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"Inedito, di sera" 16/06/2022

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Ed è da lì, da dentro il suo petto, che cresce la voglia di

urlare: “Eccomi! Ci sono!”. Ma non lo fa. Questa volta

sopprime le parole aspirando la polvere.

Una volta le finestre erano sempre aperte e il vento giocava

con le tende bianche. Tende ora abbandonate sul

pavimento, grigie e sporche. Ma come scordarsi sua madre

che tutti gli anni ad inizio stagione le stendeva sotto il sole.

Le staccava usando una scala, sotto braccio le portava in

lavanderia e le immergeva in una grande tinozza. Era

magico guardarla mentre posizionava le tende bagnate su

lunghi fili davanti all’ingresso. Il vento spostava il tessuto,

nascondeva il suo volto e poi, quando meno te lo aspettavi,

rivelava i suoi occhi neri.

Edoardo sentiva ancora quello sguardo stuzzicargli il cuore,

era come un sospiro di sollevazione. Ma adesso le tende

sono a terra.

Fermo, di spalle alla porta Edoardo si porta una mano sugli

occhi : sono umidi. Perché? Perché ha voglia di piangere?

No, non esistono i fantasmi, ma se esistessero forse adesso si

sentirebbe meno solo.

Edoardo si scuote tutto d’un tratto. Alla sua destra c’è un

tavolo dalle grosse gambe panciute. Quasi non lo riconosce

ricoperto come è di cianfrusaglie. Lampade, libri, vasi sono

accumulati sopra e tutto attorno. Edoardo si avvicina e

divertito comincia ad osservarli uno ad uno. Ripercorre

nella memoria il loro vero luogo di appartenenza. Questo

vaso era in cucina, sulla destra, l’ultimo scaffale. Questa

lampada era nella camera dei miei, sì sul comodino di

mamma...

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