribasso. Al fine di aumentare la sicurezza
delle maestranze e di prevenire dannosi fenomeni di filtrazione
con trasporto solido si è deciso di intervenire ulteriormente
ed in maniera organica effettuando a tergo dei pali del pozzo
un trattamento di jet grouting f 1000 mm bifluido tale da inglobare
il palo e la colonna di jet eseguiti precedentemente.
Ancora, in corrispondenza della futura galleria naturale a partire
da Via Gobbi sono stati realizzati tamponi laterali da piano
campagna colonne sub verticali con geometria “a ventaglio” a
consolidamento dell’ammasso di terreno interessato dagli infilaggi
della coronella esterna della galleria naturale ed a protezione
da eventuali vie preferenziali e fenomeni di filtrazione.
Avanzamento degli scavi
La fase di scavo della galleria naturale si svolta quindi all’interno
di una doppia coronella di micropali incastrati nei due
9. Tratto all’aperto tra
palancole e tampone di fondo
10. Rappresentazione 3D
delle impermeabilizzazioni
“a ventaglio”
9
10
14
15
11. Realizzazione dima Fase 1
12. Realizzazione dima Fase 2
13. Completamento dima
Fase 3
14. Fronte di scavo della
galleria naturale con evidenza
delle colonne jet grouting
15. Fronte di scavo della
galleria naturale con evidenza
delle colonne jet grouting
16. Getto del rivestimento definitivo con
impermeabilizzazione compartimentata
lati alle dime all’interno dei pozzi ellittici. Con tale sistema si
è quindi praticamente azzerati i tipici effetti deformativi legati
allo scavo delle gallerie e legati all’avanzamento del fronte di
scavo come la convergenza, la preconvergenza e l’estrusione.
Le fasi di scavo anno previsto un avanzamento a piena sezione,
posa del rivestimento di prima fase costituito da spritz
beton armato con centine metalliche a passo 0.5 m, chiuse in
arco rovescio per conci di 5 m, con immediato getto dell’arco
rovescio e delle murette per contrastare con il peso proprio
possibile sollevamenti dovuti alle sotto spinte idrauliche.
Durante l’avanzamento non si sono verificati fenomeni di filtrazione
ed in generale il ciclo delle lavorazioni si è svolto all’asciutto,
considerando la presenza di un battente idraulico di circa
10 m. Preventivamente alla posa del rivestimento definitivo
armato è stata predisposta l’impermeabilizzazione full around
della sezione tramite elementi compartimentati coadiuvati da
giunti water stop sia lungitudinali che circonferenziali. Il sotto
attraversamento, comprese le tratte in artificiale all’interno
dei pozzi ellittici che sfociano nelle rampe di approccio, ha
una lunghezza complessiva di 75 m e come offerta migliorativa
in fase di gara l’Impresa esecutrice ha offerta la possa di
17. Vista delle
rampe con le opere
di sostegno degli
scavi
18. Rotatoria di
collegamento lato Tessera
profilo ridirettivi con illuminazione di evacuazione a led incorporata
ed illuminazione ordinaria e di rinforzo anch’esse a led.
Le opere di accesso
al sottoattraversamento
L’accesso al sotto attraversamento è stato realizzato con il
collegamento alla viabilità esistente mediante due rotatorie
una lato Mestre ed una lato Tessera e due rampe di approccio,
necessarie per portare la quota progetto ad un valore tale da
portarsi ben al di sotto delle preesistenze di Via Gobbi. L’approfondimento
degli scavi ha determinato la messa in campo
di importati opere di presidio degli scavi sia provvisionali
che definitive che hanno impegnato sia nella fase progettuale
che realizzativa, coadiuvate dall’esecuzione di tamponi di
fondo, a formare “scatole” impermeabili entro cui si svolgevano
le lavorazioni, a questo punto al sicuro da possibili fenomeni
di sollevamento del fondo scavo causati dalle importanti
sotto spinte idrauliche.
Conclusioni
La realizzazione di una galleria naturale in sabbie fini sotto falda
ed in presenza di traffico veicolare, ha richiesto l’adozione
di metodologie operative non comuni a carattere sperimentale
nella pratica delle opere in sotterraneo determinandone
le caratteristiche innovative e speciali in termini tecnologici,
statici e funzionali. La combinazione di diverse tecnologie disponibili
nella pratica tecnica, aggiornate ed adattate nella
fase esecutiva alle variazioni delle condizioni al contorno ha
consentito la realizzazione del sotto attraversamento di Via
Gobbi senza necessità di interrompere la viabilità veicolare
e dei servizi cittadini che scorrevano a meno di 2 metri dagli
infilaggi metallici in avanzamento. nn
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Torino-Lione/1
Francia, scavi
e opere all’aperto
Sara Settembrino
TELT
Tunnel Euralpin Lyon Turin
Le immagini a corredo di questo
articolo sono state fornite da
TELT, che ringraziamo per la collaborazione.
Gli scatti 2, 3, 4, 5
sono di ©Caroline Moreaux.
1. Scatto da drone della
grande tranchée couverte
2. Il tunnel avanza: scavo
in tradizionale a SMLP
Ci sono circa 700 persone e 35 imprese al lavoro per
realizzare la sezione transfrontaliera della Torino-Lione
tra Italia e Francia. I cantieri di una delle più grandi
opere ferroviarie in costruzione in Europa proseguono
regolarmente con l’applicazione delle norme di sicurezza
sanitaria stabilite nei due Paesi per far fronte all’emergenza
coronavirus. Mentre al cantiere di Chiomonte, che diventerà
il principale punto di scavo del tunnel di base in Italia,
sono pronti a partire i lavori per le nicchie di interscambio
dei mezzi di cantiere nella galleria della Maddalena (raccontiamo
questo specifico progetto tecnico nell’articolo successivo),
in Francia a fine settembre sono stati raggiunti i primi
2
za così con cautela utilizzando il martellone idraulico e, dove
possibile, l’esplosivo, e si consolida il fronte con vetroresina
e bulloni autoperforanti. Restano da scavare con questo metodo
circa 500 m dei 1.500 previsti.
“Ciao Federica”, a La Praz
lo smontaggio della TBM
Intanto nel camerone al fondo della discenderia di La Praz
dove a settembre 2019 la TBM Federica aveva sfondato l’ultimo
diaframma del suo percorso di 9 km, lo smontaggio della
fresa è alle fasi finali. Il grande macchinario lungo 135 m,
con un peso di 2.400 ton e una testa del diametro di oltre 11
m, viene smontato in pezzi che in questo modo possono essere
trasportati fuori dalla montagna.
Gallerie
TOCCATO L’IMPORTANTE TRAGUARDO DEI 10 KM DEL TUNNEL DI BASE (9 CON
SCAVO MECCANIZZATO GRAZIE ALLA TBM FEDERICA E 1 IN TRADIZIONALE),
SUL VERSANTE TRANSALPINO DEL GRANDE INTERVENTO FERROVIARIO
EUROPEO ITALO-FRANCESE FERVE L’ATTIVITÀ COSTRUTTIVA. ALCUNI ESEMPI
PARTICOLARMENTE ECLATANTI: IL PORTALE D’INGRESSO DEL TUNNEL, LE DIGHE
SUL FIUME ARC E I LAVORI NELLA PIANA DI SAINT-JEAN-DE-MAURIENNE.
1
10 km della galleria in cui passeranno i treni e proseguono
a pieno ritmo i lavori delle opere all’aperto.
Scavati 10 km
del tunnel di base
A Saint-Martin-La-Porte, dopo che la fresa Federica ha completato
la realizzazione dei primi 9 km del tunnel di base del
Moncenisio, lo scavo con il metodo tradizionale è infatti arrivato
a un chilometro raggiungendo così i primi 10 km del tubo
sud del tunnel della Torino-Lione. Questo tratto della montagna
è particolarmente difficile dal punto di vista geologico:
qui si trova infatti una zona di roccia eterogenea, la formazione
carbonifera denominata “Houiller productif”, composta
da un ammasso frantumato di rocce di vario tipo, che comprende
scisti, argille, e carbone, pessimo dal punto di vista
meccanico, con in più la tendenza a richiudersi sullo scavo.
Per questo già durante lo scavo della discenderia sono state
sviluppate nuove soluzioni costruttive, come speciali tipi
di sostegni per le volte, in grado di reggere a queste pressioni.
Nel tratto più delicato si sta quindi procedendo con metodo
tradizionale scavando su due fronti convergenti. Si avan-
L’ingresso francese
della tranchée couverte
È in piena attività anche il grande cantiere all’aperto per la
realizzazione della tranchée couverte, il portale di ingresso
del tunnel di base sul fronte francese. Entrando o uscendo
dal tunnel della Torino-Lione a Saint-Julien-Montdenis, i treni
passeranno attraverso una galleria di accesso, una “scatola”
di cemento lunga 90 m, alta 11 e larga 20 m costruita a cielo
aperto, sotto l’autostrada A43 e la strada RD1006. TELT ha
suddiviso il lavoro in tre fasi principali per interferire il meno
possibile con il traffico stradale. Durante la prima fase i percorsi
dell’autostrada e della provinciale sono stati temporaneamente
deviati e il terreno è stato scavato alla profondità
desiderata. Una curiosità: durante gli sbancamenti della piattaforma,
necessari per arrivare al piano d’imposta dei micropali,
è riemerso il pozzo geognostico di Saint-Julien-Montdenis,
costruito tra il 1996 e il 1998 da Sotrabas per conto di
Alpetunnel e che era stato ribattezzato “pozzo Chirac” in onore
dell’allora Presidente della Repubblica francese. Si tratta
della prima vera e propria opera geognostica realizzata sul
progetto. Nella seconda fase, da maggio 2020, le squadre di
cantiere hanno lavorato per costruire la prima porzione dello
scatolare: la platea (pavimento), le pareti laterali, e poi la
lastra di copertura della prima parte della tranchée couverte.
Nel mese di novembre l’autostrada sarà completamente
riposizionata nella sua sede originaria e si proseguirà con
l’ultima fase dei lavori che prevede il completamento della
struttura di cemento e, infine, il riposizionamento nella sede
originaria anche della strada provinciale. Il cantiere, partito
a inizio 2019, ha un valore di 34 milioni di euro e dovrebbe
terminare nella seconda metà del 2021.
Le dighe sul fiume Arc
Sull’altra sponda del fiume Arc, nella zona del Plan des
Épines a Villargondran, è attivo il cantiere delle “dighe”,
dove si stanno rinforzando gli argini per proteggere la
piana di Saint-Jean-de-Maurienne dal rischio di inondazioni
e preparando la piattaforma che servirà a ospitare
le future strutture della sezione transfrontaliera e riorganizzare
le reti creando, in particolare, un nuovo impianto
per l’approvvigionamento idrico del comune di Saint-Jean-de-Maurienne.
Il sito accoglierà anche la nuova sottostazione
elettrica per l’alimentazione dei treni, in sostitu-
Gallerie
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3
3. La tecnica è stata
impiegata per lo scavo
di 1 km di galleria, che
si aggiunge ai 9 km
realizzati con procedimenti
meccanizzati
Gallerie
6
zione di quella esistente che è stata demolita per eseguire
i lavori di interconnessione ferroviaria della nuova linea a
Saint-Jean-de-Maurienne. Il terreno sarà sollevato di circa
6 m utilizzando 25.000 ton di materiale di scavo proveniente
dal cantiere di Saint-Martin-La-Porte e da quello
della tranchèe couverte. Il completamento di questi lavori,
del valore di 6,8 milioni di euro, è previsto nella prima
metà del 2021.
I lavori sulla piana
di Saint-Jean-de-Maurienne
Proseguono anche le attività nel bacino di Saint-Jean-de-
Maurienne per accogliere i lavori del polo di interscambio
multimodale provvisorio. Per agevolare i passeggeri
e mantenere operative le stazioni di autobus e treni durante
i lavori, TELT e SNCF Réseau costruiranno un polo
di interscambio multimodale temporaneo. L’obiettivo è
quello di facilitare i collegamenti tra le diverse modalità
di trasporto. Comprenderà un edificio per i passeggeri
con biglietterie e aree di attesa, nuovi accessi ai binari,
una stazione degli autobus, un parcheggio per auto e
biciclette e una stazione dei taxi. Il suo completamento
è previsto per la fine del 2021 e il polo resterà in funzione
fino all’entrata in servizio della stazione definitiva. Per
poter accogliere il cantiere della nuova linea, sono necessarie
alcune operazioni preventive in modo da garantire
la continuità del traffico ferroviario e di quello cittadino.
È in questo contesto che una cinquantina di edifici sono
stati demoliti nel bacino di Saint-Jean-de-Maurienne. Una
nuova sottostazione elettrica è in costruzione nella zona
di Plan des Épines a Villargondran e un nuovo ponte ferroviario
nel quartiere di Moulins des Prés.
4
5
I pozzi di ventilazione
del tunnel di base ad Avrieux
Nella zona di Avrieux si sta allestendo il cantiere per i lavori
di realizzazione dei pozzi di ventilazione del tunnel di base.
L’appalto, del valore di circa 220 milioni di euro, è stato assegnato
a luglio al raggruppamento di imprese composto
da VINCI Construction Grands Projets, Dodin Campenon
4, 5. Smontaggio della
TBM Federica, che ha fatto
pienamente il suo dovere
6. Ancora un’immagine
del portale d’ingresso, lato
Francia, della Torino-Lione
Bernard, VINCI Construction France, Webuild e Bergteamet
e prevede l’impiego di circa 250 persone. Il contratto
prevede la costruzione di 4 tunnel verticali paralleli scavati
ad Avrieux. Questi pozzi da realizzare a 1.300 m di quota,
sono significativi perchè devono raggiungere l’area sotterranea
di Modane della nuova linea, 500 m più sotto, di cui
contribuiranno alla ventilazione e alla sicurezza. Si tratta di
quattro pozzi paralleli con un diametro di 5,2 m che saranno
scavati dalle frese modello Raise Boring Machine, una
tecnologia sviluppata nell’industria mineraria proprio per lo
scavo meccanizzato di pozzi verticali e di piccolo diametro.
Una soluzione efficiente che tutela al massimo la sicurezza
dei lavoratori rispetto ai metodi di perforazione tradizionali
e consente di avere un impatto minore sul territorio, grazie
alla dimensione limitata delle opere.
Infatti in superficie l’impatto del cantiere è limitato, perchè si
tratta solo di una struttura di perforazione alta e larga quanto
basta per gestire un’asta di piccolo diametro. La prima
fase dello scavo consiste nel creare un foro pilota dall’alto,
con un’asta di 300 mm di diametro, fino a raggiungere il livello
della sottostazione di Modane. Qui la piccola testa di
perforazione viene sostituita da un disco fresante del diametro
del pozzo da scavare, agganciata all’asta del foro pilota
che diventa asta di manovra, che gestisce la fresa facendola
ruotare e tirandola verso l’alto.
Il materiale di scavo, che cade per gravità alla base del pozzo,
sarà trasportato all’esterno attraverso la discenderia esistente.
Saranno realizzate inoltre altre opere accessorie, necessarie
per il buon funzionamento dei pozzi, compreso lo scavo
di sette caverne alte fino a 22 m e larghe 23 m che saranno
utilizzate anche per il montaggio delle frese che scaveranno
il tunnel di base verso l’Italia.
Chiomonte, nicchie al via
e cantiere allargato
Il cantiere di Chiomonte è pronto per la realizzazione delle
nicchie di interscambio dei mezzi all’interno del tunnel
geognostico della Maddalena. Ad agosto l’area del cantiere
è stata ampliata di circa un ettaro, con l’installazione
di recinzioni e di un ponte di 20 m che collega le due
rive del torrente Clarea per consentire il passaggio dei
mezzi di lavoro. Intanto le imprese, che hanno completato
il progetto esecutivo delle nicchie prima dell’estate
e attendono il via libera del ministero per partire, hanno
avviato i contatti sul territorio per trovare una ventina di
alloggi agli operai provenienti da più lontano che saranno
impegnati nel cantiere. Il cunicolo della Maddalena,
nato con finalità geognostiche, resterà poi come passaggio
di servizio e ventilazione per il tunnel di base. Un ultimo
aggiornamento: a inizio novembre sono stati acquisiti
altri 2 ettari di terreni funzionali anche al nuovo svincolo
autostradale di Chiomonte che sarà realizzato sull’A32 al
servizio del cantiere.
Le gare in corso
Parallelamente ai lavori il promotore binazionale TELT ha
in corso le procedure di gara relative allo scavo del tunnel
di base, per un valore di oltre 3 miliardi di euro. Per i
tre lotti in Francia (valore 2,3 miliardi di euro), le imprese
hanno presentato le offerte economiche e l’attribuzione
è prevista per fine anno. Per il lotto italiano (valore 1
miliardo di euro), le procedure proseguono e l’assegnazione
è prevista nel 2021. Ad oggi sono già stati spesi e impegnati
per l’opera circa 3,2 miliardi di euro e appaltato il
21% dei lavori. nn
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Torino-Lione/2
1
2. Le opere: sezione del piano
viabile e rappresentazione
dell’arco rovescio
Gallerie
Italia, focus
sulle nicchie
Piergiuseppe Gilli
Pietro Elia
Cristina La Rosa
Alessandro Ferrando
TELT
Tunnel Euralpin Lyon Turin
IL TEAM TECNICO DI TELT CI PORTA ALLA SCOPERTA DELL’INTERVENTO
RIGUARDANTE LE NICCHIE DI INTERSCAMBIO E LA SISTEMAZIONE INTERNA DELLA
GALLERIA MADDALENA, LE PRIME OPERE A PARTIRE SUL VERSANTE ITALIANO
DELLA SEZIONE TRANSFRONTALIERA DELLA TORINO-LIONE. IN REALIZZAZIONE
22 NICCHIE DALLA DUPLICE FUNZIONE: ATTREZZAGGIO IMPIANTISTICO IN FASE DI
ESERCIZIO E TOMBAMENTO DI EVENTUALI PIETRE VERDI.
Le opere di sistemazione interna della galleria “La Maddalena”
e “Le Nicchie di interscambio” rappresentano
le prime opere necessarie per i lavori del tunnel di
base della nuova linea ferroviaria Torino-Lione, nonché una
delle prime opere propedeutiche per i futuri lavori riguardanti
l’infrastruttura. Le opere verranno eseguite a partire
dall’attuale Cantiere delle Maddalena, sito in Chiomonte,
facente parte della città metropolitana di Torino, Piemonte
(Italia), e interesseranno il cunicolo della Maddalena, scavato
con TBM a scopo esplorativo e utilizzato come tunnel
di servizio in fase di esercizio a supporto del Tunnel di Base
(57,2 km da Susa a S. J. Maurienne). Il progetto riguarda
la sistemazione del cunicolo esplorativo e lo scavo di 22
nicchie distribuite lungo i 7 km del tracciato sotterraneo.
La sistemazione interna prevede la formazione di una pista
carrabile necessaria all’esecuzione sia dei lavori oggetto
dell’intervento, sia dei futuri cantieri. Le 22 Nicchie avranno
un duplice scopo: le prime 8, di dimensioni variabili dai 30
ai 65 m, saranno utilizzate per l’attrezzaggio impiantistico
in fase di esercizio; 14, invece, potranno servire a tombare
eventuali pietre verdi in caso di ritrovamento durante lo
scavo del Tunnel di Base.
1. Schematizzazione della
galleria di base della Torino-
Lione sotto il Moncenisio
3. Sezione complessiva della
Galleria della Maddalena
2
Gli attori dell’intervento
Committente: TELT Tunnel Euralpin Lyon Turin
Partner
WeBuild, CSC Co, Vinci
nel Consorzio: Construction France Lyon,
Dodin Campenon Bernard
Esecuzione: CSC Costruzioni SA (WeBuild Group)
Progettisti: Rocksoil SpA, Nexteco
Direzione Lavori: Pini Swiss Engineering, VDP Srl
3
Fasi di lavoro
L’organizzazione logistica del cantiere sotterraneo rappresenta
l’aspetto fondamentale del progetto, in quanto, oltre
alla specificità delle opere da realizzare, è stato necessario
tener conto delle criticità proprie dell’ambiente sotterraneo
quali: la limitata geometria, che non rende possibile
l’incrocio dei mezzi (diametro galleria 6,30 m); la presenza
costante di un flusso d’acqua considerevole e quindi il necessario
mantenimento in servizio delle tubazioni di evacuazione
delle acque di falda; la necessità di riutilizzo del
materiale prodotto dagli scavi per la realizzazione del riempimento
in arco rovescio. A questo si aggiunge la necessità
di garantire costantemente le normali condizioni di sicurezza
durante le attività lavorative.
Alla luce di quanto sopra esposto, si è reso necessario sviluppare
un piano di lavoro ciclico delle lavorazioni suddiviso in 5
step da 1.500 m per tutto lo sviluppo della galleria (7.000 m
complessivi). Per ogni STEP sono state previste le seguenti
macro-fasi:
1. Spostamento tubazioni a paramento in arco rovescio e messa
in opera del tubo di drenaggio;
2. Realizzazione del riempimento in arco rovescio con il materiale
ricavato dallo scavo delle nicchie;
3. Getto della soletta in calcestruzzo;
4. Scavo delle nicchie;
5. Ripetizione delle fasi 1, 2, 3 e 4 fino al completamento di
ogni tratta da 1.500 m.
Descrizione delle opere
Il progetto prevede la realizzazione delle opere descritte nei
passaggi seguenti.
Piano viabile. Il piano viabile è composto da misto gra-
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nulare 30/50 ottenuto dalla frantumazione del materiale
proveniente dalle nicchie (eccetto per il primo campo
di 1.500 m in cui è previsto un approvvigionamento
esterno) e dalla platea di calcestruzzo con spessore 20
cm. All’interno dell’arco rovescio verranno posizionate le
tubazioni per l’evacuazione delle acque e cavi di media
tensione smontati dal paramento destro. Il piano si svilupperà
per tutta la lunghezza della galleria fino alla pk
7+020 con una pendenza verso il paramento sinistro di
circa 2,5% per raccogliere le acque di galleria lungo una
canaletta che convoglia nel tubo di drenaggio mediante
appositi collegamenti realizzati ogni 150 m, in corrispondenza
dei pozzetti di ispezione.
Rivestimento di prima fase. Il rivestimento di prima fase
sarà costitutito da 15 cm di spritz beton fibrorinforzato o
armato con rete elettrosaldata.
Nicchie. Le nicchie verranno scavate mediante metodo
tradizionale con utilizzo d’esplosivo.
Le lavorazioni prevedono un allargo dell’attuale sezione
mediante la demolizione dei sostegni esistenti in galleria.
Lo scavo avverrà con un primo attacco laterale a
paramento, effettuando 3 volate per sfondi di circa 2 m,
in maniera da creare un settore di nicchia di dimensione
necessaria al posizionamento del jumbo e poter così
proseguire lo scavo in direzione longitudinale al cunicolo.
A seguito di ciascuna volata si procederà alla messa
in sicurezza delle pareti e dei fronti esposti mediante
posa in opera di spritz beton fibrorinforzato di spessore
5 cm e bullonatura radiale tipo Swellex. Dopo questa
operazione, si provvederà al completamento del prerivestimento
con posa in opera di un ulteriore strato di
spritz beton fibrorinforzato o armato per uno spessore
complessivo di 20 cm.
In coerenza con le condizioni geologiche, accuratamente
investigate nel corso dello scavo del cunicolo, sono
state individuate 5 sezioni di scavo, applicate in funzione
del GSI.
Geologia e ambiente
Le nicchie saranno realizzate prevalentemente all’interno
del basamento cristallino del Massiccio d’Ambin. Nel
dettaglio le nicchie intercetteranno i seguenti complessi
litogenetici:
• Da NS1 a NS5: gneiss aplitici, di colore da grigio scuro
a grigio chiaro, fino a verde chiaro per presenza di clorite
del Complesso di Ambin;
• Da NS6 in poi, micascisti grigio scuri, i micascisti quarzosi
e gli gneiss minuti (a glaucofane più o meno albitizzati)
del Complesso di Clarea.
Durante le lavorazioni verrà predisposto un sistema di
monitoraggio geotecnico finalizzato al controllo del comportamento
tenso-deformativo delle strutture e dell’ammasso
nelle aree interessate dai lavori. Analogamente,
per la parte riguardante l’eco-sostenibilità è stato predisposto
un piano di gestione ambientale finalizzato a monitorare
le componenti ambientali a salvaguardia della salute
dei lavoratori e conoscere l’origine di possibili/eventuali
criticità ambientali generate dalle attività di cantiere. nn
4
4, 5. Sezione e pianta di una nicchia-tipo
5
6. Sezione geologica
6
SOTTOSUOLO
PER VOCAZIONE
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Cipa Italia Danimarca Algeria Egitto Francia Romania
www.cipaspa.it | info@cipaspa.it

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Sottoattraversamento Isarco
Tutti i particolari
del congelamento
OTTOBRE 2020, SI SCAVA SOTTO L’ISARCO. NEL CUORE DI UNO
DEGLI INTERVENTI TOP D’EUROPA: LA GALLERIA DI BASE
DEL BRENNERO. UN CONTRIBUTO DECISIVO AL MOMENTO CLOU
È ARRIVATO DALL’ADOZIONE DEL CONGELAMENTO DEL TERRENO
CON AZOTO E SALAMOIA. I DETTAGLI IN QUESTO ARTICOLO
ESCLUSIVO FIRMATO DAGLI SPECIALISTI DEL COMMITTENTE BBT,
DELL’APPALTATORE ATI WEBUILD E DELLA DIREZIONI LAVORI.
Il trattamento dei terreni, ai fini di migliorarne le caratteristiche
di resistenza e rigidezza e ridurne la permeabilità,
può essere realizzato con una grande varietà
di tecniche. In questo articolo viene trattato il caso
di scavo del lotto di costruzione “Sottoattraversamento
del fiume Isarco” della Galleria di Base del Brennero, ponendo
particolare attenzione all’adozione della tecnologia
del congelamento artificiale del terreno come tecnica di
consolidamento.
Il progetto
Il lotto “Sottoattraversamento del fiume Isarco” costituisce la
parte estrema meridionale della Galleria di Base del Brennero
prima dell’accesso nella stazione di Fortezza, ed è ubicato
ca. 1 km a nord dell’abitato di Fortezza, in località Prà di Sopra,
Provincia di Bolzano, a una quota di circa 770 m slm. Le
opere progettate, pertanto, costituiscono un “lotto costruttivo
non funzionale” facente parte del progetto complessivo
della Galleria di Base del Brennero. L’intervento è stato progettato
ed è in corso di realizzazione da parte dell’ATI Webuild
SPA, Strabag AG, Strabag SPA, Collini Lavori SPA, Consorzio
Integra. L’area di progetto (fig. 1), ricade nello stretto
fondovalle (larghezza di ca. 300 m), racchiuso da ripide pareti
rocciose; in mezzo si snoda il fiume Isarco con un andamento
sinuoso. Il fondovalle, pianeggiante e con una pendenza
media longitudinale di ca. 1,3°, mostra un’impronta antropica
con importanti infrastrutture su ambo i lati del fiume: in
sinistra idrografica si trovano l’autostrada A22 del Brennero
e la strada statale SS 12, in destra la linea ferroviaria stori-
Alessandro Marottoli
Vittorio Manassero
Roberta Marrazzo
BBT SE
Galleria di Base del Brennero
Brennerbasistunnel
Antonio Celot
Simone Centis
Andrea Fossati
Webuild SpA
Armando Vanin
Pini Swiss Engineers
Andrea Pettinaroli
Studio Ing. Andrea Pettinaroli Srl
1
1. Vista generale del lotto
“Sottoattraversamento
Isarco”
2. Particolare della
planimetria del
sottoattraversamento Isarco
3. Vista dei pozzi PO-BPN
e PO-BDN
2
3
ca del Brennero su rilevato di alcuni metri, oppure incisa nel
conoide. Gli scavi in sotterraneo sono realizzati interamente
con tecnica tradizionale, con diverse metodologie di avanzamento;
fulcro dell’intervento è sicuramente il sottoattraversamento
del fiume, tramite 4 gallerie naturali realizzate con
scavo a piena sezione, previa esecuzione di interventi di consolidamento
in abbinamento all’adozione della tecnologia di
congelamento dei terreni, atta a garantire la tenuta idraulica
del cavo in fase di scavo, evitando pertanto lo spostamento
temporaneo del fiume Isarco.
Congelare per consolidare
Il metodo costruttivo del congelamento artificiale dei terreni
è una tecnica contemporanea di impermeabilizzazione e/o
consolidamento per lo scavo sottofalda di terreni sciolti o rocce
fratturate. Consiste nel congelare l’acqua contenuta all’interno
di un volume di terreno, facendo circolare attraverso di
esso un fluido a bassa temperatura, che provvede all’estrazione
del calore e alla dissipazione dello stesso all’esterno.
Si tratta di una tecnica sicura ed eco-compatibile, in quanto
nessun tipo di prodotto viene iniettato o disperso nel terreno:
l’acqua già presente nel terreno, infatti, viene fatta congelare
utilizzando fluidi refrigeranti che non vengono mai in
contatto con il terreno stesso o con l’acqua, escludendo pertanto
possibili fenomeni di contaminazione o di inquinamento
delle falde idriche, e alla fine della fase di congelamento il terreno
riacquista le sue caratteristiche chimico-fisiche originali.
La tecnologia
Il raffreddamento del terreno, ottenuto facendo circolare
all’interno di esso un fluido a bassissima temperatura,
avviene attraverso speciali scambiatori di calore (sonde
congelatrici). Il congelamento modifica sia le caratteristiche
idrauliche del terreno, rendendolo impermeabile, sia
le sue caratteristiche meccaniche, migliorandole significativamente.
Infatti, le resistenze a compressione di un
terreno congelato aumentano in funzione dell’abbassamento
della temperatura e delle sue caratteristiche granulometriche
naturali. I valori di temperatura del terreno
generalmente utilizzati in fase di progettazione variano
da -5°C a -20°C, cui corrispondono valori di resistenza
variabili da 3 a 20 MPa, fortemente influenzati, oltreché
dalla temperature di congelamento, dal tipo di terreno
da congelare (la resistenza del terreno congelato cresce
proporzionalmente con l’aumentare della dimensione dei
grani). Un progetto di congelamento del terreno prevede
due fasi distinte:
1. Fase di congelamento, durante la quale, sottraendo calore
al terreno, si ottiene la formazione di una porzione di terreno
congelato, con caratteristiche geometriche e temperature
previste dal progetto;
2. Fase di mantenimento, durante la quale si estrae dal terreno
una quantità di calorie sufficienti a mantenere le dimensioni
geometriche del terreno congelato nella fase precedente,
senza aumentarne le dimensioni, ma mantenendo inalterate
le caratteristiche raggiunte durante la fase di congelamento.
In riferimento alla tipologia del fluido refrigerante impiegato
per il congelamento dei terreni, si identificano due metodologie
esecutive, a volte utilizzate in modo combinato:
• Congelamento ad azoto liquido (denominato anche a ciclo
aperto o diretto)
L’azoto liquido compresso (e ad una temperatura di -196°C),
quale fluido frigorifero, viene fatto circolare all’interno delle
sonde congelatrici e disperso direttamente in atmosfera
allo stato gassoso;
• Congelamento a salamoia (denominato anche a ciclo chiuso
o indiretto)
Una soluzione acquosa di cloruro di calcio con punto di congelamento
compreso tra -40 C° e -50°C (salamoia), viene
fatta circolare, mediante pompe di invio, da un impianto frigorifero
industriale all’interno delle sonde congelatrici ad una
temperatura normalmente compresa tra -30°C e -35°C; in
questo modo la salamoia sottrae calore al terreno riscaldandosi,
ritorna all’impianto frigorifero dove viene raffreddata ed
ancora una volta inviata alle sonde congelatrici (ciclo frigorifero
a doppio scambio).
I criteri di scelta tra le due metodologie di congelamento
sono legati a variabili di natura tecnica ed economica e soprattutto
a una valutazione dei tempi realizzativi dell’opera;
per tale motivo, molto spesso le due tecniche vengono utilizzate
in modo combinato, distinguendo una fase di rapido
congelamento ad azoto liquido da una fase più lunga di mantenimento
a salamoia; si parla in questo caso di sistema di
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Gallerie
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congelamento di tipo misto. Tale sistema può garantire inoltre
una maggiore sicurezza in caso di eventuali problematiche
in fase di esecuzione.
La tecnica sotto l’Isarco
Il Progetto Esecutivo per il sottoattraversamento del fiume Isarco
prevede il consolidamento dei terreni all’intorno delle quattro
gallerie che collegano quattro pozzi posti ai lati del fiume (figg.
2 e 3), con la tecnica del congelamento e, precisamente, adottando
il “metodo misto”. La scelta si è resa necessaria per un’ottimizzazione
dei tempi esecutivi, minimizzando i tempi di congelamento
con l’utilizzo del ciclo diretto ad azoto, ed eseguendo
una successiva fase di mantenimento delle temperature, con
l’utilizzo di un impianto a salamoia, durante tutte le fasi di scavo,
impermeabilizzazione e rivestimento definitivo delle gallerie.
Questa scelta ha comportato quindi la necessità di prevedere
due impianti di cantiere, distinti e adiacenti, evidentemente
complementari, per la gestione delle due fasi distinte del congelamento
dei terreni. Il passaggio dalla fase di congelamento
alla fase di mantenimento è effettuato, una volta raggiunte le
temperature obiettivo, sostituendo solamente la mandata delle
“testine” di adduzione di ogni sonda frigorifera e consentendo
quindi la possibilità di passare velocemente dal sistema a ciclo
aperto ad un sistema a ciclo chiuso.
Impianto frigorifero ad azoto
L’impianto frigorifero di stoccaggio dell’azoto liquido è costituito
da n. 4 serbatoi a doppia parete, con capacità di stoccaggio
di 50.000 litri/cadauno, collegati in serie, quindi con una
capacità di stoccaggio complessiva di 200.000 litri. I 4 serbatoi
sono stati installati poco lontano dai pozzi da cui si dipartono
gli interventi di congelamento propedeutici allo scavo
dei 4 tunnel e sono visibili in fig. 4. Durante la fase di congelamento
si è resa necessaria una fornitura giornaliera dell’ordine
di 400.000 litri di azoto liquido, con forniture a mezzo
di autoarticolati con cadenza media di 1 ogni ora e mezza.
La fase di congelamento, per ogni galleria, lunga circa 52 m
ciascuna e avente sezione di circa 80 m 2 , è condotta operando
contemporaneamente dai due fronti contrapposti, con sovrapposizione
al centro, realizzando un consolidamento impermeabilizzante
per tutta la lunghezza della galleria stessa.
La fig. 5 è relativa al Pozzo Binario Pari lato Nord (PO-BPN),
in corrispondenza dell’imbocco della Galleria Naturale Interconnessione
Pari (GN-IPI). Sono visibili i tre camini di sfiato,
che raccolgono gli scarichi delle sonde congelatrici, per la restituzione
in atmosfera dell’azoto gassificato.
Impianto frigorifero a salamoia
L’impianto a salamoia, visibile in fig. 6, è costituito da tre
gruppi frigoriferi che hanno una potenza installata di 240 kW
cadauno, per una potenza totale disponibile di 720 kW. Durante
la fase di mantenimento del congelamento sono utilizzati
solo due dei tre gruppi frigoriferi installati, per consentire
la manutenzione a rotazione delle tre attrezzature.
Requisiti progettuali
Per il congelamento di tutte e quattro le gallerie di sottoattraversamento
del fiume Isarco, il Progetto Esecutivo preve-
4
5
6
4. Impianto frigorifero di
stoccaggio dell’azoto liquido
5. Vista della GN-IPI
da Pozzo PO-BPN durante
il congelamento ad azoto
6. Impianto a frigorifero
a salamoia
7
7. Sezioni trasversali
della GN-IPI in corrispondenza
dell’attacco dai due pozzi
BPS e BPN
8. Esempio di grafico delle
temperature in funzione della
distanza dal fronte di attacco
nel pozzo PO-BPN: sonda
termometrica K08
9. Esempio di grafico delle
temperature in funzione del
tempo: sonda termometrica
K08 da PO-BPN
de il raggiungimento dei seguenti requisiti:
• Spessore del guscio di ghiaccio: è richiesto che lo spessore
del guscio congelato sia pari a 1.00 m a temperature inferiori
a -10°C (ovvero tra le due isoterme -10°C);
• Impermeabilità: prima di procedere allo scavo è prevista
l’apertura dei dreni realizzati all’interno del nucleo di scavo
per consentire lo svuotamento del nucleo stesso e verificare
l’efficacia dell’intervento di congelamento, riscontrando l’esaurimento
delle venute d’acqua.
Per il primo requisito sono state definite le temperature obiettivo
per ciascun sensore di temperatura in funzione della distanza
reale dalle sonde congelatrici. Per il secondo sono
state eseguite tre prove di portata dai tre dreni realizzati sul
fronte della galleria.
8
9
GN-IPI: galleria naturale
di interconnessione pari
Il Progetto Esecutivo prevede la realizzazione di perforazioni
per gli interventi di pre-consolidamento (e di riduzione delle
permeabilità naturali) preventivo al congelamento, per
la posa di sonde congelatrici e per la posa delle sonde termometriche
necessarie al controllo dell’efficacia del congelamento,
disposte ad intervalli regolari lungo il perimetro del
guscio di ghiaccio da realizzare. Durante l’esecuzione delle
sonde congelatrici e termometriche sono state misurate
le deviazioni dei fori tramite delle strumentazioni amagnetiche;
sulla base di tali risultati, oltre ad aver definito alcune
sonde congelatrici integrative, sono state definite le posizioni
delle catene termometriche che sono state ritenute
più opportune. In fig. 7 si riportano due sezioni trasversali,
una per ciascun portale, in cui sono riportate le posizioni
reali delle sonde congelatrici (V) e quelle delle sonde termometriche
(K) utilizzate. In dettaglio, sono state attivate
per ciascun portale 17 catene termometriche esterne e 3/4
interne. Le catene termometriche esterne sono state realizzate
con la tecnologia a fibra ottica che consente un elevato
numero di punti di misura, teoricamente con misure
in continuo. Per semplificare la gestione dei dati, le temperature
vengono misurate ogni 0,25 m a intervalli di tempo
predefiniti. Le catene termometriche interne, invece, sono
state attrezzate con le tradizionali termocoppie disposte
ogni 3.00 m.
Fase di congelamento
con azoto liquido
Il giorno 1/9/2020 è stata avviata la fase di congelamento
del terreno, preceduta dal flussaggio delle lance congelatrici
per eliminare eventuali residui di umidità, con l’attivazione
della circolazione dell’azoto all’interno dei circuiti di distribuzione
e in tutte le sonde frigorifere degli imbocchi della
galleria GN-IPI di Pozzo PO-BPN e di Pozzo PO-BPS. La fase
di congelamento con azoto è stata mantenuta fino al giorno
8/9/2020 per l’imbocco Sud e fino al giorno 9/9/2020 per
l’imbocco Nord. Durante tale fase, sono state osservate e registrate
le temperature di tutte le 41 catene termometriche
installate, confrontando puntualmente i valori misurati con
quelli obiettivo determinati mediante una analisi termica preliminare
condotta tenendo conto delle condizioni geometriche
e geotecniche dell’intervento stesso.
Fase di completamento
del congelamento con salamoia
Dopo circa 24 ore dalla sospensione della circolazione di
azoto, servite per effettuare le necessarie conversioni in corrispondenza
delle lance congelatrici dal circuito di distribuzione
dell’azoto al circuito di distribuzione della salamoia, è
stata attivata la circolazione della salamoia stessa all’interno
dei circuiti di raffreddamento. Non essendo state raggiunte
le temperature obiettivo su tutti i sensori durante la fase
di congelamento ad azoto, il raggiungimento dei requisiti
di temperatura di progetto è stato perseguito per il tramite
di una ulteriore fase di congelamento mediante salamoia.
Il passaggio a salamoia è iniziato il giorno 9/9/2020 per
Gallerie
Gallerie
11/2020 leStrade
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63 LS
l’imbocco di pozzo Sud e il giorno 10/9/2020 per l’imbocco
di pozzo Nord. Le sonde termometriche hanno evidenziato,
durante il passaggio dalla fase di circolazione di azoto alla
fase di circolazione della salamoia, un innalzamento delle
temperature rilevate nei punti più all’interno del guscio di
terreno congelato, ed una successiva stabilizzazione di tutti
i sensori su livelli di temperature congruenti con la circolazione
della salamoia.
Analisi delle temperature
Sono riportati nelle figg. 8 e 9 (pag. precedente), a titolo di
esempio, due grafici che si riferiscono alla sonda termometrica
K08 dal portale Nord. Il grafico in fig. 8 rappresenta l’andamento
delle temperature rilevate lungo l’intero sviluppo
della sonda termometrica, in funzione della profondità della
sonda rispetto al fronte di attacco nel pozzo. In particolare, è
riportato l’andamento delle temperature prima dell’avvio del
congelamento (31/8/2020), al termine della fase di congelamento
ad azoto (9/9/2020), al termine della fase di completamento
a salamoia (5/10/2020) e a tre scadenze intermedie
della fase di completamento, in modo da apprezzarne l’evoluzione
nel tempo; è inoltre rappresentata la curva delle temperature
target relative alla fase a salamoia definite dal Progettista.
Il grafico in fig. 9, invece, rappresenta l’andamento
delle temperature, rilevate lungo la stessa sonda termometrica,
in funzione del tempo, dall’inizio della fase di congelamento
ad azoto liquido fino al termine della fase di completamento
del congelamento a salamoia: sono rappresentate,
per maggiore chiarezza, solo le curve relative ai sensori disposti
alle progressive multiple di 3 m (mentre, come già evidenziato,
le temperature sono state rilevate ogni 25 cm lungo
l’intero sviluppo della sonda termometrica); nel grafico
è evidenziata anche la data di conversione da azoto a salamoia.
Si può riscontrare come tale sonda termometrica evidenzi
il raggiungimento della temperatura obbiettivo definita
per il raggiungimento del requisito progettuale di spessore
del guscio congelato.
Osservazioni sul completamento
del congelamento
In considerazione di un quadro globale di temperature rilevate
soddisfacente, si è deciso, in accordo con il Progetto Esecutivo,
di eseguire la verifica delle portate residue all’interno
del guscio congelato, avvalendosi dei dreni DR1, DR2 e DR3
presenti sul fronte Nord della GN-IPI (cfr. fig. 7), mantenuti
chiusi durante tutte le fasi di congelamento. La verifica delle
portate residue contenute nel volume di terreno all’interno
del guscio di ghiaccio è una prova dirimente per la valutazione
dell’efficacia della fase di congelamento. Infatti, l’osservazione
di una portata residua nulla o pressoché nulla dimostra
l’ottenimento di un guscio di ghiaccio continuo, quindi
impermeabile, caratteristica d’elezione di questa tipologia di
consolidamento temporaneo.
Verifica portata dreni
Il giorno 15/9/2020 è stata condotta una verifica di portata
dei dreni posizionati sul fronte Nord della GN-IPI, aprendo
le saracinesche degli stessi e rilevando le portate con letture
orarie durante le prime 12 ore e con letture ogni due ore
nelle successive 12 ore. Le portate residue si sono stabilizzate
dopo circa 10/14 ore su valori non soddisfacenti (circa
a 0,7 litri/secondo); contestualmente si è osservato un innalzamento
delle temperature in alcuni sensori termometrici.
Si è proseguito, pertanto, con il congelamento. Il giorno
25/9/2020, dopo ulteriori nove giorni di congelamento con
circolazione di salamoia, durante i quali è stata osservata
la stabilizzazione delle temperature dei termometri su valori
compatibili con i valori di target previsti, è stata effettuata
una seconda verifica della portata residua. La rappresentazio-
10
11
10. Verifica della portata
residua dai dreni DR1 e DR2
al 25/9/2020
11. Grafico delle temperature
in funzione della distanza
dal fronte di attacco nel
pozzo PO-BPN a seguito
della verifica di portata dei
dreni del 25/09/2020: sonda
termometrica K25
12. Grafico delle temperature
in funzione della distanza
dal fronte di attacco
nel pozzo PO-BPN a seguito
della conversione temporanea
ad azoto: sonda
termometrica K25
13. Grafico delle temperature
in funzione del tempo
a seguito della riconversione
a salamoia delle tre
sonde frigorifere: sonda
termometrica K25 da PO-BPN
14. Verifica della portata
residua dai dreni DR1 e DR2 al
4/10/2020
12
13
ne grafica della prova è contenuta nei grafici di fig. 10, dove
risulta evidente l’andamento asintotico della curva di portata
verso i valori finali rilevati. Tuttavia la presenza di una portata
residua e la contemporanea osservazione di fenomeni
di “riscaldamento” della sonda termometrica K25 Nord, sintomo
di perturbazione idraulica in adiacenza ai punti di rilevamento
della temperatura, sono state ancora ritenute non
soddisfacenti. Il fenomeno registrato è ben visibile nel grafico
di fig. 11, dove si osserva la formazione di un “ginocchio”
della curva, proprio in corrispondenza della profondità di 12
m. Per i motivi descritti, nella giornata del 26/9/2020 è stata
disposta la chiusura dei dreni per stabilizzare la circolazione
idraulica e favorire il “raffreddamento” della zona interessata
dall’innalzamento delle temperature.
14
Conversione temporanea ad azoto
delle sonde congelatrici V36, V37, V37 bis
Il giorno 29/9/2020, per accelerare drasticamente la fase
di raffreddamento nella zona interessata dalla perturbazione
idraulica, si è deciso di effettuare la conversione ad
azoto delle sonde congelatrici in adiacenza a K25, precisamente
V36, V37 e V37 bis (cfr. fig. 7). La circolazione
di azoto è stata mantenuta fino alle ore 10.30 di giovedì
1 ottobre e gli effetti di tale operazione sono stati prontamente
rilevati dal sistema di monitoraggio delle temperature.
Nel grafico di fig. 12 sono chiaramente osservabili
gli effetti della conversione, la quale ha indotto una rapida
caduta delle temperature rilevate da K25 lungo tutta
la sua lunghezza, con un sicuro beneficio sul guscio di
terreno congelato. Verificata quindi l’efficacia dell’intervento
con azoto, si è proceduto nelle ore successive alla
riconversione delle sonde V36, V37 e V37 bis con circolazione
a salamoia, in attesa di una successiva stabilizzazione
delle temperature. La fase di riconversione a salamoia
delle tre sonde frigorifere è apprezzabile nel grafico
aggiornato al 6/10/2020 (fig. 13), relativo all’evoluzione
nel tempo delle temperature registrate lungo la sonda
termometrica K25.
Ulteriore verifica portata dreni
Il giorno 4/10/2020, alla luce dei parametri termometrici
rilevati dopo l’intervento localizzato con azoto, è stata
eseguita una terza prova di verifica sui drenaggi DR1
e DR2, per valutare le portate residue all’interno del guscio
di terreno congelato che avvolge la sezione di scavo
della galleria GN-IPI. I risultati della prova, condotta
in 24 ore, sono riportati nei grafici di fig. 14. Dopo 24 ore
di prova, il dreno DR1 si è stabilizzato su una portata di
0,1 lt/sec, mentre il dreno DR2, già dopo 3 ore, manifestava
una portata nulla.
Nel contempo le temperature del termometro K25, non
hanno evidenziato alcun fenomeno di riscaldamento ,
confermando quindi l’assenza di circolazione idraulica
(cfr. fig. 13).
I risultati della prova, quindi, sono stati considerati soddisfacenti
ed in linea con i valori attesi, propedeutici alla
successiva fase di scavo della galleria.
Gallerie
Gallerie
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11/2020

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15. Grafico delle temperature
in funzione della distanza
dal fronte di attacco nel
pozzo PO-BPN aggiornato ai
primi giorni di scavo: sonda
termometrica K28
17
16. Grafico delle temperature
in funzione della distanza
dal fronte di attacco nel
pozzo PO-BPN aggiornato
al 19.10.2020: sonda
termometrica K28
Si inizia a scavare sotto l’Isarco
Il giorno 5/10/2020 è iniziata la demolizione della dima di
regolarizzazione e della struttura del pozzo all’imbocco Nord
della galleria GN-IPI. Demolite le suddette strutture ed il tratto
di terreno consolidato intorno al pozzo, si è entrati nella
zona di terreno naturale sotto il fiume Isarco. Le operazioni
di scavo della galleria hanno, come naturale attendersi, influenzato,
alzandole, le temperature su alcune catene termometriche
nei primi metri, anche se disposte all’esterno del
guscio congelato. Si veda ad esempio K28 nel grafico T-Z riportato
in fig. 15. Tale aspetto è maggiormente evidente dalla
seguente analisi: sul lato Nord, per diverse sonde termometriche,
dal grafico T-Z si legge l’avanzamento dello scavo,
con un aumento delle temperature, lungo le catene termometriche,
che procede di pari passo con la progressione del
fronte di scavo. Lo scavo, asportando terreno e realizzando
così un vuoto interno che disperde energia termica, provoca
un innalzamento delle temperature di qualche grado anche
nei sensori esterni. A titolo di esempio, si riporta il grafico
relativo alla K8 (fig. 16) da cui si evince l’avanzamento
dello scavo. Si riporta, inoltre, una foto del fronte di scavo al
giorno 27/10/2020 (fig. 17); il congelamento al contorno del
cavo è ben visibile, e occupa anche parte del fronte di scavo,
grazie al quale quest’ultimo risulta stabile e asciutto. La
presenza di terreno congelato all’interno del profilo di scavo,
è un “effetto collaterale” dei requisiti progettuali (spessore
del guscio congelato > 1.00 m a temperature inferiori a
-10°C) e del naturale propagarsi del raffreddamento verso il
nucleo della galleria, più protetto rispetto al lembo esterno,
interessato dal movimento della falda. Lo scavo della galleria
di interconnessione sotto il fiume Isarco è stato completato
il 6/11/2020 (fig. 18) senza particolari ripercussioni sulle
sonde e di conseguenza sul regolare flusso della salamoia.
16
mento nella sua sede naturale. Infine si coglie l’occasione per
ringraziare tutti i tecnici, le maestranze ed operatori economici
che hanno consentito di completare con successo questa
impegnativa fase del progetto, nonostante tutte le limitazioni
imposte dalla perdurante pandemia. nn
17. Fronte di scavo
al 27/10/2020
18. Completamento
scavo gallerie di
sottoattraversamento
dell’Isarco: 6/11/2020
18
Conclusioni
Da quanto sopra illustrato, e con i dati fino ad oggi osservati,
si può confermare che la tecnica del congelamento dei terreni
rappresenta una soluzione di elezione per il superamento
delle problematiche connesse con la realizzazione dell’opera,
certamente la migliore alternativa ad altre tecniche di consolidamento
normalmente utilizzate per la protezione di scavi in
presenza di acqua, che avrebbero inoltre comportato interventi
più invasivi e ad alto impatto ambientale, come lo spostamento
temporaneo del fiume e il successivo riposiziona-
Gallerie

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67 LS
1. Boomer Epiroc al lavoro
in galleria: si realizzano
gli infilaggi per mettere in
sicurezza il fronte di scavo
2. Vista del “crocevia”
altoatesino: sulla destra
il ponte, sullo sfondo
l’imbocco della galleria
Gallerie
3
Cantieri Stradali
Grande opera
Stefano Chiara
3. Planimetria di progetto,
gli obiettivi: scavalcare
il fiume Rienza e sottopassare
il dosso Floronzo
in Alto Adige
4. Obiettivo sull’impalcato
del ponte
4
ALLA SCOPERTA DELLA NUOVA STRADA DI ACCESSO ALLA VAL BADIA, PROVINCIA
AUTONOMA DI BOLZANO, COMPOSTA DA DUE SVINCOLI, UN PONTE E SOPRATTUTTO
DALLA GALLERIA FLORONZO, SCAVATA CON IL COSIDDETTO METODO AUSTRIACO
(NATM): SI PROCEDE CALIBRANDO I CONSOLIDAMENTI IN BASE ALLA RISPOSTA
DEL CAVO. LA FIRMA ESECUTIVA È QUELLA DI UNO SPECIALISTA IN MATERIA
DI RISOLUZIONE DELLE COMPLESSITÀ GEOTECNICHE: STRABAG.
Si ringrazia STRABAG e le imprese
partner per la collaborazione
nella fornitura del materiale tecnico
e fotografico alla base e a
corredo di questo articolo.
Una grande opera nel cuore delle Alpi sta sorgendo grazie
alla collaborazione degli specialisti di due Paesi europei
vicini di casa, quelli che in un altro luogo della
stessa cruciale provincia stanno dando vita alla Galleria di
Base del Brennero. Siamo in Aldo Adige, questa volta non in
un cantiere ferroviario, ma in un nevralgico “incrocio” stradale:
quello che coinvolge due strade e due valli, rispettivamente la
SS 49 della Val Pusteria e la SS 244 della Val Badia, entrambe
gestite dalla Provincia Autonoma di Bolzano. L’intervento progettualmente
si chiama “Nuovo accesso Val Badia con ponte
sulla Rienza e galleria Floronzo - Lotto Bosco del Convento
opere civili”, una denominazione che correttamente mette
subito in risalto le sue due principali opere d’arte, oggi in realizzazione:
il ponte sul fiume Rienza e la galleria Floronzo, di
cui ci occuperemo nel dettaglio in questo contributo. Completa
il quadro, per fornire una doverosa anticipazione al lettore,
una nuova intersezione tra le due arterie (con annessa minigalleria
artificiale) che precede, arrivando dalla Val Pusteria,
sia il ponte sia la galleria, al termine della quale il viaggiatore
potrà entrare - e da una “porta” tutta nuova - nel cuore della
Val Badia. Lo faremo, facendoci aiutare dalla documentazione
progettuale (ovvero il progetto esecutivo redatto dal team
Gallerie
11/2020 leStrade
11/2020

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69 LS
5 6
composto da Dr. Ing. Josef Aichner, Pilcher Consulting Engineers
e M+G Ingenieure) e soprattutto da Strabag AG, capofila
del consorzio di imprese che sta eseguendo l’appalto della
Provincia Autonoma di Bolzano (Ripartizione 10 Infrastrutture,
direttore l’ingegner Valentino Pagani, responsabile del procedimento
ingegner Umberto Simone). Insieme a STRABAG
un nutrito gruppo di imprese altoatesine: si tratta di Alpenbau
Srl, Moser & Co Srl, Unionbau SpA e Geobau Srl. La direzione
lavori è invece affidata a EUT Engineering Srl (DL è l’ingegner
Georg Fischnaller), mentre la squadra degli specialisti Strabag
è guidata dal direttore tecnico di Strabag Italia, ingegner Andrea
Marzi, e dal direttore di cantiere ingegner Andreas Pichler.
Il racconto di quanto si sta eseguendo in galleria ci porterà a
stretto contatto con un metodo di scavo inusuale da questo versante
delle Alpi, ma nel caso specifico adatto a “portare a casa
il risultato”, ovvero una realizzazione in un contesto geologicamente
molto complesso e mutevole. Si tratta del cosiddetto
“metodo Austriaco”, detto più correttamente NATM, New Austrian
Tunnelling Method. In estrema sintesi: un approccio di
avanzamento basato sull’adattamento delle tecniche da mettere
in campo al comportamento progressivo del cavo. Parafrasando
il noto detto: quando lo scavo si fa duro...
Un lotto nevralgico
Prima di entrare nel vivo di questa complessa (e interessantissima)
lavorazione, sofferniamoci ancora un momento sul lotto che
include, oltre alle nuove opere, anche una serie di interventi di riqualifica
di segmenti esistenti della SS 49. Il costo complessivo,
indicativo dell’importanza di questo progetto, è di circa 72 milioni
di euro. I lavori sono stati avviati nella primavera 2019 con il
target di fine intervento fissato all’ottobre 2021, esattamente tra
un anno. Siamo dunque nel pieno delle attività, come mostrano
anche le immagini che pubblichiamo a corredo di questo articolo
e per cui ringraziamo STRABAG e il team di imprese, e in linea
con il cronoprogramma. Nonostane le complessità in campo.
Il progetto comprende la sistemazione del tracciato della SS
49 dalla curva del Kniepass alla galleria di Castel Badia, nonché
la realizzazione dell’allacciamento stradale tra le due valli
con il ponte sulla Rienza e il sottoattraversamento in galleria
naturale del dosso Floronzo (di circa 1 km di lunghezza),
anticipato da una galleria artificiale di circa 150 m. Successivamente
al portale Nord della galleria Floronzo, la nuova
strada del Val Badia attraversa la linea ferroviaria di RFI nonché,
per l’appunto, la Rienza (e la diga Kniepass) attraverso
il nuovo ponte in acciaio Corten che si estende per circa 140
7
8
m in totale. Una volta realizzato, saràil ponte più lungo della
Provincia di Bolzano, con due aperture principali di circa 42
m ciascuna. L’allacciamento alla strada della Pusteria avviene
tramite un incrocio a piani sfalsati. Al portale Sud della galleria,
infine, avverrà l’allacciamento dell’esistente strada statale,
nonché quello all’impianto di depurazione Tobel tramite un incrocio
a raso. Una peculiarità: lungo il tratto a cielo aperto tra
il passo Kniepass e la galleria del Castel Badia è prevista la realizzazione
di muri di sostegno e di controripa sul lato versante
e lato fiume. I muri vengono realizzati generalmente come
5, 6, 7. Macchine
e attrezzature funzionali
alla migliore esecuzione
dello scavo con metodo
NATM: ancora il boomer
Epiroc impiegato per
gli infilaggi di tubi con
tecnologia di innesto
brevettata (DSI Underground)
8. Operazioni complesse
e calibrate, ma funzionali
a evitare distacchi
con aumentata sicurezza
per gli operatori al lavoro
9. L’escavatore per gallerie
con testata fresante: scavo
“morbido”, ma deciso
muri a semigravità leggermente armati. Presso il lato posteriore
dei muri di sostegno e di controripa sono state previste opere
di protezione del versante sotto forma di muri chiodati in calcestruzzo
proiettato.
Il lotto di costruzione è stato suddiviso in quattro zone di cantierizzazione:
• Cantierizzazione A (costruzione della galleria);
• Cantierizzazione B (costruzione del ponte);
• Cantierizzazione C ( costruzione di ponte, strada a galleria
artificiale);
• Cantierizzazione D (costruzione stradale).
Per motivi economici e ambientali è stato necessario avviare
contemporaneamente tutte le aree di cantiere.
Identikit della galleria
San Lorenzo di Sebato, nei pressi di Brunico, Provincia Autonoma
di Bolzano, per l’esattezza sotto il dosso Floronzo dove
si scava l’omonima galleria, di cui intendiamo fornire, in prima
battuta, un identikit tecnico. La forma della sezione è stabilita
in base alle norme funzionali e geometriche per la progettazione
e la costruzione di strade nella Provincia Autonoma di
Bolzano-Alto Adige. Le principali misure sono: sagoma transitabile
8,00 x 5,00 m (larghezza x altezza; nel tratto della banchina
l’altezza è pari a 4,80 m), carreggiata 8,00 (2 x 4,00 m),
corsia 3,50 m, banchina: 0,50 m; vie di fuga (corsie laterali rialzate)
0,85 m x 2,25 (larghezza x altezza) su entrambi i lati.
Su entrambi i lati della carreggiata è prevista una via di fuga
sotto forma di corsia laterale rialzata di 15 cm, sotto cui alloggiare
i cavi di approvvigionamento per l’attrezzaggio della
galleria e le condotte con acqua antincendio. La sovrastruttura
stradale sarà invece strutturata come segue: 4 cm strato
di usura; 8 cm strato bituminoso (binder); 18 cm strato portante
bituminoso; emulsione; 10 cm strato di intasamento; ≥
30 cm strato anticapillare.
Nel “sistema-galleria” sono quindi stati previsti i seguenti
impianti di esercizio costruttivi:
• Nicchie per chiamata d’emergenza con unità di chiamata
d’emergenza minimo ogni 150 m;
• Nicchie antincendio massimo ogni 150 m con idranti a colonnina;
9
• Nicchie d’ispezione e/o pozzetti d’ispezione minimo ogni
50 m presso le nicchie per chiamata di emergenza e le nicchie
antincendio;
• Caditoie sifonate per lo scolo delle acque della carreggiata
massimo ogni 50 m;
• Pozzetti d’ispezione per la manutenzione del tubo di scarico
delle acque superficiali della carreggiata e del tubo di
drenaggio dello strato portante massimo ogni 50 m;
• Cunicolo di fuga al km 0,686 (posizionamento riferito
all’asse della galleria presso l’entrata nel vano filtro della
lunghezza di ulteriori 300 m).
Opere nell’opera sono poi i due portali, a Sud e a Nord. La galleria
artificiale con il portale nella trincea preliminare Sud presenta
una lunghezza di 60 m. La sezione trasversale interna della
galleria è uguale, in questo caso, a quella del profilo tipo della
galleria realizzata con metodo tradizionale per i primi 12 m,
mentre per i restanti risulta ribassata secondo metodo austriaco.
La galleria artificiale con il portale nella trincea preliminare
Nord presenta invece una lunghezza di 37 m. La sezione trasversale
interna corrisponde a quella del profilo tipo della galleria
realizzata con metodo in tradizionale.
Scavo e rivestimento
Ed eccoci arrivati nel cuore dell’opera, ovvero alle attività
di scavo, che avviene partendo da entrambi gli imbocchi. Il
metodo è quello che in Austria - come abbiamo anticipato
- si adotta per intervenire in contesti geotecnici a elevata
complessità, assicurando la massima sicurezza ed efficienza
sia del risultato esecutivo, sia del lavoro in sé. “A Nord -
ci spiega Andrea Marzi, direttore tecnico di STRABAG - abbiamo
diviso il fronte in tre allargamenti successivi, calotta,
strozzo e arco rovescio. La prima fase dello scavo viene sostenuta
effettuando degli infilaggi nella matrice del terreno
articolati in 44 tubi metallici ciascuno lungo 18 m. La loro
funzione è determinante: in pratica mettono in sicurezza
statica il cavo”. A Sud, invece, dove il materiale è più coeso,
si è proceduto anche con la tecnica del Drill&Blast, ma
sempre effettuando continue operazioni di sostegno di prima
fase e controllo del comportamento deformativo (il monitoraggio
geotecnico continuo è una componente essen-
Gallerie
Gallerie
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Protagonisti all’opera
Stazione Appaltante: Provincia Autonoma di Bolzano - Ripartizione
10 Infrastrutture, Ufficio tecnico strade Nord/Est 10.3
Progetto esecutivo: dr. ing. Josef Aichner, Brunico (BZ);
dr. ing. Karl Pichler, Campo di Trens; M+G Ingenieure, Feldkirch
(Austria) a firma del dipl-ing. Josef Galehr
Collaudo: ing. Luigi Rausa, Bolzano
Coordinatore unico: ing. Valentino Pagani
RUP: ing Umberto Simone Direttore Ufficio tecnico Strade
Nord/Est della Provincia Autonoma di Bolzano
Direzione Lavori: RTI / EUT Energie und Umwelttechnik
GmbH - ing. Georg Fischnaller; Studio Valdemarin - ing.
Mario Valdemarin e ing. Dieter Schölzhorn, Ingenieurteam
Bergmeister GmbH; Plan Team GmbH (ing. Johann Röck);
Pfeiferplanung GmbH; Kauer Ingenieure GmbH; dott. Vito
Adami. La direzione dei lavori generale e la direzione lavori
statica è stata affidata al dott. ing. Georg Fischnaller,
EUT, Bressanone (BZ)
Responsabile Sicurezza: ing. Walter Weis, ing. Mario Valdemarin,
ing. Alessandro Ghiro
Direzione di Cantiere: ing. Andrea Marzi
Esecutori: ATI Strabag AG, Alpenbau Srl, Moser & Co Srl,
Unionbau SpA, Geobau Srl
Importo lavori: 72,03 milioni di euro
Durata lavori: 903 giorni
Consegna: 12 aprile 2019
Ultimazione: 26 novembre 2021
ziale del “Metodo Austriaco”). In entrambi i casi, la varietà e
delicatezza delle condizioni incontrate ha presupposto avanzamenti
“lenti” (ma estremamente calcolati) e soprattutto
accorti, con continue correzioni di tiro per esempio per
quanto riguarda le chiodature sia al fronte sia nelle aree
adiacenti ad esso. “Gli infilaggi adottati all’imbocco Nord -
continua Marzi - sono l’esito di una combinazione innovativa
tra macchine e attrezzature. La macchina che li effettua
è infatti un boomer Atlas Copco (oggi a brand Epiroc)
modello WE 3C-C18, mentre il sistema adottato è un brevetto
DSI Underground e consiste in una maschiatura dei
tubi che riduce il rischio di rotture fragili del sostegno, peculiari
dell’area di unione delle aste”. Lo scavo vero e proprio
del fronte Nord viene quindi effettuato, in prevalenza,
impiegando un escavatore altamente specializzato come il
Liebherr R 924, in grado di generare una forza di fresatura
notevole senza per questo “turbare” eccessivamente il
fronte e minimizzando dunque il rischio di distacchi (ecco
un altro punto importante, in fatto di tutela della sicurezza
sul lavoro). “In base alla nostra attuale esperienza - conclude
Marzi -, posso dire che la scelta del metodo NATM si
è rivelata premiante e più che adatta alla migliore gestione
di questo genere di operatività, anche per l’elevata presenza
di grossi trovanti”.
Lo scavo della galleria Floronzo con metodo NATM avviene
per campi, da 8 a 12 m, protetti da infilaggi con cicli di avanzamento
compresi tra 1 e 2 m. Concluso ogni ciclo di scavo,
10
le squadre delle imprese mettono in opera i sostegni
di prima fase (spritz beton, chiodi, centine
e via dicendo), modulati sulla base delle
condizioni di scavo e del comportamento deformativo
del cavo. È quello che progettualmente
viene definito “prerivestimento”, quello strato
che, insieme agli infilaggi di consolidamento
iniziali, ha il compito di sostenere e mettere in
estrama sicurezza l’ambiente galleria. Tra il prerivestimento
e il rivestimento vero e proprio è poi prevista un’impermeabilizzazione
capillare “eseguita da personale STRABAG altamente
specializzato - si legge nel progetto esecutivo - su di
un supporto di impermeabilizzazione in betoncino proiettato
con un tessuto protettivo drenante e un materiale plastico
impermeabilizzante”. Infine, il rivestimento definitivo, “solitamente
eseguito senza armatura in calcestruzzo gettato in
opera. Nei tratti con carichi particolari, come per esempio carichi
dell’ammasso roccioso asimmetrici, nelle zone di entrata
in galleria, nelle zone di allargamento oppure nei tratti con
particolari condizioni geologico-geotecniche (tratti in materiale
sciolto) viene previsto un rivestimento definitivo armato”.
Quando lo scavo si fa duro...
“Nonostante le difficoltà riscontrate per l’emergenza sanitaria
- questo infine il commento del RUP Umberto Simone
- siamo stati in grado di portare a termine lo scavo della calotta
della Galleria Floronzo, attraverso l’adozione di adeguate
procedure di sicurezza a tutela dei lavoratori e grazie
alla collaborazione di tutti i soggetti coinvolti. Questo risultato
è stato possibile grazie alla presenza di interpreti capaci
che hanno saputo mantenere la flessibilità durante l’esecuzione
dei lavori, pronti infatti a cambiare programmi e
organizzazione in tempi brevi ad ogni evenienza, con la ricerca
immediata delle più adeguate soluzioni tecniche. È con
queste basi che il progetto volge verso ulteriori sfide legate
alla costruzione del ponte sul fiume Rienza, il rivestimento
della galleria e gli svincoli stradali”. nn
12
11
10, 11. Operazioni con
sollevatore in galleria
e monitoraggi continui,
una costante
del “Metodo Austriaco”
12. Una delle aree
del sito di lavoro altoatesino
13. Nell’esecuzione dello
scavo sono state adottate
procedure di sicurezza
all’avanguardia per contenere
il rischio infortuni in galleria.
Il motto di STRABAG: “1-2-
3 Sicherheit”, “1-2-3
Sicurezza”.
13
Val Badia, scavo concluso in orario
nonostante avversità meteo e Covid-19
Una notizia freschissima ci raggiunge in redazione
proprio mentre stiamo lavorando all’articolo tecnico
dedicato alla “piccola grande opera” della Val Badia,
autori Provincia Autonoma di Bolzano, Strabag, team
di progettazione ed esecuzione. Il 23 ottobre scorso è
stato eseguito l’abbattimento dell’ultimo diaframma
del tunnel stradale in realizzazione, avvenuto, spiega
un comunicato stampa di Strabag, solo 18 mesi dopo
l’avvio dell’opera. La galleria, ricorda ancora la nota,
una volta conclusi i lavori garantirà un collegamento
diretto con la Val Badia, apportando un netto beneficio
alla circolazione locale. “I lavori di costruzione di
questa infrastruttura - nota Andreas Pichler, direttore
del cantiere per Strabag - sono stati interrotti ben
due volte: la prima in ragioni di una serie di forti tempeste
nel 2019 e quest’anno a causa della crisi del Covid-19.
Nonostante queste interruzioni siamo arrivati
tempestivamente al traguardo della fine scavo, un
obiettivo raggiunto che ci rende più che soddisfatti
e che vogliamo trasformare in nuova energia per arrivare
al completamento dell’opera nel 2021. Naturalmente,
vogliamo ringraziare il nostro team, i nostri
partner ARGE (Comunità di Lavoro delle Regioni Alpine)
e anche il cliente Provincia Autonoma di Bolzano,
con il quale abbiamo sempre potuto lavorare in partnership
sulle soluzioni”. Nel gruppo di lavoro, Strabag
è responsabile della realizzazione del tunnel. La costruzione
di strade e ponti, nonché il movimento terra
sono invece effettuati dalle imprese locali Alpenbau,
Moser & CO, Unionbau e Geobau.
Per poter rispettare i tempi di costruzione, i lavori sono
stati eseguiti partendo da entrambi i portali in contemporanea.
I lavori riguardanti il rivestimento inizierannone
la gennaio 2021, in modo tale che il tunnel possa
essere completato in autunno (da controprogramma,
la fine lavori è fissata a novembre 2021). La nota si
conclude ricordando alcuni punti di valore di Strabag,
tra i leader europei nel campo delle infrastrutture e
15. Fine scavo avvenuta
delle costruzioni, anche e soprattutto complesse. Il
gruppo conta infatti circa 75mila dipendenti e genera
un fatturato annuo di circa 16 miliardi di euro. Per ulteriori
informazioni: strabag.com
14. Storica foto di gruppo
dopo l’abbattimento
dell’ultimo diaframma
16 17
Gallerie
16, 17. Lavorazioni in galleria
Gallerie
11/2020

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Sostenibilità Ambientale
Mauro Armelloni
Scacco alle polveri
RAET PORTA IN ITALIA (IN GALLERIA, MA NON SOLO) UN’INNOVAZIONE OLANDESE
DI PROVATA EFFICACIA E DAI MOLTEPLICI VANTAGGI, A PARTIRE DALLA SUA
ECONOMICITÀ ANCHE IN TERMINI ENERGETICI. SI TRATTA DEL SISTEMA STATICAIR
PER LA RIDUZIONE DEL PARTICOLATO, OVVERO DELLE POLVERI SOTTILI CHE
TANTO MINANO LA NOSTRA SALUTE. SCOPRIAMOLO MEGLIO.
Una soluzione rivoluzionaria all’annoso problema delle
polveri sottili. Si chiama StaticAir, tecnicamente FDRS:
Fine Dust Reduction System (sistema per la riduzione
delle polveri sottili) ed è una tecnologia avanzata di semplice
impiego e a basso consumo energetico, ma dalla grande efficacia,
che racchiude in sé un gran numero di brevetti. StaticAir
è stata sviluppata dall’azienda olandese Mark Climate Technology
(70 anni di esperienza in campo internazionale) e portata
in Italia da Raet, noto “laboratorio” di innovazioni al servizio della
sicurezza e della tutela ambientale, con particolare attenzione
al settore underground (per ulteriori info: raetsrl.it).
Il problema
Particelle di polvere nell’aria più piccole di 10 μm (0.01 mm)
vengono classificate come polveri sottili (le note PM 10, le PM
2.5 e le meno conosciute PM0.1, le polveri ultrasottili). Si tratta
di potenti agenti inquinanti i cui componenti più comuni sono
metalli, carboni (fuliggine), sali e nitrati. UE e OMS hanno da
tempo stabilito dei limiti ben precisi ai valori delle polveri sottili
(PM 10 e PM 2.5), che tuttavia in molti contesti vengono spesso
superati. Per esempio proprio lungo strade trafficate, ma anche
in ambienti interni come laboratori od officine in cui avvengono
determinate lavorazioni. Queste piccole particelle in sospensione
nell’aria, che possono “percorrere” distanze anche di oltre 40
km, penetrano nei polmoni per inalazione. Quelle oltre i 10 μm
vengono ancora filtrate dal naso ed espulse. Quelle più piccole,
invece, penetrano in profondità nei polmoni, mentre le “ultrasottili”
possono arrivare a penetrare perfino nel sangue. Variegate
e di largo spettro le conseguenze negative possibili: da infiammazioni
e difficoltà respiratorie fino a criticità di diverso genere
di ordine neurologico, cardiovascolare o perfino tumorale.
La soluzione
Una soluzione a questo gravoso problema, sostenuta da un’importante
attività R&D, nonché da brevetti e applicazioni sul campo,
è proprio il FDRS, il sistema StaticAir per la riduzione delle
micro-polveri, o particolato. Il dispositivo contiene dei cavi a
cui è applicata un’alta tensione positiva che sfrutta così l’effetto
corona (funziona in corrente continua a basso amperaggio:
ne è stata testata e comprovata l’assoluta sicurezza sia per gli
1
uomini sia per le altre specie animali).
Le polveri sottili nell’area circostante
il FDRS vengono ionizzate dalla carica
dei cavi a effetto corona e sono attirate dalla sagoma messa a
terra del FDRS. In base a citato effetto corona, si crea un vento
elettrico tra il cavo e la messa a terra del dispositivo. Questo
vento elettrico garantisce che le polveri sottili vengano attirate
e si depositino sulla messa a terra del dispositivo, senza impiego
di ventilazione. Il FDRS con soli 18 watt, è stato calcolato,
può ridurre le polveri sottili fino al 50% in ambienti interni.
Campi di applicazione
I sistemi StaticAir sono stati ampiamente provati negli ambienti
e nelle condizioni più diverse e la loro operatività è stata validata
da terze parti indipendenti. In collaborazione con il Ministero
olandese delle Infrastrutture e dell’Ambiente, con il TNO
(Organizzazione olandese per la ricerca scientifica applicata),
con l’Università tecnologica, nonché il Comune e la Provincia,
di Delft, si è potuta dimostrare una significante riduzione delle
polveri sottili nei tunnel stradali, in ambienti esterni e in laboratorio.
Infine, StaticAir vanta anni di esperienza nell’attività di riduzione
delle polveri sottili nelle industrie più varie, in Europa e
nel mondo. Un’ulteriore novità nel campo delle tecnologie antiparticolato
StaticAir è anche PMX (Particulate Matter Reduction
System), una soluzione a cilindro ideale per stabilimenti industriali
e soprattutto stazioni ferroviarie e delle metropolitane. nn
1. Montaggio del sistema
in galleria
2. Particolare del FDRS
3. Anti-polveri fini anche
in versione cilindrica: è PMX,
ideale anche per le stazioni
delle metro
3
2
MATERIALI
&TECNOLOGIE
MATERIALI
n Lunga vita alla sicurezza
n Nuova strada circolare
n Istruzione vs distruzione. Una luce
in fondo al tunnel
TECNOLOGIE&SISTEMI
n Allestimenti rapidi e sicuri
n Da strade ferrate a ciclovie d’acciaio
n Virtuale e digitale per migliorare le reti
n L’eco-efficienza di legno e acciaio
LS
Gallerie
12/2015 11/2020 leStrade

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75 LS
Rivestimenti Innovativi
Lunga vita
alla sicurezza
Emilia Longoni
GALLERIE SEMPRE PIÙ LUMINOSE E SICURE GRAZIE ALLE FINITURE
EPOSSISILOSSANICHE INNOVENTIONS, SOLUZIONI CHE HANNO TOCCATO I DIECI
ANNI DI APPLICAZIONI. GARANTITE RESISTENZA ALLO SPORCAMENTO E FACILE
PULIBILITÀ PER OLTRE 20 ANNI, UNA DURABILITÀ MINIMA VERIFICATA IN DIVERSI
CASI SCUOLA. LE ULTIME EVOLUZIONI: L’APPLICAZIONE SU SUPERFICI UMIDE
E IL MIGLIORAMENTO DELLA REAZIONE AL FUOCO CON PRODOTTI IN CLASSE A.
1
1. Monza, galleria della
SS 36 a gestione Anas
(100mila veicoli al giorno)
2, 3. Galleria Gardelletta,
Autostrada A1, prima
e dopo l’applicazione
di rivestimenti eposilossanici
(ente gestore ASPI)
Manutenzione, durabilità, sicurezza e sostenibilità.
Quattro “password” sempre più diffuse (nonché necessarie)
nel vocabolario di progettisti, gestori e imprese.
Ovvero di tutti gli attori impegnati nella grande sfida
della salvaguardia del nostro patrimonio infrastrutturale. Un
aiuto significativo al buon esito di questo progetto che coinvolge
l’intera comunità tecnica - come provano esperienze,
guardando al lato ponti e non solo a quello gallerie - come
Bridge 50, può arrivare senz’altro dall’innovazione nel campo
dei materiali, tema al centro di tutti i think tank animati
dalle migliori intelligenze tecniche del Paese. Questa rivista,
storicamente, ha fatto di questo filone un vessillo, raccontando
sistematicamente buone pratiche e ottime tecniche,
esiti di ricerche avanzate e soluzioni applicative. Una sfera
che abbiamo già coltivato in passato ma che, anche alla luce
delle cronache infrastrutturali più recenti, non è certo - anzi,
tutt’altro - passata di moda è quella dei cicli di protezione dei
piedritti delle gallerie attraverso l’impiego di soluzioni ad alto
concentrato di innovazione come i rivestimenti epossi-silossanici,
che, se applicati con una esecuzione a regola d’arte,
possono davvero dare un contributo sensibile all’”innesco”
delle quattro parole chiave di cui si diceva nell’incipit. Sulla
materia abbiamo già scritto molto, per esempio in due contributi,
ricchi di casi scuola, che andiamo ora a citare: Angelo
Locaspi, “Applicazione di pitture ad alta durabilità”, leStrade
12/2012 Sezione Gallerie; Angelo Locaspi, “A difesa delle
pareti”, leStrade 12/2013 Speciale Winter Road Congress
PIARC. Ma, come accennato, riteniamo importante, nonché
utile, ritornare a parlarne, offrendo al lettore, in sintesi, alcuni
spunti su soluzioni, applicazioni e potenziali benefici.
Pulizia e pulibilità
Il caso scuola da cui partire è quello di Innoventions, azienda
storica del Made in Italy della tecnica tra i pionieri nella messa
a punto e commercializzazione di finiture fluorurate e sistemi
protettivi epossi-silossanici per la pitturazione dei piedritti
delle gallerie stradali (SIL-EPOX HD 506) che assicurano
alle superfici un’elevata resistenza allo sporcamento e una
notevole facilità di pulizia, consentendo così una riflessione
della luce costantemente elevata con evidente aumento della
sicurezza e del risparmio energetico. Innoventions – spie-
ga a leStrade il suo CEO, l’ingegner Angelo Locaspi - fornisce
innanzitutto le soluzioni più adatte all’esecuzione del ciclo di
pitturazione con queste tipologie di prodotti, ma è anche in
grado di coordinare tutte le fasi applicative, “inclusi i controlli
di qualità, la validazione, le garanzie di fine lavoro che beneficiano
del supporto di polizze assicurative ad hoc”. Il ciclo
proposto soddisfa i requisiti Anas, nonché dell’USTRA, l’ente
gestore stradale della Confederazione Elvetica, in assoluto i
più severi nel nostro settore ed è stato impiegato con risultati
ampiamente rispondenti alle attese, tra gli altri, proprio in
interventi Anas nonché da diverse concessionarie autostradali
quali Autostrade per l’Italia o Autostrada del Brennero.
Ripristinare i supporti
Prima di raccontare più nel dettaglio la soluzione epossi-silossanica,
è opportuno spendere qualche parola sull’aspetto
cruciale della preparazione delle superfici, con riferimento alle
gallerie sia nuove sia esistenti. Nel primo caso, il calcestruzzo
deve essere integro, privo di difetti, umidità, nidi di ghiaia,
oli da distaccanti o muffe. Le superfici andranno preparate
con un idrolavaggio ad una pressione massima di 3-400 bar.
Al fine di ottenere i migliori standard di riflessione e pulibilità,
sarà importante ridurre al massimo la scabrezza. L’entità
dell’intervento di ripristino va valutato, naturalmente, in funzione
dei difetti. Rasature localizzate per coprire nidi di ghiaia,
per esempio, sono non solo opportune, ma necessarie. “Esperienze
condotte in autostrada, nella galleria Sant’Oswald, nel
2014 - aggiunge Locaspi - hanno mostrato che è utile ed economico
rivedere l’organizzazione del cantiere applicando prima
il ciclo di pitturazione epossi-silossanica e poi tutti gli impianti.
I vantaggi di questo approccio sono molteplici: l’area
di lavoro è sgombra e priva di interferenze, non vi sono costi
di mascheratura, l’ovespray non inquina l’ambiente di lavoro,
l’attività può essere svolta con maestranze non specializzate e
senza macchinari complessi. A fine lavoro, inoltre, l’ambiente
risulta pulito, luminoso e gli impiantisti possono operare in
sicurezza. E ancora: si ha la possibilità di verificare anzitempo
la presenza di infiltrazioni e danneggiamenti, i rivestimenti
intrisecamente resistenti al tormento meccanico non vengono
danneggiati dalle lavorazioni degli impiantisti e sono facilmente
ritoccabili in presenza di piccoli danneggiamenti. Al
Materiali
2 3
Materiali
11/2020 leStrade
11/2020

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77 LS
termine dei lavori, infine, basta lavare con idrogetto le superfici
per restituire omogeneità cromatica”. Nei casi di tunnel
stradali esistenti, i ripristini vanno invece valutati sulla base
di una serie di parametri, che riguardano la consistenza delle
pitture pre-esistenti (ben aderite e compatte o sfarinate e decoese),
lo stato del calcestruzzo e il suo degrado (cls integro
e compatto; cls integro ma vaiolato; cls degradato, sfarinato,
poroso), la presenza o meno di venute d’acqua (superficie
asciutta; poche venute; venute localizzate; venute estese e
diffuse). Definita la tipologia e lo stato della superficie si interviene
quindi con attività di pulizia (idrolavaggio a pressione o
idroscarifica) e con la rimozione in profondità dei calcestruzzi
ammalorati oltre che del rivestimento iniziale. “In assenza di
venute d’acqua - spiegano da Innoventions - si possono eseguire
le rasature con malte specifiche che omogeneizzano la
superficie riempiendo vaiolature o difettosità. Venute d’acqua
localizzate ma anche estese possono invece essere convogliate
e captate con tecniche tradizionali. Una nuova tecnologia
prevede la stesura di teli in PVC sulle venute d’acqua
con successiva ricopertura con malte”. Infine, la pitturazione,
che prevede due fasi: applicazione di fondo acrilico all’acqua
ACRICOAT W.1310 ad alta copertura e finitura epossi-silossanica
SIL-EPOX HD 506.
Qualità assicurata
Dal punto di vista esecutivo il ciclo in sé, spiegano gli specialisti
di Innoventions, è semplice e veloce “se condotto con gli
impianti adeguati che consentano il controllo della velocità di
avanzamento degli automezzi e la distanza della barra portaugelli
dalle pareti”. Una novità: il sistema è applicabile anche su
superfici umide. L’ultima fase da tenere sotto controllo è quindi
quella della gestione del rivestimento, ovvero del mantenimento
della prestazione quantificata di riflessione della luce
o del grado di bianco: “Ma essendo il rivestimento facilmente
pulibile ed impenetrabile allo sporco la manutenzione è semplice
e veloce”. Da esperienze condotte sul IV Tronco di ASPI
in gallerie con livelli di traffico di 30-50.000 veicoli/giorno, la
perdita di riflessione della luce sui piedritti è stata dell’ordine
del 5%/mese. Dopo pulizia mediante rotolavaggio, la riflessione
della luce ritorna ai valori iniziali nell’ordine di dell’85-90%
rispetto alla situazione prima dell’intervento di lavaggio. “La
prestazione - chiarisce Locaspi – può essere supportata da
una specifica polizza assicurativa che per un periodo di esercizio
di 5 anni copre i rischi di perdita di adesione e di stabilità
della riflessione della luce. La polizza è prorogabile per 2 volte
6 7
Materiali
4
5
fino a un massimo di 15 anni e copre sia i costi delle pitture sia
quelli della manodopera per la loro riapplicazione”.
Valore prestazionale
Gallerie nuove, dunque, ma anche esistenti. Applicabilità
su superfici di ogni genere, incluse quelle umide. Un’evoluzione
tecnologica, in sostanza, che va a configurarsi come
risposta calzante alla necessità di manutenzioni e ripristini
funzionali e alla durabilità anch’essa “evolutasi” nel tempo,
ovviamente in senso quantitativo. Riassumendo, tra i
punti di forza di queste innovative soluzioni riscontriamo:
4. Confronto tra costi
dei rivestimenti in galleria
Fonte: Innoventions
5. Variazione delle riflessione
della luce dei piedritti
nel tempo in funzione
dell’efficienza e modalità
di lavaggio
6. Applicazione dello strato
di finitura
7. Particolare
del rivestimento
11/2020 leStrade
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8. Ancora casi scuola:
pitturazione parziale della
galleria Virgolo (Bolzano)
9. Galleria Petlin nei pressi
di Ortisei (ente gestore
Provncia Autonoma di Bolzano)
10. Armature in acciaio
(da proteggere come si deve)
▪ Riflessione della luce > 90%; basso livello di presa di sporco
(low dirt pick up); eccellente pulibilità, consentendo con
un semplice lavaggio anche dopo un lungo periodo di esercizio,
il ripristino del valore di riflessione iniziale;
▪ Protezione dei supporti in calcestruzzo e delle armature
dalla contaminazione dei cloruri;
▪ Eccellenti proprietà anticarbonatazione specifico per le superfici
cementizie;
▪ Applicabilità su supporti metallici o ceramici, per ripristinare
la riflettanza originaria di vecchi pannelli degradati o
corrosi;
▪ Applicabilità su gallerie con superfici cementizie nuove,
recenti già pitturate (< 20 anni) o vecchie (> 20 anni) con
modeste venute d’acqua;
▪ Ciclo di pitturazione costituito da prodotti atossici, privi di
solventi organici volatili, non infiammabili, e che non rilasciano
fumi tossici in caso di incendio.
“Si tratta - approfondisce Locaspi - di una scelta tecnica incentrata
su un nuovo approccio alla manutenzione, sintetizzabile
come prestazionale o programmata. Basata cioè
su un investimento iniziale più elevato rispetto alle soluzioni
tradizionali, ma interamente ammortizzabile in ragione
di molteplici aspetti, che comprendono la maggiore sicurezza,
il risparmio energetico, i risparmi sui costi di pulizia, la
manutenzione e la ripitturazione. Il sistema protettivo della
Innoventions caratterizzato da una vita utile superiore a 20
anni e validato dalla possibilità di una copertura assicurativa,
si confronta con i sistemi attualmente presenti sul mercato
quali: pitture a tempera, che andrebbero applicate ogni
Manutenzione globale dall’acciaio al calcestruzzo
Innoventions (innoventions.eu) mette a disposizione tutta
una serie di protettivi con l’obiettivo di estendere ulteriormente
la durabilità delle strutture trattate sia che si
tratti di acciaio o di calcestruzzo, oggi l’obiettivo dei 100
anni di vita utile è a “portata di pennello”. Alle finiture poliuretaniche-fluorurate
bicomponenti ad alto solido che
garantiscono una attesa di vita della struttura superiore ai
50 anni e ai suoi prodotti epossisilossanici ad alta pulibilità,
affianca il più efficace rivestimento anticorrosivo per
acciaio esistente d itipo galvanico rispetto a qualsiasi altro
sistema protettivo tradizionale di tipo passivo. Questa
efficacia si basa su una serie di caratteristiche uniche del
prodotto che non può essere classificato come una normale pittura o come
un primer zincante, ma è un sistema filmante galvanico denominato Zinga ® .
L’applicazione di Zinga ® è semplice e veloce senza modificare l’assetto produttivo
ed organizzativo degli impianti. Lo Zinga ® , applicato a basso spessore
in uno o due strati, supera i test previsti da ISO 12944-6:2018 per ambienti
C4, C5, e CX con durate attese H, VH (superiori a 25 anni). Sono disponibili
sistemi protettivi multistrato aventi ZINGA ® come primer ed applicazione
di pitture come numero di mani e spessore secondo le prescrizioni da ISO
10
anno e in casi particolari anche più volte all’anno; pitture
acriliche ed epossiacriliche, che dopo un periodo di esercizio
di 2-4 anni non sono più pulibili e pertanto richiederebbero
inevitabilmente, per mantenere gli standard di sicurezza,
la ripitturazione dei piedritti; pitture epossidiche che resistono
ai cicli di lavaggio, ma mostrano un ingiallimento più
o meno marcato nel tempo e una maggiore sensibilità alle
venute d’acqua determinando evidenti blister e distacchi”.
Superfici protette
Una volta applicato, il rivestimento epossisilossanico si presenta
come una superficie dura, compatta, fortemente idrorepellente
e saldamente aderente al supporto sia esso cementizio
che metallico. Il rivestimento è macroscopicamente
percepito come uno strato vetroso o ceramico impenetrabile
allo sporco e facilmente pulibile. La sua forte idrorepellenza
e la bassa attitudine alla ritenzione dello sporco, rende perciò
inutile - notano i tecnici - l’uso di tensioattivi che potrebbero
essere utilizzati solo in caso di deposito di morchie oleose o
di origine bituminosa talvolta riscontrabili sulle strade. Il risultato
è la riduzione dei costi di manutenzione e la certezza
che l’eventuale ritardo dell’operazione di lavaggio non comporta
depauperamento delle prestazioni di pulibilità e riflessione
della luce del sistema applicato all’origine: “Sulla base
di questi dati sarà possibile dimensionare gli impianti di illuminazione
con la consapevolezza che i piedritti così protetti
manterranno sempre una superficie riflettente come da progetto,
programmando semplicemente una manutenzione con
appropriato idrolavaggio e rotolavaggio”. nn
12944-5:2018. Uno dei settori in forte crescita è quello della
protezione dei ferri d’armature dei calcestruzzi sia nuovi
che per la manutenzione. La barriera, spiegano gli esperti,
è originata proprio dalle dinamiche di collaborazione che
si instaurano tra i tre elementi: acciaio, rivestimento protettivo
e calcestruzzo fresco a contatto con l’armatura
protetta dallo Zinga ® . Sulla superficie del ferro d’armatura
si forma uno strato impermeabile e compatto di sali di
zinco che operano come protettivo sigillante, costituendo
una barriera addizionale. I sali di zinco rendono la superficie
più scabra, aumentando l’adesione della barra di armatura
al calcestruzzo. Lo zinco contenuto nello Zinga ® ,
così protetto dal calcestruzzo, sviluppa interamente la sua azione galvanica
sia nella zona dove applicato che, per conducibilità, nelle zone adiacenti
estendendo la protezione anche alle superfici non interessate alla manutenzione
ma esposte al degrado. Indipendentemente dal ciclo adottato, Zinga ®
è l’unico sistema di protezione galvanica dell’acciaio applicabile a temperatura
ambiente in grado di garantire una differenza di potenziale ΔV > 0,6 Volt
con spessore di 60 μm DFT. Zinga ® è un prodotto monocomponente applicabile
a partire da -15°C su armature sabbiate o spazzolate.
Materiali

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79 LS
Bitumi ed Emulsioni
Nuova strada circolare
VALLI ZABBAN CAMBIA LOGO E IMMAGINE E POTENZIA I SUOI STORICI PUNTI DI
FORZA: RICERCA, QUALITÀ E ASCOLTO DEGLI OPERATORI. IN CAMPO STRADALE
IL RISULTATO È UNA GAMMA DI BITUMI (E NON SOLO) CHE GARANTISCE
PIENA ECOSOSTENIBILITÀ, COME PROVANO, PER ESEMPIO, LE ESPERIENZE
DI RECUPERO DEL FRESATO. TRA I SUCCESSI RECENTI: LA NUOVA PISTA
DELL’AEROPORTO DI BOLOGNA E DIVERSI CIRCUITI AUTOMOBILISTICI.
2. Homepage del rinnovato
sito web VZ: si noti il nuovo
logo ad andamento circolare
3. Spirito di...corporate: il 31
ottobre VZ ha sponsorizzato
la Nazionale italiana di rugby
nel match con l’Inghilterra,
alzando ufficialmente il
sipario sulla nuova immagine
2
3
Materiali
Rinnovamento con funzione di rilancio per un’azienda
stradale gemella dell’Anas (entrambe sono nate nel
1928), nota alla comunità tecnica e ai lettori di le-
Strade anche e soprattutto in ragione della sua lunga esperienza
in materia di innovazioni legate a quello che può essere
definito come il “cuore” più profondo della strada, ovvero
il bitume. Da quasi 93 anni (li compirà nel 2021) Valli Zabban
infatti si occupa proprio di trasformazione del bitume con l’obiettivo
di migliorare le prestazioni delle strutture da esso, tra
l’altro, costituite: pavimentazioni, sistemi di impermabilizzazione,
sistemi di isolamento. L’azienda, che dal 2004 fa parte
1
del Gruppo Tonon e che, va sottolineato, non ha mai smesso
in tutti questi anni di dare un grande apporto al settore, dalla
primavera 2019 è stata affidata alle cure di un nuovo management,
che ha saputo dare valore e piena espressione ad
alcune skill, come si dice nei contesti anglosassoni, di questa
realtà con sede centrale a Calenzano (Firenze) e poli produttivi
e laboratoriali a Bologna, Trecastelli (Ancona) e Arezzo.
Nel novembre di quest’anno, quindi, a suggello di un intenso
lavoro di potenziamento tecnico, produttivo e commerciale,
VZ ha alzato il sipario sulla sua nuova immagine “corporate”,
che non stravolge ma innova decisamente il passato,
Fabrizio Apostolo
1. Nuova pavimentazione
dell’aeroporto di Bologna
Guglielmo Marconi realizzata
con soluzioni Valli Zabban
presentandosi al mercato con un logo tutto nuovo e soprattutto
con una verve comunicativa più marcata, con in testa
l’idea di parlare, tanto e in modo funzionale, a tutti i professionisti
del network della strada.
La nostra rivista, per anagrafe “sorella maggiore” sia di Anas
sia di Valli Zabban, ma contestualmente con l’idea di miglioramento
attraverso il giusto mix tra esperienza e cambiamento
incisa nel Dna, non poteva che accogliere con interesse
questo cambio di passo, che ha portato al settore anche un
serbatorio di informazioni tecniche tutto nuovo come quello
rappresentato dal sito web vallizabban.it, oggi online.
Circular technology
“Per una volta abbiamo ritenuto importante effettuare un lavoro
di ricerca non solo sui bitumi, ma anche sulla nostra immagine
- sottolinea Andrea Lazzarotto, CEO di Valli Zabban
-, dando vita a un logo che sostituisse i tratti regolari espressi
in passato con forme più ‘circolari’, a evocare un’idea di
‘circular economy’ in cui crediamo fermamente e all’interno
del cui perimetro siamo convinti che la tecnica e la tecnologia
stradale possano giocare un ruolo di primo piano”. Il cerchio
al posto del quadrato, dunque, e, nei colori, via libera
al blu, quello del cielo o del mare o di entrambi. Quello della
natura, dell’ambiente che ci circonda e che dobbiamo assolutamente
impegnarci a preservare. “Le nostre soluzioni, a
forte impronta ambientale dal punto di vista dei processi industriali,
sono portatrici di vita utile, di durabilità e naturalmente
di nuova sostenibilità, pensiamo soltanto alle emulsioni
per il recupero a freddo del granulato di conglomerato
(fresato) e la nuova gamma di bitumi modificati per il recupero
a caldo in impianto”.
Laboratorio potenziato
Il cerchio e il blu. Il primo che si chiude veicolando un eterno
e virtuoso ritorno, il secondo che si apre verso il mercato
e, soprattutto, verso le nostre strade e i nostri aeroporti, ovvero
laddove vi sia bisogno di performance nelle pavimentazioni.
Il punto di partenza è la R&D, la ricerca e lo sviluppo.
Coltivati con dovizia e intensità in laboratorio e trasferiti successivamente
ai cantieri. “Abbiamo sempre puntato e stiamo
intensificando questo aspetto - rileva ancora Lazzarotto
-, sugli specialisti e sulle attrezzature, formando i primi e innovando
le seconde come è recentemente avvenuto nel nostro
nuovo laboratorio a cui abbiamo aggiunto una nuova ala
dotata di strumenti di ultimissima generazione. Nonché naturalmente
sulle partnership con le università italiane”. Val-
4 5
4. Il nuovo laboratorio di Valli Zabban
5. Strumento per le prove reologiche
Materiali
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11/2020

80
6
7
li Zabban, non va quindi dimenticato, è un nome in parte già
affermato e in parte con grandi potenzalità anche sulla scena
dell’internazionalizzazione, come attestano linee di vendita
di prodotti stradali concepiti su misura delle esigenze prestazionali
di paesi quali la Svizzera o la Slovenia.
Pavimentazioni ad alte prestazioni
Già i prodotti stradali. Ce ne ha parlato, a margine della presentazione
del restyling del logo, Enrico Petelio, direttore
commerciale di Valli Zabban proprio per le linee road. Si tratta,
principalmente, di bitumi modificati, conglomerati bituminosi
ed emulsioni. Tra i fiori all’occhiello evidenziati dall’azienda,
il legante bituminoso Rigenerval (ne parleremo in
modo approfondito in prossime occasioni di comunicazione),
che sta riscuotendo ottimi risultati applicativi: “Grazie a questa
linea è possibile impiegare elevate percentuali di fresato
con prestazioni sorprendenti, nonché perfettamente in linea
con le richieste dei più avanzati capitolati stradali: la novità è
rappresentata dal fatto che il nostro legante e il bitume contenuto
nel fresato interagiscano ottimamente senza che si
rendano necessarie aggiunte esterne”. Ma anche un’autentica
novità come il conglomerato a freddo ad alte prestazioni
denominato Asphaltival HP. Per la consolazione delle nostre
strade, sempre più costellate da buche e fessurazioni, e sopratto
di chi le percorre. Tra le ultime soddisfazioni in ordine
di tempo del team delle tecnologie stradali guidato da Petelio
e del direttore tecnico Massimo Paolini, invece, le forniture
al grande cantiere del rifacimento della pista dell’aeroporto
di Bologna, 2° e 3° stralcio, eseguito a settembre. Valli Zabban,
nell’occasione, ha fornito circa 2.000 tonnellate di bitume
modificato ad alto modulo (Drenoval GM), appositamente
progettato per la realizzazione di piste in genere. Nota a
margine ma non troppo: lo stesso bitume è stato impiegato
anche, sempre nel corso del 2020, per il rifacimento completo
dello strato di usura della pista Marco Simoncelli di Misano
Adriatico (in vista della disputa di due prove del Campionato
del Mondo di Motociclismo), nonché per il rifacimento di alcuni
tratti della pista dell’Autodromo Nazionale di Monza (in
vista della gara del Campionato del Mondo di Formula 1). nn
6. Impermeabilizzazione di un
viadotto dell’Autostrada dei
Parchi in Abruzzo con impiego
di bitume modificato StyrVZ
7. Stesa di conglomerato
bituminoso a basse emissioni
sonore prodotto con Drenoval
Rubber (si noti l’assenza
di fumi)
8. Stesa con quattro finitrici
in contemporanea della nuova
pavimentazione dell’aeroporto
di Bologna
31 ottobre 2020
Il segno di una nuova era.
Valli Zabban è lieta di presentare il suo nuovo logo.
Linee innovative, moderne e razionali, che segnano
il nuovo corso aziendale.
8
Ogni meta, con VZ.
Materiali
www.vallizabban.it
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Varchi, Opinioni e Buon Costruire
Istruzione vs distruzione
Una luce in fondo al tunnel
FOCUS Il Varco
Pensavano fosse amore, invece era un calesse
È ora di formare gli autisti delle betoniere
Silvio Cocco
Presidente Fondazione
Istituto Italiano per il Calcestruzzo
Pensava fosse amore, invece era
un calesse, il compianto Troisi, il
cui film del 1991 viene richiamato
anche nel titolo del focus che trovate
qui accanto, titolo suggerito dallo stesso
autore. Pensavano fosse solo un trasporto
di materiale, e invece era, è un “universo
produttivo”, fatto di know how, gestione,
controlli, confronti, varianti e chi ne ha più
ne metta. Già, il viaggio delle autobetoniere
dalle centrali di betonaggio ai cantieri è
diventato, nel nostro Paese, un pianeta,
una galassia, un universo pluridisciplinare... Solo che,
come nota Silvio Cocco, nessuno se ne rende pienamente
conto perché sic rebus stantibus... Nessun j’accuse, ci
mancherebbe, contro il povero “betonierista tuttofare”,
che è stato semplicemente messo in mezzo da un
sistema in cui i punti di miglioramento di
certo non mancano. Ma soltanto uno spunto
concretissimo - un varco - per fare qualcosa
di altrettanto concreto per sparigliare le
carte. Esattamente il contrario della critica
sterile. La formazione! È l’uovo di Colombo,
ma nessuno o quasi lo cucina, qui da noi. Nel
construction ma anche ben oltre i suoi confini.
Cocco, con l’Accademia del Calcestruzzo e
il network di Concretezza ci sta provando
davvero, sta provando a donare la giusta
istruzione per evitare la distruzione, e non
è certo solo questione di consonanti. Poi, ci si è messo
di mezzo di nuovo il Covid-19, ma non basterà questo
a retrocedere. Perché la formazione si fa già online per
i tecnologi del futuro e si farà in presenza per i nuovi e
consapevoli autisti, appena si potrà (FA).
A cura di leStrade
in collaborazione con
Istituto Italiano
per il Calcestruzzo
Fondazione per la Ricerca
e gli Studi sul Calcestruzzo
additivi, per approdare alla progettazione
del calcestruzzo, il mix
design, il controllo di produzione in fabbrica FPC (se
mai ci arriveremo...). A seguire è programmata una
formazione speciale per i venditori del calcestruzzo,
i tecnici commerciali che visitano gli studi di progettazione,
le imprese esecutrici e anche le stazioni appaltanti.
È necessario, anzi direi indispensabile, che
questa figura sia in grado di conoscere il calcestruzzo
in maniera professionale, che sia in grado di proporre
non solo il calcestruzzo standard, quello di tutti i giorni,
ma anche di suggerire tutte le innovazioni in tema
di calcestruzzo che il suo impianto può disporre, Questo
sarebbe un grande servizio da proporre al professionista
non sempre edotto delle disponibilità innovative
del territorio, e un enorme servizio di immagine e
conseguentemente economico per l’azienda che rappresenta.
Siamo partiti dal mattoncino della formava
specifica di formazione. È già
tutto pronto. Si tratterà di una
grande opportunità che andrebbe
perseguita ovunque. Ovunque
vi sia una centrale di betonaggio,
un imprenditore oculato, un tecnico
capace e volenteroso... E si
tratterà di una piccola grande occasione
per poggiare il mattoncino
che farà da base al raggiungimento
del nostro obiettivo. Sì, è
il varco che abbiamo dinnanzi e
che non ci deve sfuggire, è l’occasione
per fare e non per parlare
soltanto.
1. Silvio Cocco, geometra,
tecnologo, imprenditore e
Dal varco alla voragine
da riempire di formazione
Parlo di mattoncino. Ma non si tratta poi solo di un
mattoncino, ma di un grande problema da mettere a
fuoco: oggi come oggi gli autisti della autobetoniere
ricoprono un grande ruolo nella catena produttiva e
purtroppo non lo sanno e questo stato di cose provoca
non pochi danni all’intera catena. Danni seri, derivati
non solo dai soliti luoghi comuni, ma principalmente
dal non conoscere. Con Gian Luigi Pesenti, che
ha fatto e fa parte dei tavoli di Concretezza insieme
a tanti avveduti specialisti della materia calcestruzzo,
abbiamo già iniziato un percorso formativo presso la
nostra Accademia del Calcestruzzo per i responsabili
dei singoli impianti di produzione: un percorso più
complesso viste le responsabilità della figura, un percorso
formativo che parte dalla produzione del cemento,
passando per la produzione degli aggregati e degli
divulgatore di buone pratiche, in
particolare in ambito formativo
La ricerca della qualità e della durabilità è sulla
bocca di tutti: due parole che campeggiano ormai
su tutti gli scudi di chi professa l’intenzione di battersi
per il raggiungimento di questi insperati traguardi,
ma battaglie all’orizzonte non se ne vedono, fatti non
se ne vedono, ma si sentono solo parole, tante parole,
troppe parole. A volte penso che siano talmente
tanti i problemi da risolvere che non si sa da dove
iniziare. Iniziare naturalmente non disturbando troppo,
iniziare a fare qualcosa di positivo senza sconvolgere
il sistema che, come abbiamo ampiamente potuto
constatare, è molto agguerrito nel difendere le
proprie posizioni, conquistate con il tempo e, sebbene
discutibili, difese con grande forza e capacità. Lo
abbiamo potuto costatare ormai in molteplici occasioni.
È bene, quindi, sapere approfittare di ogni occasione,
di ogni varco ci si presenti per poter agire in
favore dei nostri obiettivi: se i problemi da risolvere
sono tantissimi, tantissime possono essere infatti
le occasioni per trovare i nostri “varchi di inserimento”,
apponendo così un mattoncino nella costruzione
del nostro percorso. Un imprenditore, produttore
di calcestruzzo, virtuoso (fortunatamente ne esistono!)
durante una riunione tecnica ha raccolto una mia
proposta per effettuare una formazione specifica per
gli autisti delle autobetoniere dei suoi due impianti di
betonaggio, quello di Covo e quello di Vailate. Si Tratta
di Gian Luigi Pesenti, amministratore delegato di
ImpresePesenti, proprietario, tra l’altro, di una delle
più belle e organizzate cave della Lombardia. La proposta
ha suscitato grande interesse e, appena la bufera
Covid-19-bis ce lo consentirà (una giornata era
già stata organizzata, ma i nuovi DPCM ci hanno obbligati
a procrastinarla...), si tradurrà in un’iniziati-
2, 3. Un percorso di training a tutto campo avviato
dall’Accademia del Calcestruzzo con ImpresePesenti,
un’eccellenza nel nostro settore
(impresepesenti.it)
2
Laboratorio Concretezza
11/2020 leStrade
3
11/2020

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4
zione dell’autista dell’autobetoniera e abbiamo toccato
quasi l’intera filiera. Forse abbiamo davvero trovato
il varco, che che costruisce il nostro obiettivo: mettere
le aziende del nostro settore in condizioni di lavorare
in qualità per il raggiungimento della durabilità, oggi
sinonimo di economia a beneficio dell’intera società.
L’autista multitasking
Un ruolo da rifondare
Ma torniamo ad approfondire il tema iniziale, quello
della formazione dei nostri inconsapevoli austici, che
in realtà, come abbiamo detto, oggi sono molto, molto
di più. Una loro specializzazione, non ci stancheremo
mai di ribadirlo, non solo è opportuna, ma è essenziale,
sebbene nei fatti sia “sconosciuta”. L’autista, oggi,
a causa delle abitudini tutte italiane ha infatti acquisito
una posizione predominante nella catena della produzione
del calcestruzzo, è quasi sempre non lo sa, anzi
oserei dire non lo sa. La crisi del mercato del calcestruzzo
ha costretto molti produttori a cercare in ogni modo
di contenere i costi, soprattutto quelli relativi al perso-
nale. Si è tagliato il personale tecnico ed è stato ridutto
al minimo il personale amministrativo. Gli autisti delle
autobetoniere - gli unici che non potevano sparire per
ovvi motivi - sono invece stati trasformati in molti, troppi
casi, in padroncini. In molti impianti l’autista dell’autobetoniera
ha sostituito il responsabile del sito produttivo
e addirittura si carica da solo la sua macchina. In
troppi casi, trovandoci in un mercato dove gli impianti
sono privi di mescolatore, l’autista è divenuto de facto
il reale produttore del calcestruzzo, visto e considerato
che il calcestruzzo, dopo aver caricato l’autobetoniera,
si produce nella sua macchina in barba alle linee guida
che stabiliscono, peraltro non troppo chiaramente,
che il calcestruzzo si produce all’impianto e qui si fermano,
lasciando alla libera interpretazione il come, il
da chi e il con che cosa.
L’autista, inoltre, è diventato anche per forza di cose colui
il quale alla consegna deve assistere alle operazioni di
accettazione del calcestruzzo, e sempre dovrebbe sostenere
il confronto con il Direttore dei Lavori, quando questi
è presente alle operazioni di betonaggio come vuole
Tutti i mestieri involontari del povero “betonierista”
• Autista del mezzo
• Produttore de facto del calcestruzzo
• Mescolatore-umano (essendo quello meccanico,
nonché “divino”, misconosciuto qui da noi)
• Controllore unico della mescolazione
• Perito supremo di accettazione in contradditorio
con la DL
• Responsabile assoluto delle correzioni dei mix
design (acqua, additivi, fibre...)
• Ispettore della posa in opera
Laboratorio Concretezza
4. Un’autobetoniera “intrappolata” nel traffico
milanese: ma la vera “trappola” è la tuttologia non
adeguatamente formata che ha investito la figura
dell’autista, la quale, date le responsabilità in
gioco e le carenze generali acclarate, deve essere
adeguatamente specializzato
la norma. In pratica: mai. L’autista è anche chi può correggere
il mix, a semplice richiesta del committente del
cottimista del caso. Può correggere il mix con l’aggiunta
di acqua, l’aggiunta di additivi, l’aggiunta di fibre o altro,
commettendo un grave illecito a sua insaputa, sì un illecito,
perché ad ogni aggiunta al mix si va a modificare la
bolla di consegna, unico documento ufficiale emesso dal
responsabile del prodotto. Si va a modificare ll mix e con
esso le caratteristiche prestazionali del prodotto: dopo
le aggiunte il prodotto non è più quello richiesto quello
ordinato, quello fornito.
L’autista, ancora, è l’unico testimone della corretta posa
in opera del prodotto, di cui per legge non ha nessuna responsabilità,
ma comunque nel caso in cui le prestazioni
del calcestruzzo non fossero quelle espresse in bolla,
la committenza cercherà di rivalersi sul produttore e in
tribunale si sa come andrà a finire; anche in questo luogo
sacro le conoscenze del calcestruzzo sono quelle che
sono... L’autista-padroncino di fatto, sempre a sua insaputa
e in potenza, è una vera e propria “bomba” pronta
ad esplodere, un vero e proprio “conflitto di interessi”
continuo. Il calcestruzzo, in considerazione del fatto
che solo il 2% degli impianti di betonaggio esistenti possiede
il mescolatore, dopo essere stato caricato in betoniera
deve essere mescolato per un certo numero di
minuti per ogni metro cubo caricato, così dicasi all’arrivo
in cantiere; chi garantisce questa mescolazione oltremodo
necessaria, visto che comporta anch’essa un
costo in consumo macchina, motore, gasolio, tempo?
L’unica speranza è la formazione
Davanti a questo scenario, chi pensa. ancora che la
formazione dell’autista sia inutile è solamente in malafede.
Certamente in un Paese come il nostro dove
la marcatura CE degli aggregati è un optional, dove la
certificazione FPC è stata data a tutti pur non avendo
i requisiti per non fermare totalmente il mercato,
la formazione accurata di un operatore come l’autista
dell’autobetoniera , divenuto, ripeto, a sua insaputa,
il personaggio chiave dell’intera catena produttiva,
presente in ogni operazione di produzione, dal caricamento
alla consegna, sembra essere oggi un enorme
ancora di salvezza. Non certamente la soluzione, ma
comunque un passo che non si deve trascurare nelle
condizioni in cui ci troviamo. Un tecnologo capace
all’impianto, alla consegna e ricezione, ancor più ai
controlli, sarebbe la soluzione, forse costosa ma senza
alcun ombra di dubbio la soluzione che si attende
ogni committente serio, che a mio avviso ne sosterrebbe
i costi, perché consapevole che il lavoro di qualità
è la base di ogni economia sana. Ci lavoriamo da
anni, prima contro tutti, oggi contro molti ma anche
insieme a tanti altri, che per fortuna coltivano i nostri
stessi valori. Una “guerra” lunga, lo sappiamo, ma un
varco per farci strada verso la vittoria forse oggi l’abbiamo
davvero trovato... nn
11/2020 leStrade
Supporti Segnaletici
Allestimenti
rapidi e sicuri
Un’altra novità dal laboratorio
Prealux, storica e nota realtà
bergamasca del nostro
settore specializzata in soluzioni per
la sicurezza stradale e per la gestione
del cantiere (ma non solo: per
una panoramica completa dei campi
di attività della company si rimanda
a prealux.it; un’altra fonte di informazioni,
inoltre, è il sito web del
2
network astepON, astepon.it, di
cui Prealux è main partner). Si tratta
di una gamma di innovativi supporti
- brevettati e certificati - per
il montaggio dei segnali stradali su
barriere di sicurezza in acciaio e in
New Jersey nei siti di cantiere. Rispetto
alle tradizionali staffe a sella,
i nuovi supporti WS (sigla che sta
4
per White Star) - spiegano da Prealux
- “sono installabili e smontabili con rapidità grazie a un apposito
sistema a incastro, generando un risparmio anche dell’80%
nella tempistica di allestimento del cantiere”. Con i supporti WS,
inoltre, non è necessario utilizzare ulteriori accessori o strumenti,
né forare la lama o il calcestruzzo. Infine, quest’innovazione
consente di scongiurare i rischi di caduta o spostamento dei segnali
che sono, va sottolineato, certificati (certificato di costanza
della prestazione Aisico 2131/GPR/846).
Qualità Made in Italy
Un “particolare” che porta dunque nei nostri cantieri qualità,
valocizzazione e soprattutto sicurezza. Una soluzione
frutto di ricerca, sviluppo e conoscenza profonda delle
A cura della redazione
INNOVAZIONE PURA DA PREALUX: I SUPPORTI AMOVIBILI PER PALI
SEGNALETICI ANCORABILI SIA A BARRIERE IN ACCIAIO SIA AL NEW JERSEY CHE
CONSENTONO UN RISPARMIO DELL’80% NEI TEMPI DI ALLESTIMENTO, EVITANDO
BULLONATURE E AZZERANDO I RISCHI PER CIRCOLAZIONE E OPERATORI.
UNA SOLUZIONE (BREVETTATA E CERTIFICATA) CHE CI VOLEVA.
3
1, 2. Supporti WS di Prealux:
dall’acciaio...
3, 4. ...al calcestruzzo
1
esigenze degli operatori che punta a generare un cambio
di passo nelle pratiche di utilizzo dei tradizionali dispositivi
di sistemazione segnaletica nei siti di lavoro, pensiamo ai
sacchetti di sabbia arancioni o gli ancoraggi al calcestruzzo
che prevedono forature e bullonature assortite. Con i
supporti WS tutto questo potrebbe essere un lontano ricordo
ed è interessante il fatto che questa innovazione sia
Made in Italy, ovvero nasca da un’azienda di casa nostra
con una forte vocazione all’internazionalizzazione. La famiglia
WS, che ha prodotti ad hoc sia per l’acciaio sia per
il calcestruzzo, permette così di rendere davvero dinamica
e facilmente amovibile la segnaletica verticale in cantiere,
secondo le esigenze specifiche degli operatori. Vale
la pena, in conclusione, tornare a riassumere i punti di valore
di questa autentica innovazione: il dinamismo, innanzitutto,
quindi il risparmio di tempo e lavorazioni (inclusi i
ripristini) nell’allestimento del cantiere che questa caratteristica
porta con sé. Poi, anzi prima di tutto la sicurezza,
che risulta moltiplicata. Minimizzando le lavorazioni, si abbattono
anche i rischi connessi alle medesime, così come
quelli, come già anticipato, legati a cadute o spostamenti.
In generale, possiamo aggiungere, uno strumento che
dia alla segnaletica del cantiere linearità ed efficienza, porta
senz’altro benefici anche all’esattezza della collocazione
dei segnali, il che è cruciale per aumentare la sicurezza
della viabilità ordinaria, con meno rischi anche per il sito
d’opera. Infine, ancora un cenno all’aspetto della certificazione
da parte di un ente notificato, che toccano anche caratteristiche
specifiche come la solidità di questi dispositivi
(i supporti sono in acciaio Inox AISI 304 e vengono trattati
con micropallinatura), un plus di durabilità. Una volta bloccate
in sede, infatti, le pinze offrono una resistenza tale da
non richiedere ulteriore manutenzione. nn
11/2020
Tecnologie&Sistemi

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Parapetti in Corten
Da strade ferrate
a ciclovie d’acciaio
Il fiore all’occhiello di un intervento di grandissimo valore
tecnico-culturale ha la foggia di un parapetto in acciaio
Corten sviluppato e fornito da una realtà del Made in
Italy, Cortensafe, votata alla qualità. Ma riavvolgiamo per un
momento il nastro: l’intervento va sotto il nome di “Recupero
e riqualificazione del tracciato ferroviario Bologna-Verona”,
opera di rigenerazione territoriale pilotata dalla Città Metropolitana
di Bologna (Area Servizi Territoriali Metropolitani
Servizio Progettazione Costruzione Manutenzione Strade;
cittametropolitana.bo.it) e rientrante nel più grande progetto
della Ciclovia del Sole, quattro regioni da attraversare,
un tassello fondamentale della nuova Europa green. Lo
racconta a leStrade il direttore dei lavori, ingegner Barbara
Luchetti, Città Metropolitana di Bologna: “Stiamo parlando
di un itinerario che si snoda per circa 46 km complessivi incentrato
sulla riqualificazione della linea ferroviaria storica
Bologna-Verona e della sua riconversione in pista ciclabile.
Si tratta, nello specifico, di un’opera divisa in 5 lotti che attraversa
aree di grande pregio paesaggistico e naturalistico
ed è caratterizzata da una notevole complessità ingegneristica,
anche in virtù dei materiali preesistenti su cui abbiamo
lavorato, pensiamo per esempio al ballast ferroviario”. Una
delle linee guida del progetto, a cui ha dato un importante
apporto, tra gli altri, l’ingegner Pieluigi Tropea, anch’egli in
forza alla Città Metropolitana di Bologna - che, oltre a esprimere
la DL è anche stazione appaltante e soggetto attuatore
(proprietaria del sedime, concesso in comodato d’uso
ai Comuni, resta sempre FS Italiane) - è stata proprio quella
del migliore inserimento possibile dell’opera nel contesto
delle aree (segnatamente verdi). Di qui scelte progettuali
come la pavimentazione con ghiaino in porfido a vista e, per
l’appunto, i parapetti in acciaio Corten: “Abbiamo impiegato
questa soluzione - continua Luchetti - in particolare sui
Stefano Chiara
NELL’AREA METROPOLITANA DI BOLOGNA STA SORGENDO, SUL SEDIME
FERROVIARIO STORICO, UN TRATTO DELLA NUOVA CICLOVIA DEL SOLE IN CUI
SONO STATI RIQUALIFICATI, OLTRE ALLA SOVRASTRUTTURA, ANCHE I PONTI
STORICI CON PIÙ DI UN OCCHIO DI RIGUARDO ALL’AMBIENTE, ALLA DURABILITÀ
E ALLA SICUREZZA: TRE FATTORI BEN SINTETIZZATI NELLE SOLUZIONI IN ACCIAIO
CORTEN ADOTTATE.
1. Parapetti Cortensafe su
rilevato delle rampe
2. Particolare della ferrovia
prima della riqualificazione
2
1
3
3, 4. I sistemi Falcade
installati sui ponti con
infissione a piastra bullonata
5. Ancora sulle rampe: si noti
l’infissione nel terreno (con
profili UNP con battipalo)
senza opere di fondazione
4
5
ponti, dove risulta perfettamente adeguata non solo al paesaggio
circostante, ma anche e soprattutto all’infrastruttura
ferroviaria storica, in gran parte in carpenteria metallica
(riqualificata). Un altro aspetto da sottolineare è quindi
la durabilità del Corten e il fatto che non necessiti di manu-
tenzioni, una virtù e insieme una necessità, dato che i tratti
saranno gestiti dai comuni”.
Palestra tecnica
Già, il Corten, nello specifico quello forgiato da Cortensafe,
uno specialista nel ramo di cui spesso abbiamo scritto su questa
rivista. I parapetti forniti alla Ciclovia del Sole fanno parte
della famiglia Falcade HO3 e sono stati divisi in due tipologie
per un totale di circa 1.300 m lineari: quelli da 1,50 m di
altezza, nel rispetto del DM 257 del 1999, sono stati installati
sui ponti; quelli da 1,10 m, invece, sulle rampe di accesso.
Avendo già più volte messo l’accento sui punti di forza combinati
della durabilità e dell’armonizzazione ideale con il paesaggio,
in questa circostanza possiamo dare spazio a un altro
aspetto di questi dispositivi, che si affiancano alle linee delle
staccionate (per ulteriori info: cortensafe.it). Ci riferiamo ai
sistemi di infissione, diversificati, nel caso specifico, rispetto
alle tipologie dei supporti: con piastra bullonata sui ponti (su
base in acciaio), con profili UNP infissi con macchina battipalo
sulle rampe di accesso. “Per quanto riguarda questi ultimi casi
- rileva Manuel Cracco, di Cortensafe - questo intervento ha
rappresentato per noi un banco di prova: fino ad ora le nostre
staccionate prevedevano un sistema di collegamento di questo
genere, mentre i parapetti prevedevano necessariamente
supporti in calcestruzzo. Lavorare su questo terreno, progettualmente
e costruttivamente, ci ha consentito di arrivare
a una soluzione tecnica di infissione diretta, ad hoc, anche per
i parapetti, che successivamente abbiamo standardizzato”.
Dell’opera e di alcune sue peculiarità ci ha parlato infine anche
il geometra Moreno Gentilini, responsabile area Infrastrutture
dell’impresa esecutrice CIMS (cims.it). “Per quanto riguarda
le opere d’arte, ovvero i ponti, laddove è risultato necessario
siamo intervenuti realizzando alcune solette integrative
di distruzione. In tutti i manufatti, invece, abbiamo rimosso
le traversine preesistenti e proceduto a una riqualificazione
con sabbiatura e doppia verniciatura degli elementi metallici.
Quindi abbiamo realizzato la nuova sovrastruttura ciclabile
con bitumature su massicciata a ghiaino in profido, dando
così l’effetto rosato. Per quanto riguarda le protezioni, sui ponti
la scelta è caduta sui parapetti in acciaio Corten, una soluzione
di prima scelta e decisamente architettonica dall’ottimo
inserimento ambientale e installabile in ogni contesto. Arrivando
già preassemblata in cantiere, dal punto di vista della
gestione d’impresa si rende soltanto necessaria un’analisi
profonda del progetto, per sapere prima di quante e quali
tipologie di parapetto si necessiterà, fatti salvi naturalmente
gli imprevisti, che in cantiere non mancano mai. Un’evoluzione
potrebbe essere rappresentata dal fatto di svincolare
i montanti dalle piastre, rendendo questo prodotto ancora
più versatile”. Abbiamo già citato il fattore eterogeneità (che
in genere fa rima con criticità) dei terreni su cui si è operato:
una palestra geotecnica per tutti, dall’impresa all’installatore,
al fornitore dei dispositivi, non nuovo alle sfide R&D, che infatti
si è “fatto le ossa” verso la standardizzazione di un nuovo
sistema. Dopo gli sforzi e le lezioni apprese ora i parapetti
sono al loro posto e l’inaugurazione dei primi tratti funzionali
è vicina. Una boccata d’ossigeno per i ciclisti, un’infrastruttura
bella e sicura che rinasce al servizio delle comunità. nn
Tecnologie&Sistemi
Tecnologie&Sistemi
11/2020 leStrade
11/2020

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Software di Progettazione
Virtuale e digitale
per migliorare le reti
Il virtuale che diventa reale. È l’essenza contemporanea
della progettazione, sempre più chiamata a programmare,
prevedere, gestire, semplificare. Anche e soprattutto
grazie alla tecnologia. Ma è anche l’essenza - un’essenza
- contemporanea della divulgazione e del networking,
quello di primissimo livello a cui ci ha abituati Bentley Systems
che quest’anno ha spostato sul web, per tempo e in
modo encomiabile, il suo Year in Infrastructure. Sono stati
giorni, quelli dell’evento della casa americana di fine ottobre,
in cui si è parlato di strumenti e di buone pratiche, di
ottime visioni e di lodevoli collaborazioni. Le infrastrutture
di trasporto sono state tra i protagonisti degli Awards, happening
molto atteso e seguito dalla comunità tecnica. I 16
membri di una giuria indipendente hanno selezionato 57 finalisti
tra oltre 400 candidature inviate da più di 330 organizzazioni
provenienti da più di 60 Paesi del globo. Sono stati
19 i vincitori del concorso, oltre ai 14 vincitori del premio
“Special Recognition”. Rimandando alle risorse web di Bentley
System per tutti i dettagli progettuali (https://bentley.exceedlms.com/student/catalog/list?category_
ids=538-yii-awards), ci limitiamo in questa sede soltanto
a citare alcuni dei progetti premiati in ambito “transport infrastructure”.
Eccoli:
• Modellazione delle prestazioni dei ponti: UNIST - “A
Smartwatch on the Bridge”, Corea del Sud;
• Visualizzazione con digital twin: Network Rail - “Overcoming
Challenges Under Covid-19 Lockdown”, Regno Unito;
• Digitalizzazione ponti - Chongqing Communications Planning,
Survey & Design Institute
Guizhou Communications Construction Group, Guizhou Bridge
Construction Group, “Digital Design and Construction of
Tecnologie&Sistemi
Taihong Yangtze River Bridge”, Cina;
• Ingegneria geotecnica - Golder Associates Hong Kong,
“Tuen Mun-Chek Lap Kok Link Tunnel, Southern Landfall”,
Hong Kong;
• Ferrovie e trasporti - Powerchina Huadong Engineering,
“Innovative Application of Digital Engineering Technology in
Shaoxing Rail and Transit Construction”, Cina;
• Performance asset stradali e ferroviari - Roads and Transport
Authority (RTA), “Collaborative Information System Implementation
- Whole Lifecycle Common Data Environment”,
Emirati Arabi Uniti;
• Strade e autostrade - Sichuan Road & Bridge Group, “BIM
Technology Application on Chengdu-Yibin Expressway”, Cina.
Digital twin sul Polcevera
Niente Italia, per quest’anno, ma ugualmente “tanta” Italia
per il fatto che nei “virtual speach” uno spazio notevole è
stato dato alla premiata best practice della scorsa edizione
Giovanni Di Michele
L’ITALIA ANCORA PROTAGONISTA, CON LA NARRAZIONE DEL DIGITAL TWIN
DEL PONTE DI GENOVA - SVILUPPATO PROGETTUALMENTE DA ITALFERR -
DELLA KERMESSE BENTELY SYSTEM “YEAR IN INFRASTRUCTURE” 2020, CHE
SI È TENUTA A OTTOBRE SUL WEB. TRA I TEMI DA METTERE IN RILIEVO, LA
DIFFUSIONE DI STRUMENTI COLLABORATIVI SEMPRE PIÙ AVANZATI AL SERVIZIO
DELL’INTERA FILIERA DELLE COSTRUZIONI INFRASTRUTTURALI.
1
1. Greg Bentley, CEO
di Bentley Systems,
racconta la best practice
“Ponte di Genova”
11/2020 leStrade
2, 3. Due grafiche tratte dal
progetto Italferr (Gruppo FS
Italiane)
4. Spazio di rilievo alle
infrastrutture di trasporto,
come di consueto, negli YII
Awards 2020
5. I benefici portati
dall’innovazione Bentley al
grande progetto del ponte
Guizhou in Cina
2
del progetto Italferr del nuovo ponte sul Polcevera a Genova,
oggi battezzato Ponte San Giorgio. Ne abbiamo già parlato,
più di una volta, ma non è banale richiamarne alcuni spunti,
anche perché il caso è stato portato all’attenzione dell’intera
audience dell’evento direttamente da Greg Bentley, CEO
dell’azienda, nel suo discorso introduttivo. Al centro della scena
la creazione progettuale, ante operam, di un digital twin
del ponte da realizzare, sfruttando in pieno le metodologie e
le soluzioni stradali Bentley. I progettisti, in estrema sintesi,
hanno creato un “data environment” aperto e interconnesso
basato su ProjectWise che ha favorito la collaborazione
tra i team multidisciplinari. Utilizzando MicroStation, Open-
Roads e OpenBuildings Designer, il team ha quindi progettato
l’intera infrastruttura sfruttando al meglio il modello digitale
3D, nonché importato i rilievi LiDAR eseguiti sul terreno
mediante Descartes. Il modello di informazioni 3D unificato
così creato ha costituito la base di lavoro non solo per la progettazione,
ma anche per la costruzione, generando risparmi
in termini sia di tempistiche sia di costi. Altro strumento
Bentley utilizzato da Italferr è stato quindi Synchro, che ha
consentito di generare script 4D funzionali all’ottimizzazione
e all’automatizzazione di una serie di processi che in contesti
tradizionali vengono eseguiti manualmente. Il nuovo approccio
digitale ha dato quindi un grande aiuto anche nella
gestione delle interferenze, tema abitualmente molto complesso
come sanno bene gli addetti ai lavori.
Il progetto nuovo ponte di Genova, più in generale, si è basato
sull’accordo “sinfonico”, potremmo dire, di ben 34 modelli
separati. Tutti accordati dai progettisti di Italferr, che si
sono avvalsi del software Navigator per sciogliere ogni nodo
o contraddizione prima della costruzione, non durante e tan-
4 5
3
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Tecnologie&Sistemi

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Parlano gli esperti: benefici dall’innovazione anche per le opere di ogni ordine e grado
Da Genova, con il suo nuovo ponte, a...tutti gli altri
ponti d’Italia (e naturalmente del mondo). Già
perché i grandi e galoppanti vantaggi che tecnologie
come quelle proposte da Bentley System
possono portare, dovrebbero quantomeno essere
prese in considerazione non solo nelle nuove
opere, ma anche nelle manutenzioni e ripristini
che, come sappiamo bene, sono l’assoluta
priorità. Su questo e altro, abbiamo avuto l’occasione
di dialogare con due specialisti Bentley
6
Systems, area infrastrutturale, ai massimi livelli:
Francois Valois, Bentley Systems Vice President,
Civil Engineering e Meg Davis, Bentley Systems Industry
Marketing Director, Road. Ne è emerso un interssante
focus online (con triangolazione USA-Canada-Italia...)
polarizzato, fondamentalmente, su una
domanda: come possono le tecnologie Bentley essere
d’aiuto al nostro sistema di infrastrutture? “La best
practice di Genova, a cui siamo orgogliosi di aver contribuito,
rappresenta un’eccellenza - ha esordito Valois
-, che ci fatto capire pienamente come i nostri strumenti
possono davvero essere utili proprio nella progettazione
innovativa di ponti e viadotti, ‘oggetti’ infrastrutturali
notoriamente complessi, nonché ‘costosi’
e dalle molte delicatezze. Per semplificare l’opera di
tutti gli attori coinvolti nella loro progettazione, realizzazione
e gestione, possiamo contare su un software
su misura, OpenBridge, che opera in collaborazione
con diverse nostre suite, generando un modello dinamico
alla cui implementazione l’intera filiera più partecipare.
Al momento, però, il nostro sforzo sta andando
in una precisa direzione: vorremmo far sì che questo
approccio digitale non sia proprio soltanto di alcune
grandi opere, ma diventi cultura diffusa nei cosiddetti
‘ponti di tutti i giorni’, ovvero nei tanti interventi di gestione
urbana o extraurbana. E naturalmente vorremo
che il loro impiego sia il più possibile esteso a tutti
gli attori in gioco, dai progettisti a chi opera dentro i
cantieri”. Gestire un intervento di costruzione o manutenzione
con pochi click, semplificando a tempo di record
le criticità, generando armonia professionale tra
le forze in campo. Un’operazione culturale a cui Bentley
dedica molte energie, come sottolinea Meg Davis:
“È fondamentale che gli operatori imparino a lavorare
insieme digitalmente, e questo sia all’interno della
propria azienda ma anche e soprattutto tra aziende diverse,
con ruoli distinti: dalle stazioni appaltanti ai subappaltatori.
È il nostro obiettivo prioritario e lo perseguiamo
più che consapevoli dei vantaggi che può
garantire a tutta la filiera”.
Se questo approccio sembra promettente ed efficiace
nei casi delle nuove opere, viene da chiedersi come
e se procedere quanto davanti ci troviamo un’opera
esistente, e non da ieri. “Anche questo - rileva Valois -
è un campo in cui l’innovazione sta facendo passi da
gigante e a cui prestiamo grande attenzione. Il punto
è la ricostruzione di modelli dettagliati delle opere esistenti
che siano densi di dati su cui lavorare a velocità
impensabili solo qualche anno fa. Già, ma come si
fa? Oggi possiamo ‘scansire’ ogni ponte e credo che
sia questo il primo dovere di ogni ente di gestione.
Possiamo farlo con laser scanner, droni e dispositivi
di AI, intelligenza artificiale, che fanno
parte della nostra piattaforma Bridge AssetWise.
Una volta compiuta questa attività fondamentale,
ma possibile, la palla passa alle ispezioni virtuali,
oltre che sul campo, che possono garantire
ulteriori vantaggi in termini quantitativi così
come qualitativi”.
Infine, ancora due suggestioni. La prima è un ulteriore
cenno a Synchro, il software Bentley che
consente di ottimizzare al massimo le tempistiche nelle
diverse fasi dell’opera, coordinando il progetto e le
sue evoluzioni con tutti gli altri step in gioco: “È un
grande strumento di aggiornamento automatico, di
rischedulazione delle attività sulla base dei cambiamenti
progettuali: l’ultima frontiera del 4D dove la dimensione
del tempo, e della sua gestione ottimale,
viene messa al centro senza perdere il fattore della
collaborazione con le altre applicazioni”, rileva Valois.
La seconda risponde alla seguente domanda: l’innovazione
può irrobustire anche gli aspetti del controllo
e dunque della sicurezza delle opere d’arte? Ancora
Valois: “È questo uno dei punti di valore dell’approccio
digital twin, che prevede la condivisione profonda
dei dati e la loro accessibilità a tutta la filiera, dai progettisti
ai controllori. La storia del dato è trasparente
e ricostruibile, le verifiche incrociate sono estremamente
facilitate, così come la possibilità di correggere
il tiro, di elevare gli standard di resilienza, e via dicendo.
Abbiamo già avuto attestazioni in tal senso,
per esempio da amministrazioni stradali americane
che usano i prodotti Bentley proprio con lo scopo di
migliorare la sicurezza del costruendo e del costruito”.
(Fabrizio Apostolo)
è la soluzione studiata
da ROADLINK per garantire:
Sicurezza con l’impiego di materiali innovativi
PROTEZIONI PER PISTE CICLABILI CON
ILLUMINAZIONE INTEGRATA
tomeno dopo... Un’ulteriore accelerazione è quindi stata resa
possibile dallutilizzo di LumenRT, un programma che consente
di determinare con estrema precisione volumi e quantità
dei materiali richiesti. Sfruttando il BIM e creando un flusso
di lavoro digitale mediante le applicazioni Bentley, Italferr è
dunque riuscita a ottenere una visualizzazione ottimale del
progetto, con un livello di qualità e rapidità molto più elevato
rispetto ai tradizionali progetti 2D. Tra i vantaggi: riduzione
dei costi di progettazione, miglioramento dei processi decisionali,
elevati standard di accuratezza e comunicazione multidisciplinare,
rispetto assoluto delle tempistiche.
Frontiera Smart City
Tecnologia avanti tutta, dunque, puntando sulla collaborazione.
Tra le tante attivate negli anni da Bentley Systems una
da sottolineare è quella, oltremodo consolidata, con Mirosoft,
ulteriormente potenziata proprio con il fine di accelerare
l’“innovation factor” nel campo dei digital twin infrastruttura-
li. Bentley e Microsoft, infatti, hanno annunciato l’espansione
di un’alleanza strategica incentrata sul progresso delle
infrastrutture per la pianificazione urbana e la realizzazione
di città intelligenti. L’alleanza unirà i gemelli digitali di Azure
IoT e le mappe di Azure Microsoft con la piattaforma iTwins
di Bentley Systems, consentendo a ingegneri, architetti, costruttori
e urbanisti di lavorare all’interno di un digital twin
completo su scala urbana, per un migliore processo decisionale,
l’ottimizzazione dell’efficienza operativa, la riduzione
dei costi e il miglioramento della collaborazione. “In Bentley
crediamo che i digital twin infrastrutturali diano la possibilità
a tutta la comunità tecnica di progettare, costruire e gestire
asset infrastrutturali più vantaggiosi in termini di costi, più
e resilienti e sostenibili - ha sottolineato Greg Bentley, CEO,
Bentley Systems -. Siamo entusiasti di estendere la nostra
partnership per portare nuovi progressi nell’ambito dei digital
twin alle organizzazioni di ingegneria delle infrastrutture
e ai loro componenti”. nn
6. Un momento del forum
virtuale di leStrade con
Francois Valois, Bentley
Systems Vice President, Civil
Engineering e Meg Davis,
Bentley Systems Industry
Marketing Director, Road
Illuminazione o giochi di luce preprogrammati
con tecnologia GuardLED ®
Sistema di rilevamento del passaggio con
illuminamento adattativo intelligente
Basso consumo energetico e riduzione
dell’inquinamento luminoso
Tecnologie&Sistemi
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www.roadlink.it

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93 LS
Cultura Aziendale
L’eco-efficienza
di legno e acciaio
L’EVOLUZIONE DELL’ANALISI DEL CICLO DI VITA (LIFE-CYCLE ASSESSMENT/ LCA)
COME LINFA DI UNA CULTURA AZIENDALE CHE HA OGGI A DISPOSIZIONE TUTTI
GLI STRUMENTI PER PENSARE PRODOTTI CHE VADANO DAVVERO “DALLA CULLA
ALLA CULLA”, OVVERO SECONDO UN PROCESSO PROGETTO-USO PIENAMENTE
CIRCOLARE. UN ESEMPIO FORTE ARRIVA DAL LEGNO E DALL’ACCIAIO, MATERIALI
CHE RITROVIAMO, PER ESEMPIO, NELLE BARRIERE DI SICUREZZA.
del ciclo di vita (Life-Cycle Assessment, LCA) è
uno strumento che esamina i carichi energetici e gli impatti
ambientali associati alle varie fasi dell’intero ciclo di
L’analisi
vita di un prodotto (dall’estrazione delle materie prime alle fasi di
trasformazione, produzione, distribuzione, uso e infine dismissione,
riciclo o riutilizzo dei singoli componenti). Un’analisi LCA
può rappresentare un ottimo strumento di supporto per la progettazione
sostenibile. La sua redazione, definita dalle norme
ISO della serie 14040, si articola in quattro fasi:
1. Definizione degli scopi e degli obiettivi;
2. Inventario del ciclo di vita (Life-Cycle Inventory Analysis,
LCI);
3. Valutazione degli impatti (Life-Cycle Impact Assessment,
LCIA);
4. Interpretazione dei risultati e miglioramento.
Grazie a un’accurata LCA sarà possibile individuare, per un
dato prodotto industriale, le fasi critiche dal punto di vista
ambientale, i soggetti che potranno intervenire per modifi-
1. Barriera di sicurezza
Vita International
in acciaio Corten
Giulio Toffolo
Roadlink
Gruppo Vita International
1
2. Materiali e sostenibilità:
legno massello
3. Legno lamellare
4. Marchio Ecolabel
5. Marchio EPD
4
5
2
3
care la situazione e i dati necessari per poter realizzare interventi
di miglioramento. Le aziende più virtuose potranno
utilizzare i risultati così ottenuti per pubblicizzare prodotti
maggiormente attenti all’ambiente, potendo ottenere etichettature
ecologiche (come Ecolabel) o dichiarazioni ambientali
di prodotto (come il sistema EPD).
Etichette verdi
Nella politica di prodotto il Life Cycle Assessment può potenzialmente
giocare un ruolo utile sia nel settore pubblico sia
nel privato. Per esempio attraverso le “etichette ambientali”:
grazie alla loro assegnazione, le aziende possono infatti
usare l’LCA per aumentare il proprio vantaggio competitivo e
consentire così ai consumatori di scegliere consapevolmente
prodotti verdi. Questi “marchi ecologici”, applicati su un prodotto
o a un servizio, forniscono informazioni sulla performance
ambientale complessiva o su uno o più aspetti specifici.
Esistono etichette ambientali di tre differenti tipologie:
• Etichetta Ecologica di Tipo I (ISO 14024). È l’Eco-Label,
riconosciuta a livello europeo; è sottoposta a certificazione
esterna e viene attribuita da un organismo competente sulla
base di specifici criteri di riconoscimento dell’eccellenza ambientale,
diversi per ogni categoria di prodotti.
• Etichetta Ecologica di Tipo II. Riporta “autodichiarazioni”
circa le caratteristiche eco dei prodotti; la Norma ISO
14021 specifica inoltre che le caratteristiche delle “avvertenze”
devono contenere informazioni accurate, verificabili,
rilevanti e non ingannevoli. A tale scopo si richiede l’uti-
lizzo di metodologie verificate e provate su basi scientifiche
che consentano di ottenere risultati attendibili e riproducibili,
(per esempio proprio l’LCA).
• Etichetta Ecologica di Tipo III (ISO/TR 14025). È la cosiddetta
EPD ® (Dichiarazione Ambientale di Prodotto o Ecoprofile).
Riporta informazioni ambientali su un prodotto in base
a parametri prestabiliti ed è sottoposta a un controllo indipendente.
L’EPD è indicata per prodotti e servizi lungo la filiera
produttiva e, riferendosi a normative ISO, è riconosciuta
su tutto il mercato internazionale.
Cradle to cradle
(dalla culla alla culla)
Oggi utilizziamo la terra come fonte di materie prime, comportandoci
come se le risorse naturali fossero infinite. Questo
principio è chiamato “Cradle to Grave”, dalla “culla alla
tomba”. È giunto il momento di rendersi conto che il nostro
pianeta può smaltire una quantità limitata di rifiuti. Se continuiamo
a gettare nelle discariche le risorse preziose contenute
nei prodotti trasformati, molte materie prime saranno
presto esaurite. Come invertire la rotta? Per esempio guardando
a che cosa fa la natura, la quale ci insegna che non ci
sono rifiuti, ma solo sostanze nutritive. Quindi i rifiuti sono
semplicemente una risorsa preziosa nel posto sbagliato. Dovremmo
cercare dunque di mantenere la circolarità dei flussi
di materiali secondo un principio denominato “Cradle to
cradle”, dalla “culla alla culla”. Circolarità vs linearità. Con
l’approccio C2C non solo possiamo ridurre la nostra impronta
ecologica negativa, ma anche estendere il nostro impatto
positivo. Ciò significa che, già durante la progettazione di un
nuovo prodotto, dobbiamo prevedere come verranno utilizzati
tutti i suoi componenti alla fine del ciclo di vita. Così facendo,
nel lungo periodo saremo in grado di vivere di nuovo
in armonia con la natura, senza abbassare il nostro tenore di
vita. Michael Braungart, ideatore del modello C2C, si sta impegnando
concretamente per trasformare questo sogno in
realtà. I tecnici che progettano prodotti seguendo l’approccio
C2C guardano prima di tutto al risultato del loro intervento.
Vogliono che ogni fase del processo ideativo prima e produttivo
poi sia socialmente equa, vantaggiosa dal punto di vista
6
7
6. Il professor Michael Braungart
7. “Cradle to Cradle”, dalla culla
alla culla: un paradigma cruciale
Tecnologie&Sistemi
Tecnologie&Sistemi
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ambientale, abbia prestazioni elevate e si presenti esteticamente
gradevole. Ma come far funzionare questo modello in
un’economia di mercato, basata sulla domanda del cliente?
Passando per esempio dalla vendita di prodotti alla vendita di
servizi, una forma di leasing ecologico che permetta di utilizzare
materiali migliori di quelli oggi impiegati per minimizzare
i costi. Braungart cita l’esempio della macchina noleggiata
per compiere una certa distanza, i cui componenti sono incollati,
non più saldati, e poi staccati e riutilizzati. Airbus, per
esempio, ha ridotto i costi del 20% grazie ai rivestimenti per
sedili biodegradabili, certificati C2C. Fin dalla sua istituzione
nel 1992, il paradigma C2C è cresciuto fino a includere un
processo attraverso il quale i prodotti possono essere certificati
“dalla culla alla culla”. Per ottenere la certificazione, il
prodotto deve rispondere a 5 precise caratteristiche: utilizzo
di energie rinnovabili, tutela delle risorse idriche, utilizzo
di materie prime atossiche, responsabilità sociale e recupero
dei materiali. Con il modello C2C, Braungart propone così
una terza via, alternativa sia alla crescita senza controllo sia
alla decrescita felice. Una via che si concretizza nella parola
d’ordine della “eco-efficacia” (ben diversa dalla eco-efficienza
o sostenibilità ambientale), che si fonda su due concetti
fondamentali:
1. La progettazione di filiere di produzione che prevedano, a
monte, il reinserimento dei materiali in successivi cicli produttivi;
2. Il passaggio dal concetto di vendita di prodotti al concetto
di vendita di servizi (per esempio car sharing e cohousing):
acquistiamo solo la funzione, la proprietà dello strumento rimane
a chi lo ha prodotto e vende il servizio.
Metodologia LCA
Nata quarant’anni fa, la metodologia LCA si è affermata negli
anni ’90 e oggi la sua validità è riconosciuta a livello internazionale,
come dimostra la sua standardizzazione in norme del
gruppo ISO 14000. Le tematiche ambientali non sono però
le sole che possono essere affrontate mediante il “life cycle
thinking”. Per esempio, anche tutte quelle analisi di carattere
economico che mirano a quantificare in maniera completa il
8
costo associato a una determinata attività possono applicarlo
e, in questo caso, si parla più propriamente di Life Cycle Cost
Analysis o LCCA. Un po’ di storia. Negli anni ‘60: nasce l’approccio
“Environmental Life Cycle Thinking”, si inizia a pensare
agli impatti ambientali causati dall’intero ciclo di vita di
un prodotto. Negli anni ‘70 negli USA l’Agenzia per l’ambiente
EPA (Environmental Protection Agency) promuove le indagini
REPA (Resource and Environmental Profile Analysis). Negli
stessi anni viene redatto il “Manuale di analisi energetica”
di Bouestead e Hancock (1979) che crea le basi dell’attuale
metodologia LCA. Negli anni ‘90 durante il congresso Setac
(Society of Environmental Toxicology and Chemistry) nasce
quindi il termine LCA per definire gli obiettivi delle analisi sul
ciclo di vita. Successivamente l’ISO andrà a standardizzare
la metodologia, oggi definita nelle norme ISO 14040 e 14044
del 2006. Negli anni Duemila arrivarono infine la nuova ISO
14040 (“Principi e quadro di riferimento”, sintesi di cosa serve
per una corretta valutazione LCA) e ISO 14044 (“Requisiti
e linee guida”, guida nell’esecuzione della LCA).
Lo studio LCA
Ma come si effettua uno studio LCA? Si parte definendo la cosiddetta
“unità funzionale”, quindi si articolano quattro fasi
consequenziali: 1) Definizione di obiettivi e scopi dello studio;
2) Analisi dell’inventario (la raccolta dei dati di processo
che genera il prodotto e/o il servizio); 3) Valutazione degli
impatti ambientali; 4) Interpretazione dei risultati del modello.
Insieme con il metodo LCA per la valutazione delle performance
ambientali abbiamo quindi le già citate dichiarazioni
ambientali di prodotto (EPD ® ), di natura volontaria. Una Dichiarazione
Ambientale di Prodotto è un documento che contiene
delle informazioni oggettive su prodotto ricavate mediante
l’analisi del ciclo di vita (LCA) secondo la ISO 14040.
1) Requisiti specifici di prodotto (Product Category Rules,
PCR). Per poter effettuare un confronto tra dichiarazioni di
prodotti analoghi è necessario definire regole valide esclusivamente
per uno specifico prodotto. In questo modo si fissano
i parametri da seguire e rispettare per la stesura dello
studio LCA all’interno del gruppo cui il prodotto si riferisce. I
PCR hanno valenza internazionale. 2) Analisi LCA. Redatta
in base alle indicazioni presenti nei PCR, nelle linee guida del
sistema EPD ® e secondo le indicazioni contenute all’interno
delle norme ISO 14040 e 14044. Risulta chiaro che lo studio
LCA è un momento fondamentale all’interno della redazione
di una EPD. 3) Dichiarazione ambientale. I contenuti della
EPD dovranno essere analizzati e verificati da un ente terzo,
che ne effettuerà la convalida.
8. Schema LCA
9. Sostenibilità delle foreste
nel ciclo produttivo del legno
10. Esempi su strada a brand
Vita International: barriera in
legno massello e acciaio
11. Barriera in legno
lamellare e acciaio
10
9
11
ni estetiche derivanti dalla natura tipica del legno. Presenta
inoltre limiti di grandezza e dimensioni, legate all’albero dal
quale proviene e, pur essendo decisamente solido, è meno
stabile perché soggetto alla presenza di naturali fessurazioni
da ritiro, così come dei nodi e imperfezioni di cui si diceva. Il
legno lamellare, invece, è un prodotto “umano”, ma non per
questo meno naturale. È infatti ottenuto dall’unione di tavole
o lamelle essiccate e incollate tra loro. Una sua sintetica
carta d’identità: è un materiale stabile, più del legno massello
(la lavorazione infatti elimina la naturale espansione/
contrazione e distorsione del legno per dar vita a pezzi altamente
performanti), ha inoltre meno fessurazioni da essiccazione.
Ancora: presenta una struttura più omogenea, non
ha vincoli di dimensione, ma è meno caratteristico del legno
massello dal punto di vista estetico.
Lo standard FSC-STD-40-004 V2-1 EN FSC Standard for
Chain of Custody Certification dell’Ente di Normazione FSC ®
(Forest Stewardship Council ® ) - che si occupa di promuovere
la corretta gestione delle foreste nel mondo e la perpetuazione
di tale valore lungo la filiera produttiva, definisce il
legno post consumo “materiale di recupero post-consumo:
materiale che viene recuperato da un consumatore o da un
prodotto commerciale che è stato utilizzato per gli scopi previsti
dai singoli, dalle famiglie o dalle strutture commerciali,
industriali e istituzionali nel loro ruolo di utilizzatori finali
del prodotto”. Il grande volume di legno che annualmente
giunge a fine vita in Italia ha da tempo indotto consorzi, enti
e industria ad attivare filiere di raccolta e recupero di questa
materia prima. Recuperare il legno significa evitare colture
dedicate per l’approvvigionamento e consumo di suolo,
emissione di gas serra e risorse con lo smaltimento in discarica
o emissioni dovute all’incenerimento. All’interno della filiera
del legno rifiuto, è importante fare una precisazione sulla
natura degli scarti. Il legno trattato è legno che nel processo
di lavorazione viene trattato con sostanze estranee (vernici,
colle, ecc.). Per obbligo di legge gli scarti vanno gestiti
come rifiuto (individuazione del CER, compilazione del FIR,
ecc.) e avviati a impianti autorizzati alla gestione o al recupero
dei medesimi (autorizzazioni semplificate/ordinarie). Lo
stoccaggio di questi deve essere effettuato in luogo distinto a
quello degli scarti di legno vergine. Il legno vergine/non trattato
è legno che nel processo di lavorazione non viene trattato
con sostanze estranee (vernici, colle, ecc.). Gli scarti di
legno vergine possono essere gestiti per volontà del produttore
come rifiuto non trattato o come materie prime, MPS o
sottoprodotto a seconda del rispetto dei requisiti stabiliti dalla
normativa vigente.
Tecnologie&Sistemi
Legno: l’obiettivo
del recupero
Tra i tipi di legno, il massello è quello ricavato direttamente
dalla parte più interna del tronco, ovvero direttamente dalla
sua lavorazione, e pertanto possiede la bellezza, l’eleganza
e l’unicità tipica dell’elemento naturale. È resistente e durevole:
durante la lavorazione non subisce alterazioni strutturali,
ma viene solo (eventualmente) essiccato, segato o piallato
per poter essere adattato ai diversi usi. È un materiale
unico: ogni tavola presenta nodi, fessurazioni e imperfezio-
Acciaio: l’obiettivo
della durabilità
Aspetto fondamentale che può fare la differenza per giudicare
la sostenibilità di un’opera è la sua durabilità. Il nuovo Regolamento
Europeo (305/11) per i prodotti da costruzione stabilisce
che, oltre a riutilizzo o riciclabilità, si debba guardare anche
alla durabilità delle costruzioni, per ottenere un uso sostenibile
delle risorse naturali. L’acciaio non protetto esposto all’aria,
immerso in acqua o interrato, è soggetto alla corrosione per
cui occorre applicare il giusto protettivo per ottenere la dura-
Tecnologie&Sistemi
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ta richiesta e scongiurarne il degrado. La valutazione del metodo
anti-corrosivo più opportuno deve essere effettuata sulla
base della compatibilità dei materiali utilizzati, della loro prestazione
nell’ambiente aggressivo, la sostenibilità ambientale
del processo di produzione e applicazione (con il calcolo degli
indicatori di ciclo di vita LCA) dei materiali protettivi, la durata
del sistema di protezione fino alla prima manutenzione. Saranno
avvantaggiati quei sistemi in grado di proteggere le opere
a lungo tempo, possibilmente senza richiedere manutenzioni
durante la loro intera vita utile. I metodi più utilizzati per
la protezione dell’acciaio si basano su due effetti principali: la
separazione fisica rispetto all’ambiente aggressivo, ottenuta
attraverso rivestimenti di verniciatura o uso di acciai patinabili
(tipo Corten), con cui in maniera diversa si tende a ottenere
una barriera passiva all’interazione dell’acciaio con gli agenti
aggressivi dell’ambiente esterno, e la protezione attiva che è
il risultato di proprietà chimiche ed elettrotecniche del materiale
anticorrosivo utilizzato.
Ciclo di vita
L’acciaio è riciclabile per sua stessa natura: terminata la vita
utile dell’opera in cui è inserito, può essere ricondotto in fonderia
per assumere qualsivoglia altra funzione. Nel mondo
anglo-sassone questa proprietà viene indicata con il termine
up-cycling, per creare una distinzione con i materiali soggetti
a perdite di proprietà e impiegati in applicazioni a livello inferiore
(down-cycling). Dalla fase produttiva a quella di lavorazione,
l’acciaio consente di ridurre le emissioni di inquinanti
e la quantità di energia impiegata. I forni ad arco elettrico, a
larga diffusione, garantiscono rispetto ai vecchi forni: limitazione
del rumore a 45db; elevata riduzione delle polveri; riduzione
del 50% del fabbisogno d’acqua; riduzione di oltre
il 50% del fabbisogno di energia; limitazione delle emissioni
di CO2. La percentuale di riciclo dei profili di acciaio si attesta
su valori superiori al 90%: nel mondo sono riciclate 14
ton di acciaio al secondo.
L’impiego dell’acciaio Corten per strutture o rivestimenti offre
numerosi vantaggi rispetto all’impiego degli acciai tradizionali.
Il principale punto di forza è l’elevata resistenza alla corrosione
atmosferica. Da questo aspetto scaturiscono poi altri
benefici, tra tutti i risparmi economici legati alla limitata manutenzione
che questo acciaio richiede. Se il materiale è applicato
esternamente e con adeguata esposizione, le piogge
naturali sono peraltro in grado di fornire la pulizia necessaria
al fine di mantenere una patina resistente e compatta. Graffi
e ammaccature inoltre non hanno bisogno di riparazioni in
quanto vengono “riparate” automaticamente dalla formazione
di un nuovo strato di patina. Un altro vantaggio nell’utilizzo
del Corten è dato dall’elevata resistenza meccanica di cui
è dotato, che garantisce sicurezza e performance nella costruzione
delle strutture: a parità di resistenza meccanica richiesta
infatti, l’acciaio Corten rispetto agli acciai tradizionali
offre la possibilità di ottenere risparmi di peso conseguenti
alla minore sezione del materiale adoperato al quale si legano
praticità e facilità di posa e montaggio. L’elevata durabilità
assicura prestazioni a lungo termine, come dimostrato
dall’attuale presenza e integrità di edifici e strutture costruite
anche 50 anni fa. La naturale protezione dell’acciaio Corten
infine elimina i costi relativi alla verniciatura superficiale.
Questo fattore si ripercuote sui benefici ambientali legata
all’utilizzo del materiale. Eliminando l’impatto ambientale di
Composti Organici Volatili (COV) derivanti dalle operazioni di
pittura effettuati sui tradizionali acciai utilizzati in edilizia, l’acciaio
Corten contribuisce all’ottenimento di certificazioni ambientali.
Il Corten rottamato, infine, è riciclabile al 100% senza
che il materiale perda alcuna delle sue proprietà.
Ma anche l’acciaio Corten presenta alcuni limiti legati. Il primo
aspetto è l’elevato costo di produzione. Nonostante i risparmi
derivanti dalle proprietà del materiale, il prezzo rappresenta
un importante ostacolo per la sua completa diffusione,
specie in architettura. Particolare attenzione, come già detto,
va fatta sulla scelta degli ambienti in cui impiegarlo in quanto
la scorretta collocazione del materiale potrebbe portare a
conseguenze critiche. È consigliato infatti evitare ambienti
costieri e in cui siano presenti alte concentrazioni di prodotti
chimici corrosivi o inquinanti industriali, come biossido di
zolfo (SO2), oggi comunque molto rari.
Sostenibilità d’acciaio
Oggi il concetto di sostenibilità è inteso “non come uno stato
o una visione immutabile, ma piuttosto come un processo
continuo” che richiama la necessità di coniugare le tre dimensioni
dello sviluppo: ambientale, economica e sociale. È
indispensabile garantire uno sviluppo economico compatibile
con l’equità sociale e gli ecosistemi, nel rispetto della regola
dell’equilibrio delle tre “E”: Ecologia, Equità, Economia. Il
perseguimento dello sviluppo sostenibile dipende dalla capacità
del “sistema” di garantire un’interconnessione completa
tra economia, società e ambiente. La sostenibilità ambientale
è quindi la capacità di preservare nel tempo le tre funzioni
dell’ambiente: fornitore di risorse, ricettore di rifiuti e fonte
diretta di utilità. Ma sostenibilità ambientale significa anche
garantire la tutela e il rinnovamento delle risorse naturali e in
quest’ottica è possibile definire l’acciaio come materiale principe.
Esso è riciclabile, le sue scorie di lavorazione vengono
riutilizzate, per esempio proprio in ambito stradale, svolge un
ruolo rilevante nel campo del risparmio energetico (è infatti
protagonista nella realizzazione di impianti fotovoltaici ed
eolici grazie anche alla sua leggerezza) ed è molto apprezzato
per la sua versatilità in architettura (estetica, luminosità,
conducibilità termica...). Nel “Corten”, in particolare, alle
caratteristiche proprie degli acciai tradizionali si legano quindi
durabilità, limitata manutenzione ed elevate prestazioni.
Nella UE circa il 40% della produzione siderurgica è realizzata
grazie al recupero e riciclo di materiale ferroso, che viene
rifuso per dare vita a nuovi prodotti in acciaio. In Italia, primo
produttore europeo di acciaio a forno elettrico, tale percentuale
è significativamente più elevata ed è arrivata, nel
2017, al 75% per gli imballaggi e a oltre l’85% per materiali
da costruzione e macchinari, con un risparmio diretto di
686.660 ton di minerali di ferro e di 216.842 ton di carbone,
oltre che di 646.922 tonnellate di CO2, per il solo settore degli
imballaggi in acciaio. Anche le costruzioni in acciaio, realizzate
con montaggio a secco, hanno un impatto ambientale
minimo rispetto ad altri materiali da costruzione. E la loro
sostenibilità si rivela fino allo smantellamento, riguardando
12
12. Ciclo di vita dell’acciaio
13. Ancora una barriera in
Corten sviluppata da Vita
International
13
quindi l’intero ciclo di vita del materiale. Non a caso l’acciaio
è stato l’assoluto protagonista di EXPO 2015, con l’80% del
costruito realizzato in questo materiale, che per gran parte è
stato recuperato e riutilizzato.
Il binomio LCA-acciaio
Quando le aziende diventano consapevoli che la progettazione
del prodotto e i comportamenti del consumatore possono
influire sulle prestazioni ambientali e sull’efficienza del prodotto
stesso, si presta maggiore attenzione alla produzione,
all’utilizzo e al termine del ciclo di vita. Tra gli strumenti e le
metodologie disponibili per valutare le prestazioni ambientali,
economiche e sociali dei materiali e dei prodotti di consumo
la LCA fornisce un approccio di sistema, considerando
i potenziali impatti delle fasi di produzione, impiego e fine
vita. Infatti, poter contare su uno studio completo del ciclo
di vita è il modo migliore per valutare l’impatto di un prodotto
sull’ambiente e risulta anche il modo migliore per aiutare
l’azienda ad assumere decisioni consapevoli sull’uso dei
materiali e sul loro valore in termini economici e ambienta-
li. Concentrarsi esclusivamente su un aspetto della vita di un
prodotto, come può essere il ciclo produttivo, distorce il quadro
reale perché si rischia di ignorare un maggiore impatto
durante un’altra fase del ciclo di vita, come può essere la
quella di utilizzo, esercizio o smaltimento. L’uso dell’LCA sta
diventando sempre più diffuso in tutti i settori industriali. Ne
consegue la diffusione di un numero crescente di banche dati
nazionali o macroregionali che coprono i principali settori e
forniscono dati precisi relativi al contesto territoriale dove è
localizzato il sito produttivo. Questo è essenziale per alcuni
fattori come nel caso dell’energia consumata: il valore delle
sorgenti primarie usate per creare il valore medio europeo è
molto differente, per esempio, da quello italiano o francese
Metodi e obiettivi
Da questo punto di vista, anche l’associazione internazionale
World Steel Association si è dotata degli strumenti per supportare
e indirizzare le aziende aderenti ad adottare la metodologia
LCA, considerando le singolarità dei diversi Paesi in cui si collocano
aziende siderurgiche e quelle che utilizzano come materiale
l’acciaio. World Steel ha raccolto dati sull’inventario del ciclo
di vita dalle proprie aziende associate in tutto il mondo a partire
dal 1995, attraverso l’adozione della metodologia LCA e la creazione
di un inventario del ciclo di vita su scala mondiale (LCI Life
Cycle Inventory). I dati LCI quantificano gli input (utilizzo delle
risorse, energia) e le emissioni ambientali relative alla produzione
di acciaio considerando l’estrazione di risorse e l’utilizzo di
materiali riciclati; la produzione di prodotti in acciaio per la porta
dell’acciaieria e il recupero e il riciclo dell’acciaio a fine vita. Il
programma aiuta a identificare i modi per migliorare l’eco-efficienza
dell’acciaieria e permette anche di utilizzare la LCA come
strumento di confronto tra materiali. L’obiettivo - pensando agli
obiettivi al 2030 e al 2050 di organismi internazionali come le
Nazioni Unite o agli andamenti dei mercati - è di studiare attraverso
l’LCA le metodologie migliori per produrre acciaio in modo
sostenibile, diminuendo gli impatti ambientali e mantenendo la
propria competitività rispetto a materiali concorrenti, come le
plastiche o i neomateriali.nn
Tecnologie&Sistemi
Tecnologie&Sistemi
12/2015 11/2020 leStrade
11/2020

COVER_744_laura_DEF_OKOK.qxp_Cover_Aprile_07 22/10/20 10:20 Pagina 1
10 ottobre 2020
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Casa editrice la fiaccola srl
Speciale WalkAround
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n. 744 | anno LXVIII
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MACCHINE
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LA SOILMEC
SR-65 IN AZIONE
La romagnola al lavoro
in uno dei maggiori
cantieri del Sud Italia
a Torre Annunziata
Macchine
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CASE IN CAMPO
Il leader dell’erba
sintetica per impianti
sportivi sceglie il dozer
1150M con laser e gps
744
Demolizione
&Riciclaggio
A2A RECYCLING
SCEGLIE LA L90H
La pala Volvo, lavora
sui piazzali di Novate
Milanese, allestita
Waste fino ai denti anno LXVIII 10 ottobre 2020
WALKAROUND IL NUOVO MIDI ESCAVATORE KUBOTA U56-5
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100
101 LS
Escavatori Cingolati
Professionisti
lungo i binari
Matthieu Colombo
VISITA A UN CANTIERE DEL NODO FERROVIARIO DI GENOVA DOVE ABBIAMO
VISTO ALL’OPERA UNO DEI PRIMI ESCAVATORI SERIE 7 DI DOOSAN ARRIVATI
IN ITALIA. A FARE GLI ONORI DI CASA, L’IMPRESA FERRETTI DI GENOVA CHE
SI STA OCCUPANDO, TRA LE ALTRE COSE, DELLE OPERE DI DEMOLIZIONE
DELLE BANCHINE E BONIFICA DELL’AREA DOVE SORGERÀ LA NUOVA STAZIONE
FERROVIARIA DI TERRALBA.
Poco dopo la fine del lockdown sono ripresi i lavori
di potenziamento infrastrutturale e tecnologico nel
Nodo ferroviario di Genova. Si tratta di un insieme
di opere sviluppate negli anni per ottenere benefici in termini
di mobilità di persone e merci da e per il capoluogo ligure.
L’opera ha come obiettivo l’eliminare intersezioni e
colli di bottiglia di una linea ferroviaria che negli ultimi 100
anni è stata abbracciata dal tessuto urbano. Una migliore
1
separazione dei flussi di traffico fra i treni regionali, quelli a
lunga percorrenza e quelli merci è alla base del progetto di
RFI per razionalizzare i flussi e permettere di connettere in
modo efficiente il porto alla linea ad Alta Capacità del Terzo
Valico dei Giovi (parte del Corridoio 6 Reno-Alpi). Questo
potenziamento infrastrutturale rientra infatti nel Progetto
Unico che assicura il collegamento dell’ultimo miglio tra il
Terzo Valico dei Giovi e il Porto di Genova. Un obiettivo reso
In collaborazione con
1. DX300LC-7 Doosan di nuova
generazione
2. Genova Terralba in cantiere
3. L’escavatore DX140LCR-5
all’opera
4. Interfaccia
digitale Serie 7
possibile dall’unificazione dei Progetti Terzo Valico, Potenziamento
Nodo di Genova e scalo di Genova Campasso tramite
la conversione in legge del Decreto Sblocca Cantieri.
Qualità costruttiva
Guidata dalla curiosità di vedere al lavoro uno dei primi
escavatori Serie 7 di Doosan arrivati in Italia, abbiamo visitato
l’area merci di Terralba, a Genova, dove l’impresa Ferretti
sta realizzando per RFI le opere di demolizione e bonifica
dell’area, fase propedeutica allo sbancamento funzionale
alla cantierizzazione della nuova stazione ferroviaria di Terralba.
In particolare abbiamo visto al lavoro un recentissimo
DX300LC-7 impegnato nell’estrazione del ferro d’armamento
delle banchine ferroviarie di servizio. A seguito della
demolizione delle banchine con martello idraulico (6.000 m 3
2
3
di materiale), il medio Doosan, con frantumatore girevole
FR20RD Trevi Benne, ha liberato la fitta armatura dalla parte
inerte con tutta la sua forza. Oltre a questa fase, ritratta
nelle nostre immagini, il DX300LC-7 ha portato a termine in
notturna la demolizione di una struttura metallica dedicata
al lavaggio dei convogli ferroviari. L’operatore Giacomo Aloi,
che sulla macchina ha maturato circa 1.000 ore di lavoro, la
premia per comfort, silenziosità e consumi.
Questo cantiere ci ha dato modo di conoscere meglio la
Ferretti di Genova, una delle eccellenze nascoste d’Italia.
L’azienda è nata proprio a Genova, a metà degli anni Sessanta,
per mano di Giuseppe Ferretti che ha sviluppato
speciali moduli prefabbricati in calcestruzzo dedicati alle
particolari forme del territorio locale. Negli anni Ottanta il
figlio Raffaele ha scelto di aprire l’attuale società, specializzata
in opere infrastrutturali e in particolare di supporto
alle rete ferroviaria del Nord Italia. Da allora sono passati
40 anni e, anche grazie al supporto dei due figli, oggi Ferretti
di Genova è un riferimento per la filiera del ferroviario
e un supporto per RFI stessa. La società di ingegneria
genovese ha aperto una sede operativa anche ad Asigliano
Vercellese e in dieci anni (dal 2008 al 2018) ha raddoppiato
il suo fatturato.
Forte di una squadra di professionisti giovani che mettono
a frutto tutta l’esperienza maturata da Raffaele Ferretti,
oggi Francesco Ferretti lavora anche a progetti di internazionalizzazione.
“Individuiamo e realizziamo soluzioni
specifiche a qualsiasi problema, operando in situazioni di
estrema difficoltà logistica e riducendo al minimo i tempi
di intervento. Il nostro team cerca garantire continuità al
servizio ferroviario, limitando eventuali alterazioni o disagi,
nel rispetto di tutte le norme di sicurezza”. Questa frase,
tratta dal rinnovato sito web ferretti-srl.it, lascia immaginare
con quanta creatività operativa e professionalità
lavorino le squadre Ferretti abilitate ad operare lungo le linee
RFI. E lascia immaginare quanto i mezzi operativi e la
loro affidabilità siano importanti per rispettare le tempistiche
di cantiere, lavorare sempre in sicurezza e poter rispondere
ad eventuali emergenze.
Binomio casa-dealer
Oltre alla curiosità per il nuovo cingolato DX300LC-7 che,
come anticipato, ci ha portato a Genova, abbiamo scoperto
una nutrita flotta di Doosan acquistata da Ferretti negli ultimi
due anni. Il primo è stato un escavatore DX235NLC-5
a cui sono seguiti i modelli DX140LCR-5, DX490LC-5 e
DX380LC-7. A questi vanno aggiunti due dumper articolati
DA30, una pala gommata DL250-5 e un mini DX27. In soli
due anni Ferretti ha rinnovato tante macchine, da una parte
per rispondere alla crescita generale dell’azienda e dall’altra
per incrementare il livello di affidabilità e contrarre le tempistiche
di cantiere. A tal proposito, il concessionario Doosan
Picotto di Bagnolo Piemonte (CN) ha saputo consigliare al
meglio la Ferretti, offrire un supporto tecnico e un’assistenza
reattiva, ma anche proporre soluzioni come contratti d’assistenza
ad hoc. In questo modo, tra cliente e concessionario
è nata una sinergia operativa basata sulla professionalità,
la trasparenza e la fiducia. nn
Macchine
11/2020

102
103 LS
Anniversari Aziendali
Da un garage al mondo
PRODOTTI, INVENZIONI, INVESTIMENTI IN TECNOLOGIA, ESPANSIONE
INTERNAZIONALE, VISITE REALI, BENEFICIENZA, ECOSOSTENIBILITÀ, SOSTEGNO
ALLE VITTIME DELLA PANDEMIA. DA 75 È LO STILE JCB, IL COSTRUTTORE MADE
IN UK CHE DA UNA PASSIONE DI FAMIGLIA HA SAPUTO COSTRUIRE
UN “IMPERO”. FATTO DI PURA SERIETÀ BRITISH.
JCB celebra in questo 2020 l’anniversario dei 75 anni
di attività. Fondata il 23 ottobre 1945 da Joseph
Cyril Bamford in un piccolo garage-ripostiglio nella
cittadina di Uttoxeter, nello Staffordshire, UK, l’azienda
britannica con attività global è oggi guidata dal figlio
del fondatore Anthony, meglio conosciuto come Lord
Bamford, che, così ha voluto il destino, è nato lo stesso
giorno della “creatura imprenditoriale” avviata 75 anni or
sono dal papà: “La presentazione in concomitanza con la
nascita di un figlio fu stimolante - avrebbe chiosato con
tipico understatement inglese Bamford Jr. -; quando si
inizia dal basso, si può solo andare verso l’alto”. La base
per la crescita che sarebbe seguita fu la produzione di
un rimorchio ribaltabile realizzato da residuati bellici che
oggi è orgogliosamente esposto nello showroom della
sede globale. Era stato prodotto nel garage e fu venduto
per 45 sterline al mercato cittadino. Mr Bamford acquisì
anche il vecchio carretto dell’acquirente, che rinnovò
e rivendette per 45 sterline, il prezzo iniziale richiesto
per il rimorchio.
A cura della redazione
1. La terna articolata
compatta JCB 3CX lanciata
nel 2015, in occasione del 70°
dell’azienda
2. Il garage da cui è partito
tutto: era il 1945, appena
dopo la guerra, esattamente
75 anni fa
3. Sir. Anthony Bamford, nel
2018, con la nuova creatura
green: il miniescavatore
elettrico
2
ma affiliata JCB all’estero, in Olanda. Un anno dopo, venne
lanciata la terna JCB 3C, un classico nel settore. Nel 1969,
JCB produceva un record di 4.500 macchine, di cui più della
metà venivano esportate. Agli inizi del 1970 venne avviata
l’attività negli Stati Uniti con la costituzione di una sede a
Whitemarsh, Baltimora. Nel 1975, il fondatore di JCB si ritirò.
L’era Lord Bamford
La nuova era a guida Lord Anthony Bamford iniziò nel 1972
con l’apertura di JCB France. Nel 1977 venne presentato il
movimentatore telescopico, una macchina che rivoluzionò la
movimentazione dei carichi sia nei cantieri, sia nelle aziende
agricole. Il 1977 fu anche contraddistinto dall’inizio di una
serie di visite di alto profilo da parte di membri della famiglia
reale britannica, quando Sua Altezza Reale il Principe del Galles
fece visita alla fabbrica di Rocester. Un anno dopo, un altro
grande traguardo venne raggiunto: la costruzione della
seconda fabbrica di JCB nel Regno Unito, JCB Transmissions
a Wrexham. Ma fu la decisione di iniziare a produrre in India
nel 1979 a preannunciare un periodo di espansione globale.
Oggi, JCB ha stabilimenti a Nuova Delhi, Pune e Jaipur
e l’India è il più grande mercato di JCB dopo il Regno Unito.
L’innovazione produttiva ha continuato a essere la linfa vitale
dell’azienda e nel 1985 fu lanciata la terna 3CX Sitemaster,
poi diventata la terna più venduta di JCB. Nello stesso
anno, JCB festeggiò la produzione della 100.000a terna. Nel
1987, Margaret Thatcher, la prima donna britannica a diventare
primo ministro, visitò la sede globale di JCB e condusse
una macchina uscita dalla linea di produzione. La folla la accolse
entusiasta. Nel 1988, venne presentata la JCB GT, una
terna capace di raggiungere le 100 miglia orarie. Nel 1990
Anthony Bamford venne nominato cavaliere da Sua Maestà
la regina e divenne Sir Anthony Bamford.
Macchine
1
L’invenzione della terna
Il 1953 fu un anno fondamentale: Mr Bamford inventò la terna
grazie al lancio del retroescavatore JCB Mk 1. Per la prima
volta, veniva prodotta una singola macchina con retroescavatore
idraulico e pala anteriore. Questa semplicità si rivela
geniale ancora oggi: JCB ha prodotto più di 600.000 terne,
oggi fabbricate in tre continenti. Il 1953 fu anche l’anno
in cui il logo JCB venne utilizzato per la prima volta su una
macchina. Nel 1961, nacque JCB Aviation e fece il suo volo
inaugurale il primo aeroplano dell’azienda, un de Havilland
Dove bimotore che permetteva ai clienti europei di fare visita
alla fabbrica in un solo giorno. Il 1962 fu invece l’anno in
cui i Dancing Digger (gli escavatori danzanti) di JCB ringraziarono
per la prima volta con un inchino e fu aperta la pri-
3
Monarchi, statisti, mondo
Nel 1995 JCB celebrò il suo 50o anniversario con una visita
da parte di Sua Maestà la regina alla sede globale, dove la
monarca svelò una replica del garage di Uttoxeter in cui Mr
Bamford aveva iniziato l’attività mezzo secolo prima. Il futuro
primo ministro del Partito Laburista Tony Blair fece visita
nel 1996 e aiutò ad assemblare una 4CX. Nel 1998, JCB
aprì la seconda fabbrica a Wrexham, nel Galles, e un anno
dopo aprì JCB Earthmovers a Cheadle, nello Staffordshire.
Nel 2000, iniziarono a uscire le prime macchine dalla linea di
produzione nella nuova sede del Nord America a Savannah,
Georgia. Il 1o marzo 2001, le bandiere presso gli stabilimenti
JCB nel mondo sventolavano a mezz’asta in seguito alla notizia
della scomparsa del fondatore dell’azienda, Joseph Cyril
Bamford. Nel 2004, i dipendenti si riunirono alla sede globale
per una foto commemorativa in occasione della produzione
della 500.000a macchina. Il successivo mezzo milione di
macchine sarebbe stato prodotto nei nove anni successivi.
Nel 2005, JCB aprì la fabbrica a Pudong, in Cina, e annunciò
la notizia dell’un accordo da 140 milioni di dollari per la fornitura
all’esercito statunitense di una terna ad alta velocità
per attività ingegneristiche militari, una macchina nota come
HMEE (High Mobility Engineer Excavator). Nel 2009, Sua Altezza
Reale il Principe William seguì le orme del padre di 32
Macchine
11/2020 leStrade
11/2020

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anni prima, visitando la sede dell’azienda. Una carenza nazionale
di ingegneri indusse Lord Bamford a creare nel 2010
la JCB Academy a Rocester, nello Staffordshire, per formare
gli ingegneri del futuro. JCB annunciò inoltre un progetto da
40 milioni di dollari per sviluppare una nuova gamma di minipale
e pale cingolate da produrre nella sede del Nord America.
La produzione globale si estese al Brasile nel 2012 e il
primo ministro britannico David Cameron inaugurò ufficialmente
la nuova struttura da 63 milioni di sterline nello stato
di San Paolo. In quell’anno, JCB festeggiò anche la conferma
di un ordine da 60 milioni di sterline da parte del governo
brasiliano per più di 1.000 terne.
4
4. Viaggio in una storia unica:
il caricatore del 1948
5. Anno 1977: JCB lancia il
sollevatore telescopico
6. Anno 1991: ecco la 4CX
Sitemaster
PAGINE
ASSOCIATIVE
LS
Dai 70 anni all’era del motore elettrico
Nel 2015 JCB ha celebrato il suo 70° anniversario all’insegna
della continua innovazione con il lancio della nuova terna
3CX Compact, una macchina più piccola del 35% rispetto
alla sorella maggiore e progettata per lavorare in cantieri
sempre più affollati. Il 2016 è stato un anno segnato da alcune
importanti tappe, in cui l’azienda ha celebrato la produzione
del 200.000° sollevatore telescopico Loadall. Sono
stati necessari quasi 30 anni a JCB per raggiungere i primi
100.000 Loadall, ma meno di 10 per i sucessivi 100.000, un
dato che testimonia la crescente importanza del prodotto e
la forte presenza di JCB in questo segmento. Oggi JCB è il
primo produttore al mondo di sollevatori telescopici. Sempre
nel 2016 JCB ha anche festeggiato la produzione del suo
100.000° miniescavatore. Il 2018 ha visto quindi la presentazione
del primo escavatore elettrico JCB, Il miniescavatore
elettrico 19C-1E, nonché di un’altra gamma di grande successo,
gli escavatori cingolati X-Series e l’inizio della produzione
dei minidumper presso il World HQ di Rocester. Il nuovo miniescavatore
elettrico è entrato in produzione nel 2019 presso
lo stabilimento JCB Compact Products di Cheadle, Staffordshire,
con la consegna dei primi 50 esemplari.
Grande imprenditoria contro la
pandemia
Infine, arriviamo all’anno del 75° anniversario. Nel marzo
2020 JCB ha festeggiato la produzione della 750.000a terna,
poco prima dell’inizio della crisi sanitaria determinata dal Covid-19.
Con l’arresto delle linee di produzione, JCB si è dedicata
con impegno ad aiutare le persone colpite dalla pandemia.
In India e nel Regno Unito gli chef dell’azienda hanno preparato
più di 200.000 pasti per i più bisognosi. Una linea di produzione
in Staffordshire che era stata chiusa a seguito della
crisi del Coronavirus ha riaperto i battenti per produrre prototipi
di telai speciali per un nuovo tipo di ventilatore. JCB ha
anche riaperto il suo Innovation Centre presso il World HQ di
Rocester in modo da consentire ai propri dipendenti volontari
di produrre visiere di grado medico per il personale sanitario
utilizzando le macchine per la prototipazione rapida 3D dell’azienda.
A giugno, quando le linee di produzione sono state riaperte,
JCB ha anche presentato in anteprima un nuovo progetto,
il primo escavatore alimentato a idrogeno per l’industria
delle costruzioni. L’escavatore 220X da 20 ton alimentato da
una cella combustibile a idrogeno è stato sottoposto a rigorosi
test presso la cava JCB per più di 12 mesi. nn
6
5
n Assemblea nazionale
e nuovi organi direttivi
n Call for
Papers
n Un’imperiosa
necessità
n La sfida
della sostenibilità
n Monopattini e dispositivi
di micromobilità
n Il progetto
PriMaas
Associazione Italiana
della Telematica
per i Trasporti e la Sicurezza
Macchine
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106
Assemblea nazionale e nuovi organi direttivi
Rinnovamento delle cariche per l’Associazione: via al triennio 2020-2023
Call for Papers
Invito a presentare memorie tecniche o divulgative sul tema segnaletica stradale
107 LS
AIIT Associazione Italiana
per l’ingegneria
del Traffico e dei Trasporti
Via Solferino, 32
00185 Roma
Tel. 06.58330779
segreteria@aiit.it
www.aiit.it
A cura della Segreteria AIIT
Sezione Lazio AIIT
Lo Statuto di AIIT prevede il
rinnovo triennale delle cariche
associative (Presidente, Consiglio
Direttivo, Collegi dei Revisori e dei
Probiviri). La scadenza naturale del
Consiglio direttivo eletto nel 2017
era fissata a maggio di quest’anno,
ma l’emergenza sanitaria dovuta alla
diffusione del CoVid-19 ha determinato
lo slittamento dei lavori dell’assemblea
ai giorni del 27 e 28 ottobre scorso.
L’assemblea nazionale del 2020 si
è dunque svolta integralmente in
modalità “da remoto” con la sola
presenza, presso la Sede Aci di Via
Marsala in Roma, del Presidente
e del Segretario dell’assemblea.
Particolarmente intenso il programma
delle due giornate in cui i momenti
più significativi sono stati, oltre
all’approvazione del bilancio consuntivo
del 2019, l’intervento del Presidente
uscente, prof. Matteo Ignaccolo e le
relazioni dei Presidenti delle sezioni
regionali.
In particolare, il prof. Ignaccolo ha
tracciato il quadro dell’attività svolta
nell’ampio triennio del Direttivo eletto
ad aprile del 2017, al termine del primo
congresso internazionale TIS-Roma.
Oltre ai brillanti risultati dell’edizione
del TIS-Roma del 2019, il presidente
uscente ha sottolineato l’importanza
dell’attività convegnistica e seminariale
svolta nel triennio, l’importanza
dell’attivazione delle convenzioni e delle
collaborazioni con il CNI e con le altre
associazioni di categoria e, soprattutto,
ha sottolineato la significatività
dell’acquisizione della rivista scientifica
internazionale European Transport. Il
prof. Ignaccolo ha anche evidenziato
come AIIT abbia consolidato, nel
triennio scorso, la propria presenza
in numerosi tavoli tecnici regionali e
ministeriali e abbia attivato forme di
collaborazione con diverse istituzioni,
fornendo il proprio supporto di
conoscenze scientifiche e di esperienze
applicative. Nell’ambito della seduta
assembleare, sono quindi intervenuti i
presidenti e i rappresentanti delle dodici
sezioni regionali di cui si compone
l’associazione: per il Piemonte e Valle
d’Aosta l’ing. Paolo Cassinelli, per la
Lombardia l’ing. Alberto Croce, per
il Veneto il neoeletto ing. Giovanni
Giacomello, per l’Emilia-Romagna e
Marche l’ing. Andrea Simone, per la
Toscana l’ing. Dario Bellini, per il Lazio
l’ing. Enrico Pagliari, per la Campania
il prof. Francesco Saverio Capaldo, per
la Calabria il prof. Demetrio Festa, per
la Puglia, l’ing. Maurizio Difronzo, per
la Sicilia il prof. Giuseppe Salvo, per la
Sardegna, il prof. Gianfranco Fancello.
Successivamente, al termine della
doppia tornata di voto svoltasi con
la piattaforma Eligo, l’Assemblea ha
eletto il Consiglio direttivo per il triennio
2020-2023, attribuendo la carica di
Presidente all’ing. Stefano Zampino,
dirigente tecnico della Provincia di
Lecce, e nominando quali componenti
del Consiglio: l’ing. Enrico Pagliari,
responsabile dell’Area Tecnica di ACI,
l’ing. Maurizio Rotondo, professionista
in Roma, l’ing. Michela Le Pira, giovane
ricercatrice dell’Università di Catania,
il prof. Giuseppe Cantisani, professore
associato di Strade Ferrovie e Aeroporti
dell’Università Sapienza di Roma,
l’ing. Marco Medeghini, presidente
della Società Brescia Mobilità, l’ing.
Angela Carboni, ingegnere PhD del
Politecnico di Torino (quest’ultima in
rappresentanza dei soci aderenti).
Il programma del nuovo direttivo
prevede di proseguire le attività
e le azioni avviate nello scorso
triennio valorizzando, in termini di
prodotto finale, l’attività culturale,
formativa e congressuale, il lavoro di
collaborazione con il MIT avviato dal
2018, la collaborazione con il CNI e
con le altre associazioni di settore,
ma anche e soprattutto valorizzando
le risorse interne e consolidando il
senso di appartenenza all’associazione,
per superare la logica della semplice
aggregazione di persone e divenire
sempre di più un’organizzazione
concretamente operativa e capace di
giocare il proprio ruolo nella comunità.
In altre parole, a fronte dell’ampiezza
della storia e della cultura associativa,
nonché della passione e dell’interesse
che accomunano tutti i soci, nel
futuro di AIIT non può che esserci
l’attivazione di una rete di relazioni
che sappia integrare le variegate
competenze e i molteplici saperi,
attraverso sinergie, scambi, proposte,
progetti in grado di far sentire la
voce dell’associazione nei confronti
delle istituzioni e anche dei cittadini,
perché il “sapere smart” degli esperti
di mobilità di AIIT non sia visto come
qualcosa di distante dalla realtà, ma
possa affiancare concretamente il
lavoro di amministrazioni, imprese,
professionisti. Per questo, una delle
prime azioni del nuovo Consiglio
sarà quella di rafforzare il sistema
di comunicazione interno e mettere
2. Il Convegno di Matera nel febbraio 2020
1. Dall’album fotografico del
triennio: Convegno Nazionale
2018 a Cagliari
tutti soci in condizione di dialogare
e confrontarsi, condividendo in rete
le iniziative, le idee e i progetti,
formulando proposte e rafforzando
contemporaneamente l’immagine
esterna dell’Associazione, per
richiamare forze nuove, attrarre i
giovani e dare consistenza ad un vero
e proprio think tank, un crogiuolo
di idee e culture, in cui innovazione
ed esperienza possano combinarsi
costruttivamente verso nuove
prospettive, nella logica di servizio
dell’Associazione, non solo rivolta alla
comunità tecnica. L’AIIT del prossimo
triennio intende quindi proporsi
sempre di più come riferimento a
servizio della società, nel settore dei
trasporti e della mobilità, un settore
talmente tanto in rapida evoluzione
che richiede sempre di più il contributo
di tecnici capaci di indirizzare le scelte
istituzionali attraverso un punto
di vista specialistico, privilegiato,
multidisciplinare. nn
AIPSS
Associazione Italiana
dei Professionisti
per la Sicurezza Stradale
Piazza del Teatro di Pompeo, 2
00186 Roma
Tel. 06. 92939418
E-mail: info@aipss.it
www.aipss.it
Carlo Polidori
Presidente AIPSS
Italiana dei
Professionisti per la
L’Associazione
Sicurezza Stradale (AIPSS)
nel contesto della conferenza finale
del progetto europeo SIMUSAFE
“Simulation of behavioural aspects for
safer transport” che si terrà a Roma
nel mese di maggio 2021 presso i
locali della facoltà di Ingegneria della
Università “Sapienza”, organizza come
evento parallelo un convegno in
lingua italiana sul tema “Segnaletica
stradale: i problemi del presente e le
sfide del futuro” che intende
rappresentare un momento di
riflessione sul tema, oltre che
un’occasione di incontro e confronto
tra professionisti. Mentre la data
esatta e il programma della
conferenza sono in corso di
definizione, viene aperta la “Call for
Papers” per chi voglia sottoporre al
pubblico della conferenza le proprie
memorie tecniche o divulgative
dedicate ai temi della segnaletica
stradale.
I soggetti interessati alla call for
papers dovranno inviare il modulo di
adesione disponibile sul sito web
www.aipss.it/convegnosegnaletica2021.html
completo di
abstract (massimo 1500 caratteri
spazi inclusi) entro il 31 dicembre
2020, indicando... l’area tematica
della memoria che intendono
sottoporre, che dovrà
obbligatoriamente essere compresa
tra una delle seguenti:
1. Problematiche correnti della
segnaletica stradale;
2. Ipotesi di nuovi segnali stradali
necessari in ambito urbano o
extraurbano.
3. Segnaletica stradale sia per i
conducenti umani che per i sistemi
automatizzati di
assistenza alla
guida (come da
art. 6 quater
della nuova
Direttiva
Europea
2019/1936).
Gli abstract accettati
verranno invitati a sottoporre la
memoria integrale entro il 31 marzo
2021 secondo un modello che sarà
reso disponibile sul sito aipss.it. Le
memorie saranno esaminate da una
giuria nazionale di esperti e tecnici
qualificati, che valuterà la coerenza
con i temi suddetti, la rilevanza
tecnica e/o divulgativa e la qualità
complessiva delle memorie
presentate.
Tutti i lavori rispondenti a tali
requisiti verranno pubblicati in un
documento PDF scaricabile
gratuitamente dal sito web AIPSS e i
primi 6 selezionati saranno oggetto
di intervento al convegno
(presentazione
orale della durata
di 15 minuti) e
verranno pubblicati nel corso
della seconda metà del 2021 come
monografie sui consueti canali di
comunicazione digitali e cartacei
della Associazione.
Il convegno è previsto in presenza
fisica con tutte le precauzioni relative
alla situazione pandemica; la
partecipazione è gratuita fino ad
esaurimento dei posti disponibili; la
priorità verrà data a coloro che
hanno sottoposto una memoria e ai
soci AIPSS. Qualora le circostanze lo
richiedessero, il convegno verrà
effettuato in teleconferenza. Per
ulteriori informazioni: convegno.
segnaletica2021@aipss.it nn
© canale3.tv
AssociAzione AiiT
AssociAzione AiPss
11/2020 leStrade
11/2020

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109 LS
Un’imperiosa necessità
Appalti: correggere le “semplificazioni” dal Codice al Regolamento
La sfida della sostenibilità
Intervista ad Arcangelo Fornelli, responsabile Settore Materiale Rotabile
AISES
Associazione Italiana Segnaletica
e Sicurezza
P.zza Cola di Rienzo, 80/a
00192 Roma
Tel 06.45476588 - Fax 06.45476677
E-mail: presidenza@aises.it
www.aises.it
Pierluigi Masin
Membro Consiglio Direttivo AISES
Da tempo si attendevano delle
modifiche alle procedure
di aggiudicazione dei lavori
pubblici e finalmente, anche con
coraggio, sono giunte con il “Decreto
Semplificazioni” ora L. 120/2020.
Ma il “Decreto Semplificazioni”
presenta al riguardo una rischiosa
incompletezza che ne può vanificare
l’emanazione. L’abolizione di molte
delle formalità all’ingresso delle gare
di LLPP avrebbe dovuto comportare
il contrappeso di maggiori controlli
sui risultati dell’appalto e prevedere
una suddivisione di responsabilità
all’interno della procedura che avrebbe
generato la trasparenza necessaria
al suo buon funzionamento. Il rischio
grave è che una sola figura all’interno
dell’amministrazione potrebbe trovarsi
nella condizione di svolgere da solo
tutti gli atti amministrativi e tecnici
relativi ad un’opera pubblica, ovvero:
• La scelta dell’appaltatore;
• Direzione e contabilizzazione dei
lavori;
• Certificazione della regolare
esecuzione.
Indiscutibilmente troppi carichi,
troppe le responsabilità da accentrare
in una sola figura. Una procedura
di controllo in uscita a chiusura dei
lavori dovrebbe essere demandata ad
una parte terza all’amministrazione
e il decreto doveva prevedere
anche la sostituzione del Certifica di
Regolare esecuzione con un collaudo
“semplificato” ma di competenza di
terzi. Stando allo stato attuale, sono
troppe le discrezionalità che una sola
figura, chiamata a decidere, dovrebbe
esercitare condizionandola a desistere
dal “semplificare”.
La modifica in essere
Ma entriamo nel merito di questa
modifica al Codice degli appalti che
all’art. 102, comma 2 già prevede:
1. Per i lavori fino a 1 milione la
possibilità per la SA di sostituire il
collaudo con un certificato di regolare
esecuzione;
2. Per i lavori tra 1 milione e la soglia
comunitaria la possibilità di sostituire il
certificato di collaudo con un certificato
di regolare esecuzione nei casi previsti
dal Regolamento (quello generale in
bozza).
La bozza di Regolamento del 16 luglio
scorso, all’art. 210, comma 1, riporta
testualmente:
“1. Ai sensi dell’articolo 102, comma
2, del codice il certificato di regolare
esecuzione può sostituire il certificato
di collaudo tecnico-amministrativo
qualora:
a) La stazione appaltante si avvalga di
tale facoltà per lavori di importo pari o
inferiore a 1 milione di euro;
b) Per i lavori di importo superiore ad
1 milione di euro e inferiore alla soglia
di cui all’articolo 35 del codice, ove
le opere risultino diverse da quelle di
seguito indicate:
1) Opere di nuova realizzazione
o esistenti, classificabili in classe
d’uso III e IV ai sensi delle vigenti
norme tecniche per le costruzioni, ad
eccezione dei lavori di manutenzione;
2) Opere e lavori di natura
prevalentemente strutturale quando
questi si discostino dalle usuali
tipologie o per la loro particolare
1, 2. Attenzione alle “ipersemplificazioni”:
una proposta di
miglioramento del regolamento
in discussione formulata FINCO,
a cui AISES ha collaborato, punta
proprio a mantenere l’efficienza
salvaguardando la trasparenza
1
complessità strutturale richiedano più
articolate calcolazioni e verifiche;
3) Lavori di miglioramento o
adeguamento sismico;
4) Opere di cui alla parte IV del codice;
5) Opere e lavori nei quali il
responsabile del procedimento svolge
anche le funzioni di progettista o
direttore dei lavori”.
La proposta AISES-FINCO
Occorre, pertanto, all’art. 210 comma
1 della bozza di regolamento ora in
discussione, aggiungere una frase
finale del seguente tenore: “In ogni
caso tale procedura semplificata non
può essere attivata ove non siano
stati disposti uno o più interventi di
verifica ispettiva attestanti il regolare
andamento dei lavori da parte di
soggetti di parte terza in base alle
risultanze dei quali potrà essere
rilasciato il certificato di regolare
esecuzione”.
FINCO, la Federazione cui aderisce
AISES, su nostro suggerimento, ha
proposto tale modifica alla bozza di
Regolamento al Codice degli appalti,
testé in discussione con la seguente
motivazione:
“Art. 210 comma 1 (Certificato di
regolare esecuzione dei lavori)
La possibilità di sostituire il certificato
di collaudo con uno relativo solo alla
regolare esecuzione rilasciato dallo
stesso direttore dei lavori, per quanto
possa essere letto nell’ottica di una
semplificazione degli adempimenti
dell’appalto, di fatto rischia (come
sta già avvenendo) di derubricare
il certificato in oggetto ad un atto
puramente burocratico, in assenza di
2
un approfondito controllo.
L’alleggerimento dei controlli
autorizzativi con il continuo
innalzamento delle soglie al di sotto
delle quali non c’è pubblicazione del
bando e la quasi totale eliminazione
– pur se “temporanea” - della gara
ad evidenza pubblica prevista dal DL
76/20 c.d. “Decreto Semplificazione”
come convertito in Legge 120/2020,
dovrebbe essere accompagnato da
maggiori controlli sui risultati dei
lavori.
Un ampio utilizzo del certificato di
regolare esecuzione dei lavori nella
pratica renderebbe, in molti casi,
tali lavori del tutto fuori controllo
soprattutto quando gli stessi vengano
affidati in subappalto (subappalto le
cui maglie, in prospettiva, potrebbero
andare, purtroppo, ad allargarsi
contro le aspettative delle imprese
specializzate e le effettive necessità
delle opere pubbliche).
Si ritiene, dunque, necessario
inserire nell’ambito della disciplina
regolamentare elementi di maggiore
“certezza” - quali ulteriori controlli
di parte terza rispetto a quelle
direttamente coinvolte nell’appalto
- allorquando si decida di operare
la sostituzione del collaudo con un
certificato di regolare esecuzione”.
Non resta che attendere per vedere
se si riterrà opportuno “semplificare”
davvero e accelerare gli interventi
sotto le soglie previste dalla L.
120/2020, che sono la gran parte
delle opere, perché il bene pubblico,
le infrastrutture, il mercato e il
Paese tutto ne hanno una “imperiosa
necessità”. nn
ASSIFER
Associazione Industrie Ferroviarie
Federazione ANIE - Confindustria
Viale Vincenzo Lancetti, 43
20158 Milano
Tel. 02.3264303 / 249
E-mail assifer@anie.it
www.assifer.anie.it - www.anie.it
Viviana Solari
La sfida della sostenibilità
vede schierata in prima linea
la mobilità di passeggeri e
merci e l’industria ferroviaria è
impegnata a garantire soluzioni
che contribuiscano a costruire un
futuro ecocompatibile. Ne parliamo
con Arcangelo Fornelli responsabile
del Settore Materiale Rotabile ANIE
ASSIFER, l’Associazione dell’Industria
Ferroviaria che rappresenta le
aziende operanti in Italia nel
settore del trasporto ferroviario
e del trasporto pubblico urbano
elettrificato.
Quali sono le prerogative
del settore materiale rotabile
in Italia?
Il rotabile è l’interprete della mobilità
delle persone e delle merci, è un
po’ la punta dell’iceberg del sistema
ferroviario, un sistema decisamente
complesso e denso di tecnologia in
tutte le sue componenti, che assolve
alla finalità di trasportare persone
e merci in efficienza, sostenibilità
e sicurezza, sia in ambito di lunga
distanza che in ambito regionale
ed urbano. La filiera industriale del
rotabile è ottimamente radicata nel
nostro Paese e l’Italia con le sue
competenze e capacità industriali
contribuisce al continuo sviluppo di
soluzioni, le più classiche tecnologie
meccaniche ed elettriche sono
state negli anni affiancate da quelle
elettroniche e di automazione ed
oggi il rotabile è un concentrato di
innovazione e meccatronica che
consente prestazioni superiori e
gestione efficiente del ciclo di vita. Il
know how delle imprese che operano
in Italia, appartenenti talvolta ad
organizzazioni globali, permette di
concepire, progettare e produrre
nel Paese il rotabile e larghissima
parte dei suoi sistemi e componenti,
contribuendo inoltre in maniera
importante all’export nazionale, si
pensi che la quota esportata dalle
aziende Assifer del settore materiale
rotabile vale mediamente tra il 30 ed
il 35% del fatturato complessivo.
Tracciamo in sintesi alcuni trend
su cui è impegnata l’industria.
Contribuire attivamente alla
sostenibilità è un obiettivo chiaro del
nostro settore.
Il 2021 sarà l’anno europeo delle
ferrovie, una iniziativa per sostenere
la realizzazione degli obiettivi del
Green Deal europeo per i trasporti,
che richiede in particolare di
accelerare il passaggio a una mobilità
sostenibile e intelligente. I trasporti
rappresentano un quarto delle
emissioni di gas serra dell’UE per le
quali si punta ad una riduzione del
90% entro il 2050, la Commissione
Europea afferma che, essendo uno
dei modi di trasporto più rispettosi
dell’ambiente ed efficienti dal punto
di vista energetico, la ferrovia
deve svolgere un ruolo significativo
nell’accelerare la riduzione delle
emissioni dei trasporti. L’industria
introduce continuamente innovazione
sia nei processi che nei prodotti:
la sfida nei prossimi anni sarà
quella di garantire un continuo
miglioramento delle prestazioni e
dell’efficienza dei rotabili per dare
risposta a una prospettiva di forte
crescita del trasporto su ferro. Oggi
i treni hanno indici di recuperabilità
e riciclabilità già molto elevati (oltre
95%) e la direzione intrapresa è
quella dell’Ecodesign, ossia di una
progettazione che applica i principi
dell’economia circolare a tutte le
fasi del ciclo di vita del prodotto.
Altro esempio può essere ricondotto
alla decarbonizzazione: le linee
italiane hanno un ottimo rateo di
elettrificazione ma circa il 28%
delle linee non lo sono e per alcune
di queste l’elettrificazione non si
presenta economicamente attraente.
La trazione termica sarà
accantonata nel giro di pochi anni
ed oggi l’industria ferroviaria sta già
mettendo a disposizione sia soluzioni
basate su carburanti alternativi
come l’idrogeno sia soluzioni basate
sull’immagazzinamento di energia a
bordo treno in batterie innovative.
Parlando di investimenti,
come vede l’industria lo stato
attuale e le prospettive?
Accanto alla certezza di avere
a disposizione un servizio alta
velocità rapido ed efficiente, con
tecnologie di punta di cui andare
orgogliosi, è maturata anche la
consapevolezza che il servizio
regionale e suburbano avesse
bisogno di ottimizzazioni sostanziali,
2. Materiale rotabile
1. Arcangelo
Fornelli
che richiedessero oltre ad interventi
sull’infrastruttura soprattutto
aggiornamento, ringiovanimento
e potenziamento delle flotte dei
rotabili. In questi ultimi anni si è
innescato un percorso virtuoso che
ha visto coinvolti i Governi nazionale
e regionali con Trenitalia, è stato
avviato un piano di immissione di
nuovi rotabili forse mai visto in
passato, prospettando il rinnovo
dell’80% della flotta e la riduzione
dell’età media a 10 anni nel
2023. Appare naturale che tale
obiettivo, una volta raggiunto,
vada quantomeno mantenuto,
necessitando quindi di investimenti
stabili e continui volti a consolidare
e mantenere la raggiunta età media,
se non in taluni casi specifici a
ridurla ulteriormente.
Altro campo di intervento è il
trasporto urbano, attraverso
programmi di potenziamento e
rinnovo del parco veicoli, accanto
alla realizzazione di nuove linee. Gli
indicatori mostrano quanto le nostre
città siano lontane dalle altre città
europee in termini di dotazioni: basti
dire che tutta Italia ha meno km
di Metropolitana della sola Madrid,
e stessa situazione si ritrova sulle
tranvie.
Il COVID19 ci ha parzialmente sospesi
in una bolla, una volta sconfitta la
pandemia potrà aver modificato
alcune abitudini, ma la mobilità
sostenibile di persone e merci rimarrà
un obiettivo di assoluto riferimento
per il quale è necessario pianificare
interventi, anche alla luce delle
risorse europee di cui il nostro Paese
potrebbe essere destinatario. nn
AssociAzione Aises
AssociAzione Anie/AssiFeR
11/2020 leStrade
11/2020

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Monopattini e dispositivi di micromobilità
A Brescia un seminario patrocinato dalla SIIV sul tema della circolazione sicura
Il progetto PriMaas
Come promuovere l’integrazione tra trasporti tradizionali e mobilità innovativa
111 LS
Associazione Italiana
della Telematica
per i Trasporti e la Sicurezza
Società Italiana
Infrastrutture Viarie
SIIV
Sede Legale in via
delle Brecce Bianche
c/o Fac. Ingegneria
Università Politecnica delle Marche
60131 Ancona
Cristina Tozzo
Relatori e interventi
Il seminario, moderato dal prof. Giulio Maternini, Direttore
CeSCAM Università degli Studi di Brescia, è stato
introdotto dai seguenti specialisti: ing. Ippolita Chiarolini,
Ordine Ingegneri Provincia di Brescia; prof. Felice
Giuliani, Rappresentante SIIV; ing. Alberto Croce, Presidente
AIIT Regione Lombardia. Quindi gli interventi
tecnico-divulgativi.
Stato dell’arte e normativa sulla circolazione della micromobilità
elettrica - ing. Benedetto Barabino, RTDB
di Trasporti, Università degli Studi di Brescia, ing. Stefania
Boglietti, Borsista di ricerca in Trasporti, Università
degli Studi di Brescia.
Caratteristiche tecniche e prestazionali dei monopattini e
dei dispositivi della micromobilità elettrica - ing. Alberto
Andreoni, Professionista Area Tecnica ACI.
Pavimentazioni e sicurezza nei percorsi per la micromobilità
elettrica - ing. Felice Giuliani, Ordinario di
© larivista.ch
Si è tenuto lo scorso 18
settembre 2020 presso
l’Università di Brescia
un seminario sul tema della
micromobilità patrocinato tra le
altre associazioni dalla SIIV ed
organizzato dall’ordine degli
ingegneri di Brescia,
dall’Università di
Brescia e dal Centro
Studi Città Amica
per la sicurezza nella
Mobilità (CeSCAM).
Nella doppia modalità, webinar e
in presenza, hanno preso parte
all’evento più di 200 partecipanti.
Come previsto dal DM n°229/2019
“Sperimentazione della circolazione
su strada di dispositivi per la
micromobilità elettrica”, con il
termine “micromobilità” in Italia
si intende una nuova tipologia di
trasporto che utilizza dispositivi
per la mobilità individuale a
propulsione prevalentemente
elettrica (hoverboard, segway,
strade, ferrovie e aeroporti, Università degli Studi di
Parma.
Elementi di sicurezza alle intersezioni - ing. Giulio Maternini,
Ordinario di Trasporti, Università degli Studi di
Brescia, ing. Roberto Ventura, Dottorando di Ricerca in
Trasporti, Università degli Studi di Brescia.
Primi elementi di analisi degli aspetti vibrazionali e del
comfort per il conducente del monopattino - prof. David
Vetturi, Associato di Misure meccaniche e termiche, Università
degli Studi di Brescia.
Il programma Strade Aperte a favore della ciclabilità e della
micromobilità a Milano - ing. Chiara Bresciani, Direzione
Mobilità e Trasporti, Comune di Milano.
Interazione della micromobilità con il TPL - ing. Alberto
Croce, Direttore dell’Agenzia TPL
Postazioni innovative di ricarica per monopattini e dispositivi
di micromobilità - Rappresentante Ingenera Srl.
© Comune di Milano
monopattini elettrici e monowheel).
Il DM fornisce però solo delle
indicazioni riguardo ambiti e
infrastrutture in cui tali dispositivi
possono circolare, lasciando ai
comuni la regolamentazione.
Obiettivi di questo seminario
sono stati la definizione delle
caratteristiche tecniche e di
circolazione dei monopattini
elettrici e di altri dispositivi di
micromobilità al fine di individuare
le principali criticità non solo dal
punto di vista normativo ma anche
tecnico e strutturale. Il problema
della circolazione dei monopattini
in particolare è stato trattato anche
dal punto di vista dell’interazione
con l’infrastruttura stradale,
con interventi sui temi delle
pavimentazioni, delle intersezioni
e lo studio del comfort per l’utente
del monopattino. La notevole
variabilità sia del dispositivo di
guida che dell’utente, considerando
non solo l’età ma anche la postura
e lo stile di guida, richiede infatti
una rivalutazione degli aspetti
geometrici dei percorsi destinati
alla micromobilità elettrica con una
verifica, riscrittura e ricalibrazione
di molti modelli di analisi. Inoltre,
come casi studio, sono state
discusse le esperienze di diverse
città rispetto a questi nuovi mezzi
di trasporto. nn
TTS Italia
Associazione Italiana della Telematica
per i Trasporti e la Sicurezza
Via Flaminia, 388
00196 Roma
E-mail redazione@ttsitalia.it
www.ttsitalia.it
Laura Franchi
TTS Italia è tra i partner di
PriMaaS (Prioritizing low carbon
mobility services for improving
accessibility of citizens), progetto
della durata di 42 mesi (settembre
2019-febbraio 2023) cofinanziato dalla
Commissione Europea nell’ambito del
Programma Interreg Europe. Obiettivo
di PriMaaS è quello di promuovere
l’integrazione dei tradizionali modi di
trasporto collettivo con quelli personali
e innovativi creando servizi di mobilità
realmente incentrati sulle esigenze dei
cittadini.
In PriMaaS, TTS Italia fornisce agli
operatori dei trasporti strumenti e
informazioni adeguati al fine di un
pieno sviluppo del Mobility as a Service
(MaaS), supporta gli organi istituzionali
per definire politiche e strategie
adeguate, stimola la discussione su
temi di interesse strategico, sostiene
la collaborazione e la formazione sul
MaaS. Di recente, due sono state le
azioni fondamentali condotte da TTS
Italia nell’ambito di PriMaaS.
Il punto di vista degli stakeholder
Se da un lato la mobilità come
servizio, il MaaS appunto, è
generalmente considerata una
soluzione efficace ed efficiente di
mobilità sostenibile, la percezione
pubblica verso l’utilizzo del trasporto
pubblico e della mobilità condivisa
ha subito e sta ancora subendo
cambiamenti significativi sulla scia
della attuale pandemia. Sono infatti
noti gli effetti disastrosi che questa sta
generando in tutti i settori economici,
colpendo bisogni e abitudini dei
cittadini a più livelli, anche se molti
economisti sostengono già che le
sue pesanti ricadute potranno essere
percepite solamente nel lungo
periodo.
In tale contesto, PriMaaS, grazie al
supporto tecnico-organizzativo di TTS
Italia, ha riunito i principali stakeholder
europei in due webinar tenutisi il 29
e 30 giugno 2020 per discutere da un
lato, le sfide che i sistemi di trasporto
regionale si trovano attualmente ad
affrontare; dall’altro, come il MaaS si
possa diffondere in maniera sostenibile
nell’era post-pandemica attraverso una
rivisitazione del ruolo cardine assunto
dal Trasporto Pubblico, e mitigando
gli effetti di un utilizzo potenzialmente
minore, in uno scenario emergenziale,
di soluzioni di mobilità condivisa. Il
risultato dei due webinar è un Policy
Brief realizzato da TTS Italia che si
incentra su tre aspetti fondamentali:
gli impatti sulla mobilità in Italia;
il MaaS nell’era post-pandemica;
raccomandazioni per favorire il MaaS
in condizioni di incertezza quali
quelle che stiamo oggi vivendo. Il
Policy Brief è disponibile e scaricabile
gratuitamente al seguente link:
https://www.interregeurope.
eu/fileadmin/user_upload/
tx_tevprojects/library/
file_1602152631.pdf
Più di recente, invece, il 16 ottobre,
TTS Italia in collaborazione con
Regione Liguria ha organizzato
il secondo stakeholder meeting
italiano che si è svolto interamente
in modalità virtuale e che ha visto la
partecipazione di oltre 20 stakeholder
tra cui Pubbliche Amministrazioni,
operatori del trasporto pubblico
nonché attori privati del settore IT/ITS.
La giornata di lavori ha previsto due
sessioni tematiche, rispettivamente
sull’interoperabilità e condivisione dati,
e una sulla governance e politiche di
diffusione del MaaS in Italia. All’ottima
riuscita dell’evento, hanno contribuito
attivamente tutti gli stakeholder
portando le proprie esperienze,
soluzioni, sfide e prospettive
nell’implementare il MaaS in maniera
efficiente e sostenibile. L’incontro ha
permesso di continuare un percorso di
synergy building e cooperazione tra i
diversi attori coinvolti che continuerà
con l’organizzazione e partecipazione
ai prossimi eventi nazionali e
internazionali del progetto PriMaaS. In
particolare, l’incontro ha permesso di
validare e discutere le barriere per la
più ampia implementazione del MaaS
individuate nell’ambito di PriMaaS.
Il resoconto completo dell’incontro è
disponibile al seguente link:
https://www.interregeurope.
eu/primaas/news/newsarticle/10080/2nd-regionalstakeholders-meeting-italia/
Per maggiori informazioni su PriMaaS:
https://www.interregeurope.eu/
primaas/ nn
AssociAzione siiV
AssociAzione TTs iTALiA
11/2020 leStrade
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