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ALLA RICERCA DELLE TORRI PERDUTE

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Art.9

La Repubblica promuove

lo sviluppo della cultura e la ricerca

scientifica e tecnica.

Tutela il paesaggio e il patrimonio

storico e artistico della Nazione

Istituto comprensivo “Calcedonia” Salerno

Progetto PON “Alla scoperta delle torri perdute”

Scuola secondaria di I grado


Il nostro territorio è stato sin dai tempi antichi al centro delle principali rotte del

Mediterraneo, un crocevia di popoli attratti dalla bellezza dei luoghi, ma anche dal contatto

con altri popoli e dal commercio.

Il nostro mare era una antichissima autostrada su cui viaggiavano merci, conoscenza, ma

anche feroci, sanguinari e avidi guerrieri: i saraceni, un vero e proprio terrore per chiunque

vivesse nella nostra zona.

Dal periodo bizantino, passando per il dominio dei Longobardi, dei Normanni, degli Svevi,

degli Angioini, degli Aragonesi e dei viceré spagnoli, gli abitanti della città e della costiera

dovettero difendersi dalle scorrerie dei pirati che, con ferocia inaudita, depredavano i villaggi

lasciando dietro di sé morte, sangue, macerie e prigionia.

Da qui la necessità di proteggersi e difendersi dal nemico che proveniva dal mare, costruendo

torri di avvistamento e di difesa.

Le torri di difesa sorgevano vicine ai centri abitati e avevano una guarnigione armata. Le torri

di avvistamento o semaforiche, più piccole e con pochi uomini di guardia, erano disposte sulle

alture oppure lungo la costa, spesso in località difficilmente raggiungibili, ma in ottima

posizione per sorvegliare molte miglia di mare.

La funzione di avvistamento e segnalazione avveniva direttamente o indirettamente, cioè

erano i soldati che avvertivano il centro abitato oppure veniva dato il segnale per trasmissione

attraverso la catena delle torri. I segnali erano di due tipi: ottici, con il fumo di giorno e il fuoco

di notte, e acustici, attraverso il botto fragoroso del petriero o buttafuoco.

Passeggiando in città e navigando lungo la Costiera Amalfitana e Cilentana è possibile

ammirare fortezze, baluardi di pietra, castelli, torri e bastioni di mura come testimonianza di

alterne vicende di uomini impegnati nella lotta di costruzione e distruzione di sistemi difensivi

per il controllo di terre ora conquistate ora perdute.

Oggi alcune delle torri di avvistamento presenti nel territorio sono divenute alberghi, case,

ristoranti; altre, invece, si ergono solitarie mostrandosi in tutta la loro bellezza.

Nel corso del progetto PON “Alla ricerca delle torri perdute – Modulo: “Le torri e i loro

segreti”, la nostra attenzione si è focalizzata su un lavoro di ricerca delle fonti e sullo studio

delle Torri presenti in città.


LE TORRI E I LORO SEGRETI

IL CASTELLO ARECHI

Il castello Arechi si eleva in cima al monte

Buonadies dominando dall’alto la città di

Salerno e racchiude tre secoli di civiltà

longobarda dall’VIII all’IX secolo.

Il monte su cui sorge il castello è detto

Bonadies (buongiorno) perché all’alba,

essendo la parte più alta della città, il sole

che sorgeva da est ne illuminava per primo

il vertice.

È’ detto Arechi perché la costruzione si

associa ad Arechi II, principe longobardo

che trasferì la capitale del ducato da

Benevento a Salerno.

Indagini archeologiche hanno evidenziato

che il primo impianto costruttivo risale al

periodo gotico – bizantino.

A pianta rettangolare, aveva una funzione

di controllo del porto sottostante e dei

percorsi in direzione della pianura

vesuviana, nodo importante per l’economia

del territorio.

La posizione sul monte Buonadies offriva

buone possibilità difensive: il castello e la

cinta resero Salerno inespugnabile. Infatti,

grazie all’impervietà della sua collocazione,

il castello è sempre rimasto inespugnato.

Come testimonia Paolo Diacono nella sua

Historia Longobardorum

“ per natura e per arte imprendibile,

non essendo in Italia una rocca più munita

di essa”.

Attualmente boscosa, nel Medioevo la

collina era completamente priva di alberi

per facilitare l’avvistamento dei nemici.

Durante gli assedi, dal castello venivano

lanciate o lasciate rotolare grosse pietre con


delle possenti macchine. Ai Normanni si

deve la costruzione della torre detta

Bastiglia, che si staglia a nord – ovest,

realizzata per controllare i movimenti non

direttamente visibili del castello.

Nella parte più eminente vi sono una serie

di torri disposte intorno al corpo centrale e

collegate da mura merlate e da ponti

levatoi. Nelle epoche successive si

aggiunsero ampliamenti per aumentare l’

efficienza e la validità dei servizi.

Nel 1077 il Castello Arechi fu sottratto a

Gisulfo, ultimo re longobardo di Salerno

per diventare una roccaforte normanna,

funzionale ai cavalieri nordici nelle terre

meridionali.

In seguito diventò importante elemento nel

sistema difensivo aragonese, per poi

perdere progressivamente importanza col

mutare delle tecniche belliche.

Esso venne del tutto abbandonato nel XIX

secolo.

I conti Quaranta sono stati gli ultimi

proprietari del castello, prima di venderlo

alla provincia di Salerno nel 1960.

Il castello, immerso nella macchia

mediterranea, oggi ospita un museo

medievale in cui sono esposti armi,

ceramica, vetro e monete ivi rinvenuti e che

raccontano le guerre, la caccia, i rapporti

commerciali e gli antichi mestieri della

storia salernitana.

In seguito ai recenti restauri, all’interno

della roccaforte sono ospitati un salone per

conferenze, congressi e una sala adiacente

utile a ospitare mostre d’arte.


Curiosità

Una tradizione vuole che esistano uno o più

passaggi segreti che collegano il castello

con le antiche torri d’avvistamento delle

mura, soprattutto con il Forte della

Carnale.

Il principe Arechi II

Una tragedia di Ugo Foscolo, la Ricciarda

è ambientata nel castello Arechi.

La tragedia ha luogo nel medioevo e

protagonisti della vicenda sono due

innamorati, Guido e Ricciarda, i cui padri si

combattono ferocemente da più di

trent’anni.

Ricciarda è figlia di Guelfo, tiranno di

Salerno il cui fratellastro, Averardo, è

padre di Guido.

Averardo ha posto l’assedio a Salerno, ma

vuole portare in salvo il figlio Guido che per

rimanere vicino a Ricciarda, si è nascosto

nei sotterranei del palazzo Guelfo dove si

trovano i sepolcri della famiglia.

La vicenda si svolge tra le mura del

Castello di Salerno, tra colpi di scena,

equivoci e riconoscimenti con i due giovani

divisi tra l’amore e gli affetti familiari e si

conclude con l’uccisione di Ricciarda da

parte del padre che si trafigge subito dopo.

Arechi II è stato un duca longobardo. Duca

di Benevento dal 758 al 774, poi principe

della stessa città fino alla sua morte.

Dal 774, però, si radicò a Salerno nella

reggia a lui attribuita.

Amò la nostra città e le diede splendore e

benessere.

Fu un uomo coraggioso al punto da sfidare,

attribuendosi il titolo dei re dei Longobardi,

l’ira di Carlo Magno e di Papa Adriano I.

La tradizione vuole che si adornava di

insegne regali, indossava la clamide,

impugnava lo scettro e cingeva di corona il

capo.

Di origini probabilmente friulane, sposò

Adelperga, figlia del re Desiderio, da cui

ebbe 5 figli.

Romualdo, morto prematuramente a 25

anni, Grimoaldo, suo successore, Gisifo,

Teodenanda e Adechisa.

Morì il 23 agosto del 787 e fu sepolto nella

chiesa della Madre di Dio, forse nei pressi

del suo palazzo, che era l’antica cattedrale

salernitana.


Quando su questa, intorno al 1079, fu

eretta la Cattedrale di San Matteo, andò

distrutto il monumento in cui riposavano i

resti del principe.

Paolo Diacono afferma:

“Hai ornato la patria di scienze,

costruzioni,

regge, per cui eterna sarà la tua gloria.

Tu sei stato per i tuoi sudditi pace,

porto, salvezza, gloria, delizia, universale

amore”

Paolo Diacono vv. 25 - 28

Paolo Diacono vv. 25 -28


LA BASTIGLIA

La Bastiglia fu edificata verso il 1075 dal

principe longobardo Gisulfo II il quale, per

prepararsi all’assedio del condottiero

normanno Roberto il Guiscardo, edificò

diverse torri sulle colline circostanti tra cui

proprio “La Bastea”.

Il nome nasce da un equivoco secondo il

quale si credeva che l’edificio fosse sede di

prigioni, che erano poste, invece, all’interno

del Castello di Arechi.

Ubicata su un colle posto a nord del

Castello in posizione più elevata, aveva la

funzione principale di avvistamento e di

difesa.

Essa era, dunque, una sorta di torre

“semaforica” dalla quale si poteva

segnalare al Castello qualsiasi movimento

sospetto non visibile direttamente

dall’altura del monte Bonadies.

La struttura primordiale era a forma

cilindrica con quattro aperture “ a croce”

tipico della fine dell’XI secolo.

In un’epoca successiva a quella normanna è

stato aggiunto un ulteriore ringrosso

murario, sempre cilindrico, posto sul lato

nord-est.

Su quest’ultimo sono presenti tre

cannoniere risalenti al XVI secolo.

Gli spazi interni si articolano su tra livelli,

di cui il primo era utilizzato nel XVI secolo

come cisterna.

Alla torre si accede mediante una scala

esterna aggiunta tra la fine del XX secolo e

l’inizio degli anni 2000.

Nel primo ambiente si trova un forno

circolare e una garitta. È’ presente, inoltre,

una scala interna che porta al piano

superiore anch’esso di forma circolare dal

quale, sempre attraverso una scala, si

accede alla terrazza panoramica.


TORRE DEI LADRI

La Torre dei ladri nasce nel rione Madonna

delle Grazie alle pendici del monte

Bonadies e si mostra in tutta la sua

possenza tra i residui del muro di cinta

occidentale.

È possibile ammirarla soprattutto dalla

terrazza che immette al Giardino della

Minerva.

Il rione era sede degli uffici più importanti

del principato di Salerno in periodo

longobardo e ospitò anche una sede della

Scuola Medica Salernitana.

Della torre non si hanno molte notizie

storicamente certe e le poche informazioni

giunte a noi assomigliano più a strane

leggende che a fatti realmente accaduti.

Si racconta che in epoca longobarda ai

merli di questa fortezza venivano appesi i

corpi dei ladri giustiziati che, poi, dovevano

servire ai Medici dello Studio Salernitano

per i loro esperimenti.

Si dice ancora oggi, che esiste un cunicolo

che mette in comunicazione la Torre con il

castello Arechi, situato sul monte Bonadies.

Di essa si dice ancora che nel XIV secolo

serviva ai ladroni per rifugiarvisi e per

nascondervi favolosi tesori, in grotte e

misteriosi sotterranei.

In quell’epoca La Campania era infestata

da feroci briganti come ricorda anche

Francesco Petrarca (Fam. XV – 7, 9)

“Quella bellissima Campania nella quale

una volta il famoso Plotino

elesse la sede per il suo nobile ozio……

è diventata tale che a stento i viaggiatori

vi passano incolumi,

piena com’è sempre di ladri per ogni

dove…”

In quel tempo vi fu un altro brigante

altrettanto famoso, Ruggieri d’Aieroli che


venne ricordato da Boccaccio in una novella

del Decamerone (IV -10)

“Il suo vero nome era Ruggero Mele…….

Di nazion nobile, ma di cattiva vita e di

biasimevole stato, intanto che parente né

amico lasciato s’avea che ben gli volesse

veder, e per tutto Salerno di ladronecci e

d’altre vilissime cattività era infamato…”

Oggi la Torre dei Ladri è una imponente

struttura privata, completamente

ristrutturata che si impone sull’intero

centro storico.


TORRE PICENTINA

La Torre Picentina (o Vicentina) è la più

settentrionale delle torri ed è la prima torre

a pianta circolare.

Voluta dal Governatore del principato

Citra, Giovan Maria de Costanzo nel 1563,

è stata edificata sull’arenile che va da

Salerno ad Agropoli.

Comunemente definita Torre Picentina per

via della vicinanza alle sponde del fiume

Picentino, viene però definita, nelle fonti

ufficiali più antiche, con la denominazione

di Vicentino.

La struttura è attualmente proprietà

privata ma, in quanto bene vincolato e non

suscettibile di modifiche, è stata lasciata in

uno stato di abbandono.

Inizialmente veniva utilizzata per la

guardia del litorale. Passato il pericolo

delle incursione turche, fu, inizialmente,

destinata a posto di dogana e nel 1825 fu

abbandonata a causa della generale

insalubrità dei terreni alluvionali di cui è

composta la piana del Sele.

La torre ha una pianta circolare e presenta

sulla sommità undici troniere, disposte a

raggiera.

L’interno è suddiviso in due ambienti

sovrapposti; quello inferiore, al centro,

presenta un foro di collegamento con quello

superiore.

Oggi è possibile accedere a questo ambiente

attraverso un varco sul versante

meridionale; al livello superiore una porta

permette di entrare nell’unico locale.

Manca la scala, che doveva essere

probabilmente provvisoria.

Ancora oggi la torre conserva il suo

carattere di isolamento, ma ha perso il suo

antico rapporto con il mare, dal quale

risulta separata non solo dalla litoranea,


ma anche da un complesso sportivo sito

sulla costa. Nei terreni circostanti, negli

ultimi decenni, sono state realizzate delle

opere abusive in parte poi demolite.

Attualmente la torre è in uno stato di

degrado.


IL FORTE DELLA CARNALE

Il forte della Carnale si erge a est di

Salerno, a circa 500 metri dalla foce del

fiume Irno e fa parte di un sistema

difensivo voluto dai viceré spagnoli, don

Pedro di Toledo e don Perafan de Ribera,

realizzato a partire dal 1563.

Tale sistema difensivo era costituito da

torri di avvistamento e di difesa distribuite

lungo la costa e in città con lo scopo di

difendere il territorio dalle incursioni

saracene.

La Carnale nasce come torre cavallaria, in

quanto era un punto di avvistamento

dotato di cavalli, dove in caso di pericolo,

uomini a cavallo partivano per avvisare la

popolazione dagli attacchi dal mare.

Fu costruita intorno al 1569 su presenze

murarie riconducibili all’epoca tarda

romana, da Andrea de Gaeta, un

imprenditore di Coperchia,

Diversi sono i nomi con cui il Forte è

chiamato, tra questi, il più noto è “La

Carnale”, denominazione che risale all’ 871,

anno della guerra tra saraceni e longobardi.

Nella battaglia della Carnale, combattuta

attorno al promontorio su cui sorge la torre,

si verificò una vera carneficina di saraceni

ad opera dei salernitani e i corpi dei nemici

rimasero per lungo tempo ad imputridirsi

su quel terreno.

Il forte fu anche teatro della strenua difesa

di Salerno da parte del cosiddetto

“Masaniello salernitano”, Ippolito di

Pastina, ribellatosi ai soprusi e alle

angherie del mal governo degli spagnoli nel

Seicento.

Nel 1764, durante una carestia, fu luogo di

raccolta di moltissimi morti.

L’edificio viene chiamato anche “La

Polveriera” perché nell’Ottocento era


adibito dai Borboni a deposito militare di

munizioni, caratteristica che non perse

neanche dopo l’unità d’Italia.

Nel 1828 venne utilizzato come

osservatorio di manovre militari e fino al

1924 come deposito di munizioni.

Nella seconda guerra mondiale fu

rinforzato con un bunker e subì moltissimi

danni durante lo sbarco di Salerno nel

settembre del 1943.

Nel corso dei secoli la torre ha subito una

serie di aggiunte, per via delle mutate

esigenze militari che ne documentano

l’importanza strategica per la difesa della

città.

In una stampa di F. Pinto, raffigurante

l’assedio dei francesi del 1648, è

rappresentata con alcuni antemurali di

sbarramento. Nei secoli successivi queste

opere difensive furono integrate fino a

formare un vero e proprio forte, che in

epoca borbonica portò a definire la

struttura come Forte San Giuseppe.

Nella seconda metà del XVIII secolo, fu

aggiunta alla torre una grossa piattaforma

antistante il fronte del mare, dove fu

posizionata una batteria composta da due

cannoni.

Ai due angoli della piazza, verso il mare,

furono costruite due sporgenze a forma di

torri quadrate che servivano per la difesa

delle pareti esterne dell’opera difensiva.

Il Forte, dopo il periodo francese, nel 1816

subì ulteriori lavori di ammodernamento

per adeguare le strutture alle nuove

esigenze di difesa, non più finalizzate al

solo avvistamento del pericolo proveniente

dal mare, ma anche per fronteggiare

eventuali attacchi da terra.

A queste opere si aggiunse la piazza verso

monte, che prolungò il piano dal quale si

accedeva agli ambienti della torre e, al

contempo, dotò il forte di un ampio spazio a

servizio delle funzioni militari.


La torre, a pianta quadrata, presenta oggi

ben tre lati occupati dai terrapieni,

realizzati nel corso dei secoli; unico fronte

libero è quello a sud-est, dove la piazza è

situata a circa m 13 di altezza rispetto al

piano di posa.

Al centro del corpo dell’edificio c’è un grosso

ambiente voltato a botte, con l’imposta

della volta parallela al fronte mare.

Tre varchi di uscita permettevano l’accesso

alle aree esterne costruite successivamente,

quella a monte era servita anche da una

rampa, sorretta da un arco in muratura.

Una singolarità della torre sono le troniere,

in numero di tre per lato, oggi in buona

parte crollate, e lo sviluppo della scala di

accesso alla piazza che non si trova, come

di consueto, all’interno delle murature.

La prima rampa della scala parte

dall’interno del vano, al primo livello sul

fronte mare, continua con la seconda retta

da un arco, lungo il lato sud-est, termina

con la terza sullo stesso lato, all’interno del

corpo murario.

Sulla piazza tre cellette, sul fronte a monte,

definivano le garitte del corpo di guardia.

Il Forte della Carnale oggi fa parte di un

complesso turistico sul litorale di Salerno,

da dove è possibile ammirare il panorama

sul golfo della città, sulla costiera

amalfitana e su quella cilentana.

E’ sede di esposizioni, mostre, concerti e

riunioni e costituisce uno dei punti di

ritrovo più affermati della città.


La battaglia della Carnale

La lunga lotta tra Saraceni e Longobardi

ebbe il momento più spettacolare e più

aspro sotto le mura di Salerno, durante il

principato di Guaiferio, principe longobardo

che governò la città per ben 15 anni,

dall’861 all’ 876.

Correva l’anno 871, trentamila saraceni,

sbarcarono nel golfo di Salerno e porsero la

città sotto assedio.

I saraceni erano guidati dall’emiro arabo

Abdallah, nemico della cristianità, il quale

pose il suo comando ad oriente della città,

nella chiesa dei santi Martiri.

Senza alcun riguardo per la religione

cristiana, i saraceni vi entrarono e vi

sistemarono armi e vettovaglie.

“E’ giunta l’ora che Allah trionfi anche sul

Dio dei Salernitani,

che si ponga l’assedio alla città,

mentre noi banchetteremo nella loro chiesa”

Il saraceno Abdullah era ferocissimo:

aveva devastato in pochissimo tempo i

territori di:

● Napoli

● Capua

● Benevento

Era tristemente famoso per il suo interesse

per le fanciulle salernitane.

Secondo una leggenda saracena perse la

vita mentre si accingeva ad abusare di una

leggiadra fanciulla salernitana, proprio

nella chiesa dei Santi Martiri: presso

l’altare cadde una trave e lo uccise.

I salernitani, invece, erano guidati dal

principe longobardo Guaiferio della

dinastia dei Dauferidi.

Guaiferio fu un uomo particolarmente

audace e bellicoso e, secondo alcune storie

tramandate, un uomo dalla poca umanità.

A proposito della sua mancanza di

umanità, si tramandano molte storie come

questa:


Una volta i suoi servi trasportavano grano

da Capua a Salerno.

Appena i Napoletani ne furono informati,

cercarono di impadronirsene.

Allora il principe li attaccò e li sterminò

tutti e duecento e tra questi anche un

giovinetto che chiedeva pietà.

“E subito, con grande virtù, lo

percosse con gladio frammezzo al

cervello, sì che il capo ricadde parte

sulla spalla destra, parte sulla

sinistra, e piombò giù esanime il

corpo miserabile”.

Il principe longobardo e Caio, figlio di suo

fratello Maione, si stabilirono lungo la foce

del fiume Irno e lo scontro decisivo tra

musulmani e cristiani avvenne sul

promontorio della Carnale.

Ed è qui che vi fu il maggior numero di

saraceni morti, tanto che Guaiferio definì la

torre una “carnaia”

“ La torre è’ una carnaia

piena di corpi e tante scimitarre

mentre il nemico, in fuga,

sopra le navi vaga per il mare.

Salerno più tranquilla va a dormire

Ora ch’il giorno muore e vien la sera

Questo tormento dovea pur finire

Pace pei figli ogni donna spera.

Torre Carnaia, custode della storia,

ora sei lorda di sangue saraceno,

non vergognarti, ascrivi questo a gloria

ne parleranno dal Sele fino al Reno”


I Leoni della Cattedrale

La strage dei Saraceni

Le battaglie violente contro i saraceni si

svolsero su più fronti.

Uno di questi è il Duomo.

Nel tentativo di entrare e dissacrare il

suolo sacro, i saraceni si ritrovarono

spiazzati da qualcosa di sovrannaturale.

A impedire loro l’ingresso furono i Leoni

antistanti l’ingresso al cortile della

Cattedrale di San Matteo.

La leggenda vuole che questi presero

miracolosamente vita, probabilmente

investiti dallo spirito e dal loro ruolo

difensivo.

I saraceni si ritrovarono dunque a doversi

fronteggiare non più solo contro i difensori

del Duomo, bensì contro i Leoni,

intervenuti in loro soccorso per difendere la

Cattedrale.

Anche in questo caso si parla di una strage.

Un’ altra leggenda narra:

Prima che questa gente nefasta si desse

alla fuga, Dio manifestò a molti un segno

del cielo: una grandissima fiaccola accesa,

con una velocissima traiettoria, piombò tra

le galere e ne seguì una tempesta, che

affondò, una per una, tutte le navi.


Curiosità

Il Decamerone

Il Forte della Carnale ispirò la quarta

novella della IV giornata di Boccaccio.

Il tema della novella è quello degli amori

infelici e tragici e i protagonisti sono

Tancredi, principe di Salerno e la

bellissima figlia Ghismunda.

“ Tancredi era molto geloso di sua figlia

Ghismunda tanto da concederla in moglie

solo al duca di Capua che, però, morì poco

dopo il matrimonio lasciando la bella

fanciulla vedova in giovane età.

Tancredi, però, non le volle cercare un

nuovo marito e Ghismunda, quindi,

intraprese una relazione clandestina con

Guiscardo, valletto di umili origini del

padre. Scoperta per caso la relazione,

Tancredi fece imprigionare Guiscardo e

chiese spiegazioni alla figlia.

Ghismunda difese strenuamente la

posizione del giovane amato dichiarando

che, anche se di umili origini, Guiscardo

possedeva un cuore nobile e che la nobiltà

di cuore fosse ben più importante di quella

data da un titolo.

Adirato, Tancredi fece uccidere Guiscardo e

fece recapitare, in una coppa, il cuore del

giovane alla figlia infedele.

Veduto il macabro dono, Ghismunda versò

nella coppa del veleno e lo bevve per

raggiungere l'amato nella morte.

Venuto a sapere dell'insano gesto della

figlia, Tancredi corse per darle parole di

conforto, ma arrivò tardi e non riuscì a

salvare Ghismunda”.


La leggenda del Torrione

La leggenda è ambientata al Torrione e

precisamente riguarda la “Polveriera” che

sorge sulla collina.

Come ancora oggi è possibile osservare,

lungo i giardinetti ai piedi della collina,

sono visibili delle caverne che molti

sostengono essere anditi sotterranei che

arrivavano fino al castello Arechi.

Questa storia risale al 1700, quando in

questa zona abitavano molti pescatori che

vivevano miseramente.

Uno di questi, una sera, mentre ritornava a

casa, passando dove ora ci sono i giardini,

sentì il verso di una gallina provenire da

una di quelle grotte.

Incuriosito, si chiese come mai una gallina

fosse li dentro, chi l’avesse persa e come

mai chioccasse di sera e così pensando, tirò

dritto per la sua strada.

Il giorno dopo si ripeté la stessa storia, ma

questa volta il pescatore incuriosito, entrò

nella grotta.

Sentiva la gallina vicina col suo coccodè,

ma non riusciva a vederla.

Allora alla luce di una torcia si inoltrò

ancora più in fondo, fino a quando su una

roccia a forma di ara, vide una gallina tutta

bianca che covava delle uova.

Con grande meraviglia, si accorse che le

uova brillavano come l’oro.

Allora si avvicinò, spostò la gallina e col

batticuore prese in mano un uovo.

Restò esterrefatto: le uova erano proprio

d’oro, d’oro massiccio!

Aveva trovato un tesoro.

La sua gioia fu incontenibile!

Ma poi cercò di calmarsi.

Prese le uova che stava covando la gallina

magica, scappò fuori dalla grotta e fece

ritorno di corsa a casa.

Non raccontò a nessuno, nemmeno alla

propria moglie, cosa fosse successo e


l’improvvisa causa della sua ricchezza.

Con il passare del tempo, la gente

assistette stupita al cambiamento di vita

del pescatore che da povero che era,

diventato un gran signore, con una nuova e

confortevole casa, bei vestiti, addirittura

con una carrozza e un cocchiere: insomma

viveva nel lusso e finalmente era felice

insieme alla sua famiglia.

Ma l’uomo aveva un problema: parlava nel

sonno e la moglie, che era molto curiosa,

una notte, approfittando che il marito

aveva ecceduto col bere e perciò era

sprofondato in un sonno pesante, rimase

ad ascoltare il farfuglio delle sue parole e

con stupore apprese della gallina magica e

delle uova d’oro.

Allora la donna, che era ambiziosa ed avida

e per niente contenta della fortuna

accorsale, si alzò nel cuore della notte,

prese una torcia e si incamminò verso la

grotta.

Ivi giunta, senti il coccodè della gallina e,

seguendolo, avanzò sempre più in fondo,

senza riuscire a trovarla.

Andò ancora più in fondo, fino a quando si

perse nei labirinti del sottosuolo.

La famiglia non seppe mai cosa le fosse

accaduto; solo il marito lo intuì. Se la

moglie fosse stata più attenta nell’ascoltare

il marito che parlava nel sonno, avrebbe

sentito anche le ultime parole che dicevano

che accanto alla gallina magica, su una

pergamena c’era scritto:

“CHI SI ACCONTENTA, GODE!”

Storia tratta dal libro “Salerno nella leggenda”

Luciana Baldassare

BIMED edizioni


TORRE ANGELLARA

La torre Angellara è una torre edificata

sulla costa ad oriente della città, nei pressi

della foce del torrente Mariconda.

Tra le più grosse della provincia di Salerno,

minore solo per altezza a quella di Marina

di Vietri, la torre consentiva la

comunicazione tra la torre della Carnale e,

ad oriente della torre Picentina.

Serviva a impedire gli eventuali sbarchi

dei corsari sull’arenile ed evitare il

rifornimento di acqua presso il vicino

torrente Mariconda.

Il posizionamento era stato studiato ad arte

per evitare ogni possibile via di accesso

dalla piana di Mercatello, costringendo

quindi l’invasore a spostare il proprio

percorso di attacco più a sud, nell’area

detta Migliaro.

La prima notizia riguardante la

costruzione della torre dell’Angellara risale

al 30 marzo del 1568, quando, su

ordinazione dei viceré spagnoli, il maestro

de Lauletta Leonardo di Salerno si impegnò

con il maestro Andrea de Gaeta ad

edificarla.

Ai primi dell’Ottocento, nella torre fu

sistemato un posto telegrafico insieme con

un posto di dogana, rimasto attivo fino al

1866, quando tale fortificazione fu messa in

vendita con tutte le altre.

La torre, dopo esser stata usata per molti

anni come alloggio per alcuni militari,

attualmente è abbandonata.

È’ stata proprietà della Marina Militare di

Napoli fino al 2014, anno in cui è stata

acquisita dal comune di Salerno.


Prende il suo nome dal luogo in cui si trova,

che era denominato “Angellara”, dal

torrente Anguillerium che attraversa la

zona e nel quale, probabilmente, si

effettuava la pesca delle anguille.

Come tutte le torri di sbarramento

presenta sulla sommità cinque troniere e le

pareti a scarpata.

Disposta su due livelli con pianta quadrata

di circa 17.50 metri di lato oltre ad un terzo

livello in sommità.

Al primo livello, quello terra, si accede

attraverso un cunicolo, ricavato nei m. 4,60

di spessore delle mura, dal quale si entra in

un grosso ambiente, coperto da una volta a

botte, con l’imposta parallela al lato mare,

utilizzato in origine come cisterna.

Al livello superiore, dove alloggiava la

guarnigione, si passa attraverso una scala

esterna in muratura e un lungo passaggio

scoperto. Da qui si entra in un ambiente

quadrato di m.8,60 per lato, coperto con

volta a botte, orientata nello stesso verso di

quella sottostante.

Il locale è fornito di quattro aperture

esterne, una per lato e di un collegamento

con la vecchia cisterna, sul lato occidentale.

Una scala, ricavata nello spessore murario,

sul versante occidentale, permette l’accesso

alla piazza che oggi si presenta libera da

corpi di fabbrica solo sul fronte mare.

Verso monte sono posizionati i tre locali che

ospitavano le garitte, sul lato occidentale,

la cucina e l’ingombro della scala.

Sul lato opposto un primo ambiente,

collegato ad un secondo, ospitava il

telefono, un terzo locale fungeva da casotto

della vedetta.


TORRE GUAIFERIO

La Torre Guaiferio è sita nel rione

municipio e prende nome dal principe

longobardo Guaiferio che nell’871 fece

rinforzare le mura cittadine con la

realizzazione di torri per contrastare e

difendere la città dalle continue scorrerie

dei saraceni.

Non esistono molte informazioni a riguardo

e oggi la torre è poco visibile in quanto

inglobata nelle nuove edificazioni.

Ha una pianta circolare e circa il suo uso

esistono opinioni diverse.

TORRE DEL CENTRANGOLO

Non sono molte le informazioni relative alla

Torre del cetrangolo.

Viene denominata cetrangolo dal nome

dell’arancio amaro, di cui sussisteva una

coltivazione nell’area.

L’edificio è posto nella zona cosiddetta

Orto Magno. Oggi la torre si mostra solo

parzialmente alla vista con un massiccio

corpo avanzato scandito da due imponenti

archi affacciati sulla via dei Canapari.


Bibliografia

E. Cirielli – V. Fasano, L’itinerario del Principe, Salerno 2012.

A.S – Le torri costiere della provincia di Salerno: Paesaggio, storia e conservazione,

paparoedizioni , 2012.

M. De Angelis, Il castello di Salerno, in Le vie di Italia 1931.

L. Santoro, Le difese di Salerno nel territorio, in Guida alla storia di Salerno e della sua

provincia, Salerno 1982.

G. Iennaco, La maestosa torre detta il forte La Carnale o Torrione, in le torri delle coste

salernitane, Lancusi di Fisciano 1993.

L.Baldassare, Salerno nella leggenda, BIMED edizioni.

http://arcansalerno.com/visitsalerno/Arte/Sistema_Difensivo/Le_Torri_Fuori_le_Mura.html

https://www.salernoturistica.it/monumenti/castelli.htm

https://salerno.italiani.it/la-torre-dei-ladri-dalla-salerno-longobarda/

https://journals.openedition.org/mefrm/3141

https://it.wikipedia.org/wiki/Torri_costiere_del_Regno_di_Napoli


Scuola secondaria di primo grado

Istituto Comprensivo

“Calcedonia”

Salerno

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