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Jolly Roger Magazine. Rivista di letteratura, attualità e arte.

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BUSSOLA E SESTANTE<br />

BUSSOLA E SESTANTE<br />

CHI BEN COMINCIA<br />

È alla metà dell’opera<br />

Mai sottovalutare l’importanza di un buon incipit,<br />

anche se costa sudore, lacrime e sangue<br />

di Amelia Volpe<br />

Poche parole<br />

per vincolare il<br />

Lettore al vostro<br />

libro, scritte con<br />

la stessa solennità<br />

che impieghereste<br />

per declamare una<br />

formula magica.<br />

Perché di questo<br />

si tratta: un dolce<br />

sortilegio che<br />

ammalia chi ne<br />

percorre le righe e lo<br />

precipita nel gorgo<br />

della vostra prosa.<br />

Ci sono rituali che si ripetono<br />

da tempo immemorabile e ai<br />

quali nessuno può sperare di<br />

sfuggire, per quanto possa essere<br />

famoso o fortunato.<br />

Uno di questi è l’esame di un<br />

libro che il lettore medio effettua<br />

subito dopo averlo estratto<br />

dallo scaffale della libreria, sia<br />

che si tratti dell’ultima fatica<br />

di Ken Follett in Feltrinelli, sia<br />

che si tratti di un illustre sconosciuto<br />

in un’altrettanto sconosciuta<br />

libreria di provincia.<br />

Il rituale si compone di tre gesti<br />

fondamentali: l’esame della<br />

copertina, una rapida sbirciata<br />

alla quarta di coperta e, laddove<br />

i primi due gesti abbiano<br />

generato la soddisfazione<br />

del Lettore, la lettura (attenta,<br />

questa volta) delle prime righe<br />

che compongono il libro vero e<br />

proprio; quello che va sotto al<br />

nome di “incipit”.<br />

Non mi stancherò mai di ripetere<br />

quanto sia importante che<br />

le suddette poche righe siano<br />

la parte dell’intera opera sulla<br />

quale Autore e Editor devono<br />

porre la massima attenzione.<br />

Sì, perché se i virtuosismi grafici<br />

della copertina e l’estrapolazione<br />

dei brani per la quarta<br />

di coperta hanno fatto il loro<br />

sporco lavoro, ovvero quello di<br />

attrarre e incuriosire il Lettore,<br />

il momento della verità si compie<br />

nell’attimo in cui le primissime<br />

righe del libro si insinuano<br />

nelle vene della persona che<br />

le sta leggendo, per poi esplodergli<br />

nella mente come un trip<br />

lisergico capace di promettere,<br />

senza rivelare, mondi al di là<br />

dell’umana immaginazione.<br />

È l’attimo che decide se i libro<br />

abbandonerà lo scaffale tra<br />

le mani del Lettore o se sarà<br />

condannato a rimanervi finché<br />

qualcuno non si innamori di lui<br />

per altri motivi.<br />

Ma una cosa è certa: più l’incipit<br />

sarà ruffiano e ammiccante,<br />

maggiori saranno le possibilità<br />

che l’intero libro ne benefici facendo<br />

scoccare quella scintilla<br />

nella mente del Lettore che lo<br />

condurrà dritto alla cassa della<br />

libreria con la mente già immersa<br />

nella storia e il bancomat<br />

in mano.<br />

Soltanto una categoria di libri<br />

è immune alla regola dell’incipit:<br />

quelli che la gente compra<br />

(la gente, attenzione, non i Lettori)<br />

così come comprerebbe<br />

l’ultimo glossy pubblicizzato<br />

dall’influencer di turno.<br />

Sono libri che solitamente<br />

vengono usati come complemento<br />

d’arredo e per mostrare<br />

alle amiche in visita, altrettanto<br />

sgallettate, che “sì, ce l’ho<br />

anch’io”.<br />

Raramente vengono letti, quindi<br />

se il vostro non appartiene<br />

alla categoria del must to have<br />

da analfabeti di ritorno, tirate<br />

pure un sospiro di sollievo<br />

e dedicatevi alle stramaledette<br />

prime righe.<br />

Ma come dovrebbe essere un<br />

incipit efficace?<br />

E soprattutto, quali trucchi magici<br />

impiegare per comporlo?<br />

Innanzitutto sfatiamo un mito:<br />

se può essere vero che tutto il<br />

libro venga scritto di getto, in<br />

preda a un furor creativo secondo<br />

solo all’uragano Katrina,<br />

per l’incipit bisogna ragionare;<br />

e parecchio.<br />

È un capolavoro di pura tattica<br />

comunicativa volto a solleticare<br />

nel Lettore le zone più sensibili,<br />

portandolo là dove vogliamo<br />

che giunga.<br />

E chiarisco.<br />

Se il libro appartiene a un genere<br />

ben definito e tale genere<br />

traspare dalla copertina, dal titolo<br />

o da entrambi, è abbastanza<br />

ovvio supporre che chiunque<br />

lo estragga dallo scaffale sia un<br />

appassionato di tale genere,<br />

quindi dobbiamo concentrarci<br />

sulle passioni che a esso ruotano<br />

attorno.<br />

Dobbiamo riuscire a spremere<br />

la quintessenza per versarla nelle<br />

parole con le quali andremo a<br />

comporre l’incipit, mantenendo<br />

comunque l’onestà intellettuale<br />

di non portare il Lettore fuori<br />

strada, perché la rappresaglia<br />

sarebbe terribile e difficilmente<br />

rimediabile.<br />

Dovremo al tempo stesso generare<br />

curiosità e rassicurare<br />

circa il contenuto del libro,<br />

così da confermare la scelta e<br />

promettere che non ci saranno<br />

delusioni.<br />

E soprattutto non abbiate paura<br />

di riscriverlo decine di volte: la<br />

posta in gioco è talmente alta<br />

che ogni sforzo è giustificato, a<br />

patto che rimaniate nel seminato<br />

senza far trasparire cose che<br />

poi il libro non saprà sostenere.<br />

Ricordo un Gordon Gekko (Michael<br />

Douglas, nel film “Wall<br />

Streer” di Oliver Stone, 1987)<br />

che diceva al giovane broker<br />

interpretato da Charlie Sheen<br />

«Oggi hai avuto di che entrare<br />

nel mio ufficio; adesso vediamo<br />

se hai di che rimanerci».<br />

E niente, secondo me, esemplifica<br />

meglio il rapporto che c’è<br />

tra incipit e opera completa.<br />

Quando mi chiedono di portare<br />

un esempio di incipit geniale,<br />

nonostante tenti di variare la<br />

risposta per non essere monotono,<br />

la mia risposta è sempre<br />

la stessa.<br />

“Molti anni dopo, di fronte al<br />

plotone di esecuzione, il colonnello<br />

Aureliano Buendìa si sarebbe<br />

ricordato di quel remoto<br />

pomeriggio in cui suo padre lo<br />

aveva condotto a conoscere il<br />

ghiaccio”.<br />

Lo riconoscete?<br />

È Gabriel Garcia Marquez che<br />

apre le danze di “Cent’anni di<br />

solitudine”, opera che gli valse<br />

il Nobel per la Letteratura.<br />

Riuscite a scorgerne la genialità?<br />

In sostanza Marquez riesce, fornendo<br />

un’informazione drammatica<br />

e forse totale (il plotone<br />

di esecuzione), a non svelare<br />

niente costringendo il Lettore<br />

ad accettare la sfida e divorare<br />

il libro per giungere al punto in<br />

cui l’incipit lo ha incatenato, se<br />

non altro per capire cosa c’entri<br />

il ghiaccio con una fucilazione.<br />

Che poi il libro possa piacere o<br />

non piacere dipende esclusivamente<br />

dal gusto personale, ma<br />

l’efficacia delle prime poche righe<br />

è incontestabile.<br />

Quindi non importa quanta fatica<br />

vi costi cesellarle, né quante<br />

nottate spenderete modificando<br />

ogni singola virgola e nutrendovi<br />

di caffè per endovena:<br />

l’incipit è quanto di più sacro<br />

possa esistere tra le pagine di<br />

un libro, quindi non risparmiatevi<br />

mai.<br />

14 ANNO <strong>IV</strong> • NUMERO 2 • FEBBRAIO 2<strong>02</strong>1 www.edizionijollyroger.it<br />

15

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